CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 11 maggio 2010
321.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 11 maggio 2010.

Audizione del dottor Gianfilippo D'Agostino, Direttore pubblic sector della Telecom Italia, in relazione all'esame dei progetti di legge C. 3291 Governo e C. 3009 Vitali, recanti disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno e sospensione del procedimento con messa alla prova.

L'audizione informale è stata svolta dalle 11 alle 11.35.

Audizione di rappresentanti di Confcommercio, Confartigianato, Casartigiani, Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA), Confesercenti e dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), nonché del Direttore dell'Unità di informazione finanziaria (UIF), dottor Gianni Castaldi, e del Presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dottor Luigi Giampaolino, in relazione all'esame dei progetti di legge C. 3290 Governo e C. 529 Vitali, recanti piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia.

L'audizione informale è stata svolta dalle 11.35 alle 13.20.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 11 maggio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.30.

DL 63/2010: Disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero.
C. 3443 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Nicola MOLTENI (LNP), relatore, osserva come il decreto-legge in esame si componga di tre articoli, dei quali solo il primo è di competenza della commissione Giustizia.
L'articolo 1, infatti, sospende l'efficacia dei titoli esecutivi nei confronti di Stati od organizzazioni internazionali allorché sia pendente un giudizio innanzi alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja, diretto all'accertamento dell'immunità dalla giurisdizione italiana in connessione proprio all'accertamento di tali titoli esecutivi. Viene fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1 del regio decreto-legge 30 agosto 1925, n. 1621, convertito dalla legge 15 luglio 1926, n. 1263, secondo il quale non si può procedere al sequestro o pignoramento ed in genere, ad atti esecutivi su beni mobili od immobili, navi, crediti, titoli, valori, e ogni altra cosa spettante ad uno Stato estero, senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia.
Si prevede, quindi, l'improponibilità o la sospensione dei procedimenti esecutivi e/o conservativi basati su titoli esecutivi la cui efficacia è sospesa nonché l'applicabilità della nuova disciplina anche ai procedimenti in corso ed ai titoli esecutivi perfezionati alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
Per quanto si tratti di una norma che entra a regime a far parte nel nostro ordinamento, applicandosi ad ogni caso futuro riconducibile alla fattispecie che essa disciplina, questa è stata emanata per far fronte ad un caso particolare ed, in particolare, come rilevato anche nel corso del dibattito presso la Commissione Esteri, al noto contenzioso italo-tedesco, richiamato anche da atti di sindacato ispettivo in sede parlamentare, relativo alle richieste di risarcimento da parte dei lavoratori coatti internati in Germania durante il secondo conflitto mondiale, sia militari che civili. Allo stato, è infatti pendente all'Aja un ricorso tedesco che contesta all'Italia di aver violato i suoi obblighi verso la Germania in base al diritto internazionale, dal momento che la magistratura, ivi inclusa la Corte di Cassazione,

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ha sinora negato la sussistenza dell'immunità giurisdizionale ed ha proceduto in via esecutiva e cautelare. Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 5044 del 11 marzo 2004 ed ordinanza n. 14201 del 29 maggio 2008), la norma consuetudinaria di diritto internazionale, che impone agli Stati l'obbligo di astenersi dall'esercitare il potere giurisdizionale nei confronti degli Stati stranieri, non può essere invocata in presenza di comportamenti dello Stato straniero che, in quanto lesivi dei valori universali di rispetto della dignità umana che trascendono gli interessi delle singole comunità statali, segnano il punto di rottura dell'esercizio tollerabile della sovranità.
Presso la Commissione Esteri il sottosegretario per Affari esteri ,Alfredo Mantica, ha sottolineato l'urgenza di provvedere ad una corretta definizione della questione e scongiurare nuove occasioni di contenzioso nel quadro degli ottimi rapporti bilaterali che intercorrono tra Italia e Germania, segnalando, peraltro, i rapporti di collaborazione tra il Governo e le associazioni degli ex internati militari, finalizzati alla soluzione della controversia pur nella difficoltà di pervenire ad una precisa quantificazione degli aventi diritto e dell'intera procedura.
Sull'opportunità politica della nuova misura sarà la Commissione Esteri a pronunciarsi. La Commissione giustizia dovrà verificare se una disposizione come quella contenuta nell'articolo 1 sia conforme ai principi giuridici del nostro ordinamento.
Delle prime considerazioni possono essere fatte sull'inserimento nella disposizione delle organizzazioni internazionali accanto agli stati esteri senza tenere conto che l'articolo 34 dello Statuto della Corte internazionale di giustizia stabilisce che la stessa può essere adita esclusivamente dagli Stati.
Come è stato segnalato anche dal relatore della Commissione Affari esteri, suscita perplessità la previsione che la sospensione operi di diritto e debba quindi essere rilevata d'ufficio e non su istanza di parte, sia per l'ulteriore onere che ne deriverebbe all'amministrazione giudiziaria sia per l'accertamento del requisito dell'oggettiva connessione. Da un punto di vista tecnico-normativo, sarebbe poi più corretto fare riferimento all'improponibilità, più che dei procedimenti esecutivi e/o conservativi, delle relative azioni.
La Commissione giustizia dovrà valutare in primo luogo se sia giustificabile la sospensione di efficacia di un titolo esecutivo per il solo fatto che il debitore, in questo caso uno Stato, abbia fatto ricorso presso una giurisdizione internazionale al fine di far dichiarare l'inapplicabilità della legge nei propri confronti, che nel caso in esame si tradurrebbe nell'accertamento giudiziale di una ipotesi di immunità internazionale. Una volta ritenuta giustificabile la predetta sospensione di efficacia dovrà valutarsi se questa debba avvenire d'ufficio o dopo una valutazione da parte del giudice italiano competente in merito ad un certo fumus di fondatezza del ricorso sull'immunità.
Sul primo punto, si deve tener conto che la questione dell'immunità, se sollevata dalla controparte, è oggetto di valutazione del giudice italiano. Nel caso che sta alla base della disposizione la Corte di cassazione a Sezioni Unite ha ritenuto sussistente la giurisdizione italiana e, quindi, ha negato l'immunità della Germania. Appare quindi opinabile che ora possa essere considerato sufficiente un ricorso sulla stessa questione dell'immunità per sospendere dei titoli esecutivi. È vero che se fosse riconosciuta l'immunità non vi sarebbe la possibilità di esigerli, ma è pur vero che vi è già una valutazione della Cassazione in senso contrario della quale non si può non tenere conto. A questo proposito non si può non ricordare che l'Italia non ha ancora firmato la Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, risalente al 2 dicembre 2004. In effetti, piuttosto che procedere con lo strumento del decreto legge al fine di risolvere una particolare questione in materia di immunità giurisdizionale sorta con uno Stato estero sarebbe più opportuno procedere alla firma di tale Convenzione per poi ratificarla, al fine di introdurre

