CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 settembre 2010
368.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 15 settembre 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il Ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico e il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 14.40.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale.
Atto n. 241.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, ricorda preliminarmente che lo schema di

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decreto legislativo in esame, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri nello scorso mese di giugno unitamente allo schema di decreto volto a disciplinare la determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali, dà attuazione alla delega contenuta nell'articolo 24 della legge n. 42 del 2009 e reca disposizioni relative all'ordinamento transitorio di Roma Capitale. In proposito, sottolinea come l'articolo 24 della legge di attuazione del federalismo fiscale abbia inteso introdurre una disciplina volta a dare applicazione alle disposizioni dell'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, il quale prevede che con legge dello Stato sia disciplinato l'ordinamento di Roma, capitale della Repubblica. Al riguardo, evidenzia che le disposizioni contenute nell'articolo 24 della legge n. 42 rappresentano una disciplina transitoria, in quanto esse troveranno applicazione solo fino all'attuazione della disciplina delle città metropolitane, che dovrà essere adottata in attuazione della delega legislativa contenuta nell'articolo 23 della stessa legge n. 42. Una volta attuata tale delega e istituita la città metropolitana di Roma Capitale, le disposizioni recate dall'articolo 24 e dai decreti legislativi adottati si intenderanno, infatti, riferite alla città metropolitana e non al Comune di Roma. Per quanto attiene ai contenuti dell'ordinamento transitorio di Roma Capitale, che attengono espressamente anche agli aspetti di carattere finanziario, ricorda che l'articolo 24 della legge n. 42 reca già alcune disposizioni di carattere generale che possono tuttavia trovare piena attuazione solo a seguito dell'adozione dei decreti legislativi adottati in esecuzione della delega legislativa contenuta nei commi da 5 a 7 del medesimo articolo. Al riguardo, osserva che inizialmente l'articolo 24 rimetteva la disciplina dell'ordinamento transitorio, anche finanziario, ad un unico decreto legislativo, ma successivamente l'articolo 1, comma 21, del decreto-legge n. 194 del 2009 ha precisato che tale disciplina potrà essere recata anche da più decreti legislativi. In proposito, sottolinea che proprio questa è stata la strada seguita dal Governo che ha scelto di affrontare nello schema al nostro esame solo la materia degli organi di governo di Roma Capitale e del loro status, mentre sono rinviate ad un momento successivo - come espressamente affermato anche dall'analisi di impatto della regolamentazione - l'esatta determinazione delle speciali attribuzioni di Roma Capitale, aggiuntive rispetto a quelle già spettanti al Comune di Roma e la conseguente assegnazione di ulteriori risorse legate alle specifiche esigenze di finanziamento derivanti dal ruolo di Capitale della Repubblica.
Evidenzia poi che lo schema di decreto legislativo, che si compone di 7 articoli, è sottoposto ad un particolare iter procedurale previsto dalla norma di delega contenuta nell'articolo 24 della legge n. 42. Osserva, infatti, che lo schema, oltre ad essere sottoposto all'intesa con la Conferenza unificata - come tutti gli altri schemi di decreto attuativi delle deleghe in materia di federalismo fiscale - è stato sottoposto al parere della regione Lazio, della provincia di Roma e del Comune di Roma. In proposito, ricorda che il Comune di Roma ha espresso un parere favorevole, subordinato ad alcuni emendamenti, mentre la provincia di Roma e la Regione Lazio hanno espresso un parere favorevole. Segnala, poi, che anche la Conferenza unificata ha espresso la propria intesa sullo schema, a fronte dell'impegno del Ministro per le riforme per il federalismo di sostenere alcuni emendamenti proposti dal Comune di Roma in materia di numero di municipi e indennità dei consiglieri. Passando ad esaminare più dettagliatamente le disposizioni del decreto, fa presente che l'articolo 1 - oltre ad indicare l'oggetto del provvedimento - stabilisce che le sue disposizioni costituiscono limite inderogabile all'autonomia normativa dell'ente e possono essere modificate, derogate o abrogate solo in modo espresso da una legge statale, come peraltro già previsto dall'articolo 24, comma 8, della legge n. 42 del 2009.
Segnala poi che l'articolo 2 individua poi gli organi di governo di Roma Capitale, che sono il Sindaco, l'Assemblea capitolina

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e la Giunta capitolina, che corrispondono rispettivamente al Consiglio e alla giunta comunale, mentre l'articolo 3 disciplina l'Assemblea capitolina, che - come il Consiglio comunale - rappresenta l'organo di indirizzo e controllo politico - amministrativo. Fa presente che, come già previsto dalla legislazione vigente con riferimento al consiglio comunale, si stabilisce che l'Assemblea sia composta dal Sindaco di Roma capitale e da quarantotto Consiglieri, segnalando altresì che l'Assemblea capitolina è presieduta da un Presidente eletto tra i Consiglieri nella prima seduta, con votazione a scrutinio segreto. Il Presidente, al quale sono attribuiti i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività dell'Assemblea e gli altri poteri previsti dallo statuto e dal regolamento dell'Assemblea, può essere revocato nei casi di gravi violazioni di legge, dello statuto e del regolamento dell'Assemblea, che ne disciplina altresì le relative procedure. Segnala che il comma 4 ribadisce il potere spettante all'Assemblea di disciplinare con propri regolamenti l'esercizio delle nuove funzioni che spetteranno a Roma Capitale ai sensi dell'articolo 24 della legge n. 42. Ribadisce, tuttavia, che tale attribuzione si realizzerà solo con successivi decreti legislativi, che attribuiranno anche le risorse finanziarie corrispondenti. Ricorda che il comma 5 prevede che l'Assemblea capitolina, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto in esame, approvi lo statuto di Roma capitale, che entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, disciplinando in particolare i municipi, che non potranno essere più di dodici, a fronte dei diciannove attualmente esistenti nel Comune di Roma e che il comma 6 conferma la procedura di approvazione dello statuto prevista dal Testo unico sull'ordinamento degli enti locali, mentre il comma 7 riprende la disposizione contenuta nel medesimo testo unico che rimette allo statuto la disciplina dei casi di decadenza per la non giustificata assenza dalle sedute dell'Assemblea capitolina e dalle relative votazioni. Rileva che il comma 8 dispone, infine, che lo statuto ed i regolamenti di cui al comma 4 disciplinano le forme di monitoraggio e controllo finalizzate a garantire, nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali, il rispetto degli standard e degli obiettivi di servizio definiti dai decreti legislativi attuativi della delega sul federalismo fiscale, nonché l'efficace tutela dei diritti dei cittadini.
Con riferimento all'articolo 4, che disciplina il Sindaco e la Giunta capitolina, rileva che, per quanto attiene ai poteri del Sindaco, il comma 2 stabilisce che il Sindaco di Roma Capitale partecipi alle riunioni del Consiglio dei Ministri all'ordine del giorno delle quali siano iscritti argomenti inerenti alle funzioni conferite a Roma Capitale, analogamente a quanto già avviene, peraltro, in determinate fattispecie per i Presidenti delle regioni. Ricorda che, ai sensi del comma 3, la Giunta capitolina è composta dal Sindaco, che la presiede, e da un numero massimo di assessori pari ad un quarto dei Consiglieri dell'Assemblea capitolina assegnati, conformemente a quanto previsto dall'articolo 2, comma 185, della legge finanziaria per il 2010. Tra le norme di carattere innovativo, segnala poi il secondo periodo del comma 5, che dispone che, ai sensi del comma 5, secondo periodo, la nomina ad assessore comporta la sospensione di diritto dall'incarico di consigliere dell'Assemblea capitolina e la sostituzione con un supplente, individuato nel candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero di voti. Segnala che attualmente, infatti, nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti l'assunzione della carica di assessore determina la cessazione dalla carica di consigliere. Segnala, poi, sempre tra le disposizioni innovative, il comma 7, che attribuisce alla Giunta il compito di disciplinare l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, con propri regolamenti e in conformità allo statuto, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e nel rispetto dei principi di professionalità e responsabilità, in relazione all'esercizio delle funzioni conferite

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con gli appositi decreti legislativi. Rileva che attualmente, infatti, il testo unico sull'ordinamento degli enti locali riconosce al consiglio comunale la competenza all'individuazione dei criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi. Da ultimo, ritiene significativa l'introduzione - prevista dal comma 10 - di una corsia preferenziale per le deliberazioni volte a garantire il tempestivo adempimento degli obblighi di legge o la puntuale attuazione delle linee programmatiche di mandato. Segnala che, in questi casi, lo Statuto e il regolamento dell'Assemblea capitolina potranno prevedere che, su richiesta del Sindaco, le proposte di deliberazione siano esaminate e votate seguendo una procedura di urgenza.
Fa presente che l'articolo 5, che riveste maggiore interesse per i profili di competenza della Commissione bilancio, reca disposizioni relative allo status degli amministratori di Roma capitale definendo, in particolare, il regime dell'aspettativa, dei permessi e dell'indennità di funzione. In particolare, segnala che il comma 2 reca una disposizione evidentemente da correggere, in quanto dispone che agli amministratori si applichino le disposizioni in materia di permessi e licenze contenute nel decreto. Rileva che più correttamente, invece, il Comune di Roma, nel suo parere, propone di richiamare al riguardo la normativa vigente. Segnala che il secondo periodo del comma 2 fissa un tetto agli oneri a carico del comune di Roma per i rimborsi dovuti ai datori di lavoro per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti (privati e di enti pubblici economici) che sono anche amministratori del comune. Evidenzia che il limite massimo per tali oneri è fissato all'ammontare dell'indennità di rispettiva spettanza per ciascun amministratore, calcolata mensilmente. Segnala che il comma 3 prevede che gli amministratori che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati in aspettativa non retribuita per il periodo corrispondente all'espletamento del proprio mandato. In assenza di una specifica disciplina, rileva che a tale aspettativa si dovrebbe applicare la normativa generale contenuta nel testo unico sull'ordinamento degli enti locali. Per quanto riguarda, invece, le indennità di funzione, osserva che lo schema non individua le modalità di determinazione dell'indennità spettante al Presidente dell'Assemblea capitolina e agli assessori, mentre per i Consiglieri dell'Assemblea capitolina si prevede il diritto di percepire una indennità di funzione, determinata con decreto del Ministero dell'interno in una quota parte dell'indennità del Sindaco, fissata dal medesimo decreto. Rileva che il decreto ministeriale deve tener conto della complessità e della specificità delle funzioni conferite alla città di Roma, anche in relazione della sua particolare rilevanza demografica e valutare gli effetti previdenziali, assistenziali e assicurativi nei confronti dei lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita in conseguenza dell'elezione al consiglio comunale. Osserva che è comunque previsto un dimezzamento nei confronti dei lavoratori dipendenti non collocati in aspettativa e si stabilisce l'applicazione di detrazioni, da definirsi da parte del regolamento dell'Assemblea capitolina, in caso di assenze non giustificate dalle sedute. In proposito, segnala che la disposizione ha carattere innovativo rispetto alla vigente disciplina del testo unico, che prevede per i consiglieri comunali la corresponsione di gettoni di presenza, il cui importo non può comunque superare un quarto dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco.
Segnala, poi, che l'articolo 6 reca una clausola di invarianza degli oneri redatta in termini conformi alla prassi, mentre l'articolo 7 reca disposizioni transitorie e finali. In questo ambito, segnala la disposizione che disciplina in via transitoria la procedura per l'approvazione delle deliberazioni urgenti, prevedendo che, qualora per il tempestivo adempimento degli obblighi di legge, il Sindaco richieda l'approvazione in via d'urgenza di una proposta di deliberazione, la Giunta, tenuto conto dei documenti presentati nel corso della discussione, può riformulare il testo originario. La proposta della Giunta, posta

