CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 giugno 2010
338.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 16 giugno 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.30.

Disposizioni sulle associazioni di tutela delle persone disabili.
Nuovo testo C. 1732 Porcu ed abb.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Angela NAPOLI (PdL), relatore, osserva come il provvedimento in esame, che si compone di un unico articolo, estenda alle organizzazioni, federazioni e associazioni a carattere nazionale di persone disabili e dei loro familiari che, senza fini di lucro, operano per la tutela dei diritti delle persone disabili, l'applicazione di alcune disposizioni della legge 30 marzo 2001, n. 152, disciplinante gli istituti di patronato e di assistenza sociale.
Il comma 2 prevede che la domanda di costituzione e riconoscimento deve essere accompagnata dalle garanzie finanziarie, patrimoniali e tecniche, da definirsi con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Il comma 3 dispone che con il predetto decreto siano definite anche le procedure e le modalità di verifica e controllo per assicurare che le attività degli istituti di

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patronato riguardino unicamente il conseguimento di prestazioni o diritti relativi al riconoscimento dell'invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità.
Propone quindi di esprimere parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Disposizioni in materia di sicurezza stradale.
Nuovo testo C. 44 e abb./B.
(Parere alla IX Commissione)
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizione e osservazione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato il 15 giugno 2010.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il relatore ha presentato una proposta di parere favorevole con una condizione ed una osservazione (vedi allegato 1).

Manlio CONTENTO (PdL), relatore, illustra la propria proposta di parere, soffermandosi, in particolare sulle criticità che rendono assolutamente necessaria una riformulazione dell'articolo 12 del provvedimento. Precisa peraltro di avere ritenuto più opportuno tradurre i rilievi riferiti all'articolo 12 in un'osservazione, anziché in una condizione. Ricorda, infatti, che il parere è stato richiesto anche ai fini del trasferimento dell'esame del provvedimento alla sede legislativa e che una condizione apposta dalla Commissione giustizia, peraltro all'esito di un esame caratterizzato da tempi molto ristretti, sarebbe vincolante per la Commissione di merito. La particolare complessità e delicatezza dell'articolo 12 fanno quindi ritenere più opportuno che tale disposizione sia modificata, all'esito di un approfondito e specifico esame, dalla stessa Commissione di merito qualora riguardi materie per le quali il parere è rinforzato. Per questo motivo nella proposta di parere sono contenute, sotto forma di osservazioni, alcune indicazioni alle quali sarebbe opportuno che la Commissione di merito si attenesse per riformulare la disposizione. Si impegna in ogni caso a fornire direttamente il proprio contributo alla riformulazione della disposizione, partecipando personalmente ai lavori della Commissione IX relativi al provvedimento in esame.

Giulia BONGIORNO, presidente, dichiara di condividere la proposta di parere del relatore e le ragioni per le quali si è ritenuto di non formulare una condizione testuale, bensì una osservazione, con riferimento all'esigenza di modificare l'articolo 12.

Mario CAVALLARO (PD) preannuncia il proprio voto favorevole sulla proposta di parere del relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.45.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 16 giugno 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto legislativo recante riordino del processo amministrativo.
Atto n. 212.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato il 9 giugno 2010.

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Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che il relatore ha presentato una proposta di parere (vedi Bollettino delle Giunte e delle Commissioni del 9 giugno 2010) e avverte che il gruppo del Partito democratico ha presentato una proposta alternativa di parere (vedi allegato 2).

Cinzia CAPANO (PD) ritiene opportuno partire dalla delega che prevedeva doveroso assicurare snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, , anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche, al fine di garantire la ragionevole durata del processo nonché la razionalizzazione dei termini processuali, l'estensione delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica e l'individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell'arretrato. Quindi, come sottolineato in alcuni documenti acquisiti in fase di audizioni, si possono riassumere in tre punti le direttive del Parlamento al Governo: snellezza anche attraverso procedure informatizzate; razionalizzazione dei termini processuali; individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell'arretrato. Lo schema oggi in discussione non appare aver affrontato adeguatamente queste esigenze. Relativamente alle procedure telematiche, esse appaiono totalmente ignorate, tant'è che non viene neanche previsto e disciplinato il deposito degli atti in formato digitale. In ordine alla razionalizzazione dei termini processuali, non appare alcun criterio del genere ed anzi, si assiste all'irragionevole allungamento del termine fino a sei mesi per la proposizione del regolamento di competenza. Né viene affrontata la previsione di termini differenziati per il deposito di documenti e memorie per la P.A. idonei a garantirne l'esame e, quindi, l'effettività del contraddittorio. Un trattamento privilegiato e collegato all'interesse pubblico della P.A. che tuttavia non può farle guadagnare una diversa e più tutelata posizione processuale rispetto alle altre parti del processo. Quanto poi alla terza direttiva del Parlamento sull'eliminazione dell'arretrato, è stata espunta dal testo elaborato dalla Commissione, la disciplina che istituiva le sezioni stralcio, rinunciando a qualsiasi intervento sull'arretrato. Eppure, per i ritardi nella giustizia amministrativa, l'Italia è stata condannata, in virtù della legge Pinto, a pagare 30 milioni di euro per il periodo dal gennaio 2008 all'ottobre 2009, secondo quanto emerso da un'indagine commissionata proprio dal Presidente del Consiglio di Stato. Peraltro, come affermato dal prof. Travi nella sua audizione, oggi non vi è alcuna certezza che, chi abbia presentato un ricorso al giudice amministrativo, possa vederlo deciso. E qui appare evidente la non idoneità del codice a garantire la ragionevole durata del processo sia per la gestione dell'arretrato sia per la gestione ordinaria del contenzioso. Infatti, se la disciplina della perenzione per l'arretrato (a parte ogni considerazione sulla disciplina transitoria) e la previsione di una precedenza nella fissazione dell'udienza a chi semplifichi il quadro processuale riducendolo ad una singola questione di diritto (articolo 72), potranno avere effetti di razionalizzazione e speditezza, in altri casi le innovazioni introdotte appaiono controproducenti. Ad esempio nei casi che contemplano la netta riduzione dei termini per alcuni riti speciali e che rendono più complessa la tutela processuale. Ovvero nel rischio che la tutela cautelare possa essere distorta e diventare il binario privilegiato per la fissazione dell'udienza e quindi produrre un ulteriore aumento delle istanze cautelari. Lo schema presentato non pare sia riuscito a soddisfare la primaria esigenza di «riordino» - come pure richiedeva la delega - di disposizioni succedutesi nel tempo o di principi via via elaborati dalla giurisprudenza. La mancata previsione di risorse, condizionata dalla stessa delega, ha di fatto frustato l'esigenza di garantire il principio della ragionevole durata del processo. Ma come'è stato rilevato nelle audizioni, in particolare del prof. Travi e del prof. Costantino, è proprio il modello generale di processo a suscitare perplessità, poiché improntato ad un criterio di specialità collegato all'attività amministrativa e ad un generale richiamo al codice di procedura civile con una formula generica