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nell'ordinamento italiano una disciplina di carattere generale in materia di immunità giurisdizionale.
Per quanto attiene al contenuto normativo dell'articolo 1, secondo il diritto internazionale, le misure esecutive nei confronti di beni di Stati esteri sono ammissibili quando questi sono destinati all'attività privata dello Stato. Il decreto legge sospende l'efficacia anche di titoli esecutivi riguardanti questo tipo di beni in ragione della pendenza di una controversia in materia di immunità pendente presso la Corte internazionale di giustizia.
Ciò che suscita forti perplessità è la circostanza che l'effetto sospensivo determinato dal decreto legge in realtà si sarebbe potuto verificare anche attraverso gli strumenti che ha a propria disposizione colui che ricorre alla Corte di giustizia internazionale, in quanto a questa si può chiedere l'adozione di misure cautelari volte a bloccare l'esecuzione di una sentenza nazionale nell'ambito dell'ordinamento interno quando sia in corso una controversia tra l'Italia e lo Stato estero volta ad accertare l'immunità dalla giurisdizione.
Ritiene che la Commissione giustizia debba affrontare attentamente le questioni giuridiche relative all'articolo 1 del decreto legge in esame, considerando che queste presentano profili giuridici sia di diritto interno che di diritto internazionale. Si riserva quindi di presentare, all'esito del dibattito, una proposta di parere che tenga conto delle diverse questioni che saranno sollevate.

Donatella FERRANTI (PD) esprime apprezzamento per la disponibilità del relatore a tenere conto dei rilievi che saranno formulati nel corso del dibattito. Sottolinea, infatti, come il provvedimento sia estremamente delicato e necessiti di un attento approfondimento da parte della Commissione giustizia.

Giulia BONGIORNO, presidente, rileva come il provvedimento in esame presenti degli indubbi profili di criticità, che richiedono un attento esame da parte della Commissione giustizia. Ricorda, peraltro, che il parere dovrà essere comunque in tempo utile per consentire alla Commissione di merito di concludere l'esame del provvedimento, che potrebbe essere inserito nel calendario dell'Assemblea già a partire da lunedì 17 maggio prossimo.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.40.

SEDE REFERENTE

Martedì 11 maggio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il Sottosegretario per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.40.

Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno e sospensione del procedimento con messa alla prova.
C. 3291 Governo e C. 3009 Vitali.

(Seguito dell'esame e rinvio - Richiesta di stralcio).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 6 maggio 2010.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti ed articoli aggiuntivi al disegno di legge C. 3291, adottato come testo base (vedi allegato 1). Avverte che l'onorevole Contento a seguito della presentazione dell'emendamento del Governo 1.500 interamente sostitutivo dell'articolo 1 ha ritirato gli emendamenti presentati al medesimo articolo. Dà la parola al rappresentante del Governo che ha chiesto di illustrare gli emendamenti presentati.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO rileva come gli emendamenti presentati, ed in particolare l'emendamento interamente sostitutivo dell'articolo 1 sulla esecuzione della pena detentiva presso il domicilio,

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tengano conto dell'ampio e approfondito dibattito che si è svolto in Commissione giustizia nonché delle audizioni svolte dalla medesima. La novità più rilevante della nuova disciplina dettata dall'articolo 1 è l'abbandono della automaticità che caratterizza la misura della detenzione domiciliare così come regolata dall'articolo 1 del disegno di legge in esame. L'emendamento, infatti, attribuisce al giudice una valutazione sia sulla pericolosità del beneficiario della misura sia sulla idoneità del luogo ove la misura dovrà essere espiata. In particolare si prevede espressamente che questa non possa essere applicata quando vi sia la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti. Inoltre si specifica che la relazione della direzione dell'istituto penitenziario debba essere corredata anche da un verbale di accertamento della idoneità del domicilio. Si tratta di questioni che sono state sollevate dai diversi gruppi sia di maggioranza che di opposizione anche attraverso gli emendamenti presentati. Auspica per tale motivo che si possa raggiungere un pieno accordo in Commissione sull'emendamento presentato dal Governo. Sono stati poi confermati i limiti previsti dall'articolo 656 del codice di procedura penale al fine di evitare una disomogeneità nell'ordinamento. Di particolare interesse sono anche le disposizioni che prevedono che copia del provvedimento sia trasmessa anche all'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna per gli interventi di sostegno e controllo. Si stabilisce inoltre che nel caso di condannato tossicodipendente o alcoldipendente sottoposto ad un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, la pena possa essere eseguita presso una struttura sanitaria pubblica o una struttura privata accreditata. Anche in questo caso sono stati accolti rilievi espressi da gruppi di maggioranza ed opposizione.
Rileva che il Governo ha anche inteso presentare un emendamento volto ad introdurre una nuova aggravante di natura generale diretta a punire maggiormente colui che abbia commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era stato ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere.
Si sofferma infine sull'articolo aggiuntivo 2.0501 diretto a consentire l'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria occorrente per fronteggiare la situazione emergenziale in atto nelle carceri.

Giulia BONGIORNO, presidente, apprezza lo sforzo del Governo diretto a tradurre in emendamento una serie di importanti rilievi che la maggioranza e l'opposizione hanno posto, anche alla luce delle audizioni svolte, sul disegno di legge originario.

Manlio CONTENTO (PdL), dopo aver ricordato che a seguito della presentazione da parte del Governo di un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo 1 ha ritenuto di ritirare gli emendamenti presentati al medesimo articolo, si riserva di presentare dei subemendamenti all'emendamento del Governo. A tale proposito invita la Presidenza a fissare un termine adeguato per la presentazione di subemendamenti. Per quanto non abbia ancora avuto tempo per approfondire l'emendamento del Governo 1.500, osserva che questo dovrebbe essere modificato prevedendo almeno la possibilità di condizionare la concessione della detenzione domiciliare al consenso delle persone che, proprio a seguito dell'applicazione di tale misura, dovranno coabitare con il soggetto beneficiario nel domicilio ove questo sconterà la pena.

