CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 8 luglio 2009
199.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 28 LUGLIO 2009

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COMITATO PERMANENTE SUGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Mercoledì 8 luglio 2009. - Presidenza del presidente Marco ZACCHERA.

La seduta comincia alle 8.35.

Comunicazioni del presidente.

Marco ZACCHERA, presidente, alla luce di quanto emerso in occasione delle recenti audizioni del sottosegretario Mantica, svolta questa congiuntamente al Senato, e dei rappresentanti del Sindacato Nazionale Dipendenti Ministero Affari Esteri (SNDMAE), relativamente al processo di razionalizzazione della rete degli uffici all'estero, ritiene che vi siano gli estremi per la definizione di un atto di indirizzo, che potrebbe essere sottoscritto da tutti i componenti il Comitato e sottoposto alla discussione e deliberazione da parte della Commissione. Tale atto sarebbe finalizzato a chiedere al Governo di

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sospendere l'attuazione delle misure di razionalizzazione rispetto al duplice versante dei consolati e delle ambasciate. A titolo d'esempio, osserva che non appare coerente con le priorità dell'agenda del G8, incentrate sull'attenzione alla lotta contro la povertà e al continente africano, la chiusura di tre ambasciate italiane, in controtendenza con quanto stanno operando altri Paesi europei, come la Spagna. Sottolinea che una riforma finalizzata alla riduzione dei costi può essere condotta senza penalizzare la capacità della rete italiana all'estero e consentendole di svolgere la propria missione di garanzia della presenza del nostro Paese nelle diverse aree del mondo.

Fabio PORTA (PD) ricorda che in occasione dell'audizione del sottosegretario Mantica il collega Fedi aveva prospettato l'opportunità di una sorta di «moratoria» nel processo di razionalizzazione della rete estera e che su tale proposta si era in quella sede colta la disponibilità del rappresentante del Governo. Condivide la proposta del presidente Zacchera sulla necessità di procedere alla definizione di un atto di indirizzo per ottenere tale risultato. In merito al tema dei consolati, ritiene che più che il mero declassamento delle sedi, che attira più che altro le preoccupazioni della categoria dei diplomatici, deve stare a cuore la presenza dei consolati italiani laddove necessari e la loro reale capacità di assolvere alle funzioni primarie rispetto alle comunità italiane all'estero e alle esigenze degli imprenditori italiani, secondo quanto auspicato dallo stesso presidente della Commissione, onorevole Stefani. Quanto alle ambasciate, condivide l'analisi del presidente Zacchera anche in relazione alla candidatura italiana per l'Expo 2015.

Marco FEDI (PD) ricorda che il Comitato nel suo complesso ha in diverse occasioni manifestato la propria disponibilità a svolgere una riflessione articolata sul tema della razionalizzazione della rete estera, anche al fine di scongiurare misure adottate sulla spinta dell'emergenza ma senza una considerazione adeguata sugli interessi e le conseguenze per il Paese. Richiama altresì l'invito rivolto dal sottosegretario Mantica ai componenti il Comitato per condurre un sopralluogo presso il «consolato elettronico» a Bruxelles. Concorda con l'opportunità di pervenire ad un atto di indirizzo che sia espressione delle posizioni presenti in questo Comitato. Fa presente che il presidente del Comitato per le questioni degli italiani all'estero del Senato, senatore Firrarello, ha rivolto un invito ai componenti di questo Comitato a ricercare forme di coordinamento tra i lavori di questi due organi.

Fabio PORTA (PD) concorda sull'opportunità di procedere nel nostro lavoro in modo coordinato con il Senato.

Gianni FARINA (PD) condivide la necessità di promuovere una sospensione delle misure di attuazione della cosiddetta razionalizzazione degli uffici italiani all'estero anche in considerazione della grande confusione sul piano informativo che ne è derivata. Occorre scongiurare che si scatenino «lotte tra poveri» ed impegnare il Governo affinché simili processi siano gestiti consultando le collettività all'estero attraverso i Comites e il CGIE.