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e quindi destinata a creare confusione; le disposizioni del codice di procedura civile «si applicano in quanto compatibili o espressione di principi generali».
Non viene affatto recepito dal codice di procedura civile il principio del contraddittorio nel garantire la effettiva parità delle parti, continuando a consentire lo svolgimento di difese e il deposito di documenti per la convenuta a ridosso dell'udienza di discussione e limitando così i tempi per l'esame e le repliche per le altre parti. E lo stesso rifiuto di un sistema di preclusioni sembra privare la disciplina dei termini di costituzione di qualunque valore effettivo. Così come, la mancata previsione di un giudice istruttore, provoca il concentramento di tutte le attività nell'udienza di discussione che, pur a lungo attesa, potrebbe in questo modo non portare alla decisione del ricorso. Ulteriore conferma se ne ha dalla disciplina della testimonianza scritta contraddittoria rispetto a quella prevista nel processo civile e lesiva dei principi dell'articolo 111 della Costituzione. Queste incongruenze sul terreno processuale, che si collegano anche a quelle analiticamente indicate nel parere di maggioranza, si concretizzano nella disciplina delle azioni in veri e propri contrasti con precenti giurisprudenziali consolidati. La delega imponeva di prevedere tutte le azioni anche nel processo amministrativo. Tuttavia non e' stata compiuta alcun intervento sistematico e permangono evidenti lacune. Non è stata disciplinata l'azione di accertamento, nonostante essa sia ormai generalmente riconosciuta dalla giurisprudenza. Nell'azione di condanna non è esplicitato se sia possibile anche quella «all'emanazione di un provvedimento amministrativo rispetto al quale sia accertata la fondatezza della pretesa». Non vengono indicati i limiti del giudice nel non interferire con l'esercizio dei poteri discrezionali quando giudica sul silenzio. Nelle azioni risarcitorie si rischia una duplicazione con quelle previste in sede di giudizio d'ottemperanza. Si ignora l'elaborazione giurisprudenziale sull'azione di risarcimento del danno per violazione di interessi legittimi, come evidenziato nelle audizioni dal Primo Presidente della Corte di Cassazione con riferimento alla cd. pregiudiziale amministrativa. Nell'audizione il Presidente Carbone afferma che: «oggi l'azione esiste nel diritto vivente ed è quindi soggetta all'ordinario termine di prescrizione [omissis...] Ora le modifiche introdotte nel nuovo testo rendono la soluzione inaccettabile in quanto a) ulteriormente riducono il termine di decadenza, b) condizionano il riconoscimento della tutela non già ad elementi di leale collaborazione ma alla formale previa proposizione di una diversa azione di annullamento [omissis...]. Si da così vita ad una norma poco comprensibile atteso che, da un lato si afferma l'esistenza di una tutela risarcitoria ed autonoma, ma dall'altro, la si subordina all'aver formalmente attivato la tutela impugnatoria».
Le considerazioni che precedono possono formare oggetto di osservazioni, peraltro in parte condivise anche dalla maggioranza. Ciò che però riteniamo debba formare oggetto di condizione - ovviamente unitamente alla soppressione del secondo comma dell'articolo 30 sulla pregiudiziale amministrativa è l'eliminazione della disposizione di cui all' articolo 133 che estende la giurisdizione esclusiva alle misure sanzionatorie adottate dalla Banca d'Italia. Su questo la Cassazione ha già affermato la giurisdizione ordinaria e, occorre ribadire che in questo il legislatore ordinario «incontra precisi limiti costituzionali consistenti nel non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite a dette giurisdizioni speciali e nell'assicurare la conformità a Costituzione delle medesime giurisdizioni» - ordinanza Corte di Cassazione n.144 del 1998 - dalla giurisprudenza si desume che il menzionato duplice limite opera con riferimento ad ogni modificazione legislativa riguardante l'oggetto delle giurisdizioni speciali preesistenti alla Costituzione (sia in sede di prima revisione che successivamente) e, altresì che il mancato rispetto del limite di «non snaturare» le materie originariamente attribuite alle indicate

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giurisdizioni si traduce nell'istituzione di un nuovo giudice speciale, espressamente vietata dall'articolo 102 della Costituzione».Peraltro la stessa Consob, in sede di audizione, ha chiesto che venga mantenuto l'attuale modello che esprime già al meglio i criteri di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo indicati dalla giurisprudenza costituzionale, con riferimento sia alla giurisdizione amministrativa esclusiva per l'esercizio di funzioni di vigilanza, sia alla giurisdizione ordinaria per il sindacato su atti vincolati privi di discrezionalità, come le delibere che irrogano sanzioni amministrative. Ulteriori condizioni andranno poste relativamente alla limitazione della prova testimoniale solo in forma scritta , alla disciplina dell'astensione del giudice ricomprendendo i casi previsti dal T.U. sul consiglio di Stato ed alla parificazione tra consulente e verificatore nella disciplina della ricusazione, oltre all'eliminazione della disciplina transitoria in materia di perenzione dei ricorsi ultraquinquennali.
In definitiva, quella della delega costituiva un'occasione che e' stata mancata anche se resta la valutazione positiva sulla creazione di un codice. Mi auguro che sia la maggioranza con il suo parere che il Governo successivamente vogliano accogliere i rilievi che abbiamo indicato e che provengono dagli esiti delle audizioni.