Donatella FERRANTI (PD), dopo essersi associata alla richiesta dell'onorevole Contento circa la concessione di un termine congruo per la presentazione di subemendamenti, rileva, da una prima lettura dell'emendamento 1.500, che il Governo ha compiuto uno sforzo per accogliere quelle che sono state le perplessità maggiori espresse sia dal suo gruppo che dai soggetti auditi in merito all'articolo 1 del disegno di legge con particolare attenzione

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sulla scelta, ora abbandonata, di considerare automatica l'applicazione della nuova misura di detenzione domiciliare. Pur ritenendo che l'emendamento del Governo 1. 500 rappresenti un sostanziale passo avanti rispetto all'articolo 1 del disegno di legge, si riserva di esaminare ulteriormente l'emendamento sia per esprimere una valutazione più approfondita sia per poter individuare i subemendamenti da presentare. Per quanto attiene all'articolo aggiuntivo 2.0501 relativo all'aumento dell'organico della polizia penitenziaria sottolinea l'esigenza di allargare tale aumento anche al personale civile dell'amministrazione penitenziaria che si trova attualmente in una situazione di forte disagio nell'affrontare l'emergenza delle carceri.

Rita BERNARDINI (PD) prende atto che il Governo nel riformulare l'articolo 1 del disegno di legge non ha tenuto conto delle proposte emendative dei radicali, ma solamente di quelle che finiscono per ridurre fortemente l'efficacia che la nuova misura avrebbe potuto avere per ridurre concretamente, sia pure non in maniera definitiva, il sovraffollamento delle carceri. Osserva che la nuova disciplina della detenzione domiciliare proposta dal Governo attraverso l'emendamento 1.500 non è assolutamente adeguata per poter affrontare la situazione di emergenza e illegalità che si vive nelle carceri. Anzi ritiene che la nuova disciplina favorisca tale illegalità non consentendo in alcun modo di ridurre in maniera sensibile il numero delle persone detenute in carceri inadeguate. Per tale ragione proseguirà nella sua iniziativa non violenta di sciopero della fame che ha oramai intrapreso da ventisette giorni proprio per accelerare l'approvazione del disegno di legge nel suo contenuto originario. Ritiene che l'emendamento 1.500 sostanzialmente sconfessi quella che, in occasione della presentazione del disegno di legge in esame, era stata la posizione enunciata sia dal Presidente del Consiglio che dal Ministro della giustizia sul modo di affrontare la questione del sovraffollamento delle carceri. Rileva pertanto la gravità anche sotto il profilo politico che ora il Governo non intende più raggiungere quegli scopi che si era prefissato nel presentare il predetto disegno di legge, i quali peraltro erano conseguenti alle mozioni approvate dal Parlamento in materia carceraria. Queste mozioni che giuridicamente rappresentano degli indirizzi nei confronti del Governo in relazione ad una determinata materia si sono trasformati in una mera e sterile dichiarazione di intenti. Nel concludere chiede al rappresentante del Governo i dati relativi all'emendamento 1.500 ed, in particolare, all'effetto che questo potrà avere in relazione al sovraffollamento delle carceri, indicando quindi alla Commissione quanti soggetti potranno beneficiare della nuova misura di detenzione domiciliare.

Angela NAPOLI (PdL) ritiene che dalla formulazione del testo non risulti sufficientemente chiaro a chi spetti di valutare la pericolosità del soggetto ai fini dell'applicazione della detenzione domiciliare.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO replica che risulta chiaramente dal testo che si tratta del magistrato di sorveglianza.

Enrico COSTA (PdL) dichiara di apprezzare molto l'impegno del Governo nel recepire gran parte dei rilievi emersi nel corso dell'esame in Commissione ed, in particolare, delle audizioni, tra i quali ricorda quelli sull'automatismo e sulla discrepanza della disciplina relativamente ai detenuti ed ai soggetti liberi condannati ad una pena inferiore ai dodici mesi di detenzione. Ritiene che anche a seguito dell'approvazione di eventuali subemendamenti ulteriormente migliorativi dell'emendamento 1. 500 si possano creare le condizioni per il trasferimento in sede legislativa del testo. A tale proposito ricorda che la decisione sull'eventuale trasferimento in sede legislativa era stata meramente rinviata al momento in cui avrebbe preso corpo un nuovo testo a seguito dell'approfondimento delle diverse questioni sottese al disegno di legge.

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Nicola MOLTENI (LNP) preliminarmente esprime apprezzamenti per lo sforzo del Governo di migliorare un testo che, come aveva sottolineato il gruppo della Lega sin dall'avvio dell'esame in sede referente, presentava diversi punti di criticità sotto il profilo della sicurezza dei cittadini. Ritiene che rispetto alla disciplina dettata dall'articolo 1, quella dell'emendamento 1.500 rappresenti sicuramente un miglioramento. Tuttavia preannuncia la presentazione di subemendamenti che saranno finalizzati a rendere l'emendamento del Governo ancora di più rispondente ad una esigenza di sicurezza dei cittadini della quale si deve sempre tener conto anche quando si cerca di porre rimedio a situazioni sicuramente gravi e drammatiche come quelle delle carceri italiane.

Cinzia CAPANO (PD) in primo luogo ringrazia il rappresentante del Governo per l'impegno nel cercare di tenere conto dei diversi rilievi emersi nel corso dell'esame in sede referente ed, in particolare, nel corso delle audizioni sul testo originario del disegno di legge. In relazione alla richiesta di dati da parte dell'onorevole Bernardini circa l'impatto applicativo dell'emendamento 1.500 del Governo, sottolinea come questi debbano essere valutati anche in relazione all'obiettivo di garantire in maniera sufficiente la sicurezza dei cittadini a fronte di una nuova misura che consente la detenzione domiciliare in casi che l'attuale normativa non lo consentirebbero.

Matteo BRIGANDÌ (LNP), dopo aver condiviso l'intervento dell'onorevole Molteni, che ha ben rappresentato la posizione del gruppo della Lega sul disegno di legge in esame, si sofferma sul problema delle carceri rilevando come questo sia la conseguenza di una serie di scelte fatte nel tempo da diversi Governi e diverse maggioranze. Si tratta di un problema che non si può risolvere senza tenere conto delle esigenze di sicurezza dei cittadini. Inoltre, ritiene che si dovrà affrontare nei prossimi tre anni anche questioni connesse direttamente a quelle del sovraffollamento delle carceri come, ad esempio, quelle relative alla eccessiva presenza nelle carceri di detenuti in attesa di giudizio che poi risultano essere innocenti, nonché quelle dell'eccessiva lentezza dei processi.

