CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 31 luglio 2012
692.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Comunicazione della Commissione sulla riforma della politica comune della pesca (COM(2011)417) – Proposta di regolamento relativo alla politica comune della pesca (COM(2011)425) – Proposta di regolamento relativo alla organizzazione comune dei mercati della pesca e dell'acquacoltura (COM(2011)416) – Comunicazione della Commissione sulla dimensione esterna della politica comune della pesca (COM(2011)424) – Relazione della Commissione sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca – (COM(2011)418) – Proposta di regolamento relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (COM(2011)804).

PROPOSTA DI DOCUMENTO FINALE DEL RELATORE

  La XIII Commissione Agricoltura,
   esaminate, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento:
    la proposta di regolamento sulla riforma della politica comune della pesca – PCP (COM (2011)425), il «regolamento di base» che stabilisce le disposizioni fondamentali in materia;
    la proposta di regolamento sull'organizzazione comune dei mercati della pesca e dell'acquacoltura (COM(2011)416), che riforma la politica commerciale relativa al settore;
    la proposta di regolamento relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, recante disciplina del nuovo strumento finanziario del settore presentata dalla Commissione europea il 2 dicembre 2011 (COM(2011)804);
   visti:
    la comunicazione sulla riforma della PCP (COM(2011)147);
    la comunicazione sulla dimensione esterna della PCP (COM(2011)424), nonché la relazione sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile della risorse della pesca nell'ambito della PCP;
    la relazione sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della PCP;
    gli esiti del Consiglio Agricoltura e pesca del 12 giugno 2012, che, tra l'altro, ha raggiunto un accordo generale su due delle proposte in esame (COM(2011)425) e COM(2011)416);
   premesso che:
    a) le linee di riforma della politica comune della pesca per il periodo 2014-2020 perseguono obiettivi generali di sostenibilità dell'ecosistema e di crescita economica che, in linea generale, appaiono condivisibili; tuttavia, considerata la profonda rilevanza della riforma per il futuro del settore ittico nazionale, essa dovrebbe tenere maggiormente in considerazione le peculiarità dei Paesi del sud Europa sia per quanto riguarda i bacini marini sia per l'impatto economico-occupazionale delle attività legate alla pesca;
    b) i principi di base su cui si fonda la proposta di riforma della PCP nelle sue componenti di programmazione e gestione delle attività di pesca sono più identificativi delle esigenze e delle peculiarità dell'area nord europea ed adattabili solo parzialmente alla dimensione mediterranea e in particolare all'Italia, caratterizzata Pag. 209da realtà locali interessate da problematiche e specificità proprie, quali la pesca artigianale. Pertanto, in generale, le misure proposte dovrebbero tenere maggiormente in conto le realtà specifiche locali in cui incidono, le tradizioni, i sistemi di pesca e la tipologia della flotta;
    c) l'importanza socio economica delle flotte di pesca costiera e artigianale e dell'acquacoltura è indiscutibile in molte zone del nostro Paese; pertanto, lo sviluppo di misure specifiche ad esse rivolte dovrebbe essere incoraggiato a un livello il più vicino possibile alle comunità costiere e alle esigenze di tutta la filiera: Appare a tal fine quanto mai opportuno lo sviluppo di attività diversificate legate al settore ittico al fine di creare forme di interdipendenza e integrazione di reddito con altri settori come il turismo, la gastronomia e l'economia del territorio; è indispensabile una governance regionalizzata che contempli margini di flessibilità e adattamento di principi generali a contesti particolari ed unici;
    d) la tutela della salvaguardia ambientale, la conservazione degli stock e le misure di contrasto al sovrasfruttamento dovrebbero coniugarsi con le esigenze economiche di un settore già gravemente compromesso ed essere più coerenti con le caratteristiche, potenzialità e opportunità locali;
   tenuto conto:
    delle valutazioni e dei rilievi rappresentati nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, che hanno consentito di acquisire elementi utili e di raccogliere le istanze dei rappresentanti di numerose organizzazioni delle imprese del settore;
    dell'evoluzione del dibattito in corso presso le istituzioni europee e, in particolare, degli esiti del Consiglio Agricoltura e pesca del 12 giugno 2012, che ha raggiunto un accordo generale su due delle proposte in esame (COM(2011)425) e COM(2011)416);
    rilevata l'esigenza che il presente documento finale sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico, unitamente al parere approvato dalla XIV Commissione politica dell'Unione europea in data 11 luglio 2012, che si allega,

impegna il Governo:

  a proseguire nella conduzione dei negoziati a livello di Unione europea, sottolineando la necessità di seguire gli indirizzi di seguito indicati:

1) Eliminazione della pratica dei rigetti
  L'articolo 15 della proposta di regolamento COM(2011)425 – politica comune della pesca – stabilisce l'obbligo di sbarcare tutte le catture relative agli stock ittici ivi indicati, salvo nel caso in cui esse vengano utilizzate come esche vive, secondo un calendario che va dal 1o gennaio 2014 al 1o gennaio 2016.
  Al riguardo, si osserva che una eliminazione pura e semplice dei rigetti, così come proposta, non è realistica in considerazione sia della specificità dei metodi di pesca nei mari italiani sia della mancanza di soluzioni relative alla destinazione delle catture accessorie.
  Con riferimento al primo rilievo, si segnala che per quanto concerne il bacino Alto Adriatico, ad esempio, il problema dei rigetti riguarda, per lo strascico, materiale inerte (gusci, alghe e fango) e quantitativi irrisori di materiale ittico di diverso tipo ed interessa principalmente barche di piccole dimensioni che, per la natura e la quantità di materiale che imbarcano, con l'apertura della rete, saranno costrette ad affrontare un lavoro di cernita per un risultato nullo.
  Diverso è il caso del comparto delle volanti dedite al pesce azzurro, dove un quantitativo di catture accessorie di specie poco appetibili dal punto di vista commerciale è fisiologico; si tratta di rigetti anche consistenti che sarebbe bene evitare, ma che, visti i volumi considerati, sono difficilmente gestibili dai pescherecci che attualmente non dispongono delle necessarie strutture. Pag. 210
  L'articolo 8 della proposta di regolamento COM(2011)416 – OCM pesca – obbliga poi le organizzazioni di produttori a fare buon uso delle catture indesiderate (definite come prodotti non conformi alle taglie minime di commercializzazione), ma non specifica come si realizzerà, nella pratica, tale disposizione, né chi sosterrà i costi di distribuzione ed immagazzinamento, anche in considerazione della mancanza di strutture a terra la cui realizzazione, quantunque fosse disposta, comporterebbe gli oneri e gli adempimenti necessari alla costruzione di una qualsiasi opera in area portuale.
  Il mantenimento a bordo delle catture accessorie, o in eccesso, comporta anche una forzatura di quelle che sono le normali attività di pesca in termini di spazio, tempo e sicurezza a bordo. Gli ingombri derivanti dall'occupazione di spazi necessari alla normale operatività delle imbarcazioni da parte del materiale da sbarcare si traducono in una riduzione delle capacità di stoccaggio del prodotti e comporterebbero la necessità di rientro in porto ad intervalli di tempo ravvicinati rispetto alla normale frequenza, con un aggravio in termini di tempi, distanze da percorrere e costi diretti ed indiretti.
  Si rileva inoltre che non è chiaro se il divieto di rigetto introduce la pratica di elaborare i rapporti di pesca in base alle quote catturate, anziché agli sbarchi, come avviene attualmente.
  Sarebbe auspicabile, pertanto prevedere un approccio graduale, punto sul quale peraltro si è registrata un'ampia convergenza nella discussione in seno al Consiglio agricoltura e pesca dello scorso 12 giugno.
  Inoltre, appare importante favorire l'avvio di progetti-pilota, anche a carattere obbligatorio, volti ad identificare le difficoltà tecniche e i costi conseguenti alla eliminazione della pratica dei rigetti anche al fine di formulare specifiche misure da inserire nei piani di gestione.
  La realizzazione di progetti sperimentali consentirebbe inoltre di affrontare la pratica della eliminazione degli scarti caso per caso in considerazione delle specificità proprie dei bacini di pesca, delle specie oggetto di cattura e delle tipologie delle flotte.
  Relativamente alle catture indesiderate sarebbe opportuno chiarire se siano da considerare solo le specie ittiche (pesci ossei e cartilaginei) o anche altri organismi (echinodermi e alghe) che compongono la biomassa raccolta dalle reti a traino.

2) Concessioni di pesca trasferibili
  Gli articoli da 27 a 33 della proposta di regolamento COM(2011)425 – politica comune della pesca – istituiscono un sistema di concessioni di pesca trasferibili che gli Stati membri dovranno introdurre nell'arco di 15 anni, a partire dal 1o gennaio 2014 fino al 31 dicembre 2029 al fine di razionalizzare l'accesso alle risorse, limitare la sovraccapacità e consentire l'adeguamento delle dimensioni delle flotte alle reali possibilità di pesca.
  A tal riguardo si segnala che gran parte delle marinerie italiane si caratterizzano per una pesca di modeste dimensioni, con attrezzi che sono multispecie e una flotta formata da imbarcazioni di piccole dimensioni. Saranno quindi di particolare importanza le modalità con cui lo Stato attribuirà sia le concessioni per singola specie ad ogni impresa di pesca (è troppo generica la previsione di «composizione probabile delle catture» di cui al comma 3 dell'articolo 28) sia le possibilità di pesca individuali. Il meccanismo può risultare semplice e facilmente controllabile per un numero contenuto di imbarcazioni che concentrano la loro attività su poche specie, come le navi che operano in Atlantico, o le nostre volanti che si dedicano al pesce azzurro; per piccole imbarcazioni che effettuano una produzione polverizzata in termini di specie e di quantitativi, il metodo potrebbe non essere applicabile, né controllabile.
  Si segnala a tal riguardo che sarebbe più utile, per la preservazione degli stock e delle peculiarità di pesca locali, lasciare ai piani di gestione il governo locale della risorsa, disponendo che le decisioni siano prese a livello regionale e del territorio, di concerto con altre regioni limitrofe. Pag. 211
  Si osserva inoltre che l'incentivo a passare a tale sistema – e quindi a condizioni di mercato per la flotta da pesca – è il mancato rinnovo del finanziamento dell'Asse 1 del Fondo europeo per la pesca (FEP), che prevede la rottamazione della flotta e compensazioni per l'arresto delle attività di pesca. Si evidenzia quindi, anche in considerazione del mancato sostegno alla rottamazione, che le concessioni di pesca risultano inappropriate per la piccola pesca costiera e comunque inadatte alla pesca nel Mediterraneo, in ragione delle loro caratteristiche specifiche e della loro vulnerabilità socio-economica; molte aziende della piccola pesca, anche a fronte del pericolo di concentrazioni eccessive sulle concessioni, potrebbero trovarsi in grave difficoltà.
  Inoltre, sarebbe opportuna una maggiore chiarezza relativamente ai criteri che saranno adottati per la definizione delle concessioni trasferibili nell'area mediterranea, dove, ad eccezione del tonno rosso, non esiste un sistema di totali ammissibili di cattura (TAC) e quote come nei mari del Nord Europa; pertanto l'assegnazione di una misura di sforzo di pesca (e quindi di giorni di attività in mare) per ciascuna imbarcazione o di un sistema quote stabilito su un TAC multi-specifico sono ipotesi di lavoro che – al di là della validità della misura – potranno presentare non pochi elementi di complicazione.
  Nel sostenere la necessità di rendere tale sistema volontario, appare comunque opportuna un'introduzione graduale delle misure relative alle concessioni trasferibili, con periodi di sperimentazione di 5 anni anziché di 15, in ragione delle specificità del contesto marittimo unionale e, nel caso in cui lo Stato membro dimostri di raggiungere la necessaria riduzione di capacità senza ricorrere al sistema delle quote, la possibilità di esenzione; se infatti la gestione delle flotte industriali di maggiore dimensione unitaria si presta all'applicazione del sistema delle concessioni, in contesti più artigianali, come il caso della pesca nel Mediterraneo, l'accesso ai diritti e agli eventuali trasferimenti, unitamente agli sforzi associati all'introduzione dei piani di gestione nazionali e locali, risulta estremamente complesso e non favorisce l'efficacia dell'azione proposta.
  Appare altresì opportuno esplicitare meglio le garanzie a tutela della pesca artigianale e costiera che per l'Italia rappresenta il segmento più fragile, ma anche quello che fornisce il maggior numero di posti di lavoro e di attività economiche nelle regioni costiere e lagunari.