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prioritariamente in votazione, ove approvata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea, determina la decadenza di ogni altro documento
Per quanto attiene ai profili finanziari del provvedimento, segnala che la relazione tecnica afferma che, in virtù della clausola di invarianza finanziaria, prevista dall'articolo 6, eventuali nuovi o maggiori oneri, derivanti dalle disposizioni che prevedono un aumento delle indennità per il Sindaco, gli Assessori e i Consiglieri, non potranno comunque eccedere la misura dei risparmi derivanti da altre disposizioni del decreto, quali quelle che prevedono la riduzione del numero massimo dei municipi, e il contenimento degli oneri per indennità e permessi retribuiti spettanti agli amministratori non in aspettativa. In particolare, segnala che la relazione sottolinea che risultano suscettibili di determinare risparmi di spesa, di ammontare non predeterminabile, l'articolo 3, comma 5, che fissa il numero massimo dei municipi in 12, in luogo dei 19 attualmente esistenti, l'articolo 5, comma 2, che stabilisce un tetto per gli oneri per il rimborso, ai datori di lavoro, dei permessi retribuiti riconosciuti agli amministratori del comune di Roma, dipendenti da privati o enti pubblici, l'articolo 5, comma 5, terzo periodo, che prevede che l'indennità di funzione dovuta ai consiglieri dell'Assemblea capitolina sia dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa. A fronte di tali risparmi, osserva che risultano invece suscettibili di determinare maggiori oneri, di ammontare variabile in ragione delle modalità con cui verrà data concreta attuazione alle singole misure, l'articolo 5, comma 4, che prevede che l'indennità di funzione per il Sindaco, gli Assessori ed il Presidente dell'Assemblea capitolina sia fissata con decreto ministeriale e l'articolo 5, comma 5, primo periodo, che prevede che l'indennità di funzione per i consiglieri dell'assemblea capitolina sia pari a quota parte dell'indennità del sindaco. Rileva che la relazione sottolinea comunque che l'incremento delle indennità sarà possibile solo nei limiti dell'effettivo conseguimento dei risparmi derivanti dalle disposizioni precedentemente menzionate. Al riguardo, fermo restando che i riflessi in termini di finanza pubblica del bilancio del Comune di Roma restano affidati al rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno (il quale, in attesa dell'attuazione della legge n. 42 del 2009 viene definito annualmente in sede di accordo tra il Comune e il Ministero dell'economia), ritiene, comunque, opportuno approfondire alcuni aspetti.
Con riferimento alle norme recanti oneri, segnala che andrebbe chiarito se in base al testo in esame, il comune di Roma resti comunque assoggettato alle misure di contenimento degli oneri per gli emolumenti spettanti agli amministratori locali previsti dalla manovra estiva realizzata dal decreto-legge n. 78 del 2010, che, tra l'altro, prevede la riduzione del 10 per cento per un triennio delle indennità e un limite per l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti da ciascun consigliere fissato in misura pari ad un quarto dell'indennità spettante al sindaco. Ritiene che un analogo chiarimento potrebbe essere utile con riferimento alle altre disposizioni di risparmio previste dal predetto decreto-legge - quali quelle riguardanti il contenimento delle spese per il personale, per le consulenze, per le spese di rappresentanza ecc - la cui applicabilità al comune di Roma non è esplicitamente esclusa da parte dello schema di decreto in esame. Quanto alla possibilità di incrementare le indennità spettanti agli amministratori al fine di tenere conto della particolare complessità dei compiti loro richiesti, ritiene che i limiti siano costituiti dal rispetto della clausola di invarianza finanziaria prevista dall'articolo 6. In proposito, considera utile che il Governo chiarisca se il rispetto della predetta clausola riguardi in generale l'obbligo di mantenimento degli obiettivi di finanza pubblica da stabilirsi con il patto di stabilità interno, ovvero se la compensatività debba verificarsi fra le singole variazioni delle voci di spesa interessate dal provvedimento in esame. In tale ultimo caso, in

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assenza della previsione di una procedura di quantificazione, anche in sede di consuntivo, degli effetti derivanti dalle disposizioni in esame, segnala che potrebbe risultare difficoltoso verificare in concreto il rispetto della clausola di invarianza finanziaria prevista dall'articolo 6.
Con riferimento alle disposizioni cui la relazione tecnica attribuisce effetti di risparmio, osserva su un piano generale che alcune delle misure cui la relazione tecnica attribuisce risparmi risultano già in parte previste a legislazione vigente, sia pure, in alcuni casi, in termini di facoltà. In ogni caso, in merito al tetto previsto per l'indennità e i rimborsi per permessi retribuiti, spettanti agli amministratori non in aspettativa, a suo avviso potrebbe risultare utile acquisire chiarimenti su quali siano gli elementi che determinano l'emersione di risparmi, al fine di verificare se, in assenza della disposizione in esame, si determinino attualmente, per gli amministratori non in aspettativa, oneri complessivi per indennità e rimborsi di permessi retribuiti maggiori rispetto a quelli riferibili agli amministratori in aspettativa.
Ritiene quindi utile, al fine di coordinare il lavoro della Commissione con quello della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, fare presente che presso quella Commissione, nella seduta svoltasi in data odierna, è stata depositata una proposta di parere. In proposito, ribadisce che l'equilibrio finanziario dello schema di decreto legislativo in esame si fonda sul bilanciamento tra nuovi o maggiori oneri, potenziali e non quantificati, e minori spese, derivanti dall'applicazione delle norme anche se non quantificati nella relazione tecnica. In particolare, osserva che le disposizioni suscettibili di determinare risparmi di spesa sono quelle di cui all'articolo 3, comma 5, che fissa in 12 il numero massimo dei municipi che attualmente sono 19; l'articolo 5, comma 2, che stabilisce un tetto per il rimborso ai datori di lavoro dei permessi retribuiti riconosciuti agli amministratori del comune di Roma dipendenti da privati o da enti pubblici; l'articolo 5, comma 5, terzo periodo, che prevede che l'indennità di funzione dei consiglieri dell'assemblea capitolina sia dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa.
Rileva, tuttavia, che nella bozza di parere presentata presso la Commissione bicamerale, attraverso tre condizioni testuali, si eleva il numero massimo dei municipi da 12 a 15 (articolo 3, comma 5, secondo periodo), si elimina il tetto massimo ai permessi retribuiti disponendo l'applicazione delle disposizioni di legge vigenti (articolo 5, comma 2) e, infine, si dispone che l'attività di monitoraggio e controllo relativa alle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali venga affidata ad «organismi posti in posizione di autonomia rispetto alla giunta capitolina» (articolo 3, comma 8). Riguardo alle prime due condizioni contenute nel parere, osserva come i minori risparmi che in tal modo sarebbero destinati a realizzarsi avrebbero sicuramente l'effetto di ridurre i margini di incremento delle indennità prima richiamate ma non sembrerebbero di per sé comportare un aggravio per la finanza pubblica. Al riguardo, ritiene, comunque, necessario che si a salvaguardato il principio in base al quale gli eventuali maggiori oneri derivanti dalla determinazione delle indennità spettanti agli amministratori di Roma capitale non dovranno in nessun caso superare i risparmi derivanti dalle altre disposizioni dello schema in esame. Rispetto alla terza condizione, rileva invece come la norma sembrerebbe a questo punto presupporre l'istituzione di un nuovo organismo indipendente, in posizione terza rispetto all'amministrazione capitolina, al quale demandare l'esercizio dei compiti in precedenza richiamati.

Antonio BORGHESI (IdV) ritiene che con il provvedimento in esame si assista ad un clamoroso cambiamento di rotta del Governo. Ricorda, infatti, che era stato affermato che, attraverso l'attuazione del federalismo fiscale, sarebbero diminuite le spese, mentre con il provvedimento in esame si decide di destinare tali risparmi per gli amministratori di Roma. Osserva

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che, in tal modo, si viene a creare una nuova casta speciale di consiglieri comunali di Roma diversi da quelli delle altre città. Rileva inoltre che il decreto si presenta solo come una bandiera, essendo rinviata a provvedimenti successivi la fissazione delle nuove funzioni della capitale e la definizione delle relative questioni finanziarie. Sulla base di tali valutazioni, preannuncia una valutazione negativa del suo gruppo.

Il Ministro Roberto CALDEROLI, con riferimento alle osservazioni dell'onorevole Borghesi, precisa che, a seguito dell'adozione del provvedimento in esame, nel Comune di Roma il numero dei consiglieri comunali passerà da 60 a 48, il numero degli assessori passerà da 15 a 12 e il numero dei municipi si ridurrà sensibilmente, passando da 19 a 12, ovvero - qualora si proceda nella direzione indicata dal Consiglio comunale di Roma, che appare condiviso anche dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale - a 15. In ogni caso, evidenzia che le nuove indennità di funzione, da determinare con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, saranno attribuite solamente una volta che saranno riconosciute a Roma Capitale le funzioni di cui all'articolo 24, comma 3, della legge n. 42 del 2009.

