CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 luglio 2008
44.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 29 luglio 2008. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 9.35.

Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona.
C. 1519 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Mario PESCANTE, presidente, ricorda che la Commissione affari esteri concluderà l'esame del provvedimento alle ore 15 e che pertanto la XIV Commissione è chiamata ad esprimersi nella mattinata odierna. Propone di svolgere subito la discussione generale sul provvedimento e di votare quindi il parere in una seduta da convocarsi alle ore 13.30.

La Commissione concorda.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, illustra i contenuti del provvedimento sottolineando che la ratifica del Trattato di Lisbona, oggi all'esame della XIV Commissione, costituisce un passaggio di estrema importanza per lo sviluppo del processo di integrazione europea. Nel suo complesso, infatti, il trattato sembra fornire gli strumenti per rispondere a gran parte delle questioni cruciali di ordine politico-istituzionale, economico e sociale, che l'Europa deve fronteggiare in questa fase.
Esprime quindi, in via preliminare, la piena condivisione per la tempestiva calendarizzazione, in avvio di legislatura, del

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disegno di legge presso il Senato e per la scelta di approvarlo in via definitiva alla Camera prima della pausa estiva. Indubbiamente, ne discende una limitazione dei tempi per l'esame parlamentare, soprattutto alla Camera. Tuttavia, non va dimenticato che il Trattato è il risultato di un lungo processo di elaborazione politica e tecnica e di una negoziazione complessa che la Camera ed il Senato hanno seguito costantemente nelle ultime legislature. Inoltre, poiché il Trattato di Lisbona riprende in buona parte i contenuti essenziali del Trattato costituzionale, si può affermare la sua parte essenziale e le sue implicazioni sono già state oggetto di un prima ed approfondita valutazione da parte delle Camere come del resto di gran parte dei parlamenti nazionali e delle opinioni pubbliche nazionali. L'urgenza della ratifica è del resto rafforzata dalla considerazione che ben 21 Stati membri hanno completato la procedura di ratifica, e in altri 2 Stati il Parlamento ha approvato il progetto di legge di ratifica, non ancora firmato dal Capo dello Stato.
A questo riguardo, non può omettere una riflessione sull'esito negativo irlandese sul Trattato di Lisbona che fa peraltro seguito a quelli francese e olandese sul trattato costituzionale. Si tratta, indubbiamente, di segnali di malessere profondo che tuttavia, non sembrano fondarsi su un radicale di rigetto dei cittadini nei confronti della costruzione europea quanto piuttosto sulla percezione dell'inadeguatezza dell'assetto attuale dell'UE rispetto alle reali esigenze dei cittadini e del mondo produttivo. Alla base della posizione critica o negativa di molte opinioni pubbliche nazionali verso l'UE sembra porsi, infatti, un paradosso: per un verso, i forti mutamenti economici e sociali su scala globale rendono chiaramente insufficienti i soli interventi a livello nazionale e postulano quindi un'azione efficace su scala europea che sinora è mancata; per altro verso, l'azione dell'UE viene percepita come eccessivamente pervasiva su aspetti dettagliati o secondari e quindi, quale fattore di blocco piuttosto che di promozione della crescita, dello sviluppo e dell'occupazione in Europa. In altri termini, le opinioni pubbliche percepiscono poca Europa laddove ce ne sarebbe più bisogno e troppa Europa laddove, invece, l'azione a livello nazionale, regionale o locale, sarebbe più adeguata. Questo paradosso non è altro che il frutto del mancato adeguamento della struttura istituzionale, dei principi, degli strumenti e procedure di azione dell'UE a fronte, da un lato, della crescita del numero degli Stati membri, e, dall'altro, del nuovo scenario europeo e mondiale. La necessità di un effettivo e rapido adeguamento dei trattati e di un salto di qualità nell'approccio stesso del processo di integrazione europea è ben presente e condivisa nel dibattito pubblico da oltre un decennio, soprattutto in relazione al processo di allargamento dell'Unione europea. Tuttavia, le ultime modifiche apportate al Trattato dell'UE e al Trattato CE con il trattato di Nizza si sono limitate ad alcuni miglioramenti delle procedure decisionale e all'estensione di talune competenze dell'UE senza tuttavia risolvere i nodi fondamentali: la maggiore legittimazione democratica e trasparenza dell'UE; un assetto istituzionale più razionale e comprensibile con procedure e regole decisionali più rapide ed efficienti; una allocazione di competenze più chiara e adeguata tra il livello europeo e nazionale; una più coerente integrazione nei settori non economici, soprattutto assicurando una tutela più organica ed ampia a diritti e libertà fondamentali.
Questi obiettivi sono stati al centro del lungo e complesso «processo costituente» - avviato dalla dichiarazione sul Futuro dell'UE del Consiglio europeo di Laeken nel dicembre 2001 e culminato nella creazione della Convenzione per il futuro dell'Europa e nel progetto di costituzione da essa elaborato, poi ampiamente confluito nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa firmato a Roma il 29 ottobre 2004. Come è noto, nonostante la ratifica di ben 18 Stati membri, tra cui l'Italia, il Trattato, a seguito dell'esito negativo dei referendum sulla ratifica in Francia e nei Paesi Bassi, non è mai entrato in vigore.

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Tuttavia, anche grazie all'impegno costante del Governo italiano, sia nella XIV sia nella XV legislatura, il processo di riforma dell'UE è ripreso e proseguito sino alla decisione, assunta dal Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007, di convocare una nuova Conferenza intergovernativa, incaricata di elaborare un progetto di Trattato, sulla base di un mandato puntuale volto a salvaguardare la sostanza del trattato costituzionale. La Conferenza intergovernativa, avviata il 23 luglio 2007, si è conclusa il 19 ottobre 2007, predisponendo in tempi rapidissimi il testo del Trattato poi firmato a Lisbona dai Capi di stato e di Governo il 13 dicembre 2007. In tal modo è stato possibile salvaguardare gran parte delle innovazioni prospettate dal Trattato costituzionale e rafforzare anzi alcuni importanti principi e meccanismi che rendono il Trattato di Lisbona la risposta più adeguata ed equilibrata a quegli elementi di criticità richiamati in precedenza.
Rispetto al trattato costituzionale, il Trattato di Lisbona non riproduce alcune significative disposizioni che erano volte a meglio affermare la natura costituzionale, soprattutto sul piano simbolico, ma avevano proprio per questo generato reazioni e timori sproporzionati in alcune opinioni pubbliche nazionali.
In primo luogo, non è più affermato espressamente il principio del primato del diritto dell'Unione, che è invece enunciato in una dichiarazione allegata che richiama la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE in merito alla prevalenza del diritto adottato dall'UE sul diritto degli Stati membri. Ciò non pregiudica in alcuna misura l'effettiva portata e applicazione del principio. In secondo luogo, non viene riprodotta la disposizione sui simboli dell'Unione, che pur significativa sul piano formale - come affermato del resto in una dichiarazione allegata al trattato di Lisbona sottoscritta da 16 Stati membri, tra cui l'Italia - non incide direttamente sulla capacità e la natura dell'azione dell'UE. Sono poi stati abbandonati i termini «Ministro degli esteri dell'UE» e quelli «legge» e «legge-quadro europea» per gli atti normativi dell'Unione, che manterranno le attuali denominazioni regolamento, direttiva e decisione. Tuttavia, in entrambi i casi le innovazioni previste dal trattato costituzionale sono nella sostanza fatte salve, come meglio si dirà. L'ambizione del Trattato firmato a Roma nell'ottobre 2004 di dare una costituzione all'Europa sembra dunque abbandonata, sul piano delle dichiarazioni formali e dei simboli; non sembra invece pregiudicata la carica innovatrice del processo costituzionale e la sua capacità di rispondere a quelle domande di maggiore democraticità, trasparenza, efficienza. Particolarmente significativi sono, in quest'ottica alcuni aspetti del Trattato di Lisbona sui quali merita soffermarsi ai fini dell'espressione del parere della XIV Commissione: la struttura dell'Unione, i suoi valori ed obiettivi, il consolidamento della tutela di diritti e libertà fondamentali, l'affermazione di una ripartizione di competenze più chiara e razionale tra livello UE e livello nazionale, riconoscendo anche il ruolo di autonomie regionali e locali, il rafforzamento in questo contesto del ruolo dei parlamenti nazionali, la definizione di un assetto istituzionale più razionale e di procedure decisionali più efficienti.
Con riguardo al primo aspetto, il Trattato opera una forte semplificazione della struttura istituzionale dell'UE, che è il presupposto imprescindibile per assicurare che essa operi in modo più trasparente, comprensibile, coerente. Si prevede, infatti, l'attribuzione della personalità giuridica unica all'UE che assorbirà la Comunità europea, determinando l'unificazione degli attuali tre pilastri e assumerà la soggettività giuridica internazionale, con la connessa competenza di stipulare in quanto tale accordi con gli Stati terzi e le organizzazioni internazionali. Questo effetto di semplificazione è senz'altro attenuato dal fatto che, a differenza del Trattato costituzionale, il Trattato di Lisbona non prevede l'abrogazione dei Trattati vigenti e la loro sostituzione con un unico testo, ma si configura - in linea con le modifiche fin qui realizzate dei Trattati di Roma - come un trattato di modifica dei trattati vigenti: il Trattato sull'Unione europea

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(TUE) e il Trattato che istituisce una Comunità europea (TCE), quest'ultimo rinominato Trattato sul funzionamento dell'Unione (TFUE). La lettura dei trattati resterà quindi complessa ed articolata, soprattutto per i non addetti ai lavori. Un secondo punto di considerevole importanza consiste nell'attribuzione di valore giuridicamente vincolante alla Carta dei diritti fondamentali, sebbene essa non sia compresa nel testo Trattato: a differenza di quanto previsto dal trattato costituzionale che integrava la Carta nella sua seconda parte. Inoltre, il Trattato di Lisbona contiene una base giuridica per l'adesione dell'Unione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Si crea così un quadro propriamente costituzionale di diritti e libertà civili - sinora richiamati solo in via generale dall'articolo 6 del Trattato UE - che assicura un livello minimo di tutela, anche giurisdizionale per tutti i cittadini e le persone residenti o stabilite nell'Unione europea. Si tratta sicuramente di un passo decisivo verso una dimensione dell'integrazione europea oltre gli aspetti direttamente economici.
Non secondarie sono le modifiche apportate dal Trattato al preambolo e agli obiettivi e ai valori dell'UE. Anzitutto, viene ripreso il primo considerando del preambolo del Trattato costituzionale che fa riferimento alle «eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della democrazia, dell'uguaglianza, della libertà e dello Stato di diritto». L'Unione si impegna, inoltre, a rispettare l'identità nazionale dei suoi Stati membri legata alla loro struttura fondamentale, compreso il sistema delle autonomie regionali e locali e le funzioni essenziali dello Stato. Tra i valori su cui si fonda l'Unione sono poi inclusi: rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto, diritti umani, diritti delle minoranze. Tali valori sono indicati come patrimonio comune in una società caratterizzata da pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia, solidarietà e parità tra donne e uomini. Oltre alla riformulazione degli obiettivi dei trattati vigenti, il Trattato di Lisbona ne introduce di nuovi, tra i quali il rispetto della diversità culturale e linguistica e la salvaguardia del patrimonio culturale europeo. Queste disposizioni riaffermano e precisano un punto fondamentale: la costruzione europea non è il frutto di un'idea astratta o elitaria, non mira a comprimere o addirittura a sostituire stati nazionali e autonomie, ma è costruita e va ulteriormente sviluppata intorno ai valori ed obiettivi condivisi della civiltà europea da cui e nata e nella misura in cui ne assicura il rispetto e la promozione. Un terzo aspetto chiave del Trattato di Lisbona è l'introduzione di una più chiara ripartizione delle competenze tra Unione europea e Stati membri. In primo luogo, rispetto ai trattati vigenti, non ci si limita a ribadire che l'Unione agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite dagli Stati membri nei trattati, ma si precisa che qualsiasi competenza non attribuita all'Unione appartiene agli Stati membri.
Nell'ambito della procedura di revisione ordinaria dei trattati si prevede poi che il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati, non solo al fine di accrescere ma anche di ridurre le competenze attribuite all'Unione nei trattati. Tale ultima previsione non era contenuta nel Trattato costituzionale. Le competenze, come già previsto dal Trattato costituzionale, sono poi articolate in tre grandi categorie: esclusive dell'UE che sono elencate in modo esaustivo, concorrenti, elencate in modo esemplificativo, azioni di sostegno, di coordinamento o di completamento che l'Unione può condurre rispetto all'azione degli Stati membri, senza tuttavia sostituirsi alla loro competenza, anch'esse elencate in modo esaustivo. L'elencazione delle competenze, pur non priva di alcune asimmetrie e aporie, ha il merito innegabile di rendere più chiaro e intellegibile l'ambito di azione dell'UE per i cittadini, e di consentirne anche un più agevole controllo politico e giurisdizionale, soprattutto rispetto alle

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competenze nazionali. A tal fine sarà importante continuare ad assicurare il rispetto dei due princìpi cui è sottoposto l'esercizio delle competenze, già previsti dai trattati vigenti: sussidiarietà, il cui rispetto garantito anche dai parlamenti nazionali sia in via preventiva che successiva, e proporzionalità.
Per quanto attiene alle istituzioni dell'UE il trattato di Lisbona reca numerose innovazioni intese a rendere più chiare, efficienti e razionali la struttura, la composizione e le attribuzioni di ciascuna Istituzione. In primo luogo, sottolinea l'ulteriore rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo che consegue soprattutto alla configurazione della attuale codecisione quale procedura legislativa ordinaria applicabile ad oltre il 90 per cento delle basi giuridiche previste dai trattati. Ciò assicurerà una maggiore legittimazione democratica e trasparenza nei meccanismi di adozione della quasi totalità della legislazione comunitaria. Una seconda importante innovazione, che conferma quanto previsto dal Trattato costituzionale, è l'inclusione del Consiglio europeo tra le istituzioni, con una serie di specifiche attribuzioni, non limitate alla definizione degli orientamenti politici generali, ma anche all'adozione di atti, alcuni dei quali di carattere costituzionale. Il Consiglio europeo sarà presieduto da un presidente eletto per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una sola volta; viene meno quindi il sistema di rotazione semestrale al fine di assicurare la stabilità nella presidenza dell'Unione a livello di Consiglio europeo. Il Presidente assicurerà la preparazione e la continuità dei suoi lavori in cooperazione con il Presidente della Commissione europea; si adopererà per facilitare la coesione e il consenso in seno al Consiglio europeo e assicurerà al suo livello la rappresentanza esterna dell'UE per le materie relative alla PESC, fatte salve le responsabilità dell'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Invece, il Consiglio dei ministri, ad eccezione del Consiglio affari esteri, continuerà ad essere presieduto a rotazione dai rappresentanti dei Governi dei paesi membri, secondo il principio di rotazione paritaria conformemente alle modalità fissate a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo e già definite in un progetto di decisione sull'esercizio della Presidenza - contenuto in una dichiarazione allegata al Trattato - che sarà adottato dal Consiglio europeo il giorno dell'entrata in vigore del Trattato. Tale progetto prevede che la Presidenza sia esercitata da gruppi predeterminati di 3 Stati membri (composti tenendo conto della diversità degli Stati membri e degli equilibri geografici in seno all'Unione) per un periodo di 18 mesi. Il Consiglio affari esteri sarà presieduto in modo stabile dall'Alto rappresentante che assommerà le funzioni svolte dall'attuale Alto rappresentante e quelle di Vice presidente della Commissione titolare del portafoglio delle relazioni esterne. Se la presenza di un Presidente stabile dell'UE risponde alla preoccupazione di rendere identificabile e unitaria la rappresentanza dell'Unione, soprattutto sullo scenario internazionale, la «coabitazione» tra una doppia presidenza, del Consiglio europeo e del Consiglio, unitamente poi alle prerogative del Presidente della Commissione europea e a quelle dell'Alto rappresentante per la politica estera costituirà un elemento di forte complessità e potenziale conflitto. Di questi aspetti occorrerà tenere conto con estrema attenzione all'atto della scelta della persone che dovranno ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio europeo, Presidente della Commissione e Alto rappresentante. Quest'ultima figura istituzionale non va sottovalutata: essa permetterà di inquadrare gli strumenti e le risorse umane e finanziarie per le relazioni economiche esterne di cui oggi dispone la Commissione europea in un contesto politico e diplomatico. Il nuovo Alto rappresentante si avvarrà, infatti, di un servizio europeo per l'azione esterna, un vero e proprio Servizio diplomatico comune, composto di funzionari delle istituzioni europee e personale distaccato dei servizi diplomatici nazionali.
Per quanto attiene alla Commissione europea, il collegio continuerà a essere

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composto da un commissario per ciascun stato membro sino al 2014, e quindi per tutta la durata del mandato della nuova Commissione che sarà nominata dopo le elezioni del Parlamento europeo del 2009. Dal 2014, il collegio dei commissari sarà composto da un numero di membri pari ai due terzi degli stati membri, scelti sulla base di un sistema di rotazione paritaria per quanto concerne la determinazione dell'avvicendamento e del periodo di permanenza dei loro cittadini in seno alla Commissione (lo scarto tra il numero totale dei mandati di cittadini di due Stati membri non può mai essere superiore ad uno); La composizione della Commissione dovrà riflettere in maniera soddisfacente la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri dell'Unione.
L'attuazione del meccanismo di rotazione andrà seguita dal Parlamento con particolare attenzione; anche alla luce del rilievo che la questione ha avuto, tra l'altro, nel dibattito che ha preceduto e seguito il referendum irlandese, è evidente che si tratta di profili tutt'altro che secondari.
Per quanto concerne le procedure decisionali, si è già accennato alla importanza della configurazione della codecisione quale procedura legislativa ordinaria che si accompagna anche alla introduzione di una chiara distinzione tra procedure legislative e non legislative nonché alla espressa distinzione tra la delega legislativa e l'esercizio delle competenze esecutive, la cui titolarità è espressamente riconosciuta in capo agli Stati membri, salvo casi specifici. Oltre ad accrescere la legittimità democratica della normativa dell'Unione, queste modifiche ridurranno il «labirinto decisionale» che caratterizza attualmente l'esercizio delle competenze dell'UE, costituendo fattore di opacità, complessità e inefficienza. Indubbiamente, la mancata ridenominazione degli atti legislativi come legge e legge quadro, che era prevista dal trattato costituzionale, ridurrà l'effetto di semplificazione.
Un'altra fondamentale novità nel processo decisionale è costituita dall'ulteriore riduzione degli ambiti di materia rimessi al voto all'unanimità nonché alla modifica dei criteri per il calcolo della maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Si passerà, infatti, dall'attuale ponderazione dei voti di ciascuno Stato membro a un sistema di «doppia maggioranza», pari al 55 per cento dei membri del Consiglio e cioè 15 Stati in un'Europa a 27 che rappresentino al contempo il 65 per cento della popolazione europea. Si tiene così conto sia del numero degli Stati che del loro peso demografico. Per evitare che gli Stati più popolosi possano bloccare le decisioni del Consiglio si prevede tuttavia previsto che un'eventuale minoranza di blocco debba almeno includere quattro Stati. Peraltro, sino al 2014 o addirittura sino al 2017 se uno stato membro ne farà richiesta, si continuerà a utilizzare il sistema di voto vigente.
Il trattato di Lisbona riproduce poi la clausola evolutiva generale (clausola «passerella»), già contenuta nel Trattato costituzionale, che consente al Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo, di estendere ulteriormente la procedura legislativa ordinaria ed il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano procedure legislative speciali o il voto all'unanimità, a condizione che nessun Parlamento nazionale presenti obiezioni entro sei mesi dalla trasmissione di una iniziativa in tal senso assunta dal Consiglio europeo.
Per quanto concerne invece il settore della sicurezza sociale e della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, il Trattato prevede - riprendendo analoghe disposizioni contenute nel Trattato costituzionale - il meccanismo del cosiddetto «freno di emergenza»: qualora un membro del Consiglio ritenga che una proposta incida su aspetti fondamentali del suo sistema di sicurezza sociale o del suo ordinamento giudiziario penale, può sospendere l'iter di approvazione chiedendo che sia sottoposta al Consiglio europeo. Esso dispone di quattro mesi per rinviare la proposta al Consiglio dell'UE o chiedere che venga presentata una nuova proposta. In caso di mancata decisione del

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Consiglio europeo entro il termine stabilito, un terzo degli Stati membri può istituire una cooperazione rafforzata.
In sostanza, il Trattato per un verso ha ridotto il potere di veto degli Stati membri, ampliando o prevedendo il possibile ulteriore ampliamento dell'ambito del voto al maggioranza; al tempo stesso, ha previsto meccanismi che consentono ai Governi o direttamente ai Parlamenti nazionali di «bloccare» fughe in avanti che fossero lesive di propri importanti interessi nazionali. Molto significativa è la maggiore apertura alla possibilità di ricorrere allo strumento delle cooperazioni rafforzate. L'autorizzazione a procedere ad una cooperazione rafforzata è accordata dal Consiglio dei ministri, a condizione che vi partecipino almeno 9 Stati membri, attualmente un terzo del totale. Riprendendo una disposizione già prevista dal Trattato costituzionale, il Trattato di Lisbona contiene una specifica clausola passerella volta a consentire, con decisione all'unanimità, il passaggio dall'unanimità al voto a maggioranza qualificata o da una procedura legislativa speciale alla procedura legislativa ordinaria nell'ambito di una cooperazione rafforzata (ad esclusione delle decisioni che hanno implicazioni militari o di difesa). In sostanza, se gli Stati non vorranno andare tutti insieme, vi sarà la possibilità, su certe politiche, che gruppi «pionieri» possano procedere verso forme più avanzate di integrazione, come del resto già avvenuto sinora in settori di estrema importanza.
Sempre in relazione al processo decisionale europeo, molto significative e fortemente innovative sono anche le disposizioni relative alla partecipazione dei cittadini e all'iniziativa legislativa popolare. Il Trattato introduce, infatti, un nuovo articolo relativo alla partecipazione dei cittadini, nel quale, oltre a disposizioni volte a promuovere un dialogo aperto, trasparente e regolare tra le istituzioni dell'Unione europea e i cittadini e le associazioni rappresentative ed ampie consultazioni delle parti sociali da parte della Commissione è contenuta la previsione dell'iniziativa legislativa popolare. Si stabilisce poi che un milione di cittadini europei, provenienti da un rilevante numero di Stati membri possono invitare la Commissione a presentare una proposta legislativa. Le condizioni e le procedure per l'esercizio dell'iniziativa popolare, incluso il numero minimo di Stati membri cui devono appartenere i cittadini promotori, saranno disciplinate da un regolamento adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Queste previsioni riconoscono per la prima volta espressamente un ruolo dei cittadini e dei corpi intermedi nella formazione delle politiche e della normativa dell'UE. Al di là dell'effettivo impatto che esse avranno, si tratta di un mutamento non trascurabile nella prospettiva stesa del processo di integrazione europea, coerente con quanto si è già detto in merito alla ridefinizione di valori ed obiettivi del processo di integrazione in modo più aderente alla identità e alla realtà culturale e sociale dei cittadini europei.
Con riguardo alle politiche dell'UE, il trattato di Lisbona provvede, per un verso, a meglio definire l'ambito e gli strumenti di attuazione di alcune politiche e introduce, per altro verso, basi giuridiche espresse per settori in cui l'azione dell'UE non era sinora prevista o veniva esercitata fondandosi sulla clausola di attribuzione sussidiaria di poteri di cui all'articolo 308 del Trattato CE.
In questo contesto, segnala anzitutto, per le notevoli implicazioni e il forte valore anche simbolico, la graduale definizione di una politica di difesa comune dell'UE che avrà una propria capacità operativa, fondata sul ricorso a mezzi civili e militari, attraverso i quali essa potrà svolgere missioni al suo esterno. Gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto tra loro impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni più impegnative potranno instaurare una cooperazione strutturata permanente, i cui criteri sono specificati in un apposito Protocollo allegato al Trattato.
Il Trattato contiene inoltre una clausola di mutua assistenza in caso di aggressione armata subita da uno Stato membro nel

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suo territorio e una clausola di solidarietà tra l'Unione o ogni Stato membro qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o di una calamità naturale o provocata dall'uomo.
Particolare attenzione meritano anche le modifiche introdotte in tema di spazio di libertà, sicurezza e giustizia: anzitutto la procedura legislativa ordinaria si applica l'intera legislazione in tema di asilo e immigrazione e alla cooperazione giudiziaria in materia civile, fatta però eccezione per le misure relative agli aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali, per le quali è prevista unanimità in Consiglio con sola consultazione del Parlamento europeo. Per quanto attiene alla cooperazione giudiziaria in materia penale, si applica la procedura legislativa ordinaria: per il ravvicinamento delle legislazioni penali e regolamentari degli Stati membri tanto sul piano procedurale quanto sul piano del diritto penale materiale, per esempio per l'adozione di norme minime relative alla definizione di alcuni reati gravi e di dimensione transfrontaliera. Resta invece prevista l'unanimità per decidere l'eventuale istituzione, a partire da Eurojust, di una Procura europea, con il compito di combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione. In tema di cooperazione di polizia, infine, vengono introdotte alcune ipotesi di ricorso alla procedura legislativa ordinaria (per quanto concerne, in particolare, lo scambio di informazioni, la formazione e le tecniche investigative comuni), riconfermando tuttavia l'unanimità come regola per la cooperazione operativa tra le autorità di polizia di diversi Stati membri e le condizioni e i limiti entro i quali le autorità competenti degli Stati membri nei settori della magistratura e della polizia possono operare nel territorio di un altro Stato membro.
La riconduzione alla procedura legislativa ordinaria e al voto a maggioranza di questi importanti settori risponde all'esigenza che l'UE definisca azioni condivise rispondendo al bisogno di sicurezza diffuso tra i propri cittadini; al tempo stesso, trattandosi di interventi che possono incidere in alcuni casi direttamente sugli ordinamenti giudiziari degli Stati membri e sui diritti e le libertà individuali, il trattato, come meglio si dirà, prevede strumenti e procedure per un'incisiva azione di controllo e di indirizzo da parte del Parlamento europeo e Parlamenti nazionali.
Tre le altre importanti novità che concernono specifiche politiche meritano di essere segnalate in questa sede: un articolo (articolo 17 del TFUE) che impegna l'UE a rispettare e non pregiudicare lo status delle chiese e delle associazioni o comunità religiose, e delle organizzazioni filosofiche o non confessionali ed a promuovere un dialogo aperto e trasparente con tali organizzazioni (queste disposizioni sono attualmente contenute in una dichiarazione allegata al Trattato di Amsterdam); l'introduzione di una base giuridica (articolo 14 del TFUE) per la definizione di princìpi e condizioni per il funzionamento dei servizi di interesse generale. Allegato al Trattato vi è inoltre un protocollo sui servizi d'interesse generale; l'introduzione di basi giuridiche per l'azione dell'UE nel settore dell'energia, per il turismo, per la politica spaziale europea nonché per l'adozione di azioni di incentivazione e raccomandazioni nel settore dello sport, di cui è riconosciuta la specificità; l'introduzione di un articolo (articolo 152 del TFUE) nel quale si riconosce e si promuove il ruolo delle parti sociali ed il loro dialogo. Viene inoltre riconosciuto il contributo del vertice sociale trilaterale al dialogo sociale; la lotta ai cambiamenti climatici è stata inserita tra gli obiettivi dell'Unione da promuovere a livello internazionale; in materia di politica economica e monetaria, è attribuito alla Commissione il diritto di proposta nell'ambito della procedura in caso di disavanzo eccessivo (secondo i Trattati vigenti la Commissione ha solo un diritto di raccomandazione) e, attraverso un protocollo sull'Eurogruppo, viene dato riconoscimento alle riunioni informali dei ministri degli Stati appartenenti alla zona dell'Euro, prevedendo che essi eleggano un presidente per un periodo di due anni e mezzo;

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nell'ambito delle azioni dell'Unione nel settore della sanità pubblica è stata inserita una base giuridica (articolo 168 del TFUE) per l'adozione di misure per proteggere e migliorare la salute umana, in particolare per lottare contro i grandi flagelli e minacce per la salute a carattere transfrontaliero, e misure il cui obiettivo diretto sia la protezione della sanità pubblica in relazione al tabacco e all'abuso di alcool.
Molto importanti sono le alcune disposizioni finali riguardanti l'appartenenza all'UE e le modifiche dei trattati. Si prevede, anzitutto, espressamente il ritiro volontario dall'Unione: ogni Stato membro può decidere di ritirarsi dall'Unione europea, notificando tale intenzione al Consiglio europeo e negoziando un accordo con l'Unione volto a definire le modalità del suo ritiro.
In secondo luogo, si prevedono importanti novità per la procedura di revisione dei trattati, ferma restando ovviamente l'esigenza che le modifiche siano ratificate da tutti gli Stati membri, in esito ad una Conferenza intergovernativa: si attribuisce anche al Parlamento europeo, oltre che ad uno Stato membro o alla Commissione, il diritto di presentare i progetti di modifica dei Trattati, che, come già ricordato, possono essere mirati ad accrescere o ridurre le competenze dell'UE; si costituzionalizza il metodo della convenzione, stabilendo che la Conferenza intergovernativa, di norma deve essere preparata da una Convenzione composta di rappresentanti dei Parlamenti nazionali degli Stati membri, dei Capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione. Viene in tal modo espressamente ribadito il coinvolgimento di rappresentanti dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo nella predisposizione delle modifiche «costituzionali» dell'UE; si stabilisce che qualora al termine di due anni dalla firma di un trattato di modifica, i quattro quinti degli Stati membri abbiano ratificato detto trattato e uno o più Stati membri abbiano incontrato delle difficoltà nelle procedure di ratifica, è previsto che la questione sia deferita al Consiglio europeo. Si prende in tal modo atto di quanto accaduto in relazione al processo di ratifica del Trattato costituzionale, e ora dello stesso trattato di Lisbona, demandando alla massima istanza politica la individuazione di soluzioni per uscire dall'impasse creata dalla mancata ratifica di uno o più Stati membri.
A chiusura delle principali innovazioni del Trattato, meritano una specifica attenzione le disposizioni relative al ruolo dei parlamenti nazionali che rappresentano la chiave per una lettura complessiva del nuovo equilibrio disegnato dai trattati.
Se è vero che sin dal Trattato di Amsterdam, un apposito protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali è allegato al Tratto UE e al Trattato CE, con il Trattato di Lisbona per la prima volta i parlamenti sono menzionati in seno al trattato UE. Il nuovo articolo 12 del TUE infatti stabilisce che «I parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell'Unione» enunciandone le prerogative poi precisate in altre disposizioni del trattato e dei protocolli. Questa disposizione sembra includere i parlamenti nazionali nella architettura istituzionale dell'UE, quasi come «istituzioni indirette» cui, accanto alle tradizionali competenze di indirizzo e controllo sull'attività europea dei rispettivi Governi e di attuazione del diritto comunitario nei rispettivi ordinamenti, vengono attribuiti poteri di intervento nel processo decisionale europeo.
Il Trattato e i protocolli sul ruolo dei parlamenti nazionali e sui principi di sussidiarietà e proporzionalità prevedono diritti di informazione e trasmissione nonché poteri di intervento sia di carattere generale sia relativi a specifici aspetti e settori. Si prevede, in particolare: la trasmissione diretta ai Parlamenti nazionali, tra l'altro, di documenti di consultazione della Commissione, di tutte le proposte legislative, nonché delle loro modifiche nel corso del procedimento, degli strumenti di programmazione della Commissione; il vincolo a far intercorrere un periodo di otto settimane (tale termine è stato allungato rispetto a quello di sei settimane

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previsto dal Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa) tra la data in cui si mette a disposizione dei parlamenti nazionali, nelle lingue ufficiali dell'Unione, un progetto di atto legislativo e la data in cui questo è iscritto all'ordine del giorno provvisorio del Consiglio ai fini della sua adozione o dell'adozione di una posizione nel quadro di una procedura legislativa; la comunicazione diretta ai Parlamenti nazionali degli ordini del giorno e dei risultati dei lavori del Consiglio; la possibilità per ciascun Parlamento nazionale (o Camera) di sollevare obiezioni, entro un termine di otto settimane (tale termine è stato allungato rispetto a quello di sei settimane previsto dal Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa) dalla data di trasmissione di un progetto, sulla corretta applicazione del principio di sussidiarietà (cosiddetto early warning o allerta precoce) in relazione alle proposte legislative; la facoltà per ciascun Parlamento nazionale (o Camera) di presentare - attraverso la trasmissione effettuata dai relativi Stati membri - un ricorso alla Corte di giustizia per violazione del principio di sussidiarietà. Tale facoltà è peraltro riconosciuta espressamente e opportunamente anche al Comitato delle regioni; l'organizzazione di una efficace e regolare cooperazione interparlamentare definita congiuntamente da Parlamento europeo e Parlamenti nazionali; la notifica dei progetti di modifica del Trattato ai parlamenti nazionali, i cui rappresentati partecipano alla convenzione che prepara i lavori della Conferenza intergovernativa; la trasmissione ai Parlamenti nazionali, nell'ambito della procedura di revisione semplificata, di ogni iniziativa del Consiglio europeo volta ad estendere la procedura legislativa ordinaria ed il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano procedure legislative speciali o il voto all'unanimità (cosiddetta clausola passerella). In caso di opposizione di un Parlamento nazionale, notificata entro sei mesi dalla data di trasmissione, la decisione non è adottata; l'informazione dei parlamenti nazionali in merito alla domanda di adesione proveniente da uno Stato europeo che desideri diventare membro dell'Unione; l'informazione dei Parlamenti nazionali in merito ai risultati della valutazione dell'attuazione delle politiche dell'Unione relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e l'associazione dei Parlamenti nazionali alle valutazioni dell'attività di Eurojust ed al controllo delle attività dell'Europol; l'informazione dei Parlamenti nazionali in merito a proposte su aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali. Se un Parlamento nazionale comunica la sua opposizione entro sei mesi dalla data di tale informazione, la decisione non è adottata (tale disposizione non era prevista dal Trattato costituzionale); infine, i parlamenti nazionali devono essere informati dalla Commissione, nel quadro della procedura di controllo del principio di sussidiarietà, quando essa presenta proposte legislativa sulla base della c.d. clausola di flessibilità.
L'attuazione delle disposizioni relative al ruolo dei parlamenti nazionali costituisce una priorità assoluta per le Camere. A questo fine andrà anche considerata l'opportunità di eventuali intese con le Istituzioni dell'UE e con i parlamenti nazionali in merito all'interpretazione e all'applicazione delle disposizioni del Trattato e dei protocolli.
Nell'analisi del trattato, l'enfasi è solitamente posta sul controllo di sussidiarietà, disciplinato dall'apposito protocollo. Indubbiamente si tratta di una prerogativa importante ai fini del corretto esercizio delle competenze dell'UE, che occorrerà tuttavia esercitare con cautela e misura, evitando che esso assorba tutta l'attenzione e le risorse dei parlamenti nazionali. Altre importanti prerogative sono infatti previste dal Trattato, in particolare con riferimento alle richiamate competenze in materia di valutazione sulle politiche dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
È comunque evidente l'esigenza che, non appena approvata la legge di ratifica del Trattato, la Camera avvii in tempi rapidi una riflessione sull'adeguamento del proprio regolamento ed eventualmente della legislazione in vigore al fine di consentire un pieno ed efficace esercizio delle

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nuove prerogative discendenti dal Trattato. Una particolare attenzione andrà assicurata in questo contesto alla consultazione dei consigli e delle assemblee legislative regionali italiane nell'ambito dell'esame di sussidiarietà, come previsto espressamente dall'articolo 6 del relativo Protocollo. Ciò non risponderà soltanto all'impostazione stessa del trattato di Lisbona e i principi del nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione, ma rafforzerà il ruolo del Parlamento nazionale quale cerniera tra il livello di governo sovranazionale e i livelli di governo regionale e locale.
Andrà altresì tenuto in adeguata considerazione nell'ambito della revisione del regolamento della Camera, l'instaurazione di un rapporto diretto con la Commissione europea anche al fine di consentire l'adozione da parte degli organi parlamentari di osservazioni specificamente e direttamente indirizzate alla Commissione stessa.
Peraltro, un effettivo e sistematico dialogo politico diretto proprio con la Commissione europea potrebbe essere avviato già sulla base delle procedure vigenti. A partire dall'avvio di tale dialogo nel settembre 2006, il Parlamento italiano, come del resto rilevato dal Presidente Barroso nel corso della sua audizione presso le Commissioni esteri e politiche dell'UE di Camera e Senato, si è avvalso in un numero limitato di casi della possibilità di inviare osservazioni alla Commissione europea, a fronte soprattutto di un'intesa attività al riguardo di altri Parlamenti. In tal modo, c'è il rischio che la posizione del Parlamento italiano non sia tenuta in considerazione della Commissione nella predisposizione e considerazione delle sue iniziative regolative.
Più in generale, sarà necessario, anche in vista dell'entrata in vigore del nuovo trattato, che tutti i competenti organi della Camera attivino in modo più sistematico gli strumenti di intervento nella fase di formazione delle politiche e della normativa dell'UE, la c.d. fase ascendente. Un esempio positivo è costituito dall'attenzione che entrambe le camere hanno dedicato subito all'inizio della legislatura alla comunicazione della Commissione europea relativa al processo di Barcellona, con l'approvazione da parte delle commissioni esteri di camera e senato di atti di indirizzo inoltrati anche alla Commissione europea. Si tratta di iniziative quanto mai opportune considerate la rilevanza vitale delle relazioni euro mediterranee per il nostro Paese e le recenti iniziative avviate in materia.
In conclusione, il Trattato di Lisbona sembra costituire un compromesso avanzato tra diverse istanze in grado di consentire una prosecuzione equilibrata del processo di integrazione europea. Se infatti esso rafforza la capacità decisionale delle istituzioni europee, al tempo stesso ne delimita più chiaramente le competenze rispetto a quelle nazionali, e riconosce il ruolo delle autonomie regionali e locali. Alla riduzione del ricorso al voto all'unanimità in seno al Consiglio e quindi del veto dei singoli Stati membri fa da pendant la creazione di una serie di pesi e contrappesi, che coinvolgono spesso direttamente i parlamenti nazionali. Più in generale esso ancora meglio il processo di integrazione europea a valori, diritti e libertà condivise, senza comprimere ma anzi valorizzando le diversità culturali e linguistiche. Se esso rinuncia ad alcuni simboli e al nome di costituzione, esso costituisce nondimeno, il testo costituzionale di riferimento dell'UE.
Per queste ragioni formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Mario PESCANTE, presidente, esprime apprezzamento per la relazione svolta dall'onorevole Gottardo, ricordando che l'Italia è uno dei pochi paesi a non aver ancora ratificato il Trattato e che occorre pertanto pervenire ad una sua sollecita approvazione. Si tratta anche di un'occasione importante per porre il tema all'attenzione dell'opinione pubblica, vista la diffidenza ed il distacco che si registra da parte dei cittadini rispetto alle istituzioni e alle tematiche comunitarie.

Rocco BUTTIGLIONE (UdC), con riferimento alle considerazioni svolte dal relatore, segnala di avere allo studio due

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ipotesi di riforma, l'una relativa alle disposizioni regolamentari della Camera, l'altra riguardante la legge n. 11 del 2005, entrambe volte a rendere più efficace l'intervento parlamentare sulla materia comunitaria.
Si sofferma quindi su tre specifici aspetti.
Il primo riguarda l'opportunità di dare diffusione ad un'idea positiva di Europa. Il Trattato di Lisbona - sempre che si pervenga ad una sua effettiva adozione - offre nuovo impulso alle istituzioni europee; occorre tuttavia sostenere tale spinta, anche prevedendo che siano attribuiti al Dipartimento delle politiche comunitarie adeguati stanziamenti di bilancio. Se, infatti, è necessario che gli italiani conoscano meglio le istituzioni europee ed i valori fondanti dell'Unione, occorre dare adeguati strumenti alle strutture che istituzionalmente di tale compito si devono occupare.
Il secondo aspetto, sul quale richiama l'attenzione dei colleghi, è quello dell'Unione per il Mediterraneo. Deve in proposito osservare come il Vertice svoltosi a Parigi il 13 luglio scorso non possa essere considerato un successo: molte cose interessanti sono state dette ma non si è riusciti ad individuare un percorso chiaro e concretamente percorribile. Si tratta di un tema importante che merita adeguata riflessione.
Si sofferma infine su una terza questione che riguarda l'iter di ratifica del Trattato di Lisbona da parte di alcuni paesi, non ancora portato a compimento. Cita in particolare il caso della Germania, dove l'adozione del Trattato è subordinata ad una pronuncia della Corte costituzionale. Ritiene che la prudenza in ordine all'adozione del Trattato possa essere ricondotta, tra l'altro, anche alle preoccupazioni emerse su temi di particolare delicatezza, quale quello della famiglia. Riterrebbe opportuno sotto tale profilo inserire nel parere della Commissione una precisazione, che chiarisca che con il Trattato di Lisbona il diritto di famiglia è materia che ricade interamente nella sovranità degli Stati membri, essendo previsto che l'Unione possa intervenire in materia solo in caso di decisioni assunte all'unanimità. Si tratta di una precisazione che, a suo avviso, faciliterebbe la comprensione e l'accettazione del Trattato da parte dei cittadini.

Mario PESCANTE, presidente, con riferimento alla questione sollevata dall'onorevole Buttiglione riguardante l'Unione per il Mediterraneo, richiama il documento finale approvato lo scorso 26 giugno dalla Commissione Affari esteri della Camera, nel quale si impegna il Governo a «riaffermare il ruolo dell'Italia nella nuova Unione per il Mediterraneo, a sostenerne con convinzione e determinazione l'istituzione nel Vertice di Parigi e a contribuire attivamente alla redazione di una dichiarazione finale che possa registrare l'unanime consenso dei partecipanti». Osserva in proposito come, effettivamente, malgrado la comunicazione positiva data agli esiti del Vertice di Parigi dalla presidenza francese, non si sia andati oltre l'enunciazione di buone intenzioni. Si sofferma quindi sulla vocazione mediterranea dell'Italia, rilevando come si tratti di un tema che merita particolare attenzione da parte della Commissione e del Governo.
Per quanto concerne poi l'opportunità di un chiarimento in merito al diritto di famiglia, concorda con l'onorevole Buttiglione, sottolineando come tra le motivazioni che vengono individuate per spiegare l'esito negativo del referendum irlandese vi è proprio quella di una scarsa chiarezza sul tema e di un suo recepimento distorto da parte dei cittadini.
Ricorda infine, con riferimento ad eventuali modifiche da apportare alla legge n. 11 del 2005, che l'ufficio di presidenza della Commissione ha deliberato l'avvio di una indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'unione europea, con specifico riferimento all'attuazione della legge n. 11 e alle prospettive di riforma, sulla quale è stata acquisita l'intesa del Presidente della

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Camera e che sarà sottoposta all'approvazione della Commissione nella settimana corrente.

Antonio RAZZI (IdV) esprime apprezzamento per la relazione svolta dall'onorevole Gottardo, rilevando come il Trattato di Lisbona possa essere suscettibile di interventi migliorativi. Si sofferma, in particolare, sul tema delle pensioni e dell'informazione televisiva in ambito europeo. Preannuncia quindi il voto favorevole del proprio gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Sandro GOZI (PD), rinviando alla discussione in Aula una trattazione più ampia delle questioni affrontate dal Trattato di Lisbona, si limita ad alcune considerazioni, che auspica possano trovare riflesso nella proposta di parere del relatore.
Concorda innanzitutto con quanto indicato dall'onorevole Buttiglione in ordine alla necessità di rafforzare gli strumenti informativi sulle tematiche comunitarie, anche mediante opportuni stanziamenti.
Appare altresì importante prevedere l'introduzione di un'apposita sessione parlamentare per l'esame della Legge comunitaria, che offrirebbe l'occasione di un dibattito più ampio e approfondito sui rapporti tra Italia e Unione europea, con evidenti riflessi anche dal punto di vista della comunicazione ai cittadini. Osserva in proposito come occorra modificare una concezione diffusa dell'Europa, vista come istituzione volta unicamente a imporre gli effetti della globalizzazione ai cittadini o a far rispettare le regole della concorrenza. Riterrebbe utile, in tale prospettiva, che nella proposta di parere del relatore fosse sottolineato come una delle cause della crisi dell'Europa è la sua incompiutezza: le istituzioni comunitarie non riescono infatti ad intervenire su nodi politici essenziali quali, ad esempio, l'energia, l'immigrazione o i cambiamenti climatici, e proprio tale limite viene utilizzato per attaccare le istituzioni europee.
La diffusione di una concezione negativa dell'Europa spiega, almeno in parte, l'esito negativo del referendum svoltosi in Irlanda. Si tratta di un risultato che non va sottovalutato e che mostra come sia assolutamente indispensabile, in un'Europa sempre più ampia, avere procedure meno uniformi e più flessibili. Riterrebbe in proposito opportuno introdurre nel parere una considerazione relativa alla necessità di prevedere che, anche ove il processo di ratifica del Trattato non si concludesse in tutti i paesi in senso positivo, le decisioni debbano essere assunte a maggioranza e non all'unanimità; ciò senza obbligare chi non vuole procedere a farlo e senza drammatizzare eventuali ipotesi di recesso.
Richiamando quindi una ulteriore questione sollevata dal collega Buttiglione, rileva come, effettivamente, il vertice di Parigi riguardante l'unione per il Mediterraneo non possa definirsi un successo. Ricorda in proposito che il Trattato di Lisbona offre strumenti per intervenire: si riferisce in particolare alla possibilità di ricorrere a cooperazioni rafforzate, procedendo cioè ad accordi speciali tra gruppi di Paesi su specifici temi. Si tratta di una questione fondamentale, tanto più se il Trattato di Lisbona entrerà in vigore e si procederà quindi ad un'allargamento dell'Unione; sarà in questo caso indispensabile adottare procedure di sempre maggiore flessibilità.
Richiama quindi quanto già evidenziato in ordine all'opportunità di procedere ad una revisione del regolamento della Camera, che appare un passaggio chiave affinché il Parlamento possa incidere in misura significativa nelle dinamiche comunitarie. Sotto tale profilo propone che nel parere sia inserita una considerazione in ordine alla opportunità di prevedere una clausola di verifica automatica del regolamento, che si attivi ogni qualvolta vi siano modifiche ai trattati europei, al fine di intervenire tempestivamente con gli opportuni adeguamenti delle procedure parlamentari.
Deve infine rilevare come vi siano anche alcuni aspetti negativi del Trattato di Lisbona: si riferisce in particolare al fatto che vi è una politica monetaria comune in

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Europa ma manca una politica economica comune. Il Trattato non sembra recare misure adeguate per il rafforzamento della governance economica dell'UE, lasciando inalterato lo squilibrio tra la politica monetaria unica e un coordinamento debole delle politiche economiche e dell'occupazione.

Sandra ZAMPA (PD) sottolinea che compito prioritario della Commissione è di riportate al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica l'Europa. Cita in proposito l'intervento del Capo dello Stato in occasione degli Stati Generali dell'Europa, svoltisi a Lione lo scorso 21 giugno, nel quale il Presidente ha rilevato come «troppi Governi hanno dissimulato le posizioni da essi sostenuti in sede europea, chiamando in causa l'Europa - e in particolare la Commissione europea, la «burocrazia di Bruxelles» - come capro espiatorio per coprire loro responsabilità e insufficienze». Occorre, a suo avviso, partire da questa denuncia per comprendere i rapporti tra cittadini e Unione europea e deve rilevare come sotto questo profilo, alcune delle posizioni espresse da rappresentanti della Lega Nord non aiutino alla costruzione di una idea positiva di Europa.
Osserva, in conclusione che, da punto di vista dell'informazione e della comunicazione, sarebbe auspicabile che il servizio radiotelevisivo pubblico assicuri un'adeguata e qualificata informazione sull'attività e sui valori costitutivi delle istituzioni comunitarie.

Luca BELLOTTI (PdL) condivide le osservazioni formulate dai colleghi in ordine all'opportunità di offrire ai cittadini maggiori informazioni e conoscenza su temi così rilevanti come quelli relative alle istituzioni comunitarie, anche per fare in modo che l'adesione al Trattato di Lisbona non venga percepita come un mero atto burocratico dovuto. Ritiene necessario anche affrontare la questione della sovranità e dei conflitti di competenze, che già il Paese conosce nei rapporti tra Stato e regioni, tra regioni e province e tra province e comuni. Si tratta di un tema connesso a quello dell'interesse nazionale e della sua necessaria conciliazione con gli interessi comunitari. Cita in proposito la questione relativa al settore agricolo dove si sono manifestati conflitti; anche i settori dell'energia e dell'immigrazione non possono esser regionalizzati ma debbono essere oggetto di una politica comune che non comprima tuttavia eccessivamente gli interessi nazionali. Per tale motivo assumono particolare rilievo gli aspetti procedurali poiché quando si è numerosi, le norme devono essere particolarmente ampie e le procedure flessibili. Osserva del resto che lo stesso Trattato di Lisbona, ove interpretato rigidamente, diverrà ben presto inapplicabile: occorre quindi prevedere un tavolo continuo di revisione che renda le disposizioni del Trattato flessibili.

Enrico FARINONE (PD) rileva come da più parti si è richiamato il distacco dei cittadini rispetto alle istituzioni europee, ma si deve osservare come lo stesso Parlamento partecipi frettolosamente e con tempi assai limitati alla ratifica di un atto così importante come il Trattato di Lisbona. Certamente occorre comunicare una diversa idea d'Europa ai cittadini e occorre che la politica svolga un ruolo informativo e pedagogico assai maggiore. Sotto tale profilo condivide la proposta di prevedere un'apposita sessione parlamentare per l'esame della Legge comunitaria, anche al fine di evitare che proprio a partire dal Parlamento e dalla politica si parli poco e male dell'Europa.
Sottolinea quindi che dal punto di vista della legittimazione democratica una pronuncia parlamentare non vale affatto meno di un referendum popolare e rivendica perciò la valenza democratica assoluta della ratifica del Trattato di Lisbona da parte del Parlamento italiano, anche se certamente il provvedimento avrebbe meritato un dibattito più ampio e approfondito.
In merito alla più volte richiamata crisi delle istituzioni europee osserva come l'Europa sia vista più come unione monetaria che come unione economica, più

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come Europa dei banchieri che come Europa della politica. L'obiettivo prioritario deve dunque essere quello di un'unione politica effettiva, che sola potrà far dire alla politica di aver costituito un'Unione europea dei popoli.

Nunziante CONSIGLIO (LNP) non richiama la posizione, nota a tutti, della Lega Nord sull'Europa, sottolineando tuttavia come il trattato di Lisbona rechi aspetti che il suo partito giudica positivamente. Si riferisce in particolare al Preambolo del Trattato, che si ispira alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, anche rispettandone la storia, la cultura e le tradizioni, e alle disposizioni che assicurano un effettivo controllo del rispetto da parte delle istituzioni dell'UE dei principi di sussidiarietà. Con riferimento quindi al tema del diritto di famiglia ritiene anch'egli opportuno un riferimento nel testo del parere e si sofferma altresì sull'attribuzione del valore giuridico vincolante alla carta dei diritti fondamentali, individuando alcuni punti problematici riguardanti in particolare l'articolo 9 e la formulazione ivi contenuta di famiglia.

Laura GARAVINI (PD), come già evidenziato da alcuni colleghi, ribadisce la necessità di prevedere un'informazione più positiva sulle istituzioni e le politiche europee rispetto a quanto sinora avvenuto, anche tenuto conto del fatto che l'Italia ha goduto di ampi aiuti e finanziamenti. Condivide quanto osservato dal collega Farinone, ossia che l'Europa è percepita dai cittadini come Europa dei banchieri. Si tratta di una definizione che ha un fondo di verità, poiché l'Europa è oggi soprattutto una unione monetaria ed è carente sull'aspetto politico e sociale. Si tratta di un limite che è percepito chiaramente dagli italiani che risiedono in altri Paesi europei e che, pur apprezzando l'unione finanziaria, auspicherebbero maggiori tutele anche sotto il profilo sociale. Occorre impegnarsi per pervenire ad un patto sociale condiviso che assicuri standard minimi di tutela sociale scegliendo come modello quello dei Paesi più avanzati.

Mario PESCANTE, presidente, esprime apprezzamento per l'elevato livello del dibattito svoltosi, osservando come la XIV Commissione rappresenti un'Italia che vuole l'Europa; sotto tale profilo condivide l'osservazione dell'onorevole Farinone che la legittimazione democratica del Parlamento sia pari a quella che si esprime attraverso una consultazione popolare.
Auspica che il dibattito che si svolgerà in Aula sul provvedimento possa testimoniare la comunità di intenti e di obiettivi emersa oggi in Commissione. Osserva infine come alcune delle considerazioni svolte da colleghi potrebbero essere affrontate anche nell'ambito dell'audizione del Ministro delle politiche europee, il cui seguito è previsto oggi stesso alle ore 14.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, ritiene accoglibili molte delle richieste di integrazione emerse nel corso del dibattito e si riserva pertanto di formulare una nuova proposta di parere, che sottoporrà alla valutazione della Commissione nella seduta già convocata per le ore 13.30.

Mario PESCANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.50.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 29 luglio 2008. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 13.40.

Sui lavori della Commissione.

Mario PESCANTE, presidente, ricorda che lo scorso 18 luglio ha scritto al Presidente della Camera per sottoporgli una questione di ordine regolamentare, emersa nel corso dei lavori della Commissione. Nelle sedute del 9 e 10 luglio scorsi - nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante Attuazione delle direttive

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n. 2006/86/CE e n. 2006/17/CEE in materia di tessuti e cellule umani (Atto n. 10) - è emersa l'opportunità di acquisire il parere del Comitato per la legislazione sul provvedimento, ma ha dovuto precisare che tale richiesta non poteva essere formulata dalla XIV Commissione, poiché l'articolo 96-ter, comma 3, del Regolamento attribuisce alle sole Commissioni competenti per materia - in virtù dell'esplicito richiamo all'articolo 143 comma 4 - la facoltà di richiedere la pronuncia del Comitato per la legislazione e che tale facoltà non appare invece esercitabile dalla XIV Commissione, cui lo schema di decreto legislativo è assegnato ai sensi dell'articolo 126, comma 2, limitatamente ai profili di compatibilità con la normativa comunitaria.
Ha pertanto chiesto al Presidente Fini - anche a nome dell'ufficio di presidenza della Commissione - di voler valutare l'opportunità di una riflessione sull'ambito di applicazione dell'articolo 96-ter, comma 3, del Regolamento, che appare limitativo dei poteri attribuiti alla XIV Commissione rispetto alle altre Commissioni permanenti.
Il Presidente della Camera ha risposto con lettera del 23 luglio scorso, che mette a disposizione dei colleghi, nella quale si precisa che l'attuale tenore delle disposizioni regolamentari non consente margini interpretativi nel senso auspicato dalla Commissione.
Ritiene, in conclusione, che occorra senz'altro lavorare ad una proposta di modifica regolamentare sul tema.

La Commissione prende atto.

Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona.
C. 1519 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione. - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta antimeridiana.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, alla luce del dibattito svoltosi e tenuto conto delle proposte di modifica avanzate dai colleghi, formula una nuova proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Rocco BUTTIGLIONE (UdC) preannuncia il voto favorevole dell'UDC sulla nuova proposta di parere formulata dal relatore.

Sandro GOZI (PD) esprime apprezzamento per il lavoro e la disponibilità del relatore e preannuncia il voto favorevole del PD sulla nuova proposta di parere formulata.

Giacomo STUCCHI (LNP) ritiene opportuno sottolineare come il trattato di Lisbona preveda una cessione di sovranità, rispetto alla quale sarebbe stato opportuno interpellare direttamente i cittadini italiani; si tratta tuttavia di una possibilità non prevista dalla Carta costituzionale.
Tenuto conto del recepimento delle osservazioni dell'onorevole Consiglio, preannuncia quindi il voto favorevole del suo gruppo sulla nuova proposta di parere formulate dal relatore.

Giuseppina CASTIELLO (PdL) nel preannunciare il voto favorevole del PdL sulla nuova proposta di parere formulata dal relatore, sottolinea l'importanza di mettere in atto ogni utile iniziativa volta ad avvicinare i cittadini alle istituzioni comunitarie, anche tenuto conto dell'esito negativo del referendum irlandese.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la nuova proposta di parere formulata dal relatore.

La seduta termina alle 14.

AUDIZIONI

Martedì 29 luglio 2008. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE. - Interviene il ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi.

La seduta comincia alle 14.

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Seguito dell'audizione del Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi, sulle linee programmatiche.
(Seguito dello svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, e conclusione).

Mario PESCANTE, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche con la trasmissione televisiva attraverso il canale satellitare della Camera dei deputati.
Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Introduce quindi il seguito dell'audizione del ministro.

Intervengono per formulare quesiti ed osservazioni i deputati Sandro GOZI (PD), Luca BELLOTTI (PdL), Enrico FARINONE (PD), Sandra ZAMPA (PD), Isidoro GOTTARDO (PdL), Nunziante CONSIGLIO (LNP), Antonio RAZZI (IdV), Laura GARAVINI (PD), Jean Leonard TOUADI (IdV) e il presidente Mario PESCANTE.

Il ministro Andrea RONCHI fornisce ulteriori precisazioni.

Mario PESCANTE, presidente, ringrazia il Ministro e dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.30.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.