CAMERA DEI DEPUTATI
Venerdì 18 giugno 2010
340.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Venerdì 18 giugno 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA. - Interviene il ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi.

La seduta comincia alle 9.40.

DL 64/10: Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali.
C. 3552 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del disegno di legge in oggetto.

Emerenzio BARBIERI (PdL), relatore, ricorda che il disegno di legge in esame dispone la conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali, pubblicato il 30 aprile 2010 in Gazzetta Ufficiale; scadrà pertanto martedì 29 giugno 2010. Il decreto-legge consta di 9 articoli volti a disciplinare il riassetto del settore delle fondazioni lirico-sinfoniche, i contributi allo spettacolo dal vivo, l'età pensionabile dei danzatori, il registro pubblico speciale per le opere cinematografiche e audiovisive, l'Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori - nuovo IMAIE -, altre disposizioni sui lavoratori extracomunitari nel settore dello spettacolo e sui cosiddetti servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura. Come è stato ricordato dal ministro Bondi nell'audizione di ieri, invece, il Governo ha dato seguito alla richiesta di molti rappresentanti della Commissione cultura, ritirando l'originario articolo 5, relativo a Cinecittà Luce SpA, che risulta quindi soppresso. Osserva che, com'è noto, il testo del decreto-legge, è stato modificato nel corso dell'esame al Senato. Si limiterà, pertanto, ad indicare gli aspetti principali delle materie e delle modifiche introdotte, anche per non togliere spazio agli interventi dei colleghi, riservandomi in ogni caso di intervenire ancora nel corso dell'esame del provvedimento.
L'articolo 1 reca disposizioni per un riordino sistematico del settore lirico-sinfonico. La revisione dell'attuale assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche è demandata a regolamenti da adottarsi su proposta del ministro per i beni e le attività culturali (MiBac) nel rispetto di una serie di criteri coerenti, come puntualmente evidenziato dal ministro Bondi nell'audizione svolta nella seduta di ieri, con i princìpi di tutela e valorizzazione professionale dei lavoratori, efficienza, corretta gestione, economicità,

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imprenditorialità e sinergia tra le fondazioni, tenendo conto dell'importanza storica e culturale, desunta dalla sua specificità storica e dalla sua collocazione nella tradizione operistica italiana. I regolamenti dovranno essere emanati dal Governo entro il termine di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, tenendo conto dei pareri della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari, che dovranno essere espressi entro il termine di 60 giorni dalla ricezione. Sottolinea che i termini indicati sono stati aumentati nel corso dell'esame al Senato, rispettivamente, dal termine inizialmente fissato in dodici mesi, nel primo caso, e in quello di trenta giorni, nel secondo, a dimostrazione della giusta considerazione del ruolo del Parlamento nel processo di riforma delineato dall'Esecutivo. Tra i criteri direttivi si prevede, tra gli altri, la previsione di parametri atti a stabilire tetti massimi di spesa per i cachet e loro equiparazione alla media europea; la previsione di specifici strumenti di raccordo dell'operato delle Fondazioni, al fine di realizzare la più ampia sinergia operativa possibile; la rideterminazione dei criteri di ripartizione del contributo statale, salvaguardando in ogni caso la specificità della fondazione nella storia della cultura operistica italiana e tenendo conto altresì degli interventi strutturali effettuati a carico della finanza pubblica nei dieci anni antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto; la destinazione di una quota crescente del medesimo contributo in base alla qualità della produzione; l'ottimizzazione delle risorse attraverso l'individuazione di criteri e modalità di collaborazioni nelle produzioni; l'incentivazione di un'adeguata contribuzione da parte degli enti locali; la possibilità di riconoscere forme organizzative speciali per le fondazioni liriche che rivestano peculiarità nel rispetto di determinati parametri sia qualitativi che quantitativi, con una specificità riguardante lo statuto dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia in relazione alla presenza del presidente-sovrintendente e della componente del corpo accademico, eletti direttamente dall'assemblea degli accademici. Aggiunge che ulteriori criteri direttivi sono stati introdotti poi, nel corso dell'esame al Senato, con il nuovo comma 1-bis, al quale rinvia, segnalando per ora soltanto in questa sede che il testo formulato inizialmente dalla Commissione cultura del Senato è stato modificato nel corso dell'esame in Assemblea, nel senso di ridurre l'esposizione finanziaria a carico dello Stato, tenendo così conto del parere contrario della Commissione bilancio. Si prevede quindi il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati all'attività delle fondazioni, quali regioni, comuni, organizzazioni sindacali e naturalmente soprintendenti delle fondazioni, con la costituzione altresì di un tavolo di confronto tra le diverse fondazioni e i rappresentanti sindacali; l'individuazione di interventi anche di natura normativa per favorire una maggiore stabilità del settore con strumenti di finanziamento anche pluriennale; la valorizzazione del sistema dei grandi teatri d'opera, previsti dalla legge n. 800 del 1967; il mantenimento della capacità di produzione culturale sul territorio, principio emerso anche nella legge-quadro sullo spettacolo dal vivo, in corso di esame in Commissione; la valorizzazione delle finalità e del carattere sociale delle fondazioni lirico-sinfoniche e il loro ruolo educativo verso i giovani: anche in questo caso un principio assolutamente condivisibile e che il relatore ricorda di aver personalmente difeso nella già citata legge-quadro sullo spettacolo dal vivo.
Il successivo articolo 2, anch'esso modificato nel corso dell'esame al Senato, disciplina quindi il procedimento di contrattazione collettiva nel settore delle fondazioni lirico-sinfoniche. Si prevede, in questo senso, che il contratto collettivo nazionale di lavoro delle fondazioni lirico-sinfoniche sia sottoscritto tra una delegazione datoriale - individuata con decreto del MiBAC in sede di prima applicazione, e da una delegazione rappresentativa individuata dalle Fondazioni lirico-sinfoniche, per la disciplina a regime -, che si avvale della collaborazione dell'Agenzia