3) Piccola pesca
  Si ritiene che la definizione di piccola pesca dovrebbe tenere conto, oltre che del parametro relativo alla lunghezza dell'imbarcazione (12 metri), di elementi quali, ad esempio, la capacità di pesca, lo sforzo di pesca, attrezzi utilizzati, numero annuo di giornate in mare, durata delle uscite in mare, soci lavoratori di imprese cooperative o armatore a bordo, numero di componenti dell'equipaggio, distanza dalla costa, tipologia di imbarcazione.

4) Finanziamento
  La previsione, come disposto dal quadro degli obiettivi della Comunicazione «Europa 2020», di rivedere i finanziamenti pubblici eliminando gli aiuti alla demolizione delle navi da pesca rappresenta un freno alla riduzione della flotta e al suo ammodernamento, con evidenti conseguenze negative sulla sicurezza degli imbarcati. L'integrazione degli strumenti finanziari esistenti (FEP, sostegno alla PMI e dispositivi dell'organizzazione comune dei mercati) in un unico fondo, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), proposta dalla Commissione europea al fine di assicurare una maggiore semplificazione, potrebbe comportare, inoltre, un aumento della complessità burocratica delle disposizioni normative, provocando un non auspicabile aumento dei costi di gestione e amministrativi e anche un rallentamento nell'utilizzo dei fondi relativi al periodo di programmazione 2014-2020.
  La dotazione finanziaria del FEAMP è pari a circa 7 miliardi di euro, come risulta dalla proposta di nuovo Quadro Pag. 212finanziario pluriennale; il nuovo Fondo coprirà anche il finanziamento della politica marittima europea e si auspica che tale componente non si realizzi a svantaggio del sostegno dell'Unione europea garantito per la pesca, l'acquacoltura e la filiera ittica in generale.
  Il FEAMP è inoltre soggetto alle condizionalità previste dalla proposta di regolamento COM(2011)615, recante disposizioni comuni sui fondi compresi nel Quadro strategico comune.
  A tale riguardo si osserva che il sistema di prescrizioni stabilito è estremamente rigido, pur essendo finalizzato ad un miglior utilizzo dei finanziamenti comunitari, specie con riferimento alla condizionalità macroeconomica. Condizionare eccessivamente le possibilità di aiuto al rispetto di adempimenti difficilmente dimostrabili, quali la capacità di cattura, rischia di complicare enormemente il sistema di erogazione dei finanziamenti ai beneficiari.
  È inoltre auspicabile, ove prevalesse l'ipotesi di interruzione dei contributi alla demolizione della flotta, l'applicazione di una strategia di «phasing out», che preveda adeguate misure di accompagnamento per gli operatori interessati.

5) Regionalizzazione
  Il processo decisionale alla base della PCP appare eccessivamente centralizzato, considerate le peculiarità dei bacini marini che caratterizzano il territorio unionale; se tale approccio, infatti, è indispensabile alla corretta gestione e preservazione degli stock ittici comuni, la predisposizione degli elementi di dettaglio, quali la larghezza delle maglie delle reti, mal si presta ad una generalizzata applicazione alle diverse realtà. Talune disposizioni vigenti si sono rivelate inadeguate alle realtà dei mari del sud Europa, in particolare del Mediterraneo, caratterizzato da profonde diversità strutturali, socio economiche e culturali che implicano un approccio peculiare.
  I piani di gestione pluriennale rappresentano una prima risposta alla necessità di una gestione adeguata alle diverse specificità dei mari europei; tuttavia sarebbe necessaria una formulazione basata sulla più ampia partecipazione, che coinvolga non solo gli Stati membri, ma anche tutti gli operatori e i soggetti interessati; è indispensabile una governance regionalizzata che contempli margini di flessibilità e adattamento.

6) Dimensione esterna della pesca

  Il rafforzamento del ruolo dell'Unione europea sulla scena internazionale è di fondamentale importanza in un contesto di relazioni e scambi ormai globalizzati. I futuri accordi di pesca sostenibile (APS) sono strumenti essenziali per garantire l'accesso agli avanzi delle risorse disponibili, consentendo l'approvvigionamento del mercato comunitario, il mantenimento dei posti di lavoro e lo sviluppo del settore ittico nei Paesi partner. Gli accordi contribuiranno alla realizzazione di un contesto di governance di elevata qualità nel Paese partner se saranno coerenti con gli obiettivi delle politiche di sviluppo e saranno incentrati su principi di sostenibilità e trasparenza nella gestione delle risorse e nelle attività di monitoraggio, sorveglianza e controllo. Si segnala la necessità di garantire che lo sfruttamento delle risorse alieutiche avvenga sulla base di solidi pareri scientifici e riguardi unicamente le risorse eccedentarie che il paese partner non può o non intende pescare.
  Nel conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla riforma della PCP, appare imprescindibile il coinvolgimento dei Paesi del vicinato, in particolare quelli dei Balcani occidentali, con i quali è necessario concordare iniziative congiunte per la tutela di bacini marittimi comuni, come la regolamentazione del fermo pesca biologico nel mare Adriatico.

7) Acquacoltura
  Tenuto conto che l'industria dell'acquacoltura europea ha creato circa 17.000 imprese e 65.000 posti di lavoro diretti e indiretti e che in un contesto globale di forte domanda dei prodotti dell'acquacoltura, l'Unione europea contribuisce solo al Pag. 2132 per cento della produzione mondiale di tale settore, mentre il suo consumo interno ammonta ad oltre cinque milioni di tonnellate annue, appare necessario predisporre norme adeguate nel quadro dell'OCM, al fine di contrastare la concorrenza sleale delle importazioni a buon mercato di prodotti di scarsa qualità che non rispettano i requisiti comunitari in materia di igiene e sanità.
  È inoltre indispensabile che la Commissione europea chiarisca, sempre nel quadro dell'OCM, i sistemi di registrazione dell'etichetta e di certificazione per la produzione dell'acquacoltura e i tempi di istituzione del Consiglio consultivo per l'acquacoltura, la sua missione, struttura e finanziamento.
  L'acquacoltura è il futuro dell'economia ittica: appare pertanto pienamente condivisibile la valorizzazione di tale comparto, nonché la promozione dello sviluppo di tecniche di allevamento sostenibili, competitive e diversificate, favorendo la ricerca verso nuove specie e nuove modalità di produzione, idonee all'insediamento in aree ambientali di diversa tipologia.
  Occorre continuare a puntare sulla sicurezza alimentare dei prodotti ittici allevati e sul benessere animale, anche attraverso l'eliminazione degli ostacoli che gli imprenditori lamentano e che concernono principalmente le pratiche amministrative e le difficoltà di accesso alle risorse pubbliche (aree produttive, la derivazione delle acque e il loro trattamento).
  La nuova PCP in questo senso sembra voler fare un passo avanti, anche attraverso una forma di coordinamento fra Stati che favorisca, oltre che l'innovazione, anche lo scambio di informazioni e di buone pratiche di gestione.
  È necessario sviluppare, altresì, adeguate politiche di filiera improntate al criterio del chilometro zero ed incentivare la creazione di infrastrutture di terra a supporto del sistema di conservazione, trasformazione e commercializzazione del prodotto di qualità «made in Italy».
  La strategia per lo sviluppo di un'acquacoltura europea, varata nel 2002, non ha raggiunto l'obiettivo previsto in considerazione dell'importante ruolo del settore per garantire la sicurezza alimentare, favorire l'occupazione e assicurare un buon assetto territoriale.

8) Atti delegati
  Con riferimento alla previsione di atti delegati, per i quali il legislatore comunitario delega all'esecutivo il potere di adottare norme che modificano elementi non essenziali dei regolamenti, appare opportuno sottolineare l'esigenza che la delega sia contenuta nei limiti e nelle condizioni stabilite dall'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dagli atti legislativi stessi, considerato che la previsione di intervento attraverso atti delegati riguarda aspetti importanti, tra i quali: le specie per le quali può essere introdotto il divieto di rigetto (articolo 15, comma 6, della proposta di regolamento COM(2011)425) e il calcolo dei limiti di capacità di pesca attribuiti alle flotte degli Stati membri (articolo 35, comma 3, della proposta di regolamento COM(2011)425).
  Analogamente, per l'adozione dei progetti di atti di esecuzione si raccomanda l'osservanza delle disposizioni stabilite dal regolamento (UE) n. 182/2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione.

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ALLEGATO 2

Comunicazione della Commissione sulla riforma della politica comune della pesca (COM(2011)417) – Proposta di regolamento relativo alla politica comune della pesca (COM(2011)425) – Proposta di regolamento relativo alla organizzazione comune dei mercati della pesca e dell'acquacoltura (COM(2011)416) – Comunicazione della Commissione sulla dimensione esterna della politica comune della pesca (COM(2011)424) – Relazione della Commissione sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca – (COM(2011)418) – Proposta di regolamento relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (COM(2011)804).

