CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 11 febbraio 2010
282.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e V)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 11 febbraio 2010. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, il viceministro dell'economia e delle finanze Giuseppe Vegas e il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 9.45.

DL 2/2010: Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni.
C. 3146 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 10 febbraio 2010.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI), premesso che non intende ripetere le considerazioni già svolte da diversi deputati in relazione all'accanimento con il quale il Governo in questa legislatura è intervenuto sulla finanza locale, si limita ad osservare che la contraddittorietà delle disposizioni succedutesi in questa materia è stata rilevata anche dal relatore. Si tratta di disposizioni di natura più politico-propagandistica che finanziaria: la loro portata in termini di risparmio pubblico è minima e servono solo ad offrire al Governo l'occasione per dire che sono state tagliate delle «poltrone». Ma, piuttosto che ridimensionare la rappresentanza politica locale, che, soprattutto nei piccoli comuni, è l'anello di saldatura tra i cittadini e l'apparato statale, si dovrebbe intervenire sui tanti, costosi enti inutili che a dispetto dei proclami continuano ad esistere. Si sarebbe almeno potuto prevedere, accanto alle misure di razionalizzazione che incidono sulla rappresentanza, anche norme per imporre, in certe condizioni, la gestione associata dei servizi da parte dei comuni.
Dopo aver poi ricordato che nel luglio del 2007 fu sottoscritto un accordo tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali per la riduzione dei costi della politica, invita il Governo a sorvegliarne l'attuazione. In quell'occasione le regioni presero l'impegno di adoperarsi, in concomitanza con lo Stato, secondo le rispettive sfere di competenza, per la razionalizzazione delle spese: in particolare, le regioni si impegnarono a conformare i propri statuti al principio della corrispondenza proporzionale

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tra numero di consiglieri e popolazione residente, nonché ad adeguare le retribuzioni dei consiglieri stessi a parametri stabiliti anch'essi in funzione della popolazione residente. È infatti irragionevole fissare, come fa l'articolo 3 del decreto in esame, un tetto massimo unico per tutte le regioni, senza tenere conto della differente popolosità di queste ultime. Il patto prevedeva inoltre un limite, in percentuale al bilancio, alle spese massime per gli uffici e le strutture di supporto: una misura opportuna, quest'ultima, considerato che queste spese rientrano tra quelle indotte dalla gestione politica e che, se non si interviene anche sui costi indotti, non si può sperare di ottenere risultati.
Nell'accennare quindi alle questioni sollevate dal rappresentante della Conferenza delle regioni nell'audizione informale di ieri in merito alle comunità montane, osserva che occorre a questo riguardo una scelta di campo chiara, da parte del legislatore. Premesso che a suo parere le comunità montane non hanno ragione di esistere, rileva che non si può però pensare di tagliare loro gli stanziamenti di parte corrente aspettando che periscano «per soffocamento». Finché esistono, le comunità montane hanno proprie strutture amministrative, i cui dipendenti vantano crediti che, anche se momentaneamente non pagati, pesano sulle finanze pubbliche. Occorrerebbe invece incominciare a distinguere tra le comunità montane, che sono enti che assorbono risorse, e i territori montani, che sono invece aree disagiate del Paese, e ad investire per questi ultimi, prevedendo forme di organizzazione della rappresentanza e dei servizi più adeguate al territorio, come possono essere le unioni di comuni o l'area vasta.
Quanto infine ai finanziamenti per Roma, chiede al Governo conferma del fatto che, delle risorse inizialmente destinate al consolidamento del debito del comune, solo una parte andrà al commissario straordinario per il piano di risanamento, mentre l'altra andrà al comune per il finanziamento della spesa corrente, e questo perché, anche dopo l'operazione volta a separare la gestione dei debiti, il comune di Roma avrebbe ancora un fabbisogno aggiuntivo. Chiede inoltre al Governo in che modo si pensi di finanziare quest'operazione; più precisamente, chiede a che punto sia l'identificazione degli immobili da conferire ai fondi immobiliari per il reperimento delle risorse necessarie alla copertura dell'anticipazione di tesoreria nei confronti del comune di Roma. Nel far presente che la norma prevede che l'anticipazione di tesoreria sia coperta entro la fine dell'anno, ricorda che l'esperienza insegna che le procedure per la vendita degli immobili pubblici non si completano in breve tempo.