Mario CAVALLARO (PD) ritiene che il decreto legislativo di attuazione della delega al governo del riordino del processo amministrativo, contenuta nell'articolo 44 della legge n. 69 del 2009, a cui occorre fare riferimento per la verifica della completezza, correttezza e coerenza nell'attuazione della delega, sia sicuramente un atto di notevole importanza nell'assetto, allo stato complessivamente remoto quanto a fonti normative, del procedimento giurisdizionale amministrativo.
Ma per come esso è stato conclusivamente redatto e proposto al parere delle commissioni parlamentari non può che definirsi un'occasione mancata, in quanto si limita ad un riordino in senso assai letterale dei riti amministrativi, non attua compiutamente la delega, non tiene conto, se non in maniera talora contraddittoria, anche e sopratutto dei risultati a cui è pervenuta, specie nella materia dei diritti tutelabili, l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ed infine non dimostra una compiuta attuazione dei principi costituzionali desumibili dall'articolo 111 della Costituzione, troppe e troppo variamente collocate risultando le lacune rispetto al principio di parità delle parti processuali, all'esercizio ampio ed efficace dei diritti di difesa ed al principio di una ragionevole durata del processo, che appartiene anche a principi sopranazionali.
Allo scopo di dare ordine al presente intervento, si premettono quelle osservazioni che fanno riferimento all'inaccettabile pretermissione di alcune delle disposizioni del Parlamento delegante, tutt'altro che di dettaglio.
Esse avrebbero potuto essere oggetto di separati provvedimenti delegati, ma neppure ciò è accaduto.
Si fa riferimento in primo luogo alla delega di cui al comma 2, lettera a), specie in riferimento ai punti in cui essa postula la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche, ai fini di una giusta durata del procedimento giurisdizionale amministrativo e specificamente alla parte in cui si chiedeva al legislatore delegato l'adozione di misure anche transitorie per lo smaltimento dell'arretrato.
Occorre qui, facendo riferimento per brevità ai dati desumibili dalle relazioni ufficiali della Magistratura amministrativa per l'anno 2009, ricordare che nonostante l'aumento significativo della produttività di tutta la magistratura amministrativa e l'intervenuta eliminazione di alcune aree di contenzioso assai significative (prima fra tutte, quella del pubblico impiego) non solo è precario l'equilibrio fra nuovi accessi e affari decisi (peraltro sovente anche con pronunce non di merito; 12.000 ricorsi circa il saldo negativo annuale per il 2009), ma è totalmente irrisolto con misure precise

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e specifiche il problema dell'arretrato, che consta tuttora di centinaia di migliaia di procedimenti.
Nella specie, la misura adottata è in buona sostanza, seppur non dichiaratamente, la semplice iterazione di un istituto, la perenzione, oggi quinquennale, che in realtà non è misura di giustizia, ma di mera resa del sistema giudiziario, e che non mette lo Stato neppure al riparo dalle eventuali doglianze di violazione delle disposizioni sull'eccessiva durata del processo attualmente vigenti nel nostro ordinamento.
Anche in questa materia specifica non appaiono adeguatamente valutate le esigenze organizzative e finanziarie senza delle quali non viene attuata la delega legislativa nel suo spirito, ma viene semplicemente data forma di legge ad un sistema di norme in grandissima parte già utilizzate, per effetto del costume pretorio del diritto amministrativo processuale, nella concreta esperienza pratica.
È ben vero che la delega doveva essere esercitata senza aumento di spese; ma è non meno vero che in questa materia così importante e per questi motivi così seri o l'incastro fra norma delegante e norme delegata e legislatore delegante e legislatore delegato è almeno sciolto con coerenza e chiarezza, enunciando i punti inattuabili senza aumento di spesa o si può ampiamente sospettare che vi sia un'inadeguatezza strutturale e un preordinato disegno di emanare, come in molti altri campi, un combinato e non virtuoso disposto di norme «manifesto» che, nell'autoaffermazione della propria decisiva epocalità, si pongono in realtà come meri rappezzi o riordini, destinati ad effimera durata, di temi che meriterebbero ben altro incisivo e coraggioso intervento.
Sempre in generale, non v'è dubbio che possano muoversi rilievi anche di portata sistemica, che attingono direttamente al riparto di rango costituzionale fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa e che in tal senso la preziosa occasione sia andata completamente perduta. Ma non ritiene questa la sede per riaprire la discussione sulla stessa attualità costituzionale del mantenimento di una partizione di giurisdizione fra giustizia ordinaria e giustizia amministrativa, che appare, in effetti, da porre in discussione proprio quando, anche per effetto della cristallizzazione normativa dell'evoluzione della giurisdizione amministrativa da giustizia sull'atto a giustizia sul rapporto, sempre meno si comprende la ragione del mantenimento, orami solo storicamente coerente con la tradizione continentale franco-germanica, di una giustizia ordinaria fra pari e di una giustizia speciale volta a dirimere controversie contro i soggetti pubblici, di cui tendenzialmente, attraverso la geniale creazione della categoria dell'interesse legittimo, pur si riconosce una qualche mitigabile supremazia. Va del resto considerato che la nozione di riordino non comprende alcuna possibilità additiva o soppressiva quanto a principi e criteri di rilevanza costituzionale e men che meno quanto ad un riparto che rimane al momento individuato nei principi costituzionali. Ciò però avrebbe postulato almeno una più decisa equiparazione dei riti e dei diritti fra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria, ad evitare che la supremazia della P.A. e il sovrastare dell'interesse pubblico, nozioni denegate in punto di principio, spirino come venticello maligno su tutto l'impianto del nuovo codice, scompaginandone il preteso intendimento egualitario e mettendo a nudo la gracilità almeno funzionale di certi istituti, se comparati ai risultati raggiunti nel campo della tutela dei diritti dinanzi al giudice ordinario.
Si propone infine, anche nel parere del relatore, il differimento a data successiva rispetto a quella prevista dell'entrata in vigore delle disposizioni.
Va qui rilevato che il motivo è appunto il difetto di norme corpose ed incisive di attuazione e di coordinamento, nonché la carenza di previa ricognizione delle energie giurisdizionali e di quelle ausiliari esistenti e di tutte quelle stimate necessarie, che è tipica dell'entrata in vigore di codici di rito di tanta consistenza e complessità.