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per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni - ARAN -, e delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori dipendenti dalle fondazioni medesime. L'accordo sottoscritto è quindi sottoposto al controllo della Corte dei conti. L'articolo 3, anch'esso modificato dall'altro ramo del Parlamento, al comma 1, attribuisce carattere di esclusività al rapporto di lavoro del personale delle fondazioni lirico-sinfoniche, che può svolgere attività di lavoro autonomo solo nei limiti e con le modalità previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro e secondo i criteri determinati in sede di contratto aziendale, previa autorizzazione del sovrintendente. Si stabilisce che nelle more della sottoscrizione del contratto collettivo nazionale di lavoro, sono vietate tutte le prestazioni di lavoro autonomo a decorrere dal 1° gennaio 2011, pur restando ferme alcune disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione e quelle della legge n. 498 del 1992. Ricorda, peraltro, che il successivo comma 2 dell'articolo in commento è rimasto invariato nel corso dell'esame al Senato: si prevede espressamente, per i corpi artistici - ferma restando la facoltà di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 367 del 1996, di costituirsi in forma organizzativa autonoma, ove ciò non pregiudichi il regolare svolgimento dell'attività della fondazione - che il mancato adempimento dell'impegno di cui alla lettera c) del comma 2 del citato articolo 23 - ovvero il mancato riconoscimento alla fondazione di vantaggi economici, previamente concordati, in termini di cessione totale o parziale di diritti radiofonici o televisivi, o di partecipazione ai proventi dell'attività, anche in considerazione della utilizzazione del nome della fondazione - costituisce oggetto di specifica obbligazione con effetti di clausola risolutiva espressa ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, ove sia riportato nell'atto di convenzione appositamente stipulato con la fondazione. Il comma 3 dell'articolo in commento novella invece l'articolo 3-ter, comma 5, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 718, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, recante interventi urgenti in materia di università e beni culturali e altri settori, prevedendo che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro, le clausole e gli istituti dei contratti integrativi aziendali stipulati in contrasto con i princìpi di cui ai commi 2 e 4 del citato articolo 3-ter e con il medesimo contratto collettivo nazionale non possono essere applicati e devono essere ricontrattati tra le parti. Al successivo comma 3-bis, si stabilisce peraltro che, secondo la formulazione introdotta al Senato, conseguentemente i contratti integrativi aziendali in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge potranno essere rinnovati solo successivamente alla stipulazione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro. Con le modifiche apportate dal Senato, il successivo comma 4, prevede ora che, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame e fino alla stipulazione del nuovo contratto nazionale di lavoro e dei successivi contratti integrativi, il trattamento economico aggiuntivo, derivante dalla contrattazione integrativa aziendale, sia ridotto del 25 per cento. Rileva, quindi, che non è stata accolta dall'Assemblea del Senato l'originaria previsione di una riduzione al 5 per cento come inizialmente previsto dalla Commissione cultura di quel ramo del Parlamento con l'emendamento 3.47, sul quale peraltro la Commissione bilancio aveva espresso parere contrario. Il comma 5 dell'articolo in commento, dopo le modifiche apportate al testo originario, vieta quindi alle fondazioni lirico-sinfoniche, fino al 31 dicembre 2011, di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, nonché di indire procedure concorsuali per tale scopo, pur consentendo l'assunzione a tempo indeterminato per quelle professionalità artistiche necessarie per la copertura di ruoli di primaria importanza indispensabili per l'attività produttiva, previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali. Dall'anno 2012, peraltro, le assunzioni a tempo indeterminato saranno contenute nel limite massimo

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del turn over del personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell'anno precedente, ferme restando le compatibilità di bilancio di ogni fondazione, al fine di ridurre i costi per l'assunzione di personale a tempo indeterminato. In ogni caso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, le assunzioni a tempo determinato, a copertura dei posti vacanti in organico, con esclusione delle prestazioni occasionali d'opera professionale dei lavoratori così detti «aggiunti», non possono superare il 15 per cento dell'organico approvato. È stata respinta, quindi, dal Senato la proposta di elevare la percentuale al 30 per cento, senza alcuna eccezione, compresa quella inizialmente prevista per il personale addetto alle manifestazioni estive nell'Arena di Verona. In ogni caso, è data alle fondazioni lirico-sinfoniche la possibilità di avvalersi, compatibilmente con i vincoli di bilancio, delle tipologie contrattuali e delle forme di organizzazione del lavoro disciplinate dal decreto legislativo n. 276 del 2003, recante attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro.
Ricorda, inoltre, che il nuovo comma 5-bis, anch'esso inserito nel corso dell'esame al Senato, prevede un meccanismo di sviluppo occupazionale per le fondazioni lirico-sinfoniche che abbiano conseguito il pareggio di bilancio nei tre esercizi precedenti l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto e che presentino un rapporto percentuale tra i ricavi dalle vendite e prestazioni e l'ammontare del contributo statale non inferiore al 40 per cento nell'ultimo bilancio approvato. Ad esse è riconosciuta la possibilità di effettuare assunzioni a tempo indeterminato nei limiti della pianta organica approvata, assumendo personale a tempo determinato, con esclusione delle prestazioni occasionali d'opera professionale dei lavoratori così detti «aggiunti», nei limiti del 15 per cento dell'organico approvato. Il successivo comma 6, non modificato dal Senato, con una norma avente carattere interpretativo conferma quindi l'applicazione alle fondazioni delle disposizioni di cui alla legge n. 426 del 1977 che vietano i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Si prevede inoltre che ai dipendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche si applicano, per le missioni all'estero, le disposizioni in materia di trattamento economico di missione e trasferimento, vigenti per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Il successivo comma 7 disciplina quindi l'età pensionabile dei lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie dei tersicorei e dei ballerini, novellando l'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 182 del 1997. In questo senso, per i lavoratori indicati, sia uomini che donne, l'età pensionabile è fissata al compimento del quarantacinquesimo anno di età anagrafica, con l'impiego, per i lavoratori cui si applica integralmente il sistema contributivo o misto, del coefficiente di trasformazione di cui all'articolo 1, comma 6, della legge n. 335 del 1995, relativo all'età superiore, invece che inferiore, come previsto inizialmente nel testo originario del decreto-legge. Il Senato ha previsto, quindi, che per i due anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, ai lavoratori indicati, assunti a tempo indeterminato, che hanno raggiunto o superato l'età pensionabile, è data facoltà di esercitare opzione per restare in servizio, rinnovabile annualmente; tale opzione deve essere esercitata attraverso formale istanza da presentare all'ENPALS entro due mesi dalla data di entrata in vigore della norma, o almeno tre mesi prima del perfezionamento del diritto alla pensione, fermo restando il limite massimo di pensionamento di vecchiaia, di quarantasette anni per le donne e di cinquantadue per gli uomini. Evidenzia che anche in questo caso si tratta di norme sulle quali si è soffermato puntualmente il ministro nella sua audizione di ieri, alla quale quindi rinvio. Il comma 8 dell'articolo in commento, modificato al Senato, reca quindi la copertura finanziaria del comma precedente: a decorrere dal 2010, ad essa si provvede con una riduzione