Gian Luca GALLETTI (UdC), nel segnalare come nel proprio intervento intenda soffermarsi su quattro temi, che giudica essenziali, osserva in primo luogo, con riferimento alle disposizioni del decreto-legge in materia di contenimento delle spese degli enti territoriali, che l'obiettivo di riduzione dei cosiddetti costi della politica è condiviso da tutte le parti politiche, ma che nell'applicazione delle specifiche misure è necessario tenere nella dovuta considerazione le differenze esistenti tra gli enti locali. Rilevando come non sia possibile trattare in modo analogo capoluoghi di regione e piccoli comuni, reputa che la considerazione delle differenze esistenti sia particolarmente importante nella valutazione della soppressione della figura del direttore generale disposta dalla legge finanziaria per il 2010, dal momento che un organo di direzione amministrativa è assolutamente imprescindibile nell'organigramma di un ente di grandi dimensioni e complessità, come un comune con milioni di abitanti. Ritiene, pertanto, che sarebbe stato più opportuno individuare una soglia più elevata di popolazione per consentire l'istituzione di un direttore generale, piuttosto che sopprimere tout court la figura, con un provvedimento che rischia di rivelarsi demagogico. Analogamente, reputa che la riduzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali non possa essere salutata

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come una vittoria, in quanto, a suo avviso, non può non considerarsi come la democrazia abbia dei costi che devono, comunque, essere sostenuti. Anche in questo caso, peraltro, rileva come sussistano significative differenze tra i comuni di minori dimensioni e quelli più popolosi, segnalando come in un comune di 3 mila abitanti il rapporti tra eletti ed elettori sia circa di 1 a 270, mentre in un comune di 1 milione di abitanti tale rapporto è circa di 1 a 21 mila. In questa ottica, pur riconoscendo che sul piano strettamente amministrativo si possa anche fare a meno delle assemblee circoscrizionali, ritiene che i consigli circoscrizionali possano, in una certa misura, contribuire a colmare le differenze esistenti in termini di rappresentatività tra i comuni minori e i comuni più popolosi.
Ritiene, poi, utile affrontare nell'ambito del decreto-legge in esame i temi posti dall'applicazione del patto di stabilità interno, invitando il Governo a valutare l'opportunità di rivedere, in considerazione della assoluta straordinarietà della attuale situazione economica e finanziaria, il sistema sanzionatorio per gli enti locali che non rispettino gli obiettivi finanziari stabiliti nonché di riconsiderare i corrispondenti meccanismi premiali. A tale ultimo riguardo, giudica, infatti, che nell'attuale congiuntura l'attivazione dei meccanismi premiali rischia di produrre effetti distorsivi, portando a considerare come «virtuosi» comuni che presentano una situazione finanziaria estremamente critica, come il comune di Taranto, a danno di comuni che presentano ben altra solidità e, tuttavia hanno effettuato spese rilevanti per adottare misure volte a contrastare le conseguenze sociali della crisi economica.
Rileva, altresì, che in sede di conversione del decreto-legge si dovrebbe intervenire per colmare due lacune legislative, che rischiano di determinare gravi disagi anche sul piano economico e finanziario. In proposito, segnala in primo luogo che il distacco dei comuni della Valmarecchia dalla provincia di Pesaro e Urbino e la loro conseguente aggregazione alla provincia di Rimini determina la sostanziale impossibilità per tale ultima provincia di rispettare gli obiettivi del patto di stabilità interno. A suo avviso, appare, pertanto, necessario individuare una disposizione in grado di porre rimedio in via permanente agli inconvenienti che possono determinarsi con riferimento al rispetto del patto di stabilità interno per le province e le regioni nei casi di distacco di comuni o di istituzione di nuove province. Pur riconoscendo la correttezza dell'operato del Ministro dell'interno, che ha rilevato l'impossibilità dello svolgimento delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Bologna nell'ambito della prossima tornata elettorale, ritiene, comunque, necessario un intervento per affrontare la difficile situazione creatasi in tale comune a seguito delle dimissioni del sindaco.

Donato BRUNO, presidente, rileva che allo stato non è ancora scaduto il termine per l'eventuale ritiro delle dimissioni da parte del sindaco di Bologna.

