CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 ottobre 2008
82.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 23 ottobre 2008. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 8.35.

Decreto-legge 143/08: Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario.
C. 1772, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento rinviato nella seduta del 22 ottobre 2008.

Giulia BONGIORNO, presidente, rileva che il provvedimento in esame è volto a convertire in legge il decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, che scade il 15 novembre prossimo. Il provvedimento è inserito nel calendario dell'Assemblea a partire da lunedì 27 ottobre. Tuttavia, considerata la delicatezza delle questioni da esso poste, anche alla luce dell'audizione dei rappresentanti dell'Associazione Nazionale Magistrati svoltasi ieri, ritiene, convenendone la Commissione, che sarebbe opportuno che la Commissione prosegua anche nella prossima settimana l'esame del provvedimento, per concluderlo comunque entro giovedì prossimo. In tale maniera l'esame preliminare potrebbe concludersi nella giornata di martedì, il termine degli emendamenti potrebbe essere fissato alle ore 17 della medesima giornata e questi potrebbero essere esaminati nella seduta di mercoledì.
Prima di dare la parola al relatore, ricorda che ieri è stata respinta dall'Assemblea la questione pregiudiziale presentata dal Gruppo di Italia dei Valori e che

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nella stessa giornata la Commissione Giustizia ha audito i rappresentanti dell'Associazione Nazionale Magistrati.

Salvatore TORRISI (PdL), relatore, rileva che il provvedimento in esame, come si legge nella premessa al decreto-legge, è stato emanato per rispondere alla straordinaria necessità ed urgenza di adottare disposizioni per assicurare la funzionalità del sistema giudiziario, con particolare riguardo alla esigenza di copertura delle sedi disagiate rimaste vacanti per difetto di aspiranti. Inoltre, anche a seguito delle modifiche apportatevi dal Senato, esso provvede alla rideterminazione del ruolo organico della magistratura ordinaria, introduce nuove disposizioni in materia di pignoramenti nella contabilità ordinaria degli uffici giudiziari e reca una più puntuale disciplina del cosiddetto Fondo unico giustizia.
La questione della difficoltà di copertura di alcune sedi giudiziarie è strettamente connessa alla sicurezza, considerato che tali sedi sono ubicate prevalentemente nelle regioni con più alto tasso di criminalità organizzata. Come è stato segnalato anche dal Consiglio superiore della magistratura con nota del 31 luglio 2008, è assolutamente necessario coprire l'elevato numero di posti in organico attualmente vacanti in sedi giudiziarie, considerato che è in corso una progressiva paralisi dell'attività d'indagine e dell'intera giurisdizione penale. Si tratta di numerose sedi giudiziarie, in maggior parte nel meridione, che presentano una scopertura di organico superiore al 30 per cento, con punte dell'80 per cento. È questa una situazione drammatica, irrimediabilmente destinata ad aggravarsi quando saranno definite le procedure di trasferimento ordinario in corso. A tale proposito, ricorda che con delibera del 9 giugno 2008 è stata disposta la pubblicazione di 336 posti, che determinerà verosimilmente un esodo di magistrati dalle sedi giudiziarie disagiate, dove attualmente prestano servizio, verso sedi più ambite.
Oggi occorre un intervento di natura legislativa per porre rimedio a questa situazione. Nel corso degli anni il Consiglio superiore della magistratura ha cercato di porvi rimedio destinandovi per lo più giovani magistrati vincitori di concorso. Su questa prassi ricorda la polemica innestata dal Presiedente della Repubblica dell'epoca, Francesco Cossiga, che a tale proposito parlava di «giudici ragazzini», mandati ad amministrare giustizia in quelle realtà dove, in ragione dell'alto tasso di criminalità organizzata, occorrono magistrati dotati di una solida esperienza, oltre che di una profonda preparazione teorica.
Anche il legislatore è intervenuto in materia più volte. L'obiettivo è stato quello di incentivare, attraverso benefici economici e di carriera, il trasferimento e la permanenza dei magistrati nelle sedi giudiziarie disagiate. Obiettivo realizzatosi solo in minima parte, considerato che i benefici economici e di carriera previsti hanno interessato quasi unicamente gli uditori giudiziari.
Tralasciando qualsiasi considerazione sulla opportunità di destinare magistrati di primo incarico proprio alle sedi disagiate, vi è ora un dato normativo che non consente più questa soluzione. Si tratta, in particolare, dell'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (ordinamento giudiziario), come modificato dall'articolo 2, comma 4, della legge n. 111 del 2007. Esso stabilisce che i magistrati ordinari al termine del tirocinio non possono essere destinati a svolgere le funzioni requirenti, le funzioni giudicanti monocratiche penali, quelle di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell'udienza preliminare. Tali funzioni possono essere svolte soltanto da magistrati che abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità a cui il magistrato è sottoposto dopo quattro anni dalla nomina. Ciò significa che la copertura degli uffici giudiziari rimasti vacanti non può più essere assicurata destinando a quegli uffici i giovani magistrati al termine del tirocinio, come invece è avvenuto fino ad oggi.
Per evitare che le sedi disagiate rimangano scoperte occorre intervenire per legge, andando a modificare il regime dei

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benefici attualmente in vigore, potenziando, soprattutto sotto il profilo economico, gli incentivi riconosciuti ai magistrati che danno il proprio consenso o la propria disponibilità al trasferimento d'ufficio in una sede disagiata. Il decreto-legge in esame è volto a dare una risposta in tal senso.
È modificata, in primo luogo, la disciplina del trasferimento d'ufficio dei magistrati a sedi disagiate. Il testo previgente definiva «trasferimento e destinazione d'ufficio» ogni tramutamento dalla sede di servizio per il quale non fosse stata proposta domanda dal magistrato, ancorché egli avesse manifestato il consenso o la disponibilità. Ai fini dell'applicazione della legge, tale tramutamento della sede doveva essere tale da determinare lo spostamento in sedi disagiate, il mutamento di regione e una distanza, eccezione fatta per la Sardegna, superiore ai 150 chilometri da quella ove l'uditore giudiziario avesse svolto il tirocinio o il magistrato avesse prestato servizio. Il testo in esame porta a 100 chilometri la distanza, non prevede più il mutamento di regione, esclude dall'ambito di applicazione della legge i magistrati destinati alle sedi di servizio al termine del tirocinio, prevede che alle sedi disagiate possono essere trasferiti d'ufficio magistrati provenienti da sedi non disagiate che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità e porta a 100 unità il numero di magistrati che possono essere destinati d'ufficio alle sedi disagiate, in luogo delle 50 indicate dal testo previgente.
Resta confermata la disposizione che esclude dall'ambito di applicazione della legge i trasferimenti d'ufficio per incompatibilità ambientale. Il Senato ha escluso, ai fini del tramutamento nelle sedi disagiate, l'applicazione del termine triennale secondo cui il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non possa essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia.
È stata rivista anche la definizione di sede disagiata. In primo luogo, è stato eliminato il riferimento geografico alle Regioni Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, per cui la disciplina delle sedi disagiate può trovare applicazione su tutto il territorio nazionale, laddove se ne verifichino i presupposti. L'ufficio giudiziario è definito «sede disagiata» quando, ferma restando la mancata copertura dei posti messi a concorso nell'ultima pubblicazione, la quota di posti vacanti sia non inferiore al 20 per cento dell'organico. È stato eliminato il riferimento all'elevato numero di affari penali con particolare riguardo a quelli relativi alla criminalità organizzata, nonché di affari civili in rapporto alla media del distretto ed alle consistenze degli organici.
Nell'ambito delle non più di sessanta sedi disagiate individuate annualmente dal Consiglio Superiore della Magistratura, sono ora selezionate non più di dieci sedi definite «a copertura immediata», che sono individuate tra quelle rimaste vacanti per difetto di aspiranti dopo due successive pubblicazioni e sono destinatarie di una nuova specifica disciplina. Questo tipo di trasferimento (al contrario del trasferimento d'ufficio) prescinde dall'esistenza di manifestazioni di consenso o di disponibilità da parte del magistrato. Esso può riguardare magistrati che: svolgono da oltre 10 anni le stesse funzioni o, comunque, si trovano nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni; alla scadenza del periodo massimo di permanenza non hanno presentato domanda di trasferimento ad altra funzione o ad altro gruppo di lavoro all'interno dell'ufficio o ad altro ufficio o che tale domanda abbiano successivamente revocato; prestano servizio nel distretto nel quale sono compresi i posti da coprire, ovvero, se ciò non è possibile, nei distretti limitrofi. I requisiti per il trasferimento nelle sedi a copertura immediata debbono essere posseduti simultaneamente alla data di pubblicazione

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della delibera di individuazione annuale delle sedi disagiate da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il Consiglio Superiore della Magistratura nel disporre i trasferimenti d'ufficio nelle dieci sedi a copertura immediata è autorizzato a derogare alla disciplina dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 160 del 2006 in materia di permanenza nell'incarico presso lo stesso ufficio. Al contrario, viene fatto salvo il disposto dell'articolo 13 dello stesso decreto legislativo n. 160 e, pertanto, il trasferimento d'ufficio non potrà determinare passaggi dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa.
Come si è detto, il regime dei benefici economici riconosciuti ai magistrati trasferiti d'ufficio non ha finora dato i risultati sperati, considerato che è stato ritenuto incentivante solamente per i magistrati di prima nomina. Occorre quindi modificarlo. Il decreto-legge prevede che al magistrato trasferito d'ufficio venga riconosciuta un'indennità mensile (determinata in misura pari all'importo mensile dello stipendio tabellare previsto per il magistrato ordinario con tre anni di anzianità) ed una indennità fissa corrisposta all'atto del trasferimento e finalizzata a compensare i costi del mutamento di sede: cosiddetta «indennità di prima sistemazione». Si prevede, al riguardo, che l'indennità mensile venga erogata per un massimo di quattro anni di effettivo servizio prestato nella sede disagiata. Stando alla relazione tecnica, il Governo stima per ogni magistrato trasferito un'indennità di prima sistemazione pari a 11.720,61 euro lordi.
Sono stati previsti anche nuovi benefici di carriera. Al magistrato trasferito d'ufficio viene riconosciuta un'anzianità di servizio in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede disagiata, fino al sesto anno di permanenza in quella sede. Inoltre, se l'effettivo servizio prestato presso la sede disagiata supera i quattro anni, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero rispetto ai posti in organico.
È poi prevista una disciplina transitoria. Si prevede, in primo luogo, che disposizioni concernenti l'individuazione delle sedi disagiate e il procedimento di trasferimento si applichino esclusivamente ai procedimenti di trasferimento d'ufficio a sedi disagiate avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Vi è tuttavia un'eccezione. Rispetto alla disposizione sulla valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di trasferimento d'ufficio, si prevede che continui a trovare applicazione il testo antecedente alle modifiche apportate dal decreto-legge nei confronti dei magistrati i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono già stati trasferiti, assegnati o destinati a sedi disagiate; si limita tuttavia il diritto di essere preferiti a tutti gli altri aspiranti al 50 per cento dei posti, di pari grado, messi a concorso nell'ambito di ciascun ufficio. Nel caso in cui i posti messi a concorso siano di numero dispari, si prevede che il diritto di preferenza non operi, altresì, in relazione al posto eccedente il 50 per cento. In tale modo, si intendono contemperare le esigenze dei magistrati provenienti dalle sedi disagiate, che vantano un diritto alla prescelta, con quelle degli altri magistrati, spesso con notevole anzianità di servizio, che per effetto del regime di prescelta assoluta accordata ai primi vedono da molto tempo frustrate le proprie legittime aspettative di scelta della sede di servizio.
Il comma 7 contiene una disposizione transitoria in base alla quale le disposizioni sul trasferimento d'ufficio dei magistrati che abbiano superato il termine decennale di permanenza nelle medesime funzioni non si applicano a coloro che, entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento, presentano domanda di trasferimento ad altra funzione o ad altro gruppo di lavoro all'interno dell'ufficio ovvero ad altro ufficio, senza revocarla prima della definizione della relativa procedura.

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Il comma 8 dispone la soppressione del secondo periodo del terzo comma dell'articolo 192 dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, il quale stabiliva che le domande di tramutamento ad altra sede conservavano validità fino alla revoca, da effettuarsi con successiva dichiarazione o con altra domanda. La norma in oggetto è quindi finalizzata ad evitare un inutile aggravio di lavoro per il Consiglio (chiamato ad esaminare domande presentate da magistrati che - a distanza di anni - non hanno verosimilmente più interesse al trasferimento richiesto a suo tempo), consentendo al Consiglio stesso di esaminare le sole domande che corrispondono ad un interesse concreto ed attuale del magistrato al trasferimento.
L'ultimo comma dell'articolo 1 è stato introdotto dal Senato. Riguarda materia diversa dalle sedi disagiate, essendo diretto ad abrogare la disposizione che, in relazione alla copertura delle più elevate funzioni direttive, prevede che per i magistrati ai quali è stato prolungato o ripristinato il rapporto di impiego per lo stesso periodo di tempo in cui era stato sospeso nel corso di un procedimento giudiziario, che si è poi concluso con sentenza di proscioglimento, è aggiunto alla data di ordinario collocamento a riposo un periodo commisurato al servizio non espletato, comunque non oltre settantacinque anni di età. Si tratta di una disposizione introdotta dall'articolo 36 dell'ordinamento giudiziario che è stata modificata nel 2007 dalla legge n. 111, proprio per fissare il limite insuperabile di 75 anni. La disposizione introdotta dal Senato è diretta a rimuovere il limite di 75 anni. La ratio della norma è chiara: un soggetto che ha visto ingiustamente sospesa o interrotta la sua carriera a causa di un procedimento giudiziario dimostratosi poi infondato ha un diritto pieno a che la sua posizione sia integralmente reintegrata. Su questa norma si sono sviluppate delle polemiche, ritenendo alcuni che essa sia preordinata alla nomina a Presidente della Corte di Cassazione di un determinato magistrato.
Rimanda al dibattito che si è svolto ieri in Assemblea in merito alla costituzionalità della disposizione. L'unica obiezione che ritengo opportuno ribadire è la seguente: spetta al Consiglio Superiore della Magistratura valutare i candidati tenendo conto non soltanto dell'anzianità, come avveniva prima della riforma dell'ordinamento giudiziario, ma anche del merito. In sostanza, con la norma in esame si consente a soggetti che hanno visto ingiustamente interrompere la loro carriera di concorrere all'eventuale nomina. L'esito del concorso dipenderà dalle valutazioni del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il Senato ha, inoltre, introdotto gli articoli 1-bis e 1-ter. Il primo è diretto alla rideterminazione del ruolo organico della magistratura ordinaria. In particolare è sostituita, a decorrere dal 1o luglio 2008, la tabella B contenente il ruolo organico della magistratura ordinaria, in attuazione dell'articolo 2, comma 606, lettera a), della legge finanziaria per il 2008, la quale prevede la ridefinizione delle piante organiche della magistratura ordinaria, in conseguenza della riduzione dell'organico della magistratura militare disposta dalla medesima legge finanziaria. Segnala quindi che nella stessa tabella è inserita una nuova voce che fissa il numero dei magistrati destinati a funzioni non giudiziarie in 200 unità. In base a quanto specificamente previsto al comma 4, tale limite numerico non si applica ai magistrati destinati a funzioni non giudiziarie destinati alla Presidenza della Repubblica, alla Corte costituzionale, al Consiglio superiore della magistratura ed agli incarichi elettivi.
Per gli incarichi dei magistrati destinati a funzioni non giudiziarie si prevede un limite temporale di dieci anni, anche continuativi, salvo il maggior termine previsto da specifiche disposizioni legislative. La durata dei collocamenti fuori ruolo per incarichi di diretta collaborazione con gli organi di Governo ha il limite di cinque anni consecutivi.
L'articolo 1-ter estende l'applicazione della disciplina dei pignoramenti sulle contabilità speciali delle prefetture, delle

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direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza alla contabilità ordinaria del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia. In base all'applicazione della norma richiamata, non sono dunque più soggetti ad esecuzione forzata i fondi destinati al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria, nonché gli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della giustizia, accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia.
L'articolo 2 interviene sulla disciplina del Fondo unico giustizia, istituito dall'articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008. Ricorda che in esso confluiscono le somme di denaro sequestrate nell'ambito di procedimenti penali o per applicazione di misure di prevenzione nonché le somme di denaro derivanti da irrogazione di sanzioni amministrative. Le suddette risorse sono affidate ad Equitalia.
Tra le novità più rilevanti segnala l'ampliamento della tipologia delle risorse che affluiscono al Fondo unico giustizia, estendendone l'ambito alle varie «attività finanziarie a contenuto patrimoniale o monetario», quali, a titolo esemplificativo, i titoli al portatore, i libretti di deposito, i conti correnti, i conti di deposito titoli ed altri crediti pecuniari.
Al fine di dare concreta attuazione alla previsione normativa, si stabilisce che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, Poste Italiane s.p.a., banche e altri operatori finanziari depositari delle somme di denaro, dei proventi, dei crediti, nonché dei beni oggetto del fondo, devono intestarli al «Fondo unico giustizia».
Il comma 7 è stato riscritto nel corso dell'esame al Senato.
Ogni anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'interno, sono stabilite le quote delle risorse intestate «Fondo unico giustizia», anche frutto di utili della loro gestione finanziaria, da destinare in misura non inferiore ad un terzo, al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, in misura non inferiore ad un terzo, al funzionamento e al potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali del Ministero della giustizia nonché all'entrata del bilancio dello Stato.
Il comma 7-bis, introdotto dal Senato ed oggetto della pregiudiziale di costituzionalità, prevede che le quote minime delle risorse intestate al Fondo unico giustizia, al Ministero della giustizia ed a quello dell'interno possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in caso di urgenti necessità derivanti da circostanze gravi ed eccezionali del Ministero dell'interno o del Ministero della giustizia.
L'articolo 3 reca, infine, la norma di copertura finanziaria, mentre l'articolo 4 dispone l'entrata in vigore del decreto-legge, il giorno successivo alla sua pubblicazione e dunque il 17 settembre 2008.

Marilena SAMPERI (PD), riservandosi di intervenire successivamente in modo più approfondito, rileva come anche l'Associazione nazionale magistrati, nel corso dell'audizione che si è svolta ieri, abbia evidenziato numerosi aspetti problematici che riguardano il provvedimento in esame. In particolare, esprime forti perplessità sull'efficacia degli incentivi economici nei confronti di magistrati che non siano di prima nomina. Inoltre il provvedimento, nel definire le sedi disagiate, non fa riferimento al fondamentale parametro dell'alta densità criminale e determina, tra l'altro, una distribuzione delle predette sedi su tutto il territorio nazionale. Tale scelta non è condivisibile data la drammatica situazione nella quale si trovano, in particolare, le procure della Repubblica del Sud.
Con riferimento all'articolo 1, comma 4, in base al quale alle sedi disagiate possono essere trasferiti d'ufficio magistrati che abbiano conseguito almeno la

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prima valutazione di professionalità, rileva che tale norma persiste in un errore compiuto nella precedente legislatura. Infatti, l'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (ordinamento giudiziario), come modificato dall'articolo 2, comma 4, della legge n. 111 del 2007, definisce il principio cui oggi si ispira la disposizione in esame. Ritiene che la previsione di quella norma, in considerazione degli effetti prodotti, sia stata un errore commesso dal precedente Governo e dalla precedente maggioranza. Occorre quindi una clausola di salvaguardia che consenta di derogare al predetto principio, qualora ciò sia indispensabile per ottenere l'obiettivo della copertura dell'organico delle sedi disagiate. D'altra parte i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati hanno adeguatamente illustrato come, per i giudici di prima nomina, l'assegnazione ad una sede disagiata sia un'esperienza utile, formativa e non certo dannosa.
Conclude sottolineando la necessità che, di fronte ad un provvedimento tanto delicato, tutte le forze politiche mantengano un atteggiamento costruttivo e collaborativi.

Manlio CONTENTO (PdL) ricorda preliminarmente che il provvedimento è stato approvato al Senato con un voto pressoché unanime. Rileva, peraltro, che in questa Commissione sono state evidenziate molte problematiche e ritiene opportuno verificare se ed in quali limiti sussistano dei margini per apportare correttivi al provvedimento, tenendo conto anche dei rilievi mossi dall'Associazione nazionale magistrati. Ricorda altresì come negli ultimi dieci anni la normativa sulle sedi giudiziarie disagiate abbia dimostrato tutti i suoi limiti, ritenendo necessario evitare di compiere gli stessi errori del passato, mentre, al contrario, il provvedimento in esame sembra recuperare una precedente erronea logica, soprattutto laddove prevede il divieto di assegnazione dei giudici di prima nomina. In tale contesto occorre valutare se è possibile l'inserimento di una clausola di salvaguardia per ovviare a delicate situazioni di emergenza che nella copertura dei posti vacanti presso le sedi disagiate. Sottolinea quindi che, ove sussistessero i margini politici per apportare una simile modifica, egli non esiterebbe a presentare degli emendamenti in tal senso. Dichiara quindi di condividere le perplessità dell'onorevole Samperi circa l'eliminazione del criterio della «densità criminale» di determinate aree geografiche, che appare particolarmente significativo per l'individuazione delle sedi disagiate. Tale criterio viene utilizzato, in realtà, per l'identificazione delle dieci sedi a copertura immediata, ma tale previsione non appare sufficiente.
Con riferimento alla tematica della geografia giudiziaria, prende atto che l'Associazione nazionale magistrati, all'esito dell'audizione svoltasi nella giornata di ieri, ha messo a disposizione della Commissione una sintetica documentazione. Auspica peraltro che il Governo sia in grado di fornire dei dati ben più precisi e organici, che possano consentire una più approfondita riflessione sulle tematiche in esame. Dalla documentazione depositata dall'Associazione nazionale magistrati, in ogni caso, si trae conferma del fatto che il problema della geografia giudiziaria in Italia è essenzialmente un problema di irrazionale e disomogenea distribuzione dei magistrati e degli stessi uffici giudiziari sul territorio nazionale. Vi sono, a titolo esemplificativo, talune procure con un numero di magistrati eccessivo rispetto al carico giudiziario ed altre con un carico giudiziario talmente esiguo che forse, indipendentemente dal numero dei magistrati assegnati, dovrebbero essere soppresse. Si potrebbe anche pensare ad identificare una regione, che potrebbe essere la Sicilia, per sperimentare forme di redistribuzione di magistrati dispersi sul territorio. L'importante, tuttavia, è che non si prosegua nell'adozione di provvedimenti-tampone da parte dei vari Governi e che si abbia finalmente il coraggio di porre mano ad una riforma organica.
Sottolinea inoltre come sia particolarmente significativo che l'Associazione nazionale magistrati non si sia limitata ad

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affermare la propria contrarietà alla disposizione che prevede il trasferimento d'ufficio alle dieci sedi a copertura immediata, ma abbia fatto anche un esplicito riferimento ad un precedente nel quale un provvedimento di trasferimento, adottato in base ad una norma ispirata al medesimo principio, è stato immediatamente impugnato e sospeso. In tale contesto occorrerebbe una seria riflessione anche sugli effettivi limiti del principio di inamovibilità del magistrato. È importante tenere conto, d'altra parte, che, così come vi sono dipendenti pubblici che vengono trasferiti poiché vi è un soprannumero in determinati uffici dell'amministrazione, altrettanto dovrebbe avvenire per i magistrati, soprattutto in considerazione della situazione di emergenza nella quale si trovano le sedi disagiate. Tuttavia, se la soluzione al problema è facilmente individuabile nella razionale redistribuzione di magistrati e uffici sul territorio, è anche vero che il reale problema è forse rappresentato anche dal fatto che i magistrati non vogliono essere trasferiti nelle zone ad alta densità criminale e che quelli che si sono trasferiti in quegli uffici giudiziari lo hanno fatto per ottenere benefici ben precisi e, in particolare, nell'ottica di un successivo trasferimento verso sedi non disagiate, contribuendo in tal modo a determinar il sovraffollamento di organico di queste ultime.
Conclusivamente, ribadisce la necessità di inserire nel provvedimento in esame una clausola di salvaguardia che consenta, in caso di necessità, di ricorrere ancora ai magistrati di prima nomina, per rimediare alla carenza di organico delle sedi disagiate, nonché la necessità di riorganizzare completamente la geografia giudiziaria.

Donatella FERRANTI (PD) condivide le osservazioni dell'onorevole Contento e rileva che il provvedimento in esame appare un tentativo di risolvere un'emergenza che, tuttavia, utilizza strumenti non appropriati. Sarebbe quindi opportuno comprendere preliminarmente se vi sia una disponibilità da parte del Governo ad apportare talune modifiche, da molti ritenute necessarie. Pur riconoscendo le buone intenzioni del Governo, tuttavia ritiene che il provvedimento non sia in grado di risolvere la situazione di emergenza delle sedi disagiate. Evidenzia quindi come tale situazione si inserisca in un contesto più ampio, giacché persino procure della Repubblica che non costituiscono sedi disagiate hanno oggi posti vacanti dopo che sono stati banditi ben due concorsi. Tale fenomeno dipende probabilmente dal timore, ingenerato nei giovani magistrati o aspiranti tali, dai numerosi proclami circa l'intenzione delle forze politiche di centro-destra di voler realizzare la separazione delle carriere fra magistrati inquirenti e i magistrati giudicanti. Il che sta determinando una drastica riduzione dell'interesse soprattutto verso le procure della Repubblica.
Quanto al contestato articolo 1, comma 4 del provvedimento in esame, rileva che oggi i magistrati di prima nomina hanno mediamente più di trenta anni e, quindi, una maturità sufficiente per rivestire incarichi di responsabilità come quello del sostituto procuratore della Repubblica in qualunque sede. D'altra parte, a suo giudizio, in considerazione delle sue esperienze quale magistrato, ritiene che il lavoro del pubblico ministero sia per taluni aspetti più semplice di quello del magistrato giudicante, anche in considerazione della sempre maggiore gerarchizzazione che si sta affermando negli Uffici delle procure, con conseguente maggiore assunzione di responsabilità da parte dei dirigenti, a beneficio dei colleghi più giovani. Pertanto, è solo in base ad un mero pregiudizio che si può ritenere inopportuno che i magistrati di prima nomina siano assegnati alle sedi disagiate. Inoltre, con riferimento agli incentivi economici previsti dal provvedimento, ritiene che questi ultimi molto difficilmente possono essere considerati appetibili da magistrati non di prima nomina.
Rileva quindi che la norma che prevede il trasferimento d'ufficio alle dieci sedi a copertura immediata non si basa su criteri oggettivi e determinati, correndosi il rischio, ad esempio, di distogliere magistrati

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da procedimenti estremamente importanti e delicati per trasferirli altrove. Si tratta di una norma irragionevole e non risolutiva del problema, anche se lo scopo è di per sé apprezzabile e condivisibile. Stigmatizza quindi il comportamento del Governo, che continua ad emanare provvedimenti «tampone», non risolutivi dei problemi della giustizia, avvalendosi però dei relativi effetti mediatici. In decreto-legge in esame, in sostanza, è dell'ennesima «norma-bandiera» del Governo in carica. Conclusivamente, nel concordare sostanzialmente con quanto osservato dagli onorevoli Samperi e Contento, ritiene necessario identificare parametri oggettivi per l'identificazione delle sedi disagiate, nonché sopprimere dell'articolo 1, comma 4 o, quantomeno, prevedere una clausola di salvaguardia che consenta, in caso di necessità, di assegnare magistrati di prima nomina alle sedi disagiate.

Federico PALOMBA (IdV) pur premettendo che il gruppo di Italia dei Valori intende porsi in una prospettiva collaborativa per affrontare, insieme alle altre forze politiche, la situazione di emergenza delle sedi disagiate, precisa che ciò non significa trascurare ovvero omettere di evidenziare i concreti problemi della giustizia. Ricorda peraltro che la questione di pregiudizialità presentata da Italia dei Valori, e nella seduta di ieri respinta dall'Assemblea, ha incontrato molte valutazioni favorevoli che tuttavia non sono state seguite da altrettanti voti favorevoli.
Chiede quindi ai rappresentanti del Governo quale sia la ratio dell'articolo 1, comma 8-bis, manifestando la propria contrarietà alla citata disposizione. Esprime forti perplessità sulla possibilità che il problema della copertura degli organici delle sedi distaccate possa essere risolto ricorrendo ad incentivi economici. Si associa all'onorevole Contento, che egli ritiene essere sempre molto attento alla concretezza dei problemi della giustizia, nel rilevare una carenza di dati statistici che invece dovrebbero costituire la base per l'emanazione di un provvedimento efficace nella materia in esame.
Ciò premesso, peraltro, esprime apprezzamento per la documentazione posta a disposizione dall'Associazione nazionale magistrati, cui non compete certo sul piano istituzionale la raccolta e l'elaborazione dei predetti dati. La realtà è che invece il Governo, cui questo dato compete, continua a non fornire dati specifici e dettagliati. Formula quindi una formale richiesta ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del regolamento, con la quale chiede al Governo di fornire i seguenti dati e informazioni: 1) situazione degli uffici giudiziari in relazione alla scopertura dei posti in organico, in assoluto ed in percentuale, distinti per funzioni giudicanti e requirenti; 2) dati riguardanti i bandi e gli interpelli di copertura con i relativi risultati, con particolare riferimento al numero di posti rimasti vacanti ed al numero di bandi effettuati; 3) analisi delle scoperture alla luce di una tendenza verificatasi negli ultimi periodi e proiezione, alla luce della stessa tendenza, delle scoperture che andranno a verificarsi; 4) proiezione degli effetti positivi che il Governo ritiene attendibili sulla scopertura degli uffici in virtù del provvedimento all'esame.

Marilena SAMPERI (PD), Donatella FERRANTI (PD), Cinzia CAPANO (PD) Anna Paola CONCIA (PD) e Antonio DI PIETRO (IdV) sottoscrivono la richiesta di dati e informazioni presentata dall'onorevole Palomba.

Federico PALOMBA (IdV), proseguendo il suo intervento, valuta favorevolmente il fatto che il Governo stia tentando di risolvere la questione delle sedi disagiate, ma ribadisce che gli incentivi economici non sono mai stati efficaci. Condivide altresì l'autocritica dell'onorevole Samperi sull'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (ordinamento giudiziario), come modificato dall'articolo 2, comma 4, della legge n. 111 del 2007, ricordando che anche il suo gruppo, erroneamente, ha votato, non comprendendo al momento le conseguenza che la relativa applicazione avrebbe comportato. In considerazione degli

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effetti che ha prodotto, infatti, il principio va rivisto e certamente lo stesso errore non deve essere compiuto applicando quel medesimo principio alla tematica delle sedi disagiate. Preannuncia, quindi, un emendamento soppressivo dell'articolo 1, comma 4 del provvedimento in esame. Sottolinea, quindi, che i magistrati debbono saper esercitare le proprie funzioni in qualunque sede. Quanto alla definizione normativa di «sede disagiata», rileva che tali sedi possono essere presenti in tutto il territorio se valutate in relazione alle carenza di organico, ma è chiaro che quelle caratterizzate da alta densità criminale devono avere una priorità. Si riserva, quindi, di intervenire nuovamente nel prosieguo dell'esame.

Mario CAVALLARO (PD) rileva che dal dibattito svoltosi sinora in Commissione emerge un punto di sostanziale convergenza, rappresentato dal fatto che il provvedimento non utilizza gli strumenti più adeguati per affrontare il problema che intenderebbe risolvere. A tal fine, occorrerebbe una seria verifica della produttività degli Uffici giudiziari, la previsione di criteri oggettivi per individuare le sedi disagiate nonché la valutazione dei tassi di rapidità e di soluzione con i quali i vari Uffici giudiziari affrontano il carico giudiziario. Concorda quindi con i colleghi che hanno evidenziato la necessità di disporre di dati più specifici e sottolinea quindi che un provvedimento che intenda affrontare seriamente il problema delle sedi disagiate, oltre a doversi inserire nel contesto più ampio della necessaria riforma della geografia giudiziaria, non può prescindere dalla definizione di un modello anche econometrico dell'amministrazione della giustizia. Inoltre, i criteri per intervenire in modo razionale ed efficace in tale materia debbono essere tali da contemperare la prossimità del servizio giustizia al cittadino, soprattutto nelle aree ad alta densità criminale, e efficienza.
Rileva che dal dibattito è emerso anche un ampio consenso sulla necessità di approfondire e rivedere la possibilità di assegnare alle sedi disagiate i magistrati di prima nomina, anche tenuto conto dei gravi problemi di scopertura di organico. Ricorda, d'altra parte, come la logica premiale della normativa degli ultimi dieci anni si sia dimostrata inefficace e soprattutto inidonea a garantire alle sedi disagiate l'assegnazione di risorse di alta qualità.
Esprime conclusivamente dubbi di costituzionalità sull'articolo 1-ter e forti perplessità sull'articolo 2, laddove sembra attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri una discrezionalità troppo ampia nella distribuzione delle risorse del Fondo unico della giustizia.

Angela NAPOLI (PdL) ritiene che, di fronte ad un provvedimento come quello in esame, che evidenzia lo stato di emergenza nella quale versa la giustizia sotto il profilo della carenza di organico delle sedi disagiate, il Consiglio Superiore della Magistratura dovrebbe essere più prudente nel concedere autorizzazioni ad occupare altre cariche, forse inopportune, a magistrati appartenenti a sedi giudiziarie del sud caratterizzate da gravi carenze di organico. Si riferisce, segnatamente, al recente trasferimento di un magistrato della procura di Reggio Calabria, che alcuni mesi fa aveva segnalato in una lettera inviata al Ministro della giustizia le gravi carenze di organico della sua procura e che, poco dopo, invece, ha inopportunamente preferito lasciare il suo posto, per assumere un incarico sostanzialmente assegnatogli dalla politica, che aveva bisogno della figura di un magistrato per dare l'impressione di voler realmente sanare la situazione degli appalti in Calabria, la quale, come è noto, è inquinata da forti e ramificate infiltrazioni mafiose.
Sottolinea pertanto che forse è vero che il provvedimento in esame non è in grado di risolvere tutti i problemi delle sedi disagiate, ma appare chiaro che per risolvere tale problema e, più in generale, i problemi della giustizia, occorre anche una volontà in tal senso del Consiglio Superiore della Magistratura.
Si associa quindi alle preoccupazione espresse dall'onorevole Samperi circa l'eliminazione dei riferimenti geografici per

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l'individuazione delle sedi disagiate. Se è vero, infatti, che non tutte le sedi disagiate si trovano nelle regioni del Mezzogiorno, è altrettanto vero che moltissimi uffici giudiziari del sud presentano dei caratteri che consentono identificarli oggettivamente e inequivocabilmente come sedi disagiate.
Quanto alla tematica dell'assegnazione nelle sedi disagiate dei magistrati di prima nomina, esprime perplessità sull'opportunità che costoro rivestano tali ruoli. Condivide pertanto sotto questo profilo la posizione del Governo, come indicata nell'articolo 1, comma 4 del provvedimento in esame, ritenendo che la stessa sia ragionevole e non dettata da alcun tipo di pregiudizio. Soffermandosi sulla documentazione presentata dall'Associazione nazionale dei magistrati, rileva che il caso della procura di Locri, qualificata come «disagiata», sia emblematico. In quella procura, presso la quale pendono procedimenti penali estremamente delicati, tutti i magistrati assegnati hanno meno di cinque anni di servizio. Non sembra quindi avere alcun senso assegnare a quell'ufficio giudiziario ulteriori magistrati dì prima nomina occorrendo, al contrario, una guida e un supporto di esperienza.

Antonio DI PIETRO (IdV) invita il Governo a chiarire quanto prima se vi sia una sostanziale possibilità di emendare il provvedimento, consentendo al Consiglio Superiore della Magistratura di assegnare alle sedi disagiate magistrati di prima nomina, in casi di acclarata necessità. Chiede altresì di precisare se le funzioni che non possono essere svolte dai magistrati di prima nomina in base all'articolo 1, comma 4 del provvedimento in esame, possano invece essere svolte da magistrati onorari. Chiede, infine, al Governo di fornire l'esatto numero dei magistrati fuori luogo, indicando in dettaglio quelli assegnati al Ministero delle giustizia e quanti di essi rivestono incarichi che debbano essere obbligatoriamente svolti da magistrati.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO, dopo aver illustrato il percorso che ha portato dagli anni settanta alla fine degli anni novanta alla attuale disciplina normativa in materia di sedi disagiate, ricordando come le prime misure per assicurare la copertura di tali sedi sono state adottate dal Consiglio superiore della magistratura in riferimento a uffici giudiziari del Piemonte, della Lombardia e del Veneto, sottolinea la necessità di convertire in legge il decreto-legge in esame, alla luce delle modifiche all'ordinamento giudiziario introdotte nella scorsa legislatura in riferimento al divieto di destinare a svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o il giudice per le indagini preliminari o di giudice dell'udienza preliminare magistrati che non abbiano ancora conseguita la prima valutazione di professionalità. La disciplina contenuta nel decreto-legge in esame si basa proprio su tale norma, la cui ratio deve essere individuata non tanto nell'esigenza di affidare determinati incarichi solamente a magistrati che abbiano acquisito una esperienza pratica, quanto piuttosto nell'esigenza di far svolgere le predette funzioni a quei magistrati che attraverso il lavoro abbiano acquisito come proprie le regole del contraddittorio, della valenza della prova e, in sostanza, della legalità. Ricorda che sul testo originario del decreto-legge il Consiglio superiore della magistratura ha espresso parere favorevole. Non concorda con l'ipotesi di inserire una norma residuale diretta a derogare il predetto divieto introdotto nella scorsa legislatura nella ipotesi in cui, attraverso la disciplina del decreto-legge in esame, non sia possibile coprire tutte le sedi disagiate. Considerato che una deroga in tal senso non servirebbe a risolvere il problema, sarebbe più corretto eventualmente sopprimere la disposizione che impedisce di utilizzare i magistrati di prima nomina per lo svolgimento di qualsiasi funzione giudiziaria. Non condivide le critiche sugli incentivi economici previsti dal provvedimento in esame, ritenendo che questi siano adeguati.
Rispondendo all'onorevole Di Pietro, rileva che attualmente risultano essere collocati fuori ruolo 232 magistrati, riservandosi di dare una risposta più precisa nel seguito dell'esame. In ordine alle critiche mosse alla disposizione che consente

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al Presidente del Consiglio di modificare il riparto delle quote destinate al Ministero della giustizia e al Ministero dell'interno, sottolinea come si tratti di ipotesti di assoluta eccezionalità, legate comunque ad esigenze proprie della giustizia o della sicurezza.
In relazione alla disposizione che elimina il limite dell'età di collocamento a riposo per poter assumere incarichi apicali, rileva che tale modifica è diretta a ribadire il principio secondo cui il magistrato che ha subìto un processo, che si è poi risolto in una sentenza di proscioglimento pieno, ha gli stessi diritti di chi non ha avuto la sfortuna di subire un processo ingiusto. La predetta disposizione si limita a consentire a tali soggetti di poter concorrere al conferimento di incarichi apicali. A seguito della riforma dell'ordinamento giudiziario, l'esito del concorso dipenderà dalla valutazione anche sul merito da parte del Consiglio superiore della magistratura.

Antonio DI PIETRO (IdV), con riferimento alla questione dei magistrati fuori ruolo, chiede al rappresentante del Governo di fornire alla Commissione dati dai quali si possa evincere se sia o meno razionale consentire a 232 magistrati di essere fuori ruolo nonostante l'organico della magistratura non sia coperto, nonché quanti tra gli incarichi conferiti, compresi quelli inerenti al Ministero della giustizia, debbano essere per legge attribuiti a magistrati. Invita inoltre il Governo a fornire i nominativi dei magistrati fuori ruolo.

Giulia BONGIORNO, presidente, in relazione alla richiesta di dati e di informazioni formulata dall'onorevole Palomba ai sensi dell'articolo 79, comma 6, del Regolamento, ritiene che questa sia palesemente inerente alla materia oggetto del disegno di legge in esame e che i dati e le informazioni richiesti siano essenziali per l'istruttoria legislativa. Invita pertanto il rappresentante del Governo a fornire i predetti dati in tempo utile per la seduta che si terrà martedì 28 ottobre prossimo. Ritiene che sarebbe opportuno che per quella occasione siano forniti anche i dati richiesti dall'onorevole Di Pietro in ordine ai magistrati fuori ruolo.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di pedofilia.
C. 665 Lussana, C. 1155 Bongiorno, C. 1305 Pagano, C. 205 Cirielli, C. 1361 Mazzocchi, C. 1522 Palomba, C. 1672 Veltroni e C. 1344 Barbareschi.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 21 ottobre 2008.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che nella seduta di martedì scorso, 21 ottobre, è stata unanimemente ravvisata l'esigenza di accelerare l'esame dei provvedimenti in tema di pedofilia, considerata l'estrema gravità di un fenomeno che, come ha ricordato in quella seduta l'onorevole Barbareschi, è in continua espansione. D'altronde, nella prima riunione della legislatura dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti di Gruppo, all'unanimità fu accolta la sua proposta di considerare i temi della pedofilia, della violenza sessuale e delle molestie insistenti come le priorità della Commissione Giustizia. Pertanto, come già preannunciato nella scorsa seduta, oggi si potrebbe concludere l'esame preliminare e costituire un Comitato ristretto al quale affidare il compito di elaborare un testo unificato.
Riguardo all'effettuazione di alcune audizioni di esperti della materia, comunica di avere preso contatto con il dottor Domenico Vulpiani, direttore del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, che si occupa di prevenzione e repressione dei reati di pedofilia. Anche in considerazione degli impegni internazionali del dottor Vulpiani, essendo la pedofila un fenomeno transnazionale, l'audizione è stata fissata martedì 4 novembre prossimo.
Invita i rappresentanti dei gruppi ad indicare le altre audizioni che si ritengono

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indispensabili per l'istruttoria legislativa. Ritiene opportuno evitare che l'esame in sede referente, finalizzato all'approvazione di un testo di legge per contrastare la pedofilia, si trasformi in una sorta di convegno permanente sul tema della pedofilia, che potrebbe essere interessante sotto il profilo scientifico, ma che trasformerebbe il lavoro della Commissione in una sterile analisi di fenomeni criminali. Per acquisire dati ed informazioni si potrebbe utilizzare lo strumento delle audizioni solo quando il confronto diretto con l'esperto della materia sia ritenuto indispensabile per l'approfondimento dell'istruttoria legislativa. Negli altri casi si potrebbero chiedere agli esperti documentazioni e note di sintesi, che verrebbero poi messe a disposizione della Commissione.
Prima di dare la parola a chi voglia intervenire, sottopone alla Commissione una questione sulla opportunità di abbinare alle proposte in esame alcune proposte che non attengono direttamente al tema della pedofilia, ma che sono strettamente attinenti ad esso. Si riferisce alla introduzione nell'ordinamento di uno specifico reato volto a punire il sequestro di minori, non per fini estorsivi. Tale materia è stata da ultimo modificata inasprendo opportunamente le pene dal cosiddetto decreto sicurezza. Potrebbe comunque essere opportuno valutare se tale normativa meriti di essere ulteriormente migliorata. Propone, pertanto, di abbinare alle proposte di legge in esame la proposta di legge C. 292 Jannone, recante l'introduzione dell'articolo 605-bis del codice penale, in materia di sequestro di persona di età minore di dodici anni e, non appena sarà assegnata alla Commissione Giustizia, la proposta di legge C. 1657 Mannucci, recante modifiche al codice penale in materia di sequestro di minorenne.

Angela NAPOLI (PdL), relatore, dichiara di essere favorevole all'abbinamento proposto dal Presidente, rilevando che la materia del sequestro di persona di minorenni è contenuta nella proposta di legge C. 1344 presentata dall'onorevole Barbareschi.

Antonio DI PIETRO (IdV) dopo aver dichiarato di essere favorevole all'abbinamento proposto dal Presidente, sottolinea in via generale l'esigenza che la Commissione Giustizia esamini anche le diverse proposte di legge in materia di giustizia che il suo gruppo ha presentato.

Giulia BONGIORNO, presidente, replica all'Onorevole Di Pietro, rilevando che la programmazione dei lavori della Commissione spetta all'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, tenendo peraltro conto che una quota delle materie all'esame della Commissione è riservata ai gruppi di opposizione.

Manlio CONTENTO (PdL) dichiara di essere favorevole all'abbinamento proposto dal relatore, nonché sull'esigenza di razionalizzare le audizioni, al fine di evitare di appesantire inutilmente i lavori della Commissione.

Roberto RAO (UdC), riservando si di intervenire nel corso dell'esame preliminare, dichiara di essere favorevole all'abbinamento proposto dal relatore e si riserva di indicare i nominativi dei soggetti che il suo gruppo chiederà di sentire in materia di pedofilia.

Giulia BONGIORNO (PdL), dopo aver preso atto della volontà della Commissione di abbinare alle proposte di legge in esame la proposta di legge C. 292 Jannone, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di violenza sessuale.
C. 611 Caparini, C. 666 Lussana, C. 817 Angela Napoli, C. 924 Pollastrini, C. 688 Prestigiacomo, C. 574 De Corato, C. 952 Pelino e C. 1424 Governo.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 19 settembre 2008.

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Giulia BONGIORNO, presidente rileva che, così come la pedofilia, il contrasto alla violenza sessuale rappresenta una delle priorità della Commissione Giustizia. Ritiene che anche in questo caso si possa, in tempi brevi, passare alla costituzione di un Comitato ristretto al quale affidare il compito di elaborare un testo unificato. In relazione alle audizioni da svolgere vale quanto detto per la pedofilia: si potranno svolgere quelle strettamente necessarie e, per il resto, si chiederà la documentazione. Occorre evitare, infatti, di cadere nell'errore di trasformare la Commissione in una sede congressuale permanente. Errore che in temi che hanno una forte e naturale ricaduta emotiva è facile commettere.
Pertanto, avverte che martedì prossimo si concluderà l'esame preliminare per poi eventualmente costituire il Comitato ristretto. Nel frattempo invita i rappresentanti dei Gruppi ad indicare alla Presidenza i soggetti la cui audizione è ritenuta indispensabile per il prosieguo dell'esame.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di reati ministeriali.
C. 891 Consolo.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 21 ottobre 2008.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che il 2 ottobre scorso l'onorevole Costa ha svolto la relazione sul provvedimento in esame. Ritiene opportuno segnalare che il 20 ottobre scorso la Corte Costituzionale ha rinviato a nuovo ruolo la trattazione del conflitto d'attribuzione che è stato sollevato dalla Camera dei deputati nella scorsa legislatura proprio sulla disposizione che è oggetto del provvedimento medesimo. Tale rinvio è stato effettuato in considerazione che presso questa Commissione è stato avviato l'esame di una proposta di legge che verte sulla stessa questione oggetto del conflitto. Si tratta di una prassi della Corte di sospendere la trattazione di cause quando è in corso un iter legislativo volto a modificare la norma oggetto del ricorso.

Donatella FERRANTI (PD) chiede che la Commissione senta il professore Alessandro Pace, Presidente dell'Associazione italiana dei costituzionalisti sulle questioni di costituzionalità poste dal provvedimento in esame.

Manlio CONTENTO (PdL), condividendo la richiesta dell'onorevole Ferranti, si riserva, a nome del suo gruppo, di indicare un costituzionalista che la Commissione possa sentire.

Antonio DI PIETRO (IdV), riservandosi di indicare i soggetti da audire, chiede al Presidente quali siano i tempi d'esame del provvedimento. Considerato che questo incide su principi portanti dell'ordinamento costituzionale, come il rapporto tra Parlamento ed autorità giudiziaria, ritiene che debba essere data la possibilità di affrontare in maniera approfondita tutte le diverse questioni che suscita il predetto provvedimento. Sui rapporti tra Parlamento ed autorità giudiziaria, ricorda che già nei primi anni novanta la Corte Costituzionale, respingendo un ricorso per conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti del Tribunale di Milano, ha chiaramente ribadito il principio secondo cui non può spettare al Parlamento il compito di valutare il «fatto di reato».
Rileva che il provvedimento in esame produca sostanzialmente gli stessi effetti sospensivi del processo propri del «Lodo Alfano», in quanto una eventuale inerzia da parte del Parlamento circa la valutazione della natura ministeriale del reato si tradurrebbe in una sospensione sine die del relativo processo.
Conclude sottolineando l'opportunità che la Commissione tenga conto anche della legislazione comparata in materia.

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Giulia BONGIORNO, presidente, replica all'onorevole Di Pietro facendo presente che al momento non è prevista una determinata programmazione dei lavori della Commissione in ordine al provvedimento in esame. Si potrà procedere in tal senso una volta che si saranno svolte le audizioni richieste nella seduta odierna.

Anna Paola CONCIA (PD) ritiene che il provvedimento in esame costituisca una sorta di ripetizione del cosiddetto «lodo Alfano», poiché anch'esso attribuisce un vantaggio privo di qualsiasi giustificazione a pochi e determinati individui. Dopo l'eventuale approvazione del provvedimento in esame, anch'esso impropriamente definito «lodo», la giustizia non sarà più uguale per tutti, in spregio al principio di uguaglianza come sancito dall'articolo 3 della Costituzione. Anche per i reati comuni commessi dai ministri, ormai l'ultima parola spetterà alla Camera o al Senato, ma la storia dimostra che nella sede parlamentare quasi sempre si alzano delle impenetrabili barriere protettive a tutela di soggetti per i quali viene chiesta l'autorizzazione a procedere.
Sottolinea inoltre che questo provvedimento, così come si è detto per il «lodo Alfano», non costituisce affatto una priorità per la giustizia, che versa in una situazione estremamente difficile, né più in generale per il Paese. In sostanza, nessuno ne sentiva il bisogno, se non una ristrettissima cerchia di individui.
Evidenzia come questa proposta di legge sia una fin troppo evidente dimostrazione di come una certa parte politica non abbia a cuore il bene comune, l'interesse di tutti, ma utilizzi il potere esclusivamente per interessi individuali, se non addirittura privati. Eppure non si sente più parlare della cosiddetta «casta», come se da qualche mese questa non esistesse più.
Conclude ribadendo che la violazione dei principi basilari della Costituzione che si intende perpetrare col provvedimento in esame è troppo grande, troppo evidente, per non fare ragionevolmente presagire che questa maggioranza rimarrà presto vittima delle sue stesse macchinazioni.

Antonio DI PIETRO (IdV) preannuncia la presentazione in Assemblea di una pregiudiziale di costituzionalità, che avrà per oggetto la violazione delle prerogative che la Costituzione riconosce alla magistratura in ordine alla valutazione dei fatti di reato nonché alla loro qualificazione giuridica. Inoltre ritiene che la Commissione dovrà valutare attentamente la disciplina transitoria del provvedimento in esame, che consente di applicare le modifiche introdotte ai processi in corso. A tale proposito, ritiene necessario che la Commissione abbia ben chiaro quali siano i processi pendenti ai quali si potrebbe applicare il provvedimento in esame.

Rita BERNARDINI (PD) ricorda che in materia di reati ministeriali, grazie all'iniziativa referendaria dei radicali, il popolo italiano si è già espresso sopprimendo nel 1987 la Commissione Inquirente. Oggi attraverso la proposta di legge in esame si interviene nuovamente in una materia che ha trovato una nuova disciplina costituzionale nella nuova formulazione dell'articolo 96 della Costituzione e nella legge n. 1 del 1989, attuata dalla legge che la proposta in esame intende modificare. Rispetto a quest'ultima sottolinea la necessità di valutare in primo luogo se la nuova disciplina sia conforme al dettato costituzionale. Non condivide invece il metodo con cui è stata inserita nel calendario della Commissione, in maniera sin troppo repentina, la proposta di legge in esame. Sul merito, esprime forti perplessità sulla normativa transitoria, di cui all'articolo 2, comma 1. Tale disposizione, in contrasto con il principio secondo il quale la legge deve disporre per il futuro, stabilisce la natura retroattiva della disciplina prevista dal provvedimento in esame, suscitando il forte sospetto che si tratti di una norma ad personam. Preannuncia pertanto un emendamento soppressivo volto a sopprimere la predetta disposizione transitoria nonché, in via subordinata, di un emendamento modificativo diretto a porre l'apertura del dibattimento come limite oltre il quale il provvedimento in esame non potrebbe essere applicato ai procedimenti in corso.

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Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di azione risarcitoria collettiva.
C. 410 Contento.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 2 ottobre 2008.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che il 2 ottobre scorso, l'onorevole Lo Presti ha svolto la relazione sul provvedimento in esame e che, da allora, quando il provvedimento è stato inserito all'ordine del giorno, non sono risultati iscritti a parlare. Invita quindi chi vi abbia intenzione ad intervenire.

Mario CAVALLARO (PD) dopo aver sottolineato l'importanza della disciplina della class action per la tutela dei diritti del consumatore, rileva che forse il relatore ha eccessivamente sottolineato l'asserita scarsa qualità dell'attuale disciplina sulle azioni collettive, che deriverebbe dall'inserimento della stessa, avvenuto con estrema rapidità, nella Legge finanziaria per il 2008. Tale disciplina, al contrario, appare semplice e nitida, attribuisce la legittimazione a soggetti realmente qualificati ed è applicabile ai contratti per adesione. Caratteristiche, queste ultime, che dovrebbero condurre ad una valutazione del tutto favorevole della stessa. Ritiene pertanto che occorra decidere preliminarmente cosa fare della normativa attuale, che sta per entrare in vigore. Quanto al provvedimento in esame, rileva come lo stesso si ponga in una prospettiva molto diversa da quella della disciplina attuale, introducendo norme che appaiono farraginose, di dubbia efficacia e, quindi, non convincenti. Ritiene quindi preferibile apportare taluni miglioramenti alla normativa esistente, che tutela adeguatamente il consumatore.

Antonino LO PRESTI (PdL) relatore, nel replicare all'onorevole Cavallaro, ricorda che non vi è ancora nessuna proposta di testo base, ma una semplice proposta di legge sulla quale si è aperta la discussione in Commissione. Quanto all'applicazione della disciplina in esame ai contratti per adesione, occorre certamente un'ulteriore riflessione. Rileva, peraltro, che dalle considerazioni dell'onorevole Cavallaro non appare chiaro quali parti della proposta di legge in esame dovrebbero essere espunte. Conclude quindi ribadendo le considerazioni politiche contenute nella sua relazione, sottolineando l'importanza di avere ben chiaro il percorso parlamentare che ha condotto all'approvazione dell'attuale disciplina dell'azione collettiva.

Giulia BONGIORNO, presidente, considerato che non vi sono altri iscritti a parlare, secondo quanto appena preannunciato in relazione ai reati ministeriali, avverte che martedì prossimo si chiuderà l'esame preliminare, se anche per allora non vi saranno altri iscritti a parlare. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.25.