CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 6 maggio 2009
173.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 6 maggio 2009. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 14.30.

Schema di decreto ministeriale per il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali per l'anno 2009, relativo a contributi da erogare ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi.
Atto n. 70.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema all'ordine del giorno.

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Benedetto Fabio GRANATA (PdL), relatore, ricorda che lo schema di decreto interministeriale in esame, da adottare sulla base di quanto previsto dall'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, legge finanziaria per il 2002, reca la ripartizione dei contributi da erogare nell'anno 2009 ad enti culturali da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, allocati sul capitolo 3670. Rileva che la legge finanziaria per il 2009, legge n. 203 del 2008, ha determinato lo stanziamento complessivo per i capitoli 3670 e 3671 in 17,973 milioni di euro. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2008, recante ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base relative al bilancio di previsione per l'anno 2009, assegna, quindi, al capitolo 3670 euro 11.523.558. La somma effettivamente disponibile per il 2009 è, peraltro, pari a euro 11.451.642, al netto dell'accantonamento di euro 71.916 disposto ai sensi di vari decreti legge intervenuti fra il 2008 e l'inizio del 2009. Sottolinea che la relazione illustrativa allo schema di decreto evidenzia che, per far fronte alla decurtazione rispetto allo stanziamento disponibile per il 2008, la Direzione generale per il bilancio e la programmazione economica, la promozione, la qualità e la standardizzazione delle procedure ha destinato euro 3.133.890,75 del capitolo 1321 ad incremento dei fondi stanziati sul capitolo 3670. La somma complessivamente disponibile per la ripartizione ammonta, quindi, ad euro 14.585.532,75. Rispetto allo stanziamento disposto per il 2008 con il decreto ministeriale 5 novembre 2008, pari ad euro 16.229.794,17, si registra una diminuzione percentuale del 10,13 per cento. Per un quadro complessivo degli stanziamenti a favore di enti culturali per il 2009 occorre, peraltro, considerare anche le somme allocate sul capitolo 3671 - in materia di contributi ad istituzioni culturali ai sensi della legge n. 534 del 1996 - in relazione all'articolo 2, commi 396-397, della legge finanziaria 2008.
Evidenzia che sul capitolo 3671, alla data del 21 aprile 2009, sono effettivamente disponibili euro 6.431.147: l'importo iniziale di euro 6.448.753, infatti, è stato ridotto a seguito, anche in questo caso, dell'intervento di vari decreti legge . Con riferimento alla ripartizione della somma disponibile sul capitolo 3670 tra le strutture finanziate, disposta dall'articolo 1 dello schema di decreto in esame, ricorda che la premessa allo schema di decreto evidenzia che il contributo al Centro internazionale di studi per la conservazione e il restauro dei beni culturali è aumentato del 48,58 per cento rispetto al 2008, per consentire la copertura delle spese di custodia. A tal proposito la relazione illustrativa ricorda che l'articolo 2 dell'accordo tra l'Italia e l'Unesco di cui alla legge n. 723 del 1960 stabilisce un contributo a favore del Centro e prevede, altresì, che lo Stato metta a disposizione del Centro i locali necessari per il suo funzionamento e assuma, fra le altre, le spese di custodia. Evidenzia, altresì, che fino al 2001 il Ministero ha sopperito alla custodia con proprio personale; in seguito, ciò non è stato possibile. Si aggiunge, inoltre, che i contributi per la Fondazione «Festival dei due mondi» di Spoleto, per la Biennale di Venezia e per la Fondazione Rossini Opera Festival di Pesaro sono ridotti del 4 per cento tenuto conto della valenza delle istituzioni, del riflesso delle iniziative in campo internazionale e dell'impegno economico che ne deriva; mentre l'importo delle restanti voci è stato decurtato equamente del 17,35 per cento rispetto al 2008. Sottolinea che lo schema di riparto in esame, analogamente a quanto previsto a partire dal 2004, è direttamente individuata, all'articolo 2, la sottoripartizione, tra gli enti interessati, della voce generale relativa ai «Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi».
Al riguardo ricorda che nel 2004 e nel 2005, in relazione alla richiesta di essere informate sulla sottoripartizione, formulata dalle Commissioni parlamentari competenti in occasione dell'espressione del parere sul riparto 2003, quest'ultima era stata trasmessa al Parlamento in allegato agli schemi di riparto. A partire dal 2006 alla suddivisione dell'importo ha provveduto

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l'articolo 2 dello schema di decreto. Appare peraltro necessario specificare la ripartizione dei fondi agli enti, che solo in modo generico sono indicati all'articolo 1, in relazione ai contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi; agli archivi privati di notevole interesse storico, nonché per gli archivi appartenenti ad enti ecclesiastici e ad istituti o associazioni di culto. Come pure quelli riferiti all'articolo 2 relativi ai contributi per congressi scientifici e culturali, per le edizioni nazionali, con esclusione di quelle rientranti nell'ambito delle specifiche competenze della Consulta dei Comitati Nazionali di cui alla legge n. 420 del 1997; per premi e sovvenzioni per scrittori, editori, librai, grafici, traduttori del libro italiano in lingua straniera, associazioni culturali; nonché per il funzionamento di biblioteche non statali con esclusione di quelle di competenza regionale. Ricorda che come già previsto nel parere approvato dalla Commissione nella seduta dell'11 giugno 2008, relativo all'omologa atto riferito all'anno passato, appare infatti necessario specificare quali siano stati i criteri seguiti dal Governo nell'assegnazione dei contributi ai soggetti previsti, fornendo, in particolare, indicazione dei motivi che hanno indotto a differenziare l'entità delle risorse stanziate nonché, puntualmente, i destinatari degli stanziamenti che si intende erogare, individuandoli nominativamente. Non appare infatti congruo richiedere al Parlamento l'espressione del parere su un atto che non consente alla Commissione parlamentare di essere messa nelle condizioni di valutare compiutamente le risorse stanziate dall'Esecutivo ai singoli enti, senza che questi siano specificamente individuati. Tiene a precisare che gli uffici della Commissione, su indicazione della presidenza della Commissione, si erano prontamente attivati per ottenere, per le vie brevi, dal Gabinetto del Ministero e dall'Ufficio legislativo le indicate precisazioni, nella imminenza dell'assegnazione del provvedimento in esame; chiarimenti che allo stato non risultano ancora pervenuti.
Si riserva quindi di presentare una proposta di parere nel seguito dell'esame del provvedimento, solo dopo che il Governo avrà integrato le informazioni richieste ai fini di una completa valutazione delle decisioni assunte.

Emerenzio BARBIERI (PdL) concorda con la relazione del collega Granata, in quanto in termini obiettivi si può porre effettivamente un problema riguardo ai criteri scelti per la attribuzione delle risorse e occorre rispettare le prerogative del Parlamento in tema di vigilanza e controllo. Rileva che l'11 giugno 2008 la Commissione si era già espressa in tal senso e che se all'epoca era giustificabile il fatto che non fossero state fornite tutte le informazioni, perché il Governo si era appena formato, oggi non lo è più, visto che il Ministero è ormai in carica da un anno.

Gabriella CARLUCCI (PdL), associandosi alle considerazioni del relatore e del collega Barbieri, ricorda che la questione era stata posta altre due volte dopo la seduta dell'11 giugno 2008, anche nel corso di successive sedute. Auspica pertanto che il Governo fornisca al più presto i chiarimenti richiesti dal relatore.

Benedetto Fabio GRANATA (PdL), relatore, tiene a ribadire che non è in questione la diminuzione dei fondi, che è ormai un dato acquisito all'interno di una generale riduzione dei capitoli, ma i criteri di riparto degli stanziamenti tra i diversi istituti e soprattutto gli istituti individuati quali soggetti destinatari.

Paola GOISIS (LNP) si associa alle considerazioni svolte dai colleghi, rilevando peraltro che non è plausibile che il Governo non sia in grado di rispondere alle richieste avanzate dalla Commissione. Non vorrebbe che il problema si dovesse ascrivere piuttosto a direttive e metodologie assunte dagli uffici ministeriali, senza comunicazione alcuna ai rappresentanti istituzionali. Ribadisce quindi che la Commissione

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sia messa nella condizioni di acquisire i necessari chiarimenti richiesti.

Manuela GHIZZONI (PD), pur non volendo prendere le difese del Governo, rileva che non si uscirà dall'impasse se non si cambiano le norme che disciplinano la ripartizione delle risorse, rilevando che la responsabilità non può essere burocratica. Aggiunge che occorre inoltre tutelare le funzioni di controllo del Parlamento attraverso norme più chiare. Esprime inoltre apprezzamento per le considerazioni finali del relatore, pur sottolineando che la discussione deve essere completata con l'apporto informativo da parte del Governo. Stigmatizza in conclusione il taglio «draconiano» alle risorse in parola.

Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.50.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 6 maggio 2009. - Presidenza del presidente Valentina APREA. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, università e ricerca Giuseppe Pizza.

La seduta comincia alle 14.50.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Belarus per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Minsk l'11 agosto 2005.
C. 2294 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Elena CENTEMERO (PdL), relatore, sottolinea che la Convenzione e l'annesso Protocollo, firmati a Minsk l'11 agosto 2005, pongono le basi per una più proficua collaborazione economica tra Italia e Bielorussia, rendendo possibile un'equa distribuzione del prelievo fiscale tra lo Stato in cui viene prodotto un reddito e lo Stato di residenza dei beneficiari dello stesso. Ricorda che la Convenzione, costituita da 31 articoli e da un Protocollo aggiuntivo, mantiene la struttura fondamentale del modello elaborato dall'OCSE; essa si applica tanto all'imposizione sul reddito quanto a quella sul patrimonio, profilo quest'ultimo, peraltro, attualmente presente solo nella legislazione fiscale bielorussa. Evidenzia quindi che gli articoli 1 e 2 viene delimitato il campo d'applicazione della Convenzione: i soggetti sono i residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti, mentre le imposte considerate per la Bielorussia sono l'imposta sul reddito e sugli utili, l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sui beni immobili e l'imposta fondiaria. Per l'Italia le imposte considerate sono quella sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), quella sul reddito delle società (IRES) e l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). La Convenzione si applicherà anche alle imposte future di natura identica o sostanzialmente analoga che verranno istituite successivamente alla firma della medesima. In proposito, va osservato che l'abolizione, a partire dal 1o gennaio 1998, dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese ha fatto venir meno nell'ordinamento italiano ogni forma di imposizione sul patrimonio: il punto 1 del Protocollo aggiuntivo prevede al proposito che in caso di reintroduzione di tale fattispecie in Italia la Convenzione si applicherà ad essa.
Ricorda che con gli articoli da 3 a 5 si procede alle definizioni: in particolare, è «residente di uno Stato contraente» colui che in base alla legislazione fiscale di tale Stato è considerato ivi residente, mentre l'espressione «stabile organizzazione» designa una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività, che fornisce servizi o relative attrezzature da utilizzare stabilmente nello Stato contraente. Gli articoli da 6 a

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22 trattano invece dell'imposizione sui redditi: in particolare, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili situati nell'altro Stato sono imponibili in questo ultimo Stato (articolo 6), mentre gli utili di imprese sono imponibili nello Stato di residenza dell'impresa (articolo 7) a meno che questa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente mediante una stabile organizzazione ivi situata, nel qual caso gli utili saranno imponibili in questo ultimo, ma solo nella misura in cui derivino da detta stabile organizzazione. Inoltre, a norma dell'articolo 8, gli utili da esercizio della navigazione aerea o marittima internazionale sono imponibili solo nel Paese cui fa capo l'effettiva direzione dell'impresa. Sottolinea quindi che i dividendi societari, di cui all'articolo 10 sono imponibili in linea di principio solo nello Stato di residenza del beneficiario, ma sono previste eccezioni in casi determinati, così come gli interessi, ai sensi dell'articolo 11, e le royalties di cui all'articolo 12: lo Stato in cui tali redditi sono prodotti potrà comunque prelevare sui dividendi un'imposta, rispettivamente non superiore al 5 per cento dell'ammontare lordo per partecipazioni societarie non inferiori al 25 per cento, e non superiore al 15 per cento nelle altre fattispecie. Tali soglie - che nel caso degli interessi non possono invece oltrepassare l'8 per cento, e nel caso delle royalties il 6 per cento - si applicano però solo se chi percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario. Inoltre, in tutti e tre i casi, se il beneficiario dei cespiti li ha ottenuti esercitando le proprie attività mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell'altro Stato, essi ricadranno nella normale tassabilità da parte di detto Stato in accordo alla propria legislazione fiscale.
Ricorda che anche per ciò che concerne i redditi da professione indipendente, in base all'articolo 14, o da lavoro subordinato, ai sensi dell'articolo 15, il criterio per l'imputazione della loro tassazione sta nella prevalente esplicazione dell'attività in oggetto, se nello Stato di residenza o nell'altro Stato: i redditi di cui all'articolo 14 saranno imponibili nello Stato di produzione degli stessi se il beneficiario dispone in tale Stato di una «base fissa», e solo nella misura in cui siano ad essa imputabili. I redditi di cui all'articolo 15, invece, saranno imponibili nello Stato in cui vengono prodotti, a meno che il lavoratore, tra l'altro, non soggiorni in tale Stato per un periodo complessivo non eccedente 183 giorni in un anno. A norma dell'articolo 17, che riguarda più direttamente le competenze della Commissione, i compensi per artisti e sportivi sono tassabili nello Stato di prestazione effettiva dell'attività. Evidenzia che le pensioni, le remunerazioni analoghe e gli eventuali trattamenti di fine rapporto sono invece imponibili solo nello Stato di residenza del beneficiario, ai sensi dell'articolo 18. Va ricordato in proposito che il comma 2 dell'articolo 18, al fine di evitare pratiche di elusione delle imposte, prevede che le prestazioni di sicurezza sociale siano imponibili solo nello Stato nel cui territorio si è svolta l'attività da cui traggono origine, anche qualora il beneficiario sia, o sia nel frattempo divenuto, residente dell'altro Stato contraente. Per quanto però specificamente concerne l'Italia, il punto 7 del Protocollo specifica che tali prestazioni sono da intendersi come non legate al versamento di contributi, quali ad esempio le pensioni sociali o di invalidità. Gli stipendi, i salari o altre analoghe remunerazioni, nonché le pensioni, corrisposte da uno Stato contraente a fronte di servizi ad esso resi sono imponibili solo in detto Stato, salvo il caso che il beneficiario sia residente nell'altro Stato o addirittura ne abbia la nazionalità, poiché allora i cespiti divengono imponibili nello Stato di residenza, secondo quanto stabilito dall'articolo 19.
Sottolinea che l'articolo 20, che riguarda le competenze della Commissione, prevede al paragrafo 1 che un professore o un insegnante, il quale soggiorni temporaneamente in uno Stato contraente per un periodo non superiore a due anni allo scopo di insegnare o di effettuare ricerche presso una università, collegio, scuola o altro analogo istituto, e che è, o era

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immediatamente prima di tale soggiorno residente dell'altro Stato contraente, è esente da imposta nel detto primo Stato contraente limitatamente alle remunerazioni derivanti dall'attività di insegnamento o di ricerca. Il paragrafo 2 dell'articolo 20 dispone invece che le disposizioni del paragrafo 1 dell'articolo 20 non si applicano ai redditi di ricerca se questa non è effettuata nell'interesse pubblico ma principalmente in quello privato di una o di più persone. Ricorda che l'articolo 21, anch'esso riguardante le competenze della Commissione, prevede che le somme che uno studente o apprendista il quale è, o era immediatamente prima di recarsi in uno Stato contraente, residente dell'altro Stato contraente e che soggiorna nel primo Stato contraente al solo scopo di compiervi i suoi studi o di attendere alla propria formazione professionale, riceve per sopperire alle spese di mantenimento, di istruzione o di formazione professionale, non sono imponibili in detto Stato, a condizione che tali somme provengano da fonti situate fuori di detto Stato. L'articolo 22 riguarda invece l'imposizione su redditi diversi da quelli trattati agli articoli precedenti, e stabilisce che di norma gli elementi di reddito di un residente di uno dei due Stati contraenti siano imponibili solo nello Stato di residenza: tuttavia fanno eccezione i redditi provenienti da fonti varie situate nell'altro Stato contraente. L'articolo 23 concerne la tassazione del patrimonio, la quale, per quanto riguarda i beni immobiliari, avviene nello Stato in cui essi sono localizzati; lo stesso dicasi per i beni mobili facenti parte della stabile organizzazione di un'impresa o della base fissa di un residente di uno Stato contraente, anch'essi imponibili nello Stato ove sono situati. L'opposto si verifica per i beni immobiliari o mobiliari connessi all'esercizio del traffico internazionale aereo o marittimo, sui quali la tassazione patrimoniale può avvenire sono nello Stato ove risiede l'effettiva direzione d'impresa. Sottolinea quindi che all'articolo 24 vengono definiti i metodi per evitare le doppie imposizioni: la scelta cade sul credito d'imposta, in accordo con tutte le altre Convenzioni negoziate dall'Italia nella stessa materia.
Aggiunge che agli articoli da 25 a 28 viene anzitutto stabilito il principio di non discriminazione nei confronti dei soggetti nazionali di uno Stato contraente, che non possono subire nell'altro Stato un'imposizione più onerosa di quella cui sarebbero sottoposti i soggetti nazionali di detto Stato. Vengono poi fatti salvi i privilegi fiscali di cui beneficiano i funzionari diplomatici o consolari in base alle regole generali del diritto internazionale e viene prevista la soluzione per via amichevole delle future controversie o ricorsi in merito alla corretta applicazione della Convenzione. Si prevede, inoltre, lo scambio di informazioni tra le rispettive Autorità, per facilitare l'applicazione dell'accordo, nel rispetto tuttavia delle proprie legislazioni interne, dei limiti da queste posti alla diffusione di tali informazioni, del segreto industriale, commerciale o professionale, nonché del fondamentale interesse del mantenimento dell'ordine pubblico nei due paesi. L'articolo 29 definisce le procedure di rimborso delle imposte riscosse in uno Stato contraente, mentre gli articoli 30 e 31 contengono disposizioni finali relative all'entrata in vigore, alla denuncia e alla cessazione degli effetti della Convenzione, la cui durata è illimitata: è prevista tuttavia la facoltà di denuncia dell'accordo - ma solo dopo 5 anni dall'entrata in vigore - da parte di uno Stato contraente, mediante preavviso inoltrato per via diplomatica almeno sei mesi prima della fine dell'anno solare. Sottolinea che l'entrata in vigore della Convenzione in esame determinerà la cessazione, nei rapporti italo-bielorussi, della validità della Convenzione italo-sovietica del 1985 vertente su analoga materia, cui la Bielorussia si è finora attenuta quale Stato successore nei rapporti giuridico-internazionali facenti capo all'URSS.
Ricorda che il disegno di legge di ratifica consta di tre articoli, recanti, il primo, l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione italo-bielorussa sulle doppie imposizioni, il secondo l'ordine di esecuzione

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ed il terzo l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Diversamente da alcuni analoghi casi recenti, l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione italo-bielorussa sulle doppie imposizioni non comporta oneri a carico del bilancio dello Stato, giacché si presume - in base alla relazione tecnica che pur tuttavia accompagna il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica - che le disposizioni di essa determinino effetti trascurabili sulla finanza pubblica italiana e pertanto sostanziale invarianza di gettito, con una perdita di circa 4.500 euro annui, sulla base di dati riferibili al 2004. Di conseguenza, il disegno di legge non reca alcuna norma di copertura finanziaria. Ricorda che il disegno di legge in oggetto, come presentato al Senato, è corredato anche da un'analisi tecnico-normativa (ATN), dalla quale emergono due profili di interesse: in primo luogo, poiché la Convenzione modifica la potestà impositiva statale quale definita dal diritto nazionale, è necessaria l'autorizzazione parlamentare alla ratifica ai sensi dell'articolo 80 Cost. In secondo luogo la Convenzione non si pone in contrasto con l'ordinamento comunitario, poiché, da un lato, l'inesistenza in essa di una clausola della nazione più favorita preclude l'indebita estensione alla Bielorussia di privilegi accordati a Stati membri della UE; e, dall'altro, l'ispirazione sostanziale della Convenzione al modello dell'OCSE fa sì che essa sia conforme alla generalità delle Convenzioni bilaterali in materia, e dunque anche a quelle stipulate dagli Stati membri della UE.
Propone in conclusione l'espressione di un parere favorevole sul provvedimento in esame.

Emerenzio BARBIERI (PdL) preannuncia anche a nome dei deputati del gruppo cui appartiene il voto favorevole sulla proposta di parere del relatore, pur ritenendo che alcuni aspetti dell'articolo 17 della convenzioni, sul trattamento fiscale di prestazioni sportive, non risultano del tutto chiari.

La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole del relatore.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Lubiana l'11 settembre 2001.
C. 2362 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Elena CENTEMERO (PdL), relatore, ricorda che la Convenzione e l'annesso Protocollo, firmati a Lubiana l'11 settembre 2001, pongono le basi per una più proficua collaborazione economica tra Italia e Slovenia, rendendo possibile un'equa distribuzione del prelievo fiscale tra lo Stato in cui viene prodotto un reddito e lo Stato di residenza dei beneficiari dello stesso. La Convenzione, costituita da 31 articoli e da un Protocollo aggiuntivo, mantiene la struttura fondamentale del modello dell'OCSE; essa si applica tanto all'imposizione sul reddito quanto a quella sul patrimonio,profilo quest'ultimo presente oggi solo nella legislazione fiscale slovena. Sottolinea in particolare, che gli articoli 1 e 2 delimitano il campo d'applicazione della Convenzione: i soggetti sono i residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti, mentre le imposte considerate per la Slovenia sono l'imposta sugli utili delle persone giuridiche, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e l'imposta sul patrimonio. Per l'Italia le imposte considerate sono quella sul reddito delle persone fisiche, quella sul reddito delle persone giuridiche (IRES) e l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Agli articoli da 3 a 5 si procede alle definizioni: in particolare, è «residente di uno Stato contraente» colui che in base alla legislazione fiscale di tale Stato è considerato ivi

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residente, mentre l'espressione «stabile organizzazione» designa una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività. Gli articoli da 6 a 22 trattano dell'imposizione sui redditi: in particolare, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili situati nell'altro Stato sono imponibili in quest'ultimo Stato, ai sensi dell'articolo 6, mentre gli utili di imprese sono imponibili nello Stato di residenza dell'impresa, in base all'articolo 7, a meno che questa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente mediante una stabile organizzazione ivi situata, nel qual caso gli utili saranno imponibili in quest'ultimo, ma solo nella misura in cui derivino da detta stabile organizzazione. A norma dell'articolo 8, inoltre, gli utili da esercizio della navigazio-ne aerea o marittima internazionale sono imponibili solo nel Paese cui fa capo l'effettiva direzione dell'impresa.
Evidenzia quindi che i dividendi societari, di cui all'articolo 10, sono imponibili in linea di principio solo nello Stato di residenza del beneficiario, ma sono previste eccezioni in casi determinati; così come gli interessi, in base all'articolo 11, e i canoni, previsti dall'articolo 12: lo Stato in cui tali redditi sono prodotti potrà comunque prelevare sui dividendi un'imposta, rispettivamente non superiore al 5 per cento dell'ammontare lordo per partecipazioni societarie non inferiori al 25 per cento, e non superiore al 15 per cento nelle altre fattispecie. Tali soglie si applicano però solo se chi percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario. Anche per ciò che concerne i redditi da professione indipendente, ai sensi dell'articolo 14, o da lavoro subordinato, ai sensi dell'articolo 15, il criterio per l'imputazione della loro tassazione sta nella prevalente esplicazione dell'attività in oggetto, se nello Stato di residenza o nell'altro Stato: i redditi di cui all'articolo 14 saranno imponibili nello Stato di produzione degli stessi se il beneficiario dispone in tale Stato di una «base fissa», e solo nella misura in cui siano ad essa imputabili. I redditi di cui all'articolo 15, invece, saranno imponibili nello Stato in cui vengono prodotti, a meno che il lavoratore, tra l'altro, non soggiorni in tale Stato per un periodo complessivo non eccedente 183 giorni in un anno. Ricorda che a norma dell'articolo 17, che riguarda più direttamente le competenze della Commissione, i compensi per artisti e sportivi sono tassabili nello Stato di prestazione effettiva dell'attività. Le pensioni, le remunerazioni analoghe e gli eventuali trattamenti di fine rapporto sono invece imponibili solo nello Stato di residenza del beneficiario (articolo 18). Tuttavia, al fine di evitare pratiche di elusione delle imposte, il comma 2 prevede che le indennità di fine rapporto siano imponibili solo nello Stato nel cui territorio si è svolta l'attività da cui traggono origine, anche qualora il beneficiario sia nel frattempo divenuto residente dell'altro Stato contraente.
Rileva inoltre che ai sensi dell'articolo 19 gli stipendi, i salari o altre analoghe remunerazioni, nonché le pensioni, corrisposte da uno Stato contraente a fronte di servizi ad esso resi sono imponibili solo in detto Stato, salvo il caso che il beneficiario sia residente nell'altro Stato o addirittura ne abbia la nazionalità, poiché allora i cespiti divengono imponibili nello Stato di residenza. L'articolo 20, che riguarda le competenze della Commissione, prevede che un professore, un insegnante o un ricercatore il quale soggiorni temporaneamente in uno Stato contraente per un periodo non superiore a due anni allo scopo di insegnare o di effettuare ricerche presso una università, collegio, scuola o altro analogo istituto, e che è, o era immediatamente prima di tale soggiorno residente dell'altro Stato contraente, è esente da imposta nel detto primo Stato contraente limitatamente alle remunerazioni derivanti dall'attività di insegnamento o di ricerca. L'articolo 21, anch'esso riguardante le competenze della Commissione, prevede che le somme che uno studente o apprendista il quale è, o era immediatamente prima di recarsi in uno Stato contraente, residente dell'altro Stato contraente e che soggiorna nel primo Stato contraente al solo scopo di compiervi i

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suoi studi o di attendere alla propria formazione professionale, riceve per sopperire alle spese di mantenimento, di istruzione o di formazione professionale, non sono imponibili in detto Stato, a condizione che tali somme provengano da fonti situate fuori di detto Stato.
Ricorda quindi che l'articolo 22 riguarda l'imposizione su redditi diversi da quelli trattati agli articoli precedenti, e stabilisce che di norma gli elementi di reddito di un residente di uno dei due Stati contraenti siano imponibili solo nello Stato di residenza. L'articolo 23 concerne la tassazione del patrimonio che, per i beni immobiliari, avviene nello Stato in cui essi sono localizzati; lo stesso dicasi per i beni mobili facenti parte della stabile organizzazione di un'impresa o della base fissa di un residente di uno Stato contraente, anch'essi imponibili nello Stato ove sono situati. L'opposto si verifica per i beni immobiliari o mobiliari connessi all'esercizio del traffico internazionale aereo o marittimo. Sottolinea che l'articolo 24 vengono definiti i metodi per evitare le doppie imposizioni: la scelta cade sul credito d'imposta, in accordo con tutte le altre Convenzioni negoziate dall'Italia nella stessa materia. Agli articoli da 25 a 29 viene anzitutto stabilito il principio di non discriminazione nei confronti dei soggetti nazionali di uno Stato contraente, che non possono subire nell'altro Stato un'imposizione più onerosa di quella cui sarebbero sottoposti i soggetti nazionali di detto Stato. Gli articoli 30 e 31 contengono disposizioni finali relative all'entrata in vigore, alla denuncia e alla cessazione degli effetti della Convenzione, la cui durata è illimitata: è prevista tuttavia la facoltà di denuncia dell'accordo - ma solo dopo 5 anni dall'entrata in vigore - da parte di uno Stato contraente, mediante preavviso inoltrato per via diplomatica almeno sei mesi prima della fine dell'anno solare.
Aggiunge che il disegno di legge consta di tre articoli, recanti, il primo, l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione italo-slovena sulle doppie imposizioni, il secondo l'ordine di esecuzione ed il terzo l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il provvedimento non prevede una quantificazione di oneri: come viene precisato nella Relazione tecnica allegata al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica presentato al Senato, l'applicazione della Convenzione comporterà effetti sul gettito fiscale di scarsa entità, che non avranno incidenza sul bilancio dello Stato. Sottolinea che il disegno di legge è altresì corredato di un'analisi tecnico-normativa (ATN). L'ATN rileva innanzitutto che l'autorizzazione parlamentare alla ratifica si rende necessaria in relazione al fatto che la Convenzione modifica la potestà impositiva statale quale definita dal diritto nazionale; inoltre, la Convenzione non si pone in contrasto con l'ordinamento comunitario, poiché ricalca il modello dell'OCSE che ha ispirato le Convenzioni in materia stipulate da tutti gli stati membri dell'UE.
Propone in conclusione l'espressione di un parere favorevole sul provvedimento in esame.

La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Croazia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 29 ottobre 1999 e Scambio di Note correttivo effettuato a Zagabria il 28 febbraio 2003, il 7 marzo 2003 ed il 10 marzo 2003.
C. 2363 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Elena CENTEMERO (PdL), relatore, ricorda che l'Accordo e l'annesso Protocollo, firmati a Roma il 29 ottobre 1999, pongono le basi per una più proficua collaborazione

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economica tra Italia e Croazia, rendendo possibile un'equa distribuzione del prelievo fiscale tra lo Stato in cui viene prodotto un reddito e lo Stato di residenza dei beneficiari dello stesso. Sottolinea che l'Accordo, costituito da 30 articoli e da un Protocollo aggiuntivo, mantiene la struttura fondamentale del modello dell'OCSE; esso si applica esclusivamente all'imposizione sul reddito. L'Accordo è completato da uno Scambio di Note correttivo effettuato a Zagabria nel febbraio-marzo 2003. In particolare, gli articoli 1 e 2 delimitano il campo d'applicazione dell'Accordo: i soggetti sono i residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti, mentre le imposte considerate per la Croazia sono l'imposta sugli utili, l'imposta sul reddito e l'imposta locale sul reddito. Per l'Italia le imposte considerate sono quella sul reddito delle persone fisiche, quella sul reddito delle persone giuridiche (attualmente IRES, imposta sui redditi delle società) e l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). È peraltro prevista l'applicazione dell'Accordo in esame anche a future imposte di natura analoga a quelle sopra contemplate, che dovessero aggiungersi o sostituire le medesime.
Evidenzia quindi che gli articoli da 3 a 5 recano le definizioni dei termini impiegati nel testo normativo stesso: è «residente di uno Stato contraente» colui che in base alla legislazione fiscale di tale Stato è considerato ivi residente, mentre l'espressione «stabile organizzazione» designa una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività, che fornisce servizi o relative attrezzature da utilizzare stabilmente nello Stato contraente. Gli articoli da 6 a 22 trattano dell'imposizione sui redditi: in particolare, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili situati nell'altro Stato sono imponibili in quest'ultimo Stato, in base all'articolo 6, mentre gli utili di imprese sono imponibili nello Stato di residenza dell'impresa, in base all'articolo 7, a meno che questa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente mediante una stabile organizzazione ivi situata, nel qual caso gli utili saranno imponibili in quest'ultimo, ma solo nella misura in cui derivino da detta stabile organizzazione. Inoltre, a norma dell'articolo 8, gli utili da esercizio della navigazione aerea o marittima internazionale sono imponibili solo nel Paese cui fa capo l'effettiva direzione dell'impresa. Sottolinea quindi che i dividendi societari, di cui all'articolo 10, sono imponibili in linea di principio solo nello Stato di residenza del beneficiario, ma sono previste eccezioni in casi determinati, così come gli interessi, previsti dall'articolo 11 e le royalties, di cui all'articolo 12: lo Stato in cui tali redditi sono prodotti potrà comunque prelevare sui dividendi un'imposta non superiore al 15 per cento dell'ammontare lordo. Tali soglie - che nel caso degli interessi non possono invece oltrepassare il 10 per cento, e nel caso delle royalties il 5 per cento - si applicano però solo se chi percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario. Inoltre, in tutti e tre i casi, se il beneficiario dei cespiti li ha ottenuti esercitando le proprie attività mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell'altro Stato, essi ricadranno nella normale tassabilità da parte di detto Stato in accordo alla propria legislazione fiscale.
Ricorda che anche per ciò che concerne i redditi da professione indipendente, ai sensi dell'articolo 14, o da lavoro subordinato, in base all'articolo 15, il criterio per l'imputazione della loro tassazione sta nella prevalente esplicazione dell'attività in oggetto, se nello Stato di residenza o nell'altro Stato. In particolare, i redditi di cui all'articolo 14 saranno imponibili nello Stato di produzione degli stessi se il beneficiario dispone in tale Stato di una «base fissa», e solo nella misura in cui siano ad essa imputabili. I redditi di cui all'articolo 15, invece, saranno imponibili nello Stato in cui vengono prodotti, a meno che il lavoratore, tra l'altro, non soggiorni in tale Stato per un periodo complessivo non eccedente 183 giorni in un anno. Sottolinea quindi che a norma dell'articolo 17, che riguarda più direttamente le competenze della Commissione, i compensi per artisti e sportivi sono

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tassabili nello Stato di prestazione effettiva dell'attività. Le pensioni, le remunerazioni analoghe e gli eventuali trattamenti di fine rapporto sono invece imponibili solo nello Stato di residenza del beneficiario, secondo quanto previsto dall'articolo 18. Si prevede altresì, per contrastare l'elusione delle imposte, che le indennità di fine rapporto o analoghe remunerazioni siano imponibili solo nello Stato nel cui territorio si è svolta l'attività da cui traggono origine, anche qualora il beneficiario sia, o sia nel frattempo divenuto, residente dell'altro Stato contraente. Ricorda che ai sensi dell'articolo 19, inoltre, gli stipendi, i salari o altre analoghe remunerazioni, nonché le pensioni, corrisposte da uno Stato contraente a fronte di servizi ad esso resi sono imponibili solo in detto Stato, salvo il caso che il beneficiario sia residente nell'altro Stato o addirittura ne abbia la nazionalità, poiché allora i cespiti divengono imponibili nello Stato di residenza. L'articolo 20, che riguarda le competenze della Commissione, prevede che un professore, un insegnante o un ricercatore il quale soggiorni in uno Stato contraente per un periodo non superiore a due anni allo scopo di insegnare o di effettuare ricerche presso una università, collegio, scuola o altro analogo istituto, e che è, o era immediatamente prima di tale soggiorno residente dell'altro Stato contraente, è esente da imposta nel detto primo Stato contraente limitatamente alle remunerazioni derivanti dall'attività di insegnamento o di ricerca.
Aggiunge che l'articolo 21, anch'esso riguardante le competenze della Commissione, prevede che le somme che uno studente o apprendista il quale è, o era immediatamente prima di recarsi in uno Stato contraente, residente dell'altro Stato contraente e che soggiorna nel primo Stato contraente al solo scopo di compiervi i suoi studi o di attendere alla propria formazione professionale, riceve per sopperire alle spese di mantenimento, di istruzione o di formazione professionale, non sono imponibili in detto Stato, a condizione che tali somme provengano da fonti situate fuori di detto Stato. Sottolinea inoltre che l'articolo 22 riguarda l'imposizione su redditi diversi da quelli trattati agli articoli precedenti, e stabilisce che di norma gli elementi di reddito di un residente di uno dei due Stati contraenti siano imponibili solo nello Stato di residenza: tuttavia fanno eccezione i redditi provenienti da fonti varie situate nell'altro Stato contraente. All'articolo 23 vengono definiti i metodi per evitare le doppie imposizioni: la scelta cade sul credito d'imposta, in accordo con tutte le altre Convenzioni negoziate dall'Italia nella stessa materia. Agli articoli da 24 a 28 viene anzitutto stabilito il principio di non discriminazione nei confronti dei soggetti nazionali di uno Stato contraente, che non possono subire nell'altro Stato un'imposizione più onerosa di quella cui sarebbero sottoposti i soggetti nazionali di detto Stato. Si prevede lo scambio di informazioni tra le rispettive Autorità, per facilitare l'applicazione dell'accordo, nel rispetto tuttavia delle proprie legislazioni interne, dei limiti da queste posti alla diffusione di tali informazioni, del segreto industriale, commerciale o professionale, nonché del fondamentale interesse del mantenimento dell'ordine pubblico nei due paesi. L'articolo 28 definisce le procedure di rimborso delle imposte riscosse mediante ritenuta alla fonte in uno Stato contraente. Ricorda inoltre che gli articoli 29 e 30 contengono disposizioni finali relative all'entrata in vigore, alla denuncia e alla cessazione degli effetti dell'Accordo, la cui durata è illimitata: è prevista tuttavia la facoltà di denuncia dell'accordo - ma solo dopo cinque anni dall'entrata in vigore - da parte di uno Stato contraente, mediante preavviso inoltrato per via diplomatica almeno sei mesi prima della fine dell'anno solare.
Sottolinea che il disegno di legge consta di tre articoli, recanti, il primo, l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo italo-croato sulle doppie imposizioni, il secondo l'ordine di esecuzione ed il terzo l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Diversamente da alcuni analoghi casi recenti,

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l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo italo-croato sulle doppie imposizioni non comporta oneri a carico del bilancio dello Stato, giacché si presume - in base alla relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica - che le disposizioni di essa determinino effetti trascurabili sulla finanza pubblica italiana. Di conseguenza, il disegno di legge non reca alcuna norma di copertura finanziaria. Ricorda che il disegno di legge in oggetto, come presentato al Senato, è corredato anche da un'analisi tecnico-normativa (ATN), dalla quale emergono due profili di interesse: in primo luogo, poiché l'Accordo modifica la potestà impositiva statale quale definita dal diritto nazionale, è necessaria l'autorizzazione parlamentare alla ratifica ai sensi dell'articolo 80 Cost. In secondo luogo l'Accordo non si pone in contrasto con l'ordinamento comunitario, poiché, da un lato, l'inesistenza in essa di una clausola della nazione più favorita preclude l'indebita estensione a soggetti croati di privilegi accordati a cittadini di Stati membri della UE; e, dall'altro, l'ispirazione sostanziale dell'Accordo al modello dell'OCSE fa sì che essa sia conforme alla generalità delle Convenzioni bilaterali in materia, e dunque anche a quelle stipulate dagli Stati membri della UE.
Propone in conclusione l'espressione di un parere favorevole sul provvedimento in esame.

La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole del relatore.

La seduta termina alle 15.

RISOLUZIONI

Mercoledì 6 maggio 2009. - Presidenza del presidente Valentina APREA. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, università e ricerca Giuseppe Pizza.

La seduta comincia alle 15.

7-00140 Rampelli: Sull'integrazione scolastica dei bambini stranieri.

(Seguito della discussione e approvazione).

La Commissione prosegue la discussione della risoluzione in titolo, rinviato nella seduta del 23 aprile 2009.

Valentina APREA, presidente, ricorda che la risoluzione affronta un tema importante sul quale la Commissione è chiamata ad esprimersi in modo comunque non definitivo. Ricorda innanzitutto che solo dal 2010 al 2011 saranno operative le nuove norme elaborate dal ministro Gelmini, che saranno adeguatamente considerate nella loro applicazione concreta da parte della Commissione. Sottolinea poi che è stata deliberata dalla Commissione un'indagine conoscitiva proprio sulle tematiche oggetto della risoluzione in discussione, dando così la possibilità a tutte le forze politiche di approfondire ulteriormente le problematiche che emergeranno. Ritiene quindi importante approvare la risoluzione nella seduta odierna, rilevando che si tratta di un primo passo a cui poi seguiranno quelli evidenziati, nella prospettiva di un approfondimento completo della materia, prima della sua determinazione definitiva da parte del Governo.

Fabio RAMPELLI (PdL), in qualità di presentatore della risoluzione, ricorda che con la stessa si intende favorire il processo di integrazione dei bambini stranieri con quelli italiani, rispettando il parametro che prevede la presenza nelle classi di non più di tre bambini stranieri su dieci, come avviene già in molte realtà anche italiane. Occorre inoltre comprendere per quale motivo gli indirizzi dati in precedenza con il decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 e con gli analoghi atti successivi ad esso, non sono stati attuati. Rileva infatti che se fossero stati eseguiti gli indirizzi forniti dai Governo che si sono succeduti da quella data ad oggi, non sarebbe stato necessario introdurre un

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tetto alla presenza degli stranieri nelle classi. Sollecita quindi l'approvazione della risoluzione di cui è primo firmatario volta a favorire e non a penalizzare l'integrazione degli studenti stranieri nella scuola italiana.

Emilia Grazia DE BIASI (PD), pur ringraziando il collega Rampelli, rileva che i bambini di seconda generazione non possono essere trattati diversamente dagli studenti italiani, in quanto gli stessi conoscono già a sufficienza la lingua italiana e non sono quindi assimilabili agli stranieri appena arrivati nel Paese, dato che ciò comporterebbe di fatto la violazione dell'articolo 3 della Costituzione.

Manuela GHIZZONI (PD) ricorda che nel comune di sua residenza sono state applicate delle buone pratiche, consistenti nel porre delle quote solo con riferimento ai ragazzi stranieri che subentrano durante l'anno in corso. Ricorda inoltre che è necessario prevedere una diversa disciplina tra ragazzi appena giunti nel Paese e i giovani di seconda generazione che sono già in possesso delle competenze linguistiche avendo frequentato le scuole italiane.

Valentina APREA, presidente, ritiene che nell'indagine conoscitiva deliberata dalla Commissione si potranno affrontare tutte le questioni poste dalla collega Ghizzoni.

Alessandra SIRAGUSA (PD) ritiene che non si debba svolgere oggi la votazione, in quanto l'onorevole De Torre non è presente. Puntualizzando alcune questioni, sottolinea che l'alunno straniero non coincide con l'alunno migrato, che il termine adottato di «alunni stranieri» ha un'ampiezza semantica che può portare ad ambiguità; chiarisce inoltre che occorre specificare meglio il primo impegno del dispositivo Ricorda quindi che la risoluzione è difficilmente collegabile con la risoluzione approvata dalla Commissione sulle classi ponte. Rileva inoltre che non appare comprensibile come funzionerà il meccanismo del tetto alla presenza di un certo numero di stranieri nelle classi, ricordando che tale meccanismo non chiarisce quali scuole ospiteranno i bambini eccedenti la quota. Si tratta di diritti fondamentali che devono essere assicurati ai minori, chiarendo quindi se saranno gli enti locali a doversi impegnare per il trasporto dei bambini nei comuni vicini. Ritiene inoltre necessario chiarire il significato delle sanzioni previste per chi non ottempera alle direttive, rilevando altresì che gli altri impegni della risoluzione andrebbero chiariti e specificati. Sottolinea in conclusione che la valutazione d'accesso alla classe del bambino straniero, secondo la conoscenza linguistica, è già prevista dalla normativa vigente.

Rosa DE PASQUALE (PD) si associa alle considerazioni già espresse dai colleghi in precedenza. Ritiene inoltre che non sia condivisibile e applicabile il «tetto» del 30 per cento per gli stranieri; ritiene inoltre discriminatorio costringere gli studenti che eccedono la quota del 30 per cento a frequentare altre scuole. Occorre inoltre organizzare delle reti di scuole per risolvere le questioni poste dalla risoluzione. Ritiene quindi che sia contrario alla costituzione non distinguere gli alunni stranieri di prima e seconda generazione; già i comuni e le scuole, d'altra parte, collaborano per l'integrazione degli studenti stranieri, per consentire loro di apprendere velocemente la lingua italiana attraverso strumenti specifici di apprendimento.

Emerenzio BARBIERI (PdL) ricorda che la risoluzione in discussione è stata presentata il 1o aprile, discussa il 23 aprile e nella seduta di ieri la Commissione ha deliberato all'unanimità un'indagine conoscitiva sul tema. Come si vede vi è la volontà politica di affrontare in maniera completa la questione. Ritiene quindi che sia un errore non votare a favore della risoluzione, in quanto il confronto serve, anche se le posizioni tra le parti politiche sono indubbiamente molto distanti. Rileva peraltro che alcune parti della premessa

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non possono che essere condivise anche dai deputati dell'opposizione. Non ritiene inoltre ammissibile che ci siano nuovi classi in Italia con quasi tutti bambini stranieri, perché ciò contrasta con le previsioni del d.p.r n. 394 del 1999, che prevede che il numero dei bambini stranieri non possa essere «predominante». Rileva altresì che il termine «straniero» è stato introdotto dal decreto del Presidente della Repubblica del 1999 e che per tale motivo non può essere messo in discussione. Ricorda per esempio che in un Comune della regione da cui proviene vi è una scuola elementare in cui in una classe, su ventuno studenti diciassette sono stranieri provenienti da otto nazioni diverse, il che appare sicuramente inaccettabile. Concorda quindi con l'ultimo impegno della risoluzione, in quanto esistono effettivamente casi di bambini stranieri che conoscono solo poche parole della lingua italiana.

Paola GOISIS (LNP) concorda con la risoluzione in discussione, ricordando che le classi-ponte sono previste con il fine di creare integrazione; per i bambini stranieri è molto umiliante non poter partecipare alla vita della classe. Sottolinea inoltre che non è detto che tutte le classi debbano avere non più del 30 per cento di studenti stranieri, visto che non si tratta di un obbligo, ma di un tetto massimo, anche perché le situazioni sono diverse da caso a caso. Indubbiamente, occorre trovare una soluzione specifica per realtà particolari, come quelle del Veneto, in cui l'immigrazione è molto consistente. Ritiene quindi che occorra comunque fare in modo che gli alunni stranieri di recente immigrazione possano essere inseriti adeguatamente. Ricorda altresì che gli alunni di seconda generazione non hanno ancora assimilato la cultura italiana e che quindi occorre prevedere interventi specifici anche per loro.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) condivide l'obiettivo della necessità di integrare gli studenti stranieri, rilevando però che occorre poi seguire e applicare nel concreto le buone intenzioni dichiarate, ricordando che in altri Stati vi è sicuramente una cultura dell' integrazione più avanzata. Rileva inoltre che lo stesso Presidente della Camera ha preso più volte posizione a favore di una politica di concreta e fattiva integrazione degli stranieri. Sottolinea altresì che la risoluzione si pone in contraddizione con la nozione di «classi pronte». Rileva inoltre che occorre comprendere dove potrebbero veramente essere collocati gli studenti che superano la soglia del 30 per cento. Occorre inoltre specificare come verranno nel concreto strutturati i corsi di lingua; con quali risorse e con quali docenti saranno poi organizzati. Per chiarire meglio questi aspetti, ritiene pertanto opportuno rinviare la votazione della risoluzione in esame.

Caterina PES (PD) ritiene che la risoluzione in discussione può consentire di trovare un accordo perché mette nelle condizioni di vedere realizzata l'integrazione di bambini stranieri con italiani. Invita peraltro a riflettere sul fatto che il limite del 30 per cento per i bambini di seconda generazione appare effettivamente limitativo. Non c'è infatti integrazione migliore per gli studenti stranieri di quella effettuata attraverso la frequenza della scuola con ragazzi italiani.

Elena CENTEMERO (PdL) ricorda che al di là dell'uso dei termini di «studenti migrati» e «stranieri», che sono comunque corretti in quanto contenuti nelle circolari ministeriali, la valutazione d'ingresso per bambini nelle scuole deve riguardare sia gli alunni di prima che quelli di seconda generazione, in modo che questi ultimi possano dimostrare di non avere bisogno di ulteriori momenti integrativi.

Manuela GHIZZONI (PD) propone di riformulare la risoluzione, prevedendo innanzitutto di sostituire al primo impegno del dispositivo le parole «introducendo una quota massima del 30 per cento di alunni stranieri» con «introducendo, ferma restando l'autonomia delle istituzioni

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scolastiche, il loro raccordo territoriale e la relazione con la dirigenza provinciale o altri soggetti terzi, una quota per gli alunni stranieri di prima immigrazione». Propone inoltre di sopprimere il terzo e il quinto impegno del dispositivo, rilevando in particolare che tale ultimo impegno presenta profili di evidente illegittimità costituzionale. Propone, in conclusione, di sopprimere nell'ultimo impegno del dispositivo le parole «sulla base delle effettive esigenze degli alunni rilevate in sede di valutazione d'ingresso».

Fabio RAMPELLI (PdL) ringrazia i colleghi che hanno sottoscritto la risoluzione, perfettamente interpretando il senso della sua presentazione. Rileva peraltro che il problema, che è ormai emergente nel Paese, si può risolvere anche senza tetto massimo, dato che il decreto del Presidente della Repubblica del 1999 prevedeva una soluzione anche più drastica di quella proposta della risoluzione. Nessuno può negare che si è figli di un tempo caratterizzato dalla multiculturalità, ma in Italia l'integrazione non ha funzionato né dal punto di vista linguistico né culturale. La multiculturalità è sì una risorsa, ma occorre evitare degenerazioni sociali derivanti da differenze culturali. Non concorda, infine, con la proposta di riformulazione della risoluzione fatta dalla collega Ghizzoni.

Il sottosegretario Giuseppe PIZZA concorda con la risoluzione presentata.

La Commissione approva quindi la risoluzione all'ordine del giorno.

Valentina APREA, presidente, ricorda che l'intervento del rappresentante del Governo della scorsa seduta aveva comunque lasciato intendere che vi è disponibilità a valutare le questioni poste dalla risoluzione in modo complessivo. Rileva che la risoluzione approvata costituisce una buona base per continuare ad approfondire le tematiche in oggetto con l'indagine deliberata.

La seduta termina alle 15.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.55 alle 16.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

RISOLUZIONI

7-00081 De Pasquale: Provvedimenti e iniziative sull'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (Ansas).

COMITATO RISTRETTO

Legge quadro per lo spettacolo dal vivo.
C. 136 Carlucci, e abbinate C. 459 Ciocchetti, 769 Carlucci, C. 1156 Ceccacci Rubino, C. 1183 De Biasi, 1480 Zamparutti, C. 1564 Giammanco, C. 1610 Zazzera, C. 1849 Rampelli, C. 1935 Caparini e C. 2280 Goisis.