CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 20 luglio 2010
355.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 22 LUGLIO 2010

Pag. 178

COMITATO DEI NOVE

Martedì 20 luglio 2010.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2009.
C. 3593 Governo.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010.
C. 3594 Governo.

Il Comitato si è riunito dalle 10.35 alle 10.45.

Pag. 179

SEDE REFERENTE

Martedì 20 luglio 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 10.45.

Variazioni nella composizione della Commissione.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, comunica che cessa di far parte della Commissione l'onorevole Rocco Girlanda, che ringrazia per il lavoro svolto.

DL 78/10: Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.
C. 3638 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 19 luglio 2010.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, con riferimento alla richiesta, avanzata dal gruppo dell'Italia dei Valori, di abbinare al disegno di legge n. 3638, di conversione del decreto-legge n. 78 del 2010, recante misure in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, la proposta di legge Borghesi n. 3585, recante disposizioni in materia di stabilizzazione finanziaria, di contrasto dell'evasione fiscale, di equità e di crescita economica, nonché di tassazione delle transazioni finanziarie, osserva che tale richiesta presenta alcuni profili problematici che è necessario chiarire preliminarmente. In proposito ricorda che la prassi sulla possibilità di abbinare iniziative legislative parlamentari a disegni di legge di conversione non è univoca. In particolare, fa presente che non si registrano precedenti in tal senso successivi alla XIII legislatura, mentre ve ne sono diversi negli anni precedenti. Osserva come tale circostanza può ricondursi alla diversità della natura dell'iniziativa legislativa parlamentare rispetto al disegno di legge di conversione, che consiste nello strumento attraverso il quale le Camere sono chiamate a pronunciarsi, nei termini costituzionali e secondo le specifiche procedure previste nei regolamenti parlamentari, sulla conversione dei decreti-legge, ossia di atti normativi già in vigore, diversità accentuata - nel caso di specie - dal fatto che il disegno di legge di conversione è già stato approvato dal Senato. Sottolinea quindi che è evidente che, proprio in ragione di tale sostanziale diversità di natura, e conformemente ai precedenti - ricorda, in particolare, le sedute della Commissione ambiente dell'8 luglio 1997, della Commissione affari costituzionali del 28 novembre 1995 e della Commissione bilancio del 23 ottobre 1991 - l'abbinamento di una proposta di legge ad un disegno di legge di conversione può discendere solo da un'espressa deliberazione della Commissione, non potendo configurarsi come una conseguenza automatica della presentazione di una proposta di legge vertente su materia identica a quella del decreto-legge. Osserva, inoltre, che, ove la Commissione proceda all'abbinamento, non ne potrebbe conseguire alcuna modifica nel regime procedurale che assiste la conversione in legge dei decreti, con riferimento, ad esempio, ai termini di conclusione dell'esame, al regime delle questioni pregiudiziali, al regime di ammissibilità degli emendamenti, al fine di assicurare che la deliberazione della Camera pervenga nei termini costituzionali. Per le medesime ragioni, fa presente che sarebbe comunque sottratta alla Commissione la possibilità di deliberare un testo unificato o di adottare un testo base diverso dal disegno di legge di conversione. Segnala, pertanto, che, nella fattispecie, l'abbinamento avrebbe in sostanza la funzione di assicurare la massima visibilità ad un progetto di legge di iniziativa di un gruppo parlamentare di opposizione, che verrebbe agevolato nell'illustrazione delle proprie proposte alternative a quelle contenute nel decreto-legge adottato dal Governo.

Antonio BORGHESI (IdV) rileva che il suo gruppo ha fatto uno sforzo notevole per presentare una manovra alternativa a quella del Governo, che peraltro presenta alcuni punti di coincidenza con il decreto-legge. In merito alla proposta di abbinamento segnala che tale proposta dovrebbe

Pag. 180

essere accolta in quanto ci sono dei precedenti in tal senso, non ritenendo ostativa la circostanza, che il provvedimento è stato già approvato dal Senato. Osserva altresì che nel caso in cui non venisse deliberato l'abbinamento, che considererebbe un gesto inelegante, il suo gruppo presenterà, comunque, un emendamento totalmente sostitutivo del decreto-legge. Nel sottolineare infine che con la proposta di legge di cui si chiede l'abbinamento non si modificano i saldi, in quanto si prevedono, ad esempio, per il primo anno i 25 miliardi previsti dalla manovra, insiste nel chiedere l'abbinamento della proposta di legge n. 3585.

Amedeo CICCANTI (UdC) desidera sapere se ci sono o meno precedenti di abbinamento tra decreti-legge e proposte di legge.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, ribadisce che, pur non essendoci precedenti successivi alla XIII legislatura, ciò non significa che non ci sono precedenti relativi all'abbinamento di decreti-legge. Segnala, peraltro, che nelle legislature fino alla XIII il numero dei decreti-legge era molto superiore rispetto a quello odierno.

Amedeo CICCANTI (UdC), facendo salva la valutazione del contenuto della proposta della quale è primo firmatario l'onorevole Borghesi, esprime il proprio orientamento contrario all'abbinamento della proposta di legge n. 3585, in quanto l'abbinamento avrebbe effetti peculiari, in quanto si discute di un decreto-legge. Ritiene, peraltro, che in questa specifica fattispecie, la proposta di legge possa essere considerata dalla Commissione in sedi diverse, senza interferire con l'esame del decreto-legge.

Renato CAMBURSANO (IdV) rileva che nella seduta di ieri non era stato espresso un orientamento contrario all'abbinamento e non capisce quindi che cosa sia intervenuto nel frattempo. Per quel che riguarda i precedenti, rileva che il Presidente della Commissione non ha detto che non ci sono precedenti relativi ai decreti-legge; sostiene quindi che si tratta solo di effettuare una scelta politica, che sarebbe peraltro confortata dai precedenti.

Pier Paolo BARETTA (PD) non rileva alcun motivo ostativo alla possibilità di abbinare la proposta di legge n. 3585, anche perché, considerato il fatto che il Governo ha già annunciato che intende porre la questione di fiducia sul testo approvato dal Senato, è sostanzialmente esclusa la possibilità di modificare tale testo e deve, pertanto, essere data una possibilità ai parlamentari per discutere di proposte alternative a quella formulata dal Governo.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, rileva che accettare la proposta di abbinamento allungherebbe i tempi di esame del provvedimento che invece devono essere molto stretti. Segnala, peraltro, che non vi è in tale orientamento alcuna volontà di mortificare il lavoro dei presentatori della proposta, anche perché l'approvazione della proposta di abbinamento potrebbe consentire una diminuzione del numero degli emendamenti presentati. Sottolinea, tuttavia, che ciò non appare possibile, in quanto il decreto-legge scade il prossimo 30 luglio.

Amedeo CICCANTI (UdC), intervenendo per dichiarazione di voto, preannuncia, anche a nome del proprio gruppo, il voto contrario sulla proposta di abbinamento, rilevando che ove tale proposta venisse accettata si creerebbe un precedente pericoloso. Segnala d'altra parte che il contenuto della proposta di legge da abbinare può comunque essere trasfuso in un emendamento interamente sostitutivo del testo del decreto-legge.

Antonio BORGHESI (IdV) rileva che, proprio non accogliendo la proposta di abbinamento, si crea un precedente negativo e che il relatore ha motivato la propria contrarietà alla proposta di abbinamento per una questione di tempi, mentre non sembra che l'abbinamento produca

Pag. 181

alcun allungamento dei tempi di esame della manovra.
Preannuncia quindi, anche a nome dei deputati del proprio gruppo, il voto favorevole alla proposta di abbinamento.

La Commissione respinge la proposta di abbinamento della proposta di legge Borghesi n. 3585 al disegno di legge n. 3638 di conversione in legge del decreto-legge n. 78 del 2010.

Antonio BORGHESI (IdV) chiede di capire quali siano le modalità di organizzazione dei lavori in occasione dell'intervento del Ministro nella seduta di domani.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, ricorda che l'intervento del Ministro si inquadra nell'esame preliminare e dovrebbe fornire risposta alle questioni poste oggi nell'ambito della discussione. Successivamente, si svolgerà, come concordato, un dibattito al quale potrà intervenire un deputato per ciascun gruppo per non più di dieci minuti.

Amedeo CICCANTI (UdC) chiede al rappresentante del Governo di voler chiarire il parere del Ministero competente sulla soppressione dell'ENAM.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.10.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

Martedì 20 luglio 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 11.10.

Relazione concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali e ipotesi di definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, con l'indicazione delle possibili distribuzioni delle risorse.
Doc. XXVII, n. 22.

(Rinvio del seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del Regolamento).

La Commissione prosegue l'esame della relazione, rinviato nella seduta del 14 luglio 2010.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, prendendo atto che alcuni deputati hanno manifestato l'intenzione di intervenire nell'esame della relazione, segnalando tuttavia di non poterlo fare nella presente seduta,rinvia il seguito del suo esame ad una seduta da convocare nel pomeriggio di oggi.

La seduta termina alle 11.15.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 20 luglio 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 15.15.

Sui lavori della Commissione.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, chiede al rappresentante del Governo quando sarà disponibile il prescritto aggiornamento della relazione tecnica, in mancanza del quale ritiene che la Commissione non potrebbe procedere all'esame degli emendamenti.

Il sottosegretario Luigi CASERO comunica che il richiesto aggiornamento della relazione tecnica sarà depositato per le ore 18.