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dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 163 del 1985 sul Fondo unico per lo spettacolo - FUS. Si stabilisce, inoltre, che l'ENPALS provvederà al monitoraggio degli oneri di cui al comma 7, riferendone al ministro del lavoro e delle politiche sociali, a quello per i beni e le attività culturali e a quello dell'economia e delle finanze. In caso di scostamenti rispetto alle previsioni di spesa comportanti maggiori oneri, si provvederà attraverso la riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte nell'ambito delle spese rimodulabili del programma «Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo» della missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali. Precisa che l'originaria copertura finanziaria, pari a 1.700.000 euro è stata elevata nel corso dell'esame al Senato a 2 milioni di euro. Il successivo comma 8-bis dell'articolo in esame è stato invece inserito ex novo al Senato. Si prevede che, esclusivamente nei limiti delle risorse assegnate alla Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari per le proprie attività e senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, la medesima Fondazione, in deroga alle disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo in commento, può effettuare assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato e indeterminato, selezionato esclusivamente a seguito dello svolgimento di procedure ad evidenza pubblica, nei limiti della pianta organica approvata, preventivamente autorizzate dal Ministero per i beni e le attività culturali.
Passa quindi all'articolo 4, per sottolineare che esso è stato radicalmente modificato rispetto al testo originario approvato dalla Commissione cultura del Senato, tenendo conto delle indicazioni espresse in via informale dai rappresentanti della maggioranza di questa Commissione e, in particolare, da me, dalla Presidente Aprea e dal Sottosegretario Giro. Il Governo e il Senato hanno inteso, così, fare salva la legge-quadro in materia di spettacolo dal vivo in corso di approvazione da parte della Commissione. Il nuovo articolo 4 del decreto-legge, quindi, prevede ora soltanto che, per i contributi ancora da erogare, dal 2010 il Ministero potrà procedere alla liquidazione anticipata fino all'80 per cento dell'ultimo contributo assegnato. La relazione illustrativa chiarisce che l'obiettivo perseguito è quello di razionalizzare l'intero sistema di finanziamento statale destinato agli organismi dello spettacolo dal vivo, tenendo conto, a differenza di quanto accade oggi, dell'attività effettivamente consuntivata. La previsione della norma intende così sollevare l'Amministrazione dal compito di assegnare le risorse che siano deliberate solo su preventivo, spesso successivamente ridotte o revocate all'atto della verifica dell'effettiva attività prodotta.
Come detto, rileva che l'originario articolo 5 che ridefiniva le funzioni e i compiti del gruppo Cinecittà Luce SpA, è stato soppresso al Senato, per cui non si sofferma su di esso. Il successivo articolo 6, al comma 1, del decreto è stato invece modificato nel corso dell'esame al Senato. Si dispone, in questo senso, che il registro pubblico speciale per le opere cinematografiche di cui all'articolo 103 della legge n. 633 del 1941 comprende anche le opere audiovisive, in quanto la normativa europea sul diritto d'autore reca regole comuni per l'opera cinematografica e per l'opera audiovisiva. Data l'estensione del registro pubblico speciale al campo delle opere audiovisive, il comma 1 del decreto-legge in esame - sempre in forma di novella all'articolo 103, secondo comma, della legge n. 633 del 1941 - prevede una revisione delle caratteristiche del registro e delle modalità di registrazione. Il Senato ha previsto ora la revisione delle tariffe relative alla tenuta del registro nonché la tipologia e i requisiti formali degli atti soggetti a trascrizione, da attuarsi entro sei mesi, sulla base della disciplina definita da un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta del ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il ministro dello sviluppo economico. Il successivo comma 2 dell'articolo in commento,

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anch'esso modificato al Senato, abroga invece l'articolo 23 del decreto legislativo n. 28 del 2004 recante disciplina delle attività cinematografiche ed altre disposizioni incompatibili con quelle recate dall'articolo in esame. Ricorda, in particolare, che l'articolo abrogato stabiliva che i film riconosciuti di nazionalità italiana e quelli equiparati, fossero iscritti nel pubblico registro per la cinematografia istituito nel 1994, con decreto-legge n. 26 del 1994, ai fini dell'ammissione ai benefici del medesimo decreto n. 28. Si mantiene, peraltro, in vigore il sistema previgente, di cui agli articoli 12, 13 e 14 del Regio decreto-legge n. 1061 del 1938, recante «Provvedimenti a favore dell'industria cinematografica nazionale», fino all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1. Segnalo che il Regio decreto-legge n. 1061, già abrogato dall'articolo 2 e dall'allegato 1 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, viene recuperato con l'inserimento della sua previsione nel cosiddetto decreto «salva-leggi». Il Senato ha, infatti, inserito un nuovo comma 2-bis all'articolo in commento, in base al quale all'allegato 2 al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, dopo il numero 446 è inserito il seguente: «446-bis. Regio decreto-legge n. 1061 del 16 giugno 1938 provvedimenti a favore dell'industria cinematografica nazionale Beni e attività culturali Artt. 12, 13, 14». Il comma 3 della norma in commento esclude, infine, che dal medesimo articolo derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La relazione tecnica chiarisce che la gestione del registro è affidata alla SIAE che destina allo scopo le tariffe che gli utenti corrispondono per avvalersi dei relativi servizi.
L'articolo 7, modificato nel corso dell'esame al Senato, disciplina quindi il nuovo Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori - IMAIE -, già ampiamente illustrato dal ministro Bondi nella audizione di ieri. Ricorda solo che l'IMAIE, istituito dall'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 93, è, ai sensi del comma 1 dell'articolo in commento, un'associazione avente personalità giuridica di diritto privato, disciplinato, oltre che dalla disposizione in commento, anche dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del codice medesimo. L'Istituto è stato costituito al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla legge n. 93 del 1992 e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali a seguito della messa in liquidazione dell'IMAIE precedentemente istituito. Lo statuto del cosiddetto nuovo IMAIE riconosce, inoltre, ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali un ruolo consultivo. Aggiungo che l'attività del nuovo Istituto mutualistico è soggetta alla vigilanza congiunta della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria, del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. I predetti soggetti ne approvano lo statuto ed ogni successiva modificazione, il regolamento elettorale e di attuazione dell'articolo 7 della legge n. 93 del 1992 e ne riordinano con proprio decreto l'intera materia del diritto connesso, in particolare per assicurare che l'assetto organizzativo sia tale da garantire efficaci forme di tutela dei diritti degli artisti interpreti esecutori e per definire le sanzioni da applicare nel caso di mancato versamento all'Istituto medesimo dei compensi spettanti agli artisti; nonché nel caso di mancata trasmissione all'IMAIE della documentazione necessaria all'identificazione degli aventi diritto. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nomina il presidente del collegio dei revisori, mentre il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero dell'economia e delle finanze nominano, ciascuno, un componente del collegio dei revisori. Il successivo comma 2 stabilisce quindi che, a partire dal 14 luglio 2009, si considerano trasferiti al nuovo IMAIE tutti i compiti e le funzioni attribuiti all'IMAIE in liquidazione. Secondo la disposizione in questione, in particolare, si prevede il trasferimento al nuovo IMAIE del compito di provvedere all'incasso e alla relativa ripartizione tra gli artisti interpreti esecutori aventi diritto dei compensi indicati negli articoli 71-septies, 71-octies, 73, 73-bis, 80, 84 e 180-bis

