CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 26 ottobre 2010
387.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 26 ottobre 2010. - Presidenza del presidente Enrico LA LOGGIA. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 10.50.

Variazione nella composizione della Commissione.

Enrico LA LOGGIA, presidente, comunica che il Presidente della Camera, in data 5 ottobre 2010, ha chiamato a far parte della Commissione il deputato Antonello Soro, appartenente al gruppo Partito Democratico, in sostituzione del deputato Dario Franceschini, dimissionario, appartenente al medesimo gruppo. Gli dà quindi il benvenuto e gli augura buon lavoro.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province.
Atto n. 240.

(Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 5 ottobre scorso.
Il deputato Antonio LEONE (PdL), relatore, ricorda come alla luce delle audizioni svolte dalla Commissione e tenendo conto anche del seminario organizzato la scorsa settimana, sia ora possibile inquadrare con maggiore consapevolezza e nitidezza i risvolti giuridici, economici e sociali sottesi alla definizione dei fabbisogni standard degli enti locali.
Ritiene che il punto di partenza sia costituito dalle attuali sperequazioni nei livelli di finanziamento di comuni e province, frutto dello stratificarsi di interventi settoriali e dell'applicazione indistinta del criterio della spesa storica, mentre il punto di arrivo è finalizzato ad una più efficiente ed equa ripartizione tra i diversi enti territoriali delle risorse disponibili, atta ad assicurare in modo uniforme sull'intero territorio nazionale più estesi livelli qualitativi e quantitativi delle prestazioni rese a favore dei cittadini.
Al fine di pervenire ad un parere della Commissione quanto più possibile condiviso

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da parte dei gruppi parlamentari propone alcune linee d'indirizzo che potrebbero essere riannodate intorno a tre assi principali:
1) il contenuto prevalentemente procedurale dello schema di decreto ed una maggiore demarcazione tra le strutture e gli adempimenti di natura tecnica e metodologica e le scelte di natura politica e finanziaria;
2) l'opportunità di inserire riferimenti sia ai livelli essenziali delle prestazioni eventualmente sottesi alle funzioni fondamentali degli enti locali, sia agli obiettivi di servizio e sia al patto ed al percorso di convergenza;
3) la possibilità di prevedere un controllo parlamentare in ordine ai DPCM di adozione dei fabbisogni standard.

