CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 aprile 2010
316.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Mercoledì 28 aprile 2010. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 14.45.

Sui lavori della Commissione.

Stefano STEFANI, presidente, in merito alla proposta di legge C. 3400, il cui esame in sede referente è iniziato nella seduta di ieri, avverte che, essendosi registrato il necessario consenso tra i gruppi, è in corso l'acquisizione degli ulteriori presupposti ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento, ai fini della richiesta alla Presidenza della Camera di trasferimento del provvedimento alla sede legislativa.

Fabio EVANGELISTI (IdV), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede, in ragione della concomitante trattazione di un atto di sindacato ispettivo a sua firma in Assemblea, di anticipare lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata rispetto agli altri punti previsti.

La Commissione conviene.

Stefano STEFANI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-02807 Evangelisti: Sulla detenzione di alcuni attivisti saharawi in Marocco.

Fabio EVANGELISTI (IdV) illustra l'interrogazione in titolo richiamando la vicenda

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degli attivisti saharawi detenuti in Marocco e segnalando che, in segno di solidarietà, ulteriori trenta prigionieri politici saharawi hanno iniziato lo sciopero della fame. Fa presente, peraltro, che nella giornata di ieri è stata diffusa la notizia secondo cui, a seguito della nuova disponibilità da parte della autorità marocchine ad avviare un dialogo politico con i detenuti saharawi, gli attivisti avrebbero interrotto lo sciopero della fame. Ritiene tuttavia che, malgrado la buona notizia, la vicenda continui a rivestire particolare rilevanza considerato che nei prossimi giorni il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite esaminerà una nuova proposta di risoluzione finalizzata al riconoscimento delle rivendicazioni del popolo saharawi in base al diritto all'autodeterminazione dei popoli, da esercitarsi tramite referendum.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

Fabio EVANGELISTI (IdV) si dichiara soddisfatto per la risposta illustrata dal rappresentante del Governo ed auspica la prosecuzione da parte dell'Italia dell'attività diplomatica sul piano politico ed istituzionale volta alla soluzione della querelle sulla condizione del popolo saharawi.

Stefano STEFANI, presidente, dichiara quindi concluso lo svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata.

La seduta termina alle 14.50.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 28 aprile 2010 - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 14.50.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Malawi sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Blantyre il 28 agosto 2003.
C. 3365 Governo.

(Esame e rinvio).

Manuela REPETTI (PdL) relatore, nell'illustrare il provvedimento segnala che la Repubblica del Malawi presenta attualmente una cornice assai più favorevole agli investimenti esteri di quanto non fosse in passato, e ciò sia per le maggiori garanzie democratiche e di stabilità politica che offre, sia per la fitta rete di sostegno delle istituzioni finanziarie internazionali, che a sua volta è legata all'impegno dimostrato dal Malawi nella realizzazione di importanti riforme strutturali.
Sottolinea che, per quanto concerne gli specifici interessi degli imprenditori italiani, l'Accordo offre un quadro di riferimento organico agli investitori, capace di stimolare l'intensificazione dei rapporti economici, consentendo tra l'altro la creazione di piccole e medie imprese e la costituzione di joint venture. Gli specifici interessi degli investitori italiani trovano nell'Accordo una prospettiva di applicazione delle migliori condizioni, anche fiscali, per i loro investimenti, come anche la garanzia della possibilità di libero trasferimento degli utili e dei capitali e dell'applicazione di criteri imparziali in caso di controversie. Si tratta pertanto di una significativa opportunità per il nostro sistema Paese.
Fa presente che, nel caso del Malawi, si tratta di un Paese interessante soprattutto per le prospettive di sviluppo: tuttora infatti il reddito medio pro-capite della popolazione è molto basso, ma negli ultimi anni, pur in presenza della grave crisi finanziaria internazionale, il tasso di crescita del Paese si è mantenuto sempre al di sopra del 4 per cento annuo. L'agricoltura rappresenta all'incirca un terzo del PIL e i prodotti agricoli costituiscono il 90 per cento delle esportazioni: si tratta essenzialmente di tabacco, cotone, caffè, tè e zucchero. Una forte dipendenza del PIL dall'agricoltura espone naturalmente il Paese, come in molti altri casi per i Paesi in via di sviluppo, alle fluttuazioni dei prezzi sui mercati internazionali, con l'aggravante delle difficoltà di commercializzazione tipiche di un Paese che non ha sbocco al mare e non possiede efficienti infrastrutture. Va notato che un aspetto positivo della politica governativa malawiana