Lorenzo RIA (UdC) preliminarmente dichiara che il suo gruppo condivide gli obiettivi del provvedimento sin dal momento della presentazione del medesimo pur ritenendo che la via maestra da seguire per cercare di risolvere il grave problema del sovraffollamento delle carceri non sia quello delle norme «tampone». Ritiene che l'emendamento presentato dal Governo sciolga alcuni dei nodi emersi nel corso del dibattito, come ad esempio quello dell'applicazione automatica della misura della detenzione domiciliare nonché le disarmonie con quanto previsto dall'articolo 656 del Codice di procedura penale. Riservandosi la presentazione di subemendamenti, auspica una rapida approvazione del testo al fine di ridurre almeno in parte il grave e drammatico sovraffollamento delle carceri.

Alfonso PAPA (PdL), relatore, dichiara di apprezzare l'impegno di sintesi del Governo nel presentare un testo che raccolga gran parte dei rilievi emersi nel corso del dibattito nonché delle audizioni. Sottolinea l'impegno costruttivo che è stato profuso anche dai deputati di maggioranza ed opposizione che, partendo da posizioni divergenti, oggi convergono sostanzialmente sul testo proposto dal Governo attraverso l'emendamento 1.500. In considerazione della urgenza di approvare il provvedimento in esame, segnala l'opportunità, al fine di evitare inutili e controproducenti discussioni in Assemblea che non terrebbero conto dell'importante lavoro svolto in Commissione, del trasferimento in sede legislativa del provvedimento.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il termine per la presentazione di subemendamenti all'emendamento del Governo 1.500 ed agli articoli aggiuntivi del

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Governo 2.0500 e 2.0501 è fissato a domani alle ore 10.
Ricorda che nella scorsa seduta l'onorevole Ferranti ha sollevato la questione dello stralcio delle disposizioni del disegno di legge relative alla messa alla prova e che in quella occasione si era stabilito che questa sarebbe stata affrontata nella odierna seduta.
Preso atto che sulla questione dello stralcio appare esservi una sostanziale condivisione tra i gruppi, propone di chiedere all'Assemblea lo stralcio degli articoli da 3 a 9 del disegno di legge C. 3291, con il nuovo titolo: «Disposizioni relative alla sospensione del procedimento penale con messa alla prova» (C. 3291-ter). Per quanto attiene agli articoli 1, 2 e 10 del disegno di legge, questo assumerebbe il seguente titolo: «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno.» (C. 3291-bis).

La Commissione approva la proposta di richiedere all'Assemblea lo stralcio, nei termini indicati dal Presidente.

Giulia BONGIORNO, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.
C. 2011 Ferranti.

(Esame e rinvio - Abbinamento delle proposte di legge C. 52 Brugger e Zeller e C. 1814 Bernardini).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che le proposte di legge C. 52 Brugger e Zeller e C. 1814 Bernardini sono state abbinate alla proposta di legge C. 2011 Ferranti.

Marilena SAMPERI (PD), relatore, rileva preliminarmente come la proposta di legge n. 2011 Ferranti sia particolarmente apprezzabile in quanto, oltre a tutelare in via principale l'interesse all'armonico sviluppo psico-fisico del minore, si colloca nel solco di quegli interventi che mirano ad attribuire dignità giuridica e retributiva alle misure alternative alla detenzione.
Osserva quindi come la proposta di legge si componga di 8 articoli.
Come precisato nella relazione illustrativa, essa trae origine dalla necessità di porre rimedio ad alcune criticità emerse durante l'applicazione della legge n. 40 del 2001 («Legge Finocchiaro»), a fronte in particolare di reati con un basso grado di pericolosità sociale, ma la cui reiterata commissione ha ostacolato la possibilità per le donne madri di bambini di età inferiore a tre anni di espiare la pena al di fuori del carcere.
Le principali novità recate dal provvedimento consistono: nell'applicazione, come regola generale, della detenzione domiciliare per le madri condannate con bambini di età inferiore a 10 anni; nell'ulteriore limitazione delle ipotesi in cui è possibile sottoporre a custodia cautelare in carcere le madri con prole di età inferiore a 3 anni; nell'istituzione di case-famiglia protette, dove le detenute-madri, in specifiche, residuali ipotesi possono scontare sia la custodia cautelare che l'esecuzione della pena detentiva.
Gli articoli 1 e 2 della proposta di legge intervengono in materia di custodia cautelare.
In particolare, attraverso la riformulazione dell'articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale, il ricorso alla custodia cautelare per le madri di prole di età non superiore a tre anni con esse conviventi (ovvero per il padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), attualmente previsto in presenza di esigenze cautelari eccezionalmente rilevanti, viene ulteriormente limitato al caso in cui tali esigenze siano riferite: a delitti aggravati ex articolo 61, primo comma, nn. 1 o 4, del codice penale. (commessi per motivi abbietti o futili o con sevizie o crudeltà verso le persone); a delitti di associazione mafiosa e di favoreggiamento delle relative