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della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di protezione del diritto d'autore, e degli articoli 5 e 7 della citata legge n. 93 del 1992. Il nuovo IMAIE procede, quindi, alla determinazione di compensi spettanti agli artisti, interpreti ed esecutori, conformemente a quanto stabilito dallo statuto e dai regolamenti attuativi dell'Istituto, sulla base della disciplina di cui all'articolo 82 della citata legge n. 633 del 1941 per ciò che concerne l'attribuzione della qualifica di artista interprete esecutore. Il personale dell'Istituto mutualistico in liquidazione viene trasferito quindi, dalla data della relativa costituzione, al nuovo IMAIE. Inoltre, al termine della procedura di liquidazione sono trasferiti anche l'eventuale residuo attivo e i crediti maturati, secondo le disposizioni di cui all'articolo 2112 del codice civile in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori, in caso di trasferimento d'azienda. Il comma 3 dell'articolo in commento, infine, prevede che l'IMAIE procede alla pubblicazione nel proprio sito internet dell'elenco degli aventi diritto ai compensi. Tale pubblicazione è visibile per 1095 giorni consecutivi - tre anni - ed è distinta, per ogni trimestre, dall'indicazione, per ciascun avente diritto, del periodo cui si riferisce il compenso e del produttore di fonogrammi che lo ha versato. Osserva che, mediante la predetta tipologia di divulgazione, si considerano così adempiuti da parte del nuovo IMAIE gli obblighi previsti dall'articolo 5, comma 3, della legge n. 93 del 1992, ai sensi del quale entro il primo mese di ciascun trimestre l'IMAIE deve comunicare agli aventi diritto l'ammontare dei compensi maturati nel trimestre precedente pubblicando, altresì, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, l'elenco dei nominativi degli aventi diritto. Il successivo comma 3-bis, anch'esso aggiunto nel corso dell'esame al Senato, prevede quindi che i dati idonei ad attestare l'identità e la residenza degli artisti interpreti esecutori aventi diritto debbano essere trasmessi al nuovo IMAIE entro 30 giorni dalla data di distribuzione o utilizzazione dell'opera.
Ricorda altresì che, sulla base delle intese raggiunte con il Governo e i rappresentanti dei gruppi di maggioranza in Commissione, è stato ritirato l'articolo aggiuntivo 7.0.5, inizialmente introdotto dalla Commissione cultura del Senato. Tale norma recava disposizioni in materia di uscita temporanea di cose e beni culturali, novellando l'articolo 67, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto Urbani n. 42 del 2004. È stato mantenuto invece dal Senato il nuovo articolo 7-bis approvato dalla Commissione cultura di quel ramo del Parlamento, che il 17 marzo 2011 istituisce la festa nazionale per la ricorrenza del 150o anniversario della proclamazione dell'Unità d'Italia. Si prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, avvalendosi dell'Unità tecnica di missione di cui all'articolo 14 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 2009, n. 3772, sostiene le iniziative culturali compatibili con il programma delle manifestazioni direttamente connesse alla ricorrenza della festa nazionale, sulla base degli indirizzi del Comitato dei Ministri «150 anni dell'Unità d'Italia» e sentito il Comitato dei Garanti. Le procedure amministrative per il compimento delle citate attività sono disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Sarebbe opportuno che il ministro confermasse al riguardo, come peraltro già evidenziato al Senato, che la celebrazione si riferisce solo al prossimo 17 marzo 2011, e non alle date successive.
In conclusione, ricorda che l'articolo 8 reca abrogazioni e modificazioni di norme: il comma 1, modificato dal Senato, abroga la legge 14 agosto 1967 n. 800, che ha dichiarato il «rilevante interesse generale» dell'attività lirica e concertistica e ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico, sottoponendoli alla vigilanza dell'autorità di Governo competente. Sono fatti salvi esclusivamente gli articoli 1, 6, terzo comma, 7, 23, 27, 28, 32, 35, 36, 39, 42, 43 e 45, ai quali si rinvia, che non sono toccati dalla riforma introdotta nell'ordinamento

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dal decreto-legge in esame. Il successivo comma 2 del medesimo articolo 8 modifica quindi l'articolo 27 del testo unico sull'immigrazione, il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che disciplina l'ingresso in Italia per motivi di lavoro, in casi particolari. Il comma 2 riguarda in specie le autorizzazioni richieste a lavoratori extracomunitari per la produzione e realizzazione di spettacoli; a tal fine, i lavoratori possono essere assunti, derogando a talune disposizioni del testo unico, previa autorizzazione rilasciata dall'ufficio speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo o da sue sezioni periferiche. Con la modifica indicata, si abroga in particolare la previsione del parere del Dipartimento dello spettacolo per il rilascio della suddetta autorizzazione; secondo la formulazione previgente, infatti, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con le Autorità di Governo competenti in materia di turismo e in materia di spettacolo, determinava le procedure e le modalità per il rilascio dell'autorizzazione. Con la modifica introdotta dal decreto-legge si esclude quindi dal novero di questi soggetti l'Autorità competente per lo spettacolo. Il comma 3, lettera a) dell'articolo 8, reca quindi l'abrogazione di due commi dell'articolo 1 della legge 22 luglio 1977, n. 426, relativi a modalità di finanziamento di determinate manifestazioni a favore dei teatri di tradizione e delle istituzioni concertistico-orchestrali di cui all'articolo 28 della legge n. 800 del 1967; oppure a favore di assegnatari che abbiano beneficiato, per almeno tre anni, di sovvenzioni statali. Tale modalità, oggetto dell'abrogazione, consiste nell'anticipazione dell'80 per cento della sovvenzione all'atto della concessione dei contributi medesimi con successiva erogazione del residuo a manifestazioni ultimate. La successiva lettera b), oltre ad un adeguamento di carattere formale conseguente all'abrogazione di cui alla precedente lettera a), abroga lo stesso tipo di modalità di erogazione con anticipo dell'80 per cento per le sovvenzioni di cui all'articolo 2 della legge 6 marzo 1980, n. 54, recante interventi a sostegno delle attività musicali. La successiva lettera c), poi, prevede l'abrogazione del comma terzo dell'articolo 2 della legge 17 febbraio 1982, n. 43, anch'essa riguardante la modalità di erogazione di contributi per spettacoli, con l'identica modalità dell'anticipazione dell'80 per cento della quota per le sovvenzioni ivi disciplinate; la lettera d) abroga invece il comma 392 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2008, che disponeva, per le fondazioni lirico-sinfoniche, il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato negli anni 2008, 2009 e 2010, mentre la successiva lettera e) dispone l'abrogazione dell'articolo 14 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159. Ricorda che quest'ultimo articolo disponeva che l'affidamento dei servizi aggiuntivi negli istituti e luoghi di cultura - servizio editoriale, accoglienza, caffetteria, ristorazione, guardaroba, e così via - poteva avvenire in forma integrata sia in relazione alle varie tipologie di servizi sia ai diversi istituti e luoghi di cultura. Con l'abrogazione della norma, questa previsione viene superata allo scopo di rendere un servizio migliore agli utenti degli istituti e dei luoghi di cultura, più efficienti e adeguati, come avrà modo di confermare più compiutamente il ministro Bondi. Rileva che la lettera e-bis) del comma in esame è stata, invece, inserita nel corso dell'esame al Senato. Con essa si abroga il comma 3 dell'articolo 4 della legge n. 93 del 1992, ai sensi del quale il ministro del turismo e dello spettacolo nomina il presidente del collegio dei revisori dell'IMAIE e il ministro del lavoro e della previdenza sociale nomina un membro del medesimo collegio dei revisori, come ho già ricordato. La sua abrogazione è, quindi, conseguente alla previsione di cui al comma 1 dell'articolo 7 del decreto, in base al quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nomina il presidente del collegio dei revisori, mentre i due componenti del collegio dei revisori sono nominati rispettivamente dal Ministero per i beni e le attività culturali e dal Ministero dell'economia e delle finanze. La lettera e-ter) abroga, infine, il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del

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decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, recante disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato. Si supera così la previsione secondo la quale gli immobili eventualmente compresi nelle donazioni, eredità e legati destinati alla fondazione, devono essere venduti entro due anni dall'acquisto, salvo siano direttamente destinati all'esercizio dell'attività della fondazione. L'articolo 9 fissa, infine, l'entrata in vigore del decreto-legge, al giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Conclude, quindi, esprimendo ancora una volta al ministro Bondi il senso del più vivo apprezzamento per il lavoro svolto in queste settimane al Senato. Rileva peraltro che, se un appunto si può muovere, è solo quello di non aver creduto fino in fondo alla capacità di questa Commissione di saper assecondare le istanze riformatrici introdotte con il decreto in esame, indulgendo fin troppo nei tempi di esame al Senato. Osserva che, come ha già preannunciato il ministro nella seduta di ieri, è sicuro che la stessa disponibilità sarà manifestata alla Commissione cultura dal Governo sin dalle prossime settimane, allorquando si potrà varare la seconda faccia della medaglia della riforma complessiva del settore, approvando definitivamente in Commissione la legge-quadro sullo spettacolo dal vivo. Rileva, al riguardo, che sarà in quella sede che eventuali, ulteriori interventi migliorativi di questa disciplina potranno trovare il giusto riconoscimento.

