CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 1° febbraio 2011
432.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292).

NUOVA PROPOSTA DI PARERE PRESENTATA DAL RELATORE SEN. BARBOLINI

La Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292);
Premesso che,
il provvedimento al nostro esame affronta tematiche di primaria rilevanza nell'ambito del processo di attuazione del federalismo fiscale delineato dalla legge n. 42 del 2009, che avranno una ricaduta diretta sul futuro delle nostre comunità locali, sull'ordinamento e la funzionalità amministrativa dei comuni, sulla qualità della vita dei cittadini e sul carico fiscale dei contribuenti e delle imprese;
il provvedimento dovrebbe rappresentare uno dei pilastri fondamentali del futuro assetto federale del nostro ordinamento, e il risultato a cui si è giunti, per molteplici ragioni, non è quello delineato nella legge delega e che da più parti si auspicava;
il testo proposto all'esame della Commissione bicamerale nella seduta del 27 gennaio scorso, incorpora, infatti, numerose modifiche rispetto al dispositivo originario e alla prima formulazione del parere del relatore La Loggia, che tuttavia non consentono di rimuovere le perplessità e le preoccupazioni espresse in sede di discussione generale sul provvedimento. Al contrario, pur a fronte di taluni miglioramenti che riducono la totale incertezza della precedente stesura, nuovi dubbi e criticità si aggiungono alle precedenti;
l'ultima versione dello schema di decreto legislativo, contiene una serie di misure del tutto estranee alla delega prevista dalla legge n. 42 del 2009, inserite nel testo al solo scopo di recuperare un minimo assetto di equilibrio per la fiscalità municipale, fortemente compromesso dagli interventi inizialmente previsti;
in particolare i tributi sui trasferimenti immobiliari, ora che non sono più trasformati in un'imposta propria comunale (IMU «trasferimenti») e la stessa cedolare secca che è solo compartecipata, vengono chiaramente a configurarsi come esorbitanti rispetto agli ambiti della delega;
Considerato che,
l'impianto generale del provvedimento che la Commissione si accinge a votare certamente non contribuisce alla creazione di un chiaro assetto per il federalismo fiscale, rispondente alle necessità e ai bisogni dei cittadini e delle amministrazioni comunali;
a seguito dell'approvazione di primi provvedimenti di delega, l'attuazione del federalismo appare molto distante da quello concordemente pensato nella legge n. 42 del 2009, tanto che da più parti iniziano a sollevarsi riserve motivate e giudizi fondatamente critici;
la costruzione del federalismo sta procedendo attraverso passaggi non consequenziali e logici ma, al contrario, con

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interventi tra loro non coordinati. Allo stato attuale mancano all'appello i pilastri fondamentali su cui dovrebbero basarsi i provvedimenti in discussione, così come esplicitamente previsti nell'articolato della legge n. 42 del 2009, e dunque l'approvazione e l'avvio della discussione degli schemi di decreto legislativo sulla fiscalità municipale, regionale e provinciale, risulta compromessa dall'assenza di una definizione compiuta della Carta delle Autonomie per quanto attiene a compiti e funzioni per i diversi livelli di governo, nonché della definizione dei fabbisogni e dei costi standard, dei livelli essenziali delle prestazioni e dei livelli essenziali di assistenza, e dei meccanismi di funzionamento del fondo perequativo;
in assenza di tali fondamentali criteri, risulta molto difficile comprendere come la fiscalità municipale, quella regionale e delle province possa effettivamente funzionare e quali saranno le conseguenze della fissazione, ad un certo livello piuttosto che ad un altro, dei fabbisogni e dei costi standard, dei LEA e dei LEP e del funzionamento del fondo perequativo;
nell'attuale situazione, nessuno è obiettivamente in grado di affermare con certezza che il federalismo che si sta delineando produrrà effettivi vantaggi e benefici per i cittadini, mentre si può sicuramente constatare che il grado di autonomia finanziaria delle amministrazioni locali, per effetto delle misure individuate, risulta fortemente compresso a scapito di una maggiore rigidità e centralizzazione. Non è certo questo il federalismo che è stato pensato e tradotto nella legge n. 42 del 2009;
Constatato che,
lo schema di decreto legislativo, così come modificato nel testo di parere predisposto dal relatore di maggioranza, evidenzia, in via generale, alcuni aspetti critici difficilmente superabili che contraddicono lo spirito della legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale municipale;
in primo luogo, appare del tutto evidente che, così come proposto, permangono troppo penalizzati i principi cardine della responsabilità delle amministrazioni e dell'autonomia impositiva dei comuni sanciti in più parti della legge delega;
solo per richiamare alcuni passaggi, l'articolo 1 della legge n. 42 del 2009, pone espressamente tra gli obiettivi del federalismo fiscale l'autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni, nonché la massima responsabilizzazione degli amministratori e l'effettività e la trasparenza del controllo democratico dei cittadini nei confronti degli eletti;