Gian Luca GALLETTI (UdC) ritiene, in ogni caso, che la situazione determinatasi sia particolarmente critica, in quanto, in assenza di un intervento normativo, le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Bologna non si potranno svolgere prima del 2011, con il conseguente commissariamento dell'amministrazione comunale per oltre un anno. Anche a questo riguardo, sottolinea come non tutti i comuni siano uguali, in quanto non è possibile immaginare un prolungato commissariamento di un comune di grandi dimensioni, che rappresenta un ente rilevante anche per il sistema economico del nostro Paese. Per superare tale difficoltà, dovrebbe a suo avviso valutarsi la possibilità di prevedere una nuova finestra elettorale tra il 15 settembre e il 15 novembre per i casi in cui non sia possibile celebrare le elezioni nel turno ordinario, verificando altresì, qualora un emendamento in tal senso dovesse considerarsi inammissibile nell'ambito dell'esame del presente decreto la possibilità di presentare una specifica proposta di

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legge, sostenuta dalle diverse parti politiche, da approvare in tempi brevissimi.

Rolando NANNICINI (PD) chiede preliminarmente se il provvedimento in esame rappresenti una tappa verso il completamento della legislazione sul federalismo fiscale. Osserva che il decreto-legge non ha una anima e non risolve una serie di problemi con particolare riferimento al patto di stabilità e alla finanza locale, materia sulla quale ricorda essere in corso una indagine conoscitiva presso la Commissione bilancio, che sta conducendo un buon lavoro all'esito del quale verranno prodotti dati interessanti. Con riferimento alla questione della riduzione del numero degli eletti negli enti locali, rileva come, sulla base di una tabella elaborata dal Servizio studi, emerga una significativa discrasia tra le scelte che si intenderebbe compiere nell'ambito del disegno di legge collegato recante la cosiddetta «Carta delle autonomie» e il decreto-legge in esame. A tal proposito, esprime preoccupazione con particolare riguardo ai problemi attuativi derivanti dalla conseguente revisione delle circoscrizioni elettorali. Con riferimento all'articolo 4, commi 4 e 5, del provvedimento in esame, osserva che l'intervento per l'incentivo dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione per l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari degli enti locali sia un atto serio in quanto si stimola un uso virtuoso di tali risorse. Tuttavia, con riferimento alla somma stanziata, 30 milioni di euro annui, rileva che sarebbe stato più opportuno un sforzo maggiore. Osserva inoltre che con l'articolo 4, comma 2, si conferma la ripartizione di 180 milioni di euro a valere sul fondo ordinario, quale incremento in base al tasso di inflazione programmato, nella misura del 50 per cento alla generalità dei comuni e del restante 50 per cento ai comuni sottodotati, individuato ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo n. 244 del 1997. A tal proposito, rileva che sarebbe preferibile attribuire le richiamate risorse alla generalità dei comuni per evitare effetti paradossali. Ritiene che l'articolo 4 sia da considerarsi come la solita norma scritta in fretta senza un adeguato approfondimento delle questioni sostanziali. Con riferimento all'intervento previsto per il comune di Roma, condivide le argomentazioni svolte dalla collega Lanzillotta ed osserva come si sia, da un lato, scelto di coprire debiti per una cifra così rilevante, pari a 600 milioni di euro, mentre, dall'altro, non si riesce ad aumentare le risorse, impiegate a fini virtuosi, di cui all'articolo 4, commi 4 e 5. Ritiene che il decreto in esame non riesca a risolvere i problemi ma contenga solo situazioni politiche che tengono conto peraltro dei diversi equilibri politici all'interno dei singoli enti locali. Osserva peraltro come, mentre non si riesce a trovare alcuna risorsa per la copertura dei provvedimenti di iniziativa parlamentare, si siano stanziati ben 600 milioni di euro per coprire i debiti del comune di Roma. Con riferimento allo svolgimento delle elezioni amministrative, ricorda che la soluzione adottata, per il solo 2010, per consentire il rinvio delle elezioni nei comuni della provincia dell'Aquila, ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 131 del 2009 convertito nella legge n. 665 del 2009, di fatto, non consente lo svolgimento delle elezioni in alcuni comuni, come Bologna, laddove sarebbe stato invece consentito dalla legge n. 182 del 1991. Sul punto preannuncia una iniziativa emendativa a prima firma dell'onorevole Vassallo che condivide pienamente e che consentirebbe lo svolgimento delle elezioni per i comuni che sono stati sciolti oltre il termine, previsto per il solo 2010, per poter consentire lo svolgimento delle elezioni medesime nella prossima tornata di primavera. Rileva peraltro che lo stesso articolo 1-bis citato aveva anche significativamente ridotto il termine per considerare irrevocabili le dimissioni dei sindaci proprio per consentire lo svolgimento delle elezioni amministrative.