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organizzazioni o commessi avvalendosi delle condizioni di intimidazione derivanti dall'appartenenza alla mafia.
Il nuovo articolo 285-bis prevede la custodia cautelare della madre (o del padre nei casi sopra indicati) presso le case-famiglia protette, anziché in carcere: nel caso di imputata in stato di gravidanza o con figli di età inferiore a tre anni, fuori dalle ipotesi di cui all'articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale, in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza; nel caso di madre di figli di età compresa tra 3 e 10 anni, se non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
Gli articoli 3, 4 e 5 novellano la legge sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975).
L'articolo 3 stabilisce l'obbligo per il giudice - in caso di imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del figlio di età non superiore a 10 anni - di concedere il permesso, con provvedimento urgente, alla detenuta o all'imputata per visitare il bambino malato per il tempo stabilito dalla stessa autorità giudiziaria. Nel caso di ricovero ospedaliero, il giudice ha facoltà di prorogare la durata della visita in ragione della durata del ricovero o del decorso della malattia.
L'articolo 4 disciplina il caso di ricovero ospedaliero del minore affidato alla madre, in esecuzione di pena presso una casa-famiglia protetta (ai sensi dell'articolo 11-bis, introdotto dall'articolo 7); in tale ipotesi, il magistrato di sorveglianza, con provvedimento urgente, autorizza la madre ad accompagnare il figlio e a soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il tempo del ricovero.
L'articolo 5, interviene in materia di detenzione domiciliare speciale delle condannate madri di prole di età non superiore a dieci anni. La concessione della detenzione domiciliare viene sganciata dai limiti attuali (espiazione di parte della pena e possibilità di ripristino della convivenza col minore) e sottratta alla discrezionalità del giudice (tribunale di sorveglianza). Quali condizioni impeditive della concessione del beneficio viene, invece, confermata la causa di esclusione del concreto pericolo di recidiva ed aggiunta l'ipotesi in cui il tribunale, per la particolare gravità dei reati oggetto della condanna, deve disporre la detenzione nelle nuove case-famiglia protette di cui al nuovo articolo 11-bis dell'ordinamento penitenziario. In base al nuovo comma 1-bis dell'articolo 47-quinquies, in mancanza di adeguata abitazione o altra privata dimora, le madri possano scontare la pena in detenzione domiciliare presso case di accoglienza, allo scopo predisposte dagli enti locali.
L'articolo 6 introduce nell'ordinamento penitenziario un nuovo articolo 61-bis, sulle case-famiglia protette. Tali strutture devono essere predisposte fuori dagli istituti penitenziari e organizzate con caratteristiche che, nella dotazione delle misure di sicurezza da adottare, tengano conto principalmente delle esigenze psico-fisiche dei minori. È rimesso ad un atto del Ministro della giustizia il compito di individuare le strutture idonee da adibire a case-famiglia e i criteri e le modalità di individuazione del relativo personale.
L'articolo 7 introduce l'articolo 11-bis nell'ordinamento penitenziario che prevede che la madre di prole di età non superiore a 3 anni con lei convivente debba scontare la pena detentiva esclusivamente presso le case-famiglia protette: quando la condanna sia stata pronunciata per una specifica serie di reati la cui particolare gravità impedisce l'applicazione della detenzione domiciliare; se non sussiste il pericolo di recidiva.
L'articolo 8 della proposta di legge reca modifiche al testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998). Esso, in particolare, al comma 1, aggiunge un nuovo articolo 16-bis che introduce una specifica ipotesi di revoca del decreto di espulsione: il giudice competente, qualora debba essere espulsa a titolo di misura alternativa (durante la pena) o di misura di sicurezza (al termine della pena) una straniera madre di figli di età non superiore a 10 anni ovvero il padre (se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di

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affidare la prole ad altri che al padre) - su ricorso di parte o in sede di convalida - può disporre la revoca del decreto di espulsione (o inibirne l'adozione) ogni qualvolta accerti che ciò: a) corrisponda all'interesse del minore; b) che il minore sia inserito nel tessuto sociale italiano; c) che l'espulsione pregiudicherebbe lo sviluppo psicofisico del bambino. La revoca non può essere disposta nel caso di condanna per alcuno dei gravi delitti di cui all'articolo 11-bis dell'ordinamento penitenziario.
Al comma 2 aggiunge tra le ipotesi di divieto di espulsione previste dall'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione quella relativa all'espulsione delle straniere in esecuzione di pena o in misura alternativa madri di bambini di età non superiore a 3 anni. Queste ultime potranno di conseguenza essere espulse solo per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.
Il comma 3 aggiunge all'elenco dei casi di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, contenuto nell'articolo 30 del testo unico sull'immigrazione, una nuova lettera d-bis. È, in tal modo previsto il rilascio del permesso di soggiorno al figlio minore della madre straniera (ovvero del padre, nei casi sopradescritti), quando la madre sia sottoposta a misura cautelare o la stessa debba espiare una pena detentiva o una misura alternativa, per potere garantire l'unità familiare. Il permesso di soggiorno è rilasciato per una durata pari a quella della misura cautelare o detentiva o alternativa.
Il comma 4 estende anche al familiare straniero in espiazione di pena detentiva o in misura alternativa, la disciplina di cui all'articolo 31, comma 3, del testo unico (autorizzazione del Tribunale per i minorenni per l'ingresso o la permanenza temporanea del familiare straniero di un minore che si trova nel territorio italiano, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del testo unico).

Giulia BONGIORNO, presidente, dopo avere sottolineato come i provvedimenti in esame siano meritevoli della massima attenzione da parte della Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.20.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 11 maggio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il Sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.20.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Bosnia-Erzegovina, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale con dichiarazioni allegate, fatto a Lussemburgo il 16 giugno 2008.
C. 3446 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Jean Leonard TOUADI (PD), relatore, osserva come l'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Bosnia-Erzegovina, dall'altra, oggetto del disegno di legge di ratifica in esame, sia finalizzato ad integrare la Bosnia nel contesto politico ed economico europeo, anche nella prospettiva di una futura candidatura all'ingresso nell'Unione europea.
L'Accordo comprende un Preambolo, 135 articoli raggruppati in dieci titoli, 7 Allegati, 7 Protocolli, Atto finale e Dichiarazioni.
Gli obiettivi dell'Accordo con la Bosnia-Erzegovina, delineati nell'articolo 1, sono quelli di: aiutare il Paese a consolidare la democrazia e lo Stato di diritto e contribuire

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alla sua stabilizzazione politica, economica ed istituzionale; favorire il dialogo per consentire lo sviluppo delle relazioni politiche tra le Parti; sostenere la Bosnia-Erzegovina nello sviluppo della cooperazione economica e internazionale e nel completamento della transizione verso un'economia di mercato; instaurare progressivamente una zona di libero scambio tra la Comunità europea e la Bosnia-Erzegovina; promuovere la cooperazione regionale.
Per quanto concerne gli ambiti di competenza della Commissione giustizia, segnala il titolo VII, che disciplina la cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza. Le Parti riconoscono l'importanza del rafforzamento delle istituzioni amministrative e giudiziarie, dell'indipendenza del sistema giudiziario e del miglioramento della sua efficienza, della riorganizzazione delle Forze di polizia e dell'amministrazione doganale, della lotta alla corruzione ed alla criminalità organizzata (articolo 78). La Bosnia-Erzegovina si impegna ad assicurare l'adeguamento della propria legislazione a quella comunitaria per quanto concerne la protezione dei dati personali, istituendo uno o più organi di controllo indipendenti (articolo 79). È prevista l'istituzione di un ambito di cooperazione, bilaterale e regionale, in materia di visti, controlli alle frontiere, asilo e immigrazione nonché controllo dell'immigrazione illegale (articolo 80).
L'ASA impegna altresì le Parti a collaborare nella lotta al riciclaggio di denaro, alla criminalità e finanziamento del terrorismo e ad altre attività illecite (tratta di esseri umani, contrabbando, traffico di armi) e nella lotta alla droga (articoli 82-85).
Per assicurare il corretto funzionamento dell'Accordo un Consiglio di stabilizzazione e di associazione (CSA) composto, da un lato, da membri del Consiglio UE e della Commissione CE e, dall'altro, da membri del Governo bosniaco. In caso di controversie sull'interpretazione o applicazione dell'Accordo, competente a decidere è il CSA, salvo che per talune specifiche materie per le quali potrà essere adita la procedura arbitrale (articoli 125 e 126).
Infine, il disegno di legge di ratifica reca un contenuto tipico che non pone questioni rientranti negli ambiti di competenza di questa Commissione.
Propone quindi di esprimere parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Disciplina dell'attività professionale di costruttore edile e delle attività professionali di completamento e finitura in edilizia.
Testo unificato C. 60 Realacci e abbinate.