NUOVA FORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI DOCUMENTO FINALE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione (Agricoltura),
   esaminate, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento:
    la proposta di regolamento sulla riforma della politica comune della pesca – PCP (COM(2011)425), il «regolamento di base» che stabilisce le disposizioni fondamentali in materia;
    la proposta di regolamento sull'organizzazione comune dei mercati della pesca e dell'acquacoltura (COM(2011)416), che riforma la politica commerciale relativa al settore;
    la proposta di regolamento relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, recante disciplina del nuovo strumento finanziario del settore presentata dalla Commissione europea il 2 dicembre 2011 (COM(2011)804);
   visti:
    la comunicazione sulla riforma della PCP (COM(2011)147);
    la comunicazione sulla dimensione esterna della PCP (COM(2011)424), nonché la relazione sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile della risorse della pesca nell'ambito della PCP;
    la relazione sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della PCP;
    gli esiti del Consiglio Agricoltura e pesca del 12 giugno 2012, che, tra l'altro, ha raggiunto un accordo generale su due delle proposte in esame (COM(2011)425) e COM(2011)416);
   premesso che:
    a) le linee di riforma della politica comune della pesca per il periodo 2014-2020 perseguono obiettivi generali di sostenibilità dell'ecosistema e di crescita economica che, in linea generale, appaiono condivisibili; tuttavia, considerata la profonda rilevanza della riforma per il futuro del settore ittico nazionale, essa dovrebbe tenere maggiormente in considerazione le peculiarità dei Paesi del Mediterraneo sia per quanto riguarda i bacini marini sia per l'impatto economico-occupazionale delle attività legate alla pesca;
    b) i principi di base su cui si fonda la proposta di riforma della PCP nelle sue Pag. 215componenti di programmazione e gestione delle attività di pesca sono più identificativi delle esigenze e delle peculiarità dell'area nord europea ed adattabili solo parzialmente alla dimensione mediterranea e in particolare all'Italia, caratterizzata da realtà locali interessate da problematiche e specificità proprie, quali la pesca artigianale. Pertanto, in generale, le misure proposte dovrebbero tenere maggiormente in conto le realtà specifiche locali in cui incidono, le tradizioni, i sistemi di pesca e la tipologia della flotta;
    c) l'importanza socio economica delle flotte di pesca costiera e artigianale e dell'acquacoltura è indiscutibile in molte zone del nostro Paese; pertanto, lo sviluppo di misure specifiche ad esse rivolte dovrebbe essere incoraggiato a un livello il più vicino possibile alle comunità costiere e alle esigenze di tutta la filiera: Appare a tal fine quanto mai opportuno lo sviluppo di attività diversificate legate al settore ittico al fine di creare forme di interdipendenza e integrazione di reddito con altri settori come il turismo, la gastronomia e l'economia del territorio; è indispensabile una governance regionalizzata che contempli margini di flessibilità e adattamento di principi generali a contesti particolari ed unici;
    d) la tutela della salvaguardia ambientale, la conservazione degli stock e le misure di contrasto al sovrasfruttamento dovrebbero coniugarsi con le esigenze economiche di un settore già gravemente compromesso ed essere più coerenti con le caratteristiche, potenzialità e opportunità locali;
   tenuto conto:
    delle valutazioni e dei rilievi rappresentati nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, che hanno consentito di acquisire elementi utili e di raccogliere le istanze dei rappresentanti di numerose organizzazioni delle imprese del settore;
    dell'evoluzione del dibattito in corso presso le istituzioni europee e, in particolare, degli esiti del Consiglio Agricoltura e pesca del 12 giugno 2012, che ha raggiunto un accordo generale su due delle proposte in esame (COM(2011)425) e COM(2011)416);
    rilevata l'esigenza che il presente documento finale sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico, unitamente al parere approvato dalla XIV Commissione politica dell'Unione europea in data 11 luglio 2012, che si allega,

impegna il Governo:

   a proseguire nella conduzione dei negoziati a livello di Unione europea, sottolineando la necessità di seguire gli indirizzi di seguito indicati:

1) Eliminazione della pratica dei rigetti
  L'articolo 15 della proposta di regolamento COM(2011)425 – politica comune della pesca – stabilisce l'obbligo di sbarcare tutte le catture relative agli stock ittici ivi indicati, salvo nel caso in cui esse vengano utilizzate come esche vive, secondo un calendario che va dal 1o gennaio 2014 al 1o gennaio 2016.
  Al riguardo, si osserva che una eliminazione pura e semplice dei rigetti, così come proposta, non è realistica in considerazione sia della specificità dei metodi di pesca nei mari italiani sia della mancanza di soluzioni relative alla destinazione delle catture accessorie.
  Con riferimento al primo rilievo, si segnala che per quanto concerne il bacino Alto Adriatico, ad esempio, il problema dei rigetti riguarda, per lo strascico, materiale inerte (gusci, alghe e fango) e quantitativi irrisori di materiale ittico di diverso tipo ed interessa principalmente barche di piccole dimensioni che, per la natura e la quantità di materiale che imbarcano, con l'apertura della rete, saranno costrette ad affrontare un lavoro di cernita per un risultato nullo.
  Diverso è il caso del comparto delle volanti dedite al pesce azzurro, dove un quantitativo di catture accessorie di specie Pag. 216poco appetibili dal punto di vista commerciale è fisiologico; si tratta di rigetti anche consistenti che sarebbe bene evitare, ma che, visti i volumi considerati, sono difficilmente gestibili dai pescherecci che attualmente non dispongono delle necessarie strutture.
  L'articolo 8 della proposta di regolamento COM(2011)416 – OCM pesca – obbliga poi le organizzazioni di produttori a fare buon uso delle catture indesiderate (definite come prodotti non conformi alle taglie minime di commercializzazione), ma non specifica come si realizzerà, nella pratica, tale disposizione, né chi sosterrà i costi di distribuzione ed immagazzinamento, anche in considerazione della mancanza di strutture a terra la cui realizzazione, quantunque fosse disposta, comporterebbe gli oneri e gli adempimenti necessari alla costruzione di una qualsiasi opera in area portuale.
  Il mantenimento a bordo delle catture accessorie, o in eccesso, comporta anche una forzatura di quelle che sono le normali attività di pesca in termini di spazio, tempo e sicurezza a bordo. Gli ingombri derivanti dall'occupazione di spazi necessari alla normale operatività delle imbarcazioni da parte del materiale da sbarcare si traducono in una riduzione delle capacità di stoccaggio del prodotti e comporterebbero la necessità di rientro in porto ad intervalli di tempo ravvicinati rispetto alla normale frequenza, con un aggravio in termini di tempi, distanze da percorrere e costi diretti ed indiretti.
  Si rileva inoltre che non è chiaro se il divieto di rigetto introduce la pratica di elaborare i rapporti di pesca in base alle quote catturate, anziché agli sbarchi, come avviene attualmente.
  Sarebbe auspicabile, pertanto prevedere un approccio graduale, punto sul quale peraltro si è registrata un'ampia convergenza nella discussione in seno al Consiglio agricoltura e pesca dello scorso 12 giugno.
  Inoltre, appare importante favorire l'avvio di progetti-pilota, anche a carattere obbligatorio, volti ad identificare le difficoltà tecniche e i costi conseguenti alla eliminazione della pratica dei rigetti anche al fine di formulare specifiche misure da inserire nei piani di gestione.
  La realizzazione di progetti sperimentali consentirebbe inoltre di affrontare la pratica della eliminazione degli scarti caso per caso in considerazione delle specificità proprie dei bacini di pesca, delle specie oggetto di cattura e delle tipologie delle flotte.
  Relativamente alle catture indesiderate sarebbe opportuno chiarire se siano da considerare solo le specie ittiche (pesci ossei e cartilaginei) o anche altri organismi (echinodermi e alghe) che compongono la biomassa raccolta dalle reti a traino.

2) Concessioni di pesca trasferibili
  Gli articoli da 27 a 33 della proposta di regolamento COM(2011)425 – politica comune della pesca – istituiscono un sistema di concessioni di pesca trasferibili che gli Stati membri dovranno introdurre nell'arco di 15 anni, a partire dal 1o gennaio 2014 fino al 31 dicembre 2029 al fine di razionalizzare l'accesso alle risorse, limitare la sovraccapacità e consentire l'adeguamento delle dimensioni delle flotte alle reali possibilità di pesca.
  A tal riguardo si segnala che gran parte delle marinerie italiane si caratterizzano per una pesca di modeste dimensioni, con attrezzi che sono multispecie e una flotta formata da imbarcazioni di piccole dimensioni. Saranno quindi di particolare importanza le modalità con cui lo Stato attribuirà sia le concessioni per singola specie ad ogni impresa di pesca (è troppo generica la previsione di «composizione probabile delle catture» di cui al comma 3 dell'articolo 28) sia le possibilità di pesca individuali. Il meccanismo può risultare semplice e facilmente controllabile per un numero contenuto di imbarcazioni che concentrano la loro attività su poche specie, come le navi che operano in Atlantico, o le nostre volanti che si dedicano al pesce azzurro; per piccole imbarcazioni che effettuano una produzione polverizzata in termini di specie e di quantitativi, il metodo potrebbe non essere applicabile, né controllabile. Pag. 217
  Si segnala a tal riguardo che sarebbe più utile, per la preservazione degli stock e delle peculiarità di pesca locali, lasciare ai piani di gestione il governo locale della risorsa, disponendo che le decisioni siano prese a livello regionale e del territorio, di concerto con altre regioni limitrofe.
  Si osserva inoltre che l'incentivo a passare a tale sistema – e quindi a condizioni di mercato per la flotta da pesca – è il mancato rinnovo del finanziamento dell'Asse 1 del Fondo europeo per la pesca (FEP), che prevede la rottamazione della flotta e compensazioni per l'arresto delle attività di pesca. Si evidenzia quindi, anche in considerazione del mancato sostegno alla rottamazione, che le concessioni di pesca risultano inappropriate per la piccola pesca costiera e comunque inadatte alla pesca nel Mediterraneo, in ragione delle loro caratteristiche specifiche e della loro vulnerabilità socio-economica; molte aziende della piccola pesca, anche a fronte del pericolo di concentrazioni eccessive sulle concessioni, potrebbero trovarsi in grave difficoltà.
  Inoltre, sarebbe opportuna una maggiore chiarezza relativamente ai criteri che saranno adottati per la definizione delle concessioni trasferibili nell'area mediterranea, dove, ad eccezione del tonno rosso, non esiste un sistema di totali ammissibili di cattura (TAC) e quote come nei mari del Nord Europa; pertanto l'assegnazione di una misura di sforzo di pesca (e quindi di giorni di attività in mare) per ciascuna imbarcazione o di un sistema quote stabilito su un TAC multi-specifico sono ipotesi di lavoro che – al di là della validità della misura – potranno presentare non pochi elementi di complicazione.
  Nel sostenere la necessità di rendere tale sistema volontario, appare comunque opportuna un'introduzione graduale delle misure relative alle concessioni trasferibili, con periodi di sperimentazione di 5 anni anziché di 15, in ragione delle specificità del contesto marittimo unionale e, nel caso in cui lo Stato membro dimostri di raggiungere la necessaria riduzione di capacità senza ricorrere al sistema delle quote, la possibilità di esenzione; se infatti la gestione delle flotte industriali di maggiore dimensione unitaria si presta all'applicazione del sistema delle concessioni, in contesti più artigianali, come il caso della pesca nel Mediterraneo, l'accesso ai diritti e agli eventuali trasferimenti, unitamente agli sforzi associati all'introduzione dei piani di gestione nazionali e locali, risulta estremamente complesso e non favorisce l'efficacia dell'azione proposta.
  Appare altresì opportuno esplicitare meglio le garanzie a tutela della pesca artigianale e costiera che per l'Italia rappresenta il segmento più fragile, ma anche quello che fornisce il maggior numero di posti di lavoro e di attività economiche nelle regioni costiere e lagunari.

3) Piccola pesca
  Si ritiene che la definizione di piccola pesca dovrebbe tenere conto, oltre che del parametro relativo alla lunghezza dell'imbarcazione (12 metri), di elementi quali, ad esempio, la capacità di pesca, lo sforzo di pesca, attrezzi utilizzati, numero annuo di giornate in mare, durata delle uscite in mare, soci lavoratori di imprese cooperative o armatore a bordo, numero di componenti dell'equipaggio, distanza dalla costa, tipologia di imbarcazione.

