CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 19 novembre 2009
249.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 19 novembre 2009. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 13.15.

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010).
C. 2936 Governo, approvato dal Senato.

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010, bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 e relativa nota di variazione.
Tabella n. 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2010.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2010 (limitatamente alle parti di competenza).
C. 2937 Governo, approvato dal Senato, e C. 2937-bis Governo, approvata dal Senato.

(Parere alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

Gianfranco CONTE, presidente, avverte che la Commissione è chiamata ad esaminare, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, il disegno di legge C. 2936, approvato dal Senato, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010), ed il disegno di legge C. 2937, approvato dal Senato, recante

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«Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012», e relativa Nota di variazioni C. 2937-bis, e le annesse Tabella 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2010, e Tabella 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2010, limitatamente alle parti di competenza della Commissione.
L'esame si concluderà con la trasmissione alla Commissione Bilancio di una relazione e con la nomina di un relatore, il quale potrà partecipare alle sedute di quella Commissione.
In particolare, per quanto riguarda il disegno di legge di bilancio, la Commissione esaminerà lo stato di previsione dell'entrata (Tabella 1) e lo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2), limitatamente alle parti di competenza.
La Commissione, oltre ad essere chiamata a trasmettere relazioni alla V Commissione, esaminerà anche gli eventuali emendamenti riferiti alle parti di sua competenza del disegno di legge di bilancio. A tale proposito ricorda che, ai sensi dell'articolo 121, comma 1, del Regolamento, gli emendamenti proponenti variazioni compensative all'interno dei singoli stati di previsione devono essere presentati presso le Commissioni in sede consultiva. Gli emendamenti approvati saranno inseriti nella relazione approvata dalla Commissione, mentre gli emendamenti respinti potranno essere successivamente ripresentati, ai sensi dell'articolo 121, comma 4, del Regolamento, nel corso dell'esame in Assemblea.
Potranno inoltre essere presentati e votati in Commissione anche emendamenti concernenti variazioni non compensative ovvero variazioni compensate non all'interno del medesimo stato di previsione. Anche tali emendamenti, ove approvati, saranno inseriti nella relazione della Commissione. Nel caso in cui tali ultimi emendamenti fossero respinti, è invece necessario che gli stessi vengano ripresentati alla Commissione Bilancio, anche al solo fine di consentire a quest'ultima di respingerli ai fini della ripresentazione in Assemblea.
Analoghe regole disciplinano anche gli eventuali emendamenti riferiti alle parti di competenza della Commissione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2010. Nelle Commissioni in sede consultiva potranno comunque essere presentati e votati emendamenti per le parti del disegno di legge finanziaria di rispettiva competenza. Tali emendamenti, ove approvati, saranno inseriti nella relazione della Commissione; ove respinti, è invece necessario che gli stessi vengano ripresentati alla Commissione Bilancio. Peraltro, anche in questo caso, è comunque ammissibile la presentazione degli emendamenti all'articolato della finanziaria direttamente presso la Commissione Bilancio.
Per quanto concerne gli emendamenti al disegno di legge finanziaria, segnala come essi siano soggetti alle specifiche regole di ammissibilità di cui al comma 5 dell'articolo 121 del Regolamento, con riferimento ai limiti di contenuto proprio e di compensatività degli effetti finanziari.
Il contenuto proprio del disegno di legge finanziaria è definito dall'articolo 11 della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni.
Per quanto riguarda la legge finanziaria per il 2010, l'articolo 23, comma 21-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009 ha prorogato anche alla legge finanziaria per il 2010 la previsione sperimentale, di cui al comma 1-bis dell'articolo 1 del decreto-legge n. 112 del 2008, il quale ha previsto che essa rechi soltanto disposizioni riconducibili al suo contenuto tipico, con l'esclusione di disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, nonché di carattere ordinamentale, microsettoriale e localistico.
Con riferimento al vincolo di compensatività, le modalità di copertura della legge finanziaria sono indicate ai commi 5 e 6 dell'articolo 11 della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni. In particolare, il comma 5, con riferimento alle sole spese correnti, prescrive il divieto per la legge finanziaria di peggiorare il risultato

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corrente dell'anno precedente, mentre il comma 6 vincola la legge finanziaria al rispetto dei saldi di finanza pubblica indicati, per il periodo di riferimento, nelle risoluzioni con le quali le Camere hanno approvato il DPEF e la successiva Nota di aggiornamento.
Alla luce di tali criteri, saranno ammessi solo emendamenti compensativi, che cioè garantiscano effetti finanziari equivalenti a quelli del testo che si intende modificare. La presidenza, nel valutare la compensatività degli emendamenti che tendano a sostituire misure di contenimento previste nel testo, si limiterà a considerare inammissibili solo gli emendamenti evidentemente privi di compensazione o con compensazioni manifestamente inidonee, ivi compresi gli emendamenti che determinino oneri di durata non coincidente con quella della relativa compensazione.
La valutazione circa l'ammissibilità degli emendamenti presentati nell'ambito dell'esame in sede consultiva sarà effettuata dai presidenti delle medesime Commissioni prima che gli stessi vengano esaminati e votati. Peraltro, in considerazione della necessità di valutare l'ammissibilità degli emendamenti sulla base di criteri omogenei ed obiettivi, la valutazione puntuale di ammissibilità sarà comunque compiuta nel corso dell'esame presso la Commissione Bilancio. Per questi motivi sottolineo come il giudizio circa l'ammissibilità di un emendamento pronunciato nel corso dell'esame in sede consultiva non pregiudichi in alcun modo la successiva valutazione di ammissibilità.
Con riferimento alla presentazione degli ordini del giorno, rammenta che presso le Commissioni di settore devono essere presentati tutti gli ordini del giorno riferiti alle parti di rispettiva competenza del disegno di legge di bilancio e del disegno di legge finanziaria. Gli ordini del giorno concernenti l'indirizzo globale della politica economica devono invece essere presentati direttamente in Assemblea; gli ordini del giorno respinti dalle Commissioni di settore o non accolti dal Governo possono essere ripresentati in Assemblea. In ordine ai criteri di ammissibilità segnala altresì che non sono ammissibili gli ordini del giorno volti ad impegnare il Governo ad utilizzare accantonamenti dei Fondi speciali di parte corrente e di conto capitale per determinate finalità.
Da ultimo, per quanto attiene all'organizzazione dei lavori, ricorda che, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo, la Commissione dovrà concludere il proprio esame dei documenti di bilancio entro la giornata di mercoledì 25 novembre prossimo.

Alessandro PAGANO (PdL), relatore, nell'illustrare i disegni di legge in esame, rileva innanzitutto, con riferimento alla manovra complessiva presentata dal Governo alle Camere, come gli obiettivi di finanza pubblica precedentemente indicati dal Governo, anche alla luce della revisione delle previsioni recate dal Documento di programmazione economico - finanziaria dalla Nota di aggiornamento al DPEF recentemente presentata, risultino sostanzialmente confermati.
In particolare, l'anno in corso e per il 2010 il quadro programmatico di finanza pubblica coincide pertanto con quello tendenziale, mentre un primo miglioramento dei saldi (e del debito) si registra nel 2011 e prosegue negli anni successivi.
Per quanto concerne in particolare l'ammontare del debito pubblico, esso, dopo aver raggiunto un livello massimo pari al 117,3 per cento del PIL nel 2010, è previsto in progressiva diminuzione fino al 112,7 per cento nel 2013.
Per quanto riguarda, in particolare, il disegno di legge finanziaria, evidenzia inoltre come, analogamente a quanto avvenuto con la precedente legge finanziaria, il contenuto del disegno di legge rappresenti una novità rispetto alla prassi seguita in precedenza.
Infatti, il provvedimento ha un contenuto circoscritto, in forza del disposto dell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112, prorogato dall'articolo 23, comma 21-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009, il quale prevede che, anche per il 2010, come già per il 2009, la legge finanziaria

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può contenere esclusivamente «disposizioni strettamente attinenti al suo contenuto tipico con l'esclusione di disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, nonché di carattere ordinamentale, microsettoriale e localistico», vale a dire i contenuti propri della legge finanziaria, come definiti dall'articolo 11 della legge n. 468 del 1978, nel testo in vigore precedentemente alla riforma operata dalla legge n. 208 del 1999.
Pertanto, alla luce di tale nuova impostazione del procedimento di formazione della manovra finanziaria, il disegno di legge finanziaria, articolato in soli tre articoli, ha un contenuto molto snello, limitandosi a fissare gli obiettivi dei saldi di bilancio, a introdurre un numero limitato di misure, tra le quali la quantificazione delle risorse da destinare ai rinnovi contrattuali del pubblico impiego e la proroga di norme di carattere tributario recanti regimi agevolati, nonché a stabilire l'importo da iscrivere nelle tabelle allegate al disegno di legge.
Tale alleggerimento del disegno di legge finanziaria è motivato sul piano sostanziale dalla scelta del Governo, analoga a quella compiuta lo scorso anno, di anticipare l'articolazione complessiva della manovra finanziaria per il triennio 2010-2012 allo scorso luglio, con il decreto- legge n. 78 del 2009, recante una serie di misure volte a contrastare gli effetti avversi della crisi economica, ed a salvaguardare al contempo l'equilibrio dei conti pubblici.
Per quanto concerne gli effetti sui saldi di finanza pubblica, sottolinea come il disegno di legge finanziaria non comporti effetti correttivi di rilievo in termini di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche, la cui incidenza sul PIL rimane pertanto fissata per il triennio 2010-2012 nei valori indicati dalla nota di aggiornamento al DPEF.
Analogamente, gli interventi introdotti dal disegno di legge incidono marginalmente sul fabbisogno del settore statale, mentre variazioni in aumento nel triennio 2010-2012 sono previste in termini di saldo netto da finanziare.
Per quanto attiene all'entità della manovra, nel complesso, gli effetti derivanti dall'articolato e dalle tabelle allegate del disegno di legge comportano un peggioramento del saldo netto da finanziare pari a circa 1,3 miliardi di euro nel 2010, 5,25 miliardi nel 2011 e 3,7 miliardi alla fine del triennio.
Tale risultato è in linea con il livello massimo del saldo netto da finanziare, in termini di competenza, fissato per l'esercizio 2010 - ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge - in 63.000 milioni di euro, al netto di 4.684 milioni di euro per regolazioni debitorie.
In particolare il disegno di legge reca nuove o maggiori spese - quasi tutte di parte corrente - per un ammontare pari a circa 1,9 miliardi di euro per il 2010, 5,7 miliardi nel 2011 e 3,8 miliardi per il 2012, cui si aggiungono 0,4 miliardi di euro di minori entrate per il solo esercizio 2012.
A tali impieghi si fa parzialmente fronte mediante una riduzione delle spese pari a circa 480 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio, cui si aggiungono circa 160 milioni di euro di maggiori entrate per l'anno 2010.
Passando al contenuto specifico del disegno di legge finanziaria, esso si compone di soli 3 articoli.
L'articolo 1, comma 1, come al solito, stabilisce i risultati differenziali di finanza pubblica che dovranno essere raggiunti nell'anno 2010, relativamente al livello massimo del saldo netto da finanziare ed al ricorso al mercato, che sono fissati, rispettivamente, in 63 miliardi di euro (al netto di 4,68 miliardi di regolazioni debitorie) e in 286 miliardi di euro in termini di competenza (compreso l'indebitamento all'estero, per un importo non superiore a 4 miliardi).
Il comma 2 fissa invece i risultati in termini di saldo netto da finanziare e di ricorso al mercato per il 2011 e il 2012 sia in termini di bilancio a legislazione vigente sia in termini di bilancio programmatico.

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Con riferimento al bilancio a legislazione vigente, per il 2011 tali valori sono fissati, rispettivamente, in 54,3 miliardi di euro (al netto di 3,52 miliardi di regolazioni debitorie) e in 253 miliardi di euro in termini di competenza, mentre per il 2012 essi ammontano, rispettivamente, a 41,4 miliardi di euro (al netto di 3,52 miliardi di regolazioni debitorie) e a 250 miliardi di euro in termini di competenza.
Con riferimento al bilancio programmatico, per il 2011 tali valori sono fissati, rispettivamente, in 49 miliardi di euro e in 248 miliardi di euro, mentre per il 2012 essi ammontano, rispettivamente, a 38 e 247 miliardi.
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, richiama il comma 4, il quale specifica che le maggiori disponibilità che si realizzassero nel 2010 rispetto alle previsioni del DPEF 2010-2013 sono destinate alla riduzione della pressione fiscale nei confronti delle famiglie con figli e dei percettori di redditi medio - bassi, con priorità per i lavoratori dipendenti e i pensionati.
L'articolo 2 reca una serie di disposizioni di vario contenuto, relative in particolare ai trasferimenti statali in favore di enti previdenziali, alle risorse per i rinnovi contrattuali delle amministrazioni pubbliche nel triennio 2010 - 2012, norme sugli acquisti di beni e servizi da parte dell'Amministrazione della difesa, norme sulla disciplina del patto di stabilità interno, nonché previsioni in favore del settore agricolo, per la tutela del Made in Italy ed a tutela della sicurezza pubblica.
Con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione, segnala i commi 7, 8, 18, 20, 22, da 24 a 27, da 33 a 36, 40, 42, 43 e 47.
In particolare, il comma 7 proroga ulteriormente, fino a tutto il 2012, l'applicazione delle agevolazioni fiscali a fini IRPEF per le ristrutturazioni edilizie, attualmente in vigore fino al 31 dicembre 2011.
Ricorda, a tale riguardo, che tali agevolazioni consistono nella detraibilità dall'IRPEF del 36 per cento delle spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, fino ad un massimo di 48.000 euro, dalla detraibilità del 36 per cento delle spese sostenute da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare per il restauro, il risanamento o la ristrutturazione di interi fabbricati, successivamente alienati.
In tale contesto la lettera b) del comma 7 sposta al 31 dicembre 2012 il termine entro il quale le spese per gli interventi di ristrutturazione sulle singole unità immobiliari o sulle parti comuni di edifici residenziali devono essere sostenute.
La lettera c) del medesimo comma 7 fissa invece al 31 dicembre 2012 il termine entro il quale devono essere conclusi i lavori di restauro o ristrutturazione operati su interi fabbricati da parte di imprese di costruzione, ed al 30 giugno 2013 il termine entro il quale i predetti fabbricati devono essere alienati o assegnati.
Il comma 8 rende invece permanente l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta al 10 per cento sulle prestazioni avente ad oggetti i predetti interventi di recupero del patrimonio edilizio.
Al riguardo si ricorda che le predette agevolazioni erano state prorogate, da ultimo, dai commi 17 e 18 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, come modificati dall'articolo 2, comma 15, della legge n. 203 del 2008 (legge finanziaria per il 2009).
Con riferimento alla formulazione del comma 8, segnala l'opportunità di introdurre un'apposta novella al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in considerazione del fatto che la disposizione rende permanente un regime agevolativo in precedenza prorogato anno per anno.
Il comma 20 proroga fino al 2012 l'applicazione delle previsioni di cui all'articolo 1, comma 703, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), le quali hanno:
incrementato del 30 per cento il contributo ordinario, al lordo della detrazione derivante dall'attribuzione di una quota di compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, riconosciuto i comuni con popolazione

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fino a 5.000 abitanti, nei quali il rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e la popolazione residente complessiva è superiore al 25 per cento, e nei quali il rapporto tra la popolazione residente di età inferiore a cinque anni e la popolazione residente complessiva è superiore al 4,5 per cento, per interventi di natura sociale;
concesso un ulteriore contributo, fino ad un importo complessivo di 42 milioni di euro, per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti;
attribuito un contributo complessivo di 20 milioni di euro alle comunità montane.

Il comma 22 prevede che le vittime di atti di terrorismo e i loro superstiti che siano parti in procedimenti civili, penali, amministrativi o contabili dipendenti da atti di terrorismo sono esenti dal pagamento dell'imposta di registro e di ogni altra imposta, in quanto parti in causa dei predetti procedimenti.
In proposito rileva come non risulti chiaro il riferimento all'esenzione dei pagamenti per «ogni altra imposta».
I commi da 24 a 27 prevedono che le Forze armate, compreso il Corpo della Guardia di finanza, hanno il diritto all'uso esclusivo di proprie denominazioni, stemmi, emblemi e segni distintivi, stabilendo a tal fine una specifica sanzione pecuniaria per la violazione di tale norma.
In tale contesto il comma 24 prevede che il Ministero della difesa ed il Corpo della Guardia di finanza possono consentire l'uso di tale denominazione, stemmi ed emblemi nel rispetto delle proprie finalità istituzionali e della propria immagine. A tal fine il Ministero della difesa potrà avvalersi della società Difesa Servizi Spa istituita dal comma 23, mentre il Corpo della Guardia di finanza potrà avvalersi di apposita società.
Al riguardo si rileva come non risulti chiaro quale sia la società della quale la Guardia di finanza potrà avvalersi relativamente all'uso dei propri elementi distintivi.
L'individuazione delle predette denominazioni, stemmi ed emblemi, nonché le modalità attuative, sono definite con regolamenti ministeriali; per quanto riguarda il Corpo della Guardia di finanza saranno emanati regolamenti specifici, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.
Il comma 33 prevede che una quota pari a 10 milioni di euro del Fondo di garanzia in favore delle piccole e medie imprese, le cui risorse sono poi confluite nel Fondo per la finanza d'impresa, sia destinata ad interventi in favore dei consorzi costituiti dai confidi delle province che registrino tassi più elevati di utilizzazione della cassa integrazione. La disposizione specifica che le modalità attuative della previsione appena illustrata saranno definite con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia ed il Ministro dello sviluppo economico.
Al riguardo ricorda che il predetto Fondo svolge la funzione di concedere garanzie alle banche, agli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del TUB, e alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo, a fronte di finanziamenti a piccole e medie imprese, ivi compresa la locazione finanziaria, e di partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale delle piccole e medie imprese.
Il comma 34 modifica la disciplina relativa al Fondo speciale di garanzia per l'acquisto della prima casa da parte delle coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori istituito dall'articolo 13, comma 3-bis del decreto-legge n. 112 del 2008.
In tale contesto viene sostituito il primo periodo del predetto comma 3-bis, rinominandone la denominazione del Fondo, che assumerà la dicitura di Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori.
Inoltre si prevede che il decreto del Ministro della gioventù con il quale è disciplinato il funzionamento del Fondo

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sia emanato d'intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, e che esso stabilisca anche i criteri per l'accesso al Fondo medesimo, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
Il comma 35 proroga anche al 2010 la previsione di cui all'articolo 1, comma 153, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), ai sensi del quale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate le province alle quali può essere assegnata la diretta riscossione dell'addizionale sul consumo di energia elettrica concernente i consumi relativi a forniture con potenza impegnata superiore a 200 kW.
A tale proposito ricorda che la predetta assegnazione può riguardare le province confinanti con le province autonome di Trento e di Bolzano, quelle confinanti con la Confederazione elvetica e per quelle nelle quali oltre il sessanta per cento dei comuni ricade nella zona climatica F, con priorità per le province in possesso di almeno 2 dei predetti parametri.
Il comma 36 differisce ulteriormente al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale i soggetti che detenessero, alla data del 31 dicembre 2008, una partecipazione al capitale sociale di banche popolari superiore allo 0,5 per cento, indicato dall'articolo 30, comma 2, del Testo unico bancario.
Al riguardo rammenta che il predetto comma 2 dell'articolo 30 del TUB prevede che le azioni eccedenti tale limite devono essere alienate entro un anno dal momento in cui la banca contesta la violazione di tale divieto; trascorso tale termine i diritti patrimoniali relativi a tali azioni maturati fino all'alienazione delle stesse, sono acquisite dalla banca medesima.
Il comma 40 amplia l'ambito di applicazione della previsione di cui all'articolo 2, comma 188, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), ai sensi della quale l'Agenzia nazionale per l'attuazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa può rinegoziare i mutui accesi dalla Cassa depositi e prestiti in favore delle cooperative di produzione e lavoro ed alle società costituite prevalentemente da giovani fino ai 35 anni, aventi sede ed operanti nei territori meridionali, che realizzino progetti per la produzione nei settori dell'agricoltura, dell'artigianato, dell'industria e dei servizi.
In particolare la modifica rispetto al testo vigente della disposizione riguarda il fatto che la rinegoziazione può riguardare i mutui accesi entro il 31 dicembre 2008 e non più solo quelli accesi entro il 31 dicembre 2004, comunque entro il limite di spesa di 1 milione di euro.
Il comma 42 estende anche al Corpo della Guardia di finanza la facoltà, riconosciuta dall'articolo 1, comma 568, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), di stipulare convenzioni e contratti per la permuta di materiali o prestazioni con soggetti pubblici e privati, attualmente riconosciuta solo alle altre forze armate, inclusa l'Arma dei carabinieri. Le condizioni e le modalità per la stipula degli atti e l'esecuzione delle relative prestazioni sono definite con decreto del Ministro dell'economia.
Il comma 43 prevede che una quota pari al 50 per cento delle risorse derivanti è devoluta Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze dall'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008.
Il comma 47 apporta talune modifiche all'articolo 2-undecies della legge n. 575 del 1965, relativamente alla gestione dei beni immobili confiscati alle organizzazioni criminali di tipo mafioso.
In particolare, si inserisce nel predetto articolo 2-undecies un nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale tali beni, qualora non possono essere destinati o trasferiti a finalità di pubblico interesse entro 90 giorni dalla proposta di destinazione dei medesimi beni, sono destinati alla vendita.
Inoltre viene sostituito il comma 4 del medesimo articolo 2-undecies, al fine di prevedere che la vendita o l'affitto dei beni è disposto dal dirigente del competente ufficio dell'Agenzia del demanio, previo parere obbligatorio del Commissario straordinario per la gestione e la destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni

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mafiose. Tali operazioni possono anche essere affidate all'amministratore dei beni nominato dal giudice delegato alla procedura. Si prevede inoltre che il predetto dirigente chieda al prefetto della provincia interessata un parere obbligatorio, nonché ogni informazione utile, al fine di evitare che i beni siano acquistati, anche indirettamente, dai soggetti ai quali essi sono stati confiscati o ad altri soggetti riconducibili alla criminalità organizzata.
La disposizione introduce altresì un nuovo comma 5-bis, il quale stabilisce che le somme ricavate dalla vendita al netto delle spese di gestione e di vendita, sono riversate al Fondo unico giustizia per essere riassegnate, per metà al Ministero dell'interno a fini di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, nonché, per l'altra metà, al Ministero della giustizia, al fine di assicurare il funzionamento e potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali.
Il comma 50 riduce l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter del decreto-legge n. 202 del 2005 (pari a 8 milioni di euro annui a decorrere dal 2007), la quale è finalizzata a dare copertura finanziaria alle minori entrate derivanti dalla sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari, nonché il pagamento di ogni contributo o premio di previdenza e assistenza sociale, disposta fino al 31 ottobre 2006 a favore degli allevatori avicoli, delle imprese di macellazione e trasformazione di carne avicola, nonché mangimistiche, nel quadro della crisi del settore insorta a seguito dell'epidemia di influenza aviaria.
Il comma 51 riconosce un contributo straordinario di 5 milioni di euro nel 2010 in favore degli orfani delle vittime del terrorismo, il quale sarà ripartito con decreto del Ministro dell'interno. La disposizione specifica che il contributo non concorre a formare il reddito imponibile ai fini dell'IRPEF.
Il comma 54 riduce di 69,2 milioni di euro per il 2010 e di 100.000 euro a decorrere dal 2011 l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 22-bis, comma 5-bis del decreto legislativo n. 504 del 1995 destinata finanziare l'applicazione di aliquote di accisa ridotta sul bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola, sull'etere etilterbutilico (ETBE), derivato da alcole di origine agricola, nonché sugli additivi e riformulanti prodotti da biomasse.
Inoltre per il 2010 viene diminuito da 250.000 a 18.000 tonnellate il contingente annuo di biodiesel sul quale si applica un'accisa ridotta pari al 20 per cento di quella applicata sul gasolio usato come carburante.
L'articolo 3, come di consueto, reca la norma di approvazione delle Tabelle allegate alla legge finanziaria.
In tale contesto segnala, per quanto riguarda gli aspetti di competenza della Commissione Finanze, il comma 7, il quale prevede che le maggiori entrate derivanti dal gettito dell'imposta straordinaria per il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato, di cui all'articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, siano riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia, al Fondo il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell'istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009.
Per quanto riguarda le Tabelle allegate al disegno di legge finanziaria, di cui all'articolo 3, la Tabella A, relativa al Fondo speciale di parte corrente prevede, l'accantonamento afferente al Ministero dell'economia e delle finanze, reca un'appostazione di 200.000 euro per il 2010 e 229,8 milioni di euro per il 2012.
Con riferimento alla Tabella B, relativa al Fondo speciale di conto capitale, l'accantonamento afferente al Ministero dell'economia e delle finanze reca uno stanziamento di 1 milione di euro per il 2011 e di 130 milioni nel 2012.
Per quanto attiene alla Tabella C, relativa agli stanziamenti la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria, segnala innanzitutto, in merito alle

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competenza della Commissione Finanze, il finanziamento in favore dell'Agenzia del demanio, pari a 101 milioni nel 2010, e ad 87 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012.
Si prevede altresì uno stanziamento di 8,4 milioni per il 2010 e di 6,2 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per il funzionamento della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).
Con riferimento alla Tabella E, la quale reca le variazioni da apportare al Bilancio a legislazione vigente a seguito di riduzioni di autorizzazione di spesa precedentemente disposte, segnala, con riferimento ai profili di interesse della Commissione Finanze, la riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, per 200 milioni per il 2010 e per 1,9 miliardi nel 2012.
Con riferimento alla Tabella F, relativa alla rimodulazione delle autorizzazioni di spesa recate da leggi pluriennali, evidenzia, per quanto riguarda gli aspetti di competenza della Commissione Finanze, due limiti di spesa quindicennali per l'ammodernamento della flotta, il miglioramento delle comunicazioni ed il completamento del programma di dotazione infrastrutturale della Guardia di finanza, l'uno per un ammontare pari a 14,3 milioni per ciascuno degli anni 2010-2012 ed a 115 milioni di euro complessivi dal 2013 al 2020 e l'altro per un ammontare di 25,6 milioni per ciascuno degli anni dal 2010 al 2012 ed a complessivi 204,9 milioni dal 2013 al 2020.
Segnala inoltre il limite di impegno relativo alla sospensione dei pagamenti nelle regioni Marche e Umbria in connessione con il sisma del 1997, per un ammontare pari a 27,7 milioni nel 2010, 22,6 milioni in ciascuno degli anni 2011 e 2012, ed a 160,8 milioni complessivi dal 2013 al 2024.
Si prevedono altresì stanziamenti per:
il credito d'imposta per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate (pari a 549 milioni nel 2010, 399,8 milioni nel 2011, 402,6 milioni nel 2012 e 2,1 miliardi complessivi a decorrere dal 2013);
il credito d'imposta per investimenti in ricerca ed innovazione (pari a 654 milioni nel 2010 e a 65,4 milioni nel 2011);
il credito d'imposta in favore delle aggregazioni professionali (pari a 10,4 milioni nel 2010 e 7,9 milioni nel 2011);
il credito d'imposta per l'installazione di apparecchi di videosorveglianza (pari a 7,5 milioni nel 2010 e 5,7 milioni nel 2011);
il credito d'imposta in favore dei rivenditori di generi di monopolio (pari a 3,7 milioni nel 2010 ed a 2,9 milioni nel 2011);
il credito d'imposta per l'assunzione di lavoratori nelle aree svantaggiate (pari a 56,7 milioni nel 2010);
il credito d'imposta in favore delle popolazioni colpite dal sisma dell'Abruzzo del 6 aprile 2009 (pari a 88,5 milioni nel 2010, a 177 milioni nel 2011, a 265,5 milioni nel 2012 ed a complessivi 2,6 miliardi dal 2013 al 2032).

Per quanto riguarda il disegno di legge C. 2937, recante il bilancio annuale di previsione dello Stato e il bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012, ricordare innanzitutto che esso è impostato secondo la nuova struttura contabile per missioni e programmi, volta a privilegiare il contenuto funzionale della spesa, introdotta con la legge di bilancio 2008.
Segnala inoltre come, a fronte del ridimensionamento del contenuto proprio della legge finanziaria illustrato in precedenza, anche con riferimento all'esercizio finanziario 2010 si assista ad una valorizzazione del contenuto decisionale del bilancio dello Stato, stante la possibilità, prevista in via sperimentale inizialmente per il solo esercizio 2009 dall'articolo 60, comma 3, del decreto-legge n. 112 e del 2008 e quindi estesa al 2010 dall'articolo 23, comma 21-quater, del decreto-legge n. 78 del 2009 - di rimodulare nella legge di bilancio tra i programmi le dotazioni

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finanziarie di ciascuna missione, ivi incluse le risorse derivanti da autorizzazioni legislative di spesa.
Passando al contenuto specifico del disegno di legge di bilancio, esso prevede per il 2010, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, entrate finali per 436,8 miliardi di euro e spese finali per 497,9 miliardi.
Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta pari a 61,1 miliardi di euro, mentre il saldo netto da finanziare è pari, in termini di cassa, a 115,4 miliardi di euro.
A seguito delle modifiche approvate nel corso dell'esame al Senato, e considerando gli effetti prodotti sul bilancio dal disegno di legge finanziaria, il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato per il 2010, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, viene rideterminato in 62.418 milioni di euro.
Al riguardo segnala come le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2010 registrino una riduzione del saldo netto da finanziare rispetto all'assestamento per il 2009, nell'importo di 8.541 milioni di euro, derivante da una riduzione delle spese finali di 9.270 milioni di euro, che riguarda in larga parte le spese in conto capitale, ed una riduzione delle entrate finali di 729 milioni di euro.
Per quanto riguarda in particolare le entrate finali, la predetta riduzione di 729 milioni rispetto alle previsioni assestate per il 2009 risulta determinata dall'andamento decrescente delle entrate extratributarie e di quelle da alienazione e ammortamento beni patrimoniali (nel complesso -4.037 milioni), in parte compensato dall'incremento delle entrate tributarie (+3.546 milioni).
Confrontando i dati con quelli della legge di bilancio per il 2009, si evidenzia peraltro una considerevole riduzione delle entrate finali nel 2010, di circa 27 miliardi di euro, quasi interamente ascrivibile alle entrate tributarie.
Il saldo corrente (risparmio pubblico) del bilancio a legislazione vigente per il 2010 registra invece, rispetto ai dati assestati per il 2009, un miglioramento di 556 milioni di euro.
Passando ad analizzare lo Stato di previsione dell'entrata (Tabella n. 1), la relativa struttura è sostanzialmente in linea con quanto già delineato per l'esercizio 2009.
Per quanto riguarda i dati, le entrate finali previste per il 2010, al netto dei rimborsi IVA e delle regolazioni contabili, ammontano a 436.8 miliardi di euro, così ripartiti:
407,6 miliardi per entrate tributarie;
28 miliardi per entrate extra-tributarie;
1,2 miliardi per alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti.

A tale proposito ricorda che i rimborsi IVA ammontano a 32.696 milioni di euro per il 2010, a fronte di 33.715 milioni per l'assestamento 2009.
Con riferimento alle entrate tributarie, rileva innanzitutto come, a seguito della crisi economica, con l'assestamento 2009 le previsioni relative al gettito delle entrate tributarie per il 2009 fossero già state riviste al ribasso (da 433.373 a 403.994 milioni di euro) rispetto ai dati della legge di bilancio 2008.
Infatti l'andamento delle entrate tributarie erariali nei primi nove mesi del 2009 ha registrato, rispetto al gettito del medesimo periodo del 2008, una riduzione di 9.575 milioni di euro (-3,3 per cento) imputabile, in particolare, alle minori entrate relative all'IVA (-7.634 milioni), all'IRES (-4.884 milioni) e all'IRE (-2.807 milioni), a fronte di un incremento aumento delle entrate classificate «Altre imposte dirette» (+5.292 milioni) e di quelle relative al settore giochi.
In tale contesto il disegno di legge di bilancio per il 2010 indica, rispetto alle previsioni assestate 2009, un incremento

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dello 0,9 per cento delle entrate tributarie (da 403.994 milioni di euro a 407.540 milioni).
Con riferimento alle entrate tributarie degli enti territoriali, le entrate relative all'addizionale regionale all'IRPEF nel periodo gennaio-settembre 2009 sono state di 6.121 milioni di euro (-123 milioni di euro, pari a -2,0 per cento); le entrate relative all'addizionale comunale all'IRPEF sono ammontate a 2.153 milioni di euro (+106 milioni di euro, pari a +5,2 per cento), mentre il gettito IRAP è stato di 18.987 milioni di euro (-2.191 milioni di euro, pari a -10,3 per cento).
Più in dettaglio, per ciò che attiene alle imposte sul patrimonio e sul reddito, rispetto alle previsioni assestate si prevede un aumento di gettito pari a 3.027 milioni (+1,2 per cento).
Relativamente all'IRPEF, il gettito 2010 è stimato in 178.361 milioni, di cui 163.520 derivanti dall'attività ordinaria di gestione. Rispetto alla previsione assestata per il 2009, si prevede un incremento pari a 4.337 milioni.
Per quanto riguarda l'IRES, si prevede per il 2010 un gettito pari a 48.596 milioni di euro (di cui 43.319 derivanti dall'attività ordinaria di gestione). Rispetto al dato assestato 2009, si registra un incremento pari a 728 milioni di euro.
Per quanto attiene alle tasse ed imposte sugli affari, la categoria registra una variazione negativa di 199 milioni rispetto alla previsione assestata 2009; si passa infatti da un gettito di 113.343 milioni per il 2009 ad una previsione di introiti 2010 per 113.144 milioni (-0,2 per cento).
Si evidenzia invece un aumento di gettito per il 2010 per le imposte sulla produzione e sui consumi, nonché per le imposte doganali (la cui previsione 2010 complessivamente ammonta a 26.017 milioni), con un aumento di 357 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate 2009.
A tale proposito segnala come corso dell'esame al Senato, a seguito dell'approvazione della manovra proposta dal Governo e degli emendamenti, l'ammontare delle entrate relative all'accisa sui prodotti energetici risulta aumentato di 157,7 milioni.
Mentre rimane inalterato il dato relativo ai monopoli, si registra un aumento contenuto rispetto alle previsioni assestate per quanto attiene al lotto, alle lotterie ed agli altri giochi (+360 milioni di euro).
Per quanto riguarda invece le entrate extratributarie, esse registrano complessivamente, nelle previsioni 2010, una contrazione per 3,9 miliardi di euro (-12,3 per cento) rispetto alle previsioni assestate 2009, con un ammontare complessivo per il 2010 stimato in 28 miliardi di euro (contro il dato 2009, pari a 31,9 miliardi), dovuta sostanzialmente al venir meno all'entrata del bilancio dei versamenti corrispondenti alle risorse accertate sul fondo per l'erogazione ai dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto (-4 miliardi di euro).
In relazione ai proventi derivanti dall'alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali, nonché dalla riscossione di crediti, si registra un decremento (in valore assoluto, pari a -363 milioni di euro; in percentuale pari a -23 per cento). Si passa infatti da un dato assestato 2009 pari a 1.578 milioni di euro ad una previsione per il 2010 che ammonta a 1.216 milioni.
Passando ad analizzare lo Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella n. 2), rileva come le competenze della Commissione Finanze riguardino i centri di responsabilità del Dipartimento delle finanze e della Guardia di Finanza, nonché lo stato di previsione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, allegato allo stato di previsione del Ministero.
Per quanto attiene al centro di responsabilità «Dipartimento delle finanze», il disegno di legge di bilancio per il 2010 prevede risorse complessive che ammontano a circa 57 miliardi di euro, con una riduzione di circa 6,5 miliardi rispetto al dato assestato 2009, di cui 2,3 miliardi relativi alle risorse destinate ai rimborsi d'imposte.

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Con riferimento ai programmi contenuti nell'ambito delle missioni del Dipartimento, afferenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, il programma «Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità», risulta dotato di circa 6 miliardi, con una riduzione rispetto al 2009 di circa 2,5 miliardi.
Per la parte di competenza del Dipartimento delle finanze si prevede la riduzione di 1.975,1 milioni rispetto al dato assestato 2009, determinata da incrementi dei trasferimenti alle Agenzie fiscali (in particolar modo all'Agenzia delle entrate) e ai CAF, a fronte di riduzioni di 2,4 miliardi dovuti al venir meno delle risorse relative al bonus straordinario ai contribuenti a basso reddito.
In particolare si prevede:
l'aumento di 32,1 milioni di euro relativo alle spese per compensi spettanti ai CAF, che passano da 287,9 milioni del dato assestato 2009 a 320 milioni del bilancio 2010;
l'aumento di 357,1 milioni di euro degli oneri per la gestione dell'Agenzia delle entrate, che passano da 2.508 a 2.865,5 milioni;
l'aumento di 2,3 milioni di euro degli oneri per la gestione dell'Agenzia del demanio, che passano da 104,9 a 107,2;
l'aumento di 8,8 milioni di euro degli oneri per la gestione dell'Agenzia del territorio, che passano da 641,7 a 650,5 milioni;
l'aumento di 24,3 milioni di euro degli onori per la gestione dell'Agenzia delle dogane, che passano da 658,5 a 682,8 milioni.

Con riferimento al programma «Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d'imposte», che è dotato complessivamente di circa 48,6 miliardi, con una riduzione rispetto al 2009 di circa 4,2 miliardi, si segnala, per quanto riguarda i rimborsi IVA, una riduzione complessiva di 1.320 milioni.
Sul lato degli aumenti degli stanziamenti, si segnala l'incremento delle risorse destinate ad Equitalia Spa (complessivamente 45,6 milioni) e quello relativo alle restituzioni IRES e IRPEF in relazione alla deduzione della quota IRAP relativa agli interessi passivi e oneri assimilati, ovvero per il personale dipendente o assimilato, in attuazione dell'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008, che passano da 100 milioni del 2009 a 500 milioni nel 2010.
Con riferimento al programma «Incentivi alle imprese», che è dotato di circa 1,58 miliardi, con un incremento rispetto al 2009 di 129,1 milioni, si segnala un incremento di 254 milioni di incremento degli investimenti destinati alle imprese di competenza del Dipartimento delle finanze, legato, tra l'altro, all'aumento di 201 milioni delle risorse per il credito di imposta per investimenti nelle aree svantaggiate ed all'aumento di 120 milioni delle risorse per il credito d'imposta fruito dalle imprese in relazione ai costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo.
A fronte di tali incrementi di risorse si riscontra la soppressione dello stanziamento (pari a 61,2 milioni) destinato a finanziare il credito di imposta per rinnovo parco autocarri circolante, ai sensi dell'articolo 1, comma 226, della legge n. 296 del 2006.
La riduzione delle spese per interventi (pari a circa 125 milioni) è invece ascrivibile, per 100 milioni, al venir meno dell'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 7, comma 15, del decreto-legge n. 282 del 2006, relativa al Fondo per gli interventi finalizzati a promuovere l'utilizzo del GPL e metano per autotrazione.
Relativamente al programma «Edilizia abitativa e politiche territoriali» segnala, per quanto riguarda gli aspetti di competenza della Commissione Finanze, l'istituzione del capitolo 7817, con una dotazione di 88,5 milioni di euro per la concessione di contributi anche sotto forma di crediti di imposta alle popolazioni colpite al sisma

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in Abruzzo del 6 aprile 2009, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 39 del 2009.
Per quanto riguarda il Centro di Responsabilità «Guardia di Finanza», le risorse stanziate per il 2010 risultano pari a poco più di 4 miliardi di euro, con un incremento di 90 milioni rispetto al dato assestato 2009.
In particolare, per quanto attiene al programma «Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali», che è dotato di circa 6,6 miliardi, il disegno di legge di bilancio per il 2010 prevede un incremento di 98 milioni, riferibile per la quasi totalità (circa 91 milioni) alle spese di funzionamento.
Per quanto concerne il programma «Concorso della Guardia di Finanza alla sicurezza pubblica», che è dotato di circa 1,47 miliardi, l'incremento di quasi 6 milioni è dovuto in larga parte alle spese per investimenti.
Con riferimento allo stato di previsione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato il disegno di legge di bilancio indica, per l'anno 2010, un ammontare complessivo delle entrate e delle spese pari a 16,89 milioni, di cui 15,69 miliardi ascrivibili alle gestioni speciali ed autonome, ed un aumento delle entrate e delle spese pari a 636,4 milioni di euro rispetto al dato assestato 2009.
Nel preannunciare fin d'ora la propria valutazione positiva sui provvedimenti in esame, si riserva di formulare compiute proposte di relazione all'esito del dibattito.

Gianfranco CONTE, presidente, propone di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti ai disegni di legge di finanziaria e bilancio alle ore 14 di martedì 24 novembre 2009.

La Commissione concorda.

Gianfranco CONTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad una seduta da convocare nella giornata di martedì 24 novembre prossimo.

La seduta termina alle 13.30.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 19 novembre 2009. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 13.30.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno.
Atto n. 148.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Maurizio FUGATTI (LNP), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno.
Per quanto riguarda il contenuto della direttiva 2007/64/CE, evidenzia come essa miri a stabilire un quadro giuridico moderno e armonizzato, che consenta la creazione di un mercato integrato dei pagamenti, sopprimendo gli ostacoli tuttora esistenti all'ingresso di nuovi prestatori di servizi, rafforzando la concorrenza e offrendo agli utenti una scelta più ampia e accompagnata da un adeguato livello di protezione.
La direttiva riguarda gli enti creditizi; gli uffici dei conti correnti postali che prestano servizi di pagamento; gli istituti di moneta elettronica; gli istituti di pagamento (persone fisiche o giuridiche che avranno ottenuto un'autorizzazione conformemente al Titolo II della direttiva).
Per quanto concerne l'ambito di applicazione, la direttiva disciplina esclusivamente le attività commerciali che consistono

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nell'eseguire operazioni di pagamento per conto di una persona fisica o giuridica, a condizione che almeno uno dei prestatori del relativo servizio sia situato sul territorio dell'Unione. Si applica a pagamenti effettuati in tutte le valute e non esclusivamente quelli realizzati in euro o in altre monete nazionali dell'UE, ma non alle operazioni di pagamento effettuate in contante o per assegno cartaceo, per le quali esiste già un mercato unico dei pagamenti. Gli obblighi di trasparenza (Titolo III) e le regole relative ai diritti e agli obblighi (Titolo IV) si applicano, invece, soltanto ai pagamenti in euro o in altra moneta nazionale UE.
La direttiva disciplina, in particolare, tre grandi settori.
In primo luogo si disciplinano i servizi di pagamento al pubblico. In tale ambito, vengono armonizzate le condizioni di accesso al mercato dei pagamenti applicabili ai prestatori di servizi diversi dagli enti creditizi: gli istituti di moneta elettronica e gli uffici dei conti correnti postali.
In tale contesto l'articolo 5 della direttiva crea la nuova categoria degli istituti di pagamento, che, per essere autorizzati a esercitare le proprie attività, dovranno presentare una domanda scritta accompagnata da un elenco esaustivo di informazioni, dal piano aziendale ai meccanismi di controllo interno, alle procedure di gestione delle crisi. Gli istituti di pagamento sono abilitati a prestare servizi di pagamento, servizi operativi e servizi accessori connessi (garanzia dell'esecuzione di operazioni di pagamento, servizi di cambio ecc.), nonché ad accedere ai sistemi di pagamento e alla loro gestione.
Ai sensi dell'articolo 20 gli Stati membri devono designare le autorità responsabili per la vigilanza sugli istituti di pagamento tra gli enti pubblici o riconosciuti dal diritto nazionale o le autorità pubbliche competenti a tal fine. Secondo l'articolo 13 l'autorizzazione a esercitare l'attività di istituto di pagamento è valida in tutti gli Stati membri e viene iscritta in un apposito registro comunitario, aggiornato periodicamente e accessibile on line.
In secondo luogo la direttiva regola i requisiti di trasparenza e di informazione, introducendo a tal fine requisiti di informazione chiari e succinti per tutti i prestatori di servizi di pagamento sia nelle operazioni di pagamento a carattere isolato sia in quelle coperte da un contratto quadro (che implica una serie di operazioni di pagamento).
In particolare, la direttiva elenca nel dettaglio le condizioni che devono essere comunicate preliminarmente all'utente; le informazioni da fornire su richiesta prima dell'esecuzione di un'operazione di pagamento soltanto in caso di contratto quadro; le informazioni da fornire al pagatore dopo il ricevimento di un ordine di pagamento e le informazioni da fornire al beneficiario dopo la ricezione dei fondi.
Inoltre la direttiva regola i diritti e obblighi degli utenti e dei prestatori di servizi a pagamento.
In dettaglio, le regole introdotte dalla direttiva riguardano il termine di esecuzione (ai sensi dell'articolo 69, se il pagamento è effettuato all'interno della Comunità, l'accredito deve essere effettuato entro la fine del primo giorno lavorativo successivo al momento dell'accettazione); le responsabilità oggettiva del prestatore di servizi in caso di mancata esecuzione o esecuzione inesatta di un'operazione di pagamento effettuata entro il territorio dell'Unione europea (articolo 75); la responsabilità dell'utente di servizi in caso di uso fraudolento di uno strumento di pagamento; il principio dell'importo integrale, in base al quale la totalità dell'importo indicato nell'ordine di pagamento deve essere accreditata sul conto del beneficiario, senza deduzioni; le condizioni per il rimborso, quando un'operazione di pagamento è stata autorizzata.
La Direttiva prevede altresì l'adozione, da parte degli Stati membri, di un regime di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive applicabili alle violazioni delle disposizioni di diritto nazionale adottate in via attuativa.
Il termine per il recepimento della Direttiva è scaduto il 1o novembre 2009.

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Passando ad esaminare lo schema di decreto legislativo, rileva preliminarmente come lo schema di decreto legislativo intervenga su molte questioni che hanno costituito oggetto delle audizioni che la Commissione sta svolgendo nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo.
Sottolinea quindi come lo schema di decreto in esame risulti in larga parte aderente al contenuto della direttiva 2007/64/CE, sottolineando, tuttavia, come, per taluni aspetti, la direttiva contenga alcune disposizioni puntuali che lo schema di decreto non riprende esplicitamente, rinviando invece alla disciplina secondaria di attuazione che sarà emanata dalla Banca d'Italia. Ritiene quindi opportuno approfondire maggiormente tali aspetti, soprattutto al fine di verificare la piena tutela dei diritti dei consumatori e degli utilizzatori dei servizi di pagamento.
Evidenzia quindi come uno degli aspetti più rilevanti del provvedimento sia costituito dall'introduzione della figura degli istituti di pagamento: a tale proposito considera fondamentale che l'inserimento nell'ordinamento italiano di tale nuova tipologia di intermediari avvenga in un quadro di assoluta chiarezza e trasparenza, a garanzia dei consumatori.
Evidenzia quindi come lo schema di decreto legislativo sia stato predisposto ai sensi della delega conferita al Governo dagli articoli 1, 2 e 32 della legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008) e si articoli in 7 Titoli e 42 articoli.
Con riferimento alle singole disposizioni, il Titolo I dello schema di decreto legislativo reca le definizioni e l'ambito applicativo della disciplina.
In particolare, l'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, corrispondente all'articolo 4 della Direttiva, reca le definizioni delle principali nozioni utilizzate dallo schema di decreto legislativo.
In particolare vengono recepite le definizioni comunitarie di «servizi di pagamento», contenute nell'allegato alla Direttiva 2007/64/CE, e di «prestatori di servizi di pagamento», comprendendo, tra i soggetti abilitati alla prestazione dei predetti servizi , anche gli «istituti di pagamento», disciplinati dal Titolo III dello schema di decreto.
Al riguardo rammenta che i servizi di pagamento indicati dalla Direttiva sono:
i servizi che permettono depositi o prelievi in contante su un conto di pagamento;
l'esecuzione di addebiti diretti, operazioni di pagamento mediante carte di pagamento e l'esecuzione di bonifici, anche quando i fondi oggetto di tali operazioni rientrano in una linea di credito accordata ad un utilizzatore di servizi di pagamento;
l'emissione o acquisizione di strumenti di pagamento;
le operazioni di rimessa di denaro;
l'esecuzione di operazioni di pagamento, quando il consenso del pagatore ad eseguirla sia dato mediante dispositivi di telecomunicazione e il pagamento sia effettuato all'operatore del sistema di telecomunicazione che agisce come intermediario tra utilizzatore e fornitore di beni e servizi.

La disposizione recepisce altresì la definizione di Area unica dei pagamenti in euro (SEPA), costituita dall'insieme dei Paesi che aderiscono al processo di integrazione dei servizi di pagamento in euro secondo apposite regole e standard comuni.
L'articolo 2, che riprende gli articoli 2 e 3 della Direttiva, reca, al comma 1, la disciplina contenuta nello schema di decreto si applica ai servizi di pagamento prestati sia in euro che nella valuta ufficiale di uno Stato membro dell'Unione europea non appartenente all'area Euro, mentre il comma 2 elenca le operazioni ed i servizi che sono esclusi dall'ambito di applicazione dell'intervento legislativo.
Si tratta, in particolare: delle operazioni di pagamento in contanti o consistenti nella raccolta di contante; delle operazioni di pagamento effettuate tramite agenti commerciali; delle operazioni di

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pagamento basate su assegni o vaglia, ovvero collegate all'amministrazione di strumenti finanziari; delle operazioni di pagamento realizzate all'interno di sistemi di pagamento o regolamento di titoli, di stanze di compensazione o banche centrali; delle operazioni di cambio di contanti; delle operazioni di pagamento eseguite mediante dispositivi di telecomunicazione, digitale o informatico; dei servizi di prelievo mediante sportelli automatici; dei servizi tecnici o di trasporto di valuta.
Particolare rilievo assume la norma di cui alla lettera m), in base alla quale sono esclusi dall'ambito di applicazione dello schema di decreto i servizi basati su strumenti che possono essere utilizzati per acquistare beni o servizi solo nella sede utilizzata dall'emittente o in base ad un accordo commerciale con l'emittente, all'interno di una rete limitata di prestatori di servizi o per una gamma limitata di beni o servizi.
Si tratta, in sostanza, delle cosiddette «carte privative», ovvero carte emesse da catene di distribuzione commerciale, normalmente attraverso accordi con prestatori di servizi di pagamento, che consentono di effettuare acquisti presso la medesima catena.
Al riguardo segnala come, nella normale prassi commerciale, le predette carte possono tuttavia essere utilizzate anche per effettuare acquisti presso altri esercizi commerciali, di solito a condizioni molto più onerose per l'utilizzatore rispetto agli acquisti effettuati presso l'operatore commerciale «emittente» la carta, senza che l'utilizzatore stesso sia a effettivamente conoscenza, nella stragrande maggioranza dei casi, di tale maggiore onerosità.
In linea generale, rileva quindi la necessità di predisporre un'adeguata protezione del consumatore - soprattutto sotto il profilo informativo - anche laddove, sebbene sussistano esigenze di tutela informativa, la Direttiva non trovi applicazione.
In base al comma 3 le norme relative ai diritti e obblighi delle parti, contenute nel Titolo II dello schema di decreto, si applicano invece ai soli servizi di pagamento prestati nella Comunità europea, purché i prestatori dei servizi di pagamento - sia del pagatore sia del beneficiario - siano insediati nella Comunità ovvero, nel caso di operazioni coinvolgenti un solo prestatore di tali servizi, quando quest'ultimo sia analogamente insediato nel territorio comunitario.
Il Titolo II dello schema di provvedimento si occupa dei diritti e degli obblighi delle parti coinvolte nelle operazioni di pagamento.
L'articolo 3, che riprende l'articolo 52 della Direttiva, disciplina il riparto delle spese tra il prestatore dei servizi di pagamento e l'utilizzatore dei servizi di pagamento, le quali, ai sensi del comma 1, dovranno essere adeguate e coerenti con i costi effettivamente sostenuti dal prestatore e, ai sensi del comma 2, dovranno essere suddivise tra pagatore e beneficiario in base alle spese applicate dal rispettivo prestatore dei servizi di pagamento a ciascuno di essi, ferma restando la possibilità, riconosciuta dal comma 3, che il prestatore dei servizi consenta al beneficiario di applicare al pagatore riduzioni di prezzo del bene venduto per l'utilizzo di un determinato strumento di pagamento.
In tale contesto si prevede, al comma 4, che il beneficiario non può applicare al pagatore spese per l'utilizzo di determinati strumenti di pagamento, salva la possibilità, per la Banca d'Italia, di stabilire deroghe, al fine di promuovere l'utilizzo di strumenti di pagamento più efficienti ed affidabili.
Si prevede inoltre, al comma 2, la possibilità di esentare particolari categorie di beneficiari, quali i consumatori, i pensionati e i lavoratori dipendenti, dalle spese per accredito di somme.
L'articolo 4, che riprende gli articoli 34 e 53 della Direttiva, detta, ai commi 1 e 2, regole specifiche per gli strumenti di pagamento che consentono operazioni di pagamento di basso valore, singolarmente non superiore a 30 euro o complessivamente non superiore a 150 euro, prevedendo in tal caso la non applicazione di una serie di norme contenute nello schema di decreto.

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Il comma 3 dispone invece la non applicazione degli articoli 11 e 12 dello schema (in materia di responsabilità del prestatore di servizi di pagamento e del pagatore per operazioni di pagamento non autorizzate e per l'uso non autorizzato di strumenti di pagamento) nel caso di utilizzo di moneta elettronica quando lo strumento di pagamento (in questo caso la carta) abbia limiti di utilizzo di 500 euro ed il prestatore dei servizi di pagamento possa congelare il conto o la carta.
In base al comma 4 i limiti di importo indicati dall'articolo possono essere modificati dalla Banca d'Italia in attuazione di successive misure adottate in materia dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 84 della Direttiva.
L'articolo 5, che riprende l'articolo 54 della Direttiva, stabilisce, ai commi 1 e 2, che il consenso del pagatore, prestato nella forma e secondo la procedura concordata nel contratto quadro, costituisce requisito necessario per la corretta esecuzione di un'operazione di pagamento. Ai sensi del comma 3 l'autorizzazione può essere prestata anche dopo l'esecuzione dell'operazione di pagamento, nel caso in cui ciò sia concordato tra il pagatore ed il prestatore dei servizi.
Il comma 4 prevede che il consenso può essere revocato in qualsiasi momento, anche in questo caso nella forma e secondo la procedura concordata nel contratto quadro.
L'articolo 6, che riprende l'articolo 55 della Direttiva, prevede, al comma 1, la possibilità che il pagatore ed il prestatore di servizi concordino limiti dell'utilizzo degli strumenti di pagamento, specialmente per l'ipotesi di frode o di utilizzo non autorizzato degli strumenti medesimi, nonché di bloccarne l'uso in presenza di giustificati motivi.
I commi 2 e 3 stabiliscono inoltre che il contratto quadro può prevedere il diritto del prestatore di bloccare l'utilizzo di uno strumento di pagamento per motivi di sicurezza, nonché in caso di rischi di frode o di inottemperanze degli obblighi del pagatore, informandone quest'ultimo e fornendo una motivazione.
Gli articoli 7 e 8, che riprendono gli articoli 56 e 57 della Direttiva, indicano, rispettivamente, gli obblighi a carico dell'utilizzatore e del prestatore di servizi.
Per il primo si tratta sostanzialmente di utilizzare lo strumento di pagamento conformemente ai termini del contratto quadro e di comunicare tempestivamente lo smarrimento, il furto, l'appropriazione indebita o l'uso non autorizzato dello strumento.
Per il secondo si tratta invece di rendere inaccessibili i dispositivi per l'utilizzo dello strumento a soggetti diversi dall'utilizzatore legittimato, di astenersi dall'inviare strumenti non richiesti, di fornire al pagatore strumenti adeguati per comunicare lo smarrimento, il furto, l'appropriazione indebita o l'uso non autorizzato dello strumento, e di non consentire l'utilizzo dello strumento stesso successivamente alla comunicazione, da parte dell'utilizzatore, relativa allo smarrimento, al furto, all'appropriazione indebita o all'uso non autorizzato dello strumento.
L'articolo 9, che riprende l'articoli 58 della Direttiva, definisce le procedure e le condizioni per la comunicazione, da parte dell'utilizzatore, di operazioni non autorizzate o effettuate in modo inesatto, cioè non conforme alle istruzioni impartite dall'utilizzatore al prestatore di servizi.
In particolare il comma 1 prevede che, per ottenere la rettifica dell'operazione da parte del prestatore di servizi di pagamento, la comunicazione in merito da parte dell'utilizzatore deve essere effettuata nella forma e secondo le modalità concordate nel contratto quadro e deve avvenire senza indugio, comunque entro 13 mesi dalla data di addebito o di accredito dell'operazione.
L'articolo 10, che riprende l'articolo 59 della Direttiva, al comma 1 pone a carico del prestatore di servizi di pagamento l'onere di provare l'autenticazione, la corretta registrazione e contabilizzazione di un'operazione di pagamento già eseguita, ove questa sia negata dall'utilizzatore o da questi contestata nella correttezza della sua esecuzione. In tale contesto il comma 2 specifica che l'utilizzo di uno strumento

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di pagamento non costituisce di per sé prova che l'operazione sia stata autorizzata dall'utilizzatore.
L'articolo 11, che riprende l'articolo 60 della Direttiva, disciplina altresì la responsabilità del prestatore di servizi di pagamento per l'ipotesi di operazioni non autorizzate, prevedendo, al comma 1, l'immediato rimborso al pagatore, salva la possibilità, riconosciuta dal comma 3 al prestatore, di dimostrare successivamente che l'operazione era stata autorizzata.
In caso di motivato sospetto di frode, il comma 2 consente al prestatore di servizi di pagamento di sospendere il rimborso, dandone immediata comunicazione all'utilizzatore.
L'articolo 12, che riprende l'articolo 61 della Direttiva, al comma 1 esclude la responsabilità dell'utilizzatore dei servizi di pagamento per alcune ipotesi, quali lo smarrimento e la sottrazione dello strumento di pagamento, salvo il caso, disciplinato dal comma 4, in cui l'utilizzatore medesimo abbia agito in modo fraudolento.
Il comma 3 prevede, a determinate condizioni e comunque non nel caso di dolo o colpa grave dell'utilizzatore, che questo sopporti, entro il limite di 150 euro, le perdite derivanti dall'uso indebito dello strumento derivante da furto o smarrimento. Ai sensi del comma 5 tale limite può essere ridotto dalla Banca d'Italia per gli strumenti che abbiano particolari caratteristiche di sicurezza.
Gli articoli 13 e 14, che riprendono gli articoli 62 e 63 della Direttiva, si occupano delle ipotesi di rimborso delle somme pagate e delle relative procedure.
In particolare l'articolo 13, comma 1, stabilisce il diritto al rimborso dell'importo trasferito, quando l'autorizzazione all'operazione non ne indicasse l'importo e quando l'importo stesso superi quello che il pagatore avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi, avuto riguardo al precedente modello di spesa del beneficiario, alle condizioni del contratto quadro ed alle circostanze specifiche.
Ai sensi del comma 4 il contratto quadro può escludere il diritto al rimborso in alcuni casi specificamente indicati.
L'articolo 14, comma 1, stabilisce che la richiesta di rimborso deve essere avanzata entro 8 settimane dalla data di addebito dell'operazione, mentre il comma 2 consente al prestatore di servizi di rifiutare il rimborso entro 10 giorni dalla richiesta, fornendone le motivazioni, salvo che nel contratto quadro si sia convenuto che il diritto al rimborso spetta anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 13, comma 1. In caso di rifiuto del rimborso il pagatore può presentare un esposto alla Banca d'Italia, o ricorrere al sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie di cui all'articolo 128-bis del TUB.
Per quanto riguarda le disposizioni in materia di esecuzione di operazioni di pagamento, l'articolo 15, che riprende l'articolo 64 della Direttiva, individua la nozione giuridicamente rilevante di «ricezione degli ordini di pagamento» nel momento in cui tali ordini sono ricevuti dal prestatore di servizi di cui si avvale la parte pagatrice, fatta salva la possibilità di convenire un diverso termine.
L'articolo 16, che riprende l'articolo 65 della Direttiva, prevede, al comma 1, che il prestatore di servizi di pagamento non può rifiutare l'esecuzione di un ordine di pagamento autorizzato, fatta salva l'ipotesi di violazione di norme di diritto nazionale o comunitario.
Ai sensi dei commi 2 e 3 il rifiuto e le relative motivazioni sono comunicate secondo modalità concordate con l'utilizzatore, comunque entro i termini previsti dall'articolo 20 dello schema per l'esecuzione delle operazioni di pagamento su conto.
L'articolo 17, che riprende l'articolo 66 della Direttiva, reca la disciplina della revoca dell'ordine di pagamento.
I commi da 1 a 4 regolano i casi di revoca unilaterale da parte del pagatore o dell'utilizzatore, che è possibile fino alla ricezione dell'ordine da parte del prestatore di servizi utilizzato dal pagatore,

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ovvero entro la fine della giornata operativa precedente il giorno concordato per l'addebito dei fondi.
Il comma 5 prevede che, ove siano trascorsi i termini indicati dai commi da 1 a 4, la revoca può avvenire solo col mutuo consenso dell'utilizzatore e del prestatore dei servizi, nonché del beneficiario, quando l'operazione sia stata disposta su iniziativa del beneficiario o quando si tratti di addebiti diretti.
Il comma 6 precisa che la revoca espleta i propri effetti solo nel rapporto tra il prestatore dei servizi di pagamento e il rispettivo utilizzatore, senza pregiudicare il carattere definitivo delle operazioni nei sistemi di pagamento, mentre il comma 7 chiarisce che l'irrevocabilità dell'ordine di pagamento non pregiudica il rimborso al pagatore in caso di controversia con il beneficiario.
L'articolo 18, che riprende l'articolo 67 della Direttiva, dispone in ordine al trasferimento degli importi, prevedendo, al comma 1, che i prestatori di pagamento trasferiscono la totalità dell'importo, senza trattenere spese.
Il comma 2 consente che il beneficiario ed il prestatore concordino che quest'ultimo trattenga le spese sostenute, indicandole separatamente al beneficiario.
Gli articoli da 19 a 23 disciplinano i tempi di esecuzione delle operazioni di pagamento.
In particolare l'articolo 19, che riprende l'articolo 68 della Direttiva, prevede che tali disposizioni si applicano alle operazioni in euro ed alle operazioni transfrontaliere che comportino un'unica conversione con una valuta diversa dall'euro, nonché ad altre tipologie di operazione, salvo, in quest'ultimo caso, l'ipotesi che l'utilizzatore ed il prestatore di servizi convengano diversamente. Non possono in ogni caso essere derogate le norme dell'articolo 23 in materia di data di valuta (ovvero la data di riferimento per il calcolo degli interessi) e di disponibilità dei fondi.
L'articolo 20, che riprende l'articolo 69 della Direttiva, dispone, al comma 1, che, dal momento della ricezione dell'ordine, il prestatore di servizi del pagatore assicuri l'accredito dell'importo sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario entro la fine della giornata operativa successiva.
Fino al 1o gennaio 2012 le parti possono concordare di applicare termini diversi, che non possono comunque essere superiori a 3 giornate operative, ampliabili a 4 giornate operative per le operazioni pagamento disposte su supporto cartaceo.
Ai sensi del comma 2 il prestatore di servizi applica al beneficiario, quale data di valuta, quella in cui l'importo è accreditato sul suo conto, rendendo disponibili i fondi sul conto del beneficiario non appena essi sono accreditati sul medesimo conto del prestatore di servizi.
Ai sensi dell'articolo 21, che riprende l'articolo 70 della Direttiva, qualora il beneficiario non disponga di un conto di pagamento presso il prestatore di servizi che riceve i fondi, quest'ultimo è tenuto a mettere i fondi a disposizione del beneficiario entro i termini stabiliti dall'articolo 20 dello schema.
L'articolo 22, il quale riprende l'articolo 71 della Direttiva, dispone, al comma 1, primo periodo, dispone che, qualora un utilizzatore versi contanti su un conto di pagamento nella stessa valuta del conto, la valuta dei fondi e la loro disponibilità siano datate immediatamente dopo la ricezione dei fondi da parte del prestatore dei servizi.
In merito alla formulazione della disposizione, ritiene opportuno chiarire che essa deve intendersi nel senso che la valuta e la disponibilità dei fondi devono essere assicurati entro la stessa giornata operativa di ricezione dei fondi stessi da parte del prestatore dei servizi.
Il secondo periodo del comma 1 prevede che, se l'utilizzatore non sia un consumatore, la valuta dei fondi e la loro disponibilità dovranno essere datati non oltre la giornata operativa successiva.
L'articolo 23, che riprende l'articolo 73 della Direttiva, reca, al comma 1, un'importante innovazione in materia di disponibilità dei fondi, stabilendo che l'accredito sul conto del beneficiario abbia come

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data valuta una data non successiva alla giornata operativa in cui l'importo dell'operazione di pagamento è stato accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario.
Ai sensi del comma 2 il prestatore di servizi del beneficiario assicura inoltre la disponibilità dell'importo per il beneficiario non appena esso viene accreditato sul proprio conto.
In merito alle previsioni dei commi 1 e 2 rileva come esse risultino sostanzialmente confermative di quelle contenute al comma 2 dell'articolo 20.
Per quanto concerne invece la data valuta dei fondi addebitati sul conto di pagamento del debitore, essa, in base al comma 3, non può precedere la giornata operativa in cui l'importo è addebitato sul medesimo conto di pagamento.
Le norme dell'articolo non si applicano, secondo il comma 4, nel caso di rettifica di operazioni non autorizzate o inesatte, ovvero qualora esse non abbiano potuto essere eseguite correttamente a causa di errori.
L'articolo 24, che riprende l'articolo 74 della Direttiva, stabilisce, al comma 1, che un ordine di pagamento eseguito conformemente all'identificativo unico si intende correttamente eseguito relativamente al beneficiario ed al conto.
A tale riguardo ricorda che l'identificativo unico è la combinazione alfanumerico-simbolica fornita dal prestatore all'utilizzatore dei servizi di pagamento, che l'utilizzatore deve fornire al proprio prestatore, per identificare chiaramente l'altra parte utilizzatrice e/o il suo conto di pagamento.
In tale contesto il comma 3 precisa il prestatore dei servizi è responsabile solo dell'esecuzione dell'operazione in conformità all'identificativo unico fornito.
Il comma 2 esclude la responsabilità del prestatore di servizi per la mancata o inesatta esecuzione dell'ordine, quando l'indicatore unico fornito dall'utilizzatore è inesatto, stabilendo comunque l'obbligo di compiere sforzi ragionevoli per recuperare i fondi, addebitandone i costi all'utilizzatore.
L'articolo 25, che riprende l'articolo 75 della Direttiva, disciplina le ipotesi di mancata o inesatta esecuzione dell'ordine di pagamento.
In particolare i commi 1, 2, 4, 5 e 6 prevedono che la responsabilità ricada sul prestatore di servizi del pagatore, salva la prova che il beneficiario abbia ricevuto l'importo dell'operazione, nel qual caso la responsabilità grava invece sul prestatore di servizi del beneficiario; nel primo caso l'obbligo di rimborso grava sul prestatore di servizi del pagatore, mentre nel secondo attiene al prestatore di servizi del beneficiario.
Ai sensi del comma 3 il pagatore può scegliere di non ottenere il rimborso e di chiedere l'esecuzione dell'operazione di pagamento.
I commi 7 ed 8 prevedono comunque l'obbligo generale, per i prestatori di servizi, di rintracciare l'operazione di pagamento, indipendentemente dalle proprie personali responsabilità, e sanciscono la responsabilità dei prestatori stessi per le spese e gli interessi conseguenti alla mancata o inesatta esecuzione degli ordini di pagamento.
L'articolo 26, che riprende l'articolo 76 della Direttiva, fa salva la possibilità di determinare risarcimenti ulteriori rispetto a quelli previsti dagli articoli da 24 a 28, conformemente alla disciplina applicabile tra prestatore di servizi e utilizzatore.
L'articolo 27, che riprende l'articolo 77 della Direttiva, regola il diritto di regresso tra prestatori di servizi di pagamento, nel caso la responsabilità per mancata o inesatta esecuzione dell'operazione gravi su un altro prestatore, o su qualsiasi altro soggetto interposto nell'esecuzione del pagamento, coinvolto nell'operazione.
Ai sensi dell'articolo 28, che riprende l'articolo 78 della Direttiva, le responsabilità stabilite dagli articoli da 5 a 27 dello schema di certo sono escluse per caso fortuito o forza maggiore, nonché nel caso in cui il prestatore abbia agito conformemente ad altri vincoli di legge.
L'articolo 29, che riprende l'articolo 79 della Direttiva, detta le regole di protezione dei dati personali, i quali possono

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essere trattati dai prestatori di servizi di pagamento solo ai fini di prevenzione, individuazione e indagine su frodi nei pagamenti, e comunque in conformità al Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.
Gli articoli da 30 a 32 disciplinano l'accesso ai sistemi di pagamento, le misure di attuazione delle norme introdotte e recano la relativa disciplina sanzionatoria.
In particolare, l'articolo 30, che riprende l'articolo 28 della Direttiva, al comma 1 affida alla Banca d'Italia la vigilanza sulle norme emanate dai gestori di sistemi di pagamento per disciplinare l'accesso delle persone giuridiche autorizzate ai servizi di pagamento, al fine di assicurare che esse siano obiettive, non discriminatorie e proporzionate, e non limitino l'accesso a tale attività se non per proteggere il sistema dai rischi specifici connessi.
A tale riguardo il comma 2 elenca dettagliatamente i requisiti che non possono essere richiesti ai fini dell'accesso ai sistemi di pagamento, quali restrizioni all'effettiva partecipazione ad altri sistemi di pagamento, restrizioni in base allo status istituzionale e discriminazioni tra prestatori di servizi.
Il comma 3 indica invece le tipologie di sistemi di pagamento cui tale vigilanza non si applica.
L'articolo 31, che riprende l'articolo 84 della Direttiva, precisa che l'adozione delle misure di attuazione delle norme del Titolo II dello schema di decreto, ed il recepimento delle eventuali ulteriori misure che fossero adottate in futuro in materia dalla Commissione europea, è affidata alla Banca d'Italia.
L'articolo 32, che riprende l'articolo 81 della Direttiva, stabilisce, ai commi 1 e 2, le sanzioni amministrative pecuniarie applicabili alle violazioni delle norme previste dagli articoli 3, 8, 9, 11, 16, 18, 20, 21, 22, 23 e 25.
Le sanzioni si applicano ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o direzione ed ai dipendenti dei prestatori di servizi di pagamento, nonché, ai sensi dei commi 3 e 4, anche ai soggetti che svolgono funzioni di controllo o vigilanza sull'osservanza delle norme e che operano nell'organizzazione del prestatore di servizi.
In caso di reiterazione delle violazioni il comma 5 prevede che alle sanzioni amministrative pecuniarie si aggiunga anche la sanzione interdittiva della sospensione dell'attività di prestazione di servizi di pagamento.
In merito alla formulazione del comma 5, segnala l'opportunità di sostituire la locuzione «sanzione interdittiva» con quella di «misura interdittiva», che risulterebbe più aderente al quadro normativo in materia di vigilanza finanziaria.
Ai sensi del comma 6 le sanzioni sono irrogate dalla Banca d'Italia per i servizi offerti da prestatori insediati in Italia, o da agenti o filiali di prestatori comunitari.
In linea generale rileva inoltre come le sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi 1 e 2 risultino di importo piuttosto basso.
Per quanto attiene, in generale, alla tecnica redazionale utilizzata per l'introduzione della disciplina di cui ai titoli I e II dello schema di decreto, segnala l'opportunità di inserirla entro un corpus normativo già consolidato, al fine di renderne più facile la conoscenza.
Il Titolo III dello schema di decreto legislativo, costituito dal solo articolo 33, inserisce gli articoli da 114-sexies a 114-sexiesdecies nel Testo unico bancario (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, disciplinando gli istituti di pagamento.
Ai sensi del nuovo articolo 114-sexies del TUB, che riprende l'articolo 1 della Direttiva, la prestazione dei servizi di pagamento è riservata alle banche, agli istituti di moneta elettronica e agli istituti di pagamento, nonché alle banche centrali dei paesi comunitari, alla BCE, alle «altre autorità pubbliche», agli Stati comunitari, alle pubbliche amministrazioni statali e territoriali ed alle Poste Italiane.

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Al riguardo segnala l'opportunità di meglio specificare la nozione di «altre autorità pubbliche» recata dalla disposizione.
Il nuovo articolo 114-septies, che riprende l'articolo 13 della Direttiva, stabilisce, al comma 1, che gli istituti di pagamento autorizzati in Italia sono iscritti in apposito albo tenuto presso la Banca d'Italia, nel quale sono anche indicati i servizi che essi sono autorizzati a prestare e i relativi agenti e succursali.
Al riguardo segnala come l'articolo 13 della Direttiva preveda anche che l'elenco deve essere consultabile pubblicamente, accessibile on line e aggiornato periodicamente.
Il comma 2 precisa che per la prestazione dei servizi gli istituti possono avvalersi solo degli agenti in attività finanziaria e degli altri soggetti indicati dal nuovo articolo 114-sexies del TUB.
In base al nuovo articolo 114-octies, il quale riprende sostanzialmente il contenuto dell'articolo 16 della Direttiva, prevede che gli istituti di pagamento, oltre all'attività principale, sono autorizzati all'esercizio di attività accessorie, indicate in dettaglio.
In particolare gli istituti possono:
concedere crediti relativi ai servizi di pagamento, secondo le specifiche disposizioni dettate dalla Banca d'Italia;
prestare servizi operativi o strettamente connessi, tra i quali la prestazione di garanzia;
gestire sistemi di pagamento.

A tale riguardo segnala come la disposizione non riprenda alcune norme del predetto articolo 16 della direttiva 2007/64.
In particolare, non sono contemplate le previsioni di cui al comma 3, lettere b) e d), dell'articolo 16, le quali stabiliscono che:
il credito concesso dagli istituti di pagamento deve essere rimborsato entro un breve periodo e non può essere superiore a 12 mesi;
i fondi dell'istituto stesso sono sempre adeguati rispetto all'importo globale del credito concesso.

Sebbene tali previsioni saranno certamente contemplate nelle disposizioni di attuazione che saranno emanate dalla Banca d'Italia, non comprende le ragioni per le quali non si sia ritenuto di inserirle direttamente nel testo dello schema di decreto.
Il comma 2 prevede che la Banca d'Italia detta disposizioni specifiche relative all'attività di concessione di credito collegata all'emissione ed alla gestione di carte di credito.
Il nuovo articolo 114-novies, che riprende gli articoli 5 e 10 della Direttiva, disciplina i requisiti e la procedura per ottenere l'autorizzazione all'esercizio dell'attività da parte della Banca d'Italia, individuata come il soggetto preposto alla vigilanza sui medesimi istituti.
In particolare il comma 1 prevede che per l'autorizzazione sono richieste:
la forma di società di capitali;
la collocazione delle sede legale e della direzione generale in Italia;
il versamento di un ammontare di capitale determinato dalla Banca d'Italia in relazione al tipo di attività prestata;
la presentazione, unitamente allo statuto ed all'atto costitutivo, di un programma concernente l'attività e la struttura organizzativa;
la mancanza di stretti legami tra gli istituti di pagamento o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, tali da ostacolare l'effettivo esercizio dell'attività di vigilanza.

A tale proposito segnala come la disposizione demandi alla Banca d'Italia la determinazione del capitale iniziale minimo degli istituti di pagamento, mentre la Direttiva stabilisce direttamente, all'articolo 6, l'ammontare del capitale minimo.
Rileva inoltre come lo schema di decreto non contenga disposizioni in materia

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di ammontare dei fondi propri che devono essere detenuti dagli istituti di pagamento, di calcolo di tale ammontare e di computo dei fondi stessi, aspetti che costituiscono invece oggetto degli articoli 7 e 8 della Direttiva.
Ai sensi del comma 2 l'autorizzazione è negata ove, all'esito della verifica delle condizioni richiese dalle norme, non sia garantita una sana e prudente gestione ovvero il regolare funzionamento del sistema dei pagamenti.
In base al comma 3 la procedura di autorizzazione, i casi di revoca e di decadenza sono disciplinate dalla Banca d'Italia. Quest'ultima può inoltre, in base al comma 4, autorizzare soggetti che esercitino altre attività imprenditoriali, a condizione che per l'attività relativa ai servizi di pagamento sia costituito un patrimonio separato, di cui siano individuati uno o più soggetti responsabili. Qualora le altre attività imprenditoriali possano danneggiare la solidità finanziaria dell'istituto con l'esercizio effettivo della vigilanza, la Banca d'Italia può imporre la separazione societaria, cioè la costituzione di una società che svolga esclusivamente i servizi di pagamento.
Il nuovo articolo 114-decies, che riprende l'articolo 25 della Direttiva, garantisce anche l'operatività transfrontaliera degli istituti di pagamento, prevedendo, ai sensi dai commi 1 e 3, che gli istituti di pagamento italiani possono stabilire succursali anche negli altri Stati comunitari, prestare servizi di pagamento in uno Stato comunitario senza stabilirvi succursali, nel rispetto delle procedure fissate dalla Banca d'Italia, nonché stabilire succursali o prestare servizi di pagamento in Stati extracomunitari previo autorizzazione della stessa Banca d'Italia.
Parallelamente, i commi 2 e 4 prevedono che gli istituti di pagamento comunitari possano stabilire succursali in Italia o prestarvi servizi di pagamento, previa comunicazione alla Banca d'Italia da parte delle autorità competente dello Stato di appartenenza.
Il comma 1 del nuovo articolo 114-undecies estende a tali organismi le norme del TUB concernenti la partecipazione al capitale delle banche e i requisiti di onorabilità e professionalità dei partecipanti e degli esponenti aziendali richiesti dalla legge per l'esercizio dell'attività bancaria.
Il comma 2 prevede che agli istituti di pagamento i quali esercitano la sola attività imprenditoriale di prestazione di servizi di pagamento sono estese le disposizioni del TUB relative all'amministrazione straordinaria per l'ipotesi di crisi, nonché, riprendendo il contenuto dell'articolo 15 della Direttiva, alcune disposizioni in materia di revisione contabile previste dal Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.
In riferimento alle previsioni del comma 2, rileva l'opportunità di coordinarle con le norme contenute nello schema di decreto legislativo recante l'attuazione della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (Atto n. 143), assegnato alle Commissioni Giustizia e Finanze ai fini dell'espressione del parere al Governo.
Per quanto attiene alle modalità di istituzione e gestione dei conti di pagamento, il nuovo articolo 114-duodecies del TUB stabilisce, al comma 1, che le somme dei clienti detenute dagli istituti di pagamento sono utilizzate esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento, non costituiscono fondi con obbligo di rimborso, ai sensi dell'articolo 11 del TUB, il quale disciplina la raccolta del risparmio tra il pubblico, e non costituiscono moneta elettronica.
In base al comma 2, che riprende l'articolo 9, comma 1, lettera a), della Direttiva, tali somme costituiscono, per ciascun cliente, patrimonio distinto da quello dell'istituto e non sono aggredibili dai creditori dell'intermediario o del soggetto presso cui sono depositate, ma solo da quelli dei clienti medesimi, nel limite del patrimonio che loro appartiene.
Il nuovo articolo 114-terdecies, che riprende l'articolo 9, comma 1, lettera b), della Direttiva, reca prescrizioni specifiche

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per i patrimoni separati degli istituti di pagamento che svolgono anche attività imprenditoriali diverse.
In particolare il comma 1 prevede che essi sono obbligati a costituire un patrimonio destinato per la prestazioni dei servizi di pagamento, nonché per le attività accessorie e strumentali. A tal fine essi sono chiamati a deliberare la costituzione del patrimonio destinato la quale deve essere depositata nel registro delle imprese, al fine di consentire ai creditori sociali di presentare opposizione entro 60 giorni dall'iscrizione stessa. Decorso tale termine i beni inseriti nel patrimonio destinato sono finalizzati esclusivamente, ai sensi del comma 2, a soddisfare i diritti degli utenti dei servizi di pagamento e di quanti vantino diritti derivanti dall'esercizio delle attività accessorie. In ogni caso, in base al comma 3 qualora il patrimonio destinato risulti insufficiente a soddisfare tali diritti, l'istituto di pagamento risponde di tali obbligazioni anche con il proprio patrimonio.
Il comma 4 prevede che l'istituto tenga separatamente i libri e le scritture contabili concernenti il patrimonio destinato nel rispetto dei principi contabili internazionali ed assoggettandoli a revisione contabile.
I comma 5, 6 e 7 disciplinano l'eventuale sottoposizione a procedura concorsuale degli istituti di pagamento: in tal caso l'amministrazione del patrimonio destinato è attribuita agli organi della procedura fallimentare con gestione separata, secondo le regole ordinarie, ed il tribunale competente è tenuto in tale ipotesi ad informare la Banca d'Italia, la quale può nominare un liquidatore, ai fini della liquidazione del patrimonio destinato.
Come già segnalato in precedenza, ai sensi del nuovo articolo 114-quaterdecies, che riprende l'articolo 21 della Direttiva, le funzioni di vigilanza sugli istituti di pagamento - anche regolamentare e ispettiva - sono affidate alla Banca d'Italia, la quale può, ai sensi dei commi 2, 3 e 4 emanare disposizioni di carattere generale sull'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio e l'organizzazione amministrativa e contabile; convocare gli amministratori, i sindaci ed i dirigenti degli istituti; ordinare la convocazione degli organi collegiali per l'assunzione di determinate decisioni ovvero procedere direttamente alla convocazione degli stessi; adottare provvedimenti specifici, compresi divieti e restrizioni all'attività; effettuare ispezioni presso gli istituti stessi. In tale contesto il comma 6 specifica che, per gli istituti di pagamento i quali svolgano anche attività imprenditoriali diverse i poteri di vigilanza, sono esercitati anche con riferimento al responsabile della gestione ed al patrimonio destinato.
Al riguardo segnala come l'articolo 21, comma 1, lettera b), della Direttiva preveda la facoltà, per l'autorità di vigilanza, di sospendere o revocare l'autorizzazione all'esercizio dell'attività per gli istituti di pagamento, possibilità che non risulta invece esplicitamente contemplata dal comma 3 del nuovo articolo 114-terdecies.
Il comma 5, che riprende l'articolo 25, comma 3, della Direttiva, consente alle autorità competenti di Stati comunitari, previa informazione alla Banca d'Italia, di effettuare ispezioni sugli istituti di pagamento comunitari operanti in Italia, avvalendosi eventualmente della stessa Banca d'Italia.
Il nuovo articolo 114-quinquiesdecies, che riprende l'articolo 24 della Direttiva, prevede altresì uno scambio di informazioni tra la Banca d'Italia, la BCE, le banche centrali nazionali degli Stati membri e le altre autorità competenti in materia di prestazione di servizi di pagamento.
Il nuovo articolo 114-sexiesdecies, comma 1, il quale riprende l'articolo 26 della Direttiva, prevede che alcuni istituti di pagamento, in presenza di determinate condizioni, possono essere esentati dall'applicazione di alcune disposizioni contenute nello schema di decreto.
In particolare si richiede che la media mensile, sui 12 mesi precedenti, dell'importo complessivo delle operazioni di pagamento non superi i 3 milioni di euro, in base al piano aziendale prodotto dall'istituto di pagamento, e che nessuna delle

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persone fisiche responsabili della gestione e del funzionamento dell'impresa abbia subito condanne per riciclaggio di denaro, finanziamento del terrorismo o altri reati finanziari.
In merito alla formulazione del comma 1, evidenzia l'opportunità di chiarire che le condizioni richieste per fruire della deroga debbano sussistere congiuntamente, in conformità al dettato del predetto articolo 26 della Direttiva.
Rileva inoltre come la disposizione non riprenda la previsione di cui al comma 1 dell'articolo 26 della direttiva, ai sensi del quale i soggetti non possono comunque essere derogate le norme di cui agli articoli 23 (in materia di ricorsi in sede giurisdizionale) e 24 (in materia di scambi di informazioni tra le autorità competenti degli Stati membri) della Direttiva.
Per quanto riguarda altresì la previsione secondo cui la media mensile delle operazioni di pagamento deve essere valutata in base al piano aziendale, non ritiene perspicuo il riferimento a tale documento, che è rivolto al futuro e non al passato e non reca pertanto rilevazioni sulla media delle operazioni di pagamento effettuate.
In tale contesto i commi 2 e 4 prevedono che la Banca d'Italia stabilisca quali servizi di pagamento possano essere prestati dai soggetti per i quali si concedono le predette deroghe, nonché le procedure mediante le quali i soggetti stessi comunicano ogni variazione delle condizioni richieste per fruire delle deroghe medesime.
Il Titolo IV dello schema di decreto, costituito dal solo articolo 34, reca prescrizioni in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e obblighi informativi, concentrandosi in merito sulla disciplina del contratto-quadro, contesto giuridico generale nel quale si svolgono i rapporti tra prestatore e utilizzatore dei servizi di pagamento.
A tal fine la lettera a) dell'articolo 34 inserisce un nuovo comma 3-bis nell'articolo 115 del TUB, stabilendo che le disposizioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali recate dallo stesso TUB non si applicano ai servizi di pagamento, per i quali vigono le specifiche previsioni di cui al nuovo Capo II-bis del Titolo VI del TUB, introdotte dalla lettera b) dell'articolo.
Inoltre la lettera b) aggiunge nel TUB medesimo un Capo II-bis, costituito dagli articoli da 126-bis a 126-octies, recanti norme in materia di servizi di pagamento.
Il nuovo articolo 126-bis del TUB, che riprende l'articolo 30 della Direttiva, prevede, al comma 1, che le norme contenute nel nuovo Capo II-bis si applicano sia ai contratti quadro sia alle singole operazioni di pagamento e qualifica inoltre, al comma 2, come «servizi di pagamento» anche l'emissione di moneta elettronica.
Ai sensi del comma 3, le parti possono derogare consensualmente all'applicazione delle norme in tema di trasparenza e obblighi informativi, se l'utilizzatore non è una microimpresa o un consumatore (che come tali, sono destinatari delle norme di tutela).
Il comma 4, che riprende l'articolo 33 della Direttiva, attribuisce al prestatore di servizi di pagamento l'onere di provare il corretto adempimento degli obblighi in materia, mentre i commi 5 e 6 attribuiscono alla Banca d'Italia il potere regolamentare in materia.
Il nuovo articolo 126-ter, che riprende l'articolo 32 della Direttiva, stabilisce il divieto, per il prestatore dei servizi, di addebitare le spese effettuate per adempiere agli obblighi informativi di legge, al di fuori dei casi e delle condizioni definiti dalla Banca d'Italia.
Al riguardo segnala come il testo della disposizione non riprenda le previsioni dei commi 2 e 3 dell'articolo 32 della direttiva, ai sensi delle quali il prestatore di servizi di pagamento e l'utente possono concordare le spese relative a informazioni supplementari, rese in modo più frequente ovvero effettuate con strumenti di comunicazione diversi da quelli specificati nel contratto quadro, su richiesta dell'utente, spese che devono essere adeguate e proporzionate ai costi effettivi sostenuti.
Il nuovo articolo 126-quater, che riprende sostanzialmente gli articoli da 36 a

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39, da 41 a 43 e da 46 a 48 della Direttiva, demanda, al comma 1, alla Banca d'Italia la disciplina del contenuto delle informazioni e delle condizioni fornite dal prestatore all'utilizzatore, nonché gli aspetti più rilevanti delle informazioni periodiche sulle singole operazioni di pagamento, stabilendo obblighi semplificati per strumenti di pagamento che riguardino operazioni di valore inferiore alle soglie fissate dalla stessa Banca d'Italia.
In tale contesto il comma 3 prevede che, prima di ogni operazione di pagamento, l'utilizzatore riceve informazioni in ordine alle spese sia dal beneficiario che dal prestatore di servizi di pagamento.
Al riguardo segnala come l'articolo demandi sostanzialmente alla Banca d'Italia la disciplina di dettaglio relative alle informazioni sulle singole operazioni di pagamento e sui contratti quadro, laddove la Direttiva detta direttamente le singole previsioni in materia, stabilendo in particolare, all'articolo 36, che le informazioni e le condizioni devono essere redatte in termini di facile comprensione e in forma chiara e leggibile, e, agli articoli 37, 38, 47 e 48, che l'utilizzatore dei servizi di pagamento, il beneficiario ed il pagatore devono essere informati di tutte le spese da essi dovute e della loro suddivisione.
Ai sensi del nuovo articolo 126-quinquies, comma 1, le disposizioni proposte estendono ai contratti-quadro quanto previsto dall'articolo 117 del TUB in tema di contratti relativi a operazioni e servizi bancari e finanziari, affidando tuttavia i poteri di decisione in ordine alla forma contrattuale alla Banca d'Italia anziché al CICR.
Il comma 2, che riprende l'articolo 41 della Direttiva, stabilisce il diritto, per l'utilizzatore dei servizi di pagamento, di richiedere le condizioni del contratto quadro.
A tale ultimo proposito rileva come non sia esplicitamente ripresa la previsione del comma 1 del predetto articolo 41, in base alla quale le informazioni e le condizioni devono essere redatte in termini di facile comprensione e in forma chiara e leggibile.
Il nuovo articolo 126-sexies, che riprende l'articolo 44 della Direttiva, consente, a determinate condizioni, la modifica unilaterale degli elementi contrattuali.
In particolare, il comma 1 stabilisce che le modifiche del contratto quadro sono proposte dal prestatore dei servizi di pagamento con almeno due mesi di anticipo, secondo modalità stabilite dalla Banca d'Italia, mentre il comma 2 prevede che lo stesso contratto quadro possa prevedere l'accettazione tacita, da parte dell'utilizzatore, di tali modifiche, salvo rifiuto comunicato al prestatore dei servizi.
Per quanto riguarda le modifiche ai tassi di interesse e di cambio, i commi 3 e 4 indicano che esse possono essere applicate con effetto immediato e senza preavviso; qualora le modificazioni risultino sfavorevoli per l'utilizzatore si richiede che ciò sia previsto nel contratto quadro e che le modifiche stesse siano conseguenza della variazione dei tassi convenuti nel contratto. Si stabilisce inoltre che le predette modifiche non devono creare discriminazioni tra gli utilizzatori e che l'utilizzatore ne sia informato secondo le modalità stabilite dalla Banca d'Italia.
Il comma 5 richiama le disposizioni di cui all'articolo 33, commi 3 e 4, del Codice del consumo di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, in materia di modifica delle condizioni contrattuali e dei tassi di interesse nei contratti di prestazione di servizi finanziari.
Il nuovo articolo 126-septies, che riprende l'articolo 45 della Direttiva, prevede, al comma 1, la facoltà dell'utilizzatore di servizi di pagamento di esercitare il diritto di recesso in qualsiasi momento, senza penalità e spese di chiusura. Per quanto riguarda il prestatore di servizi, il comma 2 prevede invece che il recesso sia possibile quando il contratto-quadro sia a tempo indeterminato ed il recesso sia previsto dal contratto e, comunque, con un preavviso di due mesi.
Ai sensi del comma 3, in caso di recesso le spese fatturate periodicamente sono dovute dall'utilizzatore in misura proporzionale per il periodo fino al recesso

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stesso, mentre le spese pagate anticipatamente sono rimborsate in maniera proporzionale.
Il nuovo articolo 126-octies, che riprende l'articolo 49 della Direttiva, reca le norme da applicare in caso di conversione valutaria che accompagni un'operazione di pagamento.
A tale proposito il comma 1 prevede che i pagamenti siano effettuati nella valuta concordata dalle parti, mentre il comma 2 specifica che, qualora al pagatore sia offerto, prima di disporre un'operazione di pagamento, un servizio di conversione valutaria, è necessario comunicare l'ammontare di tutte le spese nonché il tasso di cambio che sarà utilizzato.
Il Titolo V dello schema di decreto, costituito dagli articoli da 35 a 38, contiene talune modifiche alla disciplina vigente in materia bancaria, prevalentemente al fine di coordinarla con il contenuto dello schema stesso.
L'articolo 35 reca una serie di modifiche al TUB.
In particolare, i commi da 1 a 3 intervengono sulle definizioni utilizzate dal TUB inserendovi anche quelle concernenti gli istituti di pagamento e l'emissione e gestione dei mezzi di pagamento.
Il comma 4 integra l'ambito della vigilanza svolta dalle autorità creditizie, precisando che essa si esplica anche nei confronti degli istituti di moneta elettronica e degli istituti di pagamento.
Il comma 5 integra l'articolo 11 del TUB, al fine di chiarire che la ricezione di fondi utilizzati esclusivamente per la prestazione di servizi di pagamento non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico.
I commi 6 e 7 escludono i soggetti che prestano servizi di pagamento dall'elenco generale di cui all'articolo 106 del TUB, spostandoli invece nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 e prevedendo che la prestazione di tali servizi sia condizionata all'autorizzazione rilasciata dalla Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 114-novies, introdotto dallo schema di decreto, nonché all'iscrizione nel relativo albo.
I commi 9 e 10 prevedono che i poteri informativi ed ispettivi della Banca d'Italia previsti dall'articolo 128 del TUB si esplicano anche nei confronti degli istituti di pagamento, estendendo inoltre i poteri attribuiti dall'articolo 128 al Ministro dell'Industria anche agli utilizzatori di servizi di pagamento.
Il comma 11 integra le norme sulla risoluzione delle controversie nel settore creditizio e degli intermediari finanziari, di cui all'articolo 128-bis del TUB, stabilendo l'obbligo, per la Banca d'Italia, di indicare ai soggetti che presentino reclami la possibilità di adire i sistemi di risoluzione stragiudiziale.
I commi 12 e 13 introducono una nuova figura di reato per l'attività abusiva di prestazioni di servizi di pagamento.
I commi 14 e 15 prevedono, attraverso modifiche all'articolo 133 del TUB, che l'uso dell'espressione «istituto di pagamento» è vietato ai soggetti diversi da tali istituti, salve le ipotesi, determinate dalla Banca d'Italia, in cui tale utilizzo è consentito.
A tale riguardo segnala come le disposizioni dei commi 14 e 15 non modifichino il comma 3 del citato articolo 133, il quale commina sanzioni amministrative pecuniarie per l'abuso di denominazione idoneo a trarre in inganno sulla legittimazione allo svolgimento dell'attività bancaria, laddove potrebbe risultare invece opportuno sanzionare anche le fattispecie relative alla violazione del divieto di utilizzo abusivo o illegittimo della denominazione «istituti di pagamento».
I commi 16 e 17 apportano talune modifiche di coordinamento all'articolo 144 del TUB.
In particolare, il comma 16 estende l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal medesimo articolo 144 anche nel caso di inosservanza delle disposizioni, di cui ai nuovi articoli da 114-duodecies a 114-quaterdecies e 146 del TUB, sulla separazione patrimoniale degli istituti di pagamento, sulla destinazione di apposito patrimonio da parte

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degli istituti di pagamento che svolgono ulteriori attività imprenditoriale, nonché in materia di vigilanza.
In merito rileva come la novella non preveda l'applicazione di tali sanzioni pecuniarie alla contravvenzione delle regole, di cui al nuovo articolo 144-octies del TUB, introdotto dallo schema di decreto, relative alla concessione di credito da parte degli istituti di pagamento.
Il comma 18, che riprende l'articolo 21 della Direttiva, sostituisce l'articolo 146 del TUB, disciplinando la vigilanza della Banca d'Italia sul sistema dei pagamenti.
In particolare, il comma 1 specifica che tale attività di sorveglianza deve riguardare non solo, come attualmente previsto, il regolare funzionamento del sistema, ma anche la sua affidabilità ed efficienza, nonché la tutela degli utenti.
Il comma 2 indica i poteri che la Banca d'Italia può esercitare nei confronti dei soggetti che emettono o gestiscono strumenti di pagamento o prestano servizi di pagamento. Tali poteri consistono:
nell'emanazione di disposizioni sul contenimento dei rischi, sul funzionamento, le caratteristiche e modalità dei servizi di pagamento e sugli assetti organizzativi e di controllo;
nella richiesta di dati, notizie, atti e documenti;
nella possibilità di disporre ispezioni, e chiedere l'esibizione di documenti;
nell'adozione di provvedimenti specifici quali il divieto di effettuare determinate operazioni, la restrizione o l'interdizione dall'attività.

Con riferimento alla formulazione del comma 2, lettera d), anche in questo caso segnala l'opportunità di sostituire la nozione di «sanzione interdittiva» con quella di «misura interdittiva».
L'articolo 36 apporta alcune modifiche alla disciplina vigente.
In particolare il comma 1, che riprende l'articolo 93 della Direttiva, abroga il decreto legislativo n. 253 del 2000, il quale ha recepito la Direttiva 97/5/CE sui bonifici transfrontalieri, abrogata a sua volta dall'articolo 93 della Direttiva 2007/64.
Il comma 2 integra il decreto legislativo n. 231 del 2007 sotto due profili:
da un lato si includono anche gli istituti di pagamento tra gli intermediari finanziari cui si applica la disciplina in materia di contrasto al riciclaggio recata dal predetto decreto legislativo;
dall'altro si prevede che i poteri di verifica spettanti delle autorità di vigilanza di settore sull'adeguatezza degli assetti organizzativi e procedurali ai fini di contrasto al riciclaggio e del rispetto dei relativi obblighi, previsti dal medesimo decreto legislativo n. 231 e dalle relative disposizioni di attuazione, si esplicano anche nei confronti degli istituti di pagamento.

Il comma 3 sostituisce il comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 78 del 2009, al fine di escludere i bonifici bancari dall'applicazione di tale disposizione, la quale ha stabilito, tra l'altro, per tali titoli, che, a decorrere dal 1o novembre 2009, la data di valuta per il beneficiario non possa mai superare un giorno lavorativo successivo alla data del versamento e che la data di disponibilità economica per il beneficiario non può mai superare quattro giorni lavorativi successivi alla data del versamento stesso.
Tale disposizione avrà l'effetto, come segnalato dalla relazione illustrativa dello schema di decreto, che i bonifici bancari rientreranno nell'ambito di applicazione delle norme sui tempi di esecuzione e sulla data valuta delle operazioni di pagamento previste dalla normativa comunitaria e recepite nell'ordinamento interno dallo schema di decreto.
Pertanto, per i bonifici bancari, la data di accreditamento sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario non potrà superare la fine della giornata operativa successiva a quella della ricezione dell'ordine da parte del prestatore di servizi di pagamento del pagatore, salva la possibilità, per le parti, di concordare, fino al 1o gennaio 2012, un termine di esecuzione

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diverso, comunque non superiore a 3 giornate lavorative; per il beneficiario, la data di valuta dovrà corrispondere a quella in cui l'importo è accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario stesso, mentre la disponibilità economica sarà assicurata non appena i fondi siano accreditati sul conto del prestatore medesimo.
Il comma 4 abroga, in quanto non conforme alla direttiva n. 2007/64, una norma recata dall'articolo 4, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 21 del 1984, la quale prevede che i titoli di spesa dello Stato relativi agli stipendi o agli altri assegni fissi continuativi che siano accreditati in un conto corrente bancario o postale devono essere estinti con 3 giorni lavorativi di anticipo rispetto a quello di accreditamento nel conto.
In merito alla formulazione dell'articolo, rileva, in generale, come la rubrica faccia riferimento anche ad una norma di interpretazione autentica, che non è tuttavia presente nel corpo dell'articolo.
L'articolo 37, che riprende l'articolo 88 della Direttiva, reca disposizioni transitorie, che assegnano un termine agli intermediari finanziari già esercenti servizi di pagamento per l'adeguamento alla nuova disciplina proposta.
In particolare, i commi da 1 a 3 prevedono tre diverse fattispecie.
Gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale dell'articolo 106 del TUB e nell'elenco speciale dell'articolo 107 possono continuare a prestare i servizi di pagamento da essi già svolti, fino al 30 aprile 2011, decorso il quale gli intermediari devono dismettere tale attività.
In alternativa, scaduto il predetto termine del 30 aprile 2011, gli intermediari finanziari facenti parte di un gruppo bancario e gli altri intermediari finanziari inclusi nell'elenco speciale dell'articolo 107 del TUB, possono dismettere le attività di cui all'articolo 106 del TUB, come modificato dallo schema di decreto (assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti ed intermediazione in cambi) e presentare istanza di iscrizione all'albo degli istituti di pagamento di cui all'articolo 114-septies del TUB.
Per gli intermediari iscritti negli elenchi degli articoli 106 o 107 del TUB prima del 25 dicembre 2007, i quali posseggano i requisiti richiesti per beneficiare della deroga di cui all'articolo 114-sexiesdecies del TUB (media mensile, sui 12 mesi precedenti, dell'importo complessivo delle operazioni di pagamento non superiore a 3 milioni di euro; assenza, tra le persone fisiche responsabili della gestione e del funzionamento dell'impresa, di soggetti che abbiano subito condanne per riciclaggio di denaro, finanziamento del terrorismo o altri reati finanziari), possono continuare a prestare servizi di pagamento per un periodo non superiore a 3 anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, trascorso il quale dovranno dismettere l'attività ovvero presentare istanza per beneficiare della deroga.
In merito a tale ultima previsione rileva come non risulti chiara la ragione in base alla quale, per gli intermediari che posseggono i requisiti per beneficiare della deroga prevista dall'articolo 114-sexiesdecies del TUB, si preveda che l'istanza per ottenere la predetta deroga possa essere presentata solo dopo il periodo transitorio massimo di 3 anni. In tal modo si rende infatti ancora più macchinoso il regime transitorio definito dall'articolo, di per sé già piuttosto complesso, estendendone inoltre la durata.
Ai sensi del comma 4 l'opzione scelta tra quelle previste dai commi 1, 2 e 3 dovrà essere comunicata alla Banca d'Italia dai predetti intermediari entro il 31 gennaio 2011.
Al riguardo ritiene che non sia del tutto chiara la portata normativa della disposizione, la quale non trova corrispondenza nel predetto articolo 88 della Direttiva, atteso che le previsioni previste dai commi da 1 a 3 sembrano riferirsi a categorie di soggetti distinte e che i termini in essi previsti scadono tutti dopo il 31 gennaio 2011.
Per gli intermediari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del TUB dopo

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il 25 dicembre 2007, il comma 5 prevede che essi, qualora posseggano i requisiti necessari e dismettano l'attività di cui all'articolo 106 del TUB possano chiedere l'autorizzazione alla prestazione dei servizi di pagamento; in caso contrario essi sono tenuti a dismettere tale attività.
Ai sensi del comma 6, il prestatore di servizi di pagamento comunicherà entro il 30 aprile 2010, ai clienti nei cui confronti sussistano contratti in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, quali condizioni contrattuali siano sostituite in forza del decreto stesso e delle relative disposizioni di attuazione. Nel caso in cui sia necessario un accordo col cliente, entro la medesima data il prestatore di servizi comunicherà le condizioni applicate al cliente stesso, il quale potrà recedere dal contratto entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione.
Nei casi in cui sia necessario adeguare i contratti alle previsioni in materia di trasparenza di cui al Titolo IV dello schema, il comma 6 prevede che si applichino le previsioni di cui al nuovo articolo 126-sexies, e che i prestatori di servizi di pagamento siano tenuti ad effettuare la comunicazione prevista dal medesimo articolo 126-sexies, circa le modifiche al contratto quadro o alle condizioni e informazioni ad esso relative, entro il 30 aprile 2010.
A tale ultimo riguardo segnala come l'applicazione delle previsioni di cui all'articolo 126-sexies, il quale stabilisce che le modifiche contrattuali siano comunicate all'utilizzatore dei servizi di pagamento con almeno due mesi di anticipo rispetto alla loro applicazione, implicherebbe che le norme sulla trasparenza del predetto Titolo IV dello schema si applicherebbero con un ritardo due mesi rispetto alla complessiva vigenza dello schema di decreto in esame, fissata dall'articolo 42 nel giorno della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Per quanto riguarda i servizi di pagamento in favore di amministrazioni pubbliche, il comma 7 specifica che essi saranno adeguati alle disposizioni del decreto nei tempi indicati dal Ministro dell'Economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia.
In merito alla formulazione del comma 7 ritiene opportuno specificare quale sia la fonte normativa attraverso la quale il Ministro dell'economia determinerà la tempistica per l'adeguamento dei servizi di pagamento in favore delle amministrazioni pubbliche.
L'articolo 38, comma 1, assicura la continuità dei mandati in essere sottoscritti dai debitori per autorizzare permanentemente l'addebito in conto di disposizioni di pagamento, nel quadro dei mutamenti legati sia al recepimento delle norme europee, sia al passaggio dei nuovi schemi di addebito previsti per l'Area unica dei pagamenti in euro (SEPA).
Il comma 2, lettera a) stabilisce a tale riguardo che il creditore comunichi per iscritto ai propri debitori, con preavviso di almeno 30 giorni, la data dalla quale si avvarrà dei nuovi servizi di addebito diretto, mentre la lettera b) prevede che il debitore, «entro la data indicata ai sensi del comma 1», può chiedere di proseguire nell'utilizzazione del precedente servizio di autorizzazione permanente all'addebito in conto, ovvero revocare l'autorizzazione e scegliere modalità di pagamento alternative.
In merito alla formulazione della disposizione ritiene opportuno correggere il riferimento al comma 1, sostituendolo con quello alla lettera a) del comma 2.
Ai sensi del comma 3 i prestatori di servizi di pagamento sono tenuti ad adeguare le procedure di pagamento relative agli addebiti diretti entro il 3 maggio 2010.
Il Titolo VI dello schema di decreto disciplina i sistemi stragiudiziali di risoluzioni delle controversie in materia di servizi di pagamento.
L'articolo 39, che riprende l'articolo 80 della Direttiva, prevede la facoltà, per gli utilizzatori di servizi di pagamento, le associazioni che li rappresentano, e le altre parti interessate, di presentare esposti alla Banca d'Italia per violazione delle norme in tema di diritti ed obblighi delle

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parti, nonché di trasparenza e di obblighi informativi, ferma restando la possibilità di adire l'autorità giudiziaria.
In tale contesto la Banca d'Italia informa «l'esponente» dell'esistenza dei sistemi di risoluzione stragiudiziale previsti dall'articolo 128-bis del TUB.
In merito alla formulazione di tale ultima previsione, rileva l'opportunità di eliminare il termine «esponente» che può risultare ambiguo, facendo invece riferimento al soggetto che ha presentato l'esposto.
Segnala inoltre come l'articolo 80 della direttiva includa, tra i soggetti abilitati a presentare esposti, le associazioni dei consumatori, mentre l'articolo 39 dello schema di decreto fa riferimento, in termini più circoscritti, alle associazioni che rappresentano gli utilizzatori dei servizi di pagamento.
L'articolo 40, che riprende gli articoli 83 e 23 della Direttiva, consente, al comma 1, agli utilizzatori di avvalersi di sistemi, o procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie concernenti i servizi di pagamento, che si affiancano ai tradizionali strumenti di tutela giurisdizionale. A tal fine il comma 2 prevede che i prestatori di servizi di pagamento aderiscono ai sistemi stragiudiziali costituiti da norme di legge o da atti di autoregolamentazione delle associazioni di categoria, mentre le banche, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento aderiscono ai sistemi stragiudiziali previsti dall'articolo 128-bis del TUB.
Ai sensi del comma 3 i sistemi di risoluzione stragiudiziale prevedono forme di collaborazione con quelli istituiti in altri Stati membri dell'Unione europea, ai fini della risoluzione delle controversie transfrontaliere.
Il Titolo VII reca, all'articolo 41, la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che l'attuazione del decreto legislativo non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni pubbliche interessate adempiono ai compiti stabiliti dal decreto stesso con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente.
L'articolo 42 dispone l'entrata in vigore delle norme contenute nello schema di decreto dal giorno stesso della loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Si riserva quindi di formulare una compiuta proposta di parere all'esito del dibattito.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che la Commissione dovrà esprimere il parere sul provvedimento entro il 7 dicembre prossimo.
Rileva quindi come molti degli aspetti affrontati dallo schema di decreto legislativo potranno essere approfonditi in occasione dell'audizione del Direttore generale del Tesoro, professor Vittorio Grilli, che avrà luogo nella seduta di giovedì 26 novembre prossimo, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo.

Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad una seduta da convocare nella giornata di martedì 24 novembre prossimo.

La seduta termina alle 13.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Giovedì 19 novembre 2009.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.55 alle 14.