analogamente, lo schema al nostro esame non sembra rispettare a pieno quanto previsto dall'articolo 2 della legge n. 42 del 2009, laddove si afferma che i decreti legislativi dovranno essere informati ai princìpi e ai criteri direttivi generali di autonomia di entrata e di spesa, di maggiore responsabilizzazione amministrativa, finanziaria e contabile di tutti i livelli di governo e laddove si afferma che l'attribuzione di risorse autonome ai comuni deve avvenire secondo il principio di territorialità e nel rispetto del principio di solidarietà e dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza;
ma ciò che appare più evidente è l'assenza del principio, previsto dall'articolo 2, comma 2, lettera p) della legge n. 42 del 2009 che sancisce la tendenziale correlazione tra il prelievo fiscale e il beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio in modo da favorire la corrispondenza tra responsabilità finanziaria e amministrativa, continenza e responsabilità nell'imposizione di tributi propri;
a tale proposito, è difficile comprendere come l'IMU possa assolvere al compito di massima responsabilizzazione degli amministratori nei confronti dei propri elettori e come possa rispondere al principio di territorialità considerato che la stessa grava sulle seconde case e sulle attività commerciali ed artigianali, ovvero sui cittadini per lo più non residenti nel territorio comunale;

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in secondo luogo, l'obiettivo del superamento del sistema di finanza derivata e della definizione di un assetto della finanza municipale idoneo ad assicurare l'assolvimento delle funzioni attribuite agli enti locali, di fatto, viene completamente disatteso;
con il sistema prefigurato dal provvedimento in esame si ritorna piuttosto ad un modello prevalentemente centralizzato di finanziamento dei comuni, dove l'attribuzione delle risorse finanziarie è affidata, a regime, ad un non meglio precisato meccanismo di funzionamento del fondo perequativo, al quale si affianca la compartecipazione dei comuni al gettito di taluni cespiti della fiscalità immobiliare, l'attribuzione di una «quota» del gettito connesso alla cedolare secca e la compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, pari al 2 per cento. A completamento del sistema, viene prevista: l'attribuzione ai comuni di una quota delle sanzioni amministrative comminate per l'inadempimento degli obblighi di dichiarazione dei cittadini relative alla segnalazione degli immobili che ancora non risultano accatastati agli uffici dell'Agenzia del territorio; la possibilità di introdurre imposte di scopo per la realizzazione di opere pubbliche e per altri non meglio precisati interventi; l'attribuzione ai comuni capoluogo di provincia, alle unioni di comuni e ai comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte, della facoltà di istituire un'imposta di soggiorno;
appare del tutto evidente, pertanto, che il provvedimento, che avrebbe dovuto configurarsi come un grande rimodellamento del sistema di fiscalità municipale pensato a partire dal 1992 e che ha garantito, pur con limiti e disarmonie, fino alla soppressione dell'ICI sulla prima casa un elevato ed apprezzato grado di autonomia tributaria ai comuni, resta molto al di sotto di quell'ambizione;
il ruolo dell'autonomia tributaria comunale risulta, peraltro, significativamente compresso, in quanto il provvedimento limita fortemente la portata applicativa dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 novembre 1997, n. 446, ovvero la potestà regolamentare di carattere generale. Gli unici poteri che lo schema riconosce ai comuni riguardano la possibilità di aumentare o diminuire del 3 per mille l'aliquota dell'IMU possesso e di introdurre con regolamento l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso;
il previsto sblocco delle addizionali comunali all'IRPEF, introdotto da ultimo allo scopo di recuperare un certo grado di autonomia impositiva per i comuni, e che ha alla radice la responsabilità del Governo per i tagli decisi con la manovra del decreto legge n. 78 del luglio scorso, appare del tutto inopportuno, anche in considerazione dell'attuale livello di pressione fiscale generale. Oltre ad appesantire il carico fiscale dei contribuenti, la misura rischia di accrescere i divari già esistenti fra le diverse realtà territoriali del Paese, e di avvantaggiare in modo casuale talune amministrazioni rispetto ad altre;
la proposta, così come formulata, inoltre, rischia di avere un effetto retroattivo, qualora i comuni, procedano prima del 31 marzo ad una novazione delle delibere per i bilanci 2011 approvate nel 2010, con relativo sblocco delle addizionale, con ciò palesemente contravvenendo ai principi sanciti dallo Statuto del contribuente;
infine, non si può sottacere che lo schema di decreto legislativo al nostro esame, tradisce l'obiettivo di semplificazione del sistema tributario nel suo complesso. Tra l'altro, in questo provvedimento si è persa l'occasione di risolvere l'annosa questione TIA/TARSU che lascia nell'assoluta indeterminatezza il rapporto tra cittadini ed amministrazioni su un fondamentale servizio per l'igiene, la tutela della salute e della qualità della vita nei centri urbani. Al contrario, il numero degli adempimenti a carico dei contribuenti cresce in misura considerevole;