Pag. 182

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale e Dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 29 aprile 2008.
C. 3620 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Giancarlo GIORGETTI, presidente e relatore, ricorda che, il disegno di legge reca la ratifica dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra, fatto a Lussemburgo il 29 aprile 2008 e che il testo dell'Accordo consta di un preambolo, 139 articoli, 7 allegati, 7 protocolli, con dichiarazioni allegate. Fa presente che il provvedimento è corredato di relazione tecnica. Passando, quindi, ad illustrare le disposizioni recate dall'Accordo, dagli Allegati e dai Protocolli, rileva che appare necessario acquisire chiarimenti in ordine alla possibilità che da alcune norme dell'Accordo derivino oneri finanziari non considerati dalla relazione tecnica. Si tratta delle seguenti norme: articoli 20-38, che prevedono l'abolizione dei dazi doganali, anche di carattere fiscale, nei settori dell'industria, dell'agricoltura e della pesca; articolo 50, che prevede la possibilità di ampliare le agevolazioni per l'accesso all'occupazione dei lavoratori della Serbia, ivi compresa la possibilità di ammissione alla formazione professionale; articolo 80, che promuove la formazione degli operatori nel settore della giustizia.
Con riferimento all'articolo 51, recante il coordinamento dei sistemi di previdenza sociale, ritiene opportuno acquisire una precisazione in ordine agli elementi e alle motivazioni che consentirebbero di escludere effetti di incremento della spesa. Segnala che su disposizioni di analogo contenuto il Governo ha escluso effetti di incremento della spesa senza peraltro fornire elementi di dettaglio. Quanto alle norme che prevedono forme di sostegno e di cooperazione, previste all'articolo 88, in materia di sviluppo economico; agli articoli 94 e 95, in materia di ammodernamento dell'industria; all'articolo 115, in materia di sovvenzioni finanziarie, rileva che andrebbe confermato che le relative spese debbano comunque essere contenute entro gli stanziamenti già previsti per le medesime finalità sulla base della legislazione vigente. Riguardo alla spesa complessiva quantificata dalla relazione tecnica con riferimento agli articoli 7 e 11 del Protocollo n. 6, premesso che non vi sono osservazioni da formulare circa la coerenza dei calcoli rispetto alle ipotesi indicate, sottolinea che appare comunque opportuno acquisire alcuni chiarimenti: osserva innanzitutto che, per la voce «rimborso forfetario spese per il vitto», la relazione tecnica implicitamente non esclude l'insorgenza di maggiori oneri rispetto alla quantificazione indicata, in quanto afferma che in attesa dell'apposito decreto ministeriale le spese di vitto sono state calcolate nella misura del 50 per cento della previgente diaria e che tale ipotesi - sia pure definita come cautelativa - potrebbe essere oggetto di future revisioni «salvo eventuale successivo conguaglio»; in secondo luogo, sottolinea che andrebbero chiariti i criteri adottati per il riconoscimento dell'indennità supplementare ai funzionari in missione, indennità consistente in una maggiorazione del 5 per cento, rispetto al prezzo del biglietto aereo, riconosciuta ai predetti funzionari. Riferisce che, come affermato dal Governo in precedenti occasioni, tale maggiorazione spettava, a legislazione previgente, ai funzionari ai quali era stata assegnata la diaria intera e che non è chiaro secondo quali criteri e parametri l'indennità venga ora attribuita a seguito della recente modifica, sopra richiamata, della disciplina in materia di diaria, indicata all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010. In ogni caso, l'ammontare di tale maggiorazione risulta talmente esiguo che anche qualora non risultasse più dovuta si potrebbe soprassedere dal modificare la norma di

Pag. 183

copertura. Tenuto conto, infine, che la relazione tecnica non definisce le ipotesi poste alla base delle quantificazioni come limiti inderogabili ai fini dell'applicazione dell'Accordo e considerato, altresì, che la stessa relazione tecnica contiene una stima - rimborsi spese per il vitto - che viene espressamente qualificata come suscettibile di revisioni, ritiene che andrebbe chiarito se l'individuazione di un limite massimo di spesa, indicato all'articolo 3 del disegno di legge di ratifica, sia effettivamente compatibile con la natura degli oneri recati dall'Accordo e, più in generale, con la presenza di obblighi di carattere internazionale.

Il sottosegretario Luigi CASERO con riferimento agli articoli 50 e 80 dell'accordo rileva che la disposizione che contempla la possibilità di ampliare le agevolazioni per l'accesso all'occupazione dei lavoratori serbi, ivi inclusa l'ammissibilità alla formazione professionale, riveste carattere programmatico. Fa presente, in ogni caso, che le attività previste dovranno essere svolte con le risorse disponibili a legislazione vigente, sottolineando che tale ultima precisazione si intende estesa anche alla promozione della formazione per gli operatori della formazione della giustizia. Con riferimento all'articolo 51, relativo al coordinamento dei sistemi di previdenza sociale, precisa che non derivano effetti finanziari per il settore pubblico nazionale. Con riferimento all'articolo 88 e agli articoli 94 e 95 conferma che le relative spese sono sostenute con gli stanziamenti previsti per le medesime finalità a legislazione vigente. Quanto alle spese di missione, anche in risposta alle osservazioni formulate dal relatore, con specifico riferimento a quelle di vitto, rappresenta che il rimborso in via cautelativa pari al 50 per cento della previgente diaria è da intendersi come limite massimo di spesa. Per quanto riguarda la maggiorazione del 5 per cento sul biglietto aereo segnala che, a seguito del decreto-legge n. 78 del 2010, essa è da intendersi eliminata sottolineando tuttavia che trattasi di cifre assai modeste. Relativamente agli oneri derivanti dall'attuazione del Protocollo n. 6, ai sensi degli articoli 7 e 11 dell'accordo, nelle more dell'emanazione del decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, che determinerà le misure e i limiti concernenti vitto e alloggio per il personale in missione, ai sensi dell'articolo 6, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010, comunica di non avere osservazioni da formulare. Per quanto riguarda la possibilità che dall'abolizione dei dazi, di cui agli articoli da 20 e 38 dell'Accordo, derivino ulteriori oneri per lo Stato, nell'escludere tale eventualità rinvia a quanto affermato in relazione all'atto C. 3446 di analoga tipologia. In particolare rileva che la pur possibile riduzione del gettito fiscale che afferisce al bilancio comunitario e la conseguente perdita di quota di rimborso per le spese di riscossione assegnata a ciascuno stato membro sarà certamente compensata dai molteplici effetti positivi, di natura politica ed economica, nell'ottica di una progressiva e generale integrazione della Serbia nell'Unione europea.

Giancarlo GIORGETTI, presidente e relatore, formula la seguente proposta di parere:

«La V Commissione,
esaminato il disegno di legge C. 3620, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale e Dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 29 aprile 2008;
preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo per cui:
le disposizioni recate dall'articolo 50 dell'Accordo, in materia di agevolazioni per l'accesso all'occupazione dei lavoratori della Serbia, rivestono carattere programmatico e saranno attuate nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente;
dalle misure in materia di coordinamento dei sistemi di previdenza sociale,

Pag. 184

previste dall'articolo 51 dell'Accordo, non derivano effetti negativi a carico della finanza pubblica;
le formazione degli operatori nel settore della giustizia, ai sensi dell'articolo 80 dell'Accordo, sarà sostenuta a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente;
le disposizioni in materia di sostegno e cooperazione, di cui agli articoli 88, 94 e 95 dell'Accordo, saranno attuate nei limiti degli stanziamenti previsti a legislazione vigente per le suddette finalità;
la quantificazione degli oneri recata dalla relazione tecnica, con riferimento alle spese sostenute per il vitto, in misura forfetaria pari al 50 per cento della previgente diaria intera, soppressa ai sensi dell'articolo 6, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010, deve intendersi quale limite massimo di spesa;
alla luce delle disposizioni recate dall'articolo 6, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010, la maggiorazione del 5 per cento sul prezzo del biglietto aereo dovrebbe essere espunta dalla quantificazione dagli oneri recata dalla relazione tecnica e riportata all'articolo 3, comma 1, del disegno di legge in esame;
nel presupposto che eventuali riduzioni di gettito derivanti dall'abrogazione dei dazi doganali europei, in conformità agli articoli da 20 a 38 dell'Accordo, saranno comunque ampiamente compensate dai molteplici effetti positivi di carattere economico e finanziario derivanti dall'integrazione della Serbia nell'Unione europea;
esprime

PARERE FAVOREVOLE».

Il sottosegretario Luigi CASERO concorda con la proposta di parere formulata dal relatore.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 15.25.

SEDE REFERENTE

Martedì 20 luglio 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Intervengono i sottosegretari di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero e Alberto Giorgetti.

La seduta comincia alle 15.25.

DL 78/10: Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.
C. 3638 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del decreto-legge, rinviato nella seduta antimeridiana della giornata odierna.