Pierfelice ZAZZERA (IdV), ringraziando preliminarmente il relatore e il ministro, al quale riconosce il merito di seguire personalmente l'esame del decreto in Commissione, ricorda innanzitutto la necessità che su un terreno come quello culturale si lavori in modo condiviso, dato che la cultura, come ha ricordato anche il ministro Bondi, non è né di destra né di sinistra. Sottolinea al riguardo che lavorare in modo condiviso sul piano della politica culturale è importante al fine di preservare l'unità nazionale e che proprio il provvedimento in esame è stata un'occasione persa al fine di applicare in concreto tale principio. Rileva inoltre che la politica dell'offerta culturale dovrebbe privilegiare maggiormente l'intervento privato nella cultura, ma che il provvedimento in esame lascia invece ancora troppo spazio all'intervento dello Stato. Passando al merito del provvedimento, ritiene innanzitutto che la scelta di intervenire con un decreto-legge è sbagliata proprio nell'ottica di affrontare in modo condiviso i temi della cultura: infatti i tempi per l'esame del provvedimento sono troppo stretti e non è possibile quindi evidenziare né gli aspetti positivi né quelli negativi. Rileva in particolare che si è dedicato lo stesso tempo all'esame della sicurezza stradale e al provvedimento in esame e che ciò è sicuramente negativo: il provvedimento avrebbe potuto essere infatti un'opportunità non solo per il mondo culturale ma anche per le istituzioni e il Parlamento in particolare. Auspica in ogni caso che il provvedimento sia ancora modificabile, al fine di renderlo condiviso da tutti. Rileva che sicuramente la riforma dell'offerta culturale comprende anche quella delle fondazioni lirico-sinfoniche che è opportuno riformare, sottolineando peraltro che tale ultima riforma dovrebbe essere accompagnata da una visione più ampia. Evidenzia inoltre che solo i primi due articoli del provvedimento sono condivisibili, mentre gli altri articoli tendono esclusivamente a tagliare spese e costituiscono quindi degli interventi tipici da manovra finanziaria, sganciati da una visione complessiva culturale. Ancora una volta si conferma l'impostazione della politica del Governo che colloca i temi politici in una posizione subalterna rispetto alle esigenze dell'economia.
Rileva altresì che il provvedimento è di natura eccessivamente lavoristica, in quanto attraverso il blocco delle assunzioni e la decurtazione dei compensi derivanti dalla contrattazione integrativa, si cerca di recuperare le risorse necessarie per risolvere i problemi. Stigmatizza inoltre il rinvio agli atti del Governo per quanto riguarda le riforme da effettuare,

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sottolineando che nonostante sia previsto il parere delle Commissioni parlamentari si tratta in ogni caso di un rinvio ad atti che spogliano l'istituzione parlamentare dalla possibilità di approfondire le tematiche oggetto di riforma. Ribadendo che i primi due articoli sembrano gli unici validi del provvedimento, in quanto miranti tra l'altro alla valorizzazione del patrimonio lirico-sinfonico e all'incremento degli investimenti privati, rileva peraltro che a fronte di dati che dicono che solo il 7 per cento delle risorse destinate alle fondazioni lirico-sinfoniche provengono dai privati, occorrerebbe prevedere degli incentivi attraverso la defiscalizzazione, al fine di rendere remunerativi per il privato gli investimenti in questione. Non si può pretendere che i privati risolvano i problemi amministrativi del settore, senza poter avere un ritorno dall'impegno profuso nel promuovere lo sviluppo delle fondazioni. Si rende peraltro conto al riguardo che la defiscalizzazione in questione è difficile da attuare in mancanza di risorse economiche. Sulla Fondazione Petruzzelli, rileva in particolare che il proprio gruppo ha specificato l'importanza dell'intervento del privato e rileva in ogni caso che la deroga prevista non è sufficiente in quanto da una parte senza l'assegnazione dei fondi si lascia al Petruzzelli la ricerca di fondi specifici, bloccando di fatto le assunzioni; il previsto sblocco delle assunzioni, solo nei limiti della pianta organica approvata, comporta di fatto che vi saranno solo assunzioni a tempo determinato e quindi la creazione di precariato. D'altronde, anche esponenti della maggioranza hanno riconosciuto che sul Petruzzelli occorrerà intervenire nell'ambito della manovra finanziaria; si chiede pertanto se non sarebbe necessario intervenire già nell'ambito del provvedimento in esame. Per la parte contrattualistica, poi, pur riconoscendo che le modifiche introdotte al Senato sono migliorative, permarrà comunque una situazione in cui i lavoratori sono esposti a una situazione di ricatto. Ritiene invece che i meccanismi di premialità previsti per le assunzioni, basandosi sul presupposto del pareggio in bilancio per tre anni, siano difficilmente applicabili, in quanto il 50 per cento delle fondazioni hanno bilanci in rosso. Aggiunge inoltre sulla situazione dell'IMAIE che è necessario sicuramente mettere ordine e ridurre gli sprechi, anche se in tal senso giudica inammissibile che siano stati attribuiti compensi per svariati milioni di euro ai diversi commissari che si sono occupati della gestione dell'ente nel corso degli anni.
Rileva, in conclusione, che il settore della cultura è in profonda agitazione per il provvedimento in questione. Auspica quindi che vi sia ancora spazio per un dialogo tra maggioranza e opposizione, sottolineando che non vi è stato neanche il tempo per svolgere audizioni di soggetti importanti, quali ad esempio gli enti locali. Segnala, d'altra parte, che nel provvedimento in esame non è stato considerato l'Ente teatrale italiano che meriterebbe invece ben altra considerazione rispetto a quella riservatagli dal Governo. Per risolvere i problemi della cultura si potrebbero ipotizzare strumenti innovativi, come il prelievo sui proventi televisivi, una misura che potrebbe effettivamente dare maggiore risalto al settore della cultura, oggi totalmente soppiantato da quello televisivo.

Giancarlo MAZZUCA (PdL) ringrazia, innanzitutto, il relatore per l'ottima relazione svolta e il ministro Bondi per l'audizione di ieri sui temi oggetto del decreto in esame. Svolge, quindi, alcune considerazioni di carattere generale, per non sovrapporsi a quanto già osservato dal collega Barbieri. Esprime, pertanto, la piena condivisione delle affermazioni del ministro, osservando che in Italia la cultura costituisce il principale patrimonio degno di attenzione e di valorizzazione. Rileva, in proposito, che rimane il fatto che negli ultimi tempi proprio in tale settore si sono verificati sprechi e dispersioni, causati da una distorta interpretazione del sistema «industria culturale», che non è chiamato - come dovrebbe - a rispondere a criteri di costi-benefici. Il settore lirico, in particolare, non si dimostra in grado di produrre alcun ritorno

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economico, seppure a fronte di investimenti di svariati milioni di euro; cosa che accade anche in ambito cinematografico con i numerosi film finanziati dal Ministero per i beni e le attività culturali ma pressoché privi di incassi. Osserva, inoltre, che, nell'attuale clima di crisi internazionale, non è più possibile rinviare l'assunzione di scelte coraggiose, quali appaiono quelle adottate dal decreto in esame, dal quale emerge la chiara volontà di procedere ad una razionalizzazione delle spese, non ad una mera riduzione di fondi. Si rivolge, quindi, al collega Zazzera che ha stigmatizzato il fatto che soltanto il 7 per cento delle risorse allo stato disponibili, sia destinato alla cultura, osservando, al riguardo, che considera giusto e opportuno investire maggiormente nel settore privato, analogamente a quanto avviene nel mondo anglosassone, che si propone come un modello ben riuscito in materia. Aggiunge, al riguardo, che a livello locale un esempio felice è rappresentato dalla città di Bologna, dove una cordata privata si è offerta di rilevare il Teatro Duse. Rileva, inoltre, che è più che mai necessario procedere alla scelta di soprintendenti che rispondano ad una logica di vera managerialità, cosa che ritiene sia fino ad oggi mancata, come dimostrano alcune scelte effettuate, non improntate a criteri di efficienza e di efficacia. Si sofferma, infine, sull'importanza di provvedere con interventi concreti all'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, anche nel campo di cui si discute. Conclude, quindi, ribadendo che il decreto, nelle sue linee generali, costituisce un primo utile passo al quale occorre però far seguire altre misure volte a rilanciare il settore della lirica e della cultura italiane.

Manuela GHIZZONI (PD) ringrazia il ministro Bondi per la sua presenza in Commissione, sia nella giornata odierna sia per il seguito dell'esame: si tratta di una presenza che aiuta il lavoro della Commissione per migliorare comunque quello del Governo. Ritiene infatti che con la sua presenza il ministro ha compreso che le discussioni che si svolgono in Commissione cultura sono sempre nel merito dei provvedimenti e mai pregiudizialmente ideologiche. A tal riguardo, sottolinea che avrebbe voluto affrontare in maniera più diffusa il tema della cultura come identità nazionale, fonte di ricchezza economica e di future risorse, e non come bene effimero di consumo. Osserva inoltre che non è possibile discutere di temi così delicati, come appunto quelli del sistema della produzione culturale, in tempi così affrettati che non possono che limitare la funzione dell'organo parlamentare e la natura dello stesso dibattito. Preannuncia quindi che si soffermerà in particolare sull'articolo 1, mentre sui seguenti articoli vertenti in materie lavoristiche interverranno altri colleghi del suo gruppo. Sottolinea altresì il fatto che, pur avendo il Senato approvato il «depotenziamento» dell'articolo 4, questo ultimo articolo aveva di fatto creato il pericolo di vanificare il lavoro straordinario che la Commissione ha compiuto con la legge quadro sullo spettacolo dal vivo.
Ritiene importante sottolineare quindi che l'articolo 1 del provvedimento in oggetto, in realtà applica una delegificazione di una materia, che avrebbe bisogno invece di ben altro respiro normativo. A tal proposito ricorda che la Commissione è tutta la legislatura che esprime pareri su norme regolamentari del Governo, che delegificano materie importanti, come nel comparto della scuola. Certo, si dovrà tornare in Commissione per esprimere i pareri di competenza sui regolamenti, ma sottolinea, come il ministro sa, che diverso è un provvedimento con il respiro di una legge approvata nel Parlamento da quello di un regolamento, semplicemente sottoposto all'espressione di un parere di competenza. A tal riguardo, stigmatizza il fatto che le condizioni numerose, più volte espresse nei pareri da questa Commissione, sono state molte volte disattese; in altri casi, poi, si attende ancora la pubblicazione di tali atti. Rispetto all'utilizzo dello strumento del decreto-legge per la riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche ricorda che lo stesso Senato, nel 2009, aveva approvato una risoluzione con la quale impegnava il Governo a procedere

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con un disegno di legge ordinario, proprio per coinvolgere pienamente il Parlamento. Stigmatizza dunque il fatto che ci sarebbe stato tempo per portare all'attenzione del Parlamento una proposta di legge complessiva, mentre oggi ci si ritrova di fronte a un decreto-legge che riscrive di fatto il decreto legislativo n. 367 del 1996. Ritiene inoltre che così come formulati gli articoli del decreto-legge comporteranno problemi futuri per la redazione dei previsti regolamenti governativi. Valuta peraltro - anche soltanto dal punto di vista della tecnica legislativa - che gli articoli sono formulati in maniera caotica, tanto da dovere essere rivisti nella stesura definitiva. Nell'articolo 1, comma 1-bis, per esempio, vi sono principi e criteri direttivi che non hanno coerenza con quanto espresso dal comma 1 del medesimo articolo: in un provvedimento che vuole incentivare la presenza dei privati nel finanziamento delle fondazioni, sopprimere la norma che prevedeva la possibilità di sgravi fiscali per i privati appare un non senso. In conclusione, osserva quindi che nelle norme del testo vi è una presenza «ossessiva» del ministro dell'economia e delle finanze che incombe sull'attuazione del provvedimento, addirittura nell'approvazione degli statuti stessi delle fondazioni, enti di diritto privato, dove il ministro Tremonti eserciterà un controllo in fase di definitiva approvazione.

Maria COSCIA (PD) rileva che sarebbe stato opportuno poter disporre di un tempo più congruo per l'esame del provvedimento, in modo da portare un contributo reale, cosa alla quale avrebbe particolarmente tenuto. Ritiene necessario, in ogni caso, ricordare che l'identità culturale italiana va conservata come un valore comune di straordinaria rilevanza per il Paese e per le singole realtà cittadine, spesso caratterizzate da specificità culturali significative. Rileva, al riguardo, che a Roma è stato compiuto un lavoro importante con la visite delle scuole al Conservatorio di Santa Cecilia e al Teatro dell'Opera, avvicinando utilmente molti giovani allievi alle rappresentazioni svolte. Si tratta di un lavoro che però necessita di un coordinamento che sembra mancare nel provvedimento in esame. Si domanda come potrà proseguire proficuamente il lavoro del Conservatorio di Santa Cecilia nel più ampio contesto dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, dove si tengono eventi di livello internazionale, e in cui la musica si pone quale elemento trainante, quando si sottraggono tante risorse per la sua sopravvivenza. Non condivide, d'altra parte, l'opinione espressa da alcuni colleghi circa il fatto che la totalità delle fondazioni lirico-sinfoniche comporti costi eccessivi, poiché esistono situazioni differenziate, non omologabili, che delineano un panorama di luci e ombre, rendendo, pertanto, opportuno istituire un sistema di monitoraggio e di controllo severo delle varie realtà, al fine di promuovere un'integrazione tra risorse pubbliche e private. Ritiene altresì necessario, in proposito, che i privati traggano un ritorno economico dagli investimenti compiuti, con l'attivazione di una normativa capace di favorire al contempo spazi di autonomia e senso di responsabilità. Aggiunge che sarebbe stato opportuno disporre di tempi maggiori per l'esame, anche procedendo allo svolgimento di un ciclo di audizioni, come accaduto nell'ambito della legge-quadro sullo spettacolo dal vivo, che ha incontrato il consenso unanime della Commissione cultura. Esprime, in conclusione, un giudizio critico sul decreto in discussione che si limita ad affrontare la sola parte relativa al rapporto di lavoro nel settore culturale, mancando, invece, l'obiettivo saliente di aprire un confronto più ampio in una materia tanto delicata. Chiede infine al ministro se i fondi stanziati nel FUS sono idonei a coprire la riforma dell'età pensionabile dei ballerini e se vi siano le linee di indirizzo per lo svolgimento dei servizi integrati presso i musei.