4) Finanziamento
  La previsione, come disposto dal quadro degli obiettivi della Comunicazione «Europa 2020», di rivedere i finanziamenti pubblici eliminando gli aiuti alla demolizione delle navi da pesca rappresenta un freno alla riduzione della flotta e al suo ammodernamento, con evidenti conseguenze negative sulla sicurezza degli imbarcati. L'integrazione degli strumenti finanziari esistenti (FEP, sostegno alla PMI e dispositivi dell'organizzazione comune dei mercati) in un unico fondo, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), proposta dalla Commissione europea al fine di assicurare una maggiore semplificazione, potrebbe comportare, inoltre, un aumento della complessità burocratica delle disposizioni normative, provocando un non auspicabile aumento Pag. 218dei costi di gestione e amministrativi e anche un rallentamento nell'utilizzo dei fondi relativi al periodo di programmazione 2014-2020.
  La dotazione finanziaria del FEAMP è pari a circa 7 miliardi di euro, come risulta dalla proposta di nuovo Quadro finanziario pluriennale; il nuovo Fondo coprirà anche il finanziamento della politica marittima europea e si auspica che tale componente non si realizzi a svantaggio del sostegno dell'Unione europea garantito per la pesca, l'acquacoltura e la filiera ittica in generale.
  Il FEAMP è inoltre soggetto alle condizionalità previste dalla proposta di regolamento COM(2011)615, recante disposizioni comuni sui fondi compresi nel Quadro strategico comune.
  A tale riguardo si osserva che il sistema di prescrizioni stabilito è estremamente rigido, pur essendo finalizzato ad un miglior utilizzo dei finanziamenti comunitari, specie con riferimento alla condizionalità macroeconomica. Condizionare eccessivamente le possibilità di aiuto al rispetto di adempimenti difficilmente dimostrabili, quali la capacità di cattura, rischia di complicare enormemente il sistema di erogazione dei finanziamenti ai beneficiari.
  È inoltre auspicabile, ove prevalesse l'ipotesi di interruzione dei contributi alla demolizione della flotta, l'applicazione di una strategia di «phasing out», che preveda adeguate misure di accompagnamento per gli operatori interessati.

5) Regionalizzazione
  Il processo decisionale alla base della PCP appare eccessivamente centralizzato, considerate le peculiarità dei bacini marini che caratterizzano il territorio unionale; se tale approccio, infatti, è indispensabile alla corretta gestione e preservazione degli stock ittici comuni, la predisposizione degli elementi di dettaglio, quali la larghezza delle maglie delle reti, mal si presta ad una generalizzata applicazione alle diverse realtà. Talune disposizioni vigenti si sono rivelate inadeguate alle realtà dei mari del sud Europa, in particolare del Mediterraneo, caratterizzato da profonde diversità strutturali, socio economiche e culturali che implicano un approccio peculiare.
  I piani di gestione pluriennale rappresentano una prima risposta alla necessità di una gestione adeguata alle diverse specificità dei mari europei; tuttavia sarebbe necessaria una formulazione basata sulla più ampia partecipazione, che coinvolga non solo gli Stati membri, ma anche tutti gli operatori e i soggetti interessati; è indispensabile una governance regionalizzata che contempli margini di flessibilità e adattamento.

6) Dimensione esterna della pesca
  Il rafforzamento del ruolo dell'Unione europea sulla scena internazionale è di fondamentale importanza in un contesto di relazioni e scambi ormai globalizzati. I futuri accordi di pesca sostenibile (APS) sono strumenti essenziali per garantire l'accesso agli avanzi delle risorse disponibili, consentendo l'approvvigionamento del mercato comunitario, il mantenimento dei posti di lavoro e lo sviluppo del settore ittico nei Paesi partner. Gli accordi contribuiranno alla realizzazione di un contesto di governance di elevata qualità nel Paese partner se saranno coerenti con gli obiettivi delle politiche di sviluppo e saranno incentrati su principi di sostenibilità e trasparenza nella gestione delle risorse e nelle attività di monitoraggio, sorveglianza e controllo. Si segnala la necessità di garantire che lo sfruttamento delle risorse alieutiche avvenga sulla base di solidi pareri scientifici e riguardi unicamente le risorse eccedentarie che il paese partner non può o non intende pescare.
  Nel conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla riforma della PCP, appare imprescindibile il coinvolgimento dei Paesi del vicinato, in particolare quelli dei Balcani occidentali, con i quali è necessario concordare iniziative congiunte per la tutela di bacini marittimi comuni, come la regolamentazione del fermo pesca biologico nel mare Adriatico.

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7) Acquacoltura
  Tenuto conto che l'industria dell'acquacoltura europea ha creato circa 17.000 imprese e 65.000 posti di lavoro diretti e indiretti e che in un contesto globale di forte domanda dei prodotti dell'acquacoltura, l'Unione europea contribuisce solo al 2 per cento della produzione mondiale di tale settore, mentre il suo consumo interno ammonta ad oltre cinque milioni di tonnellate annue, appare necessario predisporre norme adeguate nel quadro dell'OCM, al fine di contrastare la concorrenza sleale delle importazioni a buon mercato di prodotti di scarsa qualità che non rispettano i requisiti comunitari in materia di igiene e sanità.
  È inoltre indispensabile che la Commissione europea chiarisca, sempre nel quadro dell'OCM, i sistemi di registrazione dell'etichetta e di certificazione per la produzione dell'acquacoltura e i tempi di istituzione del Consiglio consultivo per l'acquacoltura, la sua missione, struttura e finanziamento.
  L'acquacoltura è il futuro dell'economia ittica: appare pertanto pienamente condivisibile la valorizzazione di tale comparto, nonché la promozione dello sviluppo di tecniche di allevamento sostenibili, competitive e diversificate, favorendo la ricerca verso nuove specie e nuove modalità di produzione, idonee all'insediamento in aree ambientali di diversa tipologia.
  Occorre continuare a puntare sulla sicurezza alimentare dei prodotti ittici allevati e sul benessere animale, anche attraverso l'eliminazione degli ostacoli che gli imprenditori lamentano e che concernono principalmente le pratiche amministrative e le difficoltà di accesso alle risorse pubbliche (aree produttive, la derivazione delle acque e il loro trattamento).
  La nuova PCP in questo senso sembra voler fare un passo avanti, anche attraverso una forma di coordinamento fra Stati che favorisca, oltre che l'innovazione, anche lo scambio di informazioni e di buone pratiche di gestione.
  È necessario sviluppare, altresì, adeguate politiche di filiera improntate al criterio del chilometro zero ed incentivare la creazione di infrastrutture di terra a supporto del sistema di conservazione, trasformazione e commercializzazione del prodotto di qualità «made in Italy».
  La strategia per lo sviluppo di un'acquacoltura europea, varata nel 2002, non ha raggiunto l'obiettivo previsto in considerazione dell'importante ruolo del settore per garantire la sicurezza alimentare, favorire l'occupazione e assicurare un buon assetto territoriale.

8) Atti delegati
  Con riferimento alla previsione di atti delegati, per i quali il legislatore comunitario delega all'esecutivo il potere di adottare norme che modificano elementi non essenziali dei regolamenti, appare opportuno sottolineare l'esigenza che la delega sia contenuta nei limiti e nelle condizioni stabilite dall'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dagli atti legislativi stessi, considerato che la previsione di intervento attraverso atti delegati riguarda aspetti importanti, tra i quali: le specie per le quali può essere introdotto il divieto di rigetto (articolo 15, comma 6, della proposta di regolamento COM(2011)425) e il calcolo dei limiti di capacità di pesca attribuiti alle flotte degli Stati membri (articolo 35, comma 3, della proposta di regolamento COM(2011)425).
  Analogamente, per l'adozione dei progetti di atti di esecuzione si raccomanda l'osservanza delle disposizioni stabilite dal regolamento (UE) n. 182/2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/60/UE che dispone deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale (Atto n. 470).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La XIII Commissione (Agricoltura),
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/60/UE che dispone deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale (atto n. 470);
   preso atto che, con lettera in data 12 luglio 2012, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha comunicato che è scaduto il termine per l'espressione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   visto il documento approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 6 giugno 2012;
   esaminati i rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario espressi dalla V Commissione (Bilancio), nella seduta del 17 luglio 2012, che si allegano;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   si raccomanda di tener conto delle richieste di modifica formulate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e dei rilievi della V Commissione Bilancio.

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ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/60/UE che dispone deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale (Atto n. 470).

NUOVA FORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione (Agricoltura),
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2010/60/UE che dispone deroghe per la commercializzazione delle miscele di sementi di piante foraggere destinate a essere utilizzate per la preservazione dell'ambiente naturale (atto n. 470);
   preso atto che, con lettera in data 12 luglio 2012, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha comunicato che è scaduto il termine per l'espressione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   visto il documento approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 6 giugno 2012;
   esaminati i rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario espressi dalla V Commissione (Bilancio), nella seduta del 17 luglio 2012, che si allegano;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   1) si raccomanda di tener conto delle richieste di modifica formulate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e dei rilievi della V Commissione Bilancio;
   2) si valuti la possibilità di considerare «zona fonte» anche altre zone con caratteristiche simili a quelle di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2).