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Preso atto che,
in relazione alla tematica della devoluzione dei tributi, nonostante le modifiche introdotte al testo originario, si registra il mancato riconoscimento di un effettiva autonomia impositiva per i comuni, in ciò palesemente contravvenendo a quanto previsto dall'articolo 2 della legge n. 42 del 2009, laddove si afferma che i decreti legislativi dovranno essere informati ai principi e ai criteri direttivi generali di autonomia di entrata e di spesa;
con riferimento ai tributi citati dall'articolo 1 del provvedimento, così come modificato, ai comuni è attribuita solo una compartecipazione, in alcuni casi sull'intero ammontare del gettito (imposta di registro e imposta di bollo sui contratti di locazione relativi agli immobili e irpef, in relazione ai redditi fondiari, escluso il reddito agrario) e nei restanti casi su quota parte del gettito complessivo dei medesimi;
la scelta di attribuire ai comuni una compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui all'articolo 1, comma 192, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, pari al 2 per cento, senza una chiara definizione dei meccanismi di ripartizione e di ridistribuzione del gettito, si presta ad evidenti rischi di sperequazione territoriale e fra cittadini, assai molto meno evidenti nell'ipotesi di compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto;
l'imposta di scopo, prevista nell'ultima versione del parere La Loggia, riprende, di fatto, quanto già previsto dall'articolo 1, commi 145-151, della legge n. 296 del 2006, e demandando la sua disciplina puntuale ad un D.P.C.M., adottato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, viola palesemente le procedure previste dalla legge n. 42 del 2009. Si tratta dell'ennesimo tema oggetto di rinvio, che non trova attuazione nello schema di decreto legislativo all'esame della Commissione e che, inoltre, non consente al Parlamento di potere esprimere un proprio parere;
inoltre, la previsione che il gettito dell'imposta di scopo finanzi l'intero ammontare dell'opera pubblica da realizzare contrasta palesemente con i principi del nostro diritto tributario, i quali sanciscono che ogni imposta deve servire, almeno potenzialmente, al finanziamento di qualsiasi spesa pubblica, sia essa dello Stato o di altro ente pubblico percettore di quella imposta. In ottemperanza ai suddetti principi, l'imposta di scopo introdotta nella finanziaria 2007, prevedeva opportunamente che il gettito dell'imposta di scopo poteva essere solo parzialmente destinata alla copertura delle spese per la realizzazione delle opere pubbliche;
l'imposta di soggiorno viene rimessa alla potestà dei capoluoghi di provincia, delle unioni di comuni e dei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte e posta a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione fino a 5 euro per notte di soggiorno;
anche in tale ambito, da più parti, si sono sollevate profonde critiche e preoccupazioni. In talune realtà, l'imposta di soggiorno, così come formulata, rischia di creare una situazione di forte svantaggio competitivo e di condizionare le scelte della clientela turistica, anche perché non appare del tutto chiaro se l'imposta si applicherà a ciascun turista o alla camera od alloggio per notte di soggiorno;
infine, non si comprendono le motivazioni che hanno impedito a molte altre realtà locali di avere entrate aggiuntive, anche una tantum, da destinare alla tutela e alla salvaguardia del proprio patrimonio storico, urbanistico ed architettonico;
Considerato che,
con riferimento al comma 2 dell'articolo 1 dello schema di decreto, così come modificato, si segnala, in linea generale, l'assenza di chiari meccanismi di funzionamento del Fondo sperimentale di riequilibrio e soprattutto delle modalità

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di ripartizione delle risorse nei tre anni di suo funzionamento, e ancor più che il Fondo sperimentale di riequilibrio ha un carattere orizzontale in aperto contrasto con i principi della legge n. 42 del 2009;
per quanto attiene ai rapporti tra il meccanismo transitorio di finanziamento e perequazione si evidenzia che lo schema di decreto non contempla la verifica di congruità da parte della Conferenza Unificata circa il gettito delle nuove entrate dei comuni in relazione ai trasferimenti soppressi, ma solo un coinvolgimento nella fase transitoria della Conferenza Stato-città e autonomie locali, che partecipa sia alla definizione dei criteri di alimentazione e riparto del fondo, sia alla individuazione della percentuale di compartecipazione statale e di riduzione dei trasferimenti di cui al comma 6;