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La mera proroga non risolverà i problemi per cui è richiesta.
Ciò premesso, si articolano alcuni puntuali rilievi, che terranno conto dell'articolato su cui si esprime il parere e tenderanno a graduare la superabilità o meno del rilievo, per la sua decisività.
All'articolo 1, non esiste una nozione tecnica di diritto «europeo». L'espressione va sostituita con diritto comunitario, diritto dell'Unione Europea o simili (conforme il relatore).
All'articolo 2, sotto il profilo del contenuto, è stato rilevato che la norma non corrisponde all'articolo 111 della Costituzione. Vige perciò il principio per cui fu bruciata la biblioteca di Alessandria. Se la norma è uguale alla costituzione, è superflua; se è diversa, è pericolosa. In entrambi i casi, così com'è va espunta.
L'articolo 3 viola l'articolo 111 della Costituzione. Tutti i provvedimenti «giurisdizionali» (non decisori) devono essere motivati.
All'articolo 4, si dà diffusamente per scontato che sia stato risolto (non si sa bene da chi, se non dal medesimo Consiglio di Stato proponente) il tema tutt'altro che peregrino del grado di legittimità nel processo amministrativo, che peraltro troverebbe il suo fondamento anche nella Costituzione. La diversa natura del processo amministrativo, proprio alla luce dei significativi cambiamenti recenti che lo collocano in un'area non più di totale specialità, non consente di escludere l'opportunità di una contenuta verifica di legittimità delle decisioni.
All'articolo 7, in particolari materie si discute e controverte «anche» di diritti soggettivi. L'aggiunta è necessaria (conformemente all'opinione del relatore).
All'articolo 9, appare ingiustificata la limitazione al primo grado del possibile rilievo officioso del difetto di giurisdizione, specie perché la soluzione proposta, che prevede l'impugnazione della pronuncia che «implicitamente o esplicitamente» abbia statuito sulla giurisdizione, apre fronti interpretativi controversi (sul c.d. giudicato implicito, ad esempio).
All'articolo 11, si condivide il parere del relatore sulla necessità di discorrere di riassunzione dei giudizi e non di riproposizione, che porrebbe in termini diversi anche la questione dell'intervenuta - medio tempore - decadenza dall'azione.
È stata segnalata una divergenza significativa rispetto alla soluzione data dall'articolo 59 della L. 69/2009 alla traslatio judicii fra giudici nazionali di ordini diversi; sarebbe opportuno, non ravvisandosi la motivazione della specialità, un coordinamento normativo fra le due tecniche.
All'articolo 12 non è dato comprendere perché debba introdursi nel codice di rito una norma di limitazione (con aggravio di oneri per i cittadini) ad una specifica modalità del giudizio arbitrale.
Trattandosi di norme non di stretto rito (l'arbitrato è una soluzione negoziale) e trattandosi di materia molto controversa sarebbe opportuno espungerla totalmente e rinviare a futuri interventi normativi sistematici in materia arbitrale in sede di giurisdizione amministrativa.
All'articolo 15, la riduzione del termine di proposizione del regolamento di competenza proposta dal relatore appare possibile, ma incongruo è il termine di 80 giorni. Appare più logico ridurre il termine da sei a tre mesi.
Gli ulteriori rilievi indicano una norma confusa e contraddittoria, abbisognevole di riordino sistematico.
Con riferimento all'articolo 18, si concorda con il rilievo del relatore che gli atti compiuti prima dell'istanza di ricusazione o della dichiarazione di astensione rimangono validi.
Quanto agli articolo 19 e 20, non possono essere nominati coloro che «hanno prestato» e non solo coloro che «prestano» attività in favore delle parti. Si devono applicare al verificatore i criteri e le cause di ricusazione ed astensione previste per il consulente tecnico. Si rinvia a successivi rilievi sui due profili di ausiliari.
All'articolo 23, seppur circoscritta, appare del tutto inopportuna, in un giudizio tecnico come quello amministrativo la rappresentanza personale delle parti.

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All'articolo 25 il testo risulta illogico: manca un «non».
Con riferimento all'articolo 26, si ricorda che l'articolo 98 c.p.c. è stato già dichiarato incostituzionale; il secondo comma appare discutibile, specie per il richiamo a non meglio precisate e precisabili «ragioni manifeste».
Con riferimento all'articolo 27, si condivide l'osservazione del relatore.
Quanto all'articolo 29, occorrerebbe esplicitare l'oggetto dell'azione di annullamento. Manca il dies a quo del termine di decadenza. Si tratta di norma non coordinata con quelle sulla proposizione del ricorso.
All'articolo 30 non solo manca il riferimento all'azione di accertamento, ma l'introduzione di un regime compressivo dei diritti relativamente alla pur ammessa azione di risarcimento per lesione degli interessi legittimi appare inopportuno e sospettabile di incostituzionalità, specie se il termine non è coordinato con quelli decadenziali o, rectius, di prescrizione di diritti di analogo contenuto risarcitorio ma derivanti da altre norme.
Non si conviene con l'ulteriore proposta interpolativa del relatore, che pur richiamando i principi generali di cui all'articolo 1227 c.c. introdurrebbe ulteriori limitazioni non logiche all'esercizio del diritto risarcitorio, che è distinto da quello impugnatorio proprio nell'accezione ammessa nelle norme in commento.
Qui probabilmente non ha colpe rilevanti il legislatore delegato, ma sarebbe stato assai più opportuno che in dissenso dai noti orientamenti giurisprudenziali, ove si fosse voluta introdurre stabilmente la categoria di danno in questione essa fosse affidata alla cognizione dell'A.G.O., secondo il principio generalissimo della disapplicazione dell'atto illegittimo concorrente con l'accertamento del diritto al risarcimento dell'atto disapplicato in quanto illegittimo.
Al comma 4 desta perplessità l'affermata necessità che il ricorrente «comprovi» le condotte dolose o colpose.
All'articolo 31, l'istituto del silenzio appare non facilmente applicabile a fini impugnatori, ove manchi la tradizionale diffida ad adempiere; il riferimento a termini non certi e disparati (la durata del procedimento e/o il perdurare dell'inadempimento con la norma di chiusura sull'anno dalla scadenza del termine di conclusione) sconsigliano l'adozione di tale testo.
Con riferimento all'articolo 34, si concorda con il rilievo del relatore. Si fa rilevare come appaia suscettibile di dubbi interpretativi la dizione, di cui pur si comprende il senso ed il motivo, del comma 2 «in nessun caso il Giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati», che non è coerente con la facoltà di esercitare poteri sostitutivi.
All'articolo 40, il contenuto del ricorso è individuato sulla scorta di elementi simili a quelli di cui all'articolo 163 c.p.c. Tuttavia si fa rilevare che l'indicazione dei mezzi di prova, mancando totalmente un nitido impianto istruttorio simile a quello dell'articolo 183 c.p.c. di cui si dirà in appresso, non è prevista a pena di decadenza, ma non è diversamente regolata né è chiaro se può essere oggetto di separati atti ed istanze.
Con riferimento all'articolo 52, fra le forme di notificazione ordinarie vi è quella, facoltizzata dalla legge fin dal 1992, di notificazione diretta a mezzo posta del difensore, che agisce sostituendosi all'Ufficiale giudiziario, essendo munito di proprio registro. Non viene indicate fra le forme di notificazione e sembrerebbe che la notificazione del difensore debba essere inevitabilmente autorizzata dal presidente. Ciò deve essere modificato.
Sugli articoli 52 e 53 si condivide il rilievo del relatore e più in generale si ritiene opportuna l'introduzione della figura del Giudice delegato dal Presidente.
Quanto all'articolo 55, comma 11, si condivide l'istanza del relatore, non senza rilevare che l'inserimento del termine annuale entro cui deve essere celebrato il processo per la decisione del merito è uno dei criteri in tema di accelerazione dei