Gioacchino ALFANO (PdL) richiama preliminarmente una nota dei capigruppo al Senato che hanno concordato sulla necessità di un intervento legislativo volto a sanare l'attuale vuoto legislativo al fine

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di consentire ai cittadini campani parità di trattamento in ordine all'accesso ai benefici dell'ultima legge in materia edilizia. Auspica che tale intervento legislativo che, per una serie di ragioni, non è stato possibile inserire nell'ambito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante la proroga dei termini legislativi di cui è in corso di conclusione l'esame presso l'altro ramo del Parlamento, possa essere adottato nel corso dell'esame del provvedimento in materia di enti locali. Osserva che la tutela e la gestione del patrimonio edilizio dovrebbero essere una competenza esclusiva delle amministrazioni locali che conoscono i problemi e le necessità dei rispettivi territori. Con particolare riferimento agli immobili considerati illegittimi, ricorda che rientra nella competenza dei comuni l'obbligo si stilare un elenco dei manufatti per i quali procedere a demolizione. Sottolinea che, nella redazione del richiamato elenco, le amministrazioni locali interessate tengono conto anche della diversa pericolosità dei manufatti abusivi e quindi prevedono un ordine di priorità nelle demolizioni anche in considerazione delle risorse disponibili.
Fa presente tuttavia che vi sono numerosi casi, soprattutto in Campania, in cui attraverso sentenze passate in giudicato si intima alle amministrazioni locali di procedere alle richiamate demolizioni a prescindere dall'ordine di priorità fissato nei citati elenchi. Osserva che tale situazione può dar luogo ad evidenti disparità di trattamento derivanti dall'eventualità della proposizione o meno delle relative azioni giudiziali da parte dei cittadini interessati e dall'esito potenzialmente incerto dei relativi giudizi. Sottolinea peraltro che le sentenza in materia di rimozione di immobili abusivi producono anche l'effetto di un danno di immagine a carico dei sindaci dei comuni interessati che comunque procedono in via ordinaria alle attività di demolizione. Ritiene che occorra quindi ribadire, attraverso un apposito intervento normativo, l'esclusiva competenza degli amministratori locali nella individuazione delle priorità delle demolizioni degli immobili abusivi, atteso che solo questi ultimi possono valutare complessivamente i diversi rischi connessi a ciascun immobile illegittimo. Ricorda inoltre che i comuni sono obbligati ad attingere ad un mutuo erogato della Cassa depositi e prestiti per far fronte agli abbattimenti degli immobili illegittimi, ma nel caso in cui non riescono a rientrare della somma richiesta nei cinque anni successivi, i medesimi enti subiscono una decurtazione dei trasferimenti erariali. A tal proposito, ritiene che sarebbe giusto attribuire, quanto meno, in capo ai comuni la proprietà degli immobili ancorché illegittimi ma comunque utilizzabili per finalità sociali.
Rileva inoltre che il fondo rotativo da cui attingere per l'erogazione dei predetti mutui, si estinguerà nei prossimi cinque anni.

Roberto ZACCARIA (PD) segnala al relatore, invitandolo a tenerne conto, il parere espresso dal comitato per la legislazione, che contiene alcune considerazioni in relazione alla questione della ridefinizione dei collegi per le elezioni amministrative provinciali ed alle modalità per la fissazione di un tetto alle retribuzioni dei consiglieri regionali. Preannuncia quindi la presentazione di emendamenti in relazione a questi profili.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore per la I Commissione, informa che sta preparando emendamenti relativi a questi punti del testo.