Antonio BORGHESI (IdV) fa presente che, a seguito della reiezione della richiesta di abbinamento al disegno di legge n. 3638 della sua proposta di legge n. 3585, consegnerà alla Commissione un documento relativo alla contromanovra economica del suo gruppo.
Desidera inoltre che restino a verbale quattro richieste che avrebbe voluto rivolgere direttamente al Ministro dell'economia, anche se è personalmente convinto che non otterrà alcuna risposta.
In primo luogo, infatti, vorrebbe sapere per quale motivo il Governo utilizzi una manovra depressiva priva dei necessari elementi di stimolo della crescita. In secondo luogo, vorrebbe sapere per quale motivo la manovra pesi integralmente sui lavoratori dipendenti, sui pensionati e sulle microimprese e sia contraria al principio di equità a cui, in una situazione di grave difficoltà come l'attuale, una manovra economica avrebbe dovuto ispirarsi. In terzo luogo, vorrebbe conoscere il motivo per il quale la manovra non contiene tagli ai costi della politica e della «casta», trattandosi anche in questo caso del mancato rispetto del principio di equità che dovrebbe essere sotteso ad una manovra economica straordinaria come l'attuale.

Pag. 185

Infine, non comprende il motivo per cui la manovra contenga norme come la depenalizzazione dei reati fallimentari, che otterrà come risultato di salvare manager di grandi imprese, di banche e anche di imprese del settore pubblico da una possibile condanna per reato di bancarotta. Per quanto riguarda la prima questione, osserva che a parlare di una manovra recessiva e non di crescita è lo stesso Ministero dell'economia, indicandone l'effetto depressivo sul PIL in una percentuale prossima allo 0,5 per cento. Non comprende però il motivo per cui il Governo non condivida la necessità di incrementare la crescita che - a parere dell'Italia dei Valori - rappresenta la vera emergenza dell'Italia. Il Paese, infatti, a partire dagli anni novanta, ha accumulato un ritardo crescente, ad esempio, nei confronti delle più forti economie tra le quali quella degli Stati Uniti. Ritiene pertanto necessario che il Governo abbia maggiore consapevolezza della crisi italiana, prendendo coscienza della perdita del 6,1 per cento del PIL nel biennio 2008-2009, del fatto che alla fine del 2011 il PIL resterà ancora il 3 per cento al di sotto del livello dell'inizio del 2008 e che bisognerà attendere il 2013 per tornare al livello del PIL del 2007, in una situazione alla quale il debito pubblico continuerà a salire.
Diverso è invece il modo per generare crescita economica. La contromanovra ideata dall'Italia dei Valori potrebbe garantire - a partire dal 2011 - 8 miliardi di tasse in meno all'anno, a favore dei lavoratori dipendenti, delle famiglie e dei precari, e, 8,7 miliardi di tasse in meno all'anno, a favore delle piccole e medie imprese. La crescita economica, infatti, può essere favorita incrementando la domanda interna, attualmente in continuo calo. Ciò consentirebbe, a partire dal 2012, di ridurre di oltre 9 miliardi all'anno il debito pubblico, confermandone la riduzione nel 2011 di oltre 24 miliardi, già prevista dal Governo. Per ottenere questi risultati economici, l'Italia dei Valori propone un contributo di solidarietà straordinario a chi ha riportato denaro dall'estero corrispondendo una tassazione del 5 per cento di tasse, maggiore lotta all'evasione fiscale, la introduzione di un redditometro che consenta di individuare realmente il tenore di vita del contribuente e di valutare anche gli ultimi anni di dichiarazioni dei redditi (con effetti ben maggiori di quelli dichiarati possibili dal Governo) e, infine, consentendo un più spedito recupero delle somme non pagate ad Equitalia nonché l'innalzamento della tassazione sulle plusvalenze finanziarie. Ritiene inoltre che andrebbe ripristinata la tassazione dell'ICI per le abitazioni con maggiore superficie, recuperando 1,7 miliardi di euro. Osserva quindi che il digitale terrestre dovrebbe essere sottoposto ad asta, consentendo di reperire ulteriori fondi. Altre misure idonee ad incrementare il gettito della manovra potrebbero essere rinvenute nell'aumento del 10 per centro della tassazione delle stock option, in ulteriori interventi nei confronti delle banche, nel taglio ai costi della politica, delle province, riducendo gli emolumenti dei parlamentari e consiglieri regionali, abolendo il vitalizio dei parlamentari dopo 5 anni di versamento, riducendo le cosiddette auto blu (che costano 4 miliardi) e il conseguente ricambio del parco vetture, sopprimendo enti inutili, costituendo un esercito europeo (e quindi riducendo le spese militari nazionali), sopprimendo inoltre la prevista spesa relativa al ponte sullo stretto di Messina. Da tali risparmi potrebbero discendere riduzioni delle tasse e misure di sostegno per le famiglie numerose, restituzione del fiscal drag e ridefinizione degli ammortizzatori sociali. Anche le imprese potrebbero beneficiare, nella misura di 9 miliardi all'anno, della riduzione delle tasse, in particolare dell'IRAP, e della defiscalizzazione degli utili reinvestiti.
Sarebbe inoltre necessario introdurre misure ordinamentali come la semplificazione della fase di inizio dell'attività economica o misure di razionalizzazione degli enti locali, di razionalizzazione degli sportelli italiani all'estero, sopprimendo quelli, molteplici, dell'Enit, dell'ICE, dell'Istituto di cultura italiana all'estero, delle regioni. Preannuncia, infine, che il suo gruppo, con

Pag. 186

riferimento a quanto predisposto e sommariamente illustrato, presenterà in Assemblea una relazione di minoranza sulla manovra.

Lino DUILIO (PD), nel richiamare i contenuti del decreto-legge «anticrisi» approvato nel luglio del 2009 e quanto si è prodotto fino ad oggi, ritiene che la maggioranza e l'opposizione dovrebbero elaborare una sorta di bilancio sulla situazione del Paese al fine di far tesoro dell'esperienza maturata. Auspicando un'opportuna considerazione da parte del Governo del contributo del Parlamento e scongiurando toni faziosi, anche in previsione del dibattito che si terrà in Aula all'auspicabile presenza del Ministro Tremonti, ritiene che addebitare la situazione presente alla sola crisi finanziaria internazionale sia una chiave interpretativa parziale che trascura sostanziali cause interne al nostro Paese, connesse al metodo di governo della maggioranza di centrodestra. Ricorda quindi l'analisi contenuta in articoli apparsi su «Il sole 24ore» nel 2005 relativamente alla politica economica di quel Governo e dalla cui lettura si evincono forti analogie con la linea inaugurata dall'attuale Governo. Nel ricordare il drammatico dato relativo alla crescita del debito pubblico in termini di percentuale del PIL, passato dal 104 per cento a quasi il 120 per cento, richiama le parole del Vice Ministro Vegas in occasione dell'esame del disegno di legge recante il Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2009, in cui ha dato conto dell'incremento di spesa motivato dalla crisi e da cui sarebbe derivata l'esigenza di movimentare gli ammortizzatori sociali.
Alla luce di tali considerazioni chiede al rappresentante del Governo di disaggregare il dato relativo all'incremento di spesa, con particolare riferimento a quelle correnti. Invitando a rivedere i contenuti dell'audizione dell'allora Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Vincenzo Visco, del luglio 2007 sull'andamento delle entrate, pone il quesito in ordine a quanto è avvenuto in questi ultimi anni. Segnala la decisione relativa allo scioglimento della Commissione tecnica per la finanza pubblica le cui importanti risorse sono state deviate a favore di studi sull'attuazione del federalismo fiscale.
Osserva che la reiterata tecnica dei tagli lineari quale unica strategia di risanamento adottata dal Governo assume i connotati di uno strumento volgare nella gestione dell'economia con un impatto indifferenziato, idoneo a produrre effetti indesiderati rispetto allo stesso obiettivo del contenimento dei costi. Il Governo dovrebbe, a suo avviso, cogliere l'occasione per indicare le modalità utili ad invertire il corso degli eventi, anche alla luce dell'insuccesso registrato nella strategia delle manovre triennali, inaugurata con il decreto-legge n. 112 del 2008.
Preannuncia quindi la presentazione di emendamenti in riferimento agli interventi sul trattamento economico degli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione alla luce delle umilianti misure inserite nel provvedimento in esame che contribuiscono ad infrangere il patto fondamentale che lega lo Stato ai suoi servitori più prestigiosi. Sottolinea che tale riflessione riguarda in particolare i funzionari della carriera diplomatica, chiamati ad esercitare un ruolo cruciale per la promozione della nostra presenza internazionale e per ogni strategia efficace contro la crisi finanziaria globale, secondo quanto lo stesso Ministro Frattini ha avuto occasione di affermare in questi giorni. Peraltro, la diffusa tendenza al ricorso allo spoil system e a forme di reclutamento alternative al concorso pubblico svilisce la categoria dei civil servants producendo un inevitabile senso di disaffezione nei confronti dello Stato, a dimostrazione dell'inconcludenza della politica promossa dal Ministro Brunetta nella sua campagna contro i cosiddetti «fannulloni». Passando al tema delle entrate, stigmatizza la tecnica delle quantificazioni operate sulla basi di previsioni di entrata incerte. Quanto alle misure di lotta all'evasione fiscale, sottolinea che il Governo mostra adesso di intraprendere interventi che ha strenuamente combattuto e ridicolizzato quando

Pag. 187

fu il centrosinistra a proporli. Rileva che il dovere di un Governo è quello di assumere decisioni nell'interesse generale, anche se esse possano essere talvolta impopolari, potendo produrre danni assai gravi il procedere sempre secondo una linea demagogica ed elettoralistica, come ha dimostrato l'impatto sulla finanza locale dell'intervento di abolizione dell'ICI e di drastico taglio alla spesa dei comuni. In ragione di quanto fin qui osservato, sottolinea che la crisi impone dunque di agire ma non ricorrendo alla tecnica dei tagli lineari, agli interventi nei confronti di specifiche categorie di lavoratori e a misure di impatto sui redditi di tutti pur di non colpire i grandi patrimoni. Auspica che nelle successive fasi di esame il Governo integri la relazione che accompagna il provvedimento in esame con l'indicazione di proposte concrete in tema di sviluppo e competitività. Auspica inoltre che il Ministro dell'economia e delle finanze in occasione del suo intervento in Assemblea entri nel merito della situazione del Paese, tralasciando considerazioni di carattere troppo generale ed individuando, oltre alla diagnosi, la prognosi e concreti interventi di terapia. Nell'esprimere la disponibilità del suo gruppo a collaborare su tali tematiche, invita ad una analisi retrospettiva sui contenuti delle varie relazioni di minoranza via via approvate nel corso degli ultimi dieci anni, al fine di verificare se l'accoglimento di specifiche proposte avanzate nel tempo dall'opposizione non avrebbe potuto condurre ad una situazione meno drammatica rispetto a quella presente.