sempre con riferimento alla scarsa trasparenza del meccanismo perequativo, al comma 5 dell'articolo 1, si prevede che con decreto ministeriale sono definite «le quote del gettito dei tributi che, anno per anno, sono devolute al comune ove sono ubicati gli immobili oggetto d'imposizione». Tale previsione sembrerebbe introdurre un principio di territorialità nella destinazione del gettito dei cespiti immobiliari: tuttavia, non si specifica se la norma intenda stabilire che una quota di gettito non affluisce al Fondo, ma viene riservata ai comuni nei quali sono ubicati gli immobili che generano il gettito medesimo, ovvero se essa costituisca un criterio imprescindibile di riparto del complesso del gettito destinato ad alimentare il Fondo medesimo;
le modifiche introdotte dai commi 5 e 6 dell'articolo 1, e il nuovo comma 6-bis, non sono tuttavia ancora sufficienti ad assicurare che nel triennio di funzionamento del Fondo sperimentale di riequilibrio, fino alla determinazione dei fabbisogni standard, non vi siano ingiustificate perdite di entrata per i singoli comuni, per cui si rende necessario introdurre ulteriori criteri di garanzia ed equilibrio;
rispetto al sistema di perequazione a regime (comma 6 dell'articolo 8) tutto è rinviato ad un successivo decreto legislativo correttivo ed integrativo da adottarsi ai sensi della legge n. 42 del 2009. A seguito delle modifiche introdotte, si prevede soltanto che ai fini della determinazione del fondo perequativo non si terrà conto delle variazioni di gettito prodotte dall'esercizio dell'autonomia tributaria, nonché dell'emersione della base imponibile riferibile al concorso comunale all'attività di recupero fiscale;
uno degli aspetti maggiormente critici del provvedimento è che il Fondo perequativo a regime dovrà essere coordinato con la fiscalità municipale già introdotta con il provvedimento in esame, e per come sembrerebbero fissate le aliquote base, stando al decreto, il sistema perequativo a regime si dovrebbe configurare come un sistema orizzontale. Il che è in evidente contraddizione con i principi e i contenuti della legge n. 42 del 2009;
a tale proposito si evidenzia una delle maggiori problematicità del provvedimento: ovvero che la fiscalità e la perequazione avrebbero dovuto procedere parallelamente, al fine di rendere trasparenti, da subito, le ricadute su ciascun comune, sui cittadini e le imprese. Non è accettabile trattare la fiscalità municipale e liquidare la perequazione con un semplice rinvio;
per tutte queste ragioni appare indispensabile che il decreto preveda il finanziamento del Fondo perequativo previsto dall'articolo 13 della legge n. 42 a valere sui gettiti dei tributi erariali le cui quote sono attribuite ai comuni ai sensi dell'articolo 1, onde evitare che dal 2014 tutte le risorse corrispondenti agli attuali trasferimenti vengano fiscalizzate, rendendo oggettivamente impossibile il reperimento di adeguate risorse aggiuntive da destinare al Fondo perequativo che ha lo scopo essenziale di garantire il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali in ciascun comune in base ai fabbisogni standard, e il finanziamento delle funzioni non

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fondamentali in base al principio della riduzione della differenza tra le capacità fiscali;
Osservato che,
la misura relativa alla cedolare secca, profondamente rivista rispetto alla versione iniziale e alla prima versione del parere del Relatore La Loggia, continua tuttavia a presentare, e per diversi aspetti aggrava, una serie di problematiche e di criticità di assoluto rilievo;
rispetto alla prima versione del parere La Loggia, viene previsto un livello di aliquota al 21 per cento per i canoni liberi, in luogo del precedente 23 per cento, ed una riduzione dal 20 al 19 per cento per i canoni concordati. Nel frattempo, scompaiono, per ragioni di copertura finanziaria, sia le agevolazioni per le famiglie con figli a carico e sia quelle per i contratti a canone concordato;
in relazione a tali innovazioni, una prima evidente criticità riguarda gli effetti finanziari della cedolare secca. La tesi sostenuta nella relazione tecnica, secondo la quale le agevolazioni introdotte sarebbero talmente vantaggiose per i contribuenti, che, associate a sanzioni a carico degli affittuari e favorevoli agli inquilini, determineranno una significativa emersione di redditi attualmente esclusi dalla tassazione, appare del tutto insoddisfacente. Sotto questo profilo, la fissazione dell'aliquota al 21 per cento può sì avere una significativa appetibilità per una parte dei contribuenti, ma questa se non è affiancata dalla detrazione dei canoni di locazione, rischia di generare un significativo ammanco di risorse al bilancio dello Stato;
nel corso degli ultimi 10 anni, infatti, la posizione di tutti i ministri dell'economia e delle finanze, supportati dalle valutazioni tecniche della Ragioneria Generale, è stata sempre quella che la cedolare secca determinava, almeno nel primo anno, una perdita di gettito pari a circa 2,5 miliardi di euro, per poi diminuire gradualmente negli anni successivi. Ma un simile percorso era ritenuto possibile solo a fronte di un altro fattore: la contemporanea previsione della detrazione del 19 per cento delle spese sostenute dai cittadini per l'affitto, in modo tale da creare una convergenza di interessi tra locatore e locatario;