Ritiene che tali questioni possano essere adeguatamente affrontate seguendo il metodo di confronto e collaborazione tra Governo e Parlamento, maggioranza e opposizioni, già seguito nell'esame dei precedenti due schemi di decreti legislativi, valutando alcune ipotesi di modifica che, pur salvaguardando l'impianto generale dello schema di decreto, siano eventualmente idonee ad arricchirlo e completarlo.
Ricorda che, sebbene l'articolo 2, comma 2, lettera f,) della legge n. 42 demanda ai decreti legislativi la «determinazione del costo e del fabbisogno standard», nonché la «definizione degli obiettivi di servizio», occorre tener conto del fatto che l'individuazione di tali parametri si inquadra entro un processo di attuazione del federalismo fiscale che si sviluppa entro un arco temporale pluriennale; un processo, dunque, che la stessa legge delega prevede che sia graduale, soggetto ad aggiustamenti continui e progressivi e da articolare in una fase transitoria ed in una a regime. Pertanto, il carattere dinamico insito nel processo di superamento della spesa storica, assieme alla sua intrinseca tecnicità, necessita per sua natura di diversi provvedimenti di carattere attuativo. In questo senso, per assicurare la conformità con la legge delega, auspicherebbe che lo schema di decreto delegato possa contenere quanti più elementi possibili di contenuto e di procedura atti a consentire una determinazione dei fabbisogni standard secondo i principi e criteri direttivi stabiliti, non ostando a ciò il fatto di ricorrere ad atti normativi di rango secondario, i quali, peraltro, ai fini del rispetto dello spirito della legge n. 42, potrebbero eventualmente a loro volta essere soggetti a forme di controllo parlamentare.
Andrebbe pertanto considerata l'esigenza, di ordine generale, di delimitare meglio, nell'ambito dello schema di decreto, il confine tra le scelte di natura tecnica e quelle di carattere politico, coniugando in modo coerente con tale impostazione il ruolo delle strutture tecniche coinvolte nel processo di definizione dei fabbisogni (SOSE, IFEL, RGS, ISTAT, COPAFF), con quello del Parlamento e del Governo. In questa direzione, si potrebbe valutare l'opportunità di introdurre nello schema di decreto specifiche fasi procedurali, mediante cui pervenire, attraverso l'individuazione di un modello di stima dei fabbisogni standard e alla conseguente definizione di una Nota tecnica e metodologica relativa alle modalità di quantificazione dei fabbisogni medesimi, alla definizione dei fabbisogni standard per ciascun Comune e Provincia. Tale procedura andrebbe configurata mantenendo un ruolo centrale del Parlamento, che, peraltro, dovrebbe svolgersi senza inficiare o rallentare l'attuazione del processo.
Andrebbe inoltre valutata l'esigenza di dare attuazione a quanto previsto dal combinato disposto della legge n. 42 e della nuova legge di contabilità e finanza pubblica, ai sensi del quale il Governo, previo confronto e valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata, è chiamato a proporre, nell'ambito del disegno di legge di stabilità ovvero con apposito disegno di legge collegato alla manovra, norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica.
In questa ottica potrebbero trovare uno spazio di sintesi le due diverse dimensioni

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sottese al concetto di fabbisogno standard: quella di strumento di programmazione di bilancio e perequazione finanziaria e quella di strumento di tutela degli standard di servizio e dei livelli quantitativi e qualitativi delle prestazioni da erogare nel territorio nazionale. In questa prospettiva ritiene che potrebbero convivere la perequazione finanziaria di una data entità di risorse, determinate ex ante con criteri di compatibilità macroeconomica, con la tutela delle prestazioni di base da erogare sul territorio nazionale.
Nel sottoporre queste brevi indicazioni alla Commissione, rileva, infine, che eventuali ulteriori possibili questioni suscettibili di approfondimento potranno essere valutate nel prosieguo dell'iter.

Il senatore Marco STRADIOTTO (PD), relatore, premettendo che lo schema di decreto in esame costituisce una scatola vuota, che andrà riempita con contenuti e con elementi che disegnino un percorso dinamico per la definizione dei fabbisogni standard, afferma di condividere le questioni esposte dall'altro relatore.
Con riferimento alla problematica interpretativa relativa alle disposizioni della legge di delega e al carattere dinamico del procedimento di individuazione dei parametri per la determinazione del costo e del fabbisogno standard nonché per la definizione degli obiettivi di servizio, concorda con la soluzione proposta dal collega Leone di coinvolgere il Parlamento nel processo di adozione dei DPCM, dal momento che il contenuto dei predetti decreti implicherà l'assunzione di decisioni di carattere politico e non solo prettamente tecnico.
In tale ottica, una delle tematiche fondamentali da approfondire, anche nelle prossime audizioni, è quella della definizione del percorso metodologico, che SOSE, IFEL e ISTAT dovranno seguire per la determinazione dei fabbisogni standard. In particolare, tale percorso dovrà necessariamente prevedere alcune fasi essenziali che potrebbero articolarsi in due diversi stadi. Una prima fase in cui vengano definiti le funzioni fondamentali degli enti locali nonché i relativi livelli di servizio. Ciò rende necessaria, nell'ambito delle funzioni fondamentali affidate agli enti locali, l'individuazione dei servizi essenziali da garantire, stabilendo standard omogenei che superino l'attuale diversificazione riscontrabile tra le diverse realtà territoriali. Si dovrà giungere per tale via ad una ulteriore fase, in cui si realizzi la determinazione di fabbisogni standard dinamici, periodicamente monitorati e ridefiniti, finalizzati, mediante l'individuazione di obiettivi che migliorino il servizio reso o ne consolidino il raggiungimento, da un lato al recupero di efficienza e dall'altro al riequilibrio delle risorse tra gli enti locali. A tale ultimo fine, il patto di convergenza previsto dalla legge n. 42 potrà costituire la sede in cui coordinare le disponibilità delle risorse rispetto alle finalità via via da conseguire.
Sulla base di quanto esposto, ritiene che si possa intraprendere un percorso condiviso con l'altro relatore al fine di definire i contenuti dello schema di decreto in esame.