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ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi (Atto n. 479).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La XIII Commissione (Agricoltura),
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi (Atto n. 479);
   considerato che il termine di recepimento della direttiva 2009/128/CE è scaduto il 26 novembre 2011 e che la Commissione europea, il 21 marzo 2012, ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora (procedura n. 2012/196), ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   preso atto che, con lettera in data 12 luglio 2012, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha comunicato che è scaduto il termine per l'espressione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   visto il documento approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 21 giugno 2012, che contiene richieste di modifica che si ritiene il Governo debba recepire, in considerazione delle competenze che il provvedimento assegna ai medesimi enti;
   vista la valutazione favorevole sulle conseguenze di carattere finanziario espressa dalla V Commissione (Bilancio) nella seduta del 19 luglio 2012;
   tenuto conto del contributo di analisi e delle richieste di modifica formulate nel corso delle audizioni informali, che hanno coinvolto i rappresentanti delle organizzazioni professionali e cooperative agricole, delle organizzazioni di categoria dei professionisti competenti per materia e dei produttori di agrofarmaci;
   premesso altresì che:
    la direttiva 2009/128/CE, adottata a norma del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, si propone di istituire un quadro normativo comune ai Paesi dell'Unione europea per un utilizzo sostenibile dei pesticidi, tenendo conto del principio di precauzione, allo scopo di ridurre i rischi e degli impatti dell'utilizzo di tali prodotti sulla salute umana e sull'ambiente e di incoraggiare lo sviluppo e l'introduzione della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi. A tal fine, la direttiva prevede l'adozione da parte degli Stati membri di piani d'azione nazionali;
    va ricordato in proposito che le problematiche connesse alla diffusione dell'utilizzo dei fitofarmaci hanno determinato, ormai da molti decenni, una forte spinta alla individuazione di prescrizioni di carattere normativo e di soluzioni di tipo tecnico-scientifico, a livello europeo e nazionale, che hanno fatto registrare continui miglioramenti sul piano della tutela della salute e dell'ambiente;
    per quanto riguarda l'Italia, in particolare, la nuova regolamentazione europea incide su un quadro normativo che ha già introdotto alcune misure di gestione dei fitofarmaci ora previste dalla direttiva per l'insieme dei paesi europei nonché Pag. 223rigorose prescrizioni a tutela della sicurezza e della salute degli operatori e dei consumatori;
    inoltre, l'agricoltura italiana ha già raggiunto importanti risultati sulla strada dell'impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari e del ricorso a pratiche agronomiche che puntano al minor utilizzo di mezzi chimici. Tali risultati – innegabilmente frutto di un importante impegno del mondo agricolo – si possono misurare nella diminuzione della quantità di prodotti distribuiti per uso agricolo, nella continua spinta all'utilizzo di nuovi principi attivi a ridotto impatto ambientale e nei positivi dati relativi alla presenza di residui sugli alimenti;
    nel condividere l'obiettivo delle istituzioni europee di compiere ulteriori passi in avanti verso un'agricoltura ecosostenibile e la sicurezza alimentare, e nel condividere altresì il richiamo al principio di precauzione, si ritiene che la consapevolezza dei risultati raggiunti dovrebbe indurre a seguire un approccio più basato su criteri di premialità e di ulteriore stimolo nei confronti delle imprese, che non su criteri vincolistici e punitivi. Infatti, le imprese già dimostrano di essere ampiamente orientate alla scelta dell'agricoltura biologica, della produzione integrata, di pratiche agricole sostenibili e, in generale, alla riduzione del ricorso agli agrofarmaci, che pure costituiscono un ausilio importante per l'agricoltura;
    in tale direzione, si ritiene inoltre necessario ricercare il giusto equilibrio tra le esigenze di sostenibilità ambientale e le esigenze di sostenibilità economica delle imprese in senso lato, che comprendono anche gli aspetti relativi agli adempimenti già oggi pesanti, che rischiano di accrescere ancora i passaggi di carattere burocratico;
    il recepimento della direttiva europea e la definizione degli adempimenti e delle regole per le imprese andrebbero pertanto impostati secondo gli indirizzi della semplificazione e della riduzione al minimo degli oneri amministrativi, sempre valutando ciascuno di essi alla luce del rapporto costo-benefici e tenendo altresì conto dell'indirizzo affermato nella legislazione nazionale di non introdurre misure più gravose di quelle richieste dalla normativa europea;
    in questa fase così complessa della vita del Paese risulta concretamente improponibile una norma che preveda nuovi costi per la pubblica amministrazione e pertanto si ritiene fondamentale che l'impegno delle imprese agricole nell'adeguamento ai nuovi obiettivi sull'uso sostenibile dei fitofarmaci sia altresì sostenuto almeno con un'adeguata rete di assistenza tecnica e con modalità organizzative e procedurali che consentano, ove possibile, una riduzione dei costi complessivamente gravanti sulla singola impresa;
    si ritiene infine opportuno che il complessivo processo di adeguamento alla disciplina europea, che si svilupperà attraverso i piani di azione nazionali, avvenga prevedendo più strutturate e stabili forme di consultazione delle rappresentanze delle imprese agricole, considerato anche che l'articolo 4 della direttiva dispone che nelle fasi di redazione e di revisione dei rispettivi piani d'azione nazionali gli Stati membri tengano conto dell'impatto sanitario, sociale, economico e ambientale delle misure previste, delle specifiche condizioni a livello nazionale, regionale e locale, nonché dei gruppi di diretti interessati;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   a) si ritiene necessario accogliere le proposte di modifica formulate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, richiamanda in particolare l'attenzione su quelle di seguito indicate:
    1) all'articolo 2, si condivide la seguente formulazione dei commi 3 e 4: «3. Le disposizioni del presente decreto sono armonizzate con le politiche di sviluppo Pag. 224rurale predisposte dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nella fase di programmazione e attuazione dei relativi programmi di sviluppo rurale e dei regimi di sostegno, nonché con la condizionalità ed i provvedimenti relativi all'organizzazione comune dei mercati. 4. Il presente decreto si applica fatta salva qualsiasi altra normativa pertinente in materia fitosanitaria»;
    2) all'articolo 3, si condivide la seguente formulazione della lettera c) del comma 1 (definizione di utilizzatore professionale): «c) utilizzatore professionale: persona che utilizza i prodotti fitosanitari nel corso di un'attività professionale, compresi gli operatori e i tecnici, gli imprenditori e i lavoratori autonomi, sia nel settore agricolo sia in altri settori»;
    3) all'articolo 3, si condivide la seguente formulazione della lettera l) del comma 1 (popolazione interessata): «l) popolazione interessata: le persone residenti o domiciliate all'interno e in prossimità delle aree in cui vengono effettuati i trattamenti con prodotti fitosanitari»;
    4) all'articolo 4, si devono inserire anche le regioni e le province autonome tra le autorità che provvedono, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, alla programmazione, all'attuazione, al coordinamento e al monitoraggio delle misure previste dal decreto e di quelle previste dal Piano;
    5) all'articolo 6, comma 1, si preveda che il Piano d'azione nazionale sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
    6) all'articolo 6, comma 2, laddove si prevede che il Piano promuove lo sviluppo e l'introduzione della difesa integrata e di metodi di produzione o tecniche di difesa alternativi, si faccia riferimento non unicamente alla finalità di ridurre la dipendenza dai prodotti fitosanitari, ma anche alla necessità di assicurare una produzione sostenibile, rispondente ai requisiti di qualità stabiliti dalle norme vigenti;
    7) all'articolo 10, si preveda che le prescrizioni di cui all'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290 (Caratteristiche dei locali e prescrizioni per l'acquisto), si applicano a tutti i prodotti fitosanitari destinati agli utilizzatori professionali;
    8) all'articolo 13, il comma 5 sia riformulato nel modo seguente: «5. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano che intendano rilasciare un'autorizzazione in deroga, ai sensi del comma 2, devono inviare al Ministero della salute, almeno 30 giorni prima della data prevista per il trattamento aereo, documentazione comprovante l'effettuazione delle verifiche e i risultati delle valutazioni di cui al comma 4, lettere a), b), c) e d). Copia della domanda deve essere inviata contestualmente al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare»;
    9) all'articolo 15, si condivide la formulazione del comma 6, secondo la quale «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano attuano le misure» (e non adottano);
    10) all'articolo 16, si condivide la seguente formulazione del settimo periodo del comma 4: «Nel caso in cui i trattamenti siano realizzati da contoterzisti, il registro dei trattamenti deve essere compilato dal titolare dell'azienda allegando l'apposito modulo rilasciato dal contoterzista per ogni singolo trattamento»;
    11) all'articolo 24, considerato che tutte le organizzazioni consultate in audizione ritengono il livello delle sanzioni previste eccessivamente gravoso e punitivo, soprattutto quello relativo a violazioni di carattere amministrativo, si raccomanda l'accoglimento delle proposte di modifica formulate dalla Conferenza delle regioni e Pag. 225delle province autonome, che prevedono la riduzione dell'importo delle sanzioni di cui ai commi 7 (prescrizioni sui controlli funzionali periodici delle attrezzature), 10 (violazione delle misure di tutela di cui agli articoli 14 e 15) e 13 (obblighi di tenuta del registro dei trattamenti);
   b) all'articolo 4, con riferimento alle attività di programmazione, attuazione, coordinamento e monitoraggio delle misure previste dal decreto e di quelle previste dal Piano, si ritiene indispensabile prevedere un tavolo di confronto con la filiera agroalimentare che si riunisca con cadenza semestrale, al fine di garantire nel tempo attraverso la partecipazione delle rappresentanze degli operatori un'attuazione della normativa efficace e basata su una esatta valutazione delle esigenze del mondo produttivo;
   c) all'articolo 5, si giudica insufficiente una consultazione meramente discrezionale e non normata del mondo agricolo; pertanto, per garantire una partecipazione più strutturata e continua delle organizzazioni delle imprese agricole, si chiede di prevedere che il Consiglio tecnico-scientifico sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari sia composto anche da un'adeguata rappresentanza delle predette organizzazioni e si suggerisce di individuare metodologie di ascolto e consultazione delle rappresentanze delle professioni attinenti alla materia in oggetto;
   d) all'articolo 6, comma 2, si chiede di distinguere l'agricoltura biologica dai «metodi alternativi», citandola esplicitamente;
   e) agli articoli 7, 8, 9 e 10, occorre concentrare l'intervento formativo sui soggetti che ne abbiano effettiva necessità, escludendo dagli obblighi di partecipazione ai relativi corsi i tecnici di comprovata esperienza in materia e i professionisti iscritti in albi professionali di settore, per i quali la specifica qualificazione professionale acquisita può far ritenere superflua un'attività formativa ulteriore rispetto alla formazione continua obbligatoria prevista dai rispettivi ordinamenti;
   f) con riferimento all'articolo 15, in particolare, si condivide in linea generale l'obiettivo di promuovere un salto di qualità dell'agricoltura nelle aree protette e nelle aree Natura 2000, avendo come obiettivo la ecocompatibilità dei metodi di produzione e la diffusione del metodo biologico, dell'agricoltura integrata e di altre pratiche agricole innovative e non impattanti. Tuttavia, si ribadisce la necessità di perseguire tale obiettivo cercando un ragionevole equilibrio tra i principi di tutela ambientale e l'esigenza di garantire la stessa permanenza in quelle aree (che comprendono un quarto della superficie agricola italiana) di attività produttive economicamente sostenibili, come l'agricoltura. In quest'ottica, tenuto anche conto dell'articolo 12 della direttiva, appare improprio imporre, con criteri rigidi e generalizzati, determinati metodi di produzione in tali aree, senza una specifica valutazione dei rischi e senza lasciare spazi adeguati alle autonome scelte produttive delle imprese. Appare pertanto necessario prevedere che le eventuali ulteriori restrizioni all'uso di prodotti fitosanitari siano valutate ed adottate, tenendo conto della presente norma in sede locale, in base alle specifiche esigenze di tutela dei siti, in un quadro di concertazione tra gli enti territoriali, gli enti gestori delle aree e le rappresentanze degli agricoltori, e siano auspicabilmente accompagnate da strumenti di incentivazione e compensazione;
   g) con riferimento agli articoli 18, 19, 20 e 21, si ritiene che il condivisibile obiettivo di pervenire ad una difesa sanitaria a basso apporto di prodotti fitosanitari, che costituisce un incisivo indirizzo che condizionerà l'agricoltura futura, debba essere perseguito secondo criteri che tengano conto della realtà produttiva delle imprese italiane e, per quanto riguarda in particolare la difesa integrata obbligatoria di cui all'articolo 19, della sostenibilità economica delle scelte da compiere. Si sottolinea al contempo la necessità di valutare attentamente imposizioni obbligatorie difficilmente raggiungibili dalle imprese senza una gradualità e Pag. 226supportando il sistema con un'adeguata rete di assistenza tecnica, senza la quale sembra difficile realizzare quel cambio di direzione verso un modello produttivo a ridotto consumo di pesticidi. Si raccomanda altresì di assicurare la partecipazione delle organizzazioni agricole alla definizione delle scelte, ad esempio prevedendone la presenza nell'organismo tecnico-scientifico di cui all'articolo 2, comma 6, della legge n. 4 del 2011;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 3:
    1) si ritiene necessario migliorare la definizione del «consulente», di cui alla lettera g) del comma 1, soprattutto al fine di precisarne la qualificazione professionale, i titoli necessari e valorizzare la sua «terzietà» rispetto ai soggetti direttamente coinvolti nella commercializzazione e vendita dei prodotti fitosanitari;
    2) appare opportuno introdurre una definizione di «utilizzatore non professionale», in quanto tale soggetto è previsto dall'articolo 10, comma 5, che vieta la vendita agli stessi di prodotti che non riportino in etichetta la specifica dicitura: «prodotto fitosanitario destinato agli utilizzatori non professionali»;
   b) all'articolo 4, si ritiene che al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali debba essere riconosciuto il ruolo di capofila del processo di attuazione disciplinato dal medesimo articolo, in considerazione della necessaria centralità e della posizione che assume il settore agricolo, prevedendo che il medesimo Ministero assuma quindi un ruolo di coordinamento delle attività di competenza di ciascun Ministero interessato;
   c) all'articolo 6:
    1) poiché il Piano in oggetto dovrebbe essere adottato entro il 26 novembre 2012, appare indispensabile che i suoi contenuti siano oggetto di confronto con le organizzazioni agricole;
    2) si ritiene necessario che nella fase di redazione del piano si definiscano, al fine di assumere con piena consapevolezza ogni misura, strumenti operativi in grado di valutare adeguatamente l'impatto sanitario, sociale, economico ed ambientale delle misure previste, nel contesto nazionale, regionale, locale;
    3) al comma 3, si valuti la possibilità di inserire, tra gli obiettivi del Piano, l'informazione sul corretto utilizzo dei prodotti fitosanitari al fine di garantire produzioni di qualità minimizzando i rischi sulla salute umana e sull'ambiente;
   d) agli articoli 7, 8, 9 e 10, in relazione al sistema della formazione e all'insieme delle abilitazioni:
    1) considerata la rilevanza della formazione, nonché della certezza circa la professionalita di utilizzatori, distributori, consulenti, si segnala la necessità di improntare il sistema a criteri di semplificazione ed efficacia, individuandone gli aspetti essenziali ed evitando il rischio che possa diventare un inutile aggravio di costi e di incombenze burocratiche per le imprese o per coloro che già posseggono titoli e competenze certificate;
    2) fermo restando che le regioni e le province autonome sono le autorità responsabili per l'istituzione del sistema della formazione, appare opportuno prevedere la possibilità per le stesse di avvalersi – per lo svolgimento di attività formative e per l'espletamento dell'esame per il rilascio dei certificati di abilitazione – anche delle competenze maturate da enti di formazione o da strutture formative di emanazione delle organizzazioni professionali agricole, dotate di specifici requisiti di idoneità;
   e) con riferimento specifico all'articolo 10, si invita a valutare se sia effettivamente necessario imporre alle aziende che effettuano la vendita di prodotti fitosanitari di avvalersi di personale abilitato che sia unicamente nella posizione di «dipendente» dell'azienda, prescrizione che determinerebbe un aggravio dei costi che si scaricherebbe sugli acquirenti;Pag. 227
   f) all'articolo 11, pur condividendo l'importanza della corretta informazione e sensibilizzazione della popolazione sui rischi per la salute e per l'ambiente derivanti dall'uso di prodotti fitosanitari, si invita a non trasformare le dovute cautele in adempimenti eccessivamente gravosi per gli utilizzatori professionali, in particolare laddove si tratti di prescrizioni non previste dalla direttiva;
   g) in relazione agli articoli 14 e 15, occorre evitare disposizioni che si sovrappongono agli strumenti di gestione e salvaguardia già in vigore per gli ambienti vulnerabili e le aree protette, dettando misure che siano compatibili e di supporto all'implementazione di quegli stessi strumenti in direzione delle finalità della direttiva. Si ricordano, in particolare, le disposizioni di cui agli articoli 93 e 94 del codice ambientale, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, concernenti rispettivamente le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e le aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, nonché la normativa sulle aree Natura 2000;
   h) all'articolo 17:
    1) si valuti l'opportunità di stabilire specifiche prescrizioni per la manipolazione e il trattamento degli imballaggi e delle rimanenze di prodotti fitosanitari, inserendole in apposito allegato (le audizioni svolte dalla Commissione hanno potuto consentire di conoscere ipotesi ben formulate che si mettono a disposizione del Governo) (v. allegato);
    2) si valuti in ogni caso la possibilità di promuovere modalità che consentano all'agricoltore di suddividere gli oneri di smaltimento dei prodotti inutilizzati e degli imballaggi, che sono posti a carico di tutti gli utilizzatori professionali, pur non apparendo sempre compatibili con le caratteristiche dimensionali e organizzative della generalità degli imprenditori agricoli;
   i) con riferimento agli articoli 18, 19, 20 e 21, per quanto riguarda la difesa integrata, si richiamano gli indirizzi contenuti nella risoluzione n. 7-00707, approvata dalla Commissione il 9 maggio 2012 con il parere favorevole del Governo, con la quale si è impegnato il Governo «a predisporre linee guida e strumenti idonei all'attuazione degli obblighi comunitari in materia di lotta integrata anche utilizzando le «migliori pratiche» attivate da alcune regioni italiane e a promuovere e sostenere le azioni attivate dalle regioni in materia di difesa integrata al fine di incentivare ulteriormente la ricerca e la sperimentazione con l'obiettivo di rendere adattabili alle diverse realtà territoriali i modelli previsionali ed assicurare quindi la disponibilità di know how per tutti i Paesi europei impegnati a salvaguardare un modello di agricoltura sostenibile nell'interesse dei produttori e dei consumatori»;
   l) all'articolo 21, si chiede di riformulare la disposizione nel senso di prevedere che le regioni e le province autonome e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ciascuno per le proprie competenze, promuovono ed incentivano l'applicazione delle tecniche di agricoltura biologica, disciplinata dal regolamento (CE) n. 834/2007, secondo gli orientamenti specifici del Piano;
   m) si richiamano i rilievi formulati in ordine agli articoli 14 e 15 anche con riferimento al comma 10 dell'articolo 24, dove si contemplano le sanzioni amministrative per la non osservanza delle misure a tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e delle aree specifiche, circa l'esigenza di evitare sovrapposizioni con le norme sanzionatorie già presenti per le medesime fattispecie di violazioni nella normativa nazionale e regionale. Si propone pertanto di fare salve tali norme e di dettare eventualmente, nel testo in esame, sanzioni con funzione suppletiva, in mancanza di sanzioni previste dalle specifiche normative di tutela;
   n) l'articolo 25, che stabilisce che dall'attuazione del decreto legislativo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, costituisce Pag. 228l'occasione per ribadire conclusivamente, pur comprendendo i vincoli derivanti dall'attuale situazione dei bilanci pubblici, che la mancata previsione di risorse volte a sostenere l'impegno delle imprese agricole nell'adeguamento ai nuovi obiettivi sull'uso sostenibile dei fitofarmaci costituisce un obiettivo elemento di debolezza della nuova normativa. Ciò induce tuttavia a ribadire con decisione anche la necessità di evitare che l'attuazione del decreto comporti adempimenti amministrativi eccessivi e poco efficaci per le stesse imprese, soprattutto laddove non siano obbligatoriamente richiesti dalla direttiva da recepire.