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è l'attenzione alla dimensione della sicurezza alimentare, perseguibile in questo caso proprio per la prevalenza dell'agricoltura nelle attività economiche del paese. Le manifatture contribuiscono all'incirca per il 12 per cento del PIL, e si caratterizzano per uno stadio di sviluppo ancora embrionale.
Osserva che uno degli aspetti di ottimismo risiede nel fatto che il Malawi, anch'esso gravato da un pesante debito estero, ha ottenuto di recente la cancellazione del debito, che ha ridotto del 50 per cento il peso finanziario sul Paese. Consapevole che lo sviluppo dipende in buona parte dagli investimenti, il governo malawiano ha adottato politiche di incoraggiamento degli stessi, con detrazioni fiscali supplementari in particolari aree del Paese, e ancor più significative riduzioni sui costi per la formazione. Vengono poi privilegiati in modo particolare, con esenzioni impositive e doganali, quelle imprese specializzate nell'esportazione. Per aumentare l'afflusso di investimenti esteri nel Paese il governo ha addirittura costituito un'apposita Agenzia.
A testimonianza dell'utilità dell'Accordo in esame va osservato che sinora i rapporti bilaterali dell'Italia con il Malawi sono stati contenuti, mentre il saldo commerciale è stato negli ultimi anni costantemente a favore del nostro Paese, le cui esportazioni tuttavia sono state prevalentemente limitate a prodotti cartacei, articoli di coltelleria e ferramenta, e in minor misura a macchinari specializzati. Resta il fatto che il Paese presenta opportunità diversificate di futuri investimenti per le imprese italiane, tanto nel settore agroindustriale, quanto nel turismo e nelle miniere - in Malawi vi sono giacimenti non irrilevanti di pietre preziose e semipreziose, nonché uranio, fosfati, bauxite. Il settore turistico rappresenta già oltre il 7 per cento del PIL malawiano, ma abbisogna di notevoli investimenti per le relative infrastrutture.
L'Accordo, che si compone di 16 articoli, reca una norma iniziale relativa alle definizioni, tra le quali appare significativa quella relativa all'»investimento», che ricomprende un elenco, non tassativo, di beni e diritti siti nel territorio del Paese contraente. In base all'articolo 2 l'applicazione dell'Accordo riguarda in via esclusiva gli investimenti nel territorio di una Parte contraente, effettuati da cittadini o società dell'altra Parte, approvati dall'autorità competente designata dalla Parte nel cui territorio avviene l'investimento, eventualmente alle condizioni da questa fissate. L'Accordo si applicherà anche agli investimenti precedenti l'entrata in vigore di esso, e indipendentemente (articolo 13) dall'esistenza di relazioni diplomatiche tra le Parti. Al fine di incoraggiare gli investimenti esteri ciascuna delle Parti si impegna (articolo 3) anzitutto ad assicurare sul proprio territorio agli investitori dell'altra Parte un trattamento giusto ed equo, assicurando altresì piena e totale protezione agli investimenti da essi operati, nonché la libertà di soggiornare - con i loro familiari - nel territorio dell'altra Parte per il periodo necessario, durante il quale potranno liberamente procedere all'assunzione di personale dirigenziale di qualsiasi nazionalità. Le Parti garantiscono inoltre agli investimenti dell'altra Parte contraente un trattamento non meno favorevole di quello riservato agli investitori di paesi terzi (articolo 4), con l'eccezione dei benefici concessi da una delle Parti ad investitori di Paesi terzi in virtù di specifici accordi, come ad esempio gli accordi per evitare le doppie imposizioni, e fanno altresì eccezione i vantaggi riconosciuti da una delle Parti ad investitori esteri per effetto della partecipazione a livello regionale a Unioni economiche o a zone di libero scambio (articolo 5). La clausola della nazione più favorita trova applicazione anche in caso di risarcimento di danni derivanti da guerre, rivoluzioni, rivolte, stati di emergenza o altri avvenimenti similari (articolo 6). La protezione degli investimenti è assicurata inoltre (articolo 7) dalla clausola che stabilisce che gli investimenti effettuati da soggetti appartenenti ad uno degli Stati contraenti non potranno costituire oggetto di nazionalizzazioni, espropriazioni, requisizioni o altre misure con analogo effetto se non