Antonio BORGHESI (IdV) fa presente che, nel caso si ritenesse di dover concludere nella giornata odierna l'esame del provvedimento, sarebbe opportuno dare un tempo per la presentazione del parere al fine di consentire ai membri della Commissione di conoscerlo.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nel confermare che, ove nulla osti, l'intenzione sarebbe quella di licenziare il provvedimento nella giornata odierna, accedendo alla richiesta dell'onorevole Borghesi, rinvia alle 17.30 il seguito dell'esame al fine di consentire al relatore la predisposizione del relativo parere.

Massimo VANNUCCI (PD) osserva che già la legge n. 42 del 2009 rimetteva ai decreti legislativi attuativi della delega di cui all'articolo 24 il compito di disciplinare l'ordinamento transitorio di Roma Capitale e, in particolare, lo status dei membri dell'Assemblea capitolina, sottolineando come maggiore attenzione dovrà prestarsi ai decreti che saranno chiamati a specificare le nuove funzioni amministrative attribuite a Roma capitale e a definire conseguentemente in ordine all'assegnazione di ulteriori risorse concesse a specifiche esigenze di finanziamento derivanti dal ruolo di Capitale della Repubblica.

Maino MARCHI (PD) sottolinea l'esigenza che si realizzi una armonizzazione tra i pareri che saranno espressi dalle Commissioni bilancio della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta che sarà convocata alle ore 17.30 di oggi.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province, ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Atto n. 240.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

Massimo BITONCI (LNP), relatore, preliminarmente sottolinea che, con lo schema di decreto legislativo in esame, diretto a disciplinare la determinazione del fabbisogno standard di Comuni, Città metropolitane e Province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento nei loro riguardi del criterio della spesa storica, si entra nel vivo del federalismo fiscale e si segna un passaggio

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fondamentale nella finanza locale, attraverso il quale si realizzerà, da un lato, una maggiore responsabilizzazione degli amministratori e, dall'altro, risulterà possibile, in prospettiva, ridurre la pressione fiscale a seguito del contenimento dei oneri attualmente sopportati dall'Erario. Ricorda che il superamento graduale, per tutti i livelli di governo, del criterio della spesa storica della spesa, da realizzare assicurando nel contempo un'adeguata autonomia di entrata e di spesa agli enti territoriali e garantendo loro la massima responsabilizzazione amministrativa, finanziaria e contabile, in un'ottica di lealtà istituzionale fra tutti i livelli di governo e concorso di tutte le amministrazioni pubbliche al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, costituisce uno dei principi-guida fondamentali cui si ispira il modello di federalismo fiscale delineato dalla legge delega n. 42 in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. Osserva che il provvedimento in esame, pur richiamando in premessa una serie di articoli della legge delega relativi al complesso delle modalità di finanziamento delle funzioni di Comuni, Città metropolitane e Province, si limita a disciplinare i soggetti abilitati ed il percorso metodologico e procedurale da intraprendere ai fini della determinazione dei fabbisogni standard, i quali saranno oggetto di analisi da parte della Società per gli studi di settore (Sose Spa), appositamente delegata all'esercizio di tale funzione, mentre la loro puntuale definizione per ciascun Comune e Provincia è demandata ad appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare sentita la Conferenza Stato-Città e autonomie locali, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Rileva quindi che tale scelta, come chiarito dalla relazione illustrativa, si fonda sulla considerazione che, ai fini della determinazione dei fabbisogni standard, la formula necessaria sia, più che una cifra predeterminata, un metodo che permetta di arrivare alle cifre attraverso un processo specifico ed innovativo per il settore degli enti locali. Pertanto si è deciso di mutuare la metodologia già applicata per gli studi di settore che presentano, a ben vedere, caratteristiche e problematiche analoghe. Evidenzia che con gli studi di settore si intende determinare, partendo da una situazione di fatto, i livelli presuntivi di ricavi delle imprese e che, allo stesso modo, con il federalismo si intende determinare, partendo dai dati contabili, ma anche dagli aspetti strutturali dei servizi erogati, i livelli presuntivi di fabbisogno finanziario da considerare attendibili con un livello accettabile di efficienza.
Sul punto segnala che è intervenuta anche la Relazione governativa sul finanziamento degli enti territoriali, trasmessa alle Camere il 30 giugno scorso ai sensi dell'articolo 2, comma 6, della legge delega sul federalismo fiscale. Ricorda che in tale Relazione si evidenzia come l'ipotesi di pervenire arrivare alla determinazione dei fabbisogni standard attraverso il coinvolgimento della metodologia già applicata da tempo per gli studi di settore - e quindi attraverso l'azione operativa della Società per gli studi di settore, che gestisce una banca dati estesa su circa 25.000 variabili, su cui effettua controlli di coerenza - sia stata intrapresa in quanto tale metodologia, basata peraltro su forti elementi di accompagnamento e condivisione tra le parti, se debitamente strutturata e mirata riguardo all'ambito dei fabbisogni standard, appare in grado di riuscire dove «nel passato hanno ripetutamente fallito le formule calate dall'alto». Sottolinea che le esperienze pregresse dimostrano, ad avviso del Governo, « la necessità di cambiare metodo, perché la elaborazione di standard o di formule di attribuzione dei finanziamenti, per quanto valida e astrattamente condivisibile in linea di principio, alla prova dei fatti si è sempre dimostrata inadeguata per definire la varietà delle situazioni e per attivare processi di razionalizzazione della spesa», ciò in quanto «le formule calate dall'alto, per quanto evolute, danno subito una cifra ipotetica, ma per questo non sempre una cifra davvero realistica e perciò utilizzabile». Ricorda che, sulla base di tali considerazioni, il Governo, sia nella predetta Relazione, sia nella relazione di accompagnamento

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allo schema di decreto in esame, sottolinea come non sia «una cifra, ma piuttosto un metodo, la formula necessaria per la determinazione dei fabbisogni standard».
Con riferimento tuttavia alla questione, peraltro segnalata nella documentazione predisposta dagli uffici, delle eventuali criticità rispetto all'aderenza del decreto alla legge di delega, pur ricordando che la Commissione è competente principalmente per le questioni di carattere finanziario, ritiene che potrà essere svolto uno specifico approfondimento sul tema. Osserva che, in particolare, tale lavoro potrà avere ad oggetto una più puntuale definizione delle metodologie e delle procedure cui la SOSE dovrà attenersi, degli obiettivi di servizio inerenti alle funzioni fondamentali degli enti locali, in relazione ai livelli essenziali delle prestazioni eventualmente ad esse sottese, nonché dei provvedimenti normativi di rango secondario che completeranno la determinazione dei fabbisogni standard. Sottolinea che potrà essere inoltre oggetto di riflessione l'opportunità di chiarire meglio se i fabbisogni standard debbano essere calcolati per singolo bene o servizio prodotto, oppure per ciascuna funzione o, al limite, per il complesso della spesa primaria di ciascun comune e provincia.
Rileva che la finalità di efficientamento della spesa nella produzione dei servizi, assieme ai criteri di premialità previsti per gli enti virtuosi anche in termini di livello e qualità dei servizi contenuti nella legge delega, dovrebbero presupporre l'adozione di modalità di calcolo dei fabbisogni per ciascuna funzione di bilancio, ciò anche al fine di consentire l'individuazione degli ambiti dove emergano livelli di spesa al di fuori degli standard. Ritiene che tale approccio potrebbe essere desunto anche dalla disciplina transitoria di cui all'articolo 6 dello schema di decreto, che prevede un percorso graduale di adozione del fabbisogno standard da riferire a blocchi di funzioni fondamentali. Fa presente che l'aggiornamento periodico dei fabbisogni, da realizzare al massimo ogni tre anni, dovrebbe così garantire un processo dinamico di efficientamento di ogni ente locale, il quale sarebbe invitato, come si legge nella relazione di accompagnamento, a «saltare in alto quanto salta la media degli enti più efficienti a lui simili».
Nel passare all'esame dei singoli articoli del provvedimento, ricorda che l'articolo 1 specifica le finalità dello schema di decreto legislativo in esame, diretto a disciplinare la determinazione dei fabbisogni standarddi Comuni e Province, che costituiscono i nuovi parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali degli enti locali, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Rileva che il comma 2 afferma che i fabbisogni standard, come determinati in base alle modalità stabilite dallo schema medesimo, costituiscono il parametro di riferimento cui rapportare progressivamente nella fase transitoria, e poi a regime, il finanziamento integrale della spesa relativa alle funzioni fondamentali ed ai livelli essenziali delle prestazioni eventualmente da esse implicate.
Fa presente che l'ammontare della spesa per le funzioni fondamenti dovrà essere stabilito attraverso il calcolo del fabbisogno standard, che rappresenta, secondo le indicazioni del Governo, il parametro idoneo a superare le distorsioni insite nel modello attuale, quello della spesa storica, e a garantire il rafforzamento dell'efficienza delle amministrazioni locali.
Ricorda che il comma 3 dispone la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che, fermi restando i vincoli del patto di stabilità interno, dal provvedimento in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, oltre a quelli stabiliti dalla legislazione vigente.
Per quanto attiene ai profili finanziari, ricorda che la relazione tecnica afferma che il processo di determinazione dei fabbisogni standard, essendo volto all'efficientamento della spesa degli enti locali non dovrà condurre, per il complesso degli