Maino MARCHI (PD), nell'associarsi alle considerazioni del collega Duilio in ordine alla politica economica dei Governi sostenuti dalla maggioranza di centrodestra e ai contenuti del decreto-legge in esame, fa presente che nel proprio intervento si soffermerà principalmente sulla mancanza, nell'ambito della manovra finanziaria, di adeguati interventi di sostegno all'economia reale e sull'esigenza che le misure previste assicurino una maggiore equità nella ripartizione degli oneri a livello territoriale e sociale. Quanto al primo profilo, rileva come il Governo sin dall'adozione del decreto-legge n. 112 del 2008, che ha preceduto il manifestarsi della crisi economica e finanziaria nel nostro paese, ha incentrato la propria politica economica su interventi di risanamento volti ad un drastico ridimensionamento della spesa pubblica che non hanno, tuttavia, tenuto conto dell'esigenza di assicurare un adeguato sostegno all'economia del nostro paese. Nel richiamare l'intervento del Vice Ministro Vegas in sede di esame dei disegni di legge di approvazione del rendiconto per l'esercizio 2009 e di assestamento del bilancio dell'esercizio 2010, che ha evidenziato come ad una prima fase della crisi che ha interessato prevalentemente la finanza privata ha fatto seguito una seconda fase che ha colpito l'economie reali ed una terza, quella attuale, nella quale sono a rischio le finanze pubbliche dei paesi maggiormente indebitati, rileva come l'Italia attualmente stia ancora attraversando la fase più acuta di contrazione dell'economia reale, dal momento che in questi mesi si stanno registrando i più alti picchi di disoccupazione. In questo difficile contesto il Governo ha concitato i propri interventi solo sul numeratore dei rapporti deficit/PIL e debito/PIL, senza preoccuparsi di garantire la crescita del denominatore di tali rapporti. A suo avviso, così facendo si rischia di dover continuamente adottare nuove manovre correttive per far fronte agli squilibri derivanti dalla mancata crescita economica. Nel rilevare con soddisfazione come il Governo abbia con il decreto in esame parzialmente modificato i propri orientamenti, intervenendo finalmente sull'evasione fiscale, osserva tuttavia come le maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di contrasto all'evasione fiscale siano state utilizzate, in maniera scarsamente prudenziale, al fine di concorrere al raggiungimento dei saldi previsti. Sul piano generale, ritiene comunque grave la scelta di non prevedere specifiche misure di sostengo all'economia, dal momento che la situazione italiana, diversamente da quanto ripetono costantemente

Pag. 188

gli esponenti del Governo, non è migliore di quella degli altri partner europei, come dimostrano la riduzione del prodotto interno lordo nell'ultimo biennio che è stata pari a circa il 6 per cento, e l'andamento dell'economia italiana nell'ultimo decennio che, con l'esclusione degli esercizi 2006 e 2007, non a caso coincidenti con il governo di centrosinistra, è stata caratterizzata da tassi di crescita sostanzialmente inesistenti. Sottolinea pertanto che i governi sostenuti dal centrodestra si sono dimostrati sempre estremamente deboli nell'individuazione di politiche di sostegno alla crescita e che tale debolezza non si manifesta solo nell'attuale situazione di crisi economica e finanziaria. In ogni caso, con riferimento alla dimensione della manovra di contenimento della spesa contenuta nel provvedimento in esame, osserva che essa non è frutto di un'imposizione da parte delle istituzioni europee, ma costituisce il risultato di scelte politiche che considera erronee, quali la decisione di abolire l'ICI sulla prima casa, dopo l'intervento contenuto nella legge finanziaria per il 2008 che già aveva disposto una analoga misura che escludeva tuttavia i redditi più alti, il sostegno all'Alitalia e gli interventi a favore di comuni in gravi situazioni economiche e finanziarie come i comuni di Catania e Palermo. Per quanto attiene alle misure di sostegno all'economia contenute nel provvedimento, sottolinea come la previsione relativa a forme di fiscalità di vantaggio nelle regioni meridionali rischi di dimostrarsi inefficace, in quanto le medesime regioni sono interessate da un rilevantissimo taglio dei trasferimenti e da aumenti dell'addizionale IRAP per effetto dei piani di rientro dal debito in materia sanitaria. Osserva, altresì, che le misure in materia di contratti di produttività e gli interventi relativi al fondo infrastrutture non prevedono lo stanziamento di nuove risorse, ma diversa destinazione di somme già previste dalla legislazione vigente. Osserva, invece, che altre misure, come l'aumento delle tariffe autostradali, rischiano addirittura di determinare danni per lo sviluppo economico, incrementando gli oneri per i cittadini e le imprese che operano nel settore dell'autotrasporto. Sottolinea, inoltre, come numerose misure di sostegno all'economia adottate dal governo di centrosinistra siano state indebolite nel corso degli ultimi anni, ricordando, in particolare, il credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno e quello per gli investimenti per ricerca e sviluppo, nonché le agevolazioni fiscali per gli interventi relativi alle ristrutturazioni immobiliari e agli interventi per la maggiore efficienza energetica. In definitiva, sottolinea come il decreto-legge in esame, non solo non rechi positivi apporti alla crescita, ma anzi rischi di avere effetti depressivi, come confermato dalla nota depositata dallo stesso Governo nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento ed evidenziato nella documentazione predisposta dagli uffici della Camera. Nel sottolineare come le entrate fiscali previste dal provvedimento siano estremamente aleatorie, ritiene che il conseguimento dei saldi previsti sia a rischio e, pertanto, potrebbe determinarsi la necessità di un nuovo intervento correttivo nei prossimi mesi. Osserva, inoltre, come molto spesso, nelle ricostruzioni relative al debito nel nostro paese si ometta di ricordare che i governi di centrosinistra hanno realizzato con successo politiche di riduzione del debito, mentre i governi di centrodestra non abbiano ottenuto analoghi risultati, sottolineando, pertanto, come appaia poco credibile che l'attuale governo riesca a raggiungere gli obiettivi che si prefigge in materia. In proposito, nel ricordare come nell'ultimo esercizio si sia registrato un incremento del rapporto tra debito e PIL di circa il 10 per cento per l'effetto congiunto dell'incremento del deficit e del calo del Prodotto interno lordo, sottolinea come la politica economica espansiva, pur avendo indubbiamente dei costi, avrebbe effetti complessivamente positivi sul sistema economico che non potrebbero non determinare un incremento delle entrate fiscali. Quanto alle valutazioni in ordine all'equità alla manovra in esame, osserva che, nonostante i proclami del Governo, che ha assicurato di non voler mettere le mani nelle tasche dei

Pag. 189

cittadini, non possono non registrarsi gli effetti negativi del provvedimento sugli impiegati pubblici, sui lavoratori dipendenti, e sui lavoratori autonomi, in ragione delle misure relative al contenimento delle spese delle pubbliche amministrazioni, ai trattamenti di fine rapporto e all'età di pensionamento. Rileva, invece, l'assenza di misure che incidono sui redditi più elevati, sottolineando come si sarebbe potuto prevedere un ulteriore contributo da porre a carico dei soggetti che abbiano usufruito alle misure relative al rientro e alla regolarizzazione dei capitali detenuti all'estero, nonché utilizzare risorse derivante da un'asta delle frequenze televisive liberatesi con il passaggio al digitale terrestre. Per quanto attiene agli effetti della manovra sugli enti territoriali, sottolinea come essi siano particolarmente rilevanti ed ammontino ad oltre la metà degli interventi di contenimento delle spese, si tratta, a suo avviso, di un carico del tutto sproporzionato rispetto alla rilevanza della spesa territoriale sul totale della spesa pubblica, anche in considerazione della circostanza che una quota rilevante delle risorse derivante dalla riduzione delle spese delle amministrazioni centrali è destinata al Fondo per interventi strutturali di politica economica, mentre un'analoga possibilità di recupero non è prevista per le spese per gli enti territoriali. Nell'osservare come il Governo si stia muovendo in una direzione sostanzialmente opposta a quella federalista, che pure sostiene di perseguire, sottolinea come il susseguirsi degli interventi in materia di spesa degli enti territoriali impedisca una seria programmazione della spesa per le regioni e gli enti locali, rilevando come anche la cosiddetta Carta delle autonomie non abbia fornito le certezze che da essa si attendevano. Per quanto attiene, infine, ai cosiddetti costi della politica, sottolinea come la riduzione degli stipendi dei Ministri e dai sottosegretari prevista dal provvedimento, diversamente da quella adottata dal Governo Prodi, si applichi solo ai Ministri ed ai sottosegretari non parlamentari, che rappresentano una parte minima del Governo, mentre la gran parte dei tagli si applicano agli organi elettivi e di governo degli enti territoriali. Nel sottolineare come anche in questo caso sarebbe necessaria una ripartizione più equa del carico della manovra, sottopone alla valutazione della maggioranza l'opportunità di un tempestivo intervento volto a ridurre il numero dei parlamentari, sul quale, almeno in linea di principio tutte le forze politiche si sono in passato dichiarate d'accordo, ribadendo che non si può pensare di identificare i costi della politica con i costi della rappresentanza a livello territoriale.