(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Jean Leonard TOUADI (PD), relatore, osserva come il provvedimento sia volto a stabilire i princìpi fondamentali di disciplina per l'accesso all'attività di costruttore edile, assicurando la tutela della concorrenza, dei consumatori e dei lavoratori.
L'ambito di applicazione della disciplina è delineato dai primi due commi dell'articolo 2, recante la «Definizione delle attività e dei requisiti». Il comma 3 precisa poi che l'accesso alla professione di costruttore edile è subordinato al possesso dei requisiti di cui ai successivi articoli 4, 5, 6, 7 e 9. La loro mancanza determina l'applicazione delle sanzioni stabilite dagli articoli 12, 14 e 15.
Presso ciascuna Camera di Commercio è istituita la «sezione speciale dell'edilizia» alla quale sono tenuti a iscriversi tutti coloro, persone fisiche e giuridiche, che esercitano una delle attività previste dall'articolo 2 (articolo 3). L'esercizio della professione di costruttore edile, in particolare, è subordinato alla designazione, all'atto dell'iscrizione alla sezione speciale,

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del responsabile tecnico. La qualifica di responsabile tecnico è attribuita ai soggetti indicati dall'articolo 4.
In base all'articolo 5, l'esercizio della professione di costruttore edile è subordinato al possesso di una serie di requisiti di onorabilità. È necessaria, in sostanza, l'assenza di procedimenti in corso per l'applicazione di misura di prevenzione e non devono sussistere sentenze definitive di condanna, decreti penali di condanna irrevocabili o di sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti: per delitti contro la pubblica amministrazione e delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio; per i delitti di ricettazione, riciclaggio, emissione di assegni a vuoto, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione e rapina; per il reato di illecita concorrenza con violenza o minaccia di cui all'articolo 513-bis del codice penale. Non devono sussistere, infine, sentenze penali definitive di condanna a pena detentiva superiore a due anni per delitti commessi nell'esercizio delle attività di cui all'articolo 2.
Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5, il responsabile tecnico non può esercitare l'attività di cui all'articolo 2, qualora abbia riportato una condanna per i reati previsti dall'articolo 6, che disciplina specificamente i requisiti morali del responsabile tecnico. È da rilevare come la Commissione di merito abbia inserito fra i predetti requisiti anche il fatto di non avere riportato condanne per reati che offendono beni ambientali, paesaggistici ed archeologici.
Fra i requisiti di idoneità professionale del responsabile tecnico previsti dall'articolo 7, sono previsti, in via alternativa, l'iscrizione ad ordini o collegi professionali, la laurea, l'esperienza lavorativa protratta per almeno 48 mesi ovvero la frequenza a un corso di apprendimento di almeno 150 ore.
L'articolo 9 disciplina, inoltre, i requisiti relativi alla capacità organizzativa.
Il controllo periodico, mediante verifiche annuali anche a campione, sulla sussistenza dei requisiti di cui al presente provvedimento, rientra fra i compiti attribuiti dall'articolo 10 alle Camere di Commercio.
Per quanto concerne gli ambiti di precipuo interesse della Commissione giustizia, si segnalano le disposizioni sanzionatorie di cui agli articoli 12, 14 e 15.
L'articolo 12 commina la sospensione dell'esercizio dell'attività di costruttore edile è qualora venga meno anche uno solo dei requisiti richiesti dagli articoli 4, 5, 6 7 e 9 (comma 1). L'attività potrà essere ripresa solo se, entro i successivi 90 giorni, siano comunicati alla Camera di Commercio gli elementi per la verifica della sussistenza delle condizioni di cui al precedente comma. In caso ciò non avvenga l'iscrizione decade (comma 2).
L'articolo 14, prevede l'applicazione di sanzioni amministrative da parte del comune nel cui territorio ricade «l'immobile oggetto della professione», per il mancato possesso dei requisiti previsti per l'esercizio della professione di costruttore edile, secondo i principi della legge 24 novembre 1981, n. 689. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni previste per l'omessa iscrizione al registro delle imprese o all'albo delle imprese artigiane (comma 1).
La disposizione prevede, in particolare, che l'esercizio delle attività di cui all'articolo 2 senza il possesso dei requisiti previsti dalla presente legge è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria in misura pari al «valore dei lavori realizzati» (comma 2). I lavori in corso sono immediatamente sospesi e potranno riprendere solo previa comunicazione all'organo di vigilanza del nominativo del soggetto abilitato (comma 3). In caso di reiterata violazione di quanto previsto dal comma 3 da parte di un'impresa iscritta, l'iscrizione medesima viene sospesa per 6 mesi (comma 4). Se invece i lavori sono eseguiti da un soggetto non iscritto alla sezione speciale edilizia, si applica la confisca delle attrezzature impiegate (comma 5). L'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 6 è comunicata alla cassa edile territorialmente competente (comma 6).

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L'articolo 15 (»Solidarietà») sembra individuare talune ipotesi di responsabilità solidale o comunque di corresponsabilità.
Il direttore dei lavori è il soggetto responsabile del controllo della sussistenza dell'iscrizione alla sezione speciale dell'edilizia di cui all'articolo 3. In caso di affidamento delle attività di cui all'articolo 2 a soggetti non abilitati ai sensi della presente legge, il direttore dei lavori è punito, salvo che dimostri di avere agito in buona fede, con una sanzione amministrativa pecuniaria pari al valore dei lavori realizzati e ne viene data comunicazione all'ordine professionale competente. La reiterazione per più di due volte della violazione delle disposizioni di cui alla presente legge comporta la sospensione dall'esercizio della professione per un periodo compreso tra sei e trentasei mesi (comma 1).
In caso di lavori eseguiti in mancanza del direttore dei lavori le sanzioni di cui al comma 1 sono applicate al committente, salvo che dimostri di avere agito in buona fede nell'affidamento dei lavori (comma 2).
In caso di lavori eseguiti in regime di subappalto le sanzioni di cui al presente articolo si applicano anche nei confronti dell'appaltatore salvo che dimostri di avere agito in buona fede nell'affidamento dei lavori (comma 3).
Formula quindi una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta del relatore.