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enti, ad un incremento della spesa dell'insieme del comparto, come sancito esplicitamente dal comma 3 dell'articolo 1.
Rileva che il rispetto della clausola di neutralità finanziaria di cui all'articolo 1, comma 3, potrà essere verificato solo al termine della procedura di determinazione dei fabbisogni standard, come suggerisce lo stesso comma 1 del successivo articolo 6 del provvedimento, che condiziona l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, contenente la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo ed i singoli fabbisogni standard individuati per ciascun Comune e Provincia, alla previa verifica da parte del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Osserva in proposito che, trattandosi di un atto di normativa secondaria, tale procedura di verifica appare risolversi esclusivamente in ambito governativo, dal momento che le norme in esame non dispongono espressamente alcun obbligo di preliminare trasmissione dell'atto alle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze finanziarie, né il provvedimento può ritenersi sottoposto agli obblighi di redazione della relazione tecnica e di esame parlamentare di cui all'articolo 2, comma 3, della legge n. 42 del 2009, che riguardano i soli schemi di decreti legislativi attuativi della riforma.
Con riferimento alla clausola di neutralità finanziaria, segnala che essa fa salvi i soli oneri già previsti dalla legislazione vigente: andrebbe precisato se detta clausola, oltre ad escludere effetti finanziari negativi ascrivibili alle norme in esame, debba intendersi altresì volta ad escludere eventuali effetti finanziari di risparmio. In proposito si ritiene utile svolgere alcune considerazioni.
Rileva che la stessa legge n. 42 del 2009 prevede che, all'inizio della fase transitoria, l'ammontare delle risorse attualmente erogate agli enti locali per il finanziamento delle funzioni fondamentali non debba subire decurtazioni, essendo previsto che il passaggio al finanziamento sulla base dei costi standard avvenga gradualmente in 5 anni, a partire dal finanziamento basato sulla spesa storica.
In proposito ricorda che la Relazione concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali quantifica l'ammontare dei trasferimenti dal bilancio dello Stato ritenuti fiscalizzabili, con un elevato margine di sicurezza, per il complesso di province e comuni, in circa 13.800 milioni. Fa tuttavia presente che la Relazione non fornisce una ripartizione delle risorse destinate a finanziare le funzioni fondamentali rispetto a quelle destinate alle funzioni non fondamentali.
Rileva che la mancata previsione di risparmi anche al termine del processo di transizione sembra implicare che la spesa storica debba considerarsi come un parametro vincolante nella determinazione della metodologia e nella procedura di prima individuazione dei fabbisogni standard. Sottolinea come tale metodologia, nell'ambito di comparti di enti locali, omogenei in base alle caratteristiche demografiche, territoriali, sociali, dovrebbe individuare valori medi di livelli essenziali delle prestazioni e di costi, nell'ambito di un campo di variazione in cui tali variabili assumono i valori quali-quantitativi dei servizi effettivamente riscontrabili nella realtà odierna. In merito, ritiene che andrebbe chiarito se tale procedimento consenta anche una individuazione teorica ex ante dei fabbisogni fisici e qualitativi ritenuti necessari per un efficace ed efficiente espletamento di funzioni socialmente fondamentali ovvero di standard di servizio ottimali, a fronte di specifici diritti riconosciuti ai cittadini.
Osserva che una graduale approssimazione a tali livelli avverrà, con un periodo di transizione superiore ai 5 anni, mediante la progressiva rideterminazione dei fabbisogni standard con cadenza triennale. Ritiene che andrebbe in proposito chiarito se, in relazione a tale revisione, sussista la possibilità che, successivamente al predetto periodo, possano realizzarsi risparmi rispetto alla spesa storica, precisando, in tal caso, l'eventuale destinazione dei medesimi.

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Segnala, infine, che la clausola di neutralità finanziaria di cui al comma 3 dell'articolo 1 fa salvi i vincoli imposti dal patto di stabilità interno. Ritiene che occorra, tuttavia, ricordare che la normativa vigente ha fissato le regole di tale patto a tutto il 2011 e che, pertanto, i vincoli che regoleranno la gestione della finanza locale nel periodo di transizione e di progressiva entrata a regime del criterio dei fabbisogni standard rappresentano attualmente una variabile non determinata nell'ambito del sistema complessivo che si va delineando.
Ricorda che l'articolo 2 individua le funzioni fondamentali individuate per i Comuni e le Province ai sensi dell'articolo 21 della legge di delega, che detta le norme transitorie in materia di finanziamento delle funzioni degli enti locali. Osserva che si tratta di una disciplina provvisoria - come precisato dalla stessa disposizione in commento - in attesa dell'entrata in vigore della legge statale che individuerà in via stabile le funzioni fondamentali degli enti locali ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione.
Rileva che, rispetto all'elenco provvisorio delle funzioni fondamentali di cui alla legge n. 42 del 2009, la disposizione in commento considera le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, sia dei comuni che delle province, nella misura piena, ossia senza il limite del 70 per cento delle spese come certificate nell'ultimo bilancio, previsto invece esplicitamente dall'articolo 21, commi 3 e 4.
Osserva, pertanto, che, al pari di quanto stabilito dalla legge n. 42 del 2009, le funzioni fondamentali sono individuate sulla base delle principali voci contabili dei bilanci degli enti locali, senza alcuna specificazione dei beni e dei servizi corrispondenti a ciascuna funzione, né sono definiti gli obiettivi di servizio, che pure potrebbero essere implicati da talune funzioni, obiettivi la cui determinazione costituisce un criterio di delega stabilito dall'articolo 2, lettera f) della legge 42 del 2009, ma non attuato dal provvedimento in esame. Rileva, poi, che, in tale contesto, andrebbe meglio chiarita dal Governo la ragione della difforme considerazione delle funzioni di amministrazione, di gestione e di controllo degli enti locali, operata dalla norma delegata rispetto alla norma di delega.
Con riferimento all'articolo 3, che definisce la metodologia attraverso la quale si perfeziona la definizione dei fabbisogni standard, per ciascuna funzione fondamentale e per i relativi servizi, considerata la specificità dei comparti dei Comuni e delle Province, osserva che, in merito ai profili finanziari, la norma, nell'elencare i criteri dei quali occorre tenere conto in sede di determinazione del fabbisogno standard, non fornisce indicazioni su taluni aspetti suscettibili di incidere in modo significativo sulle modalità di finanziamento delle funzioni fondamentali degli enti locali. A titolo esemplificativo, rileva che non appare chiaro se il procedimento di quantificazione dei fabbisogni relativi a funzioni soggette a livelli essenziali delle prestazioni (LEP) sia differenziato rispetto a quello relativo alle altre funzioni. Osserva che nel caso specifico, infatti, la quantificazione non sembrerebbe potersi basare soltanto su una ricognizione della situazione esistente, dovendo commisurarsi anche ad un livello minimo di prestazioni fisiche che consenta il soddisfacimento di bisogni specificamente tutelati dall'ordinamento. Segnala, d'altro canto, che i criteri in base ai quali andrà valutato tale parametro di essenzialità potranno determinare differenze nella quantificazione delle risorse complessive e nella loro distribuzione territoriale e che, ad esempio, qualora il parametro dell'essenzialità sia interpretato su standard medio-alti delle prestazioni, potrebbe verificarsi un incremento delle esigenze di finanziamento nelle aree in cui tali standard non siano attualmente raggiunti. Rileva che, viceversa, qualora tale parametro sia fissato a livello più basso, potrebbe venir meno il finanziamento di extra-prestazioni rese dalle amministrazioni che si collocano su standard più elevati. Analogamente, sottolinea che, con riferimento agli standard di costo in base ai quali le

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prestazioni dovranno essere valutate, andrebbe precisato il significato del riferimento ad «intervalli di normalità» ed i criteri in base ai quali dovranno essere determinati detti intervalli e che da tali criteri potrebbero infatti derivare implicazioni, anche di carattere finanziario.
A titolo esemplificativo, richiama alcune delle possibili modalità di determinazione dei predetti intervalli: ad esempio, potrebbe trattarsi di intervalli attorno ai valori medi di ciascuna classe di enti omogenei, ovvero di intervalli attorno ai valori medi degli enti più efficienti della medesima classe. Fa presente che il criterio adottato nella quantificazione risulterà suscettibile di incidere sia sull'ammontare complessivo del fabbisogno di risorse, tanto più elevato quanto più basso verrà fissato il livello standard di efficienza, sia sulla sua distribuzione territoriale. Nel caso di fissazione dei costi standard a livelli più alti rispetto a quelli sostenuti dalle amministrazioni più efficienti, segnala che potrebbe determinarsi un proporzionale incremento delle risorse assegnate a queste ultime, i cui fabbisogni finanziari effettivi verrebbero calcolati in base a costi superiori rispetto a quelli da esse effettivamente sostenuti.
Per quanto concerne l'articolo 4, che delinea le modalità attraverso le quali si articola il procedimento di determinazione del fabbisogno standard da parte della Società per gli studi di settore - SOSE S.p.a., rileva che l'impegno del Ministero dell'economia di avvalersi della Società per gli studi di settore - SOSE S.p.a. non è esplicitato nello schema in esame ma risulta espresso nell'Accordo di mutua collaborazione per la determinazione dei fabbisogni standard siglato il 15 luglio 2010, in sede di Conferenza Stato - città ed autonomie locali, tra il Ministero dell'economia e delle finanze, l'ANCI e l'UPI. In tale accordo, il Governo si impegna altresì ad assicurare le iniziative necessarie ad assicurare a SOSE S.p.a. e all'IFEL - indicato nell'Accordo quale partner scientifico di supporto per l'elaborazione della metodologia necessaria per la determinazione dei fabbisogni standard - gli adeguamenti normativi e finanziari occorrenti per il perseguimento degli obietti dell'Accordo.
Passa poi ad esaminare l'articolo 5, comma 1, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione da parte del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza Stato-Città e autonomie locali, il compito di adottare: la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo di cui agli articoli precedenti; il fabbisogno standard per ciascun Comune e Provincia. Rileva che tale adozione deve avvenire dopo una verifica degli effetti finanziari da parte della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, volta d assicurare il rispetto della prescrizione, prevista all'articolo 1, comma 3, dello schema, che prevede che da esso non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Segnala che il comma 2 dispone ulteriori forme di pubblicità, prevedendo che ciascun Comune e Provincia pubblichino adeguatamente i contenuti del DPCM sul proprio sito istituzionale e ne diano ulteriore comunicazione nel proprio bilancio secondo le forme previste.
Segnala che l'articolo 6 delinea i tempi di avvio del periodo transitorio finalizzato al progressivo superamento del criterio della spesa storica nel finanziamento degli enti locali e della sua sostituzione con il criterio dei fabbisogni standard. Ricorda che la norma in esame indica l'anno 2012 quale anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica.
Rileva che l'articolo 7 dispone, al comma 1, al fine di garantire continuità efficacia al processo di efficientamento dei servizi locali, che i fabbisogni standard vengano rideterminati - con le modalità previste dal decreto in esame - non oltre il terzo anno successivo alla loro precedente adozione e che il comma 2 dispone che le relative determinazioni siano trasmesse alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica - dal momento della sua istituzione - di cui all'articolo 5 della legge 5 maggio 2009,