Allegato all'osservazione di cui alla lettera h), riferita all'articolo 17.

  «Allegato IV. Criteri generali per il trattamento degli imballaggi e delle rimanenze da parte degli utilizzatori dei prodotti fitosanitari

  1. Gli utilizzatori dei prodotti fitosanitari devono ottemperare alle disposizioni che seguono:
   a) sottoporre ad operazioni di lavaggio aziendale i contenitori vuoti. L'operazione deve essere eseguita presso l'azienda ove è stato preparato il prodotto. Il refluo, ottenuto a seguito della bonifica dei contenitori, deve essere recuperato e non disperso nell'ambiente e deve essere riutilizzato esclusivamente per i trattamenti fitosanitari previsti per il prodotto fitosanitario presente nel refluo;
   b) ridurre, ove e possibile, il volume dei contenitori e richiudere con tappo, ove presente;
   c) inserire in un sacco impermeabile appositamente predisposto i contenitori sottoposti al lavaggio aziendale e depositare temporaneamente in azienda in un locale chiuso e riparato dagli agenti atmosferici e secondo le condizioni stabilite per il deposito temporaneo dall'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   d) in caso di rifiuti soggetti a raccolta differenziata, consegnare tutti i rifiuti secondo le indicazioni stabilite dal soggetto preposto al ritiro;

  2. I contenitori vuoti di prodotti fitosanitari non sottoposti a operazioni di lavaggio effettuate secondo quanto previsto al precedente articolo 3, quando contenti sostanze pericolose, sono da considerarsi rifiuti speciali pericolosi e come tali devono essere gestiti.
  3. È vietato smaltire i contenitori vuoti di prodotti fitosanitari in azienda mediante interramento o incenerimento, nonché nei cassonetti stradali per rifiuti urbani.
  4. Il gestore del circuito organizzato di raccolta mette a disposizione degli imprenditori agricoli sacchi impermeabili per il contenimento dei contenitori di prodotti fitosanitari bonificati.
  Al momento del conferimento, il gestore del circuito di raccolta o il soggetto che provvede al ritiro per conto dello stesso controlla che i sacchi siano ermeticamente chiusi e che vi sia stata apposta un'etichetta con i seguenti estremi identificativi del conferente:
   ragione sociale dell'azienda agricola;
   indirizzo della sede operativa;
   codice fiscale
   data di conferimento;
   numero e tipologia dei contenitori conferiti.

  5. Sui contenitori conferiti può essere effettuato, da parte del gestore del circuito di conferimento, controlli a campione al fine di verificare il corretto svolgimento delle operazioni di bonifica.».

Pag. 229

ALLEGATO 6

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi (Atto n. 479).

NUOVA FORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione (Agricoltura),
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi (Atto n. 479);
   considerato che il termine di recepimento della direttiva 2009/128/CE è scaduto il 26 novembre 2011 e che la Commissione europea, il 21 marzo 2012, ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora (procedura n. 2012/196), ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   preso atto che, con lettera in data 12 luglio 2012, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha comunicato che è scaduto il termine per l'espressione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   visto il documento approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 21 giugno 2012, che contiene richieste di modifica che si ritiene il Governo debba recepire, in considerazione delle competenze che il provvedimento assegna ai medesimi enti;
   vista la valutazione favorevole sulle conseguenze di carattere finanziario espressa dalla V Commissione (Bilancio) nella seduta del 19 luglio 2012;
   tenuto conto del contributo di analisi e delle richieste di modifica formulate nel corso delle audizioni informali, che hanno coinvolto i rappresentanti delle organizzazioni professionali e cooperative agricole, delle organizzazioni di categoria dei professionisti competenti per materia e dei produttori di agrofarmaci;
   premesso altresì che:
    la direttiva 2009/128/CE, adottata a norma del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, si propone di istituire un quadro normativo comune ai Paesi dell'Unione europea per un utilizzo sostenibile dei pesticidi, tenendo conto del principio di precauzione, allo scopo di ridurre i rischi e degli impatti dell'utilizzo di tali prodotti sulla salute umana e sull'ambiente e di incoraggiare lo sviluppo e l'introduzione della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi. A tal fine, la direttiva prevede l'adozione da parte degli Stati membri di piani d'azione nazionali;
    va ricordato in proposito che le problematiche connesse alla diffusione dell'utilizzo dei fitofarmaci hanno determinato, ormai da molti decenni, una forte spinta alla individuazione di prescrizioni di carattere normativo e di soluzioni di tipo tecnico-scientifico, a livello europeo e nazionale, che hanno fatto registrare continui miglioramenti sul piano della tutela della salute e dell'ambiente;
    per quanto riguarda l'Italia, in particolare, la nuova regolamentazione europea incide su un quadro normativo che ha già introdotto alcune misure di gestione dei fitofarmaci ora previste dalla direttiva Pag. 230per l'insieme dei paesi europei nonché rigorose prescrizioni a tutela della sicurezza e della salute degli operatori e dei consumatori;
    inoltre, l'agricoltura italiana ha già raggiunto importanti risultati sulla strada dell'impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari e del ricorso a pratiche agronomiche che puntano al minor utilizzo di mezzi chimici. Tali risultati – innegabilmente frutto di un importante impegno del mondo agricolo – si possono misurare nella diminuzione della quantità di prodotti distribuiti per uso agricolo, nella continua spinta all'utilizzo di nuovi principi attivi a ridotto impatto ambientale e nei positivi dati relativi alla presenza di residui sugli alimenti;
    nel condividere l'obiettivo delle istituzioni europee di compiere ulteriori passi in avanti verso un'agricoltura ecosostenibile e la sicurezza alimentare, e nel condividere altresì il richiamo al principio di precauzione, si ritiene che la consapevolezza dei risultati raggiunti dovrebbe indurre a seguire un approccio più basato su criteri di premialità e di ulteriore stimolo nei confronti delle imprese, che non su criteri vincolistici e punitivi. Infatti, le imprese già dimostrano di essere ampiamente orientate alla scelta dell'agricoltura biologica, della produzione integrata, di pratiche agricole sostenibili e, in generale, alla riduzione del ricorso agli agrofarmaci, che pure costituiscono un ausilio importante per l'agricoltura;
    in tale direzione, si ritiene inoltre necessario ricercare il giusto equilibrio tra le esigenze di sostenibilità ambientale e le esigenze di sostenibilità economica delle imprese in senso lato, che comprendono anche gli aspetti relativi agli adempimenti già oggi pesanti, che rischiano di accrescere ancora i passaggi di carattere burocratico;
    il recepimento della direttiva europea e la definizione degli adempimenti e delle regole per le imprese andrebbero pertanto impostati secondo gli indirizzi della semplificazione e della riduzione al minimo degli oneri amministrativi, sempre valutando ciascuno di essi alla luce del rapporto costo-benefici e tenendo altresì conto dell'indirizzo affermato nella legislazione nazionale di non introdurre misure più gravose di quelle richieste dalla normativa europea;
    in questa fase cosi complessa della vita del Paese risulta concretamente improponibile una norma che preveda nuovi costi per la pubblica amministrazione e pertanto si ritiene fondamentale che l'impegno delle imprese agricole nell'adeguamento ai nuovi obiettivi sull'uso sostenibile dei fitofarmaci sia altresì sostenuto almeno con un'adeguata rete di assistenza tecnica e con modalità organizzative e procedurali che consentano, ove possibile, una riduzione dei costi complessivamente gravanti sulla singola impresa;
    si ritiene infine opportuno che il complessivo processo di adeguamento alla disciplina europea, che si svilupperà attraverso i piani di azione nazionali, avvenga prevedendo più strutturate e stabili forme di consultazione delle rappresentanze delle imprese agricole, considerato anche che l'articolo 4 della direttiva dispone che nelle fasi di redazione e di revisione dei rispettivi piani d'azione nazionali gli Stati membri tengano conto dell'impatto sanitario, sociale, economico e ambientale delle misure previste, delle specifiche condizioni a livello nazionale, regionale e locale, nonché dei gruppi di diretti interessati;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   a) si ritiene necessario accogliere le proposte di modifica formulate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, richiamando in particolare l'attenzione su quelle di seguito indicate:
    1) all'articolo 2, si condivide la seguente formulazione dei commi 3 e 4: «3. Le disposizioni del presente decreto Pag. 231sono armonizzate con le politiche di sviluppo rurale predisposte dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nella fase di programmazione e attuazione dei relativi programmi di sviluppo rurale e dei regimi di sostegno, nonché con la condizionalità ed i provvedimenti relativi all'organizzazione comune dei mercati. 4. Il presente decreto si applica fatta salva qualsiasi altra normativa pertinente in materia fitosanitaria»;
    2) all'articolo 3, si condivide la seguente formulazione della lettera c) del comma 1 (definizione di utilizzatore professionale): «c) utilizzatore professionale: persona che utilizza i prodotti fitosanitari nel corso di un'attività professionale, compresi gli operatori e i tecnici, gli imprenditori e i lavoratori autonomi, sia nel settore agricolo sia in altri settori»;
    3) all'articolo 3, si condivide la seguente formulazione della lettera l) del comma 1 (popolazione interessata): «l) popolazione interessata: le persone residenti o domiciliate all'interno e in prossimità delle aree in cui vengono effettuati i trattamenti con prodotti fitosanitari»;
    4) all'articolo 4, si devono inserire anche le regioni e le province autonome tra le autorità che provvedono, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, alla programmazione, all'attuazione, al coordinamento e al monitoraggio delle misure previste dal decreto e di quelle previste dal Piano;
    5) all'articolo 6, comma 1, si preveda che il Piano d'azione nazionale sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
    6) all'articolo 6, comma 2, laddove si prevede che il Piano promuove lo sviluppo e l'introduzione della difesa integrata e di metodi di produzione o tecniche di difesa alternativi, si faccia riferimento non unicamente alla finalità di ridurre la dipendenza dai prodotti fitosanitari, ma anche alla necessità di assicurare una produzione sostenibile, rispondente ai requisiti di qualità stabiliti dalle norme vigenti;
    7) all'articolo 10, si preveda che le prescrizioni di cui all'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290 (Caratteristiche dei locali e prescrizioni per l'acquisto), si applicano a tutti i prodotti fitosanitari destinati agli utilizzatori professionali;
    8) all'articolo 13, il comma 5 sia riformulato nel modo seguente: «5. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano che intendano rilasciare un'autorizzazione in deroga, ai sensi del comma 2, devono inviare al Ministero della salute, almeno 30 giorni prima della data prevista per il trattamento aereo, documentazione comprovante l'effettuazione delle verifiche e i risultati delle valutazioni di cui al comma 4, lettere a), b), c) e d). Copia della domanda deve essere inviata contestualmente al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare»;
    9) all'articolo 15, nel condividere la proposta di modifica del comma 6 formulata dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, si chiede di precisarla ulteriormente, nel senso di sostituire le parole: «Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano le misure di cui al comma 1» con le seguenti: «Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuano e attuano le misure di cui al comma 1»;
    10) all'articolo 16, si condivide la seguente formulazione del settimo periodo del comma 4: «Nel caso in cui i trattamenti siano realizzati da contoterzisti, il registro dei trattamenti deve essere compilato dal titolare dell'azienda allegando l'apposito modulo rilasciato dal contoterzista per ogni singolo trattamento»;
    11) all'articolo 24, considerato che tutte le organizzazioni consultate in audizione Pag. 232ritengono il livello delle sanzioni previste eccessivamente gravoso e punitivo, soprattutto quello relativo a violazioni di carattere amministrativo, si raccomanda l'accoglimento delle proposte di modifica formulate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, che prevedono la riduzione dell'importo delle sanzioni di cui ai commi 7 (prescrizioni sui controlli funzionali periodici delle attrezzature), 10 (violazione delle misure di tutela di cui agli articoli 14 e 15) e 13 (obblighi di tenuta del registro dei trattamenti);
   b) all'articolo 3, comma 1, lettera m), le parole: «difesa integrata: attenta considerazione» siano sostituite con le seguenti: «difesa integrata: valutazione della necessità del trattamento in base a monitoraggi dei parassiti e a campionamenti della coltura con verifica dell'effettivo superamento di soglie di danno; nel caso in cui sia accertata la necessità del trattamento, attenta considerazione»;
   c) all'articolo 4, con riferimento alle attività di programmazione, attuazione, coordinamento e monitoraggio delle misure previste dal decreto e di quelle previste dal Piano, si ritiene indispensabile prevedere un tavolo di confronto con la filiera agroalimentare che si riunisca con cadenza semestrale, al fine di garantire nel tempo attraverso la partecipazione delle rappresentanze degli operatori un'attuazione della normativa efficace e basata su una esatta valutazione delle esigenze del mondo produttivo;
   d) all'articolo 5, si giudica insufficiente una consultazione meramente discrezionale e non normata del mondo agricolo; pertanto, per garantire una partecipazione più strutturata e continua delle organizzazioni delle imprese agricole, si chiede di prevedere che il Consiglio tecnico-scientifico sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari sia composto anche da un'adeguata rappresentanza delle predette organizzazioni e si suggerisce di individuare metodologie di ascolto e consultazione delle rappresentanze delle professioni attinenti alla materia in oggetto;
   e) all'articolo 6, comma 2, si chiede di distinguere l'agricoltura biologica dai «metodi alternativi», citandola esplicitamente;
   f) agli articoli 7, 8, 9 e 10, occorre concentrare l'intervento formativo sui soggetti che ne abbiano effettiva necessità, escludendo dagli obblighi di partecipazione ai relativi corsi i tecnici di comprovata esperienza in materia e i professionisti iscritti in albi professionali di settore, per i quali la specifica qualificazione professionale acquisita può far ritenere superflua un'attività formativa ulteriore rispetto alla formazione continua obbligatoria prevista dai rispettivi ordinamenti;
   g) con riferimento all'articolo 15, in particolare, si condivide in linea generale l'obiettivo di promuovere un salto di qualità dell'agricoltura nelle aree protette e nelle aree Natura 2000, avendo come obiettivo la ecocompatibilità dei metodi di produzione e la diffusione del metodo biologico, dell'agricoltura integrata e di altre pratiche agricole innovative e non impattanti. Tuttavia, si ribadisce la necessità di perseguire tale obiettivo cercando un ragionevole equilibrio tra i principi di tutela ambientale e l'esigenza di garantire la stessa permanenza in quelle aree (che comprendono un quarto della superficie agricola italiana) di attività produttive economicamente sostenibili, come l'agricoltura, anche tradizionale. In quest'ottica, tenuto anche conto dell'articolo 12 della direttiva, appare improprio imporre, con criteri rigidi e generalizzati, determinati metodi di produzione in tali aree, senza una specifica valutazione dei rischi e senza lasciare spazi adeguati alle autonome scelte produttive delle imprese. Appare pertanto necessario prevedere che le eventuali diverse regolamentazioni sull'uso di prodotti fitosanitari siano valutate ed adottate, tenendo conto della presente norma in sede locale, in base alle specifiche esigenze di tutela dei siti, in un quadro di concertazione tra gli enti territoriali, gli enti gestori delle aree e le rappresentanze degli agricoltori, e siano auspicabilmente Pag. 233accompagnate da strumenti di incentivazione e compensazione;
   h) con riferimento agli articoli 18, 19, 20 e 21, si ritiene che il condivisibile obiettivo di pervenire ad una difesa sanitaria a basso apporto di prodotti fitosanitari, che costituisce un incisivo indirizzo che condizionerà l'agricoltura futura, debba essere perseguito secondo criteri che tengano conto della realtà produttiva delle imprese italiane e, per quanto riguarda in particolare la difesa integrata obbligatoria di cui all'articolo 19, della sostenibilità economica delle scelte da compiere. Si sottolinea al contempo la necessità di valutare attentamente imposizioni obbligatorie difficilmente raggiungibili dalle imprese senza una gradualità e supportando il sistema con un'adeguata rete di assistenza tecnica, senza la quale sembra difficile realizzare quel cambio di direzione verso un modello produttivo a ridotto consumo di pesticidi. Si raccomanda altresì di assicurare la partecipazione delle organizzazioni agricole alla definizione delle scelte, ad esempio prevedendone la presenza nell'organismo tecnico-scientifico di cui all'articolo 2, comma 6, della legge n. 4 del 2011;
   i) all'articolo 19, comma 1, dopo la parola: «infezioni,» siano aggiunte le seguenti: «affinché i trattamenti siano effettuati solo al superamento di soglie di danno/presenza o di fattori di rischio,»;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 3:
    1) si ritiene necessario migliorare la definizione del «consulente», di cui alla lettera g) del comma 1, soprattutto al fine di precisarne la qualificazione professionale, i titoli necessari e valorizzare la sua «terzietà» rispetto ai soggetti direttamente coinvolti nella commercializzazione e vendita dei prodotti fitosanitari;
    2) appare opportuno introdurre una definizione di «utilizzatore non professionale», in quanto tale soggetto è previsto dall'articolo 10, comma 5, che vieta la vendita agli stessi di prodotti che non riportino in etichetta la specifica dicitura: «prodotto fitosanitario destinato agli utilizzatori non professionali»;
   b) all'articolo 4, si ritiene che al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali debba essere riconosciuto il ruolo di capofila del processo di attuazione disciplinato dal medesimo articolo, in considerazione della necessaria centralità e della posizione che assume il settore agricolo, prevedendo che il medesimo Ministero assuma quindi un ruolo di coordinamento delle attività di competenza di ciascun Ministero interessato;
   c) all'articolo 6:
    1) poiché il Piano in oggetto dovrebbe essere adottato entro il 26 novembre 2012, appare indispensabile che i suoi contenuti siano oggetto di confronto con le organizzazioni agricole;
    2) si ritiene necessario che nella fase di redazione del piano si definiscano, al fine di assumere con piena consapevolezza ogni misura, strumenti operativi in grado di valutare adeguatamente l'impatto sanitario, sociale, economico ed ambientale delle misure previste, nel contesto nazionale, regionale, locale;
    3) al comma 3, si valuti la possibilità di inserire, tra gli obiettivi del Piano, l'informazione sul corretto utilizzo dei prodotti fitosanitari al fine di garantire produzioni di qualità minimizzando i rischi sulla salute umana e sull'ambiente;
   d) agli articoli 7, 8, 9 e 10, in relazione al sistema della formazione e all'insieme delle abilitazioni:
    1) considerata la rilevanza della formazione, nonché della certezza circa la professionalità di utilizzatori, distributori, consulenti, si segnala la necessità di improntare il sistema a criteri di semplificazione ed efficacia, individuandone gli aspetti essenziali ed evitando il rischio che possa diventare un inutile aggravio di costi Pag. 234e di incombenze burocratiche per le imprese o per coloro che già posseggono titoli e competenze certificate;
    2) fermo restando che le regioni e le province autonome sono le autorità responsabili per l'istituzione del sistema della formazione, appare opportuno prevedere la possibilità per le stesse di avvalersi – per lo svolgimento di attività formative e per l'espletamento dell'esame per il rilascio dei certificati di abilitazione – anche delle competenze maturate da enti di formazione o da strutture formative di emanazione delle organizzazioni professionali agricole, dotate di specifici requisiti di idoneità;
   e) con riferimento specifico all'articolo 10, si invita a valutare se sia effettivamente necessario imporre alle aziende che effettuano la vendita di prodotti fitosanitari di avvalersi di personale abilitato che sia unicamente nella posizione di «dipendente» dell'azienda, prescrizione che determinerebbe un aggravio dei costi che si scaricherebbe sugli acquirenti;
   f) all'articolo 11, pur condividendo l'importanza della corretta informazione e sensibilizzazione della popolazione sui rischi per la salute e per l'ambiente derivanti dall'uso di prodotti fitosanitari, si invita a non trasformare le dovute cautele in adempimenti eccessivamente gravosi per gli utilizzatori professionali, in particolare laddove si tratti di prescrizioni non previste dalla direttiva;
   g) in relazione agli articoli 14 e 15, occorre evitare disposizioni che si sovrappongono agli strumenti di gestione e salvaguardia già in vigore per gli ambienti vulnerabili e le aree protette, dettando misure che siano compatibili e di supporto all'implementazione di quegli stessi strumenti in direzione delle finalità della direttiva. Si ricordano, in particolare, le disposizioni di cui agli articoli 93 e 94 del codice ambientale, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, concernenti rispettivamente le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e le aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, nonché la normativa sulle aree Natura 2000;
   h) all'articolo 17:
    1) si valuti l'opportunità di stabilire specifiche prescrizioni per la manipolazione e il trattamento degli imballaggi e delle rimanenze di prodotti fitosanitari, inserendole in apposito allegato (le audizioni svolte dalla Commissione hanno potuto consentire di conoscere ipotesi ben formulate che si mettono a disposizione del Governo) (v. allegato);
    2) si valuti in ogni caso la possibilità di promuovere modalità che consentano all'agricoltore di suddividere gli oneri di smaltimento dei prodotti inutilizzati e degli imballaggi, che sono posti a carico di tutti gli utilizzatori professionali, pur non apparendo sempre compatibili con le caratteristiche dimensionali e organizzative della generalità degli imprenditori agricoli;
   i) con riferimento agli articoli 18, 19, 20 e 21, per quanto riguarda la difesa integrata, si richiamano gli indirizzi contenuti nella risoluzione n. 7-00707, approvata dalla Commissione il 9 maggio 2012 con il parere favorevole del Governo, con la quale si è impegnato il Governo «a predisporre linee guida e strumenti idonei all'attuazione degli obblighi comunitari in materia di lotta integrata anche utilizzando le «migliori pratiche» attivate da alcune regioni italiane e a promuovere e sostenere le azioni attivate dalle regioni in materia di difesa integrata al fine di incentivare ulteriormente la ricerca e la sperimentazione con l'obiettivo di rendere adattabili alle diverse realtà territoriali i modelli previsionali ed assicurare quindi la disponibilità di know how per tutti i Paesi europei impegnati a salvaguardare un modello di agricoltura sostenibile nell'interesse dei produttori e dei consumatori»;
   l) all'articolo 21, si chiede di riformulare la disposizione nel senso di prevedere che le regioni e le province autonome e il Ministero delle politiche agricole Pag. 235alimentari e forestali, ciascuno per le proprie competenze, promuovono ed incentivano l'applicazione delle tecniche di agricoltura biologica, disciplinata dal regolamento (CE) n. 834/2007, secondo gli orientamenti specifici del Piano;
   m) si richiamano i rilievi formulati in ordine agli articoli 14 e 15 anche con riferimento al comma 10 dell'articolo 24, dove si contemplano le sanzioni amministrative per la non osservanza delle misure a tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e delle aree specifiche, circa l'esigenza di evitare sovrapposizioni con le norme sanzionatorie già presenti per le medesime fattispecie di violazioni nella normativa nazionale e regionale. Si propone pertanto di fare salve tali norme e di dettare eventualmente, nel testo in esame, sanzioni con funzione suppletiva, in mancanza di sanzioni previste dalle specifiche normative di tutela;
   n) l'articolo 25, che stabilisce che dall'attuazione del decreto legislativo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, costituisce l'occasione per ribadire conclusivamente, pur comprendendo i vincoli derivanti dall'attuale situazione dei bilanci pubblici, che la mancata previsione di risorse volte a sostenere l'impegno delle imprese agricole nell'adeguamento ai nuovi obiettivi sull'uso sostenibile dei fitofarmaci costituisce un obiettivo elemento di debolezza della nuova normativa. Ciò induce tuttavia a ribadire con decisione anche la necessità di evitare che l'attuazione del decreto comporti adempimenti amministrativi eccessivi e poco efficaci per le stesse imprese, soprattutto laddove non siano obbligatoriamente richiesti dalla direttiva da recepire.