Il ministro Roberto CALDEROLI intende svolgere alcune precisazioni in merito alle questioni poste nel corso del dibattito. Nella sua qualità di Ministro per la semplificazione, deve in primo luogo convenire sulla complicazione normativa dovuta alla presentazione di disposizioni di contenuto simile in diversi provvedimenti presentati nel medesimo arco temporale: la legge finanziaria 2010, il disegno di legge «Carta delle autonome» (C. 3118), il decreto-legge in esame.
Rileva, tuttavia, che il percorso di attuazione delle modifiche apportate al Titolo

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V della parte II della Costituzione attende di essere realizzato. Ricorda, inoltre, che la legge 5 maggio 2009, n. 49, sul federalismo fiscale, dovrebbe trovare, a breve, attuazione. Peraltro, l'avvio non è stato semplice né celere, anche considerato che i nominativi dei componenti del Comitato di rappresentanti delle autonomie territoriali sono pervenuti, da parte delle regioni, solamente nel mese di ottobre 2009.
Evidenzia, quindi, che il cosiddetto federalismo demaniale richiede che si esprima la Conferenza unificata, che è una sede indubbiamente utile per il coinvolgimento delle istituzioni territoriali ma ormai non più «certa» nell'espressione dei pareri di competenza, tenuto conto dell'atteggiamento «aventiniano» seguito talvolta delle regioni, talvolta degli enti locali.
Ricorda, infatti, che lo schema di decreto legislativo attuativo era stato infatti predisposto nel mese di dicembre scorso ed il parere della Conferenza unificata era previsto per gennaio. Le regioni, tuttavia, hanno preannunciato che non esprimeranno alcun parere fino a quando non vi saranno le deliberazioni del CIPE sui fondi FAS.
Rileva, quindi, che si tratta di istanze certamente legittime ma che rischiano di rallentare le procedure di approvazione degli atti legislativi.
Ricorda, quindi, come la legge sulla Carta delle autonomie sia un provvedimento atteso da diverse legislature: ogni volta è stato avviato l'iter che poi si è sempre fermato. Fa presente che nel mese di luglio scorso, dopo un ampio confronto, è stato definito il disegno di legge in materia che il Consiglio dei ministri ha, quindi, approvato il 19 novembre 2009. La presentazione alla Camera dei deputati del disegno di legge è quindi avvenuta il 13 gennaio 2010 solo dopo aver acquisito il parere della Conferenza unificata.
Evidenzia, quindi, che i tempi necessari sono molto lunghi e, per tali ragioni, il Governo ha deciso di anticipare nel decreto-legge in esame parte della normativa contenuta nel disegno di legge della Carta delle autonomie, anche se ciò ha rischiato di creare una certa sovrapposizione degli interventi legislativi sulla materia. Sottolinea, peraltro, come sia stato sempre mantenuto un confronto costante ed un coinvolgimento pieno con gli enti locali e con le forze politiche. Ricorda inoltre come interventi volti ad operare tagli e riduzione nelle composizioni degli enti siano già stati avviati anni fa e i provvedimenti in esame continuano dunque nella direzione già seguita.
Ritiene che molti dei rilievi formulati nel corso del dibattito affrontino profili condivisibili. Ricorda, inoltre, che l'imprecisione delle disposizioni di cui ai commi da 183 a 186 dell'articolo 2 della legge finanziaria è dovuta soprattutto al fatto che le stesse facevano parte di un testo più ampio ed organico che tuttavia è stato dichiarato parzialmente inammissibile nel corso dell'iter alla Camera, trattandosi di norme di carattere ordinamentale.
Richiama quanto evidenziato dal collega Galletti e condivide, per quanto riguarda la soppressione della figura del direttore generale nelle realtà territoriali, la possibilità di individuare un livello dimensionale al di sopra del quale è invece consentito mantenere tale figura manageriale.
Ritiene altresì opportuno valutare se con una minore spesa si possa ottenere il medesimo risultato prevedendo sistemi elettorali con i collegi anche per i comuni, così da avere una piena rappresentatività sull'intero territorio.
Considera invece meno condivisibile la proposta di non sopprimere la figura del difensore civico.
Si sofferma quindi sulla questione, pista nel corso del dibattito, dell'entrata in vigore nel 2011 delle disposizioni. Ritiene si tratti di un atto di responsabilità in considerazione dell'anticipazione delle elezioni amministrative al 28 marzo, al fine di consentirne lo svolgimento in concomitanza con quelle regionali. Lo stesso non vale per gli assessori comunali e provinciali per i quali l'applicazione è prevista già a partire dalla tornata elettorale del 2010.