Antonio RAZZI (IdV) fa presente di essersi attivato nei confronti del sottosegretario Mantica per ottenere la citata sospensione per almeno cinque anni. A tal proposito sottolinea di ritenere opportuno un potenziamento della rete dei consolati onorari e di auspicare la riapertura del consolato di Lucerna, considerata la rilevante comunità italiana che esso cura anche in ragione della collocazione della città in prossimità della maggiore infrastruttura di collegamento tra il nostro Paese e il Nord Europa.

Marco ZACCHERA, presidente, ricorda la necessità di procedere all'audizione dei rappresentanti dei pensionati italiani all'estero prima della sospensione estiva dei lavori della Camera dei deputati.

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Gianni FARINA (PD) rileva l'opportunità che il Comitato proceda ad audire anche i rappresentanti dei patronati, che all'estero costituiscono il principale interlocutore per i nostri pensionati.

Fabio PORTA (PD) condivide la considerazione del collega Farina.

Aldo DI BIAGIO (PdL) esprime a nome del suo gruppo pieno consenso rispetto alla presentazione di un atto di indirizzo sottoscritto da tutti i componenti il Comitato che intervenga, seppur tardivamente, a sospendere il processo di razionalizzazione della rete all'estero.

Marco FEDI (PD) fa presente l'opportunità di tenere distinte le audizioni dei rappresentanti dei pensionati italiani all'estero e dei patronati.

Marco ZACCHERA, presidente, condivide l'opportunità di tenere distinte le due audizioni. Nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluse le comunicazioni del presidente.

La seduta termina alle 9.05.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 8 luglio 2009. - Presidenza del vicepresidente Franco NARDUCCI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 9.10.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo tra gli Stati membri dell'Unione europea relativo allo statuto dei militari e del personale civile distaccati, fatto a Bruxelles il 17 novembre 2003; b) Accordo tra gli Stati membri della Unione europea relativo alle richieste di indennizzo nell'ambito di un'operazione dell'UE di gestione delle crisi, firmato a Bruxelles il 28 aprile 2004.
C. 2553 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Renato FARINA (PdL), relatore, illustra il provvedimento in titolo osservando che i due accordi internazionali al nostro esame sono stati stipulati tra gli Stati membri dell'Unione europea al fine di facilitare alcuni aspetti giuridici, procedurali e logistici delle missioni umanitarie e di soccorso, di mantenimento o ristabilimento della pace, di gestione delle crisi, quali previste dall'articolo 17, comma 2, del Trattato sull'Unione europea nell'ambito della PESD (Politica europea di sicurezza e difesa). Il primo, e più rilevante, dei due Accordi concerne lo statuto dei militari e del personale civile che si trovino in posizione di distacco presso le istituzioni dell'Unione europea, nonché lo statuto dei Quartieri generali e delle Forze eventualmente messe a disposizione dell'Unione europea per lo svolgimento dei compiti previsti in ambito PESD. L'Accordo in commento riguarda parimenti lo statuto dei militari e del personale civile di ciascuno Stato membro, messi a disposizione dell'Unione europea per l'impiego negli ambiti suddetti.
La struttura del Trattato - come ricordato nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge - ricalca lo schema della «Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato nord atlantico sullo status delle loro Forze Armate (NATO SOFA)», firmata a Londra nel 1951, del Protocollo sullo statuto dei Quartieri generali militari internazionali creati in virtù del Trattato nord-atlantico (Protocollo di Parigi) dell'agosto 1952, nonché del «Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee», firmato nell'aprile 1965, tutti ratificati dal nostro Paese. La Parte I dell'Accordo contiene disposizioni comuni ai militari e al personale civile: essa si compone di un breve preambolo e di 6 articoli. Il preambolo dell'Accordo rileva soprattutto perché contiene una clausola di salvaguardia dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti l'Accordo in commento derivanti da altri strumenti internazionali istitutivi di organi giurisdizionali, in primis lo Statuto della Corte penale internazionale. Gli articoli da 1 a 6, dopo una serie di