Gian Luca GALLETTI (UdC), nel rilevare come l'intervento nella discussione generale possa costituire lo strumento attraverso il quale fornire al Ministro dell'economia e delle finanze spunti per il suo intervento nella seduta di domani, sottolinea in primo luogo l'esigenza di acquisire una valutazione da parte del Ministro in ordine ai possibili effetti recessivi della riduzione dei trasferimenti agli enti locali e alle regioni. In particolare, ritiene che dovrebbe valutarsi se la riduzione dei trasferimenti determinerà una riduzione dei servizi sociali o un aumento delle imposte, sottolineando come entrambe le eventualità potrebbero determinare effetti negativi sul prodotto interno lordo e, quindi, la necessità di una nuova manovra correttiva. In questa ottica, sottolinea, altresì, che buona parte della manovra è affidata alle misure di contrasto dell'evasione fiscale, rilevando come si tratti di una scelta che non risponde a criteri di prudenzialità, dal momento che solitamente, sia a livello territoriale che a livello nazionale, non vengono stimate le maggiori entrate derivanti da tali misure, in ragione della aleatorietà di tali entrate. Anche sotto questo profilo, pertanto, ritiene che vi sia il rischio di dover presto intervenire con una manovra correttiva per far fronte alle mancate entrate. Per quanto attiene, poi, alle misure di contenimento dei costi della politica e alla riduzione degli enti e degli organismi pubblici, chiede al Governo se non fosse possibile adottare misure più coraggiose di

Pag. 190

riduzione delle spese, ad esempio prevedendo la soppressione dei comuni con popolazione inferiore ai mille abitanti ed un incisivo intervento sul livello di governo provinciale. Ritiene, infatti, sbagliata la scelta di operare tagli indiscriminati dei trasferimenti, in assenza di interventi volti a semplificare la struttura dei livelli di governo territoriali. Per quanto attiene poi alla finanza locale, osserva come la riduzione dei trasferimenti ai comuni sia stata accompagnata dalla promessa di introdurre la cosiddetta service tax dal 2012. A riguardo, sotto un profilo teorico, rileva come un'imposta che si prevede di introdurre non risponde a quel criterio di stretta corrispondenza tra la responsabilità degli amministratori locali e i cespiti oggetto di tassazione condensato nella massima no taxation without representation. Osserva infatti che dal momento che la tassazione si applicherebbe limitatamente alle seconde case, non sussisterebbe uno stretto legame col territorio, dal momento che la nuova imposta si applicherebbe solo a cittadini non residenti nel comune interessato. Per altro verso osserva che la cosiddetta cedolare secca rappresenterebbe un intervento che appare muoversi in una direzione opposta a quella più volte indicata dal Ministro dell'economia e delle finanze del passaggio da una tassazione delle persone ad una tassazione delle cose. Rileva, infatti, che la nuova imposta rappresenterebbe invece una riduzione di una imposizione sulle rendite, che in linea astratta può anche essere condivisa, ma ritiene necessario che il Governo chiarisca se siamo in presenza di un cambio di rotta dal momento che in campo fiscale è particolarmente grave affermare un principio e seguirne un altro. Chiede, inoltre, al Governo di voler chiarire quali siano gli strumenti attraverso i quali intende garantire la riduzione strutturale del debito pubblico, dal momento che non ha individuato nel decreto-legge in esame una specifica misura volta a perseguire tale obiettivo, condiviso da tutte le parti politiche. Da ultimo, rileva come per garantire il funzionamento delle scuole paritarie si renda assolutamente necessario uno stanziamento di 230 milioni di euro e chiede, pertanto, al Governo si ci sia un impegno a reperire tali risorse, necessarie alla sopravvivenza di tali istituzioni educative.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, alla luce dell'andamento dei lavori, sospende brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16.55, riprende alle 17.15.

Renato CAMBURSANO (IdV) preliminarmente chiede a cosa serva la «sceneggiata» in corso, atteso che, a suo avviso, gli elettori si vergognerebbero nel sapere quanto sia inutile ciò che si sta facendo. Con riferimento alla contromanovra presentata dall'Italia dei Valori, rinvia alle argomentazioni svolte dall'onorevole Borghesi. Ritiene invece che la manovra presentata dal Governo sia nata male, essendo il frutto di improvvisazione, mentre si sapeva da mesi della necessità di un intervento correttivo e che sia proseguita anche peggio, con un iter spesso oscillante presso l'altro ramo del Parlamento. Ritiene che siano stati inviati messaggi contraddittori agli italiani, ricordando a tal proposito che il Presidente del Consiglio, fino a qualche mese fa, diceva che tutto andava bene, salvo accorgersi poi che non era così, addossando ad altri soggetti la colpa della situazione. Pur concordando sul fatto che vi siano enti locali e regioni che hanno sprecato denaro pubblico, tra questi ricorda i comuni di Catania, Palermo e Roma e le regioni del sud che, soprattutto in riferimento alla spesa sanitaria, vengono finalmente chiamate a rispondere, sottolinea come non sia corretto colpire in maniera indiscriminata tutti gli enti territoriali. Ricorda che il 6 maggio il ministro Tremonti, intervenendo in Assemblea sulla crisi greca, non ha mai fatto cenno alla situazione del nostro Paese, salvo ad affermare, solo pochi giorni dopo, il 10 maggio, nell'ambito di una riunione di Confindustria, che c'era la necessità di una manovra di circa 25 miliardi. Chiede come sia possibile che tale necessità non

Pag. 191

fosse emersa nell'informativa resa alla Camera solo pochi giorni prima. Ricorda peraltro che lo stesso relatore, onorevole Gioacchino Alfano, ha precisato che, già nel novembre 2009, in sede europea era emersa la opportunità di adottare misure volte ad assicurare la stabilità delle finanze pubbliche nel breve e nel medio periodo. Osserva che la manovra oggi in discussione, lungi dall'essere la risposta alla difficile situazione finanziaria internazionale, rappresenta la presa di coscienza dell'andamento dei conti pubblici italiani nonché del rischio di fare la fine della Grecia. Chiede le ragioni di una tale situazione. In proposito osserva che elementi di chiarimento derivano sicuramente dall'esame del rendiconto, che dimostra come il debito pubblico nel 2009 sia esploso, pur in mancanza di interventi volti al salvataggio del sistema creditizio che hanno provocato analoghi incrementi del debito in altri paesi europei. A riguardo osserva che tale significativo incremento del debito pubblico italiano è dovuto in larga parte alla spesa per interessi nonché a maggiori spese deliberate attraverso i provvedimenti adottati dal Governo per un totale di quasi 100 miliardi di euro. Ricorda peraltro che, solamente nel 2010, il debito pubblico ha fatto registrare un ulteriore incremento pari a oltre 67 milioni di euro. Osserva che, a fronte i tali dati, ci si è finalmente resi conto, ed anche il Presidente del Consiglio ha maturato tale consapevolezza, che la situazione prendeva una piega negativa e che occorreva intervenire. Ritiene di non entrare nel merito delle misure contenute nella manovra, in quanto sarebbe inutile, poiché il Governo ha già manifestato l'intenzione di porre la questione di fiducia sul testo approvato dal Senato. Osserva comunque che nella manovra manca comunque ogni riferimento ai temi dell'equità, del contenimento del debito e della crescita. In primo luogo osserva che la manovra non è equa perché colpisce principalmente i lavoratori dipendenti, in particolare quelli del pubblico impiego, i pensionati, le regioni e gli enti locali, a prescindere da ogni valutazione sulla virtuosità o meno dei medesimi, senza considerare che i tagli previsti si tradurranno in minori servizi oppure in ulteriori sacrifici. In proposito rileva che, a livello nazionale, si è sostenuto che non si mettevano le mani nelle tasche dei cittadini, ma attraverso i tagli a regioni ed enti locali si costringe questi ultimi a farlo. Con riferimento al contenimento del debito pubblico, ribadisce che esso, nel 2010 è aumentato di ulteriori 67 miliardi di euro, mentre la risposta si limita ad un taglio lineare per le pubbliche amministrazioni. Ricorda che vi sono sprechi generalizzati a livello centrale come hanno dimostrato le recenti vicende relative alla Protezione civile e al tema dell'energia eolica, ma manca una politica realmente volta alla riduzione del debito. Osserva che il Governo stima in 8 miliardi le entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale. Pur prendendo atto positivamente del fatto che finalmente si intenda perseguire tale strada, anche attraverso il recupero di taluni provvedimenti già varati dal Governo Prodi, non ritiene plausibile tale quantificazione. Con riferimento al tema della crescita, osserva che con la manovra del Governo vi sarà solo la crescita del debito pubblico. In proposito, rileva che le stesse stime del Governo assegnano alla manovra un effetto depressivo sul prodotto interno lordo pari al 0,5 per cento, mentre Confindustria, certamente non vicina all'Italia dei Valori, prevede un impatto negativo della stessa per un intero punto percentuale. Rileva quindi che la manovra avrà effetti depressivi sull'economia. Ricorda inoltre i dati della Banca d'Italia, dell'ISTAT e dell'Eurostat, secondo i quali con le politiche adottate dai diversi Governi Berlusconi, il debito pubblico sarebbe cresciuto di oltre 430 miliardi di euro, quindi di circa mille euro a cittadino all'anno, che il prodotto interno lordo ha avuto in media un differenziale negativo dell'1 per cento, rispetto ai principali paesi europei e che la spesa pubblica è cresciuta ad un ritmo medio del 3,7 per cento annuo, quindi pari circa al doppio dell'inflazione degli anni di riferimento.