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n. 42, che si avvale della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale.
In merito ai profili finanziari degli articoli 6 e 7, evidenzia che l'articolo 6 delinea un percorso graduale di sostituzione, nell'arco di 5 anni, del criterio della spesa storica con quello dei fabbisogni standard e un successivo percorso di aggiornamento di questi ultimi. Segnala che tale processo di efficientamento sembrerebbe sottendere una parallela progressiva riduzione delle risorse necessarie al finanziamento delle funzioni fondamentali, a parità di livelli delle prestazioni. In assenza di un contestuale esame del provvedimento attuativo della legge 42 del 2009 riguardante la sostituzione dei trasferimenti statali con ricorso alla fiscalizzazione, ritiene che andrebbe chiarito se potrà eventualmente determinarsi un disallineamento nel tempo delle risorse fiscali devolute agli enti locali, tendenzialmente crescenti per la naturale evoluzione delle basi imponibili, rispetto ai fabbisogni standard, potenzialmente decrescenti se il processo di riduzione dei costi non fosse controbilanciato da un incremento delle prestazioni per adeguamento ai LEP.
Rileva inoltre che, nella Relazione concernente il quadro generale di finanziamento degli enti locali , si evidenzia che il raggiungimento dell'obiettivo di coincidenza tra «cosa amministrata» e «cosa tassata» nell'ambito del federalismo municipale e, per analogia, con riguardo all'autonomia finanziaria delle province, dovrebbe raggiungersi attraverso due fasi distinte: la prima, di attribuzione ai comuni della titolarità dei tributi statali inerenti al comparto territoriale ed immobiliare; la seconda di eventuale concentrazione, su iniziativa dei singoli comuni, dei tributi statali e municipali relativi al comparto immobiliare in un unico titolo di prelievo.
Fa presente che, in base alle informazioni attualmente disponibili circa il contenuto dello schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, la fiscalizzazione e l'adozione del criterio dei fabbisogni standard dovrebbero procedere, in una prima fase, di pari passo attraverso un percorso graduale che implichi, non già il passaggio agli enti locali della titolarità di tributi statali del comparto immobiliare esatti nei rispettivi territori, quanto piuttosto la devoluzione del gettito di alcuni tributi relativi a cespiti immobiliari. Osserva che, qualora fosse prevista la conservazione allo Stato di quote di compartecipazione a tale gettito, andrebbe chiarito se tale quota possa subire incrementi, in relazione alla riduzione dei fabbisogni finanziari conseguente al processo di adeguamento degli standard previsto dall'articolo in esame e se dette risorse aggiuntive possano essere eventualmente destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
Con riferimento all'articolo 8, spiega che il comma 1 estende le modalità di individuazione dei fabbisogni standard recate dal provvedimento in esame, in quanto compatibili, alla determinazione dei fabbisogni standard delle Città metropolitane, una volta costituite, relativamente alle funzioni fondamentali per esse individuate dalla legge delega n. 42 del 2009; il comma 2 prevede che la Società per gli studi di settore - SOSE S.p.a. e l'Istituto per la finanza e per l'economia locale (IFEL) provvedono - nell'ambito delle rispettive risorse - alle attività previste dal decreto; il comma 3 dispone in ordine all'entrata in vigore del provvedimento in esame, fissandola al giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. In merito ai profili finanziari, rileva che la disposizione di cui all'articolo 8, comma 2, che impone alla Società per gli studi di settore ed all'Istituto per la finanza e per l'economia locale di provvedere alle attività loro assegnate dal provvedimento nell'ambito delle rispettive risorse, sembrerebbe non conforme al contenuto dell'accordo siglato il 15 luglio 2010, nel quale il Governo si impegna anche ad adottare le iniziative per assicurare gli adeguamenti finanziari necessari per il perseguimento degli obiettivi dell'accordo di mutua collaborazione per la determinazione dei fabbisogni standard. In considerazione delle attività assegnate ai

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due soggetti coinvolti e della durata dell'impegno assunto dai medesimi, ritiene opportuno che il Governo fornisca elementi atti a suffragare che l'espletamento della procedura di individuazione dei fabbisogni standard non sia suscettibile di determinare, anche in futuro, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Maino MARCHI (PD) osserva preliminarmente che lo schema di decreto legislativo in esame è assolutamente insoddisfacente, anche alla luce delle disposizioni contenute nella legge n. 42 del 2009 in materia di definizione dei costi e dei fabbisogni standard, e rende estremamente difficoltoso ipotizzare interventi emendativi che non si traducano in una sostanziale riscrittura del testo dello schema trasmesso dal Governo. In particolare, rileva come gli elementi introdotti nel corso dell'esame parlamentare della legge n. 42 del 2009 al fine di definire in modo più puntuale i costi e i fabbisogni, siano stati sostanzialmente disattesi dallo schema in esame, che pare non tenere conto di molti dei principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega. In particolare, osserva come siano sostanzialmente inattuali i principi e criteri di delega contenuti nell'articolo 2, comma 2, lettera f), della legge n. 42 del 2009, ai sensi del il costo ed il fabbisogno standard devo rappresentare il costo e il fabbisogno che, valorizzando l'efficienza e l'efficacia, costituisce l'indicatore rispetto al quale comparare e valutare l'azione pubblica; definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all' articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione. Osserva, infatti, che le disposizioni dello schema di decreto legislativo relative alla metodologia e al procedimento di determinazione dei fabbisogni standard sono estremamente vaghe e non contengano sostanzialmente alcun riferimento alla questione della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che, a suo avviso, dovrebbe invece essere affrontata congiuntamente a quella della individuazione dei fabbisogni standard. In questa ottica, sottolinea come sarebbe stato più opportuno che il Governo procedesse preliminarmente all'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni eventualmente connessi all'esercizio delle funzioni fondamentali, in modo da verificare gli scostamenti tra le esigenze finanziarie connesse all'assicurazione di tali livelli essenziali e le risorse effettivamente a disposizione degli enti locali interessati. Analogamente, rileva come lo schema di decreto legislativo in esame non contenga alcuna indicazione neppure in ordine agli obiettivi di servizio inerenti alle funzioni fondamentali degli enti locali, diversamente da quanto richiesto dai principi e criteri direttivi della delega contenuta nella legge n. 42 del 2009. Sotto il profilo procedurale, osserva inoltre come la delega contenuta nella legge n. 42 affidasse un compito fondamentale di analisi e di monitoraggio nelle materia in esame alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che fino ad ora non si è provveduto ad istituire, mentre alla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale era affidato esclusivamente un ruolo di segreteria tecnica di tale Conferenza permanente. In proposito osserva come si sia sostanzialmente voluto evitare un confronto con gli enti territoriali interessati, rilevando come un analogo intento elusivo sembra manifestarsi nei confronti del Parlamento che, qualora lo schema in esame fosse approvato nel testo trasmesso dal Governo, non si pronuncerebbe più sulla determinazione dei fabbisogni standard, che rimarrebbe affidata invece ad un atto non sottoposto ad alcun controllo parlamentare. Sottolinea, infatti, che la procedura individuata dagli articoli 4 e 5 dello schema rappresenti in sostanza una delega nella delega, rilevando, pertanto, la necessità di un efficace coinvolgimento del Parlamento non solo nella fase iniziale del procedimento di determinazione del fabbisogno, ma anche in tutte le sue fasi. A suo avviso, infatti, non risulta chiaro quale possa essere l'approdo del procedimento

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delineato dallo schema in esame, che, come già evidenziato, non sembra tenere in alcune considerazione gli obiettivi di servizio relativi alle funzioni fondamentali degli enti locali, livelli essenziali delle prestazioni e i livelli essenziali di assistenza. Ritiene, inoltre, che il provvedimento in esame contrasti con uno dei principi cardine del federalismo fiscale, il quale, attraverso il recupero di efficienza e di efficacia della spesa pubblica attraverso il superamento del criterio della spesa storica e la progressiva introduzione di costi e fabbisogni standard, dovrebbe garantire il recupero di risorse pubbliche da destinare ad una migliore tutela dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il provvedimento in esame sembra invece muoversi nella direzione di un generale ridimensionamento delle prestazioni sociali e assistenziali assicurate ai cittadini italiani. Rileva altresì come il provvedimento in esame faccia esclusivo riferimento alle funzioni fondamentali individuate in via transitoria dall'articolo 21, commi 3 e 4, della legge n. 42 del 2009, senza indicare quali metodologie si adotteranno per la determinazione dei fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali che saranno individuate a seguito dell'approvazione definitiva del disegno di legge relativo alla cosiddetta Carta delle autonomie locali, approvato in prima lettura dalla Camera e ora all'esame del Senato. A tale riguardo osserva, ad esempio, che la Carta della autonomie locali individua come funzioni fondamentali degli enti locali nuove importanti competenze in materia di beni culturali, non considerate nell'ambito delle funzioni fondamentali individuate in via transitoria dall'articolo n. 21 della legge n. 42 del 2009, evidenziando come tali nuove funzioni non saranno considerate ai fini della attuazione del decreto in esame.

Lino DUILIO (PD) nel complimentarsi con il relatore per il suo intervento puntuale, ricorda che la legge n. 42 del 2009, sostanzialmente condivisa dal suo gruppo, nel fissare i principi ispiratori della riforma federalista, aveva demandato ai decreti legislativi di attuazione la fissazione degli eventuali oneri e delle relative quantificazioni. Ricorda che, anche riproponendo una prassi passata della Commissione, si era deciso di rinviare al momento dell'esame dei decreti legislativi le valutazioni sull'impatto finanziario di competenza della Commissione. Sottolinea come, oggi, al momento dell'esame di uno dei più significativi di tali decreti, si assiste all'ulteriore rinvio a fonti secondarie per la esatta quantificazione dei profili finanziari del provvedimento. Richiamando la relazione svolta dall'onorevole Bitonci, evidenzia come si affermi che si intenda con il provvedimento in esame inaugurare un nuovo metodo, di tipo «processuale», poiché si sposta solo all'esito di una fase di studio la valutazione finanziaria, peraltro attribuendola a organi diversi dal Parlamento. Sottolinea come le cifre della riforma saranno disponibili solo alla fine di tale processo. Osserva che l'oggetto della discussione in Commissione si sia spostato dalla valutazione dei profili finanziari a quella di un metodo. Sottolinea come il provvedimento affronti questioni molto delicate sotto il profilo politico, come sono quelle dei fabbisogni relativi a prestazioni fondamentali. Chiede dunque come potrà la Commissione esprimersi se non è dato conoscere le cifre del provvedimento, ribadendo che, con il provvedimento in esame, si conferisce, in sostanza, al Governo un mandato a decidere, peraltro non direttamente, ma attraverso una società, che dovrà elaborare uno studio sui diversi territori. Chiede dunque che sia chiarita quale siano la natura e l'oggetto del parere che la Commissione è chiamata ad esprimere, sottolineando l'originalità di un simile modo di procedere. Sul punto chiede chiarimenti al Governo.

Massimo VANNUCCI (PD) sottolinea come nell'esame degli schemi di decreto legislativo attuativi delle deleghe contenute nella legge n. 42 del 2009 la Commissione bilancio non deve limitarsi ad esaminare i profili attinenti alla copertura finanziaria, ma ha una competenza piena, ponendosi sostanzialmente sullo stesso piano della

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Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. In questo contesto, osserva come non possa assolutamente condividersi la scelta del Governo di procedere all'adozione di uno schema di decreto legislativo in materia di fabbisogni standard degli enti locali senza aver preliminarmente definito un quadro esauriente delle funzioni fondamentali di tali enti ed individuato i livelli essenziali delle prestazioni. Nel sottolineare come il tema del superamento dei costi storici non possa essere esaminato senza affrontare contestualmente anche le questioni attinenti alla definizione delle funzioni degli enti territoriali e dei livelli essenziali, osserva che sulla base delle disposizioni dello schema in esame la determinazione dei fabbisogni standard è affidata sostanzialmente alle valutazioni della Sose S.p.a., che predispone metodologie per l'individuazione dei fabbisogni, eventualmente provvedendo ad elaborare questionari per raccogliere dati contabili e strutturali degli enti locali, che devono rispondere entro 60 giorni dalla ricezione della richiesta. Terminata questa fase procedurale, la Sose S.p.a. provvede quindi a predisporre la nota metodologica per l'individuazione dei fabbisogni, che è alla base del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che determinerà i fabbisogni standard, il quale non è in alcun sottoposto alla valutazione delle Camere, ma solo ad una verifica di neutralità finanziaria effettuata da parte della Ragioneria generale dello Stato. In generale, ritiene grave che procedure delineate dallo schema in esame si esauriscano sostanzialmente all'interno del Governo e non prevedano norme di garanzia che assicurino una verifica da parte degli enti locali e delle Camere dei risultati delle elaborazioni della Sose S.p.a., anche in considerazione della circostanza che la revisione dei fabbisogni standard potrà avvenire entro il terzo anno successivo alla adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. In definitiva, ritiene che il provvedimento del quale oggi si avvia l'esame sia estremamente debole e determini evidenti rischi per gli enti locali, che sarebbero privi di ogni rete di protezione rispetto alle determinazioni assunte dalla Sose S.p.a. e trasposte nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 5 dello schema.

Pier Paolo BARETTA (PD), nel richiamare le osservazioni di merito svolte dai colleghi Marchi, Duilio e Vannucci, e sottolineando la posizione della Commissione nella procedura delineata dalla legge n. 42 del 2009, chiede in che modo si intenda procedere per lo svolgimento di eventuali audizioni. Ritiene in particolare che occorra evitare duplicazioni rispetti all'attività della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e chiede di risolvere eventuali ostacoli che impediscano, dal punto di vista procedurale, lo svolgimento di audizioni congiunte. Sottolinea infatti la necessità di prendere atto, anche sotto il profilo regolamentare, della novità della procedura delineata dalla legge n. 42 del 2009 per l'esame degli schemi di decreto attuativi della delega sul federalismo fiscale.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, osservando che i problemi segnalati dall'onorevole Baretta hanno carattere eminentemente procedurali, si riserva di svolgere un ulteriore approfondimento in proposito. Nel segnalare che questi temi potranno comunque essere trattati nella odierna riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, rinvia il seguito dell'esame dello schema ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.45.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 15 settembre 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 15.45.

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Disposizioni in favore delle vittime del disastro ferroviario della Val Venosta/Vinschgau.
Nuovo testo C. 3403.

(Parere alla IX Commissione).
(Rinvio dell'esame).

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nel far presente che il deputato Zeller, primo firmatario della proposta di legge, ha chiesto di rinviarne l'esame in quanto impossibilitato ad intervenire nella seduta odierna, rinvia l'esame della proposta di legge ad altra seduta.

Interventi per agevolare la libera imprenditorialità e per il sostegno del reddito.
Ulteriore nuovo testo C. 2424 e abb.

(Parere alla XI Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 23 giugno 2010.

Gabriele TOCCAFONDI (PdL), relatore, ricorda che la Commissione aveva da ultimo rinviato il seguito dell'esame del provvedimento, al fine di consentire il superamento delle criticità evidenziate dalla relazione tecnica trasmessa nella seduta del 17 giugno 2010 predisposta dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e verificata negativamente dalla Ragioneria generale dello Stato sia per gli aspetti di quantificazione che per quelli di copertura finanziaria. In proposito, fa presente che in data 3 agosto 2010 il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha trasmesso una nuova relazione tecnica sul provvedimento, predisposta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e verificata negativamente da parte della Ragioneria generale dello Stato per carenza di adeguata copertura finanziaria. Al riguardo, ricorda come nel verificare la precedente relazione tecnica, la Ragioneria generale dello Stato avesse rilevato come non fossero stati presi in considerazione gli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni recate dall'articolo 1, comma 9, concernente l'iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori che non possono proseguire l'attività di impresa, dall'articolo 3, concernente il regime fiscale delle attività di impresa avviate ai sensi del presente provvedimento, dall'articolo 5, recante disposizioni in materia ambientale in relazione a tale attività di impresa, dall'articolo 6, comma 3, che prevede un regime di esonero contributivo in favore dei soci e dei collaboratori familiari e dall'articolo 7, comma 2, concernente l'estinzione del contenzioso in materia previdenziale dei soci lavoratori delle cooperative artigiane. Al riguardo, osserva che la nuova relazione tecnica supera queste criticità, provvedendo a quantificare gli effetti finanziari di cui agli articoli 1, comma 9, 6, comma 3, e 7, comma 2, mentre, con riferimento agli articoli 3 e 5, fornisce dimostrazione della loro neutralità finanziaria. La Ragioneria generale dello Stato ritiene che la nuova quantificazione degli oneri appaia corretta, proponendo tuttavia alcune modifiche al testo del provvedimento al fine di renderlo coerente con tale nuova quantificazione. La stessa Ragioneria generale dello Stato valuta comunque negativamente l'utilizzo, a fini di copertura, delle risorse del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell'economia e delle finanze. Inoltre, la Ragioneria generale dello Stato manifesta perplessità in merito alle disposizioni di cui agli articoli 1, commi 1 e 9, ritenendole non coerenti con altre norme del provvedimento, e 5, in quanto non appare riscontrabile l'asserita conformità alla disciplina comunitaria delle disposizioni in esso recate. Alla luce di tali considerazioni, nel richiamare integralmente le osservazioni formulate nella documentazione predisposta dagli uffici della Camera in ordine alle affermazioni contenute nella relazione tecnica, propone di rinviare il seguito dell'esame del provvedimento al fine di consentire a tutti i componenti della Commissione di approfondire la relazione tecnica trasmessa dal Governo e di valutare la possibilità di superare le criticità evidenziate nella medesima relazione.

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Giancarlo GIORGETTI, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

Disposizioni per assicurare la totale utilizzazione delle risorse del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).
Nuovo testo C. 3472.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO (PdL), relatore, illustra il contenuto della proposta di legge, che reca disposizioni per assicurare la totale utilizzazione delle risorse del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) assegnate all'Italia.
Per quanto attiene ai profili di interesse della Commissione bilancio, osserva che i commi 1 e 2 introducono meccanismi espressamente volti ad assicurare una maggiore efficienza della spesa. A, riguardo, ritiene che andrebbe preliminarmente chiarito se tali meccanismi possano determinare effetti di cassa dovuti ad un'accelerazione della spesa rispetto ai tendenziali scontati a legislazione vigente. Ciò premesso, con particolare riferimento al comma 1, non ha rilievi da formulare, atteso che la predisposizione di un piano unico di finanziamento costituito dalla somma delle dotazioni finanziarie dei programmi regionali di sviluppo rurale non dovrebbe richiedere ulteriori impegni a carico della finanza pubblica. Sul punto, ritiene, comunque, necessaria una conferma da parte del Governo. Riguardo al comma 2, che prevede l'assegnazione di somme non utilizzate dalle regioni per la copertura delle dichiarazioni di spesa regionali eccedenti la dotazione finanziaria stabilita dalla Commissione europea, rileva preliminarmente la necessità di precisare i meccanismi applicativi della norma al fine di verificarne gli effetti finanziari. Ritiene, inoltre, che andrebbero acquisiti specifici chiarimenti in merito ad ulteriori aspetti. In primo luogo, sotto il profilo temporale, andrebbe a suo avviso chiarito a quale periodo di programmazione il testo faccia riferimento - il 2007-2013, ormai concluso, ovvero il successivo - atteso che la possibile riassegnazione delle somme non utilizzate da parte delle regioni viene prevista per l'anno 2014. In particolare, qualora si trattasse del periodo 2007-2013, ritiene che andrebbe chiarito se lo slittamento al 2014 di una quota della spesa possa determinare per il medesimo anno un incremento, non previsto a normativa vigente, delle quote di cofinanziamento nazionale e regionale. Riguardo alle risorse da riassegnare, reputa necessaria una valutazione circa l'entità di tali somme, che in base al testo corrispondono a previsioni di spesa delle regioni «eccedenti la dotazione finanziaria stabilita da ciascuna decisione della Commissione europea». A suo avviso, andrebbe inoltre chiarito con quali modalità tali spese sarebbero finanziate in assenza della norma in esame. In ordine al medesimo comma, reputa, infine, opportuno acquisire chiarimenti da parte del Governo circa la compatibilità della norma con l'ordinamento comunitario, al fine di escludere la possibilità di procedure di infrazione con possibili conseguenze per la finanza pubblica. Osserva, poi, che l'articolo 2 è finalizzato a dare copertura finanziaria all'onere che il Ministero delle politiche agricole è tenuto a sostenere per il pagamento dell'IVA riguardante alcuni programmi di intervento finanziati con i Fondi europei per lo sviluppo rurale e per la pesca. Poiché il testo non è corredato di relazione tecnica, andrebbero a suo avviso acquisiti i dati e gli elementi posti alla base della quantificazione del predetto onere, che la norma indica pari a 25,5 milioni di euro. Ritiene, poi, necessario acquisire indicazioni circa l'imputazione temporale dell'onere. In merito ai profili di copertura finanziaria, rileva che l'autorizzazione di spesa è formulata in termini di previsione, ma non è corredata, come previsto dalla vigente legge di contabilità e finanza pubblica, dalla relativa clausola di