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definizioni, riportano l'obbligo degli Stati membri di facilitare l'ingresso, il soggiorno e la partenza a fini istituzionali del personale e delle relative persone a carico, mentre dal lato di questi ultimi vige l'obbligo del rispetto delle leggi vigenti nello Stato ospitante, astenendosi altresì da comportamenti contrari allo spirito dell'Accordo in esame. Il personale militare e civile è tenuto ad indossare le rispettive uniformi in base ai regolamenti vigenti nello Stato di invio ed è altresì contemplato che i veicoli di ciascuno degli Stati membri rechino una targa distintiva della loro nazionalità. La Parte II, recante gli articoli da 7 a 8, riporta disposizioni che si applicano esclusivamente ai militari e ai civili distaccati presso le istituzioni dell'Unione europea. È in particolare previsto che tali categorie possano detenere e portare armi nelle attività di preparazione delle missioni PESD e naturalmente quando a tali missioni partecipano. Inoltre, i militari e i civili distaccati presso le istituzioni dell'Unione europea godono dell'immunità giurisdizionale in ordine a dichiarazioni, scritti o azioni ad essi riconducibili nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, ma le istituzioni dell'Unione vigilano per evitare un abuso di tali immunità: è infatti previsto che esse siano sospese dall'autorità competente dello Stato di origine o dalla pertinente istituzione dell'Unione, qualora siano tali da ostacolare il corso della giustizia. In caso di controversie su possibili abusi del sistema delle immunità, nell'ambito delle quali non sia possibile raggiungere una composizione mediante consultazioni, la pertinente istituzione dell'Unione europea stabilisce dettagliate modalità per la composizione del contenzioso, le quali sono adottate all'unanimità dal Consiglio dei ministri dell'Unione europea. La Parte III, recante gli articoli da 9 a 18, dell'Accordo detta norme applicabili esclusivamente ai Quartieri generali e alle Forze, inclusi i militari e i civili in essi impiegati. È anzitutto prevista per i Quartieri generali e le Forze impegnate nella preparazione dei compiti PESD, e per il relativo personale, l'autorizzazione a transitare e installarsi temporaneamente nel territorio di uno Stato membro, naturalmente con il consenso di quest'ultimo. I militari e civili impiegati nei Quartieri generali e nelle Forze suddetti riceveranno cure mediche e dentistiche di pronto soccorso alle stesse condizioni del personale di analoghe funzioni dello Stato ospitante. È fatta salva l'esclusiva responsabilità delle autorità dello Stato ospitante per le decisioni concernenti la localizzazione e la logistica correlate all'installazione di Quartieri generali o di Forze di altri Stati membri, ma ci si sforzerà - anche tramite successive intese bilaterali - di far corrispondere gli standard relativi agli alloggi e agli acquartieramenti del personale militare e civile a quelli vigenti nello Stato ospitante.
Sottolinea che particolarmente rilevante è il diritto riconosciuto alle varie unità di personale militare o civile ospitate ad esercitare funzioni di polizia negli ambienti e installazioni di pertinenza dei rispettivi contingenti - mentre al di fuori di tali ambiti le attività di polizia potranno essere esercitate solo previo accordo con le autorità ospitanti e solo qualora necessario per il mantenimento della disciplina tra i membri delle unità ospiti. È prevista la possibilità sia per i militari che per il personale civile di detenzione e porto di armi di servizio, purché conformemente alla normativa dello Stato di invio e con il consenso dallo Stato ospitante. Sono poi previste disposizioni per evitare le doppie imposizioni sui redditi dei militari e del personale civile temporaneamente presenti dello Stato ospitante: a tal fine è previsto che i periodi di servizio dei militari e dei civili non siano considerati periodi di residenza ai fini fiscali. Inoltre, i militari e il personale civile sono esenti nello Stato ospitante da ogni imposta sulle retribuzioni corrisposte dallo Stato di origine e su ogni proprietà mobile collegata alla loro presenza temporanea nello Stato ospitante. D'altra parte, per i restanti profili, ciascun membro del personale militare o civile rimane soggetto agli obblighi fiscali vigenti nello Stato ospitante, compreso il

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caso di attività lucrative diverse da quelle istituzionali. Le esenzioni fiscali non riguardano poi i dazi.
Per quanto riguarda i poteri di giurisdizione penale e disciplinare, le autorità dello Stato d'origine hanno il diritto di esercitarli sui militari nonché sul personale civile inviati nello Stato ospitante, le autorità del quale ultimo, tuttavia, hanno a loro volta il diritto di esercizio della giurisdizione sui militari e sui civili ospitati, nonché sulle persone a loro carico, con riferimento a reati commessi nel territorio dello Stato ospitante e punibili in base alla legge in esso vigente. Sia le autorità dello Stato d'origine che le autorità dello Stato ospitante hanno il diritto di esercitare una giurisdizione esclusiva nei confronti dei militari e del personale civile inviati nello Stato ospitante medesimo, qualora siano compiuti reati punibili solo in forza di norme vigenti, rispettivamente, nel solo Stato di origine o nel solo Stato ospitante. È egualmente disciplinato il caso di concorso di entrambe le giurisdizioni, e in tale eventualità le autorità dello Stato di origine avranno il diritto di priorità con riferimento a reati rivolti meramente contro la proprietà o la sicurezza dello Stato di origine, o a reati rivolti unicamente contro la persona o la proprietà di militari o civili dello Stato di origine (ovvero di persone a loro carico). La priorità giurisdizionale dello Stato di origine si applicherà anche ai reati che derivino da atti od omissioni compiuti in servizio dal personale militare civile inviato. In tutti gli altri casi il diritto di priorità giurisdizionale spetta alle autorità dello Stato ospitante.
In relazione alle possibili richieste di indennizzo di uno Stato membro verso un altro Stato membro a seguito di danni a cose o persone conseguenti all'espletamento delle attività connesse alla preparazione e allo svolgimento delle missioni PESD, si prevede la rinuncia a qualsiasi richiesta di risarcimento da parte di uno Stato membro che abbia ricevuto danni a beni di sua proprietà, se il danno è causato da un militare o un civile dell'altro Stato membro nell'esercizio delle funzioni di cui al presente Accordo ed anche se il danno è causato da un veicolo, natante o aereo utilizzato in relazione ai compiti citati. Per i danni, invece, causati ad altri beni - rispetto a quelli implicati nelle attività PESD - situati nel territorio di uno Stato membro, si ricorre a trattative tra gli Stati interessati, ma non verrà chiesto un indennizzo se l'importo del danno è inferiore una somma che il Consiglio dei ministri dell'Unione europea stabilisce all'unanimità.
È altresì prevista la rinuncia alla richiesta di qualsiasi indennizzo verso uno Stato membro nei casi in cui militare o un civile sia rimasto ferito o sia morto nell'esecuzione delle sue funzioni ufficiali.
Vengono poi previste dettagliate procedure per il caso di atti o omissioni compiuti da un militare o civile nell'esecuzione delle funzioni ufficiali di cui al presente Accordo, e dai quali derivino danni a terzi. È comunque previsto che nessun militare o civile sia sottoposto a procedimenti esecutivi in base a sentenze pronunciate contro di lui nello Stato ospitante, se la controversia in sede civile è stata originata da un atto compiuto comunque nell'esecuzione delle sue funzioni istituzionali.
Per le richieste di indennizzo fondate su atti od omissioni compiuti nello Stato ospitante dal personale militare o civile, ma non in esecuzione di funzioni ufficiali, sono anche qui previste procedure per i relativi indennizzi. In caso di controversia sulla circostanza se l'atto dannoso sia stato compiuto (o meno) nell'esecuzione di funzioni istituzionali, ovvero se l'uso di un veicolo che ha provocato danni non sia stato previamente autorizzato, la questione viene risolta con trattative tra gli Stati membri interessati. In tale controversia lo Stato di origine non potrà invocare l'immunità dalla giurisdizione civile dei tribunali dello Stato ospitante. L'eventuale contenzioso riguardante la liquidazione delle richieste di indennizzo che non possano risolversi mediante trattative tra gli Stati membri interessati verrà deferito all'arbitrato, ma, in mancanza di accordo sulla persona da designare, ciascuno degli Stati membri interessati potrà chiedere al

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Presidente della Corte di giustizia CE di scegliere una persona all'uopo qualificata. Infine, la Parte IV (articolo 19) contiene disposizioni finali, tra le quali la previsione dell'approvazione dell'Accordo negli Stati membri secondo Le rispettive norme costituzionali, e della figura del Segretario generale del Consiglio dei ministri UE quale depositario dell'Accordo.
L'applicabilità dell'Accordo è riferita al solo territorio metropolitano degli Stati membri, ciascuno dei quali, però, può notificare al depositario che esso si applica anche ad altri territori delle cui relazioni internazionali ha la responsabilità.
È poi previsto che quanto disposto nella parte prima e terza dell'Accordo in esame si applichi solo qualora la medesima materia non sia disciplinata da altro accordo. Tuttavia, in caso affermativo, si possono stabilire specifiche intese tra l'Unione europea gli Stati o le Organizzazioni internazionali interessati, al fine di individuare quale accordo sia meglio applicabile per l'operazione in atto. In mancanza di tale intesa, viene comunque salvaguardato l'altro accordo.
L'altro accordo internazionale, siglato dagli Stati membri dell'Unione europea, attiene alle reciproche richieste di indennizzo per danni ricevuti a cose o persone nell'ambito di un'operazione PESD quale contemplata dal citato articolo 17, comma 2 del Trattato sull'Unione europea, consta di un breve Preambolo e di 9 articoli.
Nel Preambolo si prende atto che l'Accordo in precedenza illustrato, noto come SOFA UE, si applica in linea generale solo nel territorio metropolitano degli Stati membri, e conseguentemente le disposizioni dell'articolo 18 del SOFA UE, che concerne le richieste di indennizzo, non possono applicarsi qualora i danni o le perdite patiti si siano verificati nel territorio di paesi terzi in cui si conduce un'operazione PESD, ovvero in alto mare. Sulla base di ciò - e considerato anche che sarà necessario concludere specifici accordi con i Paesi terzi ospitanti le operazioni PESD per consentire a tali Paesi o a loro cittadini di presentare eventuali richieste di indennizzo - si è convenuto di stipulare tra gli Stati membri della UE l'Accordo in esame, il cui articolo 1 contiene le consuete definizioni.
L'articolo 2 riguarda l'applicabilità dell'Accordo in esame, per la quale occorrono due condizioni, ossia che i danni o le perdite si siano verificati nel quadro della preparazione e dell'esecuzione dei compiti PESD di cui all'articolo 17, comma 2 del TUE, e che essi si siano verificati al di fuori dei territori di applicazione del SOFA UE.
In base all'articolo 3, poi, vige la rinuncia a qualsiasi richiesta di indennizzo nei confronti di un altro Stato membro per perdite o ferimento di appartenenti al proprio personale militare o civile, a meno che non vi sia stata grave negligenza o comportamento doloso.
All'articolo 4 si prevede - come nell'Accordo in precedenza illustrato - la rinuncia a qualsiasi richiesta di risarcimento da parte di uno Stato membro che abbia ricevuto danni a beni di sua proprietà, se il danno è causato da un militare o un civile dell'altro Stato membro nell'esercizio delle funzioni di cui al presente Accordo; e anche se il danno è causato da un veicolo, natante o aereo utilizzato in relazione ai compiti citati. Anche qui, tuttavia, la rinuncia è subordinata all'assenza di negligenza grave o dolo.
Per le richieste di indennizzo diverse da quelle oggetto di rinuncia ai sensi degli articoli 3 e 4 precedenti, ma sempre legate ad attività istituzionali in ambito PESD, giusta l'articolo 5 si ricorre a trattative tra gli Stati membri interessati, purché l'indennizzo non sia inferiore a 10.000 euro - nel qual caso non si fa luogo alla richiesta di risarcimento.
All'articolo 6 si stabilisce che le disposizioni degli articoli 4 e 5 precedenti non autorizzano uno Stato membro a rifiutare il pagamento di un indennizzo per danni a beni forniti da una parte diversa dai contraenti dell'Accordo in esame - si tratta evidentemente di soggetti quali aziende di noleggio, di leasing, e così via. L'eventuale contenzioso (articolo 7) riguardante la liquidazione delle richieste di indennizzo che non possono risolversi mediante