Allegato all'osservazione di cui alla lettera h), numero 1), riferita all'articolo 17

  «Allegato IV. Criteri generali per il trattamento degli imballaggi e delle rimanenze da parte degli utilizzatori dei prodotti fitosanitari

  1. Gli utilizzatori dei prodotti fitosanitari devono ottemperare alle disposizioni che seguono:
   a) sottoporre ad operazioni di lavaggio aziendale i contenitori vuoti. L'operazione deve essere eseguita presso l'azienda ove è stato preparato il prodotto. Il refluo, ottenuto a seguito della bonifica dei contenitori, deve essere recuperato e non disperso nell'ambiente e deve essere riutilizzato esclusivamente per i trattamenti fitosanitari previsti per il prodotto fitosanitario presente nel refluo;
   b) ridurre, ove e possibile, il volume dei contenitori e richiudere con tappo, ove presente;
   c) inserire in un sacco impermeabile appositamente predisposto i contenitori sottoposti al lavaggio aziendale e depositare temporaneamente in azienda in un locale chiuso e riparato dagli agenti atmosferici e secondo le condizioni stabilite per il deposito temporaneo dall'articolo 183 del D. Lgs. 152/06;
   d) in caso di rifiuti soggetti a raccolta differenziata, consegnare tutti i rifiuti secondo le indicazioni stabilite dal soggetto preposto al ritiro;

  2. I contenitori vuoti di prodotti fitosanitari non sottoposti a operazioni di lavaggio effettuate secondo quanto previsto al precedente articolo 3, quando contenti sostanze pericolose, sono da considerarsi rifiuti speciali pericolosi e come tali devono essere gestiti.
  3. È vietato smaltire i contenitori vuoti di prodotti fitosanitari in azienda mediante interramento o incenerimento, nonché nei cassonetti stradali per rifiuti urbani.
  4. Il gestore del circuito organizzato di raccolta mette a disposizione degli imprenditori agricoli sacchi impermeabili per il contenimento dei contenitori di prodotti fitosanitari bonificati.
  Al momento del conferimento, il gestore del circuito di raccolta o il soggetto che provvede al ritiro per conto dello stesso controlla che i sacchi siano ermeticamente Pag. 236chiusi e che vi sia stata apposta un'etichetta con i seguenti estremi identificativi del conferente:
   ragione sociale dell'azienda agricola;
   indirizzo della sede operativa;
   codice fiscale;
   data di conferimento;
   numero e tipologia dei contenitori conferiti.

  5. Sui contenitori conferiti può essere effettuato, da parte del gestore del circuito di conferimento, controlli a campione al fine di verificare il corretto svolgimento delle operazioni di bonifica.».

Pag. 237

ALLEGATO 7

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici (Nuovo testo C. 4041 ed abbinate).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La XIII Commissione,
   esaminato il nuovo testo delle proposte di legge C. 4041 ed abbinate elaborato dalla II Commissione, recante modifiche alla disciplina del condominio negli edifici;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   all'articolo 16, si invita la Commissione di merito a formulare il nuovo testo dell'articolo 1138 del codice civile, sul divieto di possedere o detenere animali da compagnia, in modo da evitare ulteriore contenzioso, per quanto riguarda gli aspetti del pericolo e del disturbo nei confronti degli altri condomini;
   al fine di ridurre gli oneri di gestione dei condominii, si valuti l'opportunità di ridurre all'essenziale i dati che devono essere annotati nel repertorio dei condominii di cui all'articolo 25 e di sopprimere l'articolo 26, sul registro degli amministratori di condominio, che da una parte appare un'inutile duplicazione di dati già contenuti nel citato repertorio e dall'altra istituisce di fatto un albo professionale e determina quindi una limitazione della concorrenza.

Pag. 238

ALLEGATO 8

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici (Nuovo testo C. 4041 ed abbinate).

NUOVA FORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   esaminato il nuovo testo delle proposte di legge C. 4041 ed abbinate elaborato dalla II Commissione, recante modifiche alla disciplina del condominio negli edifici;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   all'articolo 16, si invita la Commissione di merito a formulare con maggiore precisione il nuovo testo dell'articolo 1138 del codice civile, sul divieto di possedere o detenere animali da compagnia, in modo da evitare ulteriore contenzioso, con particolare riferimento alla definizione di tali animali e per quanto riguarda gli aspetti del pericolo e del disturbo nei confronti degli altri condomini;
   al fine di ridurre gli oneri di gestione dei condominii, si valuti l'opportunità di ridurre all'essenziale i dati che devono essere annotati nel repertorio dei condominii di cui all'articolo 25 e di sopprimere l'articolo 26, sul registro degli amministratori di condominio, che da una parte appare un'inutile duplicazione di dati già contenuti nel citato repertorio e dall'altra istituisce di fatto un albo professionale e determina quindi una limitazione della concorrenza.