CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 settembre 2010
372.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 23 settembre 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 9.45.

Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento.
Nuovo testo C. 2350, approvato dal Senato.

(Parere alla XII Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato il 21 settembre 2010.

Manlio CONTENTO (PdL) rileva come la relazione svolta dal Presidente ponga delle questioni giuridiche, in ordine al testo sottoposto al suo esame, che difficilmente possono essere separate dagli orientamenti religiosi e culturali di ciascuno.
Sostenere, ad esempio, che il testo non fa alcun cenno espresso al diritto di «autodeterminazione» del paziente, può sembrare semplicemente un'osservazione diretta a correggere il testo medesimo, ma può anche rivelare una scelta idonea ad incidere sul divieto di eutanasia previsto dall'attuale articolo 1, primo comma, lettera c) ovvero a mitigare la considerazione, ivi inserita, circa le finalità dell'attività medica.
L'osservazione appena assunta a titolo di esempio denota, quindi, il non facile compito della Commissione chiamata ad esprimere un parere su una proposta legislativa che ha diviso il Paese e che ha scatenato approfonditi dibattiti e accese polemiche.
Anche l'interrogativo rivolto a domandarsi se sia opportuna una legge in questo campo è oramai superato dagli eventi posto che l'intervento della magistratura non ha lasciato - e non poteva essere

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diversamente - indifferente il Parlamento su una questione tanto complessa e delicata come quella generalmente riassunta nell'espressione «fine-vita».
Riservando ad altra sede le valutazioni di ordine diverso da quello giuridico, prende spunto dalla considerazione che il provvedimento deve tentare di conciliare il rispetto della vita, valore di sicuro rilievo precostituzionale prima ancora che costituzionale - se non altro in quanto essenziale al riconoscimento dei diritti inviolabili della persona - con il diritto di rifiutare ogni trattamento sanitario che non sia previsto da una norma di legge ispirata da rilevanti interessi posti a tutela della comunità.
Se riesce difficile immaginare che il servizio sanitario possa essere finalizzato ad impartire la «buona morte» altrettanto assurdo è immaginare che un diritto all'autodeterminazione possa spingersi sino a rifiutare ogni trattamento sanitario ivi compresi quelli che trovano legittimazione proprio nella tutela della collettività, trattamenti che costituiscono senz'altro l'eccezione, ma che sono perfettamente coerenti, in presenza delle condizioni che li giustificano, con la Carta Costituzionale.
Se, quindi, una norma che non fosse rispettosa della libertà di rifiutare un trattamento sanitario finirebbe per violare il precetto costituzionale, altrettanto illegittimo risulterebbe il comportamento di chi, in nome del proprio individuale diritto di libertà, rifiutasse di sottoporsi ad un trattamento sanitario assunto al fine di salvaguardare una comunità da situazioni di potenziale pericolo per la sua stessa esistenza.
Rileva che sarebbe stato auspicabile un provvedimento che, limitandosi a richiamare i precetti costituzionali in gioco - come fa il primo comma dell'articolo 1 - fosse rivolto a disciplinare esclusivamente il consenso informato ed il cosiddetto «testamento biologico». Tuttavia, il testo approvato dal Senato si rileva il frutto di un percorso impegnativo è su di esso che ci si deve misurare.
Ritiene che il riferimento all'autodeterminazione del paziente sia già stabilita dal richiamo espresso alle norme costituzionali (articoli 2, 13 e 32) e, in particolare, dalla previsione di cui all'articolo 1, primo comma, lettera e) dove si riconosce che nessun trattamento sanitario può essere attivato a prescindere dall'espressione del consenso informato e dove, nella sostanza, si ripropone proprio il contenuto di quanto sancito dall'articolo 32 della Costituzione.
Quanto all'articolo 2, appaiono corrette le indicazioni dirette a stabilire che anche la revoca del consenso informato sia annotata nella cartella clinica e, a parere del dichiarante, che altrettanto avvenga nel caso di rifiuto delle informazioni a proposito del quale parrebbe opportuno chiarire se esista distinzione tra tale rifiuto e il trattamento proposto dal momento che un paziente potrebbe rifiutare le informazioni, ma accettare l'intervento.
Ritiene, poi, auspicabile che la forma scritta sia stabilita in tutti questi casi.
Quanto ai commi 6 e 7 dell'articolo 1, va verificato se la differenza di stesura in ordine alla possibilità di esprimere o rifiutare il consenso informato risponda ad una diversità di ragioni posto che anche per l'interdetto, l'inabilitato o il minore emancipato può presentarsi l'opportunità di revocare il consenso.
Dubbi possono essere espressi circa il ruolo dell'amministratore di sostegno dal momento che se l'impossibilitato ad attendere temporaneamente alla proprie occupazioni ha capacità di intendere e di volere non pare giuridicamente corretta la devoluzione dell'incombente in capo al primo o, comunque, il suo coinvolgimento.
Osserva, comunque, che qualora si intendesse apportare una modifica circa l'estensione al versante sanitario delle attribuzioni demandate all'assistente di sostegno, risulterebbe più consono farlo attraverso una modifica del Codice Civile.
Osserva, quindi, che la norma eccezionale prevista dai commi 8 e 9 ben potrebbe essere razionalizzata in un'unica previsione posto che la non operatività della disciplina del consenso dovrebbe valere in tutti i casi in cui o per l'urgenza

