CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 12 gennaio 2010
267.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.10 alle 13.15

SEDE REFERENTE

Martedì 12 gennaio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.15

Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza.
C. 889 Consolo, C. 2964 Biancofiore, C. 2982 La Loggia, C. 3005 Costa, C. 3013 Vietti, C. 3028 Palomba e C. 3029 Paniz.

(Seguito esame e rinvio)

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 17 dicembre 2009.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che sono stati presentati 169 emendamenti (vedi allegato). Alcuni di questi sono da considerare inammissibili. In particolare sono inammissibili gli emendamenti Palomba 1.22, 1.24, 1.32, 1.33, 1.35, 1.36,

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1.37, 1.38, 1.70, 1.71, 1.72 e 1.73. Inoltre non saranno posti in votazione, in quanto privi di contenuto normativo, gli emendamenti Palomba 1.29 e 1.30.

Federico PALOMBA (IdV) preso atto delle dichiarazioni di inammissibilità, fa presente che il senso politico degli emendamenti da lui presentati era quello di evidenziare l'illegittimità costituzionale del testo in esame. In particolare il provvedimento contrasta con il principio della parità di rango costituzionale della funzione di Governo e della funzione giurisdizionale, introducendo nell'ordinamento con legge ordinaria una vera e propria prerogativa a beneficio del Presidente del Consiglio e dei ministri. Il reale obiettivo del provvedimento è di ottenere un certo numero di mesi di moratoria per il Presidente del Consiglio dei ministri, poiché questo è il tempo presumibilmente ritenuto necessario per varare una analoga disciplina con legge costituzionale, ponendosi nel contempo al riparo da una pronuncia di incostituzionalità.
Evidenzia come ulteriori suoi emendamenti avessero ad oggetto l'aggettivo «sereno» riferito allo svolgimento delle funzioni di Governo. Poiché la serenità è uno stato d'animo, ritiene improprio utilizzare quell'aggettivo nell'ambito di un testo normativo.
Ricorda inoltre come l'UDC avesse presentato la proposta di legge n. 3013, in materia di legittimo impedimento, ritenendo che la soluzione nella stessa prospettata fosse preferibile rispetto al provvedimento sul cosiddetto «processo breve», in corso di esame presso il Senato e, comunque, confidando che l'esame di quest'ultimo sarebbe stato abbandonato. Poiché risulta che l'esame del provvedimento sul «processo breve» stia proseguendo presso l'altro ramo del Parlamento, chiede ai colleghi dell'UDC di chiarire la loro posizione.
Rileva quindi come la sua proposta di legge n. 3028 non sia stata minimamente presa in considerazione nella redazione del testo unificato, pur essendo l'unica conforme alla Costituzione. Il che appare del tutto irragionevole.
In conclusione, chiarisce che le sue proposte emendative non intendevano affatto essere irrispettose, ma semplicemente sottolineare le numerose e gravi carenze del provvedimento in esame. Per questo motivo, ritiene che i suoi emendamenti avrebbero potuto essere respinti in seguito ad un approfondito dibattito in Commissione, anziché essere dichiarati inammissibili. Manifesta comunque la propria disponibilità al ritiro degli emendamenti dichiarati inammissibili.

Antonino LO PRESTI (PdL) replicando all'onorevole Palomba, dopo aver sottolineato come gli emendamenti dichiarati inammissibili non possano più essere ritirati, contesta il modo in cui il gruppo dell'Italia dei valori, tramite la presentazione di emendamenti banali e offensivi, ha deciso di opporsi al provvedimento in esame. Ritiene inoltre singolare che gli emendamenti in questione siano firmati dal solo onorevole Palomba, che se ne assume in tal modo la totale responsabilità politica, e non anche dall'onorevole Di Pietro. Esprime infine apprezzamento per il ruolo svolto dai gruppi dell'UDC e del PD che hanno invece contribuito in modo costruttivo e leale al dibattito.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda all'onorevole Palomba come, nella qualità di Presidente della Commissione, lei abbia il dovere di garantire il rispetto del Regolamento e come, sulla base di una valutazione meramente formale, si sia limitata a dichiarare l'inammissibilità di quegli emendamenti che, se approvati, avrebbero reso il testo incostituzionale, nonché di quelle proposte emendative prive di un concreto contenuto normativo. Pur apprezzando la disponibilità dell'onorevole Palomba al ritiro di talune sue proposte emendative, ricorda come gli emendamenti dichiarati inammissibili non possano essere ritirati. Ricorda inoltre che l'onorevole Palomba è il rappresentante del gruppo dell'Italia dei valori in Commissione

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e che, in quanto tale, se sottoscrive un emendamento ne assume la responsabilità politica a nome del suo gruppo.

Rita BERNARDINI (PD), nel ribadire la posizione della componente dei Radicali nel gruppo del Partito democratico, sottolinea come sinora l'azione sin qui svolta dal Governo sia molto lontana dai reali problemi della giustizia. Il provvedimento in esame conferma questa tendenza, non potendo certamente essere considerato una misura per affrontare la crisi della giustizia. La strada maestra da seguire dovrebbe essere quella indicata dalla sua risoluzione del 27 gennaio 2009, n. 6-00012, che impegnava il Governo ad una riforma strutturale della giustizia, con l'elencazione dei provvedimenti necessari. Preannuncia inoltre che domani terrà, insieme alla senatrice Emma Bonino, una conferenza stampa per la presentazione di un provvedimento di amnistia, poiché questo appare l'unico serio provvedimento da prendere in considerazione dell'attuale stato della giustizia. Sottolinea inoltre come un simile intervento andrebbe a vantaggio di tutti i cittadini e come non potrebbe considerarsi un problema il fatto che ad avvantaggiarsi dello stesso possa eventualmente essere anche il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Donatella FERRANTI (PD) rileva preliminarmente come da talune notizie di stampa risulti imminente l'approvazione da parte dei Consiglio dei ministri di un decreto-legge che avrebbe come effetto la sospensione di processi penali pendenti, fra i quali presumibilmente anche quelli che riguardano il Presidente del Consiglio. Poiché un simile decreto-legge raggiungerebbe sostanzialmente lo stesso obiettivo perseguito dal provvedimento sul legittimo impedimento nonché da quello sul cosiddetto «processo breve», in corso di esame al Senato, rendendo in entrambe i casi sostanzialmente inutile la prosecuzione dell'esame, chiede al rappresentante del Governo di pronunciarsi in merito alla veridicità delle predette notizie di stampa. Sottolinea quindi come un simile comportamento da parte del Governo sarebbe di inaudita gravità e fortemente lesivo del ruolo e delle prerogative del Parlamento.
Con riferimento alla ratio degli emendamenti del Partito democratico, sottolinea come questi abbiano lo scopo di evidenziare ed eventualmente correggere i palesi vizi di incostituzionalità del provvedimento in esame. Si tratta infatti di un provvedimento ad personam, che prevede la sospensione automatica del processo connessa ad ipotesi di legittimo impedimento individuate in modo del tutto generico. Si introduce nell'ordinamento una prerogativa per poche figure istituzionali, esautorando completamente il giudice e le parti processuali cointeressate da qualsiasi valutazione. Per introdurre una simile prerogativa occorre una legge costituzionale, non essendo certamente ammissibile una legge-ponte di rango ordinario.
Sottolinea come il provvedimento in esame non sia affatto urgente, non serva ai cittadini e non rientri fra le priorità della giustizia

Michaela BIANCOFIORE (PdL) ritiene assolutamente non condivisibili gli interventi dei colleghi di opposizione. Sottolinea quindi come il presente provvedimento, così come il cosiddetto «Lodo Alfano» non siano affatto provvedimenti fatti su misura per l'uomo Silvio Berlusconi, come molti continuano a voler far credere. Semmai, sull'esempio di tutte le democrazie occidentali, si tratta di provvedimenti per le alte cariche e per il Presidente del Consiglio in quanto istituzione del nostro Paese: la quarta carica istituzionale, che ha il diritto e dovere di portare a compimento il mandato conferitogli dagli elettori senza vedere il potere esecutivo, che rappresenta, soggiacere a quello giudiziario che nel qual caso, anche ammettendo non essere totalmente politicizzato, diventa inevitabilmente attore politico facendo fallire l'architrave stessa della democrazia che si fonda sulla suddivisione e la reciproca lealtà dei poteri. Il Presidente del Consiglio, peraltro, rappresenta l'unica carica eletta direttamente dal

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popolo che non viene contemplata quando si invoca il rispetto istituzionale per esporla al pubblico ludibrio.
Del «Lodo Alfano», scudo per le alte cariche applicato pienamente in Francia, Germania e Spagna, si è ampiamente discusso. Tuttavia è necessario ricordare, per far comprendere quanto destituito di fondamento sia il leit motiv delle «leggi ad personam», che proprio la recente sentenza della Corte costituzionale ha indicato la strada del legittimo impedimento, che qualcuno oggi, tra i quali ex Presidenti emeriti della Corte costituzionale con la tessera di Libertà e Giustizia, vorrebbero già anticipatamente decretare incostituzionale. E ancora, nella precedente sentenza sul «Lodo Schifani» la Consulta ha riconosciuto che vi è un apprezzabile interesse della collettività alla protezione del sereno svolgimento di rilevanti funzioni connesse alle cariche istituzionali in questione. È stato cioè ritenuto di apprezzabile interesse non solo lo svolgimento di queste funzioni, ma anche che possano essere svolte in modo sereno. Funzioni ritenute, al contrario, in accettabilmente irrilevanti ancora una volta da un pubblico ministero della Procura di Milano, in occasione del vertice internazionale della FAO al quale partecipava il Presidente del Consiglio, dimostrando una nuova sovrapposizione del potere giudiziario su quello esecutivo con grave conseguente pregiudizio per il buon funzionamento dello Stato. Innanzi a questa ennesimo gratuito tentativo di svilire l'attività istituzionale del Presidente del Consiglio e di intromissione nell'agenda di governo è nato il progetto di legge sul legittimo impedimento che, come ha avuto il coraggio di giudicare il Procuratore capo della Procura di Bolzano, Guido Rispoli , si pone proprio nel solco indicato dalle due precedenti pronunce della Consulta oltre ad essere già di fatto previsto dal nostro codice di procedura penale.
Ritiene quindi che non si possa parlare di legge ad personam o decretarne comunque l'incostituzionalità se non si è evidentemente mossi da pregiudizio politico, quando, nella sentenza sul Lodo Alfano la Corte costituzionale ha proprio indicato nel legittimo impedimento a comparire nelle udienze lo strumento processuale che l'imputato ha diritto di utilizzare per tutelare i propri impegni istituzionali, precisando addirittura che è un istituto da regolarsi con legge ordinaria e che quindi non ha bisogno di procedura costituzionale, perché non deroga al principio di parità di trattamento dei cittadini davanti alla giurisdizione. Infatti non si può identificare come un trattamento di favore, dal momento che il legittimo impedimento fatto valere dall'imputato sospende il corso della prescrizione: quindi la funzione della magistratura di giudicare anche i Ministri, in questo sì necessariamente uguali a tutti gli altri, non viene meno. Si tratta infatti unicamente di spostare il processo, non di azzerarlo, né tantomeno di sottrarre il Ministro-imputato alla giustizia, in funzione della particolare e unica funzione da questi svolta che, per legge, è di contenuto non solo amministrativo ma anche politico.
Sottolinea inoltre come nel nostro codice di procedura penale la differenza di ruolo tra rappresentanti del Governo e gli altri cittadini sia già codificata. Infatti, a norma dell'articolo 205 del codice di procedura penale, quando il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Repubblica, i Presidenti di Camera e Senato devono essere sentiti come testimoni, non si recano loro in Tribunale ma è il Tribunale che va da loro, proprio «al fine di garantire la continuità e la regolarità delle funzioni cui sono preposti». Si conferma quindi, per tramite di una norma già in vigore e già contenuta nel nostro codice, che le funzioni svolte dalle alte cariche istituzionali giustificano un trattamento particolare, non per la persona in quanto tale, ma per la funzione svolta.
La nozione di funzione di governo trova puntuale descrizione nella Costituzione, nelle leggi dello Stato e nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri. Da tali fonti normative si ricava in modo inequivoco che la funzione di governo, con particolare riguardo alla figura del Presidente del Consiglio dei

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Ministri, si estrinseca anche nell'attività di impulso, indirizzo e coordinamento dell'azione di governo intesa in senso non solo amministrativo ma anche politico. Quasi ogni attività del Presidente del Consiglio dei ministri, ivi incluse quelle di natura preparatoria e consequenziale ed anche l'attività di rappresentanza, deve pertanto farsi rientrare nella nozione di cui sopra, contribuendo di fatto quasi sempre a dare impulso, indirizzo e coordinamento all'azione di governo nella ricordata lata accezione politico-amministrativa.

Roberto RAO (UdC) preliminarmente sottolinea, a nome del suo gruppo, che ben altre sono le priorità in materia di giustizia rispetto all'approvazione di un provvedimento volto a definire le cause di legittimo impedimento a comparire in giudizio del Presidente del Consiglio. Tuttavia, a seguito dell'evolversi della discussione presso il Senato sul provvedimento sul processo breve, è diventato urgente affrontare la questione del coinvolgimento in processi penali del Capo dell'Esecutivo. Per tale ragione, il suo gruppo ha presentato una proposta di legge diretta ad individuare in maniera specifica le attività riconducibili ad attività istituzionali del Presidente del Consiglio, il cui svolgimento possa essere considerato un legittimo impedimento a comparire in udienza. Tale provvedimento è stato strutturato come una cosiddetta legge-ponte, in vista dell'approvazione di una legge di rango costituzionale volta a prevedere la sospensione dei processi relativi alle alte cariche dello Stato in attuazione di quanto sancito dalla Corte costituzionale nella sentenza che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del «lodo Alfano». Ribadisce, pertanto, la contrarietà del gruppo dell'UdC ad una normativa sul processo breve che di fatto mascheri una vera e propria amnistia, come avverrebbe qualora si continuasse a prevedere l'applicazione delle nuove norme anche ai processi in corso.
Ritiene che l'unico modo per affrontare correttamente la questione dei rapporti tra politica e giustizia non sia quello di modificare in via generale le disposizioni del processo penale con il rischio di introdurre delle amnistie mascherate, quanto piuttosto quello di imboccare la via di riforme costituzionali condivise e quindi che possano essere approvate con la maggioranza qualificata prevista dall'articolo 138 della Costituzione. Nel frattempo il Parlamento dovrebbe approvare una legge ordinaria che consenta di poter lavorare su tale riforma costituzionale.
Auspicando l'approvazione degli emendamenti presentati dal suo gruppo, ritiene che il testo unificato in esame possa costituire un passo importante in vista delle richiamate riforme.
Conclude sottolineando come per il suo gruppo vi sia una vera e propria alternativa tra la scelta di approvare un testo sul legittimo impedimento e quella di riformare i tempi del processo penale nei modi nei quali il Senato sembra voler procedere.

Pasquale CIRIELLO (PD) ritiene che la calendarizzazione con urgenza di due provvedimenti che interessano personalmente il Presidente del Consiglio, quali quello sul legittimo impedimento alla Camera e quello sul processo breve al Senato, abbia delle sfumature involontariamente umoristiche alla luce delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, secondo le quali il 2010 sarebbe stato l'anno della riforma della giustizia. In realtà, nelle prime sedute di quest'anno sono stati posti all'ordine del giorno presso i due rami del Parlamento dei provvedimenti che interessano unicamente il Capo del Governo.
Riferendosi all'intervento dell'onorevole Biancofiore, evidenzia come le sentenze della Corte costituzionale vadano citate per intero. In particolare, la Corte costituzionale ha sempre mantenuto un univoco orientamento volto a evidenziare l'esigenza costituzionale del bilanciamento degli interessi, quali quello dello svolgimento del processo e quello del diritto di difesa. Ricorda che la Corte ha sempre ribadito il principio che tale bilanciamento non può che essere fatto in concreto dal

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giudice, in quanto solo in questa maniera si evita il rischio che uno dei due interessi contrapposti prevalga sempre sull'altro.
Conclude sottolineando che il provvedimento in esame, come evidenziato dal professor Valerio Onida nell'audizione svoltasi in Commissione, è palesemente incostituzionale, contrastando con l'orientamento decennale della Corte costituzionale in ordine al bilanciamento dell'interesse delle cariche pubbliche a svolgere le loro funzioni e quello della giustizia a che siano portati a compimento i processi.

Anna ROSSOMANDO (PD) preliminarmente condivide l'osservazione dell'onorevole Ciriello, secondo la quale le sentenze debbono essere citate sempre per intero. Ricorda che spesso in udienza accade che delle cause vengano perse da avvocati che richiamano delle sentenze solo per quelle parti che a loro fanno comodo. In questi casi, per l'altra parte è facile vincere la causa citando la parte della sentenza celata dall'altra parte. Nel caso in esame, le tesi dell'onorevole Michaela Biancofiore trovano la loro confutazione proprio nelle medesime sentenze della Corte costituzionale citate parzialmente dalla medesima.
Dopo aver ricordato che il proprio gruppo ha sempre manifestato la disponibilità a discutere con la maggioranza e il Governo le riforme in materia di giustizia, rileva che nuovamente il Parlamento si trova a discutere di leggi ad personam, che poco hanno a che fare con le riforme da tutti auspicate. Ritiene che queste leggi si basino su un presupposto più volte dichiarato anche dallo stesso Presidente del Consiglio, secondo il quale la legittimazione popolare può sottrarre il soggetto eletto dal controllo di legittimità divenendo un soggetto legibus solutus, secondo una concezione populistica autoritaria. Rileva che l'intervento dell'onorevole Biancofiore abbia evidenziato in maniera del tutto chiara tali premesse culturali, che costituiscono la ratio del provvedimento in esame. Tutto ciò, a suo parere, è in pieno contrasto con l'esigenza di creare un clima politico adatto a quelle riforme che il Paese necessita.

Jean Leonard TOUADI (PD) evidenzia come l'intervento dell'onorevole Biancofiore abbia avuto il tenore di un comizio elettorale piuttosto che quello di un intervento nel corso di un esame in sede referente. Tuttavia, l'intervento ha avuto il pregio di manifestare con chiarezza quali siano i presupposti culturali sui quali si poggia il provvedimento in esame.
Ritiene che sia molto grave che la maggioranza consideri la questione del legittimo impedimento del Capo del Governo come una priorità in materia di giustizia, dimenticando la drammatica situazione delle carceri italiane, che costituisce oggetto di una mozione del Partito democratico che sarà esaminata oggi dall'Assemblea della Camera. Sottolinea, a tale proposito, che il proprio gruppo è disposto ad affrontare in maniera costruttiva le vere questioni che rendono drammatica la situazione della giustizia in Italia, mentre non vi è alcuna disponibilità in merito a leggi finalizzate a garantire solo alcuni, come quella in esame. Rileva l'incongruenza di voler approvare una legge-ponte di rango ordinario con dei ritmi serrati che sostanzialmente non consentono di affrontare in maniera adeguata la questione del delicato equilibrio tra i poteri. A suo parere, questo equilibrio può essere garantito solo nel caso in cui sia lasciata al giudice la discrezionalità nel caso concreto di valutare la reale sussistenza del legittimo impedimento.
Conclude sottolineando come il condivisibile assunto secondo il quale il ruolo dell'opposizione deve essere anche costruttivo rischi di non trovare accoglimento in tutti quei casi in cui l'oggetto del lavoro parlamentare si concretizzi unicamente in leggi da approvare per salvaguardare interessi personali.

Pietro TIDEI (PD) rileva che il provvedimento in esame costituisce una smentita degli intenti della maggioranza in relazione ad un nuovo corso dei rapporti tra maggioranza e opposizione, che dovrebbe portare all'approvazione di riforme anche in materia di giustizia. Prima di procedere ulteriormente all'esame del provvedimento,

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ritiene indispensabile che il Governo confermi o smentisca l'intenzione, da più parti manifestata, di adottare un decreto-legge volto a sospendere i processi.
In relazione all'intervento dell'onorevole Michaela Biancofiore, esprime il proprio rammarico per il fatto che la medesima abbia lasciato i lavori della Commissione dopo aver effettuato una sorta di comizio elettorale, dimostrando scarsa considerazione per la Commissione stessa. Ritiene che sia incomprensibile come da parte di alcuni si cerchi ancora di dimostrare che tanto il provvedimento sul legittimo impedimento quanto quello sul processo breve siano volti a tutelare l'interesse generale, quando invece è del tutto evidente che il vero beneficiario di questi provvedimenti è il Presidente del Consiglio. Ben altre, a suo parere, sono le priorità in materia di giustizia. Tra queste ricorda quella estremamente grave della situazione delle carceri italiane, resa drammatica non solo dal sovraffollamento ma anche dalla mancanza di personale penitenziario sia amministrativo sia di polizia. A ciò si aggiunge anche una forte carenza di educatori penitenziari, che rende ancora più difficile l'attuazione del principio costituzionale della funzione rieducativa della pena.
A fronte di una situazione drammatica sia della giustizia sia delle carceri, ritiene che sia offensivo per il Paese che la maggioranza presenti come priorità leggi ad personam, che hanno come unica funzione quella di salvaguardare il Presidente del Consiglio dall'applicazione della legge.

Marilena SAMPERI (PD), condividendo gli interventi degli altri deputati del proprio gruppo, rileva che tutti sono ben consapevoli che i veri problemi della giustizia sono altri rispetto a quelli sul legittimo impedimento a comparire in udienza del Presidente del Consiglio e sull'applicabilità delle nuove norme sul processo breve ai processi nei quali è coinvolto quest'ultimo. Dopo aver dichiarato che nessuno vuole negare l'esigenza di consentire al Presidente del Consiglio di esercitare le proprie funzioni, specialmente in un momento di crisi come quello che sta vivendo l'Italia, sottolinea come questa esigenza abbia un suo fondamento quando mira a tutelare l'interesse generale e non solo quello particolare del Presidente del Consiglio a non essere sottoposto a processo. Invece, in questa legislatura, la maggioranza sembra avere l'ossessione di trovare una soluzione per consentire al Presidente del Consiglio di non essere processato.
Facendo riferimento all'intervento dell'onorevole Biancofiore, dichiara di condividere quei rilievi secondo i quali sarebbero state richiamate le sentenze della Corte costituzionale in maniera parziale, non ricordando quelle parti delle sentenze dalle quali si desume chiaramente come il provvedimento in esame sia in contrasto con i principi costituzionali. Esprime anche meraviglia sul fatto che sia stato criticato l'intervento svolto dal professor Valerio Onida in Commissione giustizia, senza tenere conto che proprio questi è stato l'estensore della sentenza della Corte costituzionale n. 225 del 2001 richiamata dall'onorevole Biancofiore per sostenere la propria tesi. Come è stato evidenziato nel corso della predetta audizione, i principi costituzionali ai quali si deve fare sempre riferimento sono quelli dell'equilibrio delle funzioni e della leale collaborazione tra i poteri. Questi principi, a suo parere, sono violati dal testo in esame che non lascia alcuna discrezionalità al magistrato per valutare se nel caso concreto sussista realmente il legittimo impedimento addotto da una delle parti. Ritiene, infatti, che il provvedimento sia stato formulato in maniera tale da prevedere che l'esercizio di attività pubbliche sia sempre e comunque una causa di legittimo impedimento, facendovi ricomprendere anche ipotesi quali, ad esempio, le inaugurazioni di strade. Tutto ciò significa che con il provvedimento in esame si intende introdurre, attraverso una legge ordinaria, delle prerogative la cui legittimazione può trovarsi unicamente in una normativa di rango costituzionale. Conclude sottolineando che tale vizio di costituzionalità non può essere sanato dalla natura transitoria della

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disposizione in esame né tantomeno dalla natura di legge-ponte che essa assumerebbe ala luce di future riforme costituzionali.

Lorenzo RIA (UdC) in primo luogo dichiara di condividere pienamente l'intervento dell'onorevole Rao in merito alle priorità della giustizia. Evidenzia come in due anni di legislatura la maggioranza si sia invece occupata di ben altre priorità riguardanti singole persone, non preoccupandosi di affrontare invece i temi più importanti e di interesse della generalità dei cittadini. Al fine di evitare che in questa ottica la maggioranza approvi una legge che di fatto non è altro che una amnistia mascherata, quale quella sul processo breve da applicare ai processi in corso, il suo gruppo ha inteso presentare una proposta di legge in materia di legittimo impedimento, conferendo alla medesima la struttura di legge-ponte da approvare in vista di riforme costituzionali. Auspica pertanto che il Senato sospenda l'esame della proposta di legge sul processo breve e che si approvi il provvedimento sul legittimo impedimento così come formulato dal suo gruppo e, quindi, limitandolo unicamente al Presidente del Consiglio. Ritiene a tale proposito che l'estensione della normativa ai ministri sia del tutto errata, essendo necessario in questo momento unicamente disciplinare le questioni relative alla partecipazione al processo penale del Presidente del Consiglio in vista di una legge costituzionale volta, come avviene in altri Paesi, a sospendere i processi nei quali sono imputate le alte cariche dello Stato. Dichiara infine di non condividere assolutamente l'intervento dell'onorevole Biancofiore, che ha invece confermato come vi sia l'intento da parte della maggioranza di approvare una legge ad personam della quale sia beneficiario il Presidente del Consiglio.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO, alla luce degli interventi svolti, auspica che il dibattito si svolga con senso della realtà da parte di tutti ed in particolare dell'opposizione. Ritiene che, per meglio inquadrare il provvedimento in esame, sia opportuno ricordare come dalla improvvida riforma dell'articolo 68 della Costituzione, fatta nel 1993 sulla spinta di «Mani Pulite», vi sia un pesante ritardo nel trovare una soluzione volta a garantire un nuovo equilibrio tra il potere politico e la giustizia. Troppo spesso vi è stata una utilizzazione degli strumenti giudiziari con finalità politiche che ha finito per coinvolgere anche il destino di Governi pienamente legittimati dalla fiducia del Parlamento.
Replicando all'onorevole Palomba, dichiara di non condividere assolutamente la tesi secondo la quale ogni disposizione in materia di giustizia che si riferisca a particolari soggetti debba trovare necessariamente una legittimazione costituzionale. A tale proposito, ricorda come le norme sulla immunità relative ai membri del Consiglio Superiore della magistratura abbiano natura di legge ordinaria, senza che la Corte costituzionale abbia nulla eccepito a proposito. Ricorda altresì che la stessa Corte costituzionale, in occasione della pronuncia sul «lodo Schifani», ha sostanzialmente condiviso la scelta del Parlamento di procedere alla sospensione dei processi relativi alle alte cariche dello Stato attraverso una legge ordinaria. A ciò si aggiunga che nella sentenza che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del «lodo Alfano» è stata prevista la possibilità di prevedere dei casi di legittimo impedimento attraverso legge ordinaria.
Altro ritardo del quale non si può non tenere conto è quello relativo all'attuazione legislativa del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, che costituisce un corollario del principio del giusto processo inserito nella Costituzione nel 1999. Proprio per dare attuazione a questo principio sia nella XIII legislatura che nella XV legislatura importanti esponenti del centrosinistra avevano presentato delle proposte di legge volte a scandire delle fasi temporali entro le quali si sarebbero dovuti svolgere i diversi gradi di giudizio. L'esigenza di dare attuazione

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al principio della ragionevole durata del processo è stato tenuto conto anche dalle commissioni ministeriali sulla riforma del codice penale e del codice di procedura penale istituite da ministri della giustizia di centrosinistra e presiedute rispettivamente dai professori Giuliano Pisapia e Giuseppe Riccio.
In questa ottica il Senato sta procedendo all'approvazione di una normativa sui tempi del processo penale, che erroneamente viene denominata come legge sul processo breve. In realtà si tratta di dare attuazione ai principi costituzionali in merito ai tempi della giustizia. Si sofferma, pertanto, sulla nuova disposizione transitoria presentata al Senato, secondo la quale le nuove disposizioni troverebbero applicazione solamente a quei processi in corso relativi ai reati commessi fino al 2 maggio 2006, cioè a quei reati per i quali può essere applicato l'indulto. Si tratta in sostanza di reati che con un alto grado di probabilità sono destinati alla prescrizione: pertanto, la loro prosecuzione finirebbe per intralciare altri processi che invece hanno la possibilità di essere portati a compimento. A tale proposito, ricorda come questa esigenza di evitare che lo svolgimento di processi per reati oggetto di indulto, come tali destinati con un alto grado di probabilità alla prescrizione, sia stata tenuta presente dal Presidente del Tribunale di Torino attraverso una serie di direttive che hanno finito per facilitare la possibilità di concludere il processo con un patteggiamento.
Per quanto attiene al merito del provvedimento in esame, dichiara di non condividere assolutamente tesi secondo le quali si tratterebbe di una normativa volta a introdurre in via ordinaria delle nuove prerogative che potrebbero essere legittimate unicamente da una legge di rango costituzionale. Rileva che il provvedimento si limita a specificare, secondo quanto previsto anche dalla sentenza della Corte costituzionale sul «lodo Alfano», i casi che devono essere comunque ricondotti ad ipotesi di legittimo impedimento per il Presidente del Consiglio e per i ministri. A ciò si è aggiunta una clausola di chiusura diretta a prevedere delle ipotesi connesse all'esercizio di quelle funzioni, il cui accertamento viene comunque rimesso al magistrato.
In ordine ad eventuali nuove disposizioni relative alla sospensione di processi, sottolinea come il Governo non abbia alcuna intenzione di presentare norme in tal senso. Piuttosto, vi è l'esigenza di dare piena attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 333 del 2009 con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 516 e 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice il giudizio abbreviato relativamente al reato contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale. In tal caso, per consentire all'imputato di valutare l'opportunità di esercitare questa facoltà, potrebbe essere opportuno prevedere la sospensione del processo per un certo tempo.

Giulia BONGIORNO, presidente, rinvia il seguito dell'esame alla seduta convocata al termine delle votazioni previste nella seduta pomeridiana dell'Assemblea.

Disposizioni sulla Corte penale internazionale.
C. 1439 Melchiorre, C. 1782 Di Pietro, C. 2445 Bernardini e C. 1695 Gozi.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 29 settembre 2009.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che oramai da tempo è iniziato l'esame delle proposte recanti disposizioni sulla Corte penale internazionale. A causa dei diversi impegni della Commissione non è stato possibile proseguirne l'esame dopo che si era comunque stabilito che si sarebbero effettuate delle audizioni. Avverte, quindi, che nell'ufficio di presidenza convocato

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per oggi saranno individuati i soggetti da sentire in base alle richieste pervenute. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di separazione giudiziale tra i coniugi.
C. 749 Paniz, C. 1556 De Angelis e C. 2325 Amici.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.

Giulia BONGIORNO, presidente, dichiara di aver ricevuto una nota dell'onorevole Bernardini con la quale viene sostanzialmente contestato il mancato abbinamento d'ufficio della proposta di legge n. 248 a prima firma Farina Coscioni alle proposte in materia di separazione giudiziale all'ordine del giorno. A tale proposito, rileva che la ragione del mancato abbinamento d'ufficio è dettata unicamente dalla circostanza che non ricorrono i requisiti previsti dall'articolo 77 del Regolamento, quali l'identicità o il vertere su materia identica, per procedervi.
Nel caso in esame, le proposte all'ordine del giorno vertono sulla durata della separazione giudiziale che viene ridotta, con alcune differenze, da tre anni ad un anno.
La proposta di legge dell'onorevole Farina Coscioni, invece, è diretta a prevedere come nuova causa di ammissibilità della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio l'effettuazione, con esito negativo, di un tentativo di conciliazione in sede non contenziosa davanti al giudice civile. Si tratta di cosa ben diversa da quanto previsto dalle altre proposte abbinate.
Ricorda che, considerato, comunque, che la materia in senso lato è sempre quella del divorzio, un abbinamento sarebbe possibile qualora venisse specificatamente deliberato dalla Commissione.
Avverte pertanto che si procederà alla relazione e successivamente si affronterà la questione di un eventuale abbinamento della proposta n. 248.

Maurizio PANIZ (PdL), relatore, ricorda che la questione della durata della separazione relativamente alla pronuncia di divorzio è stata affrontata in maniera approfondita dalla Commissione giustizia nel 2003, quando fu approvato all'unanimità dalla medesima Commissione un testo che successivamente, a seguito di voto segreto, fu bocciato dall'Assemblea. Il contenuto del testo sul quale si era raggiunto un consenso unanime è stato da lui riprodotto nella proposta di legge n. 749, al fine di consentire al Parlamento di riprendere l'esame di tale questione ripartendo da un punto sul quale si era comunque registrata condivisione. Ritiene che siano maturi i tempi per ridurre ulteriormente il periodo necessario per ottenere il divorzio dopo che sia stata pronunciata sentenza di separazione. Ricordando che nel 1989 tale periodo fu ridotto da 5 a 3 anni, rileva l'opportunità di procedere ad una ulteriore riduzione almeno nei casi in cui non siano coinvolti dal divorzio figli minorenni. Non ritiene che siano fondate quelle tesi secondo le quali violerebbe il principio di uguaglianza una normativa di differenziasse la durata della separazione in base alla presenza di figli minorenni, in quanto in quest'ultimo caso vi sono delle esigenze particolari delle quali il legislatore non può non tenere conto.
Per quanto attiene al contenuto delle proposte di legge in esame, queste sono dirette a modificare l'articolo 3, comma 1, n. 2, della legge sul divorzio (n. 898 del 1970), con la finalità di anticipare la possibilità di proposizione della domanda di divorzio, collegata alla separazione dei coniugi. Il testo vigente della disposizione che si intende modificare, alla lettera b), nel prevedere quale causa di divorzio la pronuncia con sentenza passata in giudicato della separazione giudiziale fra i coniugi o l'omologazione della separazione consensuale fissa, ai fini della proposizione della domanda di divorzio, in tre anni il periodo minimo di separazione ininterrotta, decorrente dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale. Come chiarito dalla giurisprudenza,

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l'attuale termine triennale costituisce un termine minimo, poiché al fine di iniziare il giudizio del divorzio è comunque necessario il previo passaggio in giudicato della sentenza di separazione, anche se sul solo addebito.
Le tre proposte di legge, mantenendo quale dies a quo il momento della comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale, incidono sulla durata del periodo di separazione ininterrotta.
La proposta C. 2325 Amici riduce, in via generale, tale periodo ad un anno.
Le proposte di legge C. 1556 De Angelis e C. 749 Paniz differenziano invece detto periodo in ragione della presenza e dell'età dei figli, nonché del tipo di separazione. Il periodo è fissato in un anno, se non vi sono figli minori, permanendo in caso contrario l'attuale limite dei tre anni (C. 749, articolo 1). Nell'attribuire particolare rilievo all'accordo dei coniugi, la proposta di legge prevede l'applicazione del termine breve alle separazioni consensuali, nonché al caso in cui il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale o siano state precisate dai coniugi conclusioni conformi. Il periodo è di sei mesi, in assenza di figli o in presenza di figli maggiori di 14 anni ovvero un anno se vi sono figli infraquattordicenni (C. 1556, articolo 1). Il termine semestrale si applica anche nel caso in cui non sia stata pronunciata sentenza nel giudizio contenzioso o se questo si sia trasformato in consensuale.
La proposta di legge C. 1556 contiene anche una disciplina transitoria (articolo 2).
In particolare, in base all'articolo 2, comma 1, i termini più brevi per la proposizione della domanda di divorzio (sei mesi o un anno, in presenza di figli infraquattordicenni) sono applicabili anche alle separazioni contenziose giunte a sentenza, anche non definitiva, alla data di entrata in vigore del provvedimento nonché alle separazioni consensuali in corso alla stessa data, a condizione che i coniugi, prima della medesima data dichiarino di volersene avvalere.
In base al comma 2, l'applicabilità dei termini brevi, sia nelle citate separazioni consensuali ancora non «omologate» sia in quelle in cui è stata già dichiarata l'omologazione (prima della data di vigenza della legge in esame), è condizionata alla necessità di un ricorso congiunto dei coniugi al tribunale (per lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio) che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici.
Le proposte di legge C. 749 e C. 2325, con disposizione identica, novellano anche l'articolo 191 del codice civile, in materia di cause di scioglimento della comunione legale dei coniugi.
In base al testo vigente di tale disposizione, lo scioglimento della comunione dei beni tra marito e moglie consegue al passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale.
L'articolo 2 di entrambe le proposte di legge anticipa lo scioglimento della comunione al momento in cui il presidente del tribunale, in sede di udienza presidenziale, autorizza i coniugi a vivere separati.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15 alle 15.05.

SEDE REFERENTE

Martedì 12 gennaio 2010 - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 19.30

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Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza.
C. 889 Consolo, C. 2964 Biancofiore, C. 2982 La Loggia, C. 3005 Costa, C. 3013 Vietti, C. 3028 Palomba e C. 3029 Paniz.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella odierna seduta antimeridiana.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che oggi si è svolta l'illustrazione degli emendamenti. Pertanto, invita il relatore ed il rappresentante del Governo ad esprimere i pareri di competenza.

Enrico COSTA (PdL), relatore, invita al ritiro degli emendamenti presentati, esprimendo in caso negativo parere contrario.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO esprime parere conforme al relatore.

Federico PALOMBA (IdV) preannuncia il proprio voto favorevole sull'emendamento Ferranti 1.154.

Donatella FERRANTI (PD) dichiara che l'emendamento 1.154 è per il suo gruppo di fondamentale importanza, in quanto è volto a sopprimere sostanzialmente l'intero provvedimento al quale il suo gruppo è contrario per le ragioni esposte in sede di illustrazione del complesso degli emendamenti. Raccomanda la sua approvazione e auspica un ripensamento da parte della maggioranza.

La Commissione respinge l'emendamento Ferranti 1.154.

Federico PALOMBA (IdV) raccomanda l'approvazione dell'emendamento 1.1, preannunciando il suo voto favorevole a tutti gli emendamenti presentati dall'opposizione.

La Commissione respinge l'emendamento Di Pietro 1.1.

Donatella FERRANTI (PD) illustra il suo emendamento 1.155, volto a sopprimere il comma 1 dell'articolo 1, che qualifica il provvedimento come legge-ponte.

Cinzia CAPANO (PD) rileva che l'articolo 1, comma 1, è addirittura dannoso rispetto agli obiettivi della maggioranza. A suo parere non ha alcuna utilità. Una simile disposizione non fa altro che attirare subito l'attenzione della Corte costituzionale.

La Commissione respinge l'emendamento Ferranti 1.155.
La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Di Pietro 1.2 e 1.4, Palomba 1.18 e Ferranti 1.138.

Lorenzo RIA (UdC) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1.87 che esclude i ministri dall'ambito di applicazione del provvedimento.

La Commissione respinge gli identici emendamenti Ria 1.187 e Ferranti 1.139.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che i seguenti emendamenti riproducono una serie di variazione di cifre a scalare relativa al termine di efficacia delle disposizioni in esame. Pertanto, così come negli altri casi che vedremo, troverà applicazione il comma 8 dell'articolo 85 del Regolamento, secondo il quale «qualora siano stati presentati ad uno stesso testo una pluralità di emendamenti (...) tra loro differenti esclusivamente per variazione a scalare di cifre (...) il Presidente pone in votazione quello che più si allontana dal testo originario e un determinato numero di emendamenti intermedi sino all'emendamento più vicino al testo originario, dichiarando assorbiti gli altri (...) È altresì in facoltà del Presidente di modificare l'ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell'economia o della chiarezza delle votazioni stesse».
In particolare, saranno posti in votazione gli emendamenti 1.134 e 1.140 Ferranti.

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Qualora questi dovessero essere respinti si intenderanno respinti tutti gli emendamenti intermedi.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Ferranti 1.134 e 1.140.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che in seguito alla reiezione degli emendamenti 1.134 e 1.140 si intendono respinti tutti gli emendamenti intermedi.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli identici emendamenti Di Pietro 1.3 e Ferranti 1.135. Respinge inoltre gli emendamenti Palomba 1.21, 1.20, 1.25, 1.26, 1.27, 1.28, 1.31, 1.19 e 1.34.

Federico PALOMBA (IdV) illustra il proprio emendamento 1.39 e ne raccomanda l'approvazione.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Palomba 1.39, 1.40, 1.43, 1.46, 1.45, 1.42 e 1.44.

Federico PALOMBA (IdV) illustra il proprio emendamento 1.41 e ne raccomanda l'approvazione.

La Commissione respinge gli emendamenti Palomba 1.41 e Ferranti 1.157.

Donatella FERRANTI (PD) illustra il proprio emendamento 1.181, volto a introdurre una precisazione di carattere tecnico.

La Commissione respinge l'emendamento Ferranti 1.181.

Rita BERNARDINI (PD) illustra il proprio emendamento 1.88, volto ad escludere il riferimento alla parte offesa, alla quale non si applica l'articolo 420-ter del codice di procedura penale sull'impossibilità a comparire.

Donatella FERRANTI (PD) illustra il proprio emendamento 1.156, sostanzialmente identico all'emendamento Bernardini 1.88 e ne raccomanda l'approvazione. Sottolinea come non sia corretto parlare di legittimo impedimento con riferimento alla parte offesa.

Manlio CONTENTO (PdL) ritiene opportuno valutare attentamente la questione prospettata dall'onorevole Bernardini e dall'onorevole Ferranti in vista dell'esame in Assemblea.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Bernardini 1.88, Ferranti 1.156, 1.136, 1.143, 1.119, 1.120, 1.137, 1.21, 1.122, 1.123 e 1.142.

Rita BERNARDINI (PD) illustra il proprio emendamento 1.89, volto a sopprimere il riferimento alle attività preparatorie e consequenziali, nonché alle attività comunque connesse, ritenendo che si tratti di nozioni estremamente generiche che consentirebbero un'applicazione generalizzata della disciplina in esame a qualsiasi attività svolta dai membri del Governo.

La Commissione respinge gli identici emendamenti Bernardini 1.89, Di Pietro 1.5 e Ferranti 1.180.

Donatella FERRANTI (PD) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1.124, ritenendo che le ipotesi di legittimo impedimento debbano essere quanto più possibile tipizzate. Rileva infatti che il riferimento alle attività preparatorie e consequenziali risulta troppo generico.

Federico PALOMBA (IdV) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1.6, perché la disposizione come attualmente formulata avrebbe un ambito di applicazione troppo ampio.

La Commissione respinge gli identici emendamenti Di Pietro 1.6 e Ferranti 1.124, gli identici emendamenti Palomba 1.63 e Ferranti 1.125, gli emendamenti Ferranti 1.126, Palomba 1.50, 1.64, 1.65 e 1.51. Respinge gli identici emendamenti Di Pietro 1.7, Vietti 1.97 e Ferranti 1.127.

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Respinge inoltre gli emendamenti Palomba 1.61, 1.62, 1.57, 1.58, 1.59 e 1.60.

Federico PALOMBA (IdV) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1.52, che introduce un elemento di valutazione da parte del giudice.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Palomba 1.52, 1.53, 1.54 e 1.55.

Federico PALOMBA (IdV) illustra il proprio emendamento 1.47, volto a introdurre un minimo di dialettica processuale e di bilanciamento degli interessi.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Palomba 1.47, 1.48 e 1.49.

Donatella FERRANTI (PD) illustra i propri emendamenti 1.158 e 1.171, che tentano di riportare la disciplina nell'alveo della costituzionalità. Si tratta di un contributo costruttivo che il gruppo del PD vuole apportare alla definizione del testo. Ritiene che se non vi fossero preclusioni ideologiche da parte della maggioranza questi emendamenti verrebbero approvati. Auspica quindi che i colleghi della maggioranza vogliano approfondire con la dovuta attenzione le predette proposte emendative.

La Commissione respinge l'emendamento Ferranti 1.158 e gli identici emendamenti Di Pietro 1.8 e Ferranti 1.182.

Rita BERNARDINI (PD) illustra il proprio emendamento 1.90, che rende tassative anche le attività dei ministri che rilevano come legittimo impedimento.

La Commissione respinge gli emendamenti Bernardini 1.90 e Palomba 1.66.

Rita BERNARDINI (PD) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1.91, volto ad estendere la disciplina in esame anche ai parlamentari.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Bernardini 1.91, Ferranti 1.159, Palomba 1.67, Ferranti 1.171 e 1.160 e Palomba 1.68.

Donatella FERRANTI (PD) illustra il proprio emendamento 1.173, volto ad introdurre un meccanismo che valorizza il principio di leale collaborazione fra poteri.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Ferranti 1.173, Palomba 1.69, Ferranti 1.172, Bernardini 1.92, Palomba 1.77, Bernardini 1.93, Palomba 1.76, Ferranti 1.174, Palomba 1.75 e 1.74, Di Pietro 1.9 e 1.10, Vietti 1.98, Bernardini 1.94, Di Pietro 1.11, Ferranti 1.128, Palomba 1.78 e 1.79, Ferranti 1.175, Palomba 1.81, Ferranti 1.176, Palomba 1.80 e 1.83.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che i seguenti emendamenti riproducono una serie di variazione di cifre a scalare, riferite alla durata del rinvio dell'udienza in caso di impedimento continuativo. Pertanto, in base ai principi precedentemente illustrati, saranno posti in votazione gli emendamenti Palomba 1.82 e Ferranti 1.117. Qualora questi dovessero essere respinti si intenderanno respinti tutti gli emendamenti intermedi.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Palomba 1.82 e Ferranti 1.117.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che in seguito alla reiezione degli emendamenti Palomba 1.82 e Ferranti 1.117 si intendono respinti tutti gli emendamenti intermedi.

La Commissione respinge, con distinte votazioni, gli emendamenti Di Pietro 1.12, 1.15, 1.14 e 1.13, gli identici emendamenti Vietti 1.99 e Bernardini 1.95, gli emendamenti Palomba 1.85 e 1.84, gli identici emendamenti Di Pietro 1.16 e Ferranti 1.177, gli identici emendamenti Palomba 1.86 e Ferranti 1.178, nonché l'emendamento Ferranti 1.179.

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Donatella FERRANTI (PD) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 2.2, poiché ritiene che il provvedimento debba entrare in vigore secondo il regime ordinario.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Ferranti 2.2 e Di Pietro 2.1.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il testo in esame sarà inviato alla Commissione Affari Costituzionali per l'espressione del parere di competenza. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 20.40.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di remissione tacita della querela.
C. 1640 Contento.

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante norme in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
Atto n. 150.