Pag. 192

Antonio MISIANI (PD) osserva che la manovra in esame prende avvio dai dati dell'ultimo biennio di grave recessione economica in cui il nostro Paese, a fronte di una ridotta crescita economica registrata negli ultimi dieci anni rispetto ai Paesi della zona euro, ha subito in modo più grave rispetto agli stessi Paesi dell'euro le conseguenze della crisi internazionale. Occorre, infatti, smentire i falsi convincimenti sul minore impatto della crisi nel nostro Paese ad esempio in tema di disoccupazione, a paragone con gli altri Paesi europei: il dato percentuale del 9 per cento non tiene conto, infatti, dei circa 700 mila lavoratori in cassa integrazione, il cui conteggio innalzerebbe il dato al 12 per cento. Analogamente, anche i dati relativi ai conti pubblici devono essere chiariti in quanto se è vero che il deficit in Italia ha registrato un punto più basso rispetto agli altri Paesi, è anche vero che nel nostro Paese il debito pubblico come percentuale del Pil è cresciuto di quasi dieci punti. Anche il livello della spesa pubblica e della pressione fiscale registrano livelli superiori a quanto ritenuto tollerabile dalla stessa maggioranza di centrodestra circa due anni fa. Tenuto conto che le previsioni di crescita attestano per l'Italia un andamento più lento rispetto agli altri Paesi, è essenziale che la politica economica dia risposte al Paese, tenuto conto che in Italia il reddito pro capite è tornato ai livelli del 1999 e che l'Italia avrà bisogno di molto più tempo rispetto agli altri competitori internazionali per recuperare per intero questo ritardo. Osserva peraltro che la manovra restrittiva intrapresa dal Governo si colloca in un contesto europeo segnato dal simultaneo interagire di manovre di analogo tenore adottate dagli altri governi europei, circostanza che rischia di precludere una ripresa sul continente europeo. Nell'esprimere pertanto dubbi sull'opportunità di adottare in questa fase una manovra così rigorosa, anche alla luce dello 0,8 per cento di perdita del Pil registrata in Italia negli ultimi due anni, sottolinea che le risorse che la manovra individua sono quasi per intero destinate a correggere l'indebitamento netto, vale a dire per il 70 per cento nel 2011 e per il 92 per cento nel 2012. In tal modo si preclude ogni spazio per interventi per lo sviluppo e la crescita, nonché per l'equità sociale, tenuto conto dell'alto tasso di disuguaglianza presente nel nostro Paese già prima della crisi. Peraltro, la manovra non dice alcunché sul finanziamento degli ammortizzatori sociali, con particolare riferimento alla cassa integrazione in deroga, né provvede ad affrontare il tema della non autosufficienza di milioni di cittadini italiani, al di là dell'azione di contrasto, dichiarata in toni elettoralistici, nei confronti dei falsi invalidi.
Un ulteriore aspetto critico connesso alla manovra è il suo impatto sociale, in quanto il riequilibrio dei conti si fonda sul sacrificio di dipendenti pubblici, cittadini in prossimità della pensione e di coloro che usufruiscono a livello locale dei servizi pubblici. Quanto alle misure di lotta all'evasione fiscale, per quanto presenti nella manovra, esse non potranno recuperare il grave incremento del numero di evasori registrato negli ultimi due anni. Il quadro così delineato evidenzia che interi segmenti della popolazione, per ragioni di natura politica ed elettoralistica, non sono minimamente interessati dagli interventi di risanamento.
Sottolinea quindi che la manovra non provvede a suddividere in modo equo il peso dei sacrifici tra amministrazioni centrali ed amministrazioni locali, tenuto conto che il peggioramento dell'indebitamento netto è in massima parte imputabile alle prime. La manovra scarica il peso degli interventi in modo determinante sul comparto delle autonomie territoriali, per importi pari al 50 per cento nel 2011 e crescenti negli anni successivi, con particolare disagi per le amministrazioni comunali che sconteranno l'effetto indiretto dei ridotti trasferimento da parte delle regioni. Ritiene che in tal modo si procede in una direzione diversa rispetto a quella che consentirebbe l'attuazione del federalismo fiscale e che la modifica introdotta al Senato sul meccanismo di distribuzione del carico della manovra tra le amministrazioni

Pag. 193

locali rappresenta un mero stratagemma idoneo ad elevare la tensione tra di esse.
Nel ribadire la ferma contrarietà del suo gruppo rispetto alla strategia insita nel provvedimento in esame e nel segnalare la tempistica assai restrittiva per l'esame parlamentare, sottolinea che una manovra conforme a criteri di equità sociale non è necessariamente una manovra più costosa e che le misure adottate non tengono conto del contributo decisivo che gli enti locali assicurano alla prestazione economica complessiva del Paese. A fronte di un assai contenuto sblocco nella gestione dei residui passivi, non è in alcun modo intaccato il patto di stabilità interno mentre sarebbe stato opportuno procedere alla attuazione del federalismo fiscale per conferire dinamismo all'economia delle autonomie territoriali. Segnala inoltre che sono stati del tutto ignorati interventi a costo zero che si sarebbero potuti intraprendere in tema di liberalizzazioni, di mercato del lavoro e dei capitali.
Infine, fa presente che è in questione il modello sociale di questo Paese a fronte dell'importante investimento, pari a 12 miliardi di euro, che la Germania ha operato a favore di scuola, ricerca e formazione in occasione della pur severa manovra di 80 miliardi adottata per i prossimi cinque anni. Si tratta del settore che in Italia a partire dal decreto-legge n. 112 del 2008 è stato maggiormente penalizzato da questo Governo che continua a non cogliere la centralità della cosiddetta «economia della conoscenza» nel confronto competitivo con le altre economie emergenti.
Ribadisce, conclusivamente, che il Paese merita scelte diverse, che questa manovra non è l'unica possibile e che, nell'esigenza di adottare misure di rigore, senza equità sociale non si realizza efficacemente l'obiettivo del risanamento e della ripresa della crescita.

Massimo VANNUCCI (PD) ritiene schizofrenico il metodo di legiferare del Governo che proclama dei valori e procede in senso opposto, dichiara, ad esempio, di volere il federalismo e adotta politiche centraliste. Osserva, al riguardo, che negli ultimi due anni la maggioranza è sembrata più volte perdere il filo e smarrire la filosofia di fondo. A livello macroeconomico, rileva come l'obiettivo del dimezzamento del deficit definito dal Governo non venga realizzato dal provvedimento in esame che contiene una manovra pari a 24 miliardi, mentre lo sforzo richiesto sarebbe pari a 40 miliardi. Dopo aver osservato come l'Italia abbia problemi particolari, diversi da quelli degli altri partner europei, rileva come il Governo abbia contato ben poco a livello di Unione europea, dove ha prevalso l'impostazione strategica voluta dall'asse franco-tedesco. Nel sottolineare quindi il carattere depressivo della manovra, evidenziato anche dalla Banca d'Italia, osserva come il provvedimento in esame incrementi le tariffe e obblighi regioni ed enti locali a fare lo stesso, risulti iniquo ed inopportuno e penalizzi il merito. Esprime quindi preoccupazione per il blocco del turnover, che rischia, ad esempio, di privare i comuni di vigili urbani o dei presidi delle forze dell'ordine. Al riguardo, ritiene che al blocco del turnover debba potersi derogare nei casi di necessità, garantendo, ad esempio, l'attività di pronto soccorso. Osserva quindi come quell'atteggiamento schizofrenico al quale ha fatto in precedenza riferimento si evidenzi anche riguardo alla disciplina dell'obbligo per i comuni di svolgere in forma associata determinate funzioni. Considera inoltre un macroscopico errore il regime fiscale introdotto dall'articolo 41, che consente alle imprese residenti in uno Stato dell'Unione europea di chiedere all'Amministrazione finanziaria di applicare loro la normativa tributaria vigente in uno degli Stati membri dell'Unione. Osserva altresì come lo sciopero proclamato dal personale della carriera diplomatica denunci una più estesa sofferenza dei corpi scelti dello Stato, rilevando come, tra l'altro, in Italia il personale della carriera diplomatica risulti di numero nettamente inferiore a quello dei principali partner europei e gli interventi proposti, per quanto incisivi, non