La seduta termina alle 14.30.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 11 maggio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 14.30.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio.
Atto n. 198.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

Ida D'IPPOLITO VITALE (PdL), relatore, osserva come lo schema di decreto sia trasmesso nell'esercizio della delega contenuta nell'articolo 65 della legge n. 69 del 2009 in materia di ordinamento del notariato. La delega ha in particolare ad oggetto la disciplina delle procedure informatiche e telematiche per la redazione degli atti pubblici, l'autenticazione delle scritture private, la tenuta di repertori e registri, la conservazione dei documenti notarili e la rettifica di errori di trascrizione di dati.
Il provvedimento consta di quattro articoli.
L'articolo 1 novella la legge n. 89 del 1913, recante l'Ordinamento del notariato e degli archivi notarili.
La lettera a), introduce due articoli aggiuntivi nei quali si prevede in particolare che: il notaio, per l'esercizio delle relative funzioni, si munisca della firma digitale rilasciata dal Consiglio nazionale del notariato (articolo 23-bis); al medesimo sia rilasciato un certificato qualificato che attesti anche la sua iscrizione nel ruolo, sulla base delle comunicazioni inviate dai consigli notarili distrettuali, la cui precipua finalità consiste nel porre i terzi nelle condizioni di conoscere in ogni momento se il notaio è nell'esercizio delle funzioni (articolo 23-ter). L'articolo 3 dello schema di decreto attribuisce al Consiglio nazionale del notariato la funzione di certificatore della firma rilasciata al notaio nell'esercizio delle sue funzioni.
La lettera b) prevede che, nel caso di morte del notaio, il capo dell'archivio notarile deve richiedere al Consiglio nazionale del notariato il trasferimento immediato

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agli archivi notarili della documentazione informatica conservata presso la struttura.
Le lettere da c) ad f) dispongono in materia di forma degli atti notarili.
Il nuovo articolo 47-bis, introdotto con la finalità di dare piena equiparazione all'atto pubblico e alla scrittura privata autenticata con strumenti informatici rispetto ai corrispondenti documenti cartacei, prevede l'applicazione della legge sul notariato all'atto pubblico redatto con procedure informatiche e disciplina, attraverso un rinvio al Codice dell'amministrazione digitale, la sottoscrizione autenticata. L'articolo 47-ter prevede l'applicazione, anche per tali documenti informatici, delle disposizioni per la formazione e la conservazione degli atti pubblici e delle scritture private autenticate. Il nuovo articolo 52-bis prevede la sottoscrizione dell'atto pubblico delle parti, fidefacenti, interprete e testimone in presenza del notaio con firma digitale o con firma elettronica e precisa che questa può consistere anche nell'acquisizione digitale della sottoscrizione autografa. Il notaio invece deve apporre personalmente la sua firma digitale dopo le parti, l'interprete, i testimoni e in loro presenza. La violazione di tale ultimo obbligo è sanzionata disciplinarmente. Gli eventuali allegati all'atto (allegati informatici a documenti cartacei e viceversa) sono disciplinati dal nuovo articolo 57-bis. Il nuovo articolo 59-bis stabilisce le modalità per rettificare dati preesistenti alla redazione di atti pubblici e scritture private autenticate.
Le lettere g), h) ed i) intervengono in materia di custodia degli atti e dei repertori.
La novella all'articolo 62, primo comma, della legge n. 89 del 1913 è diretta a spostare dal giorno stesso al giorno successivo alla redazione dell'atto l'operatività dell'obbligo di annotazione a repertorio degli atti tra vivi e di ultima volontà ricevuti.
Il nuovo articolo 62-bis prevede la creazione e la gestione da parte del Consiglio nazionale del notariato di una struttura, senza oneri per lo Stato, per la conservazione degli atti informatici; spetta al Consiglio nazionale del notariato il compito di predisporre strumenti tecnici idonei a consentire, nei soli casi previsti dalla legge, l'accesso ai documenti conservati nella struttura. La novella recata dalla lettera l) all'articolo 67 conferma che l'accesso anche agli atti informatici ricevuti dal notaio o depositati presso il medesimo avviene nei limiti e con le modalità previste per i documenti cartacei.
Presso la struttura sono conservati: gli atti informatici che il notaio è tenuto a custodire e le scritture private autenticate (articolo 62-bis); le copie informatiche degli atti rogati o autenticati su supporto cartaceo (articolo 62-ter); i repertori e i registri dei quali è obbligatoria la tenuta per il notaio, i quali vengono formati e conservati su supporto informatico. Gli articoli 66-bis e 66-ter prevedono infatti che la tenuta del repertorio informatico sostituisca il repertorio cartaceo, gli altri libri e gli indici attualmente previsti dalla legislazione notarile e rimettono ad un decreto interministeriale di natura non regolamentare, da emanare sentiti il Consiglio nazionale del notariato, la DigitPA ed il Garante per la protezione dei dati personali, la definizione delle regole tecniche da rispettare per l'attuazione di tali disposizioni.
L'articolo 62-quater, commi 1-3, detta la procedura per la ricostruzione di atti, repertori e registri informatici alla cui conservazione e tenuta è obbligato il notaio, nel caso di perdita dei medesimi.
Le lettere l) ed m) intervengono sul Capo III, relativo alle copie degli estratti e dei certificati. L'articolo 68-bis rinvia ad uno o più decreti interministeriali la definizione delle tipologie di firma elettronica utilizzabili per la sottoscrizione dell'atto pubblico e delle regole tecniche relative, tra l'altro, all'organizzazione della struttura di cui al comma 1 dell'articolo 62-bis, alla trasmissione telematica, alla conservazione, alla consultazione, al rilascio di copie e all'esecuzione delle annotazioni sugli atti conservati presso la struttura. Il nuovo articolo 68-ter detta disposizioni in materia di rilascio di copie di

