CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 4 febbraio 2010
279.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 80

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 4 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.25.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, relativa all'immissione sul mercato di articoli pirotecnici.
Atto n. 170.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 3 febbraio 2010.

Pierguido VANALLI (LNP), relatore, fa presente che, considerata la particolare complessità del provvedimento in esame, sarebbe utile che la Commissione e il relatore potessero disporre di qualche giorno ancora prima dell'espressione del parere, al fine dei necessari approfondimenti tecnici.

Donato BRUNO, presidente, avverte che il sottosegretario Mantovano, il quale segue il provvedimento per il Governo, essendo stato informato di quest'esigenza della Commissione, ha scritto questa mattina per comunicare la disponibilità del Governo ad attendere l'espressione del parere parlamentare ancora per una settimana. Nel contempo, il sottosegretario si è scusato di non poter prendere parte alla seduta, che del resto era inizialmente prevista per il primo pomeriggio, a causa di concomitanti impegni istituzionali. Quindi, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.30.

Pag. 81

SEDE REFERENTE

Giovedì 4 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.30.

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini e C. 3020 Amici.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 3 febbraio 2010.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.35.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Giovedì 4 febbraio 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.35 alle 11.40.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Giovedì 4 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 11.40.

Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione.
Testo unificato C. 825 Angela Napoli ed abb.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, fa presente che il testo elaborato dalla Commissione giustizia persegue un obiettivo senz'altro condivisibile, reca infatti disposizioni volte a limitare la contaminazione tra politica e criminalità organizzata. A tal fine si fa divieto di svolgere attività di propaganda politica in occasione di competizioni elettorali alle persone cui è stata applicata la misura della sorveglianza speciale perché indiziate di appartenere alla criminalità organizzata. Si fa, simmetricamente, divieto ai candidati alle elezioni di avvalersi di tali persone per tale attività. La violazione del divieto è punita, nell'uno e nell'altro caso, con la reclusione da due a cinque anni. La condanna per il reato comporta la decadenza dalle cariche pubbliche elettive e l'incandidabilità in qualsiasi competizione elettorale per cinque anni.
Passando ad esaminare più in dettaglio il provvedimento, rileva che l'articolo 1 aggiunge alcuni commi all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso.
Tale legge prevede che alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso possono essere applicate le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza o dell'obbligo di soggiorno previste, rispettivamente, dal primo e dal terzo comma della legge n. 1423 del 1956. L'articolo 10, in particolare, prevede che le persone cui sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione non possano svolgere determinate attività e non possano ottenere o mantenere determinate licenze, concessioni o contributi ivi elencati.
I commi introdotti dal provvedimento in esame nell'articolo 10 prevedono che alle persone alle quali sia stata applicata la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza in quanto indiziate di appartenere a organizzazioni criminali di tipo mafioso non possono, con nessun

Pag. 82

mezzo, né direttamente né indirettamente, svolgere attività di propaganda elettorale a favore o contro un candidato o un simbolo in nessuna competizione elettorale.
Per chi viola il divieto è prevista la reclusione da due a cinque anni. La stessa pena è prevista per il candidato alle elezioni che, pur essendo inequivocabilmente a conoscenza del fatto che una persona è sottoposta a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, le chiede di svolgere propaganda elettorale o accetta che la svolga.
L'articolo 2 stabilisce che chi sia stato condannato o abbia patteggiato la pena per il reato in questione non possa candidarsi in nessuna competizione elettorale per cinque anni e decada dalle cariche pubbliche elettive che eventualmente ricopra. A tal fine la cancelleria del tribunale che pronuncia la sentenza trasmette copia dell'estratto esecutivo all'organo o all'ente di appartenenza del condannato.
Passando alla valutazione di costituzionalità, va detto che, sotto il profilo del rispetto del riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni, il provvedimento non presenta problemi: il contenuto è infatti riconducibile a due materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato: la materia «organi dello Stato e relative leggi elettorali» e la materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale».
Il provvedimento appare invece problematico sotto altri aspetti.
Per quanto riguarda l'articolo 1, va notato che il testo in esame non prevede che, ai fini dell'applicabilità del divieto di propaganda elettorale, la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza debba essere stata confermata con provvedimento definitivo. Il divieto è quindi vigente anche nei confronti di coloro che abbiano impugnato il provvedimento che istituisce la sorveglianza speciale e il cui ricorso non sia ancora stato definito.
Ora, considerato che il divieto consiste nella limitazione di un diritto costituzionalmente garantito e che la misura della sorveglianza speciale si applica a soggetti soltanto indiziati del reato, appare necessario prevedere che il divieto valga solo per coloro per i quali la misura in questione sia stata applicata in via definitiva, come del resto richiesto dal comma 1 dello stesso articolo 10 della legge n. 575 per l'applicabilità di altre restrizioni incidenti su diritti costituzionalmente garantiti.
Il divieto, d'altra parte, ha carattere permanente: ossia perdura anche dopo la cessazione della sorveglianza speciale. Appare quindi necessario che esso venga meno in caso di riabilitazione, come previsto, per gli altri divieti di cui all'articolo 10 citato, dall'articolo 15, comma 3-bis della legge n. 327 del 1988, il quale stabilisce che i soggetti di cui all'articolo 1 della legge n. 575 possano richiedere la riabilitazione dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale e che la riabilitazione comporta la cessazione dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge n. 575. Peraltro, poiché il divieto di propaganda elettorale viene inserito nell'articolo 10 della legge predetta, consegue che, in caso di riabilitazione, il soggetto interessato riacquista la facoltà di svolgere attività di propaganda elettorale. Dunque sotto questo profilo non sussistono problemi.
Sempre in relazione all'articolo 1, va rilevato il rischio che la fattispecie che costituisce reato non sia adeguatamente determinata. In particolare, l'ultimo comma prevede che sia punito anche il candidato alle elezioni che, pur essendo inequivocabilmente a conoscenza del fatto che una persona è sottoposta a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, non solo richiede, ma anche «accetta» da parte di questa persona la prestazione di attività di propaganda elettorale.
Al riguardo appare necessario precisare in quali condizioni si possa ritenere «accettata» l'attività di propaganda da parte di un candidato che non l'abbia chiesta, tanto più che - stando al testo in esame - l'attività potrebbe non consistere in una propaganda a favore del candidato, ma contro il suo avversario. Ciò è tanto più necessario in quanto dalla condanna discendono, ai sensi dell'articolo 2, forti limitazioni dell'elettorato passivo.

Pag. 83

L'articolo 2 infatti prevede, come anticipato, la decadenza dalle cariche pubbliche elettive e l'incandidabilità ad esse per cinque anni per chi sia stato condannato per il reato in questione.
Riguardo all'incandidabilità va preliminarmente osservato che, mentre per le cariche elettive regionali e locali, questa è un istituto già previsto per altre cause e già scrutinato dalla Corte costituzionale, lo stesso non può dirsi per la incandidabilità alle elezioni al Parlamento.
Come infatti questa Commissione ha avuto modo di appurare nella precedente legislatura attraverso un'indagine conoscitiva proprio su incandidabilità e ineleggibilità, non esistono casi di incandidabilità al Parlamento ed è oggetto di discussione in dottrina se l'incandidabilità alle cariche di deputato e senatore possa ritenersi conforme alla Costituzione.
Al riguardo va ricordato che gli articoli 65 e 66 della Costituzione prevedono, rispettivamente, che «la legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore» e che «ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità».
L'articolo 2 del testo in esame tuttavia non distingue tra il soggetto candidato o eletto al Parlamento e quello candidato o eletto ad altre cariche pubbliche. Considerazioni analoghe, se non più forti, possono farsi per la decadenza «di diritto» dal mandato parlamentare.
Su questo punto appare occorre pertanto un'attenta riflessione da parte della Commissione.
Si aggiunga, per completare l'esame del testo, che la Corte costituzionale ha chiarito - con riferimento alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali - che, in ogni caso, l'incandidabilità alle cariche elettive può essere ammessa solo in presenza di una condanna passata in giudicato. L'articolo 2 del testo in esame invece non solo non prevede che la condanna da cui discende il divieto di candidarsi debba essere passata in giudicato, ma prevede che il divieto discenda anche dal patteggiamento della pena.
Quindi, preso atto che non vi sono richieste di intervento, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.50.