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processi espressamente contenuto nella delega, che sul punto non può essere disattesa.
All'articolo 56 si condivide l'opinione del relatore, non senza notare che tutto il testo appare scarsamente ordinato.
All'articolo 61, ai fini della tutela ante causam, appare almeno opportuno introdurre l'obbligo di un richiamo ai diritti che si assumono violati ed al contenuto essenziale del ricorso con cui essi saranno tutelati nella fase di merito. Conforme il parere del relatore [lettera q)].
All'articolo 64, desta perplessità il comma 3 nel quale si dice che il giudice desume «argomenti di prova» dal comportamento processuale delle parti. Se ciò non è espressamente dipendente dalla legge (ad esempio, mancata risposta all'interrogatorio formale nel rito civile) appare possibile che il comportamento processuale sia valutato ai fini della decisione, ma non come «argomento di prova» (fra l'altro, una prova o è tale o non è, non esistono «argomenti di prova»).
Agli articoli 65 e seguenti, tutto il regime delle prove appare gravemente claudicante, in quanto non è regolato come pure indirizzava la legge delega a modellarsi più o meno su quello civilistico e seguendo un opportuno principio di unicità del regime probatorio processuale e di validità a fini sostanziali di determinati atti e comportamenti.
In particolare, è stato rilevato che la testimonianza viene ammessa solo in forma scritta e che permane grande incertezza nell'adozione di verificazione o consulenza tecnica, che appare residuale rispetto alla prima senza che ne emerga giustificazione.
Inoltre non vi è un rito istruttorio vero e proprio, né una fase istruttoria codificata, mediante l'auspicabile istituto del deferimento obbligatorio degli incombenti istruttori al Giudice delegato o istruttore e mediante scansione temporale e procedimentale collegata all'udienza di discussione del merito.
Con riferimento all'articolo 73, si condivide la proposta di parere del relatore non senza ulteriormente precisare che si dovrebbe ribadire con forza l'obbligo per la P.A. e per le parti che ne hanno disponibilità di depositare fin dalla costituzione in giudizio o in termine dato indipendentemente da essa tutto il materiale documentale di cui sono in possesso, dando al mancato deposito un valore ai fini della decisione e prevedendo possibili sanzioni nel caso di inadempimento.
Quanto all'articolo 110, si condivide l'opportunità segnalata dal relatore (lettera u) di dare indicazioni più precise sui motivi inerenti alla giurisdizione per cui è ammissibile il ricorso per cassazione; ciò in combinato con la già dichiarata opportunità di introdurre in via generale il grado di legittimità.
All'articolo 111 appare eccessivamente limitativo il richiamo, ai fini della sospensione dell'esecutorietà delle sentenze dell'eccezionale gravità ed urgenza. Appare adeguata la sussistenza di «ragioni di gravità ed urgenza».
All'articolo 112, la complessa disciplina del giudizio di ottemperanza non appare né coerente con le indicazioni della legge delega né particolarmente nitida.
In primo luogo, come evidenziato dal relatore [lettera v)] non si salvaguarda il principio del doppio grado del giudizio di ottemperanza, su cui forse varrebbe la pena di discutere preliminarmente, a causa dell'enorme dilatazione del contenzioso che esso è suscettibile di produrre in una fase che dovrebbe essere di mera attuazione delle decisioni ed in secondo luogo ammettendosi l'introduzione diretta in quel giudizio dell'azione risarcitoria, che ulteriormente determina violazioni al principio di uguaglianza e difficoltà in ordine all'esercizio ordinato del diritto di difesa, che viene oggettivamente compresso da tale facoltà.
Con riferimento agli articolo 120 e seguenti, relativo ai riti abbreviati, si esprimono profonde perplessità per la trasposizione, in buona sostanza senza particolari modifiche, dei regimi speciali nel corpo del riordino del processo tenendo conto che essi non hanno dato univocamente buona prova, specie in ordine alla compressione dei diritti difensivi ed all'affanno

