CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 26 ottobre 2010
387.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 26 ottobre 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.30 alle 11.45.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 26 ottobre 2010. - Presidenza della presidente Alessandra MUSSOLINI.

La seduta comincia alle 11.45.

Schema del III piano biennale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n 451.
Atto n. 251.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema all'ordine del giorno.

Irene ADERENTI (LNP), relatrice, precisa preliminarmente che intende svolgere una relazione illustrativa dello schema di Piano in titolo, senza procedere a valutazioni di ordine politico e limitandosi a riassumere i contenuti del Piano, riservandosi di far confluire le proprie personali considerazioni nella proposta di parere che presenterà nella prossima seduta della Commissione.
Passa quindi ad illustrare lo schema di Piano in titolo, presentato il 30 agosto 2010 alle Camere dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dal Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alle politiche per la famiglia.
Il «Piano biennale nazionale d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva», predisposto dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, è presentato ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 23 dicembre 1997, n. 451: la norma stabilisce che l'Osservatorio nazionale per l'infanzia predispone ogni due anni il suddetto piano, di cui alla Dichiarazione mondiale sulla sopravvivenza, la protezione e lo sviluppo dell'infanzia, adottata a New York il 30 settembre 1990.
Per legge gli obiettivi perseguiti dal piano sono: rendere prioritari i programmi

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relativi ai minori; rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo; individuare le modalità di finanziamento degli interventi da esso previsti; individuare forme di potenziamento e di coordinamento delle azioni in materia svolte dalle pubbliche amministrazioni, dalle regioni e dagli enti locali.
La legge n. 451 delinea altresì le procedure relative all'adozione del piano, prevedendo che su di esso si esprima la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza entro sessanta giorni dalla presentazione alle Camere. Il piano è quindi adottato nella forma del decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, entro novanta giorni dalla data di presentazione alla Commissione.
Illustra quindi i contenuti generali del Piano, premettendo che questo terzo Piano d'azione per l'infanzia viene emanato nel ventesimo anno di vigenza della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, di cui è strumento di attuazione e di implementazione: esso rappresenta l'esito del confronto tra le istituzioni centrali dello Stato, le Regioni, gli Enti Locali, le formazioni sociali e tutti gli altri attori impegnati nella promozione del benessere dei bambini e dei ragazzi, per la realizzazione di interventi culturali, normativi ed amministrativi a favore dell'infanzia e dell'adolescenza.
Gli elementi di novità del Piano riguardano principalmente due dimensioni: rispetto all'approccio, il Piano non affronta tutto il complesso delle politiche e dei servizi per l'infanzia e l'adolescenza, ma ha identificato alcune dimensioni prioritarie o direttrici di intervento, sulle quali ha sviluppato proposte di azioni coordinate; rispetto al metodo, la peculiarità è rappresentata dalla scelta di adottare un processo partecipato non solo nella fase della costruzione del Piano, ma anche in quella della sua attuazione, attraverso la programmazione di un percorso di accompagnamento e monitoraggio permanenti.
Il percorso di attuazione del piano in particolare si articola in quattro direttrici di azione: consolidare la rete integrata dei servizi e il contrasto all'esclusione sociale; rafforzare la tutela dei diritti; favorire la partecipazione per la costruzione di un patto intergenerazionale; promuovere l'integrazione delle persone immigrate.
Per ognuna di queste direttrici vengono individuate le problematiche principali e gli obiettivi generali, corredati da una serie di azioni/interventi per ciascuno degli obiettivi considerati, seguite dall'elencazione dei soggetti coinvolti nella loro realizzazione. Gli interventi a loro volta sono distinti in interventi di tipo legislativo, interventi di tipo amministrativo, interventi di natura amministrativa operativa. Ogni intervento deve inoltre attuarsi secondo il principio di sussidiarietà sia verticale che orizzontale.
Prima di passare alla descrizione delle singole direttrici di azione, fa presente che il Piano dedica un apposito paragrafo all'illustrazione del contesto di riferimento delle azioni e degli interventi previsti.
In particolare, partendo dalla considerazione che i 10 milioni di bambini e ragazzi italiani costituiscono una risorsa unica per lo sviluppo del Paese, il Piano evidenzia come l'emergenza educativa che investe la nostra società sia da inserire in un più ampio quadro di crisi e di trasformazione della società e della famiglia, riassumibile in alcuni elementi di rilievo: la caduta della fecondità, che ha condotto a famiglie sempre più piccole e con meno figli; pur essendo aumentato nel tempo il numero di donne al lavoro, risulta ancora carente il sistema dei servizi socio educativi per la prima infanzia; la presenza di bambini stranieri nelle classi scolastiche ha raggiunto, nell'anno scolastico 2008/09, nei vari segmenti di istruzione, l'incidenza complessiva del 7 per cento, mentre è aumentata la presenza di bambini rom al di fuori di esse; la crisi globale ha peggiorato la situazione economica di molte famiglie e ha esposto un maggior numero di bambini al rischio di povertà, soprattutto nelle famiglie numerose o mono-reddito; al 31 dicembre 2007 più di 32.000 bambini erano fuori dalla propria famiglia di origine, in affidamento o in comunità;

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la dispersione scolastica nell'anno scolastico 2006/2007 era quantificabile in un numero di abbandoni pari a 2.791 nella scuola secondaria di primo grado e di 44.664 nella secondaria di secondo grado; la criminalità minorile risulta tendenzialmente stabile, ma con una forte presenza di ragazzi stranieri e, nelle carceri femminili, di ragazze rom; si è stabilizzato, ma senza accenni ad una diminuzione, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati (alla data del 31 dicembre 2008 risultano segnalati in Italia 7.760 adolescenti); permane infine l'urgenza di incidere in maniera efficace sulla tratta di giovani donne e adolescenti destinate al mercato turpe della prostituzione.
In merito alla prima direttrice di azione («Consolidare la rete integrata dei servizi e il contrasto all'esclusione sociale»), il Piano assicura anzitutto un'attenzione costante e prioritaria all'approfondimento ed allo studio di ipotesi attuative dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, con riferimento alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali dei minori, in armonia con il principio di non discriminazione sancito dalla stessa Carta Costituzionale e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo. L'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni e il necessario processo di crescita delle politiche in favore dei soggetti in età evolutiva vanno inseriti infatti nel quadro dell'attuazione del federalismo fiscale ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, che ha trovato recente impulso nella legge n. 42 del 2009.
Finalità generale di questa direttrice di azione è anzitutto quella di attuare su tutto il territorio nazionale percorsi a protezione del minore e della sua famiglia grazie ad azioni di consolidamento degli interventi che facilitano l'utilizzazione di un'adeguata rete di servizi a sostegno della funzione genitoriale.
Le parole chiave che muovono la scelta dei primi interventi da realizzare sono quindi: accoglienza, presa in carico e prevenzione. È necessario garantire che il disagio delle famiglie, dei bambini e degli adolescenti, possa, prima di tutto, essere accolto, sostenuto e accompagnato attraverso la presa in carico da parte di un servizio pubblico e di un professionista qualificato, sganciandosi dall'ottica dell'emergenza ed intervenendo sulla famiglia e sulle politiche per il suo sostegno, per il rafforzamento dei servizi di accompagnamento della genitorialità, promuovendo interventi di educativa domiciliare.
Altro obiettivo prioritario è quello della lotta alla povertà, da realizzare attraverso trasferimenti alle famiglie, riduzione dei costi di cura, abitativi e sanitari, accesso ad un'educazione gratuita e di qualità, sostegno alla famiglia.
L'obiettivo del pieno sviluppo della persona di minore età necessita che tutte queste azioni vengano organizzate in servizi permanenti strutturati secondo un approccio integrato, per realizzare il quale si individuano obiettivi/azioni che mirano a garantire uguaglianza di opportunità per gli utenti e, conseguentemente, a ridurre le evidenti e forti disparità a livello nazionale rispetto alle politiche per l'infanzia.
A sostegno della prima direttrice di azione, il Piano individua perciò le seguenti azioni, corredate da relativi obiettivi/interventi:
Potenziamento della rete dei servizi integrati per la prima infanzia: realizzazione e potenziamento su tutto il territorio nazionale di servizi per bambini dai 3 mesi ai 3 anni d'età (nidi d'infanzia, micro-nidi, nidi aziendali o nei luoghi di lavoro, sezioni primavera aggregate a nidi e a scuole dell'infanzia), aumentando la percentuale di copertura tra utenza potenziale e iscritti nel biennio del Piano di Azione; realizzazione e potenziamento su tutto il territorio nazionale di servizi educativi integrativi ai nidi e alle scuole per l'infanzia (centri gioco, spazi gioco, centri per bambini e genitori).
Progetti di azioni di sistema ad assistenza tecnica a Regioni del Sud: interventi sulla distribuzione dei servizi nelle diverse aree territoriali per eliminare lo

