CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 10 dicembre 2009
261.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 174

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 10 dicembre 2009. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.35.

DL 152/09: Disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia.
C. 3016 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni III e IV).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gianluca PINI, presidente, intervenendo in sostituzione del relatore, onorevole Bellotti, evidenzia che il decreto-legge reca disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia.
Il capo I, composto dal solo articolo 1, reca interventi di cooperazione allo sviluppo e al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione e rifinanzia gli interventi di sminamento umanitario di cui alla legge 7 marzo 2001, n. 58.
In particolare, la citata norma, è dedicata essenzialmente alle iniziative di cooperazione in favore di Afghanistan, Iraq, Libano, Pakistan, Sudan e Somalia, limitatamente al periodo dal 1o novembre al 31 dicembre 2009. La medesima disposizione reca, altresì, talune disposizioni di carattere generale riguardanti le indennità di missione da corrispondere al personale inviato nelle citate missioni e la possibilità, per il Ministero degli affari esteri, di ricorrere ad acquisti e lavori in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, nei casi di necessità ed urgenza e per le finalità e nei limiti temporali stabiliti dall'articolo in esame.
Lo stesso articolo provvede altresì ad autorizzare la spesa per la prosecuzione della partecipazione di personale militare alle attività di consulenza, formazione ed addestramento delle Forze armate e di polizia irachene svolte nell'ambito della NATO Training Mission Iraq (NTM-I).
L'articolo 2 reca le autorizzazioni di spesa relative alla proroga dal 31 ottobre 2009 al 31 dicembre 2009 della partecipazione italiana a diverse missioni internazionali. In particolare, vengono prorogate le seguenti missioni (che si indicano ripartite per aree geografiche):
nei Balcani: Joint Enterprise della NATO per il mantenimento della sicurezza nell'area dei Balcani, coordinando le attività delle missioni KFOR e MSU in Kosovo; NATO HQSkopje per il monitoraggio in Macedonia e per i rapporti tra NATO ed autorità macedoni; Althea dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina (ex missione SFOR della NATO) per il mantenimento delle condizioni di sicurezza e consolidamento della pace; EUPM dell'Unione europea per assistenza e riorganizzazione delle Forze di Polizia della Bosnia-Erzegovina e mantenimento della stabilità nell'area; NATO HQ Sarajevo di supporto alle attività di monitoraggio in Bosnia-Erzegovina, cura i rapporti tra NATO e autorità bosniache; DIE in Albania per la cooperazione bilaterale con le Forze armate albanesi ed il sostegno alla loro riorganizzazione; MAIL-T (ex NATO HQ) a Tirana di supporto alle Forze armate albanesi dopo l'ingresso dell'Albania nella NATO; EULEX Kosovo: missione dell'Unione europea di supporto alle autorità kosovare nei settori di polizia, giudiziario e doganale;
nel Caucaso: EUMM Georgia dell'Unione europea in Georgia per il monitoraggio sugli accordi UE-Russia del 2008 e per la stabilità della Georgia e delle aree limitrofe;
in Africa: EUPOL RD Congo dell'Unione europea per la riforma e la

Pag. 175

ristrutturazione della polizia della Repubblica democratica del Congo; UNAMID, missione ONU - Unione africana in Darfur per il controllo del cessate il fuoco e per la protezione degli osservatori nel processo di pace nel Darfur;
nel Corno d'Africa: Ocean Shield della NATO per il contrasto alla pirateria nell'area del Corno d'Africa; Atalanta (Eunavfor Somalia) dell'Unione europea nel golfo di Aden, di scorta al naviglio per la missione umanitaria del World Food Program e di contrasto alla pirateria;
in Medio Oriente: EUBAM Rafah dell'Unione europea al valico di Rafah, fra la striscia di Gaza e l'Egitto, per assistere le Autorità palestinesi nella gestione del valico. Dal 2007 il contingente è di stanza ad Askelon (Israele) per la chiusura del valico; TIPH II, a Hebron in Cisgiordania di supporto alla sicurezza del territorio, in coordinamento con le Autorità palestinesi ed israeliane; UNIFIL dell'ONU in Libano per l'assistenza al Governo libanese nel controllo del territorio confinante con Israele; EUPOL COPPS Missione di polizia dell'Unione europea nei Territori palestinesi;
nel Mediterraneo: Active Endeavour della NATO nel Mediterraneo per il contrasto al terrorismo internazionale attraverso il monitoraggio del traffico delle merci via mare nella regione; UNFICYP dell'ONU a Cipro per il controllo del cessate il fuoco a Cipro; Missione di cooperazione italo - libica per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina;
in Afghanistan: ISAF della NATO di supporto al Governo dell'Afghanistan nel mantenimento della sicurezza nel Paese; EUPOL Afghanistan dell'Unione europea per lo sviluppo di una struttura di sicurezza afgana sostenibile ed efficace.

Nel complesso il personale militare e delle forze di polizia impegnato nelle missioni internazionali risulta pari, in base alla relazione tecnica al provvedimento (A.S. 1850), a 8.288 unità, a fronte delle 9.492 autorizzate ai sensi dell'ultimo provvedimento di proroga (la legge n. 108 del 2009). Rispetto a tale ultimo provvedimento non sono state ulteriormente prorogate la missione EU BAM Moldova e Ucraina (Missione dell'Unione europea per l'assistenza nell'istituzione di un controllo doganale internazionale sul settore transdnestriano del confine tra Moldova e Ucraina; per la missione era autorizzato l'invio di una unità) e la missione relativa alla cooperazione militare con l'Iraq nel settore navale, da ultimo prorogata con il comma 28 dell'articolo 1 della legge n. 108 del 2009 (per la quale era autorizzato l'invio di 102 unità).
Gli articoli da 3 a 5 intervengono, rispettivamente, in materia di trattamento economico del personale, di disposizioni in materia penale e, infine, di disposizioni in materia contabile.
Tali disposizioni riproducono sostanzialmente quelle già recate da precedenti provvedimenti di proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali. Si registrano tuttavia alcune novità. In particolare:
l'articolo 3, comma 2, il quale prevede che, previo consenso dell'interessato, la tessera di riconoscimento del personale militare impiegato nelle missioni internazionali contenga i dati sanitari di emergenza (quali lo stato vaccinale, terapie in atto, allergie, intolleranze, il consenso alla donazione degli organi);
l'articolo 3, commi 3 e 4, inteso a comprendere i genitori, se unici superstiti, tra i soggetti destinatari degli indennizzi previsti a favore dei militari in missione che abbiano contratto infermità permanenti o patologie a causa di esposizione all'uranio impoverito, disponendo altresì la conservazione in bilancio delle relative risorse;
l'articolo 3, comma 3-bis, introdotto al Senato, prevede che il personale militare iscritto nel ruolo d'onore abbia diritto a domanda di permanere o di essere richiamato in servizio fino ai limiti di età previsti non solo se decorato al valor militare o civile, come attualmente previsto

Pag. 176

dall'articolo 1 della legge n. 79 del 1989, ma anche se iscritto a seguito di eventi traumatici verificatisi in servizio e per causa di servizio, che ne abbiano determinato l'invalidità permanente pari o superiore all'80 per cento;
l'articolo 3, comma 5, inteso a chiarire che la concessione delle pensioni di reversibilità o indirette ai genitori quali unici superstiti delle vittime del terrorismo come per gli altri familiari delle vittime dipende esclusivamente dalla sussistenza del rapporto di parentela o di coniugio con le vittime stesse;
l'articolo 3, comma 6, che estende al personale della Guardia di finanza delle norme di favore in materia di concorsi interni previste dal decreto-legge n. 451 del 2001 per gli appartenenti alle altre forze armate impiegati in missioni internazionali;
l'articolo 3, comma 7, che dispone la proroga, fino al 30 luglio 2011, del mandato dei componenti degli organi di rappresentanza militare (COCER). Tali organismi verrebbero a scadenza naturale nel corso del 2010;
l'articolo 3, comma 7-bis, introdotto al Senato, il quale prevede che gli accertamenti ai fini del rilascio del nulla osta di sicurezza di cui all'articolo 9 della legge n. 124 del 2007, possano essere effettuati senza informare gli interessati per il personale per il quale il rilascio costituisce condizione necessaria per l'espletamento del servizio istituzionale nel territorio nazionale e all'estero;
l'articolo 3, comma 7-ter, introdotto al Senato, il quale prevede che le risorse per l'estensione dei benefici di cui alla legge n. 266 del 2005 siano ripartite con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri della difesa, dell'interno e della giustizia e destinate agli stati di previsione della spesa dei ministeri interessati;
l'articolo 3, comma 7-quater, introdotto al Senato, rende permanente l'esclusione per il personale impiegato nelle missioni militari dalla soppressione dell'indennità di trasferta disposta dall'articolo 1, comma 213, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005), già prevista per il solo anno 2009 dal decreto-legge n. 209 del 2008;
l'articolo 4, commi da 1-bis ad 1-octies, introdotti al Senato, i quali integrano la disciplina penale in materia di missioni militari, disponendo tempi rapidi di accertamento sui mezzi militari utilizzati all'estero (dieci giorni, prorogati a quindici in caso di utilizzo di un consulente), nonché, in caso di ricorso all'incidente probatorio, la considerazione dell'udienza come a trattazione prioritaria. Inoltre si prevede la non punibilità per il militare che nel corso delle missioni in conformità alle direttive, alle regole di ingaggio ovvero a ordini legittimamente impartiti faccia uso della forza o di altro mezzo di coazione fisica, qualificando come delitto colposo qualora si ecceda colposamente i limiti stabiliti dalla legge. Si prevede anche la punizione solo a richiesta del ministro ai sensi dell'articolo 260 del codice penale militare di pace dei reati di cui agli articoli 115 (movimento arbitrario di forze militari), 116, secondo comma (colposa intempestiva o omessa apertura di piego chiuso), 117 terzo comma (omessa esecuzione di un incarico per negligenza) e 167 terzo comma (colposa distruzione o sabotaggio di opere militari).

L'articolo 6 reca la copertura finanziaria del provvedimento, a valere sulle disponibilità residue del fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace, nonché mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge di proroga delle missioni n. 209 del 2008 e dell'articolo 2, comma 8, della già citata legge n. 108 del 2009 (sempre in materia di proroga delle missioni) destinata a finanziare la missione UNAMID in Darfur per la parte riguardante il trasporto aereo di personale ed equipaggiamenti che non potrà essere effettuato nell'anno 2009 per motivi tecnici

Pag. 177

legati alla concessione dei visti di ingresso necessari per l'invio del personale in zona di operazioni.
L'articolo 7 dispone l'entrata in vigore del provvedimento.
Come rilevato dall'analisi tecnico-normativa, contenendo il provvedimento disposizioni in materia di cooperazione internazionale, di impiego delle forze armate e di polizia e di giurisdizione penale, che rientrano nella competenza esclusiva degli Stati membri dell'Unione europea, non si ravvisano profili di incompatibilità con l'ordinamento comunitario. Ricorda comunque che da ultimo il Trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, all'articolo 24 (ex-articolo 11 del Trattato dell'Unione europea) ha confermato l'impegno per una politica estera comune, segnalando che «la competenza dell'Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera». Precisa però che «la politica estera e di sicurezza è soggetta a norme e procedure specifiche. Essa è definita e attuata dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all'unanimità, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente (vale a dire solo per misure di attuazione). È esclusa l'adozione di atti legislativi».
Quanto ai documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea, ricorda che il Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008 ha sottoscritto la dichiarazione sulle capacità in cui si fissano obiettivi precisi per i prossimi anni affinché l'UE sia in grado - nell'ambito del livello di ambizione stabilito, ossia il dispiegamento di 60.000 uomini in 60 giorni per un'operazione importante - di pianificare e condurre simultaneamente: due importanti operazioni di stabilizzazione e ricostruzione, con un'adeguata componente civile sostenuta da un massimo di 10.000 uomini per almeno due anni;due operazioni di reazione rapida di durata limitata utilizzando i gruppi tattici; un'operazione di evacuazione d'emergenza di cittadini europei (in meno di 10 giorni); una missione di sorveglianza/interdizione marittima o aerea; un'operazione civile-militare di assistenza umanitaria della durata massima di 90 giorni; una dozzina di missioni civili PESD, tra cui una missione importante che potrebbe durare vari anni.
Il Consiglio del 17 novembre 2009, nel celebrare il decimo anniversario della politica europea in materia di sicurezza e di difesa (PESD), ha lodato il successo di questa politica, che ha dispiegato personale pari a circa 70.000 persone in 22 missioni e operazioni, di cui 12 attualmente in corso, a sostegno della pace e della sicurezza internazionali. Secondo il Consiglio, la PESD si è dimostrata uno strumento efficace per l'insieme dell'azione esterna dell'UE. Nel corso della riunione il Consiglio ha effettuato la consueta verifica semestrale degli sviluppi in ambito PESD.
In particolare, il Consiglio:
ha sottolineato il contributo fornito dalla missione EUNAVFOR-Atalanta alla sicurezza marittima al largo delle coste somale e ha concordato di estenderne la durata di un anno, fino al dicembre 2010. Il Consiglio ha inoltre approvato il concetto di gestione della crisi di una possibile missione PESD per contribuire alla formazione delle forze di sicurezza del Governo federale transitorio della Repubblica di Somalia;
ha accolto con favore gli sforzi compiuti dall'EUPM Bosnia-Erzegovina per assolvere il mandato. La missione contribuirà al rafforzamento dell'impegno globale dell'UE in Bosnia-Erzegovina, e ne preparerà la riorganizzazione conformemente al mandato per il periodo dopo il 2009, incentrato sul sostegno alla lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione;
ha accolto con favore l'avanzamento dei lavori preparatori per l'eventuale futura evoluzione di ALTHEA (Bosnia Erzegovina) verso un'operazione non esecutiva sullo sviluppo di capacità e la formazione delle forze armate. Il Consiglio ha ribadito che la decisione sull'eventuale evoluzione dell'operazione ALTHEA dovrebbe tener conto degli sviluppi politici,

Pag. 178

compreso il ruolo futuro del Rappresentante speciale dell'UE. Si prevede che il Consiglio torni sulla questione nella prossima sessione in dicembre;
ha accolto con favore il contributo della missione EUMM alla stabilità, al ritorno alla normalità e alla creazione di un clima di fiducia in Georgia e ha confermato il sostegno alla piena attuazione del mandato dell'EUMM nell'intero paese, compreso l'accesso alle due entità de facto. Il mandato della missione è stato prorogato dal Consiglio per un altro anno fino al 14 settembre 2010;
ha espresso soddisfazione per il consolidamento delle priorità strategiche di EUPOL AFGHANISTAN attorno a sei obiettivi, ossia: attività di polizia fondate sull'intelligence; catena di comando, controllo e comunicazione nel settore della polizia; indagini penali; lotta alla corruzione; collegamenti tra polizia e procuratori; diritti umani e integrazione di genere all'interno della polizia afghana;
ha accolto con favore il lavoro svolto dalla missione EUPOL COPPS nel settore della polizia e della giustizia penale dell'Autorità palestinese. Il Consiglio ha convenuto di far avanzare i lavori relativi ad ulteriori azioni nell'ambito più vasto dello stato di diritto nei territori palestinesi;
nel rallegrarsi per la proroga di altri sei mesi del mandato dell'EUBAM Rafah, il Consiglio ha ribadito la disponibilità dell'UE a schierarsi nuovamente al valico di Rafah (fra la striscia di Gaza e l'Egitto) se le circostanze lo consentiranno. Malgrado la chiusura del valico, la missione mantiene la sua capacità operativa;
ha espresso soddisfazione per il lavoro compiuto da EUPOL RD Congo a sostegno della riforma della polizia nazionale congolese e della sua interazione con il settore della giustizia. Malgrado la situazione della sicurezza nel paese resti precaria, secondo il Consiglio la riforma sta cominciando a produrre effetti positivi.

Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 10 dicembre 2009. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2007, che istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE).
Atto n. 144.
(Rinvio del seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 3 dicembre 2009.

Gianluca PINI, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere sullo schema di decreto legislativo in oggetto è scaduto lo scorso 7 dicembre 2009, ma che, non essendo ancora pervenuto il parere della Conferenza Unificata, la Commissione non può concluderne l'esame nella seduta odierna.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE relativa agli ascensori.
Atto n. 135.
(Rinvio del seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 3 dicembre 2009.

Pag. 179

Gianluca PINI, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere sullo schema di decreto legislativo in oggetto è scaduto lo scorso 6 dicembre 2009, ma che, non essendo ancora pervenuto il parere della Conferenza Unificata, la Commissione non può concluderne l'esame nella seduta odierna.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione delle direttive 2008/8/CE che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi, 2008/9/CE che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, e 2008/117/CE recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie.
Atto n. 154.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Gianluca PINI, presidente e relatore, illustra i contenuti del provvedimento, che reca varie modifiche alla disciplina in materia di IVA di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in attuazione delle direttive 2008/8/CE, 2008/9/CE e 2008/117/CE.
In proposito, ricorda che la direttiva 2008/8/CE interviene in materia di individuazione del luogo delle prestazioni di servizi rese in ambito comunitario, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, intervenendo, a tal fine, sulla cosiddetta «direttiva IVA» 2006/112/CEE del Consiglio. Il sistema comune dell'IVA si applica ai beni e ai servizi acquistati e venduti ai fini del consumo in ambito europeo. La direttiva 2008/8/CE è stata emanata per tenere conto dell'evoluzione avvenuta nel settore dei servizi ed interviene sulle modalità di individuazione del paese nel quale si considera effettuata la prestazione di un servizio.
Come emerge dal terzo considerando, la disciplina introdotta con la direttiva 2008/8/CE è volta ad introdurre un principio generale in base al quale il luogo di imposizione per tutte le prestazioni di servizi dovrebbe essere il luogo in cui avviene il consumo effettivo. Al fine di introdurre il principio dell'imposizione nel luogo in cui avviene il consumo, sono stabiliti due criteri di ordine generale che trovano applicazione laddove non sono disposte specifiche deroghe. In particolare: per i servizi resi nei confronti di soggetti passivi IVA, la prestazione si intende effettuata nel luogo in cui è stabilito il soggetto committente; per i servizi resi nei confronti di privati, le prestazioni sono tassate nel luogo di stabilimento del prestatore del servizio stesso. A fronte del predetto criterio generale, sono poi previste numerose deroghe, relativamente a ciascuna delle quali è disciplinato uno specifico criterio di territorialità, che dipendono sia dal tipo di prestazione che dalla qualifica del soggetto committente. Ad esempio, l'articolo 1 della direttiva interviene sulla normativa comunitaria IVA in materia di radiodiffusione e di televisione nonché di servizi prestati per via elettronica tra i quali rientrano alcune tipologie di servizi forniti in internet. In particolare, dispone che la relativa disciplina, ai sensi della quale il luogo della prestazione è determinato dal domicilio o residenza del committente, trova applicazione fino al 31 dicembre 2009 in luogo del precedente termine fissato al 31 dicembre 2008. In proposito, ricordo che la Commissione europea ha inviato il 31 marzo 2009 una lettera di messa in mora per mancata attuazione della direttiva 2008/8/CE.
L'attuazione della direttiva è prevista dall'articolo 24 della legge n. 88 del 2009 (Comunitaria 2008), che ha delegato il Governo ad adottare - con le modalità e nei termini di cui all'articolo 1 - un

Pag. 180

decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2008/8/CE che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto.
La direttiva 2008/8/CE è compresa nell'Allegato B alla legge, rientrando, quindi, tra le direttive da recepire previo parere obbligatorio delle competenti Commissioni parlamentari.
La direttiva 2008/9/CE ha inteso superare le difficoltà applicative delle disposizioni previste dalla direttiva 79/1072/CEE del Consiglio - abrogata con effetto dal 1o gennaio 2010 - in ordine alle modalità per il rimborso dell'IVA ai soggetti passivi non residenti all'interno del Paese, con riguardo alle richieste presentate successivamente al 31 dicembre 2009. La direttiva stabilisce nuove disposizioni in merito ai termini entro i quali le decisioni concernenti le richieste di rimborso devono essere notificate alle imprese e per l'erogazione dei rimborsi stessi, consentendo un ampio ricorso alle tecnologie informatiche per lo svolgimento più sollecito delle procedure comunicative e facendo gravare sugli Stati la responsabilità del pagamento degli interessi in caso di rimborsi effettuati in ritardo (articoli 26 e 27).
La legge 7 luglio 2009, n. 88 (Comunitaria 2008) ha delegato il Governo a dare attuazione, tra le altre - con le modalità e nei termini di cui all'articolo 1 - alla direttiva 2008/9/CE.
La direttiva 2008/9/CE è compresa nell'Allegato B alla legge, rientrando, quindi, tra le direttive da recepire previo parere obbligatorio delle competenti Commissioni parlamentari.
La direttiva 2008/117/CE è intervenuta a modificare la direttiva 2006/112/CE al fine di contrastare le frodi relative all'imposta sul valore aggiunto attribuite in parte alle carenze nello scambio di informazioni sulle cessioni di beni e servizi all'interno della Comunità ed in particolare ai tempi necessari. Essa dispone pertanto, tra le altre cose, che le prestazioni di servizi per le quali l'imposta è dovuta dal destinatario dei servizi, effettuate in modo continuativo in un periodo superiore a un anno e che non comportano versamenti di acconti o pagamenti nel medesimo periodo, si considerano effettuate alla scadenza di ogni anno civile.
Più in dettaglio, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 modifica il terzo comma dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 con l'aggiunta di un periodo. Tale modifica discende dal recepimento delle nuove disposizioni comunitarie introdotte con la direttiva 2008/117/CE, in materia di contrasto alle frodi connesse alle operazioni intracomunitarie. Il periodo aggiunto precisa che si considerano effettuate al termine di ciascun anno solare le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato in modo continuativo nell'arco di un periodo superiore ad un anno e che non comportino versamenti di acconti o pagamenti anche parziali nel medesimo periodo. La disposizione si applica, sul piano soggettivo, ai servizi resi da soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro della Comunità nei confronti di un committente soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato.
Le lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 1 contengono la maggior parte delle disposizioni di recepimento della direttiva 2008/8/CE in materia di territorialità delle prestazioni di servizi. Tale intervento, oltre a recepire il contenuto della direttiva 2008/8/CE, consente anche di rendere più organica l'intera disciplina; ciò in quanto, a fronte dell'individuazione di una regola generale per la determinazione della territorialità dell'imposta nelle prestazioni di servizi, la normativa prevede, di fatto, numerose deroghe e discipline specifiche per tipologie di prestazioni effettuate.
Nel dettaglio, si individuano l'ambito territoriale e la definizione di soggetto passivo (nuovo articolo 7), la territorialità per le cessioni di beni (articolo 7-bis), la territorialità per le prestazioni di servizi (articolo 7-ter), la territorialità per particolari tipologie di prestazioni di servizi (articolo 7-quater), la territorialità per le prestazioni di servizi culturali, artistici, sportivi, scientifici, educativi, ricreativi e simili (articolo 7-quinquies), la territorialità di alcune prestazioni di servizi resi a

Pag. 181

persone che non sono soggetti passivi (articolo 7-sexies) e la territorialità delle prestazioni di servizi rese a persone che non sono soggetti passivi e che sono stabiliti fuori dalla Comunità (articolo 7-septies).
Al riguardo, si sofferma sul nuovo articolo 7-quinquies.
L'articolo 7-quinquies considera effettuate in Italia le prestazioni in materia di servizi culturali, artistici, sportivi, scientifici, educativi, ricreativi e simili, nonché le attività connesse ed accessorie, qualora le medesime attività siano materialmente svolte in Italia. Parimenti sono considerate effettuate in Italia le prestazioni in materia di servizi per l'accesso alle manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili nonché alle attività accessorie qualora tali attività siano svolte materialmente in Italia. Al riguardo segnalo che l'articolo 3 dello schema di decreto in esame interviene sull'articolo 7-quinquies precisando che, a decorrere dal 2011, il criterio indicato continua ad operare per le prestazioni rese a committenti non soggetti passivi mentre se le medesime prestazioni sono fornite a soggetti passivi la territorialità in Italia opera se nel territorio dello Stato si svolgono le manifestazioni stesse.
Anche il nuovo articolo 7-sexies reca una disciplina specifica per talune prestazioni di servizio (intermediazioni, trasporto beni, lavorazioni e servizi accessori relativi a beni mobili materiali, attività accessorie ai trasporti, locazione di mezzi di trasporto, servizi resi tramite mezzi elettronici e servizi di telecomunicazione e teleradiodiffusione) rese a committenti non qualificati come soggetti passivi. I criteri di determinazione della territorialità per le prestazioni indicate nell'articolo 7-sexies sono modificati, con decorrenza 2013, dall'articolo 3 dello schema di decreto in esame.
Le lettere d), e) ed f) del comma 1 effettuano alcune correzioni di coordinamento rispettivamente all'articolo 8, primo comma, all'articolo 8-bis, secondo comma e all'articolo 9, primo e secondo comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e la lettera h) interviene in materia di soggetti passivi d'imposta all'articolo 17 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica modificandone i commi secondo, terzo e quarto.
La modifica del secondo comma in particolare innova profondamente la disciplina vigente prevedendo che, in caso di un'operazione rilevante ai fini IVA effettuata in Italia da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato nei confronti di un soggetto passivo ivi stabilito, gli obblighi relativi all'applicazione dell'imposta devono essere adempiuti dal cessionario o dal committente. Competerà a tale soggetto, pertanto, l'autofatturazione delle operazioni secondo il c.d. meccanismo del reverse charge nonché adempiere agli obblighi conseguenti.
La lettera i) interviene in materia di detrazioni all'articolo 19 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica aggiungendo, al comma terzo, la lettera a-bis). Essa prevede che la indetraibilità relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta non si applichi se le operazioni ivi indicate sono quelle di cui ai nn. da 1) a 4) del primo comma dell'articolo 10, effettuate nei confronti di soggetti stabiliti fuori della Comunità o relative a beni destinati ad essere esportati fuori della Comunità stessa.
La lettera l) interviene, in materia di volume d'affari, all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblican. 633 del 1972 modificando il primo comma. Per effetto di tale modifica si prevede che non concorrono a formare il volume d'affari anche le prestazioni di servizi esenti da IVA ai sensi dell'articolo 7-ter rese a soggetti stabiliti in un altro Stato membro della Comunità.
La lettera m) modifica l'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 in materia di fatturazione delle operazioni. Per effetto di tali modifiche viene anzitutto aggiunta, tra le indicazioni da riportare nella fattura, il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento del cessionario o committente, per le operazioni

Pag. 182

effettuate nei confronti di soggetti stabiliti nel territorio di un altro Stato. Inoltre viene modificato il comma 6 al fine di prevedere che il soggetto prestatore di servizi a committenti soggetti passivi stabiliti nel territorio di un altro Stato membro della Comunità è tenuto ad emettere una fattura con l'indicazione che trattasi di operazione non soggetta e della relativa norma.
Dopo che le lettere n), o), p) ed q) del comma 1 effettuano modifiche di coordinamento rispettivamente agli articoli 23, 24, 25 e 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la lettera r) inserisce nello stesso decreto del Presidente della Repubblica l'articolo 30-bis concernente la registrazione, la dichiarazione e il versamento dell'imposta relativa agli acquisti effettuati dagli enti non commerciali.
Dopo che le lettera s) reca una modifica di coordinamento all'articolo 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la lettera t) inserisce nello stesso decreto del Presidente della Repubblica i nuovi articoli 38-bis1 e 38-bis2 in materia dei rimborsi dell'IVA assolta negli Stati membri della Comunità da soggetti non residenti negli stessi.
Tale intervento - analogamente a quello di cui alla successiva lettera u) diretto a modificare l'articolo 38-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 - viene effettuato al fine di recepire nel nostro ordinamento la direttiva 2008/9/CE del Consiglio che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell'IVA ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro.
Come anticipato, la lettera u) modifica l'articolo 38-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 - diretto a disciplinare l'esecuzione dei rimborsi ai soggetti esercenti un'attività d'impresa, arte o professione domiciliati e residenti in Stati non appartenenti alla Comunità - al fine di rendere coerente il contenuto dell'articolo con quanto previsto dall'articolo 38-bis2 riguardante invece i rimborsi ai soggetti passivi comunitari.
La lettera v) del comma 1 dell'articolo 1 in esame - che modifica l'articolo 56 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 in materia di notificazione e motivazione degli accertamenti - è diretta ad estendere ai provvedimenti inerenti ai rimborsi di cui ai sopra citati articoli 38-bis1, 38-bis2 e 38-ter la possibilità di notifica mediante mezzi elettronici.
Le lettere z) ed aa), infine, recano modifiche di coordinamento rispettivamente agli articoli 67 e 71 del decreto del Presidente della Repubblican. 633 del 1972.
L'articolo 2 del testo in esame reca una serie di modifiche al decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, il quale reca l'armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate dalle disposizioni CEE.
Molte delle modifiche ivi contenute sono finalizzate a coordinare il testo del suddetto decreto-legge con la nuova disciplina contenuta negli articoli 7 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 come modificati dal testo in esame, che regolano la territorialità di tutte le prestazioni di servizi, comprese quelle rese in ambito intracomunitario.
In questo senso le modifiche apportate dall'articolo 2 in esame riguardano una serie di articoli del capo II del decreto-legge n. 331 del 1993 recanti una disciplina temporanea delle operazioni intracomunitarie.
Più in dettaglio, al comma 1 la lettera a) modifica la lettera c-bis) del comma 5 dell'articolo 38 del decreto-legge n. 331 del 1993, in materia di acquisti intracomunitari, a fini di coordinamento con il nuovo articolo 7-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
La lettera b) modifica l'articolo 40 del decreto-legge n. 331 del 1993, in materia di territorialità delle operazioni intracomunitarie, a fini di coordinamento con il nuovo articolo 7-bis del decreto del Presidente

Pag. 183

della Repubblica n. 633 del 1972, nonché al fine di abrogare una serie di disposizioni (commi 4-bis, 5, 6, 7 e 9) alla luce della nuova normativa.
La lettera c) modifica l'articolo 41, comma 4, del decreto-legge n. 331 del 1993, in materia di cessioni intracomunitarie non imponibili, al fine di sopprimere il riferimento ivi contenuto all'articolo 40, comma 9, del decreto a sua volta soppresso dalla precedente lettera b).
La lettera d) apporta una serie di modifiche di coordinamento all'articolo 44 del decreto-legge n. 331 del 1993, in materia di soggetti passivi.
In particolare, al comma 1 viene soppresso il riferimento alle prestazioni di servizi nell'individuazione dei soggetti tenuti al pagamento dell'imposta sulle operazioni intracomunitarie imponibili; viene abrogata la lettera b) del comma 2 alla luce delle abrogazioni apportate dal testo in esame all'articolo 40 (vedi supra); vengono modificati i commi 3 e 4 al fine di coordinarne le disposizioni con il nuovo articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
La lettera e) apporta una serie di modifiche all'articolo 46 del decreto-legge n. 331 del 1993, in materia di fatturazione di operazioni intracomunitarie, dirette, in sintesi, a specificare che spetta al solo cessionario (e non più anche al committente) effettuare una serie di operazioni di fatturazione relative ad acquisti intracomunitari, nonché ad eliminare i riferimenti ivi contenuti ai commi dell'articolo 40 soppressi dalla precedente lettera b).
La lettera f) modifica l'articolo 47 del decreto-legge n. 331 del 1993, in materia di registrazione delle operazioni intracomunitarie, sempre al fine di eliminare il rimando ivi contenuto ai commi dell'articolo 40 soppressi dalla precedente lettera b).
La lettera g) sostituisce il comma 1 dell'articolo 49 del decreto-legge n. 331 del 1993, in materia di dichiarazione e versamento dell'imposta per gli enti non commerciali e per i prodotti soggetti ad accisa, al fine di prevedere la presentazione, in via telematica (anziché in duplice esemplare come previsto dal testo vigente), della dichiarazione relativa agli acquisti registrati nel mese precedente; la competenza del Direttore dell'Agenzia delle entrate (anziché del Ministro delle finanze) ad approvare il modello per effettuare la suddetta dichiarazione.
La lettera h) apporta una serie di modifiche all'articolo 50 del decreto-legge n. 331 del 1993, in materia di obblighi connessi agli scambi intracomunitari. In particolare, con la modifica effettuata al comma 1 si specifica che le cessioni intracomunitarie sono effettuate senza applicazione di imposta nei confronti del solo cessionario (e non più anche al committente) che abbia comunicato il numero identificativo ad esso attribuito; viene altresì eliminato il riferimento ivi contenuto ai commi dell'articolo 40 soppressi dalla precedente lettera b). Analogamente, la modifica apportata al comma 3 elimina il riferimento ai commi soppressi dell'articolo 40.
Il comma 4 viene invece modificato al fine di prevedere la presentazione, in via telematica (anziché in duplice esemplare come previsto dal testo vigente), della dichiarazione concernente l'effettuazione di acquisti intracomunitari soggetti ad imposta; la competenza del Direttore dell'Agenzia delle entrate (anziché del Ministro delle finanze) ad approvare il modello per effettuare la suddetta dichiarazione.
Le modifiche apportate al comma 6 dell'articolo 50 sono invece dirette a recepire nel nostro ordinamento alcune disposizioni introdotte con la direttiva 2008/117/CE, in materia di contrasto alle frodi connesse alle operazioni intracomunitarie, al fine di ampliare l'obbligo di presentare gli elenchi riepilogativi anche in relazione alle prestazioni di servizi rese e ricevute con controparti stabilite nella Comunità e prevedere la presentazione dei suddetti elenchi in via telematica.
Come già ricordato, l'articolo 3 dello schema di decreto in esame interviene, al comma 1, sull'articolo 7-quinquies precisando che, a decorrere dal 2011, il criterio ivi indicato continua ad operare per le prestazioni rese a committenti non soggetti

Pag. 184

passivi mentre se le medesime prestazioni sono fornite a soggetti passivi la territorialità in Italia opera se nel territorio dello Stato si svolgono le manifestazioni stesse. Ai sensi del comma 2 i criteri di determinazione della territorialità per le prestazioni indicate nell'articolo 7-sexies sono invece modificati con decorrenza 1o gennaio 2013.
L'articolo 4, comma 1, del testo in esame dispone, con decorrenza 1o gennaio 2010, l'abrogazione di una serie di disposizioni.
L'articolo 5 disciplina la decorrenza delle disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo in esame.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni.
Atto n. 157.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Nunziante CONSIGLIO (LNP), relatore, ricorda che lo schema di decreto in esame è stato predisposto ai sensi della legge 88/2009 (legge comunitaria 2008), al fine di recepire la direttiva 2007/60/CE del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni.
Come evidenziato dalla relazione illustrativa, lo scopo della direttiva è quello di introdurre una specifica disciplina in materia di gestione del rischio di alluvioni in considerazione del fatto che la direttiva quadro in materia di acque (direttiva 2000/60/CE) non ha incluso tra gli obiettivi principali il rischio di alluvioni.
La direttiva 2007/60/CE individua, pertanto, tre strumenti per la valutazione e per la gestione del rischio di alluvioni, specificando, per ciascuno di essi contenuti e requisiti minimi. Gli Stati membri saranno tenuti ad adottarli entro precise scadenze: la valutazione preliminare del rischio alluvioni (articolo 4) entro il 22 dicembre 2011; le mappe della pericolosità e del rischio alluvioni (articolo 6) entro il 22 dicembre 2013; i piani di gestione del rischio alluvione (articolo 7) entro il 22 dicembre 2015.
La direttiva impone, inoltre, un loro aggiornamento periodico, tenendo conto delle probabili ripercussioni dei cambiamenti climatici. Conseguentemente, il recepimento della direttiva consentirebbe di rafforzare la fase della prevenzione delle alluvioni attraverso una serie di azioni complesse che riguardano la preparazione agli eventi critici, l'informazione preventiva, il coinvolgimento del pubblico per una più diffusa consapevolezza del rischio, fino alla definizione di buone pratiche di pianificazione e uso del territorio che non portino ad appesantirne la vulnerabilità con ulteriori insediamenti nelle zone esposte al rischio.
L'articolo 1, recepisce l'articolo 1 della direttiva, istituendo un quadro comune per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni volto a ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l'ambiente, il patrimonio culturale, le attività economiche e le infrastrutture, connesse con le alluvioni. Vengono fatte salve le disposizioni della parte terza del d.lgs. 152/2006 (cd. Codice ambientale) nell'ambito della pianificazione di bacino, nonché la specifica disciplina di protezione civile sul sistema di allertamento nazionale della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 febbraio 2004.
L'articolo 2 mutua dall'articolo 2 della direttiva le definizioni funzionali all'applicazione del decreto, aggiungendo ad esse la definizione di «pericolosità da alluvione» indicata come la probabilità di accadimento di un evento alluvionale in un intervallo temporale prefissato e in una certa area.
L'articolo 3, dà applicazione all'articolo 3, comma 2, della direttiva, individuando nelle autorità di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del Codice ambientale le autorità cui competono gli adempimenti previsti

Pag. 185

dai successivi artt. 4-7 del decreto in esame. Per quanto riguarda, invece, gli obblighi previsti dall'articolo 7 del decreto in esame in relazione al sistema di allertamento, le autorità competenti sono individuate dalle regioni in coordinamento con il Dipartimento nazionale della proiezione civile, che vi provvedono, per il distretto idrografico di riferimento, ai sensi della citata dir.P.C.M. 27 febbraio 2004.
L'articolo 4, che recepisce l'articolo 3, comma 1, e l'articolo 4 della direttiva, individua nel «distretto idrografico» l'unità territoriale di riferimento per la gestione del rischio di alluvioni prevedendo, pertanto, l'applicazione delle disposizioni della direttiva acque per quanto riguarda la delimitazione dei bacini, la loro assegnazione ad unità territoriali di rango superiore - i «distretti idrografici» - e l'individuazione dei livelli di responsabilità per la gestione e valutazione del rischio alluvioni - le «autorità di bacino distrettuali». Conseguentemente le autorità di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del Codice ambientale effettuano, nell'ambito del distretto idrografico di riferimento, entro il 22 settembre 2011, la valutazione preliminare del rischio di alluvione, facendo salvi gli strumenti già predisposti nell'ambito della pianificazione di bacino dal Codice ambientale. Osserva che l'articolo 4 anticipa al 22 settembre 2011, anziché al 22 dicembre 2011 come previsto dalla direttiva, l'adozione della valutazione preliminare del rischio di alluvioni.
Il contenuto obbligatorio della valutazione preliminare del rischio di alluvione, che deve riguardare una stima delle potenziali ricadute negative di future alluvioni sulla base delle informazioni disponibili, riproduce esattamente quello indicato dalla direttiva: la descrizione delle alluvioni significative avvenute in passato; la mappa in scala del distretto idrografico, comprensiva dei bacini idrografici, sottobacini e, laddove esistono, delle zone costiere; una valutazione delle potenziali conseguenze negative di future alluvioni per la salute umana, l'ambiente e la società interessata.
L'articolo 5, che riproduce il contenuto dell'articolo 5 della direttiva, prevede, sulla base della valutazione preliminare del rischio di alluvioni, che le autorità di bacino distrettuali individuino, per ciascun distretto idrografico o per la parte di distretto idrografico internazionale situato nel loro territorio, le zone per le quali esiste un rischio potenziale significativo di alluvioni o si possa ritenere probabile che questo si concretizzi.
L'articolo 6, che recepisce l'articolo 6 della direttiva reca l'elaborazione delle mappe della pericolosità da alluvione e mappe del rischio di alluvioni. Rispetto al contenuto obbligatorio previsto dalla direttiva che dispone che esse dovranno necessariamente contenere la perimetrazione delle aree geografiche che potrebbero essere interessate da alluvioni, prevedendo una serie di scenari quali la scarsa, media o alta probabilità di alluvioni, vengono precisate la frequenza di tali probabilità - «scarsa» fino a 500 anni dall'evento, «media» tra i 100 e i 200 anni e «alta» tra i 20 e i 50 anni; la «scala più appropriata» per redigere le mappe non inferiore a 1:10.000 e, in ogni caso, non inferiore a 1:25.000. Inoltre, per ciascuno di tali scenari, dovranno essere indicati una serie di elementi tra i quali la portata della piena, la profondità ed il livello delle acque e, se opportuno, la velocità del flusso d'acqua considerato. Le mappe del rischio di alluvioni dovranno anche indicare le potenziali conseguenze negative derivanti dalle alluvioni nell'ambito degli scenari sopra previsti. Rispetto a quelle indicate dalla direttiva, l'articolo 6 aggiunge le infrastrutture e strutture strategiche (autostrade, ferrovie, ospedali, scuole, etc). Osserva che l'articolo 6 anticipa al 22 giugno 2013, anziché al 22 dicembre 2013 come previsto dalla direttiva, l'adozione delle mappe della pericolosità da alluvione e dal rischio di alluvioni.
L'articolo 7, in recepimento dell'articolo 7 della direttiva, prevede la predisposizione, da parte della autorità di bacino distrettuali, di appositi piani di gestione del rischio di alluvione coordinati a livello di distretto idrografico.Oltre ad una serie di elementi obbligatori previsti per la redazione del primo piano di gestione ed indicati nell'allegato I, parte A, i piani di gestione possono anche comprendere: la

Pag. 186

promozione di pratiche sostenibili di uso dei suolo, il miglioramento delle azioni di ritenzione delle acque, l'inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale. Rispetto alle disposizioni della direttiva, l'articolo 7 precisa che: i piani di gestione debbano essere predisposti nell'ambito delle attività di pianificazione di bacino di cui agli articoli 65-68 del Codice ambientale; le regioni, in coordinamento tra loro e con il Dipartimento nazionale della Protezione civile, debbano predisporre la parte dei Piani di gestione per il distretto idrografico relativa al sistema di allertamento per il rischio idraulico ai fini di protezione civile, con particolare riferimento al governo delle piene. I Piani dovranno anche contenere una sintesi dei piani urgenti di emergenza previsti dall'articolo 67, comma 5, del Codice ambientale. Infine, rispetto al dettato della direttiva, viene previsto che gli enti territorialmente interessati dovranno conformarsi a quanto previsto dai piani di gestione rispettando le prescrizioni nel settore urbanistico di cui ai commi 4 e 6 dell'articolo 65 del Codice e predisponendo i citati piani urgenti di emergenza di cui all'articolo 67, comma 5, del Codice, nonché facendo salvi i piani di emergenza di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto legge 180/1998. Osserva che l'articolo 7 anticipa al 22 giugno 2015, anziché al 22 dicembre 2015 come previsto dalla direttiva, l'adozione dei piani di gestione.
L'articolo 8, che recepisce puntualmente l'articolo 8 della direttiva, prevede che, per i distretti idrografici di cui all'articolo 64 del Codice ambientale, le autorità di bacino distrettuali e le regioni in coordinamento con la Protezione civile, ciascuno per la parte di propria competenza, predispongano un unico piano di gestione del rischio di alluvioni oppure una serie di piani di gestione coordinati a livello di distretto idrografico. Qualora i distretti idrografici internazionali ricadano interamente nel territorio della Comunità, gli Stati membri garantiscono il coordinamento delle attività di monitoraggio, al fine di predisporre un unico piano internazionale di gestione del rischio o una serie di piani di gestione coordinati.
L'articolo 9, che recepisce l'articolo 9 della direttiva, reca disposizioni di coordinamento con le norme della parte Terza, Sezione I (Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione) e II (Tutela delle acque dall'inquinamento) del Codice ambientale.
L'articolo 10, che recepisce puntualmente l'articolo 10 della direttiva, riguarda le procedure di informazione e consultazione del pubblico.
L'articolo 11, che dà attuazione all'articolo 13 della direttiva, reca una serie di norme transitorie nel caso in cui le autorità di bacino distrettuali abbiano, prima del 22/12/2010, già elaborato mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni e piani di gestione con un livello di informazioni adeguato ai requisiti richiesti dal decreto in esame.
L'articolo 12, che recepisce l'articolo 14 della direttiva, prevede il riesame e l'aggiornamento periodico (ogni sei anni) degli strumenti da adottare per ridurre il rischio di alluvioni. Si osserva che l'articolo 12 anticipa al 22 settembre 2018, 2019 e 2021 anziché al 22 dicembre degli stessi anni come disposto dalla direttiva, l'adozione delle misure previste. Occorre rilevare che l'anticipazione sia dell'adozione (artt. 4, 6 e 7) che del riesame delle misure da adottare (articolo 12) è giustificata, nella relazione illustrativa, dal fatto che esse sono da ritenersi in parte già soddisfatte dagli adempimenti previsti ai sensi della normativa vigente sulla pianificazione di bacino.
Le disposizioni finali contenute negli articoli 13, 14 15 e 16 definiscono rispettivamente le relazioni alla Commissione europea, le modalità per la modifica dell'allegato I, le eventuali norme tecniche da emanare con DM e recano l'usuale clausola di invarianza finanziaria (articolo 16, comma 1). Per l'attuazione, invece, dei piani di gestione predisposti nell'ambito dei piani di bacino si provvede ai sensi degli articoli 69-72 del Codice ambientale, ovvero a carico dello Stato, con l'eventuale

Pag. 187

concorso delle regioni ed enti locali. Per la parte dei piani di gestione relativa all'allertamento per il rischio idraulico ai fini della protezione civile, si provvede ai sensi della relativa legge 225/1992 e della citata dir.P.C.M., nonché delle risorse regionali stanziate.
L'allegato I è composto da tre parti: nella parte A e B sono indicati, analogamente all'allegato della direttiva, rispettivamente gli elementi essenziali che devono essere inclusi nel primo piano di gestione e quelli da indicare nei successivi aggiornamenti. La parte C, che non compare nell'allegato alla direttiva, reca, infine, gli indirizzi, i criteri ed i metodi da seguire per la redazione e l'aggiornamento dei piani di gestione.
Con specifico riferimento alla normativa comunitaria, ricorda che, come indicato nel Libro bianco sugli adattamenti climatici (COM(2009)147), la Commissione ritiene che, in seguito ai cambiamenti del clima, le zone dell'Europa soggette a forte stress idrico dovrebbero passare dal 19 per cento attuale, al 35 per cento nel decennio 2070: la qualità e la disponibilità di acqua potrebbero, pertanto, peggiorare, con ripercussioni, ad esempio, sulla produzione alimentare o sulle pressioni migratorie.
Su tale ridotta disponibilità potrebbe pesare l'impatto della produzione delle c.d. fonti di energia alternative: allo stato attuale delle conoscenze scientifiche sia i biocombustibili più efficienti sia le tecnologie più evolute, quali ad esempio quelle per l'impiego «pulito» del carbone o i motori ibridi per le autovetture, potrebbero implicare il consumo di grandi quantità di acqua.
All'inizio del 2009 è entrata in vigore anche la direttiva relativa a standard di qualità ambientale per le acque superficiali (direttiva 2008/105/CE) che istituisce limiti di concentrazione per più di 30 sostanze inquinanti come i pesticidi, i metalli pesanti e i biocidi e completa un quadro normativo per la gestione delle acque basato sul concetto di «distretto idrografico», e non sui confini amministrativi, che punta a raggiungere, di norma entro il 2015, una buona qualità delle acque per tutti i corpi idrici dell'UE. In questo contesto, entro il 2010, gli Stati membri dovranno aver applicato tariffe che rispecchino i veri costi dell'acqua e incentivino investimenti a favore dell'efficienza idrica, che secondo alcuni studi potrebbe essere incrementata nell'UE del 40 per cento.

Gianluca PINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.55.

ATTI COMUNITARI

Giovedì 10 dicembre 2009. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.55.

Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo.
COM(2009)154 def.

(Parere alla II Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gianluca PINI, presidente, segnala che la XIV Commissione svolge l'esame della Proposta di regolamento in titolo al fine di partecipare all'iniziativa della COSAC (Conferenza delle Commissioni Politiche comunitarie dei Parlamenti europei), che prevede che le Commissioni parlamentari si esercitino sul controllo del principio di sussidiarietà negli atti parlamentari. La XIV Commissione dovrebbe trasmettere il proprio parere alla COSAC entro il prossimo 17 dicembre.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, ricorda che il 14 ottobre 2009 la Commissione europea ha presentato una proposta

Pag. 188

di regolamento relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo. La proposta intende eliminare gli ostacoli alla libera circolazione delle persone, in modo da consentire a chi risiede nell'Unione europea di organizzare in anticipo la propria successione e di assicurare in maniera efficace i diritti degli eredi e/o dei legatari e degli altri congiunti del defunto, nonché dei creditori della successione.
L'adozione di uno strumento europeo in materia di successioni era già prevista nel Programma dell'Aia per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia per il periodo 2004-2009.
L'importanza delle successioni transfrontaliere all'interno dell'Unione europea è evidenziata nella valutazione d'impatto che accompagna la proposta di regolamento.
Sulla base dei dati raccolti nella fase preparatoria della proposta, la Commissione ha evidenziato le difficoltà attualmente esistenti nelle successioni internazionali, difficoltà che ostacolano la libera circolazione delle persone nell'Unione ed impediscono inoltre il pieno esercizio del diritto di proprietà privata. Si tratta, in particolare, dell'esistenza di leggi configgenti applicabili in diversi Stati membri. Alcuni Stati membri, ad esempio, privilegiano il criterio della nazionalità, mentre altri quello della residenza abituale; in alcuni ordinamenti nazionali vigono sistemi unitari per l'insieme della successione, mentre in altri vengono applicati regimi differenziati a seconda che si tratti di beni mobili o immobili. Esistono inoltre possibilità di una sovrapposizione di competenze su una stessa successione da parte di autorità di diversi Stati membri, con pronunce contrastanti.
Un ulteriore e gravoso problema discende dal non automatico riconoscimento delle decisioni pronunciate in altro Stato membro. La rilevanza pratica per i cittadini di tale incertezza giuridica è ben sottolineata dai dati forniti dalla Commissione europea: il 9-10 per cento circa del numero totale delle successioni annue nell'Unione presenta una dimensione «internazionale» (si tratta quindi di più o meno 450 000 casi); il valore totale annuo di tali successioni ammonterebbe a circa 123,3 miliardi di euro. Le successioni con dimensione internazionale possono incontrare difficoltà che comportano spese legali variabili dal 2 per cento al 5 per cento del loro valore totale; il risparmio per i cittadini dell'Unione derivante dalla risoluzione di tali problemi sarebbe quantificabile in circa 4 miliardi di euro annui.
Per quanto riguarda il principio di sussidiarietà, la Commissione sottolinea che gli obiettivi della proposta possono essere conseguiti esclusivamente stabilendo norme comuni identiche in materia di successioni internazionali, che garantiscano la certezza del diritto e la prevedibilità per i cittadini e che, pertanto, un'azione unilaterale degli Stati membri sarebbe contraria a tale obiettivo.
Passando ai contenuti della proposta occorre innanzitutto ricordare che essa si applica alle successioni mortis causae non alle materie fiscali, doganali e amministrative. Vengono espressamente esclusi dall'ambito d'applicazione lo stato delle persone fisiche e i rapporti di famiglia.
Elemento centrale della proposta è l'individuazione di una regola generale (articolo 16) per cui l'intera successione è soggetta alla legge dello Stato in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte. Tuttavia la proposta prevede che una persona sia libera di scegliere, come legge disciplinante la sua intera successione, la legge dello Stato di cui ha la cittadinanza, tramite designazione espressa e fatta a mezzo di dichiarazione resa nella forma di disposizione mortis causa.
In base alla proposta, la legge applicabile alla successione non osta all'applicazione della legge dello Stato in cui si trova il bene (lex rei sitae) qualora questa prescriva, per l'accettazione dell'eredità o di un legato o la rinuncia ad essi, ulteriori adempimenti rispetto a quelli previsti dalla legge applicabile alla successione.

Pag. 189

A proposito dell'insieme di disposizioni ora citate, merita ricordare che, basandosi sui risultati di una consultazione pubblica organizzata nel 2006 in preparazione della proposta, la Commissione aveva concluso che l'abbandono del criterio tradizionale della nazionalità del defunto in favore del criterio della residenza abituale sembrasse accettabile per la maggior parte delle parti interessate. La residenza abituale peraltro, osservava ancora la Commissione, coincide solitamente con il luogo in cui si trova la maggioranza dei beni del defunto.
La soluzione prospettata ha tuttavia suscitato diffuse perplessità. Il Ministero di giustizia italiano, in risposta al quesito su quale fosse il criterio di collegamento utilizzabile per determinare la legge applicabile, individuava nella legge nazionale del de cuius, il criterio che meglio appare rispondere ad esigenze di certezza giuridica.
Tornando ai contenuti della proposta di regolamento, richiama l'attenzione sul contenuto dell'articolo 27. Esso stabilisce che la scelta sull'ordinamento applicabile possa essere esclusa solo quando tale applicazione risulti incompatibile con l'ordine pubblico del foro, ma specifica che l'applicazione di una norma non può essere considerata contraria all'ordine pubblico del foro solo per il fatto che le modalità da essa previste in relazione alla legittima differiscano da quelle vigenti nel foro stesso. A questo proposito è importante osservare che la necessità di conciliare le disposizioni contenute nel diritto di famiglia degli Stati membri con le disposizioni previste dalla proposta di regolamento è stata sottolineata in alcuni dei pareri espressi dalle Commissioni competenti dei Parlamenti nazionali dell'UE, tra cui la Commissione Affari europei della Assemblée Nationale francese e la Commissione Politiche dell'Unione europea del Senato italiano. Quest'ultima ha in particolare richiamato la legge 31 maggio 1995, n. 218 che regola il sistema italiano di diritto internazionale privato. In ipotesi di apertura della successione di un cittadino italiano che si trovi all'estero, ovvero di uno straniero che si trovi in Italia, il capo VII della citata legge dispone che la successione per causa di morte sia regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta. Peraltro, questi può sempre - con testamento - disporre che la successione sia regolata dalla legge dello Stato in cui risiede ma in tal caso, se il de cuius è cittadino italiano, la scelta non pregiudica comunque i diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia al momento della morte.
La Commissione europea sottolinea in proposito come la maggior parte degli Stati membri, ad eccezione dei paesi nordici, consideri il diritto successorio una materia distinta dal diritto di famiglia, a causa degli elementi patrimoniali preponderanti e che, anche a livello di diritto sostanziale, le due materie presentano differenze notevoli. La Commissione osserva inoltre che, contrariamente al diritto di famiglia, in cui la volontà degli individui assume una rilevanza marginale e la grande maggioranza dei rapporti è disciplinata da disposizioni di ordine pubblico, il diritto successorio resta una materia in cui la volontà del titolare dei diritti riveste un ruolo considerevole.
Per quanto riguarda i patti successori, considerati nulli nel nostro ordinamento, la proposta di regolamento prevede che il patto sia disciplinato dalla legge che sarebbe stata applicabile, in forza del regolamento, alla successione di tale persona se essa fosse deceduta il giorno della conclusione dell'accordo: se, quindi, in base a questa legge, il patto risulta invalido, ne sarà tuttavia ammessa la validità se ad ammetterla è la legge che, al momento della morte, è applicabile alla successione in forza del regolamento.
Particolare importanza riveste la disposizione contenuta all'articolo 29, che stabilisce il riconoscimento delle decisioni emesse in applicazione del regolamento senza necessità di ulteriori procedimenti. Inoltre, le decisioni emesse in uno Stato membro e ivi esecutive e le transazioni giudiziarie dovranno essere eseguite negli altri Stati membri in conformità del regolamento (CE) n. 44/2001, concernente la

Pag. 190

competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
Vorrei infine richiamare l'attenzione sull'importanza dell'istituzione di un Certificato successorio europeo, a cui la proposta di regolamento dedica gli articoli da 36 a 44. Il certificato successorio europeo, rilasciato dall'autorità competente conformemente alla legge applicabile alla successione, costituirà la prova della qualità di erede, di legatario e dei poteri degli esecutori testamentari o dei terzi amministratori. L'uso del certificato successorio europeo non sarà tuttavia obbligatorio. Esso non si sostituirà alle procedure nazionali, ma i suoi effetti saranno riconosciuti anche nello Stato membro le cui autorità lo hanno rilasciato.

Sandro GOZI (PD) sottolinea l'importanza del provvedimento in titolo, che merita un esame approfondito. Esprime quindi soddisfazione per il fatto che la XIV Commissione si applichi alla verifica della conformità al principio di sussidiarietà ed auspica che tale forma di esame possa avvenire di frequente, in via ordinaria.
Osserva quindi che l'esame dei profili di sussidiarietà è uno strumento utile ai fini della valutazione della proporzionalità delle proposte di atti normativi europei, anche sotto il profilo della loro efficacia. Con specifico riferimento alla proposta di regolamento in oggetto, tale esame deve concentrarsi, a suo avviso, per un verso sull'esigenza che la legislazione comunitaria non invada ambiti riservati alla sovranità statale - pensa a materie quali il diritto di famiglia -, per altro verso sull'efficacia delle disposizioni previste. A titolo di esempio, richiama il criterio della residenza abituale al momento della morte, ai fini dell'individuazione della legge dello Stato cui è soggetta l'intera successione, osservando che sarebbe preferibile adottare il criterio della residenza effettiva al momento della morte. Occorre, in sintesi, raggiungere l'obiettivo dell'armonizzazione delle legislazioni europee in tale ambito ma, nel contempo, evitare forme di shopping in materia di successioni.

Gianluca PINI, presidente, condivide pienamente le osservazioni del collega Gozi; nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.05.

COMITATO PERMANENTE PER L'ESAME DEI PROGETTI DI ATTI COMUNITARI E DELL'UE

Giovedì 10 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Sandro GOZI.

La seduta comincia alle 15.05.

Esame istruttorio del «Documento di lavoro della Commissione: Consultazione sulla futura strategia UE 2020» (COM(2009)647 def.).

Sandro GOZI, presidente, sottolinea come l'esame del documento di lavoro che avvia una consultazione delle parti interessate sul futuro della Strategia di Lisbona dopo il 2010, presentato dalla Commissione europea il 24 novembre 2009, costituisca un passaggio di estrema rilevanza, di notevole interesse per tutti i colleghi della Commissione. Si tratta infatti di concorrere a definire la cornice politica generale per le azioni dell'UE e degli Stati membri ai fini della crescita, dello sviluppo e dell'occupazione nel prossimo decennio, non soltanto al fine di uscire dalla crisi economica e finanziaria ma di riaffermare il modello economico e sociale europeo sul piano globale.
È evidente che i parlamenti nazionali - come prospettato dalla stessa Commissione europea - non possono non concorrere a questo processo che, oltre ad incidere profondamente su scelte e priorità delle politiche pubbliche assume un rilievo fortissimo per lo stesso processo di integrazione europea. Anche il Parlamento italiano, e la Camera dei deputati in particolare,

Pag. 191

debbono cogliere questa occasione per far sentire la propria voce in ambito europeo, anche al fine di tutelare gli interessi nazionali.
Dal successo della nuova strategia dipende infatti in buona misura la capacità dell'UE di rispondere adeguatamente alle aspettative dei cittadini europei a fronte delle dinamiche economiche globali. Sulla base di queste considerazioni, la Camera ha già rivendicato a giusto titolo negli ultimi anni un pieno coinvolgimento nella predisposizione degli strumenti nazionali di attuazione della Strategia di Lisbona, in particolare del programma nazionale di riforma e delle relative relazioni di attuazione.
Al fine di prevenire gli inadempimenti da parte del Governo registrati negli ultimi anni, nonostante gli impegni contenuti in numerosi atti di indirizzo approvati dalla Camera, è stato approvato nel corso della prima lettura alla Camera del disegno di legge comunitaria 2009, un apposito emendamento, che obbliga il Governo a sottoporre alle Camere i programmi di riforma e le relazioni di attuazione prima di trasmetterle alla Commissione.
Il documento in esame prospetta, quale seguito dell'attuale Strategia di Lisbona, una nuova iniziativa «UE 2020». Quest'ultima, rispetto alla Strategia di Lisbona, dovrebbe concentrarsi su ambiti di intervento chiave che offrano migliori risultati in termini di collaborazione tra UE e Stati membri. A tale scopo la Commissione propone di incentrare la nuova strategia su alcuni fattori di stimolo tematici imperniati su tre priorità di base: una crescita basata sulla conoscenza come fattore di ricchezza; il coinvolgimento dei cittadini in una società partecipativa; un'economia competitiva, interconnessa e più verde.
Con riguardo al primo profilo, la Commissione europea fissa quale obiettivo per il 2020 la creazione di un vero e proprio spazio europeo della conoscenza che faccia leva su infrastrutture della conoscenza di valenza internazionale, consentendo a tutti gli attori (studenti, insegnanti, ricercatori, istituti di istruzione, centri di ricerca e imprese) di beneficiare della libera circolazione delle persone, delle conoscenze e delle tecnologie. A tale scopo, la strategia punta anzitutto su uno spazio europeo della ricerca efficiente e dotato di risorse adeguate. Secondo la Commissione:
l'UE dovrebbe mettere in comune le risorse, sviluppando congiuntamente grandi infrastrutture e innalzando gli standard qualitativi a livello internazionale;
occorre massimizzare i benefici della ricerca accelerandone la traduzione pratica per le imprese e le PMI europee, anche tramite partenariati pubblico-privato, nonché tramite incentivi alla creazione di imprese basate sulla conoscenza;
sarebbe necessario un sistema adeguato di tutela dei diritti di proprietà intellettuale, efficace anche sotto il profilo dei costi, capace di favorire la creazione di imprese innovative e di aiutare gli istituti universitari e i centri di ricerca a commercializzare proficuamente le idee e le invenzioni prodotte. Sotto tale profilo riterrebbe opportuno mettere a punto nuove forme di rapporto tra università e imprese.

Per quanto riguarda il sistema universitario, la Commissione suggerisce di pensare ad una nuova fase dei programmi Erasmus, Leonardo e Erasmus Mundus che, insieme ad iniziative nazionali, offra a tutti i giovani d'Europa la possibilità di trascorrere parte del percorso formativo in un altro Stato membro.
Per quanto concerne, infine, l'economia digitale, secondo la Commissione occorre sfruttarne appieno le potenzialità, in considerazione delle opportunità che essa può offrire alle PMI operanti nel settore manifatturiero e dei servizi, sia come utenti finali sia come fornitrici di imprese più grandi.
Con riferimento al secondo obiettivo, la Commissione propone per il 2020 di creare posti di lavoro, aumentando il tasso occupazionale della popolazione attiva, e dando vita a lavori migliori e più produttivi, nonché garantendo equità, sicurezza e opportunità reali di accedere al mercato

Pag. 192

del lavoro, di fondare un'impresa e di gestire le transizioni sul mercato del lavoro grazie a sistemi sociali e assistenziali moderni e finanziariamente sostenibili.
In particolare, la Commissione osserva che alla tradizionale sequenza studi-lavoro-pensione vanno sostituendosi nuovi modelli di vita lavorativa caratterizzati da interruzioni e riprese intermittenti dell'attività e che offrono maggiori opportunità ai lavoratori. Bisognerà pertanto gestire la transizione da un posto all'altro e tra i periodi di formazione e di occupazione e trovare il modo migliore per garantire, da un lato, la flessibilità del mercato del lavoro, sia in termini di organizzazione del lavoro che di rapporti lavorativi, e, dall'altro, la sicurezza offerta dalla formazione permanente e da una tutela sociale adeguata. Osserva come si tratti di temi sui quali l'Italia può fornire alla Commissione indicazioni di grande utilità per il sistema del lavoro nazionale.
Poiché, ad avviso della Commissione, le competenze sono la chiave di volta della crescita economica, dello sviluppo, della produttività e della creazione di posti di lavoro in Europa, la formazione continua deve essere resa più accessibile e le università devono aprire maggiormente le porte agli studenti atipici.
Giustamente il documento di consultazione richiama l'attenzione sulla necessità di tenere conto pienamente delle potenzialità del fenomeno migratorio: l'occupazione degli immigrati dovrebbe essere potenziata, specie per quanto riguarda i lavoratori scarsamente qualificati, le donne e i nuovi arrivati.
Osserva in proposito come sia ormai inaccettabile che nello spazio europeo non vi sia una integrazione dei dati riguardanti i mercati del lavoro dei diversi Stati, come anche una analisi dei dati relativi al rapporto tra mercati del lavoro e flussi di immigrazione legale; si tratta di dati essenziali per un governo efficace di tali settori e l'Italia deve farsi promotrice di iniziative in questa direzione.
Per creare più posti di lavoro, la Commissione ritiene indispensabile la diffusione di una cultura più imprenditoriale, ispirata da un atteggiamento più positivo verso il rischio e dalla capacità di innovare. Il lavoro autonomo dovrà trasformarsi in una possibilità concreta per coloro che hanno perso di recente il posto di lavoro. A tal fine, occorrerà rimuovere una serie di ostacoli, quali le disparità di trattamento previste dalla maggior parte dei sistemi previdenziali a svantaggio dei lavoratori autonomi o il mancato riconoscimento dei diritti sociali e pensionistici che disincentivano il trasferimento in altri Stati membri.
Con riguardo al terzo obiettivo, un'economia competitiva, interconnessa e più verde, per il 2020 la Commissione propone di perseguire gli obiettivi concordati dall'UE in tema di clima e energia, di potenziare la base industriale, di sviluppare le potenzialità delle PMI e di rispondere alle necessità future aumentando la produttività e riducendo la pressione sulle risorse.
Solo in questo modo, l'Europa potrà continuare ad essere competitiva in un mondo sempre più caratterizzato da prezzi energetici relativamente elevati, da restrizioni delle emissioni di carbonio e da una concorrenza sempre più pressante nell'accaparramento delle risorse.
La Commissione auspica inoltre che la banda larga raggiunga quanto prima una copertura del 100 per cento, tramite un profondo programma di investimenti a favore delle reti a fibre ottiche e della banda larga senza fili.
Parallelamente alle infrastrutture internet ad alta velocità, la Commissione ritiene prioritario lo sviluppo di infrastrutture dei trasporti e dell'energia:
la politica dei trasporti dovrà mirare a una migliore connessione delle reti, alla ricerca di alternative al trasporto su strada e alla promozione di tecnologie pulite, traendo beneficio dai progetti europei quali Galileo, GMES, i programmi di gestione del traffico su strada e su rotaia (ERTMS) e del traffico aereo (SESAR);
per quanto concerne l'energia, tenuto conto che entro il 2030 l'UE dovrà sostituire metà delle centrali elettriche esistenti, la Commissione sottolinea l'importanza

Pag. 193

di una super rete elettrica europea, che consentirà di aumentare notevolmente la percentuale di energia rinnovabile e di produzione decentralizzata.

In tema di politica industriale, una volta passata la crisi, le imprese di diversi settori dovranno risolvere le sovraccapacità strutturali e l'UE dovrà facilitare ristrutturazioni socialmente accettabili pur garantendo eque condizioni di concorrenza. A tal fine, si sottolinea l'opportunità di puntare sulla capacità di innovazione, sull'ecoinnovazione, sulle nuove tecnologie trainanti e sulle nuove competenze.
Per quanto riguarda gli strumenti di attuazione della Strategia UE 2020, la Commissione rileva anzitutto che l'UE non fruisce attualmente di tutti i benefici del mercato unico, la cui concezione risale a oltre vent'anni fa, prima che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione diventassero il principale motore di crescita: gli ostacoli alle attività transfrontaliere si traducono in minore scelta per i consumatori, minore concorrenza sui prezzi e minore produttività potenziale. Pertanto, ritiene che, per raggiungere le priorità dell'UE 2020, sia necessario porre fine alla frammentazione che ostacola attualmente il flusso dei contenuti online e l'accesso ad internet da parte dei consumatori e delle imprese.
In secondo luogo, partendo dal presupposto che il nuovo programma «UE 2020» si staglia sullo sfondo della globalizzazione, la Commissione considera prioritario intervenire, nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e tramite la cooperazione bilaterale, per ridurre gli ostacoli ai flussi internazionali di scambi e di investimenti e per promuovere un commercio mondiale aperto, nel rispetto delle regole, prestando soprattutto attenzione ad aspetti quali l'accesso al mercato, la disponibilità delle fonti energetiche e delle materie prime e i progressi nel raggiungimento degli obiettivi ambientali e sociali. Osserva in proposito che in tale settore l'Italia deve approfittare dell'occasione offerta per far sentire la propria voce e tutelare i propri interesse; nella direzione di una maggiore liberalizzazione del commercio connessa con la salvaguardia delle esigenze ambientali e sociali.
In terzo luogo, la Commissione sottolinea che il Patto di stabilità svolgerà un ruolo determinante non solo per il consolidamento fiscale, ma anche per il reperimento delle risorse necessarie per uno sviluppo ed un'occupazione sostenibili. Pertanto, nel risanare i conti pubblici, gli Stati membri dovranno riorientare la spesa verso il raggiungimento degli obiettivi tematici della strategia UE 2020 affinché in Europa possano realizzarsi gli investimenti necessari.
In quarto luogo, le politiche di bilancio andrebbero rimodulate, secondo la Commissione, in coerenza con gli obiettivi sopra esposti, sia nell'ambito della revisione del bilancio dell'UE e delle proposte in vista del prossimo quadro finanziario pluriennale (2014-2020), sia a livello degli Stati membri, in cui la spesa pubblica andrà rivista prestando particolare attenzione alla qualità e all'efficienza, cercando di reperire risorse da investire nella crescita sostenibile, al di là dei forti vincoli fiscali. Occorrerà esplorare contemporaneamente nuovi modelli di finanziamento (partenariati pubblico-privato, ricorso a fondi UE o Banca europea per gli investimenti) affinché, convogliando risorse pubbliche e private, si possa massimizzare l'impatto.
Infine, la Commissione sottolinea l'esigenza di individuare una governance chiara per contribuire all'efficacia della nuova strategia, tramite il partenariato tra l'azione a livello UE, nazionale e regionale.
La Commissione auspica in questo contesto un ruolo più incisivo del Parlamento europeo, che potrebbe essere incoraggiato ad esprimere pareri sulla strategia UE 2020 prima del Consiglio europeo di primavera, e dei Parlamenti nazionali, che dovrebbero seguirne la messa a punto.
L'esame della strategia prospettata dalla Commissione richiede un approfondimento specifico da parte del Comitato fase ascendente e della Commissione politiche UE. Il documento della Commissione

Pag. 194

presenta infatti indubbi pregi - come l'accento posto sulle PMI, sull'ammodernamento del mercato interno, sull'occupazione degli immigrati, sulle reti di trasporti energia e comunicazioni. Tuttavia, la prima impressione è che la nuova Strategia possa riprodurre potenzialmente gli stessi elementi di debolezza che hanno pregiudicato il successo della strategia di Lisbona: la mancanza di una concentrazione delle risorse su obiettivi realmente prioritari e la debolezza della governance economica che ne dovrebbe costituire lo strumento di attuazione. Osserva infatti come la proposta non indichi nuovi strumenti volti ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi indicati e come sia compito del Parlamento italiano fare proposte incisive e coraggiose.
Evidenzia quindi che sulla base della consultazione in corso, la Commissione presenterà proposte al Consiglio europeo di primavera del 2010 che dovrà varare la nuova strategia per i prossimi cinque. Le conclusioni del Consiglio europeo, unitamente ai relativi orientamenti per l'UE e per gli Stati membri, costituiranno quindi la base degli orientamenti integrati previsti dal Trattato. In funzione di ciascun obiettivo, gli Stati membri definiranno i propri obiettivi per i prossimi cinque anni. La Commissione e il Consiglio europeo monitoreranno ogni anno i progressi realizzati negli Stati membri e a livello UE.
Ricorda infine che la consultazione della Commissione scade il 15 gennaio 2010 e che pertanto la XIV Commissione è chiamata ad esprimersi in tempi rapidi; auspica che su questi temi il lavoro parlamentare si possa avvalere dell'apporto di tutti i gruppi.

Nicola FORMICHELLA (PdL) condivide le osservazioni svolte dal presidente in ordine all'importanza dell'atto in esame e alla centralità che il Parlamento deve assumere in tali procedure di consultazione. Riterrebbe particolarmente utile, a tal fine, che i lavori della Commissioni si concentrino su alcuni aspetti di particolare rilievo, sui quali ritiene si possano trovare posizioni convergenti. Richiama i temi della banda larga, della cultura di impresa, dell'immigrazione e della formazione continua e della flessibilità del mondo del lavoro. Con riferimento a tale ultimo aspetto, cita un disegno di legge attualmente all'esame della Commissione Lavoro (C. 2424) volto a incentivare l'avvio di attività imprenditoriali da parte dei lavoratori in cassa integrazione.

Nunziante CONSIGLIO (LNP) auspica che la genericità del documento in esame si traduca in azioni concrete ed efficaci. Evidenzia come il proprio gruppo consideri prioritario il tema della riconversione delle produzioni delle aree del centro-nord del Paese e sottolinea la mancanza di riferimenti al ruolo delle regioni nell'ambito della governance della strategia «UE 2020».

Gianluca PINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara conclusa la seduta odierna.

La seduta termina alle 15.30.

ERRATA CORRIGE

Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 256 del 3 dicembre 2009, a pagina 146, nel sommario, alla diciassettesima riga, le parole: «126-bis del regolamento» sono sostituite dalle seguenti: «127, comma 1, del regolamento»; a pagina 165, seconda colonna, alla quattordicesima riga, le parole: «126-bis del regolamento» sono sostituite dalle seguenti: «127, comma 1, del regolamento».