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Per quanto riguarda poi il rischio di una diminuita rappresentatività democratica a livello territoriale, conseguente alla riduzione del numero dei consiglieri, ritiene che occorra svolgere una riflessione tenendo conto dei numeri effettivi degli stessi. Ricorda che il numero dei comuni italiani è attualmente pari a 8.104, con un numero complessivo di consiglieri comunali superiore a 120 mila e di assessori pari a 35 mila. In alcuni eclatanti casi si è giunti al punto di avere una piena corrispondenza tra il numero degli abitanti ed il numero dei rappresentanti, tra eletti e nominati.
Rileva che i comuni con meno di 5.000 abitanti sono più del 70 per cento dei comuni italiani; da cui discende un numero estremamente elevato di consiglieri comunali.
Ritiene comunque che il quadro riepilogativo del numero dei consiglieri comunali e provinciali prima e dopo l'entrata in vigore del decreto-legge in esame confermi il pieno rispetto dei principi di rappresentatività democratica, a meno che a tali nomine non si intenda dare il ruolo di ammortizzatori sociali.
A suo avviso è invece più opportuno intervenire su quegli enti intermedi che sottraggono rappresentatività democratica: ricorda infatti che molte funzioni previste ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione sono state trasferite a soggetti terzi, cosicchè l'elettore non può di fatto incidere su funzioni fondamentali degli enti locali.
La specifica riflessione che attiene alla trasformazione delle province in enti intermedi andrà invece fatta nella sede più idonea, che è quella dell'esame del disegno di legge «Carta delle autonomie» (C. 3118).
Si sofferma quindi sulla questione del patto di stabilità, rilevando come anch'egli abbia più volte cercato di individuare possibili misure di intervento ma alla fine ha dovuto prendere atto del fatto che comunque vi sarebbero conseguenze sotto il profilo del debito o del deficit.
Ritiene, al riguardo, che l'audizione del dottor Edoardo Grisolia, Capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, svolta nella giornata odierna presso la Commissione Bilancio, abbia fornito degli utili spunti di riflessione per definire una soluzione che potrebbe essere condivisa anche dalla ragioneria generale dello Stato e che potrebbe confluire nel provvedimento in esame. Rimane in ogni modo la necessità di non incidere sul bilancio pubblico, per evitare situazioni degenerative come quelle verificatesi di recente in paesi come la Grecia, la Spagna o il Portogallo.
Per quanto attiene alla questione relativa alle elezioni per il comune di Bologna, ricorda che il Ministro dell'interno ha già rilevato l'impossibilità di fatto di includere tale città nella tornata elettorale del 28 marzo prossimo. Ciò considerato che il procedimento elettorale si avvia il 12 marzo e che la scadenza per il deposito delle liste e delle firme è fissata al 26 febbraio ed è impensabile prevedere solo 14 giorni per simboli, liste e firme.
Resta comunque ferma la facoltà del Parlamento di individuare possibili soluzioni nel caso in cui si decidesse di svolgere le relative elezioni nel corso del 2010. La posizione del Governo sul punto è comunque quella di neutralità.
Ritiene, infine, che buona parte delle misure previste dal disegno di legge «carta delle autonomie» (C. 3118) si viene a realizzare, coinvolgendo soprattutto la parte che appariva più difficoltosa. La parte restante, che attiene in particolare alle funzioni fondamentali su cui fino ad oggi vi è stato un «tira e molla» non si presenta quindi come una questione insormontabile. Al contempo, si potrà intervenire sull'assetto delle province e sugli strumenti di controllo nonché definire una disciplina organica della materia nel suo complesso.
Ribadisce, dunque, che la presentazione del decreto-legge in esame era l'unico strumento per avviare concretamente l'iter di riforma degli enti locali e la Carta delle autonomie. Ora la strada sarà solo in discesa.

Il viceministro Giuseppe VEGAS, rispondendo alla deputata Lanzillotta, precisa

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che le procedure di liquidazione degli immobili dell'amministrazione della difesa sembrano in grado di assicurare il reperimento delle risorse necessarie al finanziamento degli stanziamenti previsti in favore della capitale nell'ambito della legge finanziaria e che, pertanto il previsto ricorso ad anticipazioni di tesoreria nell'anno 2010 non determina rischi per gli equilibri di finanza pubblica anche in considerazione della circostanza che si tratta di una anticipazione infrannuale. Quanto alla ripartizione delle risorse fra il commissario straordinario del Governo e il comune di Roma, chiarisce che essa è stata effettuata sulla base della suddivisione dei debiti pregressi operata fra Commissario e comune.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che il termine per la presentazione di emendamenti al testo base è fissato alle ore 14 di domani, venerdì 12 febbraio. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.55.