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per fini pubblici o per motivi di interesse nazionale, in conformità alle disposizioni di legge e dietro corresponsione di un adeguato risarcimento. Ognuna delle due Parti contraenti si impegna a garantire il diritto per l'investitore dell'altra Parte a trasferire all'estero, dopo aver assolto gli obblighi fiscali, senza ritardo indebito e in valuta convertibile al tasso di cambio al momento prevalente, tutti i capitali investiti e guadagnati: anche a tali trasferimenti sarà applicabile la clausola della nazione più favorita (articoli 8 e 10). In caso di garanzia assicurativa prestata da una delle Parti contro i rischi non commerciali derivanti dagli investimenti effettuati dai propri investitori nel territorio dell'altra Parte, è prevista la surroga nella titolarità dei crediti spettanti all'assicurato (articolo 9). Vengono stabilite, inoltre, procedure arbitrali affidate ad organi imparziali per la composizione delle controversie che dovessero insorgere fra investitori e Parti contraenti (articolo 11) o fra le Parti stesse (articolo 12) in relazione a questioni di interpretazione o applicazione dell'accordo. Per le controversie di cui all'articolo 11, in particolare, qualora non sia possibile un'amichevole composizione di esse, è prevista l'opzione fra i tribunali della Parte contraente avente giurisdizione territoriale, da un lato, e l'arbitrato internazionale - quale previsto dai regolamenti della Commissione ONU sul diritto commerciale internazionale -, dall'altro. Le controversie fra Parti disciplinate dall'articolo 12 prevedono invece il ricorso eventuale a un Tribunale arbitrale ad hoc. L'articolo 14 permette alle Parti contraenti e ai loro investitori di avvalersi di disposizioni più favorevoli di quelle dell'Accordo in esame, qualora siano previste dal diritto internazionale generale o pattizio, oppure da leggi o regolamenti interni delle Parti contraenti, nonché di ricevere un indennizzo in caso di inottemperanza di una delle Parti a tali previsioni. La durata dell'Accordo (articolo 16) è prevista in dieci anni, con rinnovo automatico per cinque anni, salvo denuncia di una delle due Parti, da inoltrare almeno un anno prima della scadenza: in ogni caso, gli investimenti effettuati prima dell'eventuale cessazione dell'Accordo rimarranno soggetti alle disposizioni degli articoli 1-14 dello stesso per cinque anni dopo la scadenza.
Quanto al contenuto del disegno di legge di ratifica, il disegno di legge reca i consueti tre articoli relativi all'autorizzazione alla ratifica, all'ordine di esecuzione ed all'entrata in vigore della legge, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. L'esecuzione dell'Accordo in questione non comporta, in base alla relazione che accompagna il disegno di legge, oneri a carico del bilancio dello Stato. Tale documento, infatti, afferma che maggiori spese per il bilancio statale sono meramente eventuali, poiché legate a indennizzi per danni o espropri, e dunque non preventivamente quantificabili; ad esse si potrà fare fronte, prosegue il citato documento, con provvedimenti legislativi ad hoc, mentre per gli eventuali esborsi per le procedure di contenzioso ci si potrà avvalere del capitolo concernente spese per liti e arbitraggi dello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri.
Nell'auspicare una considerazione favorevole del provvedimento da parte della Commissione, conclusivamente segnala che, per un mero errore materiale, il titolo del disegno di legge, di cui oggi si avvia l'esame, riporta un'impropria denominazione dello Stato del Malawi, cui ci si riferisce appellandolo «Malawi» in luogo di «Repubblica del Malawi», denominazione che invece figura nel testo del disegno di legge e dell'Accordo. A tal proposito presenta pertanto, in qualità di relatore, l'emendamento Tit. 1 volto a rettificare il titolo del provvedimento (vedi allegato 2).