Pag. 194

possano pertanto che determinare risparmi modesti. Rivolge quindi, conclusivamente, sei interrogativi al Ministro dell'economia e delle finanze ai quali si augura di avere risposta nella seduta di domani. In primo luogo chiede come sia possibile rispettare l'impegno assunto in sede europea di dimezzare il deficit se la manovra è di importo pari a soli 24 miliardi e non ai 40 che sarebbero necessari. Chiede inoltre se l'annunciata riforma fiscale, della quale chiede di precisare la tempistica, sarà indirizzata ad una diversa distribuzione del carico fiscale che favorisca i redditi bassi, favorendo in tal modo l'aumento della domanda ed incidendo positivamente sulla crescita. Si domanda altresì perché i proventi derivanti dalla lotta all'evasione fiscale non siano finalizzati a ridurre il carico fiscale delle fasce più deboli, promuovendo in tal modo la fedeltà fiscale e rispettando l'impegno elettorale a far pagare meno, ma a fare pagare tutti. Chiede quindi al Ministro di chiarire per quale ragione non sia stato previsto un contributo, eventualmente a termine, ai percettori di redditi superiori ai centomila euro annui, a partire dai Parlamentari, invece di limitarsi a pretenderlo dalla sola dirigenza pubblica, in forme peraltro discutibili sul piano costituzionale e del diritto civile. Desidererebbe poi sapere quali disposizioni della manovra risultino coerenti con gli obiettivi e i principi di meritocrazia, premialità e responsabilità ai quali il Governo ha più volte dichiarato di ispirare la propria azione. Chiede, conclusivamente, se la spinta verso un maggiore civismo, alla quale ogni legge dovrebbe tendere, sia rappresentata dalle disposizioni in materia di quote latte.

Amedeo CICCANTI (UdC) dà atto al relatore di aver riconosciuto come la crisi in atto non sia dovuta solo alle vicende greche e di aver ricordato come la stessa RUEF avesse evidenziato la necessità di mettere in sicurezza i conti pubblici poiché si stavano verificando scostamenti rispetto alle previsioni. Il relatore ha inoltre smentito la tesi secondo la quale la correzione ci viene in qualche modo imposta dall'Europa. Al riguardo, rileva come per l'Unione europea nell'anno 2010 sia ancora possibile effettuare interventi di stimolo dell'economia e, solo a partire dal 2011, occorra avviare un'azione di risanamento. Osserva quindi come il funzionamento degli stabilizzatori automatici sia entrato in crisi, a motivo delle minori entrate e delle maggiori spese dirette a finanziare gli interventi a sostegno del reddito. Ricorda quindi come altri Paesi abbiano adottato misure di stimolo della domanda ben più rilevanti di quelle attuate in Italia, a motivo della debolezza strutturale e dell'elevato debito pubblico che caratterizzano la nostra economia. Per tale ragione, in tutti i Paesi dell'Unione, ad eccezione della Bulgaria e della Lettonia, il disavanzo e il debito hanno fatto registrare incrementi maggiori rispetto a quelli intervenuti in Italia. Dopo aver ricordato le previsioni relative all'andamento del deficit, del debito e del pil per il prossimo triennio, osserva come queste si fondino essenzialmente sulle riforme introdotte con la legge n. 196 del 2009 in materia di finanza pubblica e con la legge n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale. Al riguardo, dichiara di nutrire dubbi circa l'idoneità del federalismo fiscale ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi, osservando come, fino a questo momento, siano state effettuate solo operazioni volte a ridurre i trasferimenti agli enti territoriali atti a pregiudicare l'esercizio delle funzioni amministrative di competenza di questi ultimi. Sottolinea, quindi, come attualmente alcuni livelli essenziali, quali quelli in materia di assistenza, non risultino garantiti. Rileva inoltre come l'Unione europea chieda ai Paesi membri di adottare riforme strutturali di vasta portata per promuovere la competitività e la crescita, e si chiede per quale ragione il provvedimento in esame non preveda alcuna riforma di tale natura. Osserva come non sia corretto limitarsi ad osservare come il deficit e il debito siano cresciuti in Paesi come la Francia e la Spagna in misura superiore a quanto è avvenuto in Italia, senza considerare come la situazione

Pag. 195

di partenza di tali Paesi fosse assai migliore di quella dell'Italia e senza valutare la natura degli interventi effettuati relativi, in molti casi, alla tutela dei depositi e alla capitalizzazione degli istituti di credito. Osserva inoltre come la manovra, di dimensioni significative, effettuata in Francia, abbia incrementato l'indebitamento, che tuttavia è destinato a ridursi a breve, in relazione all'incremento del pil che la stessa manovra ha determinato. Rileva quindi come il provvedimento in esame non sembri idoneo a perseguire l'obiettivo di dimezzare il deficit definito dall'Unione europea. A tal fine, infatti, la manovra dovrebbe avere un impatto pari a 40 miliardi di euro, superiore di 16 miliardi alle dimensioni di quella realmente posta in essere. Con riferimento alle misure relative al pubblico impiego, osserva come non possa considerarsi equa una riduzione delle retribuzioni più elevate che si applichi ai soli lavoratori pubblici, mentre una analoga riduzione non si applicherà ai redditi, di importo pari o superiore, degli imprenditori e dei lavoratori privati ed autonomi. Al riguardo, si chiede se non abbiano ragione quanti evidenziano che una tale scelta deriverebbe dalla volontà di colpire gli elettori del centrosinistra, che in buona parte sono dipendenti pubblici. Per quanto attiene, poi, alla riduzione dei trasferimenti agli enti territoriali disposta dal decreto-legge, osserva come essa appaia assolutamente iniqua, in quanto il contributo richiesto a regioni ed enti locali per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica non è proporzionale all'incidenza della spesa sostenuta da tali enti sul totale della spesa pubblica. Nel sottolineare come il taglio operato appaia ispirato ad un criterio non proporzionale, ma regressivo, in quanto colpisce più duramente gli enti che meno incidono sulla spesa pubblica complessiva, rileva come il contributo più elevato venga richiesto alle regioni, che concorrono per circa il 60 per cento all'apporto fornito dagli enti territoriali alla correzione dei conti pubblici. Rileva inoltre come i significativi tagli imposti ai trasferimenti agli enti territoriali mettano a rischio il raggiungimento degli obiettivi individuati dal Governo in sede di aggiornamento del patto di stabilità e crescita e rischino di colpire doppiamente i ceti meno abbienti, già interessati da altre misure del decreto-legge, in quanto determineranno necessariamente una contrazione della spesa sostenuta a livello locale per i servizi sociali. Con riferimento ad altre disposizioni del decreto-legge, ritiene che sarebbe opportuno acquisire un chiarimento dal Governo in ordine alle modalità applicative delle disposizioni dell'articolo 43 relative all'istituzione nel Mezzogiorno di zone a burocrazia zero, domandandosi in particolare come opererà il Commissario di Governo previsto da tale norma. Ritiene, inoltre, che il Governo dovrebbe chiarire quali siano gli interventi attraverso i quali intende porre rimedio agli squilibri strutturali della finanza pubblica. Per altre questioni, quali il finanziamento del comune di Roma e il rinvio dei pensionamenti, rinvia agli emendamenti presentati dal proprio gruppo. Nel sottolineare come manchino del tutto nel decreto-legge in esame misure volte a sostenere la competitività, ritiene che anche gli interventi relativi agli oneri burocratici avrebbero potuto essere assai più incisivi, rilevando come su questo tema, come su molte altre questioni evidenziate nel corso del suo intervento, sia mancata una sede parlamentare che garantisse una adeguata discussione di interventi essenziali volti a superare le conseguenze della grave crisi economica e finanziaria degli ultimi anni.

Cesare MARINI (PD), al di là degli aspetti tecnici connessi alla manovra, rileva talune incongruenze nella linea seguita dal Ministro Tremonti rispetto al tema della crisi economica, preannunciata da numerosi analisti internazionali. Osserva che il Governo italiano ha fatto propria l'impostazione tedesca, imperniata sulla riduzione del debito pubblico, senza tenere conto che tale linea si spiega in Germania alla luce della specifica esperienza storica e non è condivisa dall'attuale governo francese, più preoccupato

Pag. 196

dagli effetti della recessione. Il nostro Paese, oltre al problema del debito pubblico, presenta una prestazione mediocre nella bilancia commerciale e ha tra le più basse crescite in Europa. Se è vero che le piccole e medie imprese hanno davvero salvato l'Italia dal peggio, con il sostengo del sistema bancario italiano e dell'elevata tendenza al risparmio da parte delle famiglie, è anche vero che è aumentata la povertà e il divario tra Nord e Sud. L'attuale Governo ha inoltre inaugurato nel 2008 una politica di specifica riduzione della spesa pubblica nella scuola con una prima decurtazione di 2,5 miliardi di euro. Si è trattato di una decisione contraria alle indicazioni dell'OCSE e in controtendenza rispetto all'evoluzione in senso meritocratico delle nostre società europee.
Sottolinea che, se è giusto eliminare le spese improduttive e ridurre i costi dello Stato, non è altrettanto sensato limitare gli investimenti in conto capitale. Rilevando l'assenza di infrastrutture nel Sud utili a dare un senso all'apertura di un'area di libero scambio nel Mediterraneo, segnala che le delibere del CIPE hanno stanziato fondi che non sono mai stati spesi, determinando un ritardo di sviluppo che appare difficile recuperare in tempi brevi.
Osserva in generale che il 40 per cento della manovra consiste in maggiori entrate a carico degli enti locali, secondo una visione opposta a quella del federalismo. Ritiene che la riduzione delle risorse e i vincoli posti al loro utilizzo abbiano del tutto vanificato il principio dell'autonomia. Osserva inoltre che al Sud la riduzione della spesa pubblica corrente e della spesa sociale avrà un impatto deteriore rispetto al Nord, laddove è invece urgente ripristinare l'autorità dello Stato. Il Governo di centro-destra, al fine di onorare il consenso elettorale di cui gode al Sud, deve tenere conto che il maggiore indebitamento delle famiglie per consumi primari si registra in Calabria con il dato del 17 per cento. Nel Mezzogiorno vi è inoltre una crisi enorme dell'economia agricola che non trova referenti politici impegnati nella difesa degli interessi dei produttori. Sottolinea infine che la manovra è utile a scongiurare che il nostro Paese divenga terra di speculazione internazionale e che pertanto occorre preliminarmente affrontare la questione morale per conferire maggiore efficacia alla manovra e consolidare l'immagine internazionale del nostro Paese.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 19.20.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

Martedì 20 luglio 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 19.20.