Il senatore Mario BALDASSARRI (FLI) esprime convinto apprezzamento per il tenore delle relazioni svolte e dichiara di condividere i rilievi mossi dai relatori sui contenuti dello schema di decreto legislativo in esame. Fa notare che gli elementi di criticità che emergono nell'articolato dovranno essere attentamente vagliati e soppesati nel corso dell'esame del provvedimento, al fine di rendere il percorso della riforma più lineare e maggiormente rispondente alle esigenze delle autonomie territoriali. Ritiene opportuno che la SOSE e l'IFEL, gli organismi tecnici incaricati di selezionare i dati e gli indicatori utili all'elaborazione dei fabbisogni standard, debbano ricevere specifiche e mirate direttive dal Parlamento in ordine alle strategie e finalità da perseguire nell'attuazione del processo. Evidenzia che la stesura dei bilanci delle pubbliche amministrazioni avviene sovente, per prassi consolidata, mediante l'utilizzo di modelli di calcolo basati sul parametro della classificazione funzionale, ovvero dell'allocazione

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delle risorse per distinte funzioni dell'amministrazione. Sostiene che tale processo di contabilità generale, nell'ottica della riforma in fieri, andrebbe integrato con l'innesto di indici di classificazione di tipo economico affinché, ponendo in connessione il dato funzionale con quello economico, sia più agevolmente possibile delineare l'ambito dei fabbisogni storici e, conseguentemente, il passaggio ai fabbisogni standard.

Il deputato Marco CAUSI (PD), convenendo su molte delle cose finora dette da chi lo ha preceduto, ritiene opportuno soffermarsi su tre specifici aspetti, per i quali indica alcuni possibili percorsi di avanzamento. In primo luogo, la necessità di applicare agli enti locali, mediante lo schema di decreto in esame, un metodo già applicato nel settore sanitario, che contempla congiuntamente sia un criterio top down, dovendosi prevedere anche per gli enti territoriali un criterio di riparto di un ammontare di risorse predeterminato, sia un criterio bottom up, al fine di consentire per comuni e province un apparato per il controllo della propria azione. Questo va inteso non come una contabilità industriale in senso proprio, bensì come un cruscotto di gestione basato su molteplici indicatori la cui combinazione consenta di valutare congiuntamente efficienza, efficacia e appropriatezza delle prestazioni rese, anche al fine di consentire una autovalutazione da parte degli amministratori locali. Segnala peraltro come questo insieme di indicatori, recando anche i metodi per raggiungere, ovvero per mantenere, livelli efficienti di prestazioni sulla base di standard di costi, realizzi per gli enti territoriali un sistema dinamico di governance: appare evidente pertanto come gli indicatori in questione, i quali andrebbero a suo avviso implementati nello schema di decreto, abbiano una natura non solo statistica ma anche di sistema di governo.
In secondo luogo ritiene necessario far chiarezza sul carattere di obbligatorietà che connota i livelli essenziali di prestazione (LEP) che, come è noto, nella normativa vigente vincolano giuridicamente l'attività degli amministratori. Poiché si tratta ora di estendere i LEP in nuovi settori, diversi da quello sanitario, ritiene necessario, poiché la Commissione deve responsabilmente farsi carico anche dei vincoli finanziari, che i LEP siano intesi, anziché come standard da garantire, come standard ottimali della prestazione. Sarebbe pertanto utile una esaustiva ricognizione dei LEP esistenti, che dovrebbe estendersi anche alle leggi regionali, dove non esclude possano individuarsi specifiche discipline che forniscano utili benchmark attualmente non rinvenibili nella normativa statale. Ritiene in particolare necessario avviare questa complessiva ricognizione su almeno tre settori, vale a dire quello dei servizi di fascia materno-infantile, quello per la non autosufficienza e infine sull'istruzione.
In terzo luogo, segnala, come elemento da tener presente per una esatta lettura dei dati finanziari, come la elevata variabilità attualmente riscontrabile tra i livelli di spesa degli enti territoriali non vada ricondotta soltanto ad una differente efficienza rinvenibile tra gli enti medesimi ma anche alla diversità dei trasferimenti effettuati dalle regioni nei confronti dei comuni, atteso che alcune regioni sono state molto più generose rispetto ad altre.

Enrico LA LOGGIA, presidente, in relazione all'intervento del deputato Causi, sottolinea che un ingente numero di comuni risulta del tutto privo di taluni servizi sociali; rischia allora di apparire uno sterile esercizio retorico la disputa su come affinare o calibrare il livello dei servizi e dei LEP, riscontrandosi in alcune aree del Paese la completa mancanza dei servizi di base. Reputa pertanto prioritario, soprattutto per i circa 3.800 comuni di piccole dimensioni e ad alta marginalità montana, attivare ed istituire adeguati servizi essenziali. Esorta la Commissione e i relatori a riservare a tale specifico problema una maggiore attenzione, anche affinché sia possibile indurre il Governo a inserire nel testo del decreto legislativo in

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esame una specifica previsione volta a risolvere la menzionata questione.

Il senatore Walter VITALI (PD), si dichiara pienamente d'accordo con le valutazioni del Presidente, ricordando come già nella legge n. 42 sia presente il patto di convergenza, cioè la previsione di norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica volte a realizzare lo scopo della convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni. Tuttavia tale strumento, che dovrebbe determinare il progressivo allineamento tra territori con minori servizi a quelli con più servizi, non è ancora stato attuato, sia nell'ambito dei decreti attuativi, sia nel disegno di legge di stabilità. Nel concordare con i relatori sulla necessità di una riscrittura del testo dello schema in esame, ritiene, inoltre necessario che a circa sei mesi dal termine dell'esercizio della delega, sia effettuato con l'ausilio degli uffici una ricognizione tra gli adempimenti previsti dalla legge n. 42 e i decreti attuativi finora approvati dal Governo.

Il ministro Roberto CALDEROLI condivide quanto rilevato dal Presidente in merito ai livelli essenziali delle prestazioni, che andrebbero pertanto valutati nei termini di livelli ottimali delle prestazioni medesime, vale a dire, in sostanza, come obiettivi di servizio, la cui determinazione dovrà essere opportunamente valutata in funzione della dimensione demografica e territoriale degli enti locali. Pertanto, le funzioni fondamentali di comuni come Roma, Milano o Torino che aspirano a divenire città metropolitane saranno profondamente diverse dai comuni di piccole dimensioni. Sottolineando a tale proposito come l'impostazione degli articoli 114 e 117 della Costituzione non differenzia le funzioni fondamentali rispetto alle differenti dimensioni dei comuni, richiama le norme del decreto legge n. 78/2010 in base alle quali al di sotto di un certo standard dimensionale le funzioni fondamentali debbano essere esercitate in forma associata. Ritiene, pertanto, che la definizione dei LEP per i comuni più piccoli debba essere studiata prendendo in considerazione l'esercizio delle funzioni in forma associata.

Enrico LA LOGGIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.40 alle 11.45.