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI si associa alle considerazioni svolte dal relatore ricordando le responsabilità dell'Occidente nel sostegno allo sviluppo del Malawi alla luce dell'elevato tasso di povertà che ancora si registra in tale Paese, malgrado la crescita prevista per il 2010 si attesti intorno al 6 per cento. Il Malawi è un paese ad economia agricola da considerare come una success story

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africana considerato che nel 2005 ha raggiunto l'autosufficienza alimentare e, dall'essere un paese importatore netto, è divenuto un significativo esportatore di cereali. Auspica pertanto un celere iter di ratifica, oltre che come segnale rivolto agli imprenditori italiani, per testimoniare l'apprezzamento per gli sforzi virtuosi compiuti dal Malawi.

Stefano STEFANI, presidente, avverte che, nessun altro chiedendo di intervenire, è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Essendo stato presentato e già illustrato dal relatore un emendamento di natura tecnica, se non vi sono obiezioni o dichiarazioni di voto, chiede il parere del rappresentante del Governo.

Nessuno chiedendo di intervenire, il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI esprime parere favorevole sull'emendamento del relatore.

La Commissione approva quindi l'emendamento Tit.1 del relatore.

Stefano STEFANI, presidente, avvertendo che il provvedimento, come emendato, sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo sdoganamento centralizzato, concernente l'attribuzione delle spese di riscossione nazionali trattenute allorché le risorse proprie tradizionali sono messe a disposizione del bilancio dell'UE, fatta a Bruxelles il 10 marzo 2009.
C. 3356 Governo.

(Esame e rinvio).

Enrico PIANETTA (PdL) relatore, osserva che la Convenzione in esame, fatta a Bruxelles il 10 marzo 2009, fissa il meccanismo di ridistribuzione delle spese di riscossione dei dazi doganali, indispensabile per l'applicazione del codice doganale comunitario. La procedura dello sdoganamento centralizzato, definita dall'articolo 106 del codice doganale comunitario offre agli operatori economici la possibilità di presentare la dichiarazione doganale elettronica all'ufficio doganale del luogo ove sono stabiliti, indipendentemente dal luogo in cui le merci entrano, escono o sono presentate nel territorio doganale dell'Unione europea. Il luogo della dichiarazione è, quindi, dissociato dal luogo dove le merci sono fisicamente presentate e le responsabilità sono divise tra i differenti uffici coinvolti: la dogana di entrata o uscita è responsabile per la custodia e i controlli sulle merci, richiesti dall'ufficio doganale di importazione o esportazione.
Si determinano pertanto alcune spese amministrative da compensare, perché alcune merci sono dichiarate per l'immissione in libera pratica in uno Stato membro, ma sono presentate alla dogana di un altro Stato membro. Da qui l'esigenza di una parziale ridistribuzione degli introiti derivanti dalle spese di riscossione, attualmente pari al 25 per cento degli importi da versare al bilancio dell'UE a titolo di dazi, che sono trattenute allorché le risorse proprie tradizionali sono messe a disposizione del bilancio dell'Unione europea.
Rileva che, come chiarito nell'analisi tecnico-normativa allegata al disegno di legge, il ricorso allo strumento della convenzione tra gli Stati membri invece che ad un atto comunitario - proceduralmente più snello ma meno flessibile - è stato determinato dalla volontà di inserire nel testo normativo una clausola di revisione che offre la possibilità a ciascuna parte di proporre modifiche, specie se subisca gravi perdite di bilancio a seguito dell'applicazione della convenzione stessa.
Quanti contenuti, segnala che la Convenzione si compone di un preambolo, che richiama i presupposti normativi comunitari dell'accordo, e di dieci articoli raggruppati