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della situazione o per il pericolo di vita sia irrazionale pretendere di espletare le relative formalità.
In relazione alla Dichiarazione Anticipata di Trattamento, si evidenzia la possibilità di semplificare in un unico comma le previsioni contenute nei primi due e si suggerisce di vagliare la possibilità di limitarne la portata al solo mancato consenso in ordine all'effettuazione di determinati trattamenti.
A suo parere l'orientamento del paziente dovrebbe essere rivolto ad esprimersi intorno alla «non attivazione» e non anche «all'attivazione» di essi dal momento che lo scopo dell'atto appare rivolto ad evitare che il medico, contro la volontà dell'interessato, lo sottoponga a cure non volute. Assai più arduo, invece, allargare l'orizzonte all'attivazione di trattamenti sia per la difficoltà del paziente - che non abbia una chiara competenza in materia - di indicarli sia in relazione all'interferenza con la responsabilità medica, sia in relazione alla possibilità che certi interventi subiscano l'evoluzione scientifica tipica di certi sviluppi della medicina o della tecnologia. Né pare potersi giustificare la previsione in esame con la facoltà, concessa al paziente, di poter esprimere il proprio consenso all'attivazione di cure sperimentali sia per la complessità di una tale previsione sia per quanto già precisato in ordine all'attivazione di un trattamento.
Semmai, andrebbe affrontata la questione circa la possibilità che la DAT contenga istruzioni circa l'interruzione di un determinato trattamento, ad esempio, a distanza di tempo dalla sua applicazione o al verificarsi di particolari situazioni.
Si tratta di un aspetto estremamente delicato, ma che appare compatibile, sul piano giuridico, con chi sostenga la libertà non solo di non prestare il consenso, ma di revocarlo ovvero di prestarlo in forma condizionata.
In ordine all'articolo 4, rileva come i primi due commi possano essere riassunti in un'unica disposizione e ritiene che potrebbe risultare utile precisare che la sottoscrizione del dichiarante è autenticata dal medico curante.
Esprime, quindi, perplessità con riferimento all'inefficacia della dichiarazione una volta trascorsi cinque anni dal momento che tale previsione, oltre che richiedere una pluralità di iniziative da parte dell'interessato e conseguenti adempimenti in capo ai sanitari, non appare coerente con la responsabilità attribuita al singolo e volta a scegliere la DAT quale espressione della propria libertà in campo terapeutico.
Quanto alla revoca o alla modifica potrebbe essere più semplice richiamare le modalità di cui ai primi commi (o al comma unico in sede di auspicata riformulazione) mentre sarebbe opportuno coordinare il concetto di «rilievo» assunto dalla dichiarazione tra il comma 5 dell'articolo 4 e il comma 6 dell'articolo 3 (o «rilievo dal punto di vista clinico» oppure «rilievo» oppure «acquista efficacia ai fini terapeutici») in modo da uniformare le previsioni.
Circa l'articolo 6, rileva come esso appaia sproporzionato rispetto al compito che al fiduciario dovrebbe essere rimesso e che si sostanzia nella previsione del comma 2, la quale potrebbe condensare l'intera previsione con un riferimento esplicito che il rispetto delle intenzioni espresse dal paziente deve avvenire in tanto in quanto esse siano legittime, cioè conformi al quadro normativo di riferimento (più che «legittimamente espresse» che pare riferirsi alle formalità, si potrebbe dire «operando sempre e solo secondo le legittime intenzioni esplicitate»).
Semmai, una questione che meriterebbe di essere considerata è la possibilità di nominare un fiduciario che, in caso di incapacità di intendere e volere del paziente possa esprimere il consenso ai diversi trattamenti anche a prescindere dall'esistenza di una volontà diretta a dare indicazioni ai sanitari. In altre parole, ciò permetterebbe di utilizzare la DAT anche soltanto per affidare ad una persona di fiducia le decisioni più delicate da affrontare in quei momenti difficili, persona che

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ben potrebbe essere individuata, evitando così ogni discussione futura, proprio dal diretto interessato.
Corretto appare, poi, il ruolo del medico nella fase di valutazione delle dichiarazioni anche se l'articolo 7 andrebbe riformulato allo scopo di chiarire che se un trattamento è legittimamente rifiutato, al medico dovrebbe essere preclusa la possibilità di praticarlo e, nel caso in cui ciò sia contrario alle sue convinzioni di carattere scientifico o deontologico, forse sarebbe il caso di provvedere alla sostituzione del sanitario.
Se, infatti, la legge consente di esprimere la propria volontà attraverso la DAT, appare assai singolare che, nel caso in cui questa sia efficace, essa possa essere disattesa magari richiamando la convinzione scientifica secondo la quale non applicare il trattamento non voluto equivale a cagionare la morte del paziente invocando, in tal modo, il secondo comma dell'articolo stesso.
Più delicata, per il dichiarante, la questione relativa al divieto di dichiarazione anticipata di trattamento concernente l'alimentazione e l'idratazione.
Dichiara di non aver difficoltà a riconoscere che qualora si equiparasse tout court tale intervento ad un trattamento sanitario le conseguenze potrebbero essere paradossali in quanto finirebbero per trasformare il sistema sanitario in un luogo ove è legittimo essere ricoverati non per salvaguardare la propria salute, ma per affrettare la propria morte.
Per introdurre nell'ordinamento una forma di eutanasia non punibile, infatti, sarebbe sufficiente consentire di opporre legittimamente tale rifiuto in forza del quale sia l'invito all'omissione formalmente espresso sia il comportamento coerente del sanitario farebbero venir meno le disposizioni di carattere penale pur vigenti nel nostro codice.
Pur sottolineando la schematizzazione proposta, l'onorevole Contento chiede che sulla questione si confrontino due punti di vista. Quello del mondo cattolico che, muovendo dalla concezione prima religiosa e, poi, cristiana della vita come «dono di Dio», quindi della sua sacralità ed indisponibilità, giudica profondamente immorale la possibilità di sospendere un mezzo di cura «morale» come quello dell'alimentazione e l'idratazione anche se somministrate artificialmente.
Quello ispirato ad una visione laica che fa prevalere, sul piano filosofico, la possibilità di autodeterminazione del soggetto rispetto alla morte e, quindi anche in relazione al rifiuto del trattamento di somministrazione artificiale dell'alimentazione e dell'idratazione.
Si tratta di visioni difficilmente conciliabili.
Si potrebbe giustificare il divieto di DAT sostenendo che tale somministrazione non costituisce un trattamento sanitario, ma l'obiezione non tarderebbe ad evidenziare l'artificiosità dell'operazione e la qualificazione di essa, proprio come «un trattamento sanitario» operata dalla Cassazione. (16/10/2007 n. 21748).
Secondo l'oratore la questione finirà per essere rimessa all'attenzione dei tribunali e, quindi, della Corte costituzionale, non appena ci si troverà di fronte ad un altro caso come quello di Eluana Englaro.
Conclude auspicando che un contributo definitivo sul punto possa derivare dal dibattito in Aula cui riserva la presentazione di un emendamento.

Manuela REPETTI (PdL) sottolinea la particolare delicatezza e complessità del provvedimento in esame, con il quale si affronta un tema che tocca nel profondo la coscienza di ciascuno. Si tratta inoltre di un tema in ordine al quale il Parlamento deve assumere delle decisioni che produrranno conseguenze che nel futuro si rifletteranno sulla vita di tutti. Per questi motivi ritiene che occorra valutare ogni aspetto con cautela e che si debba diffidare delle posizioni estreme: di coloro che sostengono l'eutanasia ovvero la vita a tutti i costi.
Rileva come il presupposto dal quale muovere sia l'insindacabile sacralità della vita e che, tuttavia, eliminare la possibilità