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atti, sancendo il principio dell'equivalenza dei diversi supporti utilizzabili per la formazione dei documenti.
Le lettere n) ed o) intervengono sul Capo IV, in particolare con la previsione del potere del notaio di attestare la conformità all'originale di copie, eseguite su supporto informatico o cartaceo, di un documento a lui esibito indipendentemente dal supporto utilizzato per la formazione dell'originale (nuovo articolo 73).
L'articolo 2 dello schema di decreto legislativo introduce il nuovo articolo 23-bis nel regio decreto-legge n. 1737 del 1924; tale disposizione rinvia alle regole definite dai decreti di cui al nuovo articolo 68-bis della legge notarile per l'esecuzione delle annotazioni di cui all'articolo 23 e delle altre annotazioni previste dalla legge sugli atti pubblici e le scritture private autenticate informatici.
L'articolo 4, infine, detta disposizioni finalizzate a regolare temporalmente l'attuazione di alcune disposizioni introdotte con il provvedimento in esame.
Ritiene quindi opportuno manifestare sin d'ora talune forti perplessità relative all'articolo 1, comma 1, lettera n), del provvedimento, volto ad introdurre gli articoli 62-bis e 62-ter nella legge n. 89 del 1913. Ricordo, in particolare, che l'articolo 62-bis prevede la creazione e la gestione da parte del Consiglio nazionale del notariato di una, non meglio definita «struttura», senza oneri per lo Stato, per la conservazione degli atti informatici. Secondo il nuovo articolo 62-ter, nella predetta «struttura» il notaio conserva anche le copie informatiche degli atti rogati o autenticati su supporto cartaceo (repertori notarili).
Non si può non rilevare come il documento notarile, secondo la dottrina e la costante giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione, sia un bene demaniale indisponibile, in virtù dell'interesse dello Stato alla conservazione del documento quale espressione di fede pubblica, che costituisce uno degli elementi fondanti lo Stato di diritto. Per questo motivo la legge ha - sinora correttamente - abilitato alla funzione di pubblico depositario, oltre al notaio, la sola pubblica amministrazione. In particolare, si prevede che al momento della cessazione del notaio dalle sue funzioni, la conservazione degli atti notarili è di pertinenza esclusiva dell'Amministrazione degli archivi notarili. E poiché, come detto, si tratta di beni demaniali, non potrebbe essere diversamente.
Secondo la formulazione dell'articolo 62-bis, comma 1, la «struttura» creata e gestita dal Consiglio nazionale del notariato sarebbe una sorta di «appendice informatica» dello studio notarile, poiché il notaio dovrebbe «avvalersene» per la conservazione degli atti. Il Consiglio nazionale del notariato, d'altra parte, non ha natura di pubblico depositario né la legge n. 69 del 2009 e le correlate norme delegate conferiscono allo stesso tale qualifica. Pertanto è di tutta evidenza come, con un forte strappo ai principi che da sempre costituiscono la base dell'ordinamento del notariato e degli archivi notarili, la disposizione intenda affidare la conservazione degli atti notarili, e perfino la tenuta dei repertori notarili, ad una struttura «estranea» allo studio notarile e del tutto indeterminata, senza alcuna previsione relativa ai requisiti necessari per garantire la pubblica fede e svolgere adeguatamente la funzione di pubblico depositario.
La generica formulazione della disposizione, inoltre, sembra lasciare al Consiglio nazionale del notariato la più ampia discrezionalità in ordine alle modalità con le quali «predisporre e gestire» la «struttura» in questione. Né è dato ravvisare alcuna previsione in merito alla indispensabile ed ingente dotazione finanziaria, necessaria per il funzionamento di una simile struttura. Sottolineo, infatti, come quest'ultima debba essere, non solo tecnicamente ma anche sotto il profilo finanziario, in grado di gestire una mole enorme di dati informatici e di assicurarne la duplicazione ed il salvataggio in caso di disastro.
La formulazione della disposizione, pertanto, non esclude il rischio, invero estremamente grave, che la conservazione degli atti e dei repertori notarili possa

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essere in concreto affidata ad una società privata. Una simile soluzione sarebbe in contrasto con i principi dell'ordinamento del notariato e degli archivi notarili ed anche con quanto previsto dal codice dell'amministrazione digitale. L'articolo 2 del decreto legislativo n. 80 del 2005, infatti, prevede l'accesso ai documenti informatici e la fruibilità delle informazioni digitali attraverso banche dati gestite dalla pubblica amministrazione o solo attraverso società interamente partecipate da enti pubblici o con capitale pubblico.
L'affidamento della conservazione degli atti e dei repertori notarili ad una società privata, inoltre, limiterebbe in modo forte e penetrante l'esercizio della professione del notaio e rischierebbe di creare in capo alla medesima società privata una posizione dominante di mercato con eventuale possibilità di abuso. Situazione questa che, a suo parere, renderebbe opportuna l'acquisizione in via preventiva di un parere da parte della competente autorità garante.
Con particolare riferimento alla tenuta dei repertori notarili, ricorda che questi ultimi sono sempre stati custoditi dalla pubblica amministrazione, proprio perché costituiscono una fonte di dati immensa e rilevante anche sotto il profilo finanziario e dell'ordine pubblico; permettono in concreto la funzione ispettiva sui notai da parte dei conservatori degli archivi; costituiscono la base per le periodiche revisioni delle tabelle notarili.
In conclusione, le disposizioni in esame appaiono inopportune, contrarie ai principi regolatori della materia ed alla natura stessa dell'atto notarile, quale espressione di un bene fondamentale qual è la fede pubblica, che deve essere adeguatamente garantita e tutelata nell'interesse della collettività.
Si tratta, inoltre, di disposizioni sostanzialmente superflue, atteso che esiste già nell'ordinamento della pubblica amministrazione un Archivio centrale informatico, tenuto dall'Amministrazione degli archivi notarili, dotato di ampia copertura finanziaria e, quindi ampia autonomia, e che già opera per l'informatizzazione dei testamenti ed in previsione di ulteriori compiti che gli saranno affidati con regolamenti in corso avanzato di approvazione. Andrebbero quindi evitate in ogni caso inutili e improvvide sovrapposizioni che alterano la coerenza del sistema normativo.
In conclusione, ritiene comunque assurdo che lo Stato oggi, con l'esercizio della delega legislativa concessa, voglia permettere ad indefinite strutture ciò che non ha finora concesso del tutto neppure ad una struttura della pubblica amministrazione attrezzata, indipendente e funzionante, abdicando a proprie funzioni primarie ed avviando una cessione, così incerta, a privati della delicata materia della conservazione degli atti e dei repertori notarili.
Dopo avere sottolineato come proprio l'estrema delicatezza della materia faccia emergere l'esigenza di una costante presenza del Governo alle sedute della Commissione dedicate all'esame del provvedimento in oggetto, si riserva di formulare una compiuta proposta di parere all'esito del dibattito.

Giulia BONGIORNO, presidente, condivide la valutazioni circa la rilevanza e delicatezza del provvedimento ed assicura che segnalerà al Governo l'esigenza da ultimo rappresentata dal relatore.Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI