CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 dicembre 2012
758.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi (Atto n. 521).

PROPOSTA DI PARERE DEI RELATORI

   Le Commissioni I e II,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante «testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi»;
   rilevato che all'articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo, nell'attuare il principio di delega, di cui all'articolo 1, comma 64, relativo alla individuazione di altri delitti (la cosiddetta terza categoria rispetto alle prime due attinenti ai delitti distrettuali ed ai delitti contro la pubblica amministrazione) puniti con una pena edittale superiore nel massimo a tre anni dalla cui condanna non inferiore a due anni derivi l'incandidabilità, si è riferito ai delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell'articolo 278 del codice di procedura penale;
   richiamato il dibattito svoltosi in Commissione dal quale sono emersi alcuni rilievi sulla scelta operata dal Governo, in quanto, da un lato, si è rilevato come, nonostante la delega, siano stati esclusi dal novero dei delitti ostativi alla candidabilità tutti quelli puniti con una pena edittale superiore nel massimo a tre anni ma inferiore nel massimo a quattro anni, e, dall'altro, è stata evidenziata l'incongruità della individuazione della terza categoria di delitti, utilizzando il criterio dell'entità della pena massima edittale anziché un criterio sostanziale dal quale risulti evidentemente l'inopportunità che il soggetto condannato per un determinato delitto possa esercitare funzioni pubbliche elettive: secondo quest'ultima tesi, il Governo avrebbe dovuto procedere ad una elencazione tassativa dei delitti ostativi alla candidabilità ovvero individuare un parametro dal quale sia desumibile l'incompatibilità con l'esercizio delle funzioni pubbliche elettive, come potrebbe essere ad esempio l'applicazione della aggravante relativa all'aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, di cui all'articolo 61, comma 9, del codice penale;
   ritenuto che nel caso di specie è stato rimesso al legislatore delegato il compito di individuare i delitti riconducibili alla terza categoria con il limite che non si tratti di delitti puniti con una pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni, e preso atto che il Governo ha ritenuto di utilizzare un criterio oggettivo, quale l'applicabilità delle disposizioni sulle misure cautelari e quindi la pericolosità sociale del reo;
   rilevato peraltro che la scelta operata dal Governo comporta l'esclusione dalla terza categoria di una serie di delitti che, ai sensi della delega, potrebbero comunque esservi ricompresi, la cui commissione appare incompatibile con l'esercizio di funzioni pubbliche elettive;
   espresse delle riserve sulla scelta di determinare l'entità della pena ai sensi Pag. 15dell'articolo 278 del codice di procedura penale, trattandosi di un criterio previsto nel caso in cui non via sia stata una sentenza di condanna;
   ritenuto che la scelta di prevedere all'articolo 16, comma 1, una disciplina transitoria secondo cui l'equiparazione dell'applicazione della pena su richiesta delle parti alla condanna si applica solo per le sentenze pronunciate successivamente all'entrata in vigore del testo unico sia dettata da esigenze di garanzia dell'imputato che nel momento in cui ha deciso di patteggiare non aveva potuto valutare le conseguenze della sua scelta in merito alla incandidabilità;
   ritenuto che sarebbe opportuno valutare se le predette esigenze di garanzia sussistano anche per il cosiddetto patteggiamento allargato, considerato che questo può comportare l'applicazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza, che costituiscono comunque degli effetti negativi a carico dell'imputato, in quanto in caso negativo si potrebbe determinare una violazione del principio di uguaglianza, considerato che una medesima norma transitoria non è prevista per le sentenze di condanna;
  esprimono

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   valuti il Governo l'opportunità:
    1. all'articolo 2, comma 2, all'articolo 5, comma 2, all'articolo 9, comma 2, e all'articolo 12, comma 2, di chiarire che l'accertamento d'ufficio della mancanza delle condizioni di incandidabilità in capo ai soggetti inclusi nelle liste elettorali è un atto comunque dovuto da parte dell'ufficio competente, sopprimendo conseguentemente il riferimento agli atti e documenti di cui gli uffici competenti vengano comunque in possesso;
    2. al medesimo articolo 2, comma 3, di prevedere la possibilità di ricorrere anche contro le dichiarazioni di mancata proclamazione adottate ai sensi del comma 4 in caso di incandidabilità sopravvenuta o accertata successivamente alle operazioni di cui al comma 2;
    3. all'articolo 3, comma 1, primo periodo, di aggiungere dopo la parola «sopravvenga» le parole «o comunque sia accertata», in modo da tenere conto delle cause di incandidabilità che, per quanto già sussistenti prima della proclamazione dell'eletto, siano state accertate solo successivamente;
    4. all'articolo 3, comma 2, di prevedere che la Camera interessata procede nelle forme previste dai propri regolamenti interni;
    5. all'articolo 5, comma 3, di prevedere la possibilità di ricorso anche avverso la dichiarazione di decadenza del membro del Parlamento europeo adottata ai sensi del comma 5;
    6. di coordinare l'articolo 9, comma 1 – che prevede che il candidato, «oltre alla documentazione prevista dall'articolo 9 della legge 17 febbraio 1968, n. 108», renda una dichiarazione sostituiva attestante la insussistenza di cause di incandidabilità – con il richiamato articolo 9 della legge n. 108 del 1968, ai sensi del quale la dichiarazione del candidato di non trovarsi in alcuna delle ipotesi di incandidabilità deve essere contenuta nella dichiarazione di accettazione della candidatura: il coordinamento tra le due disposizioni si impone tanto più in quanto le due previsioni sembrano comportare, in caso di inosservanza, conseguenze penali diverse;
    7. all'articolo 9, comma 3, di prevedere la possibilità di ricorso anche avverso la dichiarazione di mancata proclamazione adottata ai sensi del comma 4;
    8. di coordinare l'articolo 12, comma 1 – che prevede che il candidato, «oltre alla documentazione prevista da altre disposizioni normative», renda una dichiarazione sostituiva attestante la insussistenza di cause di incandidabilità – con gli articoli 28 e 32 del decreto del Pag. 16Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, ai sensi dei quali la dichiarazione del candidato di non trovarsi in alcuna delle ipotesi di incandidabilità deve essere contenuta nella dichiarazione di accettazione della candidatura: il coordinamento tra le due disposizioni si impone tanto più in quanto le due previsioni comportano, in caso di inosservanza, conseguenze diverse;
    9. all'articolo 12, comma 3, di prevedere la possibilità di ricorso anche avverso la dichiarazione di mancata proclamazione adottata ai sensi del comma 4;
    10. all'articolo 13, comma 3, di sostituire le parole «Nel caso in cui il delitto» con le seguenti: «Nel caso in cui dalla sentenza risulti che il delitto»;
    11. all'articolo 16, comma 2, di precisare che le disposizioni di cui al testo unico che si applicano anche alle incandidabilità, non derivanti da sentenza penale di condanna, disciplinate dagli articoli 143, comma 11, e 248, comma 5, del decreto legislativo n. 267 del 2000 sono esclusivamente quelle previste per l'accertamento della incandidabilità in fase di ammissione delle candidature, per la mancata proclamazione, per i ricorsi e per il procedimento di dichiarazione in caso di incandidabilità sopravvenuta.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi (Atto n. 521).

PARERE APPROVATO

  Le Commissioni I e II,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante «testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi»;
   rilevato che all'articolo 1, comma 1, lettera c), il Governo, nell'attuare il principio di delega, di cui all'articolo 1, comma 64, relativo alla individuazione di altri delitti (la cosiddetta terza categoria rispetto alle prime due attinenti ai delitti distrettuali ed ai delitti contro la pubblica amministrazione) puniti con una pena edittale superiore nel massimo a tre anni dalla cui condanna non inferiore a due anni derivi l'incandidabilità, si è riferito ai delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell'articolo 278 del codice di procedura penale;
   richiamato il dibattito svoltosi in Commissione dal quale sono emersi alcuni rilievi sulla scelta operata dal Governo, in quanto, da un lato, si è rilevato come siano stati esclusi dal novero dei delitti ostativi alla candidabilità tutti quelli puniti con una pena edittale superiore nel massimo a tre anni ma inferiore nel massimo a quattro anni, e, dall'altro, è stata da alcuni evidenziata l'incongruità della individuazione della terza categoria di delitti, utilizzando il criterio dell'entità della pena massima edittale anziché un criterio sostanziale dal quale risulti evidentemente l'inopportunità che il soggetto condannato per un determinato delitto possa esercitare funzioni pubbliche elettive: secondo quest'ultima tesi, il Governo avrebbe dovuto procedere ad una elencazione tassativa dei delitti ostativi alla candidabilità ovvero individuare un parametro dal quale sia desumibile l'incompatibilità con l'esercizio delle funzioni pubbliche elettive, come potrebbe essere ad esempio l'applicazione della aggravante relativa all'aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, di cui all'articolo 61, primo comma, numero 9, del codice penale;
   rilevato che è stato rimesso al legislatore delegato il compito di individuare i delitti riconducibili alla terza categoria con il limite che non si tratti di delitti puniti con una pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni, e preso atto che il Governo ha ritenuto di utilizzare un criterio oggettivo, quale l'applicabilità delle disposizioni sulle misure cautelari e quindi la pericolosità sociale del reo;
   rilevato peraltro che la scelta operata dal Governo comporta l'esclusione dalla terza categoria di una serie di delitti che, ai sensi della delega, potrebbero comunque esservi ricompresi, la cui commissione appare incompatibile con l'esercizio di funzioni pubbliche elettive;
   espresse delle riserve sulla scelta di determinare l'entità della pena ai sensi Pag. 18dell'articolo 278 del codice di procedura penale, trattandosi di un criterio previsto nel caso in cui non vi sia stata una sentenza di condanna;
   ritenuto che la scelta di prevedere all'articolo 16, comma 1, una disciplina transitoria secondo cui l'equiparazione dell'applicazione della pena su richiesta delle parti alla condanna si applica solo per le sentenze pronunciate successivamente all'entrata in vigore del testo unico sia dettata da esigenze di garanzia dell'imputato che nel momento in cui ha deciso di patteggiare non aveva potuto valutare le conseguenze della sua scelta in merito alla incandidabilità;
   ritenuto che sarebbe opportuno valutare se le predette esigenze di garanzia sussistano anche per il cosiddetto patteggiamento allargato, considerato che questo può comportare l'applicazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza, che costituiscono comunque degli effetti negativi a carico dell'imputato, in quanto in caso negativo si potrebbe determinare una violazione del principio di uguaglianza, considerato che una medesima norma transitoria non è prevista per le sentenze di condanna;
  esprimono

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   valuti il Governo l'opportunità:
    1. all'articolo 2, comma 2, all'articolo 5, comma 2, all'articolo 9, comma 2, e all'articolo 12, comma 2, di chiarire che l'accertamento d'ufficio della mancanza delle condizioni di incandidabilità in capo ai soggetti inclusi nelle liste elettorali è un atto comunque dovuto da parte dell'ufficio competente, sopprimendo conseguentemente il riferimento agli atti e documenti di cui gli uffici competenti vengano comunque in possesso;
    2. al medesimo articolo 2, comma 3, di prevedere la possibilità di ricorrere anche contro le dichiarazioni di mancata proclamazione adottate ai sensi del comma 4 in caso di incandidabilità sopravvenuta o accertata successivamente alle operazioni di cui al comma 2;
    3. all'articolo 3, comma 1, primo periodo, di aggiungere dopo la parola «sopravvenga» le parole «o comunque sia accertata», in modo da tenere conto delle cause di incandidabilità che, per quanto già sussistenti prima della proclamazione dell'eletto, siano state accertate solo successivamente;
    4. all'articolo 3, comma 2, di prevedere che la Camera interessata procede nelle forme previste dai propri regolamenti interni;
    5. all'articolo 5, comma 3, di prevedere la possibilità di ricorso anche avverso la dichiarazione di decadenza del membro del Parlamento europeo adottata ai sensi del comma 5;
    6. di coordinare l'articolo 9, comma 1 – che prevede che il candidato, «oltre alla documentazione prevista dall'articolo 9 della legge 17 febbraio 1968, n. 108», renda una dichiarazione sostituiva attestante la insussistenza di cause di incandidabilità – con il richiamato articolo 9 della legge n. 108 del 1968, ai sensi del quale la dichiarazione del candidato di non trovarsi in alcuna delle ipotesi di incandidabilità deve essere contenuta nella dichiarazione di accettazione della candidatura: il coordinamento tra le due disposizioni si impone tanto più in quanto le due previsioni sembrano comportare, in caso di inosservanza, conseguenze penali diverse;
    7. all'articolo 9, comma 3, di prevedere la possibilità di ricorso anche avverso la dichiarazione di mancata proclamazione adottata ai sensi del comma 4;
    8. di coordinare l'articolo 12, comma 1 – che prevede che il candidato, «oltre alla documentazione prevista da altre disposizioni normative», renda una dichiarazione sostituiva attestante la insussistenza di cause di incandidabilità – con gli articoli 28 e 32 del decreto del Pag. 19Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, ai sensi dei quali la dichiarazione del candidato di non trovarsi in alcuna delle ipotesi di incandidabilità deve essere contenuta nella dichiarazione di accettazione della candidatura: il coordinamento tra le due disposizioni si impone tanto più in quanto le due previsioni comportano, in caso di inosservanza, conseguenze diverse;
    9. all'articolo 12, comma 3, di prevedere la possibilità di ricorso anche avverso la dichiarazione di mancata proclamazione adottata ai sensi del comma 4;
    10. all'articolo 13, comma 3, di sostituire le parole «Nel caso in cui il delitto» con le seguenti: «Nel caso in cui dalla sentenza risulti che il delitto»;
    11. all'articolo 16, comma 2, di precisare che le disposizioni di cui al testo unico che si applicano anche alle incandidabilità, non derivanti da sentenza penale di condanna, disciplinate dagli articoli 143, comma 11, e 248, comma 5, del decreto legislativo n. 267 del 2000 sono esclusivamente quelle previste per l'accertamento della incandidabilità in fase di ammissione delle candidature, per la mancata proclamazione, per i ricorsi e per il procedimento di dichiarazione in caso di incandidabilità sopravvenuta.