Rosa DE PASQUALE (PD) ringrazia il ministro per la sua presenza, pur rilevando che non ha mantenuto l'impegno assunto un anno fa, quando con l'approvazione di una risoluzione si affidava ad

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una riforma parlamentare la definizione del provvedimento relativo alle fondazioni lirico-sinfoniche. Auspica quindi che almeno il provvedimento sia modificabile, non riuscendo a capire peraltro per quale motivo si sia voluto insistere a tutti i costi ad introdurre la nuova disciplina con lo strumento del decreto-legge. Rileva inoltre che il ministro Bondi ha sostenuto, anche nell'audizione di ieri, che non si voleva seguire una politica di tagli; un'affermazione che è contraddetta dalla delegificazione prevista dall'articolo 1 del provvedimento che, oltre a prevedere una disciplina che grava pesantemente sulle casse delle fondazioni, costituisce un grave vulnus alle prerogative del Parlamento, che non sono salvaguardate dalla previsione del parere della Commissione: i pareri parlamentari, infatti, solo raramente vengono recepiti. Ritiene invece che il settore vada sicuramente riformato, al fine di consentire tra l'altro ai privati di entrare nelle fondazioni lirico-sinfoniche, ma con previsione normative diverse, come quella di defiscalizzazione prevista da un emendamento che era stato presentato al Senato e che aveva ottenuto anche un certo gradimento da parte del Governo, per essere poi accantonato in Assemblea. Ritiene d'altra parte che ridurre troppo l'intervento dello Stato in questo campo finisce per rendere la lirica e le attività teatrali in genere appannaggio solo dei ricchi; l'idea di precarizzare il settore è stata abbandonata anche in Giappone, visto che la qualità dei teatri è da individuare proprio nel personale che vi lavora. Anche per quel che riguarda gli interventi in materia di contratti collettivi, ritiene che il provvedimento in esame rechi un intervento troppo invasivo da parte dello Stato. Occorre inoltre dare maggiore responsabilità ai sovraintendenti, per favorire una ripresa delle attività concertistiche. Richiama infine gli eccellenti risultati realizzati dal «Maggio Fiorentino», ritenendo che il criterio del pareggio di bilancio per tre anni sia troppo stringente e che in ogni caso sarebbe necessario non sprecare le ingenti risorse già impiegate in tale fondazione che hanno consentito di realizzare notevoli risultati.

Pina PICIERNO (PD) ringrazia preliminarmente il ministro per aver garantito la propria presenza su un tema così rilevante, dimostrando volontà di ascolto delle istanze della Commissione. Segnala di aver voluto prendere parte a numerose manifestazioni di protesta contro il decreto in esame, svoltesi nei mesi scorsi presso il Teatro San Carlo di Napoli. Osserva, al riguardo, che tale teatro costituisce un'eccellenza del patrimonio nazionale, benché non sia stato incluso tra gli enti lirici di tale livello, creando una sperequazione inaccettabile tra enti di serie A e di serie B sulla quale sono state, peraltro, presentate varie interrogazioni parlamentari, anche presso l'altro ramo del Parlamento. Si esprime quindi in senso critico sul decreto in discussione che non solo non risolve i problemi reali delle fondazioni lirico-sinfoniche, ma anzi mortifica il settore, che rappresenta un fiore all'occhiello dell'Italia nel mondo. Rileva che gli interventi compiuti nell'ambito della contrattazione collettiva appaiono ricattatori e privi di inquadramento in un progetto dai contorni precisi. Osserva, quindi, che, sebbene da parte dell'opposizione vi sia una volontà di confronto costruttivo, il provvedimento si inserisce nel filone dei tagli alla cultura, all'istruzione, all'università e all'editoria, penalizzando sensibilmente tutta la filiera del sapere. Ricorda, inoltre, che le modifiche intervenute nel corso dell'esame al Senato sono state volute dall'opposizione, ma ne è rimasto sostanzialmente invariato l'impianto complessivo. Ricorda, inoltre, che l'investimento nel campo della cultura, come avviene in altri Paesi, ha valenza anticiclica e promuove lo sviluppo in senso ampio, non del solo settore in questione. Aggiunge che, in Italia, la spesa pubblica destinata alla cultura è solo del 0,1 per cento delle risorse utili, ben lontano quindi dal 3 per cento previsto dall'Unione Europea. Evidenzia, altresì, che in Commissione cultura si è sempre avuto un confronto ampio e costruttivo, che tuttavia in questa occasione

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non potrà avere luogo, a causa dei ristretti tempi di esame imposti dal Governo. Conclude osservando che il decreto confligge con una sana politica culturale improntata al buon senso ed auspica vivamente che il ministro possa spiegare le motivazioni di una scelta tanto difficile da accettare per tutto il mondo della cultura. Segnala, infine, che il gruppo cui appartiene si opporrà senz'altro all'approvazione di un decreto siffatto, in quanto esso non riguarda il rilancio del settore ma prevede esclusivamente tagli consistenti allo stesso; il provvedimento, infatti, aggrava i problemi e non li risolve, mettendo a rischio la stessa sopravvivenza di vere eccellenze, come quella del Teatro San Carlo di Napoli che ha già ricordato. Concorda, infine, con l'esigenza di consentire l'approvazione della legge-quadro sullo spettacolo dal vivo, che ha trovato un consenso unanime tra tutte le forze politiche della Commissione.

Valentina APREA, presidente, ringrazia la collega Picierno per le considerazioni svolte e ne apprezza l'intervento appassionato, soprattutto a sostegno del Teatro San Carlo di Napoli che deve continuare a rappresentare un'eccellenza italiana che ha avuto modo più volte modo di apprezzare.