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salvaguardia. Valuta, quindi, opportuno che il Governo chiarisca se la suddetta autorizzazione, in quanto riferita ad un valore percentuale di operazioni cofinanziate a valere sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per la pesca il cui ammontare complessivo è già stato stabilito, possa essere riformulata in termini di limite massimo. Infine, con riferimento alle risorse del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie di cui alla legge n. 183 del 1987 del quale è previsto l'utilizzo, ricorda che lo stesso è stato da ultimo rifinanziato dalla tabella D della legge finanziaria per il 2010. Al riguardo, reputa, quindi, opportuno che il Governo confermi che il suddetto Fondo reca le necessarie disponibilità e che le stesse possono essere utilizzate senza pregiudicare gli interventi già previsti a valere sulle medesime risorse. Conclusivamente sottolinea l'importanza del provvedimento e la necessità di evitare la perdita dei finanziamenti del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

Il sottosegretario Sonia VIALE chiede il rinvio del seguito dell'esame del provvedimento al fine di consentire ulteriori approfondimenti.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, accedendo alla richiesta del rappresentante del Governo, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.50 alle 16.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 15 settembre 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 18.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale.
Atto n. 241.

(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e conclusione - Parere favorevole con condizioni).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, illustra una proposta di parere del seguente tenore:
«La Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante «Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento transitorio di Roma capitale», approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 18 giugno 2010 (Atto n. 241);
rilevato che:
lo schema di decreto reca una attuazione parziale della delega, in quanto disciplina esclusivamente l'autonomia statutaria, gli organi di governo e lo status degli amministratori di Roma capitale;
il provvedimento non dà attuazione agli altri principi e criteri di delega recati dall'articolo 24 della legge n. 42 del 2009, relativi, in particolare, alla specificazione delle nuove funzioni amministrative di Roma capitale, all'assegnazione di nuove risorse, ai raccordi istituzionali con lo Stato, la Regione e la Provincia, nonché ai principi generali per l'attribuzione a Roma capitale di un proprio patrimonio;
considerato che:
lo schema di decreto, all'articolo 6, reca una clausola di invarianza finanziaria;

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il provvedimento è corredato da una relazione tecnico-finanziaria, che non si conforma pienamente a quanto previsto dall'articolo 17, comma 7, della legge di contabilità e finanza pubblica, non riportando tutti gli elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica, anche attraverso l'indicazione dell'entità delle risorse esistenti e delle somme già stanziate in bilancio, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime;
la relazione tecnico-finanziaria attesta, tuttavia, come le disposizioni contenute nei commi 4 e 5 dell'articolo 5, in materia di indennità di funzione per gli amministratori di Roma capitale, siano suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, che sono peraltro destinati ad essere più che compensati dagli effetti di risparmio, non quantificati ma certi, derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 5, che riduce il numero dei municipi, dall'articolo 5, comma 2, che stabilisce un tetto relativamente agli oneri per i permessi retribuiti degli amministratori di Roma capitale che siano lavoratori dipendenti da privati o enti pubblici economici e dall'articolo 5, comma 5, terzo periodo, che prevede che l'indennità di funzione per i consiglieri dell'Assemblea capitolina che siano lavoratori dipendenti non in aspettativa venga ridotta della metà;
ritenuto che:
le funzioni di monitoraggio e controllo di cui all'articolo 3, comma 8, al fine di non determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, non quantificati e non coperti, debbano essere esercitate ricorrendo alle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili al legislazione vigente ed escludendo l'istituzione di organismi ad hoc;
la determinazione delle indennità spettanti ai componenti dell'amministrazione capitolina resi possibili dalle citate disposizioni debba intervenire solo in seguito alla specificazione delle nuove funzioni amministrative attribuite a Roma capitale dall'articolo 24, comma 3, della legge n. 42 del 2009 ad opera di un successivo decreto legislativo e che gli eventuali maggiori oneri debbano essere contenuti entro i limiti delle minori spese derivanti dall'applicazione delle disposizioni con effetti di risparmio in precedenza richiamate;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
all'articolo 3, comma 5, primo periodo, sostituire le parole: «del presente decreto» con le seguenti: «del decreto legislativo di attuazione dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 24, comma 5, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42»;
all'articolo 3, comma 8, dopo la parola: «disciplinano» aggiungere le seguenti: «nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente»;
all'articolo 5 aggiungere, in fine, il seguente comma:
«5-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 24, comma 5, lettera a) della legge 5 maggio 2009, n. 42»;
all'articolo 5, aggiungere, in fine, il seguente comma:
«5-bis. In sede di attuazione dei commi 4 e 5, primo e secondo periodo, la determinazione delle indennità spettanti ai componenti dell'Amministrazione di Roma capitale dovrà in ogni caso avvenire entro i limiti delle minori spese derivanti dall'applicazione dei commi 2 e 5, terzo periodo, e dell'articolo 3, comma 5.».

Rolando NANNICINI (PD) ricorda che l'articolo 24 della legge n. 42 del 2009

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disciplina la posizione di Roma capitale in maniera autonoma rispetto a quanto previsto, ai sensi dell'articolo 23, per le aree metropolitane. Osserva come sia necessario, sia per ragioni dimensionali, sia per le peculiarità della capitale della Repubblica, che peraltro ospita la Santa Sede e talune organizzazioni internazionali, prevedere uno statuto particolare che, sulla sorta di quanto avviene anche presso altre capitali europee, concentri le funzioni oggi esercitate da diversi livelli di governo. Riconosce tuttavia l'importanza, anche simbolica, di consentire l'adozione definitiva del provvedimento entro il 20 settembre, centoquarantesimo anniversario di Roma capitale d'Italia. Chiede tuttavia che si chiariscano le ragione per cui non si sia ritenuto di dare attuazione anche alle disposizioni della legge delega relative alle nuove funzioni da attribuire alla capitale, di cui all'articolo 24 della legge n. 42 del 2009. Sul punto rileva che, se la ragione della mancata attuazione della richiamata parte della delega risiede nelle recenti dichiarazioni del Presidente della regione Lazio, secondo cui tali disposizioni sarebbero incostituzionali nella parte in cui non prevedono che sia la legge regionale a individuare le funzioni da trasferire a Roma, è ragionevole ritenere che le nuove funzioni non saranno mai attribuite. Esprime quindi forte contrarietà sulla previsione di cui all'articolo 4, comma 5, che consentirà la sospensione temporanea dalla carica di consigliere comunale di Roma in caso di nomina ad assessore, e sulla procedura d'urgenza di cui al comma 10 del medesimo articolo. Con particolare riferimento alla sospensione temporanea dalla carica di consigliere comunale, ricorda che anche la regione Toscana, che pure aveva previsto tale possibilità, è successivamente tornata sui propri passi. Nel richiamare la posizione favorevole del suo gruppo ad una disciplina particolare per Roma capitale, già espressa in sede di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, ribadisce la necessità di guardare alle principali esperienze europee e ritiene che occorra approfondire l'impatto delle norme proposte.

Lino DUILIO (PD) osserva come l'esame dello schema di decreto legislativo in materia di ordinamento transitorio di Roma capitale renda evidenti problemi di metodo che si pongono in modo ancor più eclatante con riferimento all'esame dello schema di decreto legislativo relativo alla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, dei quali la Commissione bilancio ha avviato l'esame in data odierna. Ritiene, infatti, che tali provvedimenti siano stati redatti sulla base di esigenze di carattere esclusivamente politico e pertanto dimostrino una stesura che reputa superficiale. Con specifico riferimento al provvedimento in esame, ritiene sorprendente l'affermazione contenuta nella relazione tecnica, la quale afferma che le disposizioni dello schema sono in grado di determinare significativi risparmi di spesa che tuttavia sono insuscettibili di esatta determinazione. In proposito, osserva, infatti, che difficilmente possono qualificarsi come certi risparmi di spesa che non si è in grado di quantificare, ritenendo, pertanto, opportuno che il Governo proceda ad una più puntuale stima degli effetti finanziari dei provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri. Pur apprezzando i chiarimenti che si intende introdurre nel testo del provvedimento, in modo da precisare che restano ferme le disposizioni di risparmio contenute nel decreto-legge n. 78 del 2010, ritiene tuttavia opportuno che il parere che la Commissione bilancio è chiamata ad esprimere preveda una più efficace garanzia dell'efficacia della clausola di invarianza finanziaria contenuta nell'articolo 6 dello schema. In questa ottica, a suo avviso, dovrebbe inserirsi una specifica disposizione nel medesimo articolo 6, al fine di introdurre uno specifico procedimento volto a quantificare puntualmente i risparmi derivanti dall'applicazione delle disposizioni del decreto in esame. A suo avviso, infatti, il decreto del ministro dell'interno, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, che dovrà individuare la misura delle indennità di funzione degli amministratori di Roma capitale, non dovrebbe essere adottato in assenza di una preliminare verifica

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di carattere tecnico dei risparmi effettivamente conseguiti a seguito dell'applicazione delle disposizioni alle quali la relazione tecnica ascrive effetti in termini di minori oneri per la finanza pubblica.