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con cui viene esercitata in molti casi la giurisdizione. La materia, e non solo quella degli appalti, merita un più razionale, sistematico e corposo riordino e quello del testo non pare adeguato. Al momento, sarebbe opportuno sostituire tutte le norme, comprese quelle sulla declaratoria di efficacia dei contratti, con un generico rinvio alla normativa attualmente esistente e porre mano rapidamente ad una razionale modifica di tutti i riti speciali ed abbreviati, con particolare riferimento non solo alla sistematica dei termini processuali, ma anche all'interesse a pronunce che consentano di dirimere utilmente il confliggente interesse, specie in materia di appalti, delle parti private in conflitto e della P.A. all'esecuzione certa ed in tempi brevi dell'opera, senza che ciò rappresenti occasione per una compressione eccessiva dei diritti di difesa e della pienezza della cognizione del Giudice.
All'articolo 126, segnala che, in violazione per omissione della delega, non vi sono disposizioni sul contenzioso per le elezioni alla Camera ed al Senato, sulla cui necessità tutti convengono (a parole, evidentemente).
All'articolo 133 segnala che l'attribuzione tralaticia di materie non ha consentito di sottrarsi a competenze bipartite pur più volte criticate dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Così pare, solo a titolo di esempio, per molte delle controversie in materia di edilizia ed urbanistica e per la materia espropriativa.
Il principio di efficacia ed efficienza anche delle norme in materia di riparto di competenza e giurisdizione, che è fondamentale per una tutela adeguata dei diritti dei cittadini, non appare sia stato tenuto in innovativa considerazione. Anche sul punto, non può che registrarsi una qualche «tradizionalità» del riordino offerto all'attenzione critica delle Commissioni Parlamentari.

Tino IANNUZZI (PD) sottolinea l'estrema importanza del provvedimento in esame e dichiara di condividere gli interventi dei colleghi Capano e Cavallaro. Richiamati gli obiettivi della legge-delega, sottolinea la delicatezza e la rilevanza della funzione della giurisdizione amministrativa, chiamata a definire un punto di equilibrio, mai statico ed immutabile, ma sempre dinamico fra il principio di autorità, l'esercizio delle potestà pubbliche e i diritti e la sfera delle libertà dei cittadini.
Evidenzia quindi come la giustizia amministrativa stimoli e incentivi l'efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione, i cui ritardi e le cui disfunzioni producono ricadute negative sulla sfera personale dei cittadini.
Dopo avere illustrato sinteticamente le più importanti leggi in materia di giustizia amministrativa che si sono succedute a partire dai regi decreti del 1907 e 1924 sul giudizio innanzi al Consiglio di Stato, che si sono stratificati nel tempo in un corpus amministrativo eterogeneo, rileva con rammarico come il provvedimento in esame prenda le mosse da principi sicuramente giusti e condivisibili che, tuttavia, non sono stati pienamente applicati e realizzati, a partire dalla valorizzazione dell'attività istruttoria in forma monocratica e dalla necessità di misure anche transitorie per la eliminazione del pesante arretrato. Sottolinea inoltre come una riforma importante come quella in esame, per perseguire realmente gli obiettivi di ragionevole durata e celerità del processo e per accrescere la capacità del giudice amministrativo di fornire risposte adeguate e piene alla domanda di giustizia dei cittadini, non possa prescindere da un'adeguata dotazione di risorse finanziarie e di organico, che invece mancano del tutto nello schema di decreto legislativo.
Rileva quindi la necessità di arricchire la tipologia delle azioni esperibili davanti al giudice amministrativo, con il riconoscimento delle azioni dichiarative e di accertamento, con la previsione espressa della possibilità degli organi di giustizia amministrativa di condannare l'amministrazione all'adozione di provvedimento con un contenuto specifico ove sia stata riconosciuta la fondatezza del relativo ricorso. Ciò sarebbe lo sviluppo ulteriore della grande funzione che la giurisprudenza

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amministrativa ha saputo svolgere con le cosiddette sospensive propulsive, che hanno arricchito la tutela del cittadino rispetto alla pubblica amministrazione e la complessiva cifra democratica del nostro Paese.

Lorenzo RIA (UdC) ritiene che la proposta di parere del relatore debba essere modificata ed integrata. Invita quindi il relatore a valutare la possibilità di integrare la sua proposta con i seguenti rilievi.
Il dovere di sinteticità di cui all'articolo 3 va 'presidiato' da misure processuali effettive, ad esempio col pagamento di una pena pecuniaria, da versare al Fondo previsto dall'articolo 15 dell'allegato 2 sulle norme di attuazione.
L'articolo 7 dovrebbe essere integrato con un comma, per cui il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è ammissibile solo per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (così si consente 'a costo zero' una maggiore rapidità della definizione delle questioni pendenti in Consiglio di Stato, poiché, quando vi è la giurisdizione ordinaria del giudice del lavoro, i ricorsi straordinari non si giustificano e non hanno funzione deflattiva del contenzioso).
L'articolo 23 dovrebbe essere modificato, disponendo che nei giudizi elettorali vi sia il patrocinio dell'avvocato (per evitare 'azioni emulative' e che il numero abnorme delle iniziative renda difficile l'esercizio dei poteri del giudice).
All'articolo 26, sul regime delle spese del giudizio, va aggiunto che il giudice - se l'interessato presenta entro il termine di impugnazione una istanza motivata e documentata di riesame di un atto, e l'amministrazione non la esamina - nel caso di accoglimento del ricorso liquida le spese a carico dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 96 del codice di proceduta civile (così generalizzando la regola sul preavviso di ricorso, già prevista in materia di appalti).
Con riferimento all'articolo 27, la modifica proposta rischia di creare un vuoto; in quanto in sede monocratica la tutela cautelare può essere accordata senza limitazioni; non si vede quindi perché il collegio non possa sia pur interinalmente fare altrettanto nelle more di una integrazione del contraddittorio; ciò che è importante è che la misura sia provvisoria per poi essere confermata o meno in integrità di contraddittorio; se mai potrebbe aggiungersi «in caso di particolari ragioni di urgenza» che se mai lo stesso collegio ha ravvisato).
Con riferimento all'articolo 29, l'ipotesi di individuare il dies a quo è stata a lungo dibattuta in commissione presso il Consiglio di Stato concludendosi che essendo assai varia la casistica è opportuno che caso per caso sia il giudice a stabilire se il ricorso è tempestiva in rapporto ai motivi dedotti e alla conoscenza avuta dei contenuti del provvedimento; in particolare c'è il rischio che venga scritto che il termine decorre sempre dalla sola conoscenza dell'esistenza di un provvedimento lesivo costringendo a ricorsi al buio prima ancora di conoscere le motivazioni dell'atto; sarebbe quindi da eliminare questa richiesta di modifica.
Con riferimento all'articolo 30, nel determinare il risarcimento il giudice valuta le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti avendo particolare riguardo al danno che si sarebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza anche con la tempestiva segnalazione alla pubblica amministrazione o con l'impugnazione, nel termine di decadenza, degli atti lesivi illegittimi. La modifica è funzionale a non accentuare eccessivamente il condizionamento della domanda risarcitorie a quella annullatoria, altrimenti verrebbe meno l'autonomia della tutela.
L'articolo 48 appare fuori delega e foriero di aggravamento di spesa: la norma infatti non si limita a prevedere l'instaurazione di un giudizio a seguito di trasposizione del ricorso straordinario ma detta disposizioni che riguardano direttamente tale strumento la cui disciplina inizialmente compresa nella delega è stata poi espressamente espunta. Peraltro la norma stabilendo una continuità con il giudizio innanzi al TAR ove effettuata la trasposizione (con permanenza persino delle misure