Emilia Grazia DE BIASI (PD) ringrazia il ministro per la sua presenza in Commissione e ricorda che è ormai da almeno due settimane che si sta parlando delle questioni in oggetto. Innanzitutto deve prendere atto che solo i gruppi del PD, dell'IdV e del PdL, assicurano oggi il proprio contributo alla discussione in oggetto. Rileva infatti che nella seduta odierna manca sia una parte importante della maggioranza che della minoranza, la Lega e l'UdC, forze politiche che a diverso titolo hanno manifestato posizioni contrarie al provvedimento. Non vorrebbe si trattasse di un'assenza giustificata da tali motivi. Precisa inoltre che da alcune fonti di stampa è stato osservato che il Partito Democratico avrebbe condotto sul provvedimento in oggetto una cauta opposizione. A tal riguardo ritiene importante sottolineare che non è possibile confondere la pacatezza e la civiltà dei toni usati, con un atteggiamento concessivo. Ricorda, citando Pennac, che la scelta del tono è quella che qualifica il dittatore, sottolineando il fatto che i toni non devono mai prevalere sulla sostanza dei contenuti. Osserva quindi che l'opposizione del suo gruppo si è configurata come un'opposizione sui contenuti ferma, rigorosa e mai ideologica, seppure espressa con toni corretti.
Entrando nel merito, sottolinea che nel provvedimento manca completamente la visione della cultura come sistema di impresa, verso la quale si erano iniziati a fare dei passi avanti appunto con il decreto-legislativo del 1996. A partire da tale provvedimento si era infatti tentato di dare al settore dello spettacolo un rilancio con la trasformazione delle fondazioni da pubbliche a private. Ritiene quindi corretto conservare tale identità se si vuole uscire da una politica meramente assistenziale. Richiamandosi alla managerialità ricordata dall'onorevole Mazzuca, osserva che su tali argomenti il provvedimento è assolutamente carente, se non per le affermazioni di principio, pur condivisibili, di efficienza, efficacia e correttezza di bilancio, quanto mai essenziali in particolare per le fondazioni che si configurano per la partecipazione integrata di pubblico e privato. In realtà ai proclami non seguono i fatti. Ritiene anzi che il decreto, proposto in tale modo, si configuri come una «piccola guerra tra poveri». A tal riguardo osserva che non vi sono finanziamenti per il FUS e che tale fondo dovrebbe garantire non la sopravvivenza di questo settore vitale, ma la sua crescita ed estensione. Su tale punto ritiene che, per come è congegnato il provvedimento, accadrà esattamente l'opposto di quanto è previsto: teme infatti che il 50 per cento dei fondi dei finanziamenti continuerà ad andare alle fondazioni e non incrementerà il FUS. Ritiene pertanto opportuno insistere con il ministro sul fatto che avrebbe dovuto dare ed avere più fiducia nel Parlamento, sottolineando che si può ancora operare per la trasformazione del decreto-legge in un disegno di legge ordinario,

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disponendo di più tempo per il suo esame. Ribadisce inoltre che non è chiaro dalla formulazione del provvedimento se nei fatti vi sarà una «estromissione» del privato o se si tornerà a parlare, nel concreto, di enti pubblici. In merito a quanto stabilito per i tetti massimi dei cachet da erogare alle personalità eccellenti, ritiene che tale norma non possa attagliarsi a fondazioni di diritto privato.
Ritiene invece necessario chiarire sulla base di quali norme venga valutata la qualità dei fondi specifici da destinare alle fondazioni che abbiano dimostrato una capacità di produzione. Concordando con quanto detto dalle colleghe che l'hanno preceduta, valuta quindi assolutamente opportuna una riscrittura del testo, che si presenta contraddittorio e confuso. Sottolinea ancora una volta che il decreto, così come confezionato, accentua la statalizzazione e la centralizzazione delle fondazioni, innescando problemi per il futuro, soprattutto non chiarendo il ruolo che ricopriranno i privati, gli stessi sovrintendenti, e neppure chi sarà realmente competente a decidere nel tavolo delle contrattazioni. Sottolinea, ancora una volta, che di fronte a fondazioni di diritto privato l'invasività governativa è realmente troppo forte e si configura come un atteggiamento sicuramente non positivo. Concludendo, si chiede se, per la parte che concerne i finanziamenti, l'80 per cento del contributo assegnato alle fondazioni possa fare a meno del rapporto esiziale con le banche. Apprezza il fatto che sia stato soppresso l'articolo 4, facendo salva la legge sullo spettacolo dal vivo, a cui la Commissione ha molto lavorato, ma alla luce di quanto detto invita ancora il ministro a voler riflettere sulla possibilità di poter addivenire a una proposta diversa da quella presentata, da riscrivere con la Commissione.

Valentina APREA, presidente, ritiene che il dibattito sia stato proficuo, portando utili elementi di approfondimento sui principali aspetti del provvedimento in esame. Auspica, quindi, che alla luce della disponibilità al confronto manifestata da tutti i colleghi, il ministro voglia la prossima volta scegliere la Commissione cultura della Camera per avviare l'esame dei provvedimenti che intenderà sottoporre al Parlamento.

Il ministro Sandro BONDI ringrazia il relatore e i deputati intervenuti che attraverso i loro interventi hanno dimostrato un atteggiamento serio e costruttivo, anche attraverso critiche mirate. Ritiene quindi che la discussione sia stata utile. Segnala in particolare che sono emersi due problemi fondamentali, il primo dei quali è relativo al ruolo della cultura nel Paese. Al riguardo concorda sul fatto che la cultura è una vera e propria risorsa economica che coincide con l'identità nazionale: è proprio per tale motivo che, col provvedimento in esame, si è stabilito che il 17 marzo sarà festeggiato il 150o anniversario dell'Unità d'Italia. Rileva peraltro che purtroppo in Italia si sta sempre di più allargando il fossato tra quella piccola parte della popolazione che usufruisce della cultura e la maggioranza che non ne usufruisce. Cita a tal proposito il caso dell'editoria - per il quale si è pervenuti al completamento della procedura per l'istituzione del Centro per la promozione del libro con la nomina del professor Ferrari a presidente - nel quale si registra un aumento continuo delle vendite dei libri, anche con riferimento ad altri Paesi europei, ma che non vede crescere il numero di persone che acquistano libri.
Lo stesso discorso può essere fatto per l'opera lirica, che è stata inventata in Italia, ma che ha un numero di spettatori molto esiguo, come è dimostrato dal fatto che gli incassi degli spettacoli costituiscono solo il 14 per cento delle entrate dei teatri. Rileva quindi che tutto ciò spiega la crisi del settore delle fondazioni, sottolineando in particolare che, rispetto ad altri Paesi, l'Italia sostiene 14 fondazioni lirico-sinfoniche, senza l'apporto degli enti locali e dei privati. Ritiene quindi che il decreto intervenga per salvare i teatri, proprio per evitare da qui a poco l'aggravarsi ulteriore dell'attuale crisi in cui versa il settore. Segnala quindi che il secondo nodo problematico

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è quello relativo al riparto di competenze tra Stato ed enti locali, relativo al federalismo. A tal proposito sottolinea che i regolamenti saranno discussi approfonditamente dalla Camera e non si tratterà quindi di un passaggio formale.

Emilia Grazia DE BIASI (PD) evidenzia peraltro che alcuni profili emersi dal provvedimento che dovranno essere attuati dai regolamenti del Governo, devono altresì essere coordinati con la disciplina prevista in attuazione del federalismo.

Il ministro Sandro BONDI conferma che il Governo non si sottrarrà a tale confronto. Aggiunge infine che il FUS reca già lo stanziamento per sostenere la spesa indicata dal provvedimento relativa alla nuova disciplina sul pensionamento dei lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie dei tersicorei e ballerini. Rileva, infine, che le linee guida relative ai servizi integrati nei musei sono state già adottate e che la data relativa alla festa nazionale per la celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia si riferisce solo al prossimo 17 marzo 2011.

Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare del provvedimento. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.10.