la presunzione che i risultati dell'emersione possono conseguire gli effetti massimi ipotizzati, in presenza di un' aliquota al 21 per cento, nel perdurare di una mancata previsione di significative detrazioni in favore dei locatari (la disposizione del blocco degli adeguamenti contrattuali in base ai coefficienti vigenti è sostanzialmente un elemento irrilevante), appare pertanto del tutto improbabile;
una seconda criticità riguarda gli effetti distorsivi della misura. La fissazione dell'aliquota al 21 per cento, in assenza di una previsione di robusto beneficio anche per gli inquilini, può finire con il risultare pressoché neutra rispetto alle scelte di un'ampia platea di proprietari a medio reddito (che rappresentano circa l'80 per cento dei potenziali interessati), con l'effetto che il beneficio della misura sia, quindi, solo ed esclusivamente ad appannaggio degli scaglioni di reddito più alto: e tanto più alto è il reddito del proprietario dell'immobile locato, tanto più forte è il vantaggio fiscale;
si produce, in sintesi, una smagliatura nei conti pubblici, il cui vantaggio è a favore solo ed esclusivamente di una parte dei contribuenti: quella dei proprietari di immobili con i redditi più alti. L'imposta si rivela pertanto fortemente regressiva;
altro aspetto grave e pesantemente critico riguarda gli effetti della misura (la previsione di un'aliquota del 19 per cento) sui canoni concordati. In presenza di contratti di locazione a canone concordato spariscono una serie di agevolazioni, sia per il proprietario sia per il conduttore, che finora hanno garantito l'appetibilità di tale strumento: e ciò contribuirà ad una forte contrazione nell'utilizzo di tale importante strumento sociale, quale si è

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rivelato nelle realtà in cui è stato opportunamente valorizzato e sostenuto, a vantaggio dei contratti di locazione a canone libero, con ricadute difficilmente gestibili proprio nei comuni a più alta tensione abitativa;
Sottolineato che,
riguardo all'imposta municipale propria, pur a fronte delle modifiche introdotte, da più parti vengono sollevate critiche e perplessità;
l'imposta, apparentemente semplificativa del quadro normativo, in realtà presenta effetti distorsivi di non poco rilievo. In linea generale, si prefigura un sistema che avvantaggia i comuni nei quali sono presenti numerose seconde abitazioni, mentre si penalizzano quelle realtà dove le abitazioni sono prevalentemente occupate da residenti, con l'effetto che taluni grandi centri urbani saranno inevitabilmente perequati e comuni a prevalente vocazione turistica anche di minori dimensioni beneficeranno di un forte surplus di risorse;
l'imposta municipale propria contraddice, in taluni passaggi, i principi fondamentali della legge n. 42 del 2009 in termini di autonomia finanziaria, responsabilità e appropriatezza. In particolare:
l'imposta municipale propria è dovuta esclusivamente dai contribuenti nel caso di possesso di immobili non costituenti abitazione principale in ragione di un'aliquota percentuale dello 0,76 per cento. Tale aliquota potrà essere modificata soltanto con D.P.C.M., su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la conferenza Stato - città ed autonomie locali. Ai comuni è concessa esclusivamente la facoltà di deliberare in consiglio comunale, entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, una modifica, in aumento o in diminuzione, (sino a 0,2 punti per gli immobili locati e a 0,3 punti percentuali per gli altri) dell'aliquota fissata. Anche così come formulata, resta l'alea di un'incertezza sulle risorse finanziarie per i comuni, in quanto l'imposta principale può essere rivista, pur se previa intesa, ogni anno dal Governo, come se fossero trasferimenti;
l'imposta municipale grava sui cittadini non residenti nel territorio comunale, sugli esercizi commerciali e sulle attività imprenditoriali, artigianali e professionali. Il ristretto margine di autonomia e pertanto la scelta di aumentare o diminuire il carico dell'IMU potrà avvenire senza particolari effetti sui residenti facendo venire meno la necessaria correlazione tra il prelievo fiscale e il beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio e la corrispondenza tra responsabilità finanziaria e amministrativa, continenza e responsabilità nell'imposizione di tributi propri;
nell'ultima versione del testo si conferma la soppressione della misura finalizzata al dimezzamento automatico dell'aliquota-base IMU per gli immobili relativi all'esercizio di attività di impresa, arti e professioni ma si lascia l'adozione di questa agevolazione ad una decisione discrezionale del comune. Si ricorda che l'agevolazione in questione è giustificata dall'obiettivo di non gravare troppo i contribuenti (come le persone giuridiche o quelle fisiche nella loro attività di impresa e di lavoro autonomo) che non beneficiano della cancellazione del'Irpef sui redditi fondiari e saranno invece proprio penalizzate dell'aumento dell'aliquota IMU rispetto all'attuale ICI. Il rischio, pertanto, è che i comuni in ristrettezze finanziarie scarichino gli oneri dell'aggiustamento sui proprietari degli immobili commerciali che spesso non risiedono nel territorio del comune, ovvero che, venendo incontro alle esigenze da questi ultimi rappresentate, le Amministrazioni non conseguano le entrate potenzialmente attribuite, con pregiudizio della quanti/qualità dei servizi da assicurare. Preoccupazioni ulteriormente accentuate qualora si rivelassero confermate le valutazioni di fonte ANCI-IFEL di una rilevante sovrastima del gettito delle entrate correlate alla base imponibile considerata per determinare l'aliquota IMU come definita;