Antonio BORGHESI (IdV) nel richiamare l'intervento dell'onorevole Nannicini, fa presente che nella bozza di parere predisposta in sede di Commissione bicamerale si prevede solo un potere di nomina degli assessori in capo al sindaco e non quello di revoca dei medesimi. Quindi osserva che il problema della sospensione temporanea si risolverebbe in via di fatto.

Rolando NANNICINI (PD) ricorda che tra i casi di cessazione dalla carica di assessore vi è, oltre l'eventuale revoca, anche quello delle dimissioni volontarie, e rileva pertanto come la questione sollevata non sia risolta.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, pur dichiarandosi convinto che la Commissione bilancio, nell'esame degli schemi di decreto legislativo attuativi delle deleghe contenute nella legge n. 42 del 2009, non svolge un ruolo servente rispetto alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, ma opera su un piano di piena parità, ricorda tuttavia che, già in occasione dell'esame dello schema di decreto legislativo in materia di federalismo demaniale, aveva avuto modo di sottolineare come il parere della Commissione bilancio assuma, in qualche modo, un carattere di specialità rispetto a quello della Commissione bicamerale. In questa ottica, sottolinea quindi come la Commissione bilancio sia chiamata ad esaminare principalmente gli effetti economici e finanziari degli schemi dei decreti legislativi, mentre gli aspetti di carattere ordinamentale sono prevalentemente riconducibili alle competenze della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. In ogni caso, con riferimento alle disposizioni dello schema volte a prevedere la sospensione del consigliere dell'Assemblea capitolina nominato assessore e la sua sostituzione con un supplente, osserva come si tratti di una disciplina innovativa che potrebbe essere sperimentata nell'Assemblea capitolina e, in caso di successo, potrebbe essere anche estesa agli altri enti locali. A suo avviso, infatti, la nuova disciplina potrebbe costituire uno strumento utile a garantire il migliore funzionamento di una amministrazione locale, come quella di Roma, chiamata a gestire un territorio estremamente vasto e popolato. Con riferimento alle osservazioni formulate dal collega Duilio, fa presente di aver provveduto a riformulare l'ultima condizione contenuta nella propria proposta di parere (vedi allegato), in modo da precisare in modo ancora più univoco che eventuali maggiori oneri derivanti dalle indennità spettanti agli amministratori di Roma capitale non dovranno superare le minori spese derivanti dall'applicazione delle misure di risparmio contenute nello schema in esame.

Marco MARSILIO (PdL) osserva che sarebbe opportuno, in via generale per tutte le grandi città e per le province, ove si richiede agli eletti un impegno quotidiano, la trasformazione dei gettoni di presenza in vere e proprie indennità. Sottolinea che se, superando i limiti di un'impostazione demagogica, si accedesse a tale proposta, si potrebbero conseguire importanti risparmi. Fa presente infatti che attualmente, atteso l'impegno quotidiano dei consiglieri comunali di Roma, oggetto del provvedimento in questione, l'amministrazione comunale, essendo estremamente raro il collocamento in aspettativa dei medesimi, se lavoratori dipendenti, è costretta a rifondere ai datori di lavoro quasi la totalità della retribuzione percepita da questi, oltre al gettone di presenza ai lavori consiliari, che ammonta ad una cifra, a suo avviso ridicola, intorno ai 1.500 euro al mese. Riterrebbe preferibile trasformare, raddoppiando tale importo, il gettone in un'indennità, favorendo in tal modo il collocamento in aspettativa per i lavoratori dipendenti. Nel ribadire che così le casse comunali potrebbero conseguire significativi risparmi, osserva che sarebbe giusto adottare tale provvedimento anche

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a prescindere dal cambiamento delle funzioni attribuite al comune di Roma. Ritiene quindi che occorre respingere bandiere demagogiche che comportano solo maggiori costi e una mortificazione dell'attività degli amministratori.

Lino DUILIO (PD) su un piano generale, osserva come sarebbe opportuno affrontare in modo complessivo il tema delle indennità degli amministratori locali, valutando in questo contesto in modo serio ed approfondito le differenze esistenti fra i diversi enti locali, tenendo in particolare conto delle difficoltà poste dalla amministrazione degli enti di maggiori dimensioni. Con riferimento alle disposizioni dello schema in esame, ritiene tuttavia che le innovazioni proposte non forniscano una risposta pienamente soddisfacente ai problemi da più parti evidenziati relativi alla retribuzione degli amministratori di Roma capitale, dal momento che non si opera una scelta precisa in favore del collocamento in aspettativa per tutto il periodo dell'espletamento del mandato. Con riferimento alla nuova formulazione della proposta di parere elaborata dal relatore, osserva che essa non sembra superare le criticità in precedenza segnalate, in quanto non si prevede alcuna procedura volta ad asseverare l'effettività dei risparmi di spesa derivanti dalla riduzione dei municipi e dall'applicazione delle disposizioni in materia di indennità degli amministratori di Roma capitale.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, conferma la proposta di parere da ultimo formulata.

Il Sottosegretario Michelino DAVICO concorda con la proposta di parere come da ultimo riformulata dal relatore.

Amedeo CICCANTI (UdC) annuncia, anche in coerenza con la posizione che il suo gruppo assumerà nella Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, l'astensione del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore. In proposito rileva che il provvedimento in esame si presenta privo di significato, come un decreto manifesto, varato solo per dare l'idea di procedere all'attuazione della delega, come già avvenuto per quello sul federalismo demaniale. Rileva inoltre che esso va nella direzione opposta al federalismo, incidendo pesantemente sull'autonomia organizzativa del comune di Roma. Osserva quindi come le disposizioni proposte siano in contraddizione con la Carta delle autonomie e come lo statuto di Roma capitale dovrebbe prioritariamente riguardare aspetti diversi dallo status e dal numero dei consiglieri comunali. All'uopo, ricorda che non viene data attuazione alla delega, come peraltro riconosciuto dallo stesso relatore nelle premesse della proposta di parere presentata, per la parte relativa alla ridefinizione delle funzioni della capitale. Inoltre ritiene che la clausola di invarianza rappresenti un eccessivo irrigidimento dal punto di vista finanziario, atteso che le nuove funzioni potranno essere attribuite solo nei limiti dell'invarianza della spesa, mentre sarebbe stato preferibile svolgere una riflessione partendo dalle funzioni medesime, magari riducendo ulteriormente il numero dei consiglieri e dei municipi. Nel sottolineare come ci si sarebbe aspettato una maggiore incisività del provvedimento, anche in considerazione della valutazione positiva dell'impegno per il contenimento delle spese, attraverso la riduzione di consiglieri e municipi, conferma l'astensione del suo gruppo.

Antonio BORGHESI (IdV) annuncia il voto contrario del gruppo Italia dei Valori sulla proposta di parere come da ultimo riformulata dal relatore, evidenziando che tale contrarietà è dovuta sia a ragioni di metodo che a ragioni di merito. Quanto al primo profilo, osserva come lo schema in esame non affronti i temi centrali relativi all'ordinamento transitorio di Roma capitale, limitandosi a disciplinare un aspetto che dovrebbe essere accessorio all'assegnazione delle nuove funzioni amministrative. Ritiene, pertanto, che l'approvazione dello schema in esame rappresenti una semplice operazione propagandistica, che non avrà

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altro effetto se non quello di creare una nuova casta, quella degli amministratori di Roma capitale, che per effetto di questo provvedimento assumeranno uno status che li distinguerà da tutti gli altri amministratori degli enti locali italiani. Nel ricordare come il proprio gruppo abbia votato a favore dell'approvazione della legge n. 42 del 2009, ritenendo che dall'attuazione del federalismo fiscale sarebbero potuti derivare effetti fortemente positivi per la finanza pubblica, sottolinea come il provvedimento in esame stravolga sostanzialmente l'impianto della legge delega, in quanto i risparmi derivanti dalle misure di razionalizzazione previste dallo schema non sono destinati al miglioramento si saldi di finanza pubblica ma all'incremento dei trattamenti economici spettanti agli amministratori di Roma capitale. A questo proposito, ritiene paradossale la previsione della corresponsione a tali amministratori di un'indennità di funzione commisurata a compiti che saranno attribuiti a Roma capitale solo da successivi decreti legislativi, osservando come sarebbe logico attribuire prima le nuove funzioni e successivamente preoccuparsi dell'incremento delle indennità. Osserva, inoltre, come con ogni probabilità le disposizioni dello schema non garantiranno neppure una maggiore libertà da altri impegni per gli amministratori capitolini, che a suo avviso non richiederanno di essere collocati in aspettativa ma continueranno a prestare il proprio lavoro godendo anche di un'indennità di funzione, ancorché dimezzata. Osserva, inoltre, come anche gli orientamenti che si stanno delineando nell'ambito della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale confermano l'intento di creare una nuova casta di amministratori, segnalando che nell'ambito dell'articolo 3, comma 7 dello schema si intende sopprimere la previsione di forme di decadenza di consiglieri per l'ingiustificata assenza dalle votazioni dell'Assemblea capitolina, limitando tale ipotesi ai soli casi di ingiustificata assenza dalle sedute.

Pier Paolo BARETTA (PD), ricorda preliminarmente che la Commissione è chiamata ad esprimersi sul parere proposto dal relatore e non sul provvedimento nel suo complesso. In proposito osserva come la proposta dell'onorevole Gioacchino Alfano sottolinei, tra l'altro, apertamente la mancata piena attuazione della delega, rispetto alla attribuzione delle nuove funzioni al comune di Roma, la non piena conformità della relazione tecnica al dettato della nuova legge di contabilità e finanza pubblica, nonché le puntualizzazioni sulla compatibilità finanziaria delle disposizioni relative alle indennità da attribuire in futuro ai consiglieri comunali di Roma. Rileva, inoltre, che coerentemente, tale parere, pur favorevole, è tuttavia subordinato al recepimento di talune condizioni che miglioreranno significativamente, ove accolte, il testo presentato dal Governo. Ricorda altresì che il voto su tale parere interviene nell'imminenza di un'importante ricorrenza nel quadro delle celebrazioni per l'Unità d'Italia. Per tali ragioni annuncia il voto favorevole del suo gruppo alla proposta di parere presentata dal relatore.

La Commissione approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 18.50.