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in quattro capitoli. Il capitolo I reca l'ambito di applicazione e le definizioni utilizzate nella Convenzione. L'articolo 1 definisce il campo di applicazione della Convenzione, ossia le procedure di ridistribuzione - che le Parti devono seguire in caso di sdoganamento centralizzato - in relazione alle spese di riscossione quando le risorse proprie sono messe a disposizione del bilancio dell'Unione europea.
Ritiene opportuno ricordare, in estrema sintesi, che le risorse proprie hanno un peso politico sostanziale per l'autonomia finanziaria dell'Unione europea: non a caso, la decisione «risorse proprie» del 1970 ha fatto delle Comunità un'organizzazione internazionale diversa dalle altre, il cui finanziamento dipende dai contributi degli Stati membri.
Attualmente le risorse proprie sono rappresentate dai dazi doganali, dai diritti agricoli, dai contributi zucchero, da un'aliquota prelevata sulla base imponibile armonizzata dell'IVA e da un'altra aliquota prelevata sul reddito nazionale lordo. L'articolo 2 contiene le definizioni utili alla precisa comprensione del testo della Convenzione. Il Capitolo II riguarda la determinazione e la ridistribuzione delle spese di riscossione. L'articolo 3 prevede che lo Stato membro al quale appartiene l'autorità doganale che rilascia l'autorizzazione per l'immissione in libera pratica delle merci debba notificare le informazioni relative all'importo delle spese di riscossione da ridistribuire allo Stato membro cui appartiene l'autorità doganale che fornisce l'assistenza per il controllo della procedura e lo svincolo delle merci. L'articolo 3 specifica inoltre la natura delle informazioni che le autorità doganali delle due parti sono tenute a scambiarsi. L'articolo 4 dispone che la Parte contraente in cui è stata presentata la dichiarazione in dogana ridistribuisca il 50 per cento delle spese di riscossione trattenute alla Parte contraente la cui autorità doganale riceve le merci e rilascia l'autorizzazione all'immissione in libera pratica. L'articolo 5 stabilisce che il pagamento dell'importo delle spese di riscossione di cui al precedente articolo 4, debba essere effettuato nel mese nel corso del quale l'importo delle risorse proprie accertato è accreditato, così come previsto dalla normativa comunitaria sul sistema delle risorse proprie dell'UE. Il comma 2 sancisce il ritardo del pagamento entro il termine prescritto con l'applicazione di un interesse di mora e ne determina i criteri di calcolo. Il Capitolo III, che contiene il solo articolo 6 prescrive che le eventuali controversie, qualora non ricomponibili per via negoziale, debbano essere affidate ad un conciliatore. Il Capo IV contiene le disposizioni finali, riguardanti il depositario della Convenzione, le modalità attraverso le quali è possibile modificare - come già accennato - la Convenzione, la procedura per il suo riesame (entro tre anni dalla data di applicazione del codice doganale aggiornato), nonché la procedura per la denuncia dell'accordo.
Segnala quindi che il disegno di legge consta di tre articoli, recanti, le consuete disposizioni riguardanti, rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione, l'ordine di esecuzione della stessa e la data di entrata in vigore della legge fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, l'esecuzione della Convenzione in questione non comporta nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI fa presente che numerosi Paesi europei hanno già provveduto a ratificare la Convenzione in titolo, per cui appare urgente che anche il nostro Paese proceda con sollecitudine nel percorso di ratifica.

Stefano STEFANI, presidente, avverte che, nessun altro chiedendo di intervenire, è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei gruppi, si intende che si sia rinunziato al

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termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.10.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.10 alle 15.20.