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altro aspetto dell'IMU che desta non poche preoccupazioni riguarda le possibili ricadute dell'imposta sulla tutela e la conservazione del territorio. Nel lungo periodo, la natura dell'imposta indurrà inevitabilmente i comuni, in particolare quelli che più hanno preservato il proprio territorio, a favorire uno sviluppo edilizio di natura non residenziale alla ricerca di fonti di entrata per il proprio bilancio. Fenomeni che si sono già verificati in questi anni a fronte delle difficoltà finanziarie dei comuni;
Preso atto che,
la cosiddetta «IMU trasferimenti», che nel testo originario determinava una forte sperequazione tra i comuni di piccole dimensioni e quelle di grandi dimensioni è stata sostanzialmente soppressa;
in luogo dell'IMU trasferimenti è stata prevista una nuova disciplina impositiva sui trasferimenti immobiliari, con effetti a partire dal 2014, i cui contenuti appaiono del tutto estranei all'oggetto della delega;
si evidenzia la problematica dell'indeducibilità dell'Imposta municipale propria dalle imposte sui redditi e dall'Irap, prevista dal comma 1 dell'articolo 8, mentre attualmente le imposte indirette sui trasferimenti sono deducibili dal reddito di impresa, configurandosi come costi per le imprese che costruiscono o commercializzano beni immobili, con significativi aggravi, che inevitabilmente finiranno per essere traslati sugli acquirenti degli immobili.
l'imposta municipale secondaria, ha raccolto molti rilievi critici e dubbi sulla sua reale efficacia, che non appaiono del tutto risolti nel testo aggiornato, pur a fronte della previsione dell'obbligatorietà della medesima a partire dal 2014;
Considerato, infine, che,
le disposizioni in esame non appaiono affatto coordinate con quelle dello schema di decreto legislativo sulla finanza regionale, con ciò confermando l'impressione della mancanza di una visione complessiva del futuro assetto del federalismo fiscale;
il Governo ha recentemente istituito una commissione di studio per la riforma organica del sistema tributario mirata ad una equa distribuzione del carico fiscale tra le diverse tipologie di tributi e basi imponibili e tra i diversi soggetti fiscali e ad una ordinata distribuzione di diversi tributi tra i livelli territoriali;
i nuovi criteri europei del Patto di stabilità e crescita, i cui effetti sono già in atto in tutti i paesi comunitari, richiederanno nei prossimi mesi un deciso rafforzamento delle procedure di monitoraggio del rispetto dei vincoli di finanza pubblica e la necessaria introduzione di tecniche obiettive di valutazione della qualità della spesa dell'insieme delle pubbliche amministrazioni che concorrono al conseguimento dei livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali e degli altri obiettivi di interesse nazionale, finora sostanzialmente ignorati dalla discussione sul federalismo fiscale;
che per effetto dell'annunciata riforma tributaria e degli eventi in via di evoluzione nel contesto comunitario, talune innovazioni introdotte nel provvedimento al nostro esame, nei prossimi mesi, saranno inevitabilmente oggetto di profonda revisione, riaprendo per tale via l'esigenza della ridefinizione di uno stabile sistema delle entrate degli enti locali, in grado di assicurare coerenti forme di autonomia impositiva ed un adeguato livello di risorse ai comuni per l'assolvimento delle funzioni loro attribuite, in un quadro coordinato con la finanza statale e regionale e di ripartizione ordinata delle fonti e delle basi imponibili tra Stato, Regioni ed enti locali;
Tutto ciò premesso

ESPRIME PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 1, comma 1, le parole «è devoluto ai comuni, relativamente agli

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immobili ubicati nel loro territorio, il gettito, derivante» siano sostituite con le seguenti: «sono attribuite ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio e con le modalità di cui al presente articolo, quote del gettito derivanti»;
2) all'articolo 1, comma 1, la lettera g), sia sostituita dalla seguente: «g) imposta sostitutiva sugli affitti di cui all'articolo 2, con riferimento alla quota di gettito determinata ai sensi del comma 6 del presente articolo.»;
3) all'articolo 1, dopo il comma 1, sia inserito il seguente: «1-bis. Con riferimento ai tributi di cui alle lettere a), b), e) ed f), del comma 1 l'attribuzione del gettito ivi prevista ha per oggetto una quota pari al 30 per cento dello stesso.»;
4) all'articolo 1, il comma 2 sia sostituito con il seguente: «2. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare di cui ai commi 1 ed 1-bis, è istituito un Fondo sperimentale di riequilibrio. La durata del Fondo è stabilita in tre anni e, comunque, fino alla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall'articolo 13 della legge n 42 del 2009. Il Fondo è alimentato con il gettito di cui ai commi 1 ed 1-bis, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 5.»;