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trattative tra gli Stati membri interessati verrà anche in questo caso - come nel precedente Accordo - deferito all'arbitrato, e, in mancanza di accordo sulla persona da designare, ciascuno degli Stati membri interessati potrà chiedere al Presidente della Corte di giustizia CE di scegliere una persona particolarmente qualificata.
Rileva che il disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato il 24 giugno scorso, oltre a contenere le consuete previsione circa l'autorizzazione alla ratifica degli Accordi stessi, l'ordine di esecuzione, rinvia ad un atto amministrativo del Ministero della Giustizia da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il regime delle procedure interne relative all'esercizio della giurisdizione per individuare sul piano interno le autorità competenti e dettare la disciplina secondaria per l'attuazione delle disposizioni contenute nel SOFA UE. Il provvedimento non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI (PdL) fa presente che gli Accordi in titolo sono già stati ratificati dai maggiori Paesi europei e che per quanto riguarda l'Italia, l'improvvisa conclusione della legislatura precedente ha impedito di concludere l'iter di approvazione. Precisa quindi che l'auspicio per un celere percorso di ratifica è dettato non solo da questioni di natura tecnica ma anche alla necessità di adempiere ad impegni internazionali assunti.

Marco ZACCHERA (PdL), esprimendo a nome del gruppo pieno consenso sul provvedimento in titolo, fa presente che il disegno di legge in esame è stato assegnato alla Commissione il 2 luglio scorso e che pertanto non può essere attribuito a questo Parlamento alcun ruolo nel ritardo nella ratifica di Accordi siglati nel 2004.

Franco NARDUCCI, presidente, avverte che, nessun altro chiedendo di intervenire, è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei Gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.25.

INTERROGAZIONI

Mercoledì 8 luglio 2009. - Presidenza del vicepresidente Franco NARDUCCI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 9.25.

5-01498 Zucchi: Sulla partecipazione dell'Italia alla Convenzione di Londra sull'aiuto alimentare.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

Angelo ZUCCHI (PD), replicando, si dichiara insoddisfatto, giudicando la risposta del rappresentante del Governo da un lato onesta, dall'altro prevedibile, in quanto si limita a fotografare la situazione esistente, e deludente poiché non indica alcuna possibile soluzione al ritardo, che ormai supera i cinque anni, del contributo italiano all'aiuto alimentare ai Paesi in via di sviluppo. Sottolinea il fatto che il ritardo nell'erogazione dei contributi incide sulla credibilità internazionale dell'Italia, in particolar modo nell'anno di presidenza del G8. Si augura, infine, che agli annunci generici faccia seguito un impegno concreto che gioverebbe, oltre che all'immagine del nostro Paese, anche alla sua produzione agricola.

5-01604 Barbi: Sul contributo italiano al Fondo Globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

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Mario BARBI (PD), replicando, ricorda in primo luogo che il contributo italiano al Fondo Globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria rappresenta uno dei punti qualificanti dell'impegno italiano per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e si dichiara insoddisfatto in quanto il rappresentante del Governo, pur ribadendo l'impegno a contribuire al Fondo in oggetto, non ha fornito alcun elemento circa l'entità, la tempistica e la provenienza delle risorse da erogare. Auspica infine che l'impegno possa essere mantenuto e che in futuro si possa contare su risorse certe, criticando l'andamento discontinuo dei contributi relativi alle passate annualità.

Franco NARDUCCI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 9.35.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.40 alle 9.45.

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI

INDAGINE CONOSCITIVA

Mercoledì 8 luglio 2009. - Presidenza del presidente Furio COLOMBO.

La seduta comincia alle 16.25.

Indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo.
Audizione di rappresentanti del World Uyghur Congress.
(Svolgimento e conclusione).

Furio COLOMBO, presidente, propone che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
Introduce, quindi, l'audizione.

Erkin ALPTEKIN, già presidente del World Uyghur Congress, svolge una relazione sui temi oggetto dell'indagine.

Furio COLOMBO, presidente, essendo imminente l'inizio delle votazioni presso l'Assemblea, dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.40.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

ERRATA CORRIGE

Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 182 del 24 giugno 2009, a pagina 79, prima colonna, dopo la ventiduesima riga, aggiungere il seguente periodo «rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale, Cyril Muller (27 maggio 2009)».