Relazione concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali e ipotesi di definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, con l'indicazione delle possibili distribuzioni delle risorse.
Doc. XXVII, n. 22.

(Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del Regolamento e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame della relazione, rinviato nella seduta antimeridiana.

Paola DE MICHELI (PD) osserva che in prospettiva della prossima attuazione del federalismo fiscale, stanno cominciando a circolare le prime simulazioni sui conti degli enti locali, con particolare riferimento ai comuni, ricordando in particolare che, sulla base di quanto si apprende, dovrebbero essere concentrate in un'unica imposta tutti gli attuali tributi locali ed erariali che verranno trasferiti agli enti

Pag. 197

locali. Fa presente in proposito che l'associazione TrecentoSessanta ha istituito un tavolo di lavoro ristretto che ha messo a punto una serie di simulazioni sulla base di un campione di 24 capoluoghi di provincia e su talune regioni.
Osserva che a fronte della idea pure condivisibile che ha ispirato la legge n. 42 del 2009, di ridisegnare i rapporti tra i diversi livelli di governo, enfatizzando peraltro il principio di sussidiarietà e il ruolo del terzo settore, la relazione presentata dal Ministro Tremonti può essere considerata come uno dei documenti più statalisti mai visti negli ultimi anni. In proposito, si chiede come una certa parte della maggioranza possa condividere la contrazione della discrezionalità nella spesa degli enti locali. Rileva inoltre che sono presenti talune contraddizioni con il codice delle autonomie in corso di approvazione.
Richiamando il citato studio dell'associazione TrecentoSessanta, rileva come, rispetto ai primi due anni di applicazione della istituenda imposta globale a livello locale, emerga che vi sarà un aumento medio della pressione fiscale locale di circa il 18 per cento, con una punta massima a Potenza con oltre il 30 per cento e un minimo del 3,81 per cento per il comune di Roma. Tali aumenti saranno necessari al fine di coprire le attuali spese degli enti locali. Sottolinea inoltre che rimane un modello sostanzialmente basato sui numeri relativi agli attuali finanziamenti statali, pari, a seguito dei tagli predisposti con la manovra economica adottata con il decreto-legge n. 78 del 2010, a circa 12 miliardi di euro. Con l'attuazione del federalismo fiscale si assisterà, da un lato, al taglio dei trasferimenti erariali e, dall'altro, al trasferimento di una quota di imposizione in capo agli enti locali. Poiché lo Stato non potrà permettersi di perdere una quota di gettito superiore ai trasferimenti che verranno tagliati, essendo i fabbisogni degli enti locali relativi alle funzioni ad essi attribuite superiori a tale importo, gli enti stessi dovranno necessariamente aumentare la pressione fiscale. Chiede, se tali sono gli effetti relativi alla spesa corrente, quali saranno quelli derivanti dalla mancanza di interventi strutturali sul debito, esprimendo la preoccupazione di un trasferimento di tali problemi a carico degli enti locali, con la scusa dell'autonomia fiscale. Rileva in proposito che si tratta di problemi di difficile soluzione, in particolare con riferimento alla questione dell'invadenza di una pubblica amministrazione, diventata nemica delle imprese e dei cittadini ed ora anche degli enti locali. Sottolinea che l'atteggiamento del suo gruppo nei confronti del federalismo fiscale è stato sinora costruttivo, ma esprime forte preoccupazione rispetto al modello che si delinea nella relazione presentata dal Ministro Tremonti. Osserva che rimangono i problemi relativi alla mancanza di crescita e che le esportazioni sono ancora deboli verso mercati importanti come quelli asiatici, aggiungendo che la manovra economica avrà effetti ulteriormente depressivi, dei quali la maggioranza non può non avere consapevolezza. Ritiene che la contemporaneità tra l'adozione della manovra e l'accelerazione nell'emanazione dei decreti relativi al federalismo fiscale rappresenti un'occasione persa, poiché si potevano liberare risorse in favore dei territori. Ritiene che manchi una omogenea e coerente visione dello Stato e del sistema delle autonomie, mentre si poteva definire un nuovo patto di merito con i territori. Rileva che le imprese sono state lasciate da sole e i lavoratori diventano gli unici pagatori netti dei costi della crisi.

Maino MARCHI (PD) nell'esprimere condivisione per le osservazioni svolte dall'onorevole De Micheli, stigmatizza l'assenza di deputati di gruppi di maggioranza e in particolare del relatore, onorevole Corsaro. Ritiene non condivisibili le motivazioni alla base dei tagli alle regioni e agli enti locali previsti dalla manovra, anche rispetto al processo di attuazione del federalismo fiscale delineato nella relazione del Ministro Tremonti. Non condivide inoltre l'analisi ivi svolta in relazione alle leggi Bassanini. In proposito, rileva che, in quel momento storico, non vi

Pag. 198

era altra possibilità per trasferire funzioni verso le regioni e gli enti locali. Ritiene che occorrerebbe verificare i risultati conseguiti sulla base di quegli interventi normativi, ricordando, a titolo di esempio, che, a seguito del trasferimento delle competenze sulle strade alle province, a parità di stanziamenti, si è registrato un netto miglioramento della qualità della manutenzione e degli investimenti sulle strade medesime. Ricorda che le leggi Bassanini hanno rappresentato uno strumento propedeutico alla adozione della riforma costituzionale del Titolo V del 2001, sottolineando come sia singolare che, a distanza di quasi dieci anni, si discuta ancora dell'attuazione del nuovo articolo 119 della Costituzione. In proposito, osserva che si sono persi cinque anni pensando di cambiare il Titolo V della parte seconda della Costituzione, introducendo la cosiddetta devolution. Osserva che, nella manovra finanziaria, si afferma che non si terrà conto del taglio lineare operato sui trasferimenti agli enti locali in sede di definizione delle risorse per l'attuazione del federalismo fiscale. Chiede pertanto di sapere come si intenda operare, atteso che la manovra non presenta un carattere annuale, ma almeno triennale e quindi, se vi sarà la corrispondenza tra l'importo dei trasferimenti erariali e il relativo trasferimento di imposte in favore degli enti locali, sulla base degli importi attuali, si renderanno permanenti gli effetti della manovra. Con riferimento alla istituenda service tax, esprime le sue perplessità in ordine all'ipotesi di inglobare nella medesima, oltre ai tributi relativi agli immobili, anche tasse di diversa tipologia come quella sui rifiuti solidi urbani. In proposito sottolinea che tale ultima tassa è costruita e modulata al fine di disincentivare la produzione di rifiuti da parte dei contribuenti.
Ricorda che nella relazione si fa riferimento all'inventario di fine mandato per le regioni, osservando che, in mancanza di controllo da parte di un organismo terzo, tale strumento non potrà offrire l'atteso grado di attendibilità, atteso che dovrà comunque essere adottato da una maggioranza politica.
Con riferimento alla questione della definizione dei fabbisogni standard, ricorda che, nella relazione si afferma che non vi sarà alcun incremento in considerazione dell'invarianza delle funzioni. Osserva in proposito che si pone innanzitutto un problema di coordinamento rispetto alle eventuali nuove funzioni che verranno assegnate a regioni e ad enti locali a seguito dell'entrata in vigore della carta delle autonomie, rilevando inoltre che la questione dei fabbisogni si presenta in maniera dinamica a differenza di quella dei costi standard, non potendosi considerare il dato odierno come quello definitivo, in considerazione, da un lato, dell'aumento dei servizi che si intende offrire ai cittadini e, dall'altro, di eventuali variazioni demografiche.

Massimo VANNUCCI (PD) annuncia che, insieme ai colleghi Duilio e Capodicasa, avrebbe voluto svolgere un intervento sulla relazione, ma in considerazione dell'assenza della maggioranza ed in particolare del relatore, onorevole Corsaro, ritiene che ciò non sia utile. Nel confermare l'interesse del proprio gruppo a partecipare alla discussione, sottolinea l'importanza di definire che tipo di strumento si possa adottare, nonché di conoscere le posizioni della maggioranza. In proposito ritiene che il relatore dovrebbe farsi carico di predisporre una bozza di risoluzione da sottoporre all'attenzione anche della opposizione. Ritiene che l'atteggiamento sin qui tenuto dalla maggioranza e dal relatore non sia corretto.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nel rinviare il seguito dell'esame della relazione ad altra seduta, comunica che riferirà al relatore le considerazione svolte dall'onorevole Vannucci anche al fine di sollecitare la presentazione di una relazione.

La seduta termina alle 19.50.