5) all'articolo 1, il comma 3 sia sostituito con il seguente: «3. In base al principio di delega recato dall'articolo 12, comma 1, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42, ai comuni è attribuita una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto. La quota di gettito del tributo di cui al presente comma, devoluta ai comuni a decorrere dall'anno 2011, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. In sede di prima applicazione, e in attesa della determinazione del gettito Iva ripartito per ogni comune, l'assegnazione del gettito ai comuni avviene sulla base del gettito Iva per provincia suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune".»;
6) all'articolo 1, il comma 4, sia sostituito dai seguenti: «4. Il gettito delle imposte ipotecaria e catastale relativi agli atti soggetti ad imposta sul valore aggiunto resta attribuito allo Stato. 4-bis. A decorrere dall'anno 2012 l'addizionale all'accisa sull'energia elettrica di cui all'articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del decreto legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, è soppressa ed è corrispondentemente aumentata l'accisa erariale in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 31 dicembre 2011 sono stabilite le modalità attuative del presente comma.".»;
7) all'articolo 1, comma 5, le parole: «delle due sezioni» siano soppresse;
8) all'articolo 1, comma 5, il secondo e il terzo periodo siano sostituiti con i seguenti: «Nel riparto si tiene conto della determinazione dei fabbisogni standard, ove effettuata, nonché, sino al 2013, anche della necessità che una quota pari al 30 per cento della dotazione del Fondo sia ridistribuito tra i comuni in base al numero dei residenti. Ai fini della determinazione del Fondo sperimentale di cui al comma 2 non si tiene conto delle variazioni di gettito prodotte dall'esercizio dell'autonomia tributaria. Ai fini del raggiungimento dell'accordo lo schema di decreto è trasmesso alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 31 ottobre. In caso di mancato accordo entro il 30 novembre dell'anno precedente, il decreto di cui al primo periodo può essere comunque emanato; in sede di prima applicazione del presente provvedimento, il termine per l'accordo scade il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Per i comuni che esercitano in

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forma associata le funzioni fondamentali ai sensi dell'articolo 14, commi 28 e seguenti del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché per le isole monocomune, sono in ogni caso, stabilite le modalità di riparto differenziate, forfettizzate e semplificate, idonee comunque ad assicurare che sia ripartito in favore dei predetti enti una quota non inferiore al 20 per cento della dotazione del Fondo al netto della quota del 30 per cento di cui al secondo periodo del presente comma»;
9) all'articolo 1, comma 6, il primo e il secondo periodo siano sostituiti con il seguente: «Il gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g), devoluto ai comuni per l'anno 2011 e a decorrere dall'anno 2012 è stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dei trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione, della compartecipazione di cui al comma 3 e di quanto previsto dalla lettera b) del comma 4, in modo tale da garantire progressivamente il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 14, comma 2, ultimo periodo del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122. I trasferimenti erariali sono conseguentemente ridotti, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura corrispondente al gettito che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 2 o, comunque, devoluto ai comuni, tenendo anche conto della compartecipazione di cui al comma 3.»;
10) all'articolo 1, comma 6, dopo il secondo periodo sia inserito il seguente: «In ogni caso, per tutta la durata del fondo sperimentale di riequilibrio, la differenza tra le nuove risorse attribuite ai sensi del presente provvedimento e i trasferimenti erariali fiscalizzati per singolo comune non può essere superiore del 3 per cento.»;
11) all'articolo 1, dopo il comma 6, sia aggiunto il seguente: «6-bis. Ai comuni è garantito che le variazioni annuali del gettito loro attributo ai sensi del presente articolo non determinano la modifica delle quote indicate nei commi 1-bis, 3 e 6 del presente articolo, nonché dell'articolo 3. Le predette quote, possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze d'intesa con la Conferenza Stato- città ed autonomie locali, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica»;
12) all'articolo 1, dopo il comma 7, aggiungere in fine i seguenti commi:
«7-bis. Il sistema informativo della fiscalità assicura comunque l'interscambio dei dati relativi all'effettivo utilizzo degli immobili, con particolare riferimento alle risultanze catastali, alle dichiarazioni presentate dai contribuenti, ai contratti di locazione ed ai contratti di somministrazione di cui al comma 7, lettera c), n. 2).
7-ter. A decorrere dal 1o aprile 2011 gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l'inadempimento degli obblighi di dichiarazione agli uffici dell'Agenzia del territorio degli immobili e delle variazioni di consistenza o di destinazione dei medesimi previsti, rispettivamente, dagli articoli 28 e 20 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, sono quadruplicati; il 75 per cento dell'importo delle sanzioni irrogate a decorrere dalla predetta data è devoluto al comune ove è ubicato l'immobile interessato.»;
13) all'articolo 2, la rubrica sia sostituita dalla seguente: «(Imposta sostitutiva sugli affitti)»;
14) all'articolo 2, i commi da 1 a 7, siano sostituiti dai seguenti:
1. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,

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n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 16 è inserito il seguente:
«16-bis (Imposta sostitutiva sui redditi da locazione degli immobili ad uso residenziale).
I redditi da fabbricati e immobili ad uso residenziale costituiti da canoni di locazione percepiti da persone fisiche, proprietari o titolari di diritto reale di godimento, per contratti di locazione comunque stipulati ovvero stipulati e rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ovvero per contratti di breve durata o inferiori all'anno solare, e per unità immobiliari anche ammobiliate e relative pertinenze, sono soggetti, in via opzionale da parte del contribuente, ad imposizione sostitutiva dell'imposta sui redditi delle persone fisiche e delle relative addizionali con aliquota del 20 per cento. In caso di più titolari del diritto di proprietà, l'imposta è calcolata sui redditi in proporzione alla quota di proprietà. Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articolo 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE, l'aliquota dell'imposta sostitutiva è ridotta al 15 percento, calcolata sul canone pattuito ridotto del quindici per cento.
I redditi derivante dai canoni di locazione di cui al primo comma assoggettati ad imposta sostitutiva concorrono a determinare il reddito complessivo esclusivamente ai fini dell'applicazione delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, nonché per la individuazione dei requisiti reddituali al cui possesso è condizionata la fruizione di benefici, agevolazioni e sussidi, anche di carattere non tributario.
L'imposta sostitutiva è versata, a titolo definitivo, entro il termine stabilito per il versamento in acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. L'acconto è dovuto nella misura del 95 per cento. Per l'anno di imposta 2011, la misura dell'acconto è pari al 100 per cento. Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione e il contenzioso riguardanti l'imposta sostitutiva di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 settembre 2010, sono stabilite le modalità di dichiarazione e di versamento dell'imposta sostitutiva di cui al presente articolo, nonché ogni altra disposizione utile ai fini della sua attuazione».
b) l'articolo 16 è sostituito dal seguente:
«16 (Detrazione per canone di locazione).
1. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione pari all'ammontare della somma versata a titolo di locazione fino al limite di 2.500 euro all'anno.
2. La detrazione di cui al comma 1 è rapportata al periodo dell'anno durante il quale l'unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente.
3. Qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all'imposta lorda diminuita, nell'ordine, delle detrazioni di cui agli articolo 12 e 13, è riconosciuto un ammontare pari alla quota di detrazione con non ha trovato capienza nella predetta imposta. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l'attribuzione del predetto ammontare.»
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano dal periodo di imposta successivo a quello incorso al 31 dicembre 2010. In sede di versamento dell'acconto dell'imposta sui redditi del 2012 non si tiene

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conto della detrazione introdotta dal comma 1, lettera b). A decorrere dall'anno di imposta 2011 la determinazione dell'ammontare della detrazione e la sua effettiva fruizione è subordinata alla disponibilità di risorse finanziarie iscritte nel Fondo per la detraibilità del canone di locazione di cui al comma successivo e nel rispetto dei seguenti limiti: per gli anni di imposta 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015, la deduzione è fruibile, rispettivamente nel limite di 500, 1.000, 1.500, 2.000, 2.500 euro annui. Si applicano comunque le detrazioni vigenti per l'anno di imposta 2010 ove più favorevoli.
3. È istituito il Fondo per la detraibilità dei canoni di locazione, alimentato per quota dalle risorse derivanti dai risparmi di spesa di cui al comma 4 e dalle maggiori entrate derivanti dall'emersione di base imponibile, e del conseguente gettito, al netto degli incrementi dovuti alla rivalutazione dei canoni, in relazione all'imposta sostitutiva sui redditi da locazione degli immobili ad uso residenziale, fatta salvo il riconoscimento di una quota delle maggiori entrate ai comuni ai sensi dell'articolo 1 del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, determina entro il 31 dicembre di ogni anno, l'ammontare delle risorse affluenti nel citato Fondo. Con lo stesso decreto del ministro dell'economica e delle finanze è determinato l'ammontare della detrazione singolarmente spettante, fino a concorrenza del limite previsto dal comma 3, dividendo