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cautelari) espone lo Stato a risarcimenti ai sensi della legge Pinto computandosi anche la durata della fase in sede straordinaria, tenendo conto che la trasposizione può avvenire anche dopo molti anni dall'introduzione del ricorso straordinario nei casi in cui un ulteriore contro interessato venga intimato successivamente. Sicché in linea con l'espressa volontà del Governo di evitare aggravamenti di spesa, la norma andrebbe del tutto espunta atteso che la relativa disciplina è contenuta nelle norme che riguardano il ricorso straordinario e che non sono assolutamente incise dal codice. Peraltro la norma in tal modo duplica la disciplina specifica del ricorso straordinario. Si aggiunga ancora che l'attribuzione di natura giurisdizionale al ricorso straordinario che deriverebbe dall'articolo 48 in commento aprirebbe una serie di criticità connesse a garanzie che difettano del tutto nel ricorso straordinario (tra tutte non è prevista l'udienza).
All'articolo 62, appare necessario sopprimere il comma 4, che contiene ben 16 rinvii che sembrano postulare che il giudice in sede cautelare abbia poteri più ampi che in sede di merito.
All'articolo 63, comma 4, appare opportuno sopprimere l'inciso «se indispensabile».
Lo strumento di semplificazione previsto dall'articolo 72 dovrebbe essere esteso ai casi in cui il ricorrente o l'appellante abbia proposto una sola questione di diritto e la controparte non si sia costituita in giudizio o non abbia contestato i fatti dedotti.
All'articolo 73, il termine di 30 giorni dei documenti non può essere ulteriormente anticipato altrimenti si crea un ostacolo a fissazioni rapide; è senz'altro però opportuno spostare a venti giorni il termine per le memorie e a dieci quello per le repliche).
L'articolo 99 dovrebbe essere modificato, prevedendo che la sezione cui è assegnato il ricorso, se non condivide un principio di diritto formulato dall'adunanza plenaria, rimette a quest'ultima con ordinanza motivata la decisione del ricorso; che l'adunanza plenaria può enunciare il principio di diritto e rinviare per le altre questioni il giudizio alla sezione rimettente.
L'articolo 104 dovrebbe essere integrato, prevenendo che con l'appello sia proponibile l'eccezione di prescrizione, in coerenza con l'articolo 3 della legge n. 295 del 1939.
L'articolo 107, comma 2, dovrebbe essere integrato, ammettendo il ricorso per revocazione quando la sentenza - che ha deciso un ricorso per revocazione - sia a sua volta basata su un errore di fatto.
Con riferimento all'articolo 110 rileva come un intervento in questa materia apra un conflitto con la Cassazione e come, pertanto, sarebbe opportuno lasciare la formula utilizzata dalla Costituzione.
L'articolo 112 dovrebbe essere integrato, con la previsione dell'azione di esecuzione anche nel caso di inottemperanza alla decisione del Presidente della Repubblica sul ricorso straordinario, in attuazione degli articoli 6 e 13 della CEDU e della Raccomandazione del Consiglio d'Europa 15 dicembre 2004, n. 20.
Quanto al Capo II, relativo al rito in materia di procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, ritiene che si potrebbe essere più espliciti in coerenza con le parte introduttiva del parere. Si potrebbe proporre l'integrale abolizione dell'articolo 120 lasciando la materia al rito già speciale di cui all'articolo 119. Né vi sono ostacoli connessi alla corrispondenza tra termine di impugnazione e termine di cd. stand still perché ciò che rileva per la normativa comunitaria è garantire al ricorrente un termine congruo per un utile ricorso. Sicché se il ricorrente si muove entro 30 giorni l'ordinamento garantisce l'attesa nella stipula del contratto sino alla pronuncia cautelare altrimenti se fa ricorso nei 60 ha uguale garanzia se la PA non ha ancora stipulato il contratto. In ogni caso se si lascia l'articolo 120 si dovrebbe proporre l'omogeneizzazione di tutti i termini a 30 giorni e quindi anche i motivi aggiunti e l'appello cautelare che ora sono fissati in appena 15 giorni.

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Illustra quindi talune proposte di modifica da apportare sotto il profilo della chiarezza della formulazione e del coordinamento normativo.
All'articolo 25, primo comma, dopo la parola «se» e prima di «elegge» occorre aggiungere la parola «non», senz'altro sfuggita per mero errore, atteso che nell'attuale formulazione la parte verrebbe ritenuta domiciliata presso il TAR anche se ha correttamente eletto domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale.
All'allegato 4, articolo 3, comma 11 vi è una lettera b) [peraltro non preceduta da una lettera a)] che introduce una moltiplicazione del contributo unificato.
La norma appare in primo luogo chiaramente fuori delega perché introduce un prelievo tributario. Inoltre contraddice la ratio del contributo unificato che è appunto quello di essere una tassa forfetaria connessa all'intero giudizio a prescindere da come lo stesso sia articolato. Altrimenti il contributo dovrebbe essere graduato anche in base a quante domande sono introdotte con il ricorso introduttivo ovvero quante eccezioni magari riconvenzionali sono articolate negli atti difensivi. (Si propone quindi di eliminare la lettera b) del comma 11 dell'articolo in esame. Per le stesse ragioni si propone di inserire l'abrogazione dell'articolo 15 comma 3 D.lgs 53/2010 che analoga previsione detta per i contenziosi in materia di lavori servizi e forniture).
Ritiene, inoltre, che sarebbe opportuno introdurre un preavviso di ricorso. La presentazione di un'istanza motivata e documentata di riesame di un provvedimento, da parte dell'interessato nei termini di impugnativa come preavviso di ricorso, obbliga l'Amministrazione a valutare l'opportunità di intervenire in autotutela. Se l'Amministrazione disattende l'obbligo di riesame ed il provvedimento è successivamente dichiarato illegittimo in sede giurisdizionale, il Giudice amministrativo nella liquidazione delle spese a carico dell'Amministrazione farà applicazione dell'articolo 96, ultimo comma, c.p.c..
In considerazione del numero e della rilevanza delle questioni e dei temi da trattare ritiene che la proposta di parere del relatore non debba essere posto in votazione oggi. Chiede pertanto il rinvio della votazione a domani.

Donatella FERRANTI (PD) invita il relatore a tener conto dei rilievi espressi nella proposta alternativa di parere, annunciando che in tal caso il suo gruppo voterebbe a favore della proposta di parere riformulata.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore, dopo aver evidenziato l'impegno di tutti i gruppi nel cercare di dare un contributo fattivo in vista dell'elaborazione di un parere che evidenzi tutte le questioni più rilevanti poste dallo schema di decreto legislativo in esame, rileva che la sua proposta di parere già presentata tiene conto di gran parte di questi contributi così come di quelli dati dai soggetti auditi nel corso delle proficue audizioni svolte. Osserva inoltre che non pochi dei rilievi contenuti nella proposta alternativa di parere presentata dal gruppo del PD sono già contenuti nella proposta di parere da lui presentata e che ulteriori rilievi sono stati inseriti nella nuova proposta di parere che si accinge a presentare (vedi allegato 3).

Federico PALOMBA (IdV) invita la Presidenza a valutare l'opportunità di rinviare a domani l'adozione del parere da parte della Commissione in considerazione sia della complessità delle questioni evidenziate anche nella seduta in corso sia della circostanza che solo da pochi minuti è pervenuta una estremamente complessa e dettagliata deliberazione di rilievi da parte della Commissione affari costituzionali, che deve essere vagliata con la dovuta attenzione e con tempi adeguati da parte della Commissione giustizia.

Cinzia CAPANO (PD), pur dichiarando di apprezzare lo sforzo compiuto dal relatore nel cercare di trovare un punto di sintesi delle diverse questioni emerse sia nel corso delle audizioni che delle riunioni

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della Commissione, ritiene che il relatore avrebbe potuto compiere un ulteriore sforzo per accogliere anche altri rilievi espressi nella proposta alternativa di parere presentata dal suo gruppo. Esprime comunque il voto favorevole del suo gruppo in merito alla nuova proposta di parere presentata dal relatore.

Matteo BRIGANDÌ (LNP) si associa alla richiesta dell'onorevole Palomba, ritenendo che vi sono degli aspetti ancora da approfondire che non possono essere esaminati in maniera esauriente nella seduta in corso.

Enrico COSTA (PdL) dichiara a nome del suo gruppo che non si ravvisa alcuna esigenza di rinviare a domani la votazione sulla proposta di parere del relatore.

Lorenzo RIA (UdC) ricorda che al termine del suo intervento aveva chiesto un differimento a domani della votazione sulla proposta di parere, anche al fine di consentire al relatore di valutare le diverse proposte di integrazione della proposta di parere da lui evidenziate.

Carolina LUSSANA (LNP) osserva che si stanno susseguendo interventi sull'ordine dei lavori e dichiarazioni di voto, come l'intervento dell'onorevole Capano.

Giulia BONGIORNO, presidente, rileva che, al contrario dell'esame in Assemblea, in Commissione non vi è una fase di dichiarazione di voto differenziata da altri momenti dell'esame dello schema di decreto legislativo. Tuttavia proprio alla luce di diverse posizioni espresse dai gruppi in merito all'opportunità di procedere oggi alla votazione della nuova proposta di parere del relatore, pone in votazione la proposta formulata dagli onorevoli Ria e Palomba, condivisa dall'onorevole Brigandì, di rinviare a domani la votazione sulla nuova proposta di parere.

La Commissione respinge la proposta di rinviare alla seduta di domani la votazione sulla nuova proposta di parere.

Giulia BONGIORNO, presidente, pone in votazione la nuova proposta di parere del relatore, avvertendo che qualora questa venisse approvata non verrebbe posta in votazione la proposta alternativa di parere.

Lorenzo RIA (UdC) dichiara il voto di astensione del suo gruppo, dettata dalla circostanza che il relatore non ha inteso prendere in considerazione alcuno dei rilievi da lui espressi nel corso della seduta, impedendo così di pervenire all'approvazione di un parere totalmente condiviso da parte del suo gruppo.

Federico PALOMBA (IdV) osserva con rammarico come su una materia tanto importante quanto quella oggetto del provvedimento in esame non venga data la possibilità, attraverso un breve rinvio della votazione a domani, di pervenire ad un parere pienamente condiviso frutto di un dialogo tra i gruppi ed il relatore, che peraltro aveva iniziato a configurarsi. Per tale ragione preannuncia l'astensione del suo gruppo.

La Commissione approva la nuova proposta di parere del relatore (vedi allegato 3).

La seduta termina alle 16.05.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

SEDE REFERENTE

Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno.
C. 3291-bis Governo.

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Riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute.
C. 1090 Vietti.

Disposizioni in materia di responsabilità civile dei magistrati.
C. 1956 Brigandì.

Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo.
C. 668 Lussana e C. 657 D'Antona.

Disposizioni in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura.
C. 3143 Rao.

Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.
C. 2011 Ferranti, C. 52 Brugger e C. 1814 Bernardini.