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di scelta in ordine alla sospensione di trattamenti terapeutici, negare la possibilità del rifiuto, sia ingiusto e violi in radice il principio di libertà individuale. Si riferisce, in particolare, all'idratazione e all'alimentazione artificiale, la cui qualificazione comporta profili di grande complessità, ma che, proprio in quanto «artificiali», a suo giudizio devono essere considerati dei trattamenti terapeutici, sottolineando come gli stessi, in alcuni casi, si siano trasformati in vere e proprie forme di accanimento terapeutico. Osserva, infatti, come la scienza, la tecnologia ed il progresso debbano alleviare la sofferenza, ma non possano superare determinati limiti, oltre i quali non vi è più rispetto della vita.
Condivide sostanzialmente l'intervento dell'onorevole Contento, ritenendo che il nodo centrale del dibattito sia il principio di autodeterminazione, ma ricorda anche la necessità di trovare soluzioni adeguate per i casi, che saranno molto numerosi, in cui non vi sia un DAT.
Esprime infine l'auspicio che, nell'ambito di un confronto parlamentare collaborativo e costruttivo, le varie sensibilità ed opinioni sul tema in questione possano trovare la propria sintesi in un testo equilibrato.

Maria Antonietta FARINA COSCIONI (PD), dopo essersi rammaricata per una pressoché totale assenza di deputati anche del suo gruppo al dibattito odierno, ritiene che l'intervento dell'onorevole Contento non sia condivisibile specialmente nella parte finale laddove evidenzia che la scienza medica non ha ancora definito la linea di confine tra trattamento sanitario e nutrizione artificiale. In realtà, come anche è risultato nel corso delle audizioni svolte in Commissione affari sociali, l'alimentazione e l'idratazione artificiali sono considerate come terapie e non come sostegni artificiali. Il testo trasmesso dal Senato, invece, sembra non tenere conto di tale distinzione partendo dal presupposto errato che la nutrizione artificiale consista semplicemente nella somministrazione di acqua e di alimenti da parte di infermieri, anziché in un insieme di atti medici estremamente complessi, ricordando in tale contesto la dolorosa vicenda del marito Luca Coscioni. Ciò significa che questi tipi di trattamenti, avendo natura di trattamenti sanitari, dovrebbero essere rimessi alla libera volontà degli interessati.
Il testo in esame, oltre a basarsi su un presupposto del tutto sbagliato, è anche carente sotto diversi profili in quanto, ad esempio, non prende in considerazione la ventilazione artificiale, la quale è senza alcun dubbio un trattamento sanitario salvavita, che nel caso della sclerosi laterale amiotrofica è l'unico strumento di sopravvivenza. Il risultato paradossale della normativa che la maggioranza intende approvare sarebbe quello di consentire al paziente capace di intendere e volere di interrompere il trattamento, e di vietare qualsiasi interruzione dal momento in cui vi è la perdita della capacità di intendere e volere, considerando del tutto irrilevante la volontà in tal senso dei parenti o conviventi.
Con particolare riferimento al provvedimento, critica la formulazione dell'articolo 4 sulla forma e durata della dichiarazione anticipata del trattamento, ritenendo in particolare che non si sia tenuto conto della condizione dei soggetti affetti da patologie neuromuscolari e dei soggetti privi di vista o udito. Critica inoltre la formulazione dell'articolo 3, comma 5, perché ritiene che il richiamo alla Convenzione delle Nazioni unite del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità sia fatto in modo pretestuoso e strumentale, creando paradossalmente delle forme di discriminazione per le persone disabili.
Auspica conclusivamente che questi spunti di riflessione, che si aggiungono a quelli offerti dall'onorevole Contento e a quelli contenuti nella relazione del Presidente Bongiorno, possano condurre alla formulazione da parte della Commissione giustizia di un parere forte ed analitico, poiché il testo così come attualmente formulato non è accettabile.

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Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.50.

AUDIZIONI INFORMALI

Giovedì 23 settembre 2010.

Audizione sulla situazione degli istituti penitenziari di rappresentanti di: Consulta permanente cittadina del Comune di Roma per i problemi penitenziari, Conferenza nazionale volontariato giustizia e Seac, Ristretti orizzonti, Arci nazionale carcere, CNCA, Gruppo Abele, UISP, Forum droghe, Consorzio Open, Fondazione Villa Maraini, LILA, Forum nazionale per la tutela della salute dei detenuti, Legacoopsociali nazionale, A Roma. Insieme.

L'audizione informale è stata svolta dalle 10.50 alle 11.25.