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squilibrio tra nord e sud del paese, con specifico riferimento ai target relativi ai servizi per la prima infanzia.
Sostegno alla genitorialità: finanziamento nazionale, integrato da finanziamenti territoriali, di progetti per la sperimentazione controllata e verificata di esperienze dei cosiddetti «asili domiciliari».
Generalizzazione delle scuole dell'infanzia e del sistema integrato nazionale di istruzione con lo scopo di garantire l'offerta educativa a tutti i bambini fra i 3 e i 6 anni.
Favorire la frequenza dei minori delle famiglie fragili ai servizi 0-3 anni, alle scuole dell'infanzia, ai servizi educativi 0-6 anni.
Interventi per minori con disabilità: migliorare l'efficacia degli interventi sanitari mirati all'integrazione scolastica dei minori con disabilità.
Linee di orientamento unitarie per il servizio sociale con particolare riferimento all'infanzia e all'adolescenza: predisposizione e approvazione di linee di orientamento unitarie per il territorio nazionale, favorendo l'unitarietà nelle metodologie di intervento e nell'organizzazione del Servizio sociale.
Sostegno alla genitorialità nelle famiglie fragili e contrasto dell'allontanamento dalla famiglia: tutelare il diritto del minore a crescere nella propria famiglia, evitandone l'allontanamento attraverso interventi di presa in carico precoce.
Promozione dell'affidamento familiare e potenziamento dei servizi dedicati: costituzione e potenziamento dei servizi pubblici o dei centri per l'affidamento familiare; realizzazione di Linee Guida di indirizzo nazionali e di Linee Guida di indirizzo regionali per l'affidamento familiare; potenziamento delle reti di famiglie affidatarie; promozione degli affidamenti omoculturali.
Interventi sulle strutture di accoglienza residenziali e per minori: rafforzare la qualità delle strutture residenziali ai fini educativi, tutelari e riparativi per bambini ed adolescenti temporaneamente allontanati dalla famiglia, potenziando le capacità di ascolto e protezione degli educatori, le capacità di integrazione tra le comunità e la rete territoriale.
Creazione di un sistema informativo nazionale sui bambini fuori famiglia: conoscenza e monitoraggio della situazione dei bambini in affido familiare, in strutture residenziali, in strutture terapeutiche riabilitative.
Misure per il sostegno dell'adozione nazionale e internazionale: preparazione e accompagnamento dei nuclei aspiranti adottivi anche attraverso la promozione di percorsi informativi formativi precedenti la presentazione al Tribunale dei minori della dichiarazione di disponibilità all'adozione; affiancare la famiglia adottiva nella fase di inserimento e nella costruzione delle competenze genitoriali; avviare percorsi post adottivi; promuovere il raccordo tra Servizi territoriali ed Enti autorizzati nei percorsi formativi delle coppie; potenziare le interazioni tra i servizi territoriali e magistratura per la diffusione delle buone prassi e per l'affiancamento qualificato prima e durante l'adozione.
Misure in favore degli adolescenti: implementazione delle attività socio-sanitarie dei consultori familiari; promuovere forme di maggiore partecipazione degli adolescenti; ridurre la distanza tra generazioni; prevenire forme di disagio, e sostenere forme di integrazione sociale; passare dalla riduzione del danno alla riduzione del rischio.
Sostegno alla frequenza scolastica e al successo formativo contro l'esclusione sociale: favorire la frequenza scolastica dei bambini le cui famiglie sono in condizioni di esclusione sociale e culturale e/o di sofferenza psico-sociale o di debolezza nell'uso della lingua italiana, contrastando il rischio di lavoro nero precoce, di essere intercettati dalla criminalità e dalle dipendenze; predisporre un documento di orientamento unitario e condiviso per la

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costituzione di una rete di zone di «Educazione Prioritaria» nei territori a più alta concentrazione della dispersione scolastica e formativa, che coincidono con le zone di massima concentrazione di famiglie che vivono sotto la soglia di povertà, anche al fine di agire contro la criminalità organizzata.
Interventi a favore degli adolescenti nell'area penale: percorsi di inclusione sociale a favore dei minori e giovani adulti entrati nel circuito penale.
Prevenzione e cura di abuso e maltrattamento all'infanzia: individuare requisiti minimi nazionali dei servizi di prevenzione e contrasto dell'abuso; realizzazione di una banca dati on line di tutte le linee guida e di protocolli in materia di prevenzione e protezione dei bambini dalla violenza; adozione di un Piano nazionale di prevenzione e protezione dei bambini dalla violenza, secondo quanto richiesto dalle raccomandazioni OMS e dall'esperto indipendente delle Nazioni Unite.
Azioni a tutela dei minori vittime di tratta: realizzazione di forme di interventi adeguate alle vittime di tratta ed allo sfruttamento di minorenni.

Con riferimento alla seconda direttrice di azione («Rafforzare la tutela dei diritti»), l'obiettivo individuato dal Piano si colloca all'interno della cornice di dichiarazioni e convenzioni internazionali vigenti, con lo scopo di introdurne nel nostro ordinamento i principi fondamentali affermatisi di recente (il principio dell'ascolto, della non discriminazione, della rappresentanza, dell'informazione al minore ed ai genitori, ecc.).
La tutela di questi diritti consiste in tre livelli di protezione: la protezione giudiziaria, la protezione amministrativa e la protezione sociale.
Appare opportuno, si dice nel Piano, avviare un processo di armonizzazione delle politiche e delle leggi che intervengono sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza, creando un sistema che operi in molteplici direzioni: dalla riformulazione del quadro normativo, alla riorganizzazione degli organi giudiziari competenti in materia di protezione dell'infanzia e alla revisione delle procedure, alla istituzione di un organismo indipendente che vigili a livello nazionale sull'attuazione dei diritti dei cittadini più giovani.
Le azioni e gli interventi previsti in questo ambito sono i seguenti:
Riforma del tribunale per i minorenni e dei procedimenti civili in materia di persone, famiglie e minori: accentrando in un unico organo giudiziario le competenze in materia di persone, minori, famiglia, la riforma del Tribunale per la famiglia dovrà essere completata dall'adozione di atti di natura legislativa con i quali si realizzi il riordino di tutte le procedure in materia di famiglia, di persone e di minori.
Riforma del sistema penale minorile che modifichi la disciplina del sistema attuale secondo i seguenti principi: individuazione di ulteriori tipologie di pene; semplificazione dei riti; idonea informazione del minore.
Promuovere un ordinamento penitenziario per i minorenni ed i giovani adulti: introduzione di uno specifico ordinamento penitenziario per i minorenni, attraverso una legge delega.
Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza: con funzioni di natura informativa e operativa; di proposta politica per l'armonizzazione della legislazione in generale in materia di infanzia; di promozione di iniziative di ascolto dei minori; di studio e di relazione; di monitoraggio del livello e della qualità dei sistemi di protezione esistenti; di indagine e di informazione in relazione alla violazione dei diritti dei minori di cui abbia conoscenza.
Valorizzazione dell'istituto della mediazione per il superamento dei conflitti e la ricerca insistita della pace sociale.
Sistema delle tutele dei minori e protezione dei minori dall'abuso e dal

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maltrattamento: completamento del quadro legislativo del sistema delle tutele dall'abuso e dal maltrattamento a misura di bambino e delle sue esigenze di cura con: la formazione, l'informazione e la sensibilizzazione degli operatori; lo sviluppo e il rafforzamento di servizi per la rilevazione precoce dell'abuso e le cure; l'adeguamento della normativa penale e del percorso processuale di protezione per i reati di abuso commessi ai danni di minori.
Promozione di un sistema di tutela e protezione dei minorenni disabili e di quelli con difficoltà di apprendimento: adeguamento della legislazione e delle azioni a favore dei bambini con disabilità fisica, sensoriale, mentale e intellettiva ai principi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità approvata il 13 dicembre 2006.
Redazione del Testo unico delle leggi sull'infanzia e sull'adolescenza: per la costruzione di un sistema di tutela e garanzie dei diritti dei minorenni, che ne ponga in evidenza i più recenti principi fondamentali (ascolto, non discriminazione, rappresentanza).
Adeguamento della normativa riferita all'affidamento familiare: definire meglio i doveri e le responsabilità degli affidatari rispetto ai genitori, al tutore, alla scuola; disciplinare le varie modalità di affidamento e le modalità di sostegno economico alle famiglie affidatarie.
Linee di indirizzo per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile: individuare requisiti minimi nazionali dei servizi di prevenzione e contrasto dell'abuso all'infanzia; coinvolgimento della società civile, degli operatori dei media, del turismo e del settore bancario a partecipare all'elaborazione e attuazione di politiche di prevenzione e ad emanare norme di autodisciplina; definizione di procedure di tutela del minore coinvolto in procedimenti giudiziari civili minorili in quanto vittima, autore o testimone di violenze; definizione di linee di sostegno terapeutico, consulenza legale e informazione per gli adulti non abusanti/maltrattanti; creazione di una banca dati per la raccolta di statistiche sui reati sessuali ai danni di bambini
Linee guida per la formazione dei tutori: formazione di persone disponibili ad assumere e svolgere su nomina dell'autorità giudiziaria l'incarico di tutori dei minori e in particolare dei minori stranieri e dei minori zingari senza genitori.

Sulla terza direttrice di azione («Favorire la partecipazione per la costruzione di un patto intergenerazionale»), il Piano sottolinea anzitutto che il tema della partecipazione è fortemente legato alla Convenzione per i diritti del fanciullo, la quale sancisce il diritto dei bambini e degli adolescenti di partecipare attivamente in ambito familiare, scolastico, sociale, politico, amministrativo e giuridico. A ciò si riconnette anche il tema del dialogo fra generazioni, attualmente influenzato dalla persistenza di un basso livello di natalità, dal continuo processo di invecchiamento della popolazione, dagli indubbi cambiamenti registrati nelle strutture e nei comportamenti familiari con la crescita di nuove e diverse tipologie di famiglie e da un persistente livello di alta disoccupazione giovanile.
Da questo scenario nasce l'esigenza di rendere oggetto di consapevolezza culturale e di cura sociale, il valore del rapporto costruttivo tra le generazioni attraverso la formulazione di un patto, ispirato ai principi della reciprocità, del rispetto, della fraternità, della solidarietà, e della responsabilità assunta dai diversi soggetti in misura della loro età.
Per favorire il dialogo intergenerazionale occorre garantire la partecipazione dei ragazzi alla vita quotidiana, familiare e di comunità, facilitando percorsi di peer education, cercando di assicurare coerenza tra le diverse Agenzie educative, nella consapevolezza della complessa interazione tra famiglia, scuola e mass media. Ciò dovrebbe avvenire anche attraverso il recupero del ruolo protettivo e di sostegno che la comunità territoriale ed il vicinato offrivano ai genitori.

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Il sostegno alla responsabilità educativa dei genitori e delle famiglie diviene, pertanto, il punto di partenza per ogni processo o intervento che miri a risolvere o ridurre la cosiddetta emergenza educativa.
Le azioni e gli interventi previsti per questa direttrice sono i seguenti:
Azioni per il miglioramento della qualità dell'evento nascita che possano garantire: il benessere complessivo della madre, del bambino, della sua famiglia; la promozione all'interno del Servizio sanitario nazionale di forme di assistenza extra-ospedaliera al parto.
Promozione e aggiornamento della l. 53/2000 e del decreto legislativo 151/2001: sostenere la genitorialità attiva e realizzare interventi per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Costruire e sostenere i rapporti tra le generazioni: migliorare la comunicazione e accrescere la capacità di gestione dei conflitti.
Promuovere l'ascolto del minore: come dovere dei genitori; come linea guida in ambito scolastico; in tutti i procedimenti giudiziari.

Alla base della quarta direttrice di azione («Promuovere l'intercultura») infine il Piano pone anzitutto la constatazione che più di un quinto dei 3 milioni e 900 mila stranieri residenti in Italia è minorenne, a riprova del carattere stabile e radicato dell'immigrazione in Italia. Nella costruzione di una convivenza plurietnica, il punto di partenza indicato consiste pertanto nel rispetto dei valori fondamentali della democrazia, della legalità, della persona, della famiglia, delle diversità, dei sentimenti.
In questo quadro, sono affrontate le problematiche dei bambini delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti, che appaiono strettamente collegate alle condizioni economiche e sociali delle comunità di appartenenza e alle insalubri condizioni di vita nei campi. I dati che il Piano prende a riferimento per questi gruppi etnici mostrano un basso e preoccupante livello di scolarizzazione, una mortalità infantile molto elevata, una bassa copertura vaccinale.
È necessario pertanto in primo luogo garantire anche per queste comunità l'effettivo accesso ai servizi ed alle prestazioni che concorrono al pieno godimento dei diritti inviolabili dell'uomo. Ciò deve avvenire attraverso la garanzia dell'accessibilità dei servizi materno - infantili e di assistenza sanitaria; la facilitazione dei ricongiungimenti familiari; la valorizzazione delle esperienze di affidamento familiare omoculturale; la prevenzione dell'abbandono scolastico per i minori rom e per gli immigrati in genere; la costruzione di una rete dei servizi integrata; la mediazione culturale e la mediazione sociale.
In questo complesso contesto le agenzie educative giocano un ruolo da osservatorio privilegiato per le buone pratiche di comunicazione ed educazione interculturale.
Le azioni e gli interventi previsti in questo ambito sono i seguenti:
Ricongiungimento familiare degli stranieri: allo scopo di promuovere la coesione delle famiglie immigrate in Italia, facilitando e velocizzando le procedure di ricongiungimento e coesione familiare quando coinvolgano un minorenne.
Piano abitativo per rom, sinti e caminanti: superando il modello campo/villaggio ed attuando soluzioni di inserimento abitativo stabile; prevedendo l'inserimento abitativo in casa di edilizia economica e popolare (già attuato in alcune città); coinvolgendo i Rom/Sinti/Caminanti nel recupero di strutture dismesse e/o nell'autocostruzione.
Sostegno, accompagnamento educativo e inserimento lavorativo per i minori rom, sinti e caminanti sottoposti a procedimento penale: tutela dei diritti dei soggetti a maggiore rischio di esclusione sociale. attivazione di percorsi educativi sperimentali con la presenza di un tutor che svolga accompagnamento educativo; inserire nei Liveas interventi che garantiscano la creazione di percorsi di orientamento e di accompagnamento socio-educativo in

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favore di minori rom e sinti sottoposti a procedimento penale al fine di favorirne il reinserimento socio-lavorativo.
Prevenzione della dispersione scolastica dei minori Rom, Sinti e Caminanti e attuazione di interventi di inclusione sociale: attivare percorsi di accompagnamento e sostegno scolastico attraverso interventi di educazione extrascolastica; l'educativa di strada; il supporto all'utilizzo di servizi educativi/formativi/culturali rivolti alla collettività (biblioteche, centri educativi, ricreativi, sportivi, ecc.); il sostegno personalizzato rivolto agli alunni che hanno difficoltà scolastiche, linguistiche; l'utilizzo della figura del mediatore linguistico/culturale/sociale.
Tutela del diritto alla salute nei bambini e adolescenti Rom, Sinti e Caminanti: rilevazioni sistematiche sulle condizioni di salute dei bambini e degli adolescenti Rom, Sinti e Caminanti a partire da campioni di popolazione; l'offerta attiva di alcune prestazioni, in specifico delle vaccinazioni; la promozione dell'iscrizione al servizio sanitario nazionale e alla scelta del pediatra e del medico di base.
Promozione della formazione del personale docente e dirigente per l'interculturalità: formare insegnanti e dirigenti scolastici sulle tematiche concernenti la scolarizzazione degli alunni stranieri e degli alunni Rom, Sinti e Caminanti.
Rafforzamento del ruolo delle seconde generazioni: valorizzare le potenzialità del giovane immigrato di seconda generazione per l'implementazione del ruolo di mediatore sociale e culturale anche all'interno della famiglia di origine, consentendo una maggiore integrazione dell'intero nucleo familiare.
Gestione delle informazioni, raccolta dati e reti interistituzionali e per l'interculturalità: creare un raccordo permanente tra gli Enti nazionali, regionali e locali - competenti sulle diverse tematiche relative all'infanzia e all'adolescenza - e i rispettivi sistemi informativi preposti alla raccolta o alla diffusione dei dati.

Il Piano dedica infine un paragrafo alle strategie e le tematiche prioritarie della cooperazione italiana allo sviluppo come strumento principale nella lotta alla povertà del pianeta: obiettivo che continuerà ad essere parte integrante della politica estera italiana, contribuendo con ciò alla promozione dei diritti fondamentali di bambine, bambini, adolescenti e giovani donne minorenni per il consolidamento dei processi di democratizzazione e di pacificazione e per il rafforzamento delle politiche di genere sin dall'infanzia.
Facendo riferimento alle Linee Guida della Cooperazione Italiana sulla Tematica Minorile, adottate dalla Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) del Ministero degli Affari Esteri il 26 novembre 1998 e aggiornate il 15 maggio 2004, il Piano illustra le iniziative mirate alla rimozione delle cause che determinano fenomeni gravi e complessi a danno delle persone minori di età, quali: le generali condizioni di grande povertà; i processi di urbanizzazione selvaggia; la disgregazione del tessuto familiare e comunitario; il fenomeno dell'esclusione sociale e dei bambini di strada; il traffico transnazionale di persone e in particolare di «donne» ancora minorenni, adolescenti e bambini; lo sfruttamento del lavoro minorile nelle sue peggiori forme; il mercato delle adozioni internazionali clandestine; lo sfruttamento sessuale e commerciale anche nel turismo e la pedopornografia via Internet; l'utilizzo nei conflitti armati dei bambini soldato; l'emigrazione dei minori non accompagnati a livello interregionale e transnazionale.
Infine il Piano dedica il paragrafo conclusivo all'indicazione delle risorse e delle modalità di finanziamento degli interventi in esso previsti: «si precisa che le azioni richiamate e da attuarsi nell'ambito della legislazione vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria».

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Per specifica disposizione del Piano, si precisa che «agli impegni indicati è, quindi, da riconoscere carattere meramente programmatico, in quanto la sede nella quale saranno ponderate le diverse esigenze di settore è la Decisione di finanza pubblica (DFP), sulla base della quale verrà definito il disegno di legge di stabilità».

Anna Maria SERAFINI (PD), relatrice, sottolinea anzitutto che l'esame di questo terzo Piano biennale nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva arriva a venti anni di distanza dalla firma della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Il percorso di esame dello schema di Piano ha avuto in inizio in Commissione con lo svolgimento di una serie di audizioni, dirette a raccogliere le osservazioni del maggior numero possibile di soggetti coinvolti nelle politiche a favore dell'infanzia e dell'adolescenza. Le audizioni svolte non hanno tuttavia compreso la voce dei ragazzi, direttamente chiamati in causa dal Piano: esprime l'auspicio che ciò possa comunque avvenire, prima che la Commissione approvi il parere di competenza sullo schema di Piano.
Osserva anzitutto che la presentazione dello schema di Piano in titolo da parte del Governo risulta decisamente tardiva nei tempi e non in sintonia con molte delle analisi e osservazioni e proposte dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, del Centro Nazionale di Documentazione per l'infanzia e l'adolescenza, del gruppo CRC, dell'insieme delle organizzazioni e professioni che lavorano per e con i bambini e gli adolescenti.
Fa presente che l'Italia è rimasta priva del Piano per molti anni, nonostante le numerose sollecitazioni provenienti da più parti, in particolare dal gruppo CRC che ne ha ribadito l'urgenza anche lo scorso novembre, in occasione delle celebrazioni del 20o anniversario della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, presentando il 2o Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio dell'attuazione della Convenzione di New York.
Il Governo inoltre ha atteso un periodo consistente prima di presentare la proposta di Piano, nonostante il fatto che già nell'ottobre 2009 l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza avesse presentato il suo schema di Piano d'azione per l'infanzia e l'adolescenza.
Tuttavia, ricorda che per un'approvazione rapida del Piano si sono mossi le forze dell'associazionismo e dell'opposizione. In particolare, nel mese di marzo scorso le associazioni aderenti a «Batti il cinque» hanno organizzato una massiccia campagna di sensibilizzazione promuovendo l'invio di cartoline di protesta per il ritardo nell'adozione del Piano al Presidente del Consiglio, al Ministro Sacconi e al Sottosegretario Giovanardi. Il 22 Aprile 2010 il Gruppo PD e il resto dell'opposizione hanno presentato in aula un'interrogazione urgente per sollecitare il varo del Piano per l'infanzia e l'adolescenza.
Fa presente quindi che il Governo ha approvato il Piano solo il 22 luglio scorso e lo ha trasmesso il 30 Agosto 2010 alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, per l'espressione del prescritto parere, di cui all'articolo 2, comma 3, della legge n. 451/1997.
Per la Commissione l'espressione del parere sul Piano del Governo costituisce un atto importante e carico di responsabilità. Per questo motivo, si sono richieste le audizioni del mondo delle associazioni e delle professioni, senza le quali il processo che conduce all'espressione del parere sarebbe stato non solo più povero, ma anche manchevole di premesse rilevanti. Premesse che, invece, considera essenziali e a cui intende pertanto fare frequente riferimento nella sua relazione.
Il primo aspetto che intende sottolineare è dato dalla differenza tra il Piano presentato da governo e lo schema di Piano proposto a suo tempo dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza: tali differenze sono state ricostruite in modo oggettivo e preciso dal Comitato tecnico - scientifico del Centro

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nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza (CTS) in un documento presentato il 14 luglio scorso all'Osservatorio stesso.
Nelle osservazioni di carattere generale i membri del Comitato si rammaricano del fatto che lo schema di Piano presentato dal Governo raccolga solo in parte la precedente bozza costruita in un lungo processo di elaborazione e confronto dai membri dell'Osservatorio. In particolare, sono evidenziati alcuni aspetti preoccupanti.
In primo luogo si ravvisa l'assenza dell'innovativo impianto metodologico che caratterizzava la versione precedente del Piano: la mancata individuazione dei soggetti attuatori, degli strumenti, dei tempi di realizzazione, delle attività di monitoraggio e di valutazione partecipata del processo di attuazione del Piano, non può che indebolire i propositi e le azioni prospettate, nonché ridimensionare il ruolo dell'Osservatorio, non più designato all'accompagnamento di questa realizzazione.
Si segnala inoltre l'inopportunità del sostanziale svuotamento di senso e di azioni della direttrice denominata «Favorire la partecipazione per la costruzione di un patto intergenerazionale». Ciò costituisce una evidente disattenzione rispetto all'orientamento partecipativo sollecitato dalla Convenzione di New York del 1989 e posiziona l'Italia, ancora una volta, fanalino di coda dei Paesi che non promuovono il diritto alla partecipazione dei bambini e dei ragazzi.
Il Comitato segnala infine l'accorpamento in un'unica azione, nella direttrice «Rafforzare la tutela dei diritti», delle proposte di riforma del tribunale per i minorenni e dei procedimenti civili in materia di persone, famiglie e minori, nonché l'eliminazione della macro-azione «Ricongiungimento familiare degli stranieri e cittadinanza».
Inoltre, fa presente che nella Premessa del Piano vengono soppressi i riferimenti al principio di non discriminazione e al principio della pluralità della vita familiare.
Deposita quindi agli atti della Commissione una documentazione che illustra nel dettaglio le differenze più significative.
In particolare poi, nella presentazione dello schema di Piano di azione per l'infanzia e l'adolescenza il Comitato scientifico del Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza sottolinea che per essere veramente efficace il Piano deve essere effettivamente «nuovo» e non genericamente un nuovo Piano, come risulta dalla documentazione analitica che deposita agli atti della Commissione; per questo deve avere almeno tre elementi di discontinuità.
Sul piano dei contenuti, la novità consiste nel rendere effettivo il diritto alla partecipazione civica e sociale delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi. Sul piano dell'approccio, l'aspetto nuovo consiste nel rispetto delle cultura delle differenze di genere e dell'equità sociale per le pari opportunità; contro ogni discriminazione. Infine sul piano del metodo, la novità è data dalla costruzione di un processo di accompagnamento e di monitoraggio permanenti del Piano al fine di una sua corretta applicazione e valutazione.
Il Piano presentato dal Governo non pare aver fatto propri questi tre elementi di discontinuità. Anzi nei contenuti, nell'approccio e nel metodo il Piano licenziato dal governo mostra una notevole distanza dallo schema del Piano d'azione del Comitato scientifico del Centro degli Innocenti. In particolare, come si evince dal confronto tra i due schemi, nel Piano del Governo la partecipazione dei minori da centrale, come è anche richiesto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, viene fortemente ridimensionata come aspetto della costruzione della soggettività dei minori rispetto ai loro stessi diritti e nella costruzione di un patto intergenerazionale. Sul piano dell'approccio, i riferimenti al principio di «non discriminazione» scompaiono dalla premessa. E rispetto al metodo, terzo elemento di discontinuità, il Piano è generico e non stabilisce in modo puntuale tempi, modalità e responsabilità del monitoraggio.

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Se quindi, c'è una distanza tra i due schemi di Piano, quello del Governo e quello dell'Osservatorio, e se la richiesta di un Piano «nuovo» dell'Osservatorio, viene sostanzialmente disattesa, la domanda che si pone è se la priorità, se l'approccio e gli strumenti individuati dal Piano del Governo siano in grado di attuare pienamente la Convenzione sui diritti del fanciullo, e quindi, mettere in moto un processo in cui i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza possono irrobustirsi e creare le condizioni perché ad ogni minore che vive in Italia, senza alcuna discriminazione, sia assicurato il suo superiore interesse.
Sottolinea che è indubbio che l'affermazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza presuppone priorità, responsabilità e tempi adeguati e che la demagogia in questo delicatissimo terreno sarebbe una pessima maestra. Ma occorre stabilire se lo schema di Piano del Governo corrisponda ad una moderna cultura dell'infanzia, alle aspettative e al ruolo delle famiglie, alle migliori condizioni per lo sviluppo delle personalità di ogni minore e per lo sviluppo del Paese.
Deposita quindi agli atti della Commissione alcuni recenti dati relativi alla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza, ai fenomeni connessi e ai servizi prestati, da cui risulta con evidenza l'arretratezza e le difficoltà del nostro Paese di fronte a problemi vecchi e nuovi.
In particolare, secondo i dati del Ministero dell'Economia, pubblicati il 28 agosto 2010, l'Italia è fanalino di coda in Europa nella spesa pubblica per la famiglia. In Italia per famiglia e maternità si spende l'1,2 per cento del prodotto interno lordo, uno dei livelli più bassi, insieme a Spagna e Portogallo, rispetto al resto d'Europa dove si spende decisamente di più (2,1 per cento nella UE a 15 Paesi e 2,0 per cento nella UE a 27). Per quanto riguarda poi la quota di spesa nell'ambito di tutte le prestazioni di protezione sociale, l'Italia tra i 27 Paesi europei precede solo la Polonia. Nel nostro Paese la quota per la famiglia e la maternità, nell'ambito della spesa per welfare, pesa il 4,7 per cento (in Polonia il 4,5 per cento). Ma la media complessiva dei Paesi europei è dell'8 per cento.
Secondo gli ultimi dati dati OCSE sulla scuola del 7 settembre 2010, la pagella dell'Italia è ancora negativa: il nostro Paese spende solo il 4,5 per cento del Pil per le istituzioni scolastiche, contro una media europea del 5,7 per cento. Dietro di noi, tra i paesi industrializzati, si trova solo la Slovacchia. Persino il Brasile, con il 5,2 per cento, e l'Estonia (5 per cento) spendono di più.
Sottolinea che l'Italia si trova sotto la media anche se si guardano gli altri numeri. La spesa pubblica a favore della scuola, raggiunge solo il 9 per cento della spesa pubblica totale, inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti. Anche in questo caso, si tratta del livello più basso tra i Paesi industrializzati, contro il 13,3 per cento della media Ocse.
Anche il fenomeno della dispersione scolastica è grave in Italia: sono 900 mila i giovani che abbandonano gli studi, sarebbe a dire il 20,6 per cento della popolazione tra 18 e 24 anni e più ragazzi che ragazze (rispettivamente 23,9 per cento e 17,1). E come se non bastasse è stato abbassato a 15 anni l'obbligo scolastico. L'Italia continua quindi ad essere uno dei paesi europei più funestato dalla piaga degli abbandoni scolastici. Malgrado la cifra sia in decremento rispetto agli anni passati - nel 2000 toccava quasi il 25,3 per cento della popolazione scolare - l'obiettivo di ridurre, entro il 2010, il gap di scolarità alla media europea (10 per cento), sembra lontano.
Per quanto riguarda la povertà minorile, i dati ISTAT, pubblicati il 19.10.2010, ci dicono che i bambini poveri in Italia sono oltre un milione e mezzo. Tra i più poveri tra i poveri ci sono quindi i minori. In Italia, tra il 1997 e il 2009, la povertà relativa è cresciuta soprattutto per alcuni tipi di famiglie. Si tratta delle famiglie con 4 componenti (passate dal 12,9 per cento al 15,8 per cento), con 5 o più componenti (da 22,3 per cento a 24,9 per cento) e con figli minori (dal 14 per cento al 15 per cento).

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Le cose non vanno meglio sul fronte della povertà assoluta, misurata su un paniere di beni e servizi indispensabili per avere vita dignitosa. Nel 2009 le persone in condizione di povertà assoluta erano oltre 3 milioni (il 5,2 per cento del totale) di cui 649 mila minori: 6,3 per cento del totale dei minori, ovvero un quinto dei poveri assoluti. Il dato arriva al 9,2 per cento tra i minori che vivono con i genitori e almeno due fratelli e tra le famiglie con membri aggregati. Inoltre ben 401 mila minori assolutamente poveri vivono al Sud, vale a dire il 10,2 per cento del totale di quelli residenti nelle regioni meridionali.
Tirando le somme, si può dunque dire che nel 2009 i minori poveri nel nostro paese sono ben 1 milione e 756 mila, ovvero il 17 per cento del totale. E di questi quasi il 70 per cento (1 milione e 179 mila) risiede al Sud.
Per quanto riguarda i servizi alla prima infanzia, fa presente che l'Istat ha pubblicato il 14 giugno 2010 i dati circa l'offerta di servizi pubblici dedicata ai bambini da zero a 36 mesi, relativa all'anno scolastico 2008/2009. In base a questi dati, appare lontano l'obiettivo di Lisbona di raggiungere il 33 per cento entro il 2010, soprattutto per il Sud, e la quota di domanda soddisfatta è ancora molto limitata.
L'indicatore di presa a carico, che misura il rapporto percentuale tra gli utenti iscritti agli asili nido e i bambini residenti (in età di analisi, 0-36 mesi) è passato dal 9,0 per cento nel 2004 al 10,4 per cento nel 2008. Se nel computo si affiancano agli asili comunali anche servizi integrativi per l'infanzia come micro nidi e nidi famiglia, allora l'indicatore di presa a carico sale al 12,7 per cento. Analizzando nel dettaglio i dati si scopre poi che le differenze territoriali sono notevolissime. L'Emilia Romagna si conferma da primato per la diffusione di asili nido con un indice di presa a carico pari al 24 per cento e di copertura territoriale pari al 81,8 per cento. Anche il centro Italia ha aumentato l'offerta di asili nido, raggiungendo nel 2008/2009 una percentuale di presa a carico del 14,0 per cento. Si trovano molto bene soprattutto Umbria e Lazio, con un indicatore di presa a carico, rispettivamente, del 18,6 per cento e dell'11,8 per cento. Permangono invece sotto la media nazionale i parametri rilevati al sud e nelle isole. Fanalino di coda restano la Campania e la Calabria, con indicatori di presa a carico pari a 1,7 per cento e al 2,3 per cento.
Per quanto concerne i minori stranieri, cita l'indagine Migrantes del 23 gennaio 2010, secondo la quale i minori stranieri sono raddoppiati nel nostro Paese in solo quattro anni.
In particolare, in soli sei anni i minori stranieri in Italia sono passati da 412.432 al primo gennaio del 2004 a 862.453 al primo gennaio 2009. Oggi sono il 22,2 per cento della popolazione straniera regolarmente residente. La maggior parte è nata in Italia (519 mila, 12,6 per cento del computo complessivo delle nascite); il restante (100 in media ogni anno) è formato da minori giunti via mare e via terra o per tratta, nascosti nelle stive di navi, nei camion, negli autobus: storie di bambini, ragazzi, giovani alla ricerca di un riscatto, in fuga da guerre e disastri ambientali, tra fame, siccità e violenze. Il 35 per cento è arrivato in Italia attraverso procedure di ricongiungimento familiare, percentuale che sale al 38 per cento al Sud e al 40 per cento nelle isole. Si tratta, però, solo del numero dei minori non comunitari, che escludono - considerato almeno alla pari - il numero dei minori comunitari, provenienti in particolare dalla Romania, dalla Bulgaria e dalla Polonia. Un fenomeno cresciuto in questi anni è quello dei minori stranieri non accompagnati o anche minori separati.
Per quanto riguarda la frequenza scolastica degli alunni stranieri, secondo i dati dell'Istituto degli Innocenti presentati il 9 Settembre 2010, questi alunni negli ultimi quindici anni sono esponenzialmente aumentati: da 7.837 nel 1996/1997 (pari allo 0,7 per cento dell'intera popolazione scolastica), si è passati a 130.012 iscritti nell'ultimo anno scolastico disponibile (2008/2009), pari al 7 per cento del totale.
Secondo l'indagine presentata il 20 Novembre 2009, realizzata dall'Istituto degli

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Innocenti di Firenze per conto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali - periodo giugno-ottobre 2009 - l'analisi dello stato di attuazione della legge n. 285 del 1997 nelle 15 Città riservatarie mette in evidenza alcune tendenze omogenee nelle Città stesse, sia pure caratterizzate da diverse velocità. In tutte le città si segnala una forte riduzione nell'ultimo triennio delle risorse del Fondo destinate a progetti innovativi o sperimentali a vantaggio di scelte finalizzate al consolidamento di servizi di base soggetti a restrizioni dovute a tagli della spesa sociale.
Sottolinea come da questo studio emerga con prepotenza la questione del gap tra centro-Nord e Sud Italia in termini di accessibilità dei servizi e copertura del target nei servizi di cura alla prima infanzia, capacità di accountability nella gestione del Fondo ex legge 285/1997 e spesa destinata alle politiche per i minori nelle diverse Città. Se consideriamo i dati di bilancio, si osserva che mentre al minore residente a Reggio Calabria e Taranto viene destinata annualmente una somma che oscilla dai 27 ai 90 euro, al minore residente a Bologna, Milano, Firenze o Venezia vengono destinate somme che oscillano dai 679 euro ai 796 euro. Un'analisi comparata con i dati tratti dall'Indagine Istat sulla spesa sociale dei comuni conferma queste tendenze. Le Città di Reggio Calabria, Taranto, Brindisi e Palermo sono quelle in cui le politiche per l'infanzia dipendono in modo significativo, oltre il 18 per cento, dall'erogazione del Fondo. Le città del Centro Nord hanno un tasso di dipendenza media molto inferiore e pari mediamente al 4,2 per cento.
Osserva che il Piano del governo si trova ad operare in un contesto molto diverso da quello in cui è stato varato il primo Piano d'azione: il contesto sociale, culturale, legislativo nel nostro Paese, in Europa e anche nel resto del mondo è cambiato. L'epoca che viviamo si caratterizza come società della conoscenza. Popoli interi conoscono tappe di sviluppo a ritmo molto sostenuto. Nuove e vecchie forme di contraddizione possono mettere paura, spingere alla chiusura e indurre alla convinzione che l'autosufficienza sia l'unica soluzione: è un modo di sentire comprensibile ma non auspicabile. L'Italia vincerà la sua sfida tra i primi dei Paesi sviluppati se insieme all'Europa non restringerà i suoi diritti e delineerà in modo più coraggioso gli aspetti che la potranno rendere competitiva nei confronti degli altri Paesi.
In questa società della conoscenza e nell'epoca della globalizzazione lo sviluppo della persona umana è determinante. Indipendentemente dal proprio orientamento religioso, si richiama alle affermazioni di Giuseppe Laganà, rappresentante della Caritas italiana, recentemente audito dalla Commissione, laddove fa riferimento alla centralità della persona umana, affermando che tale richiamo implica la presenza di «diritti inalienabili riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Costituzione italiana».
Come tali, citando Giuseppe Laganà, i diritti non possono « trasformarsi in una concezione benevola»: anzi, per quanto riguarda il Piano presentato dal Governo, si afferma che « nel tentativo di ripensamento e riorganizzazione del welfare rimane centrale il ruolo delle istituzioni pubbliche, garanti della titolarità dei diritti e deputate al reperimento non occasionale delle risorse economiche, strutturali e organizzative che in un orizzonte ampio di efficacia delle decisioni prese, valorizzi l'apporto del privato sociale e delle comunità locali in un rapporto necessariamente asimmetrico in cui la collaborazione non può significare sostituzione».
Ritiene che non potrebbe essere espresso in modo migliore il rapporto esistente tra centralità della persona in età evolutiva e la responsabilità primaria delle istituzioni pubbliche.
Aggiunge che la riorganizzazione dello Stato italiano in chiave federale non può in alcun modo attenuare la sua responsabilità, come del resto è richiesto espressamente dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.
Questo rapporto tra i diritti dell'infanzia e l'adolescenza e il ruolo delle istituzioni

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pubbliche centrali non lede in alcun modo il ruolo del privato sociale e della comunità locale, né tantomeno rende meno incisiva la sussidiarietà. All'opposto consente al privato sociale, alle comunità locali e alla sussidiarietà, di sviluppare maggiormente il proprio ruolo e la propria dimensione in un contesto certo di regole, strumenti, responsabilità e risorse.
Passando alla questione delle risorse, sottolinea che essa non può essere pensata come qualcosa di aggiuntivo o indifferente al Piano d'azione.
In particolare, fa presente che nel Piano d'azione del Governo, alla fine del punto 2, che ha per titolo «Il senso e l'articolazione del Piano di Azione» si legge: «Il Piano è un documento di natura programmatica. La definizione delle risorse per la sua implementazione avviene nelle modalità descritte al successivo punto 9». Al punto 9, dedicato alle risorse, si legge: « In riferimento alla indicazione delle modalità di finanziamento degli interventi previsti nel presente Piano, come richiesto dall'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, si precisa che le azioni richiamate e da attuarsi nell'ambito della legislazione vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria.
A tali impegni è, quindi, da riconoscere carattere meramente programmatico, in quanto la sede nella quale saranno ponderate le diverse esigenze di settore è la Decisione di finanza pubblica (DFP), sulla base della quale verrà definito il disegno di legge di stabilità».
A suo giudizio dunque, la prima grande questione da sciogliere è questa: dove e quante sono le risorse, affinché il Piano possa essere uno strumento concreto per l'attuazione della Convenzione sui diritti del fanciulli, della Costituzione e delle direttive europee?
Cosa significa dire nel Piano che è di «natura programmatica»? Può essere il Piano credibile dal punto di vista programmatico se il programma è privo di risorse?
Fa presente che su questo punto hanno insistito tutti coloro che sono stati auditi dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.
Cita poi alcuni esempi.
Il Gruppo CRC in particolare sottolinea: «la necessità di introdurre attraverso una specifica indicazione in tal senso nel Piano nazionale Infanzia, un sistema di monitoraggio per analizzare annualmente la quota di risorse che l'Italia destina complessivamente e, per settore, all'infanzia e all'adolescenza e di incrementare nei prossimi bilanci annuali le risorse destinate ai fondi nazionali che finanziano i servizi per l'infanzia e l'adolescenza. Persistono infatti le difficoltà ad individuare l'esatta rendicontazione delle risorse allocate sia a livello nazionale che regionale. Ricordiamo in proposito che il comitato ONU nel 2003 aveva espresso preoccupazione per il fatto che l'Italia non applicasse appieno l'articolo 4 della Convenzione di New York e che quindi non vi fosse uno stanziamento per l'infanzia e l'adolescenza 'al massimo livello consentito dalle risorse disponibili'. Il superamento della legge 285 e del relativo Fondo nazionale infanzia ha determinato l'assenza, ad eccezione delle città riservatarie, di fondi vincolati per la realizzazione di progetti a favore dell'infanzia e dell'adolescenza, creando, di fatto, una sostanziale disparità fra le quindici città riservatarie e il restante territorio nazionale.»
Nel contributo di Arciragazzi Nazionale presentato alla Commissione dal suo Presidente Pasquale D'Andrea, si trovano alcune osservazioni e proposte da prendere in seria considerazione. D'Andrea afferma che attualmente, dopo le modifiche del Titolo V della Costituzione, la mancata scrittura dei LIVEAS necessari per l'attuazione della legge n. 328 del 2000, la scomparsa del Fondo nazionale per l'infanzia se non della parte dedicata alle città riservatarie (solo il 15 per cento dei minori), «ad oggi non vi è alcuno strumento normativo che possa essere invocato affinché

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venga attuata la legge 176 del 1991, di autorizzazione alla ratifica della Convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia a livello regionale.»
La proposta dell'Arciragazzi pone in connessione la definizione dei LIVEAS, il Piano nazionale infanzia e la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo. Questo oggi può sembrare un traguardo lontano ma è indubbio che l'attuazione dei cosiddetti «diritti dell'infanzia» di cui alla Convenzione del 1989 non possa essere «dispersa nell'articolazione delle funzioni che lo Stato si dà. Tanto più in vista dell'attuazione del federalismo e in assenza di strumenti sopra descritti, sancirebbe definitivamente l'impossibilità strutturale di porre in essere la promozione - uguale per tutto il Paese - dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; la prospettiva non può che essere un Piano nazionale infanzia "costruito" coordinando i Piani regionali attraverso lo strumento dei LIVEAS.»
Proposte nella stessa direzione vengono avanzate da CNOAS, dall'Unione Nazionale Camere Minorili, dalle Camere Minorili in camMINO - Camera minorile Nazionale, dall'Associazione Italiana dei Magistrati per i minorenni e le famiglie e da altre.
Gli stessi rappresentanti dell'UPI e dell'ANCI affermano: «Preoccupa l'indicazione che le azioni richiamate nello schema di Piano siano finanziabili (soltanto) nei limiti degli stanziamenti previsti e che non vi sia indicazione, ovvero concreta aspettativa di risorse aggiuntive; va invece superata la logica dei finanziamenti residuali e dipendenti dalle "risorse disponibili"».
Sottolinea infine anche la stretta connessione esistente fra politiche della famiglia e politiche per l'infanzia e adolescenza, come afferma anche la Convenzione di New York. Fa presente che questa connessione sembra poco consistente se si considera che il Piano non fa riferimento al documento preparatorio predisposto per la prossima Conferenza della famiglia.
Tuttavia, occorre ricordare che, anche sotto il profilo fiscale, per combattere la povertà minorile è necessario fare attenzione alla composizione della famiglia.
Sottolinea che anche la riforma del sistema penale minorile è un altro punto centrale: c'è necessità di una riforma organica che riguardi ordinamento, rito, giurisdizione e che assuma come base i principi della Convenzione sulla protezione dei minori dell'Aja del 1993 e della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e solo recentemente ratificata dall'Italia.
La necessità di costruire un patto intergenerazionale, attraverso la partecipazione, e il principio dell'ascolto giuridico vanno di pari passo, poiché nella famiglia di oggi cambia la relazione fra genitori e figli, passando dalla potestà alla responsabilità, in un rapporto che non implica né parità né gerarchia.
La giurisdizione in materia familiare non deve perciò avere natura contrappositiva, ma deve fondarsi sulla cultura della mediazione: si deve caratterizzare per prossimità, competenza e specializzazione. In questo quadro valuta molto negativamente, all'interno del Piano, la soppressione del prezioso ruolo dei giudici onorari nei procedimenti che coinvolgono i minori.
Ribadisce che, quando si parla di giustizia che coinvolge un minore, sia come vittima sia come autore di reato, sia come soggetto di casi che lo riguardano, occorre sempre parlare di una giustizia speciale, poiché riguarda una persona in età evolutiva. Perciò essa non potrà mai essere punitiva o vendicativa, ma si dovrà invece caratterizzare per un alto grado di specializzazione.
Rileva che in Italia i crimini commessi dai minori sono inferiori alla media europea e che pertanto occorre valorizzare e preservare certe esperienze della giustizia minorile italiana, in particolare l'istituto della messa in prova che ha dato sinora ottimi risultati.
Occorre altresì rafforzare l'affido familiare e migliorare la formazione dei tutori. La Commissione ha poi avuto occasione di sperimentare direttamente l'opportunità di

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costituire un sistema informativo e di monitoraggio dei minori fuori dalla famiglia, nonché la necessità di approntare quanto prima efficaci sistemi di tutela dei minori dagli abusi anche per via telematica.
Sui minori stranieri infine, ritiene che sia necessario fare un chiaro riferimento al principio di interculturalità. Sottolinea che a questo riguardo anche l'Upi e l'Anci, nelle audizioni svolte in Commissione, hanno rilevato come spesso le azioni del Governo a favore dei minori stranieri manchino di organicità e trascurino l'attuazione di molte buone prassi sperimentate in questo campo dai comuni stessi.
Per quanto riguarda la tutela dell'adolescenza in particolare e del benessere psicofisico delle persona in età evolutiva, si sofferma sul giudizio fornito dai rappresentanti dei pediatri, auditi dalla Commissione, i quali hanno evidenziato come i «figli unici e tardivi» che abbondano nel nostro Paese richiedano spesso di essere protetti più dalla paura della malattia, che dalla malattia stessa. Il pericolo di tendenze depressive nei nostri adolescenti scaturisce spesso da una molteplicità di fattori, non ultimo la mancanza di un sistema di valori di riferimento.
A questo proposito, riterrebbe opportuno elevare l'età dell'assistenza pediatrica fino ai 18 anni, per ricomprendervi la difficile fascia di età dell'adolescenza, particolarmente critica per la salute, poiché possono manifestarsi patologie legate all'alimentazione, alle tossicodipendenze, a fenomeni di doping, di bullismo. Sarebbe inoltre necessario educare i bambini ad un uso corretto e responsabile dei media: anche questo dovrebbe, a suo giudizio, far parte di un organico Piano infanzia.

Alessandra MUSSOLINI, presidente, precisa preliminarmente che a suo giudizio lo schema di Piano presentato dal Governo non è antitetico rispetto a quello predisposto dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.
Auspica poi fortemente che la Commissione giunga ad approvare un unico parere condiviso dai gruppi di maggioranza e di opposizione, anche allo scopo di non fornire alibi al Governo nei confronti dell'attuazione di quanto la Commissione intenderà chiedere.
Ricorda a tale riguardo che molti dei passaggi evocati dalla relatrice Serafini sono stati temi condivisi da tutta la Commissione anche in passato e potrebbero confluire utilmente in un insieme di osservazioni comuni da inserire nel parere (sulla scorta di quanto già avvenuto ad esempio con i minori stranieri non accompagnati, all'interno di una risoluzione approvata dalla Commissione nel 2009 e di una mozione approvata recentemente dall'Assemblea della Camera).
Aggiunge alcune osservazioni sul tema dell'assistenza pediatrica, esprimendo particolare apprezzamento per il sistema del pediatra di famiglia vigente in Italia, sia pure nella differenza esistente fra prestazione sanitaria (pienamente fornita dal sistema attuale) e assistenza vera e propria, più difficile da realizzare.

Sandra ZAMPA (PD) esprime grande apprezzamento per il lavoro svolto dalla senatrice Serafini. Comprende e condivide anche l'auspicio della Presidente che la Commissione esprima un unico parere, purché in esso si tenga conto delle osservazioni svolte dalla senatrice Serafini.
In particolare, ritiene che l'esame dello schema di Piano, pervenuto tardivamente, non debba trasformarsi per di più in un'occasione mancata per la Commissione. Sottolinea che tutti condividono alcuni punti fermi: in particolare, il fatto che l'assenza di risorse vanifica i contenuti del Piano; che il ruolo della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza vada sensibilmente rafforzato; che i LIVEAS debbano essere quanto prima definiti per garantire i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
Il principio della partecipazione non va sottovalutato, poiché rappresenta la chiave di volta innovativa per ripensare il rapporto dell'adolescente con la famiglia e le istituzioni, per il futuro del Paese. La tutela del diritto all'identità serve a proteggere i minori, la partecipazione a farli

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crescere in un mondo sempre più complicato, tenendo sempre a mente l'interesse superiore del minore.
Si sofferma poi sul riferimento all'immigrazione fatto nel corso dell'audizione del rappresentante della Caritas, facendo presente che il principio dell'interculturalità dovrebbe costituire una base essenziale di lavoro comune, da affrontare con un forte intento innovativo.
Si riserva poi di valutare quanto prima anche le osservazioni della relatrice di maggioranza.

Irene ADERENTI (LNP), relatrice, precisa di aver svolto una relazione puramente illustrativa, senza riferirsi ai contenuti delle audizioni svolte e riservandosi di considerare nella proposta di parere le osservazioni che sono emerse nel corso del dibattito.

Rita GHEDINI (PD) sottolinea anzitutto che il principio della partecipazione - scarsamente valorizzato nel Piano - rafforza il ruolo del minore come titolare di diritti propri, in linea con le Convenzioni internazionali vigenti.
Il punto di maggiore fragilità del Piano è però a suo giudizio rappresentato dalle previsioni sulle risorse, che appaiono del tutto insufficienti: la sottolineatura del carattere «meramente programmatico» del Piano toglie infatti qualsiasi operatività al Piano stesso, e lo subordina alle decisioni di finanza pubblica.
Il medesimo disegno di legge di stabilità, per quanto concerne le misure di spesa che dovrebbero supportare le azioni contenute nel Piano, prevede solo interventi di riduzione: in particolare nel triennio considerato dalla legge, la riduzione complessiva delle spese per l'infanzia e l'adolescenza è valutabile in circa tre miliardi e 167 milioni di euro (si tratta di tagli all'istruzione, solidarietà sociale e famiglia, immigrazione, salute, giovani e sport, scuola, minori disabili, insegnanti di sostegno).
Il predetto calcolo è al netto dei tagli previsti per i trasferimenti a Regioni, province e Comuni, che incideranno a loro volta pesantemente sulle prestazioni citate da erogare a livello locale.
Alla luce di queste premesse, si domanda perciò come la Commissione possa dare un contributo incisivo all'adozione del Piano infanzia, a meno che non voglia prendere in considerazione le sole azioni incluse nello stesso Piano che non comportino spese (peraltro molto diffidi da individuare). In ogni altro caso, la sostanziale e progressiva riduzione delle risorse non può che stridere con l'impianto del Piano che pure prevede una rosa di azioni quanto mai necessarie e irrinunciabili. Per questo motivo, il Piano rischia di divenire una mera dichiarazione di buoni principi, non realizzabili per assenza di risorse.
Ribadendo la centralità del ruolo della Commissione, che è stata istituita per affermare la priorità dei diritti dei bambini rispetto a tutti gli altri diritti, fa presente che rinunciare ad esercitare questo ruolo riaffermando questa priorità, pur in un quadro di risorse pubbliche calanti, significa andare verso un modello sociale meramente riparativo.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC) chiede chiarimenti sui lavori della Commissione e in particolare sui tempi previsti per l'espressione del parere.

Alessandra MUSSOLINI, presidente, precisa che la proposta di parere sarà votata nella prossima seduta della Commissione.
Riferendosi all'intervento della senatrice Ghedini, ritiene che i singoli componenti della Commissione potranno farsi promotori, in sede di esame del disegno di legge di stabilità nelle rispettive Commissioni di merito, di eventuali proposte di modifica che tengano presenti le osservazioni emerse nel dibattito odierno.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC) chiede chiarimenti sulla natura obbligatoria ma non vincolante del parere espresso dalla Commissione e sulla possibilità di indicare, nel testo del parere stesso, non solo delle osservazioni, ma anche delle

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condizioni. Auspica comunque che la Commissione giunga ad esprimere un parere condiviso e si riserva di valutare le singole proposte di parere che la Commissione esaminerà, non concordando personalmente con tutte le osservazioni raccolte in sede di audizioni svolte, che a parere di alcuni componenti della Commissione dovrebbero confluire nel testo del parere.
Esprimendo poi apprezzamento per il lavoro svolto dalle relatrici, fa presente preliminarmente che nello schema di Piano presentato dal Governo non conta solo la questione delle risorse, ma anche l'impianto culturale generale, che, pur in assenza di risorse, potrebbe essere condiviso forse anche da un successivo Governo. Tuttavia il giudizio generale non può prescindere dalla difficoltà di realizzare le azioni previste dallo schema di Piano in assenza di risorse.
Sul tema della partecipazione, concorda con alcune delle osservazioni svolte, ma vorrebbe evitare sconfinamenti demagogici di un pur giusto principio, come invece è già avvenuto anche in altri settori (ad esempio, nell'Università).
Auspica ancora una volta che la Commissioni approvi un unico parere condiviso, cosa che darebbe un peso politico molto maggiore al lavoro svolto dalla Commissione.

Giuliana CARLINO (IdV) ringrazia la relatrice Serafini per il suo intervento, ampio ed elaborato.
Sottolinea poi che le politiche della famiglia e le politiche per i minori sono ambiti strettamente connessi, ma anche distinti. È comunque importante lavorare su un piano preventivo quando di tratta di politiche a favore dell'infanzia.
Concordando con gli altri interventi, auspica che si giunga all'approvazione di un parere unitario, che dia peso e valore alla Commissione.

Alessandra MUSSOLINI, presidente, ringrazia la relatrice Serafini e la relatrice Aderenti in particolare, per non aver voluto presentare una relazione politica di tipo valutativo, o un parere già articolato, dando così alla Commissione la possibilità di trovare un punto di accordo fra diversi orientamenti, allo scopo di approvare un unico parere condiviso da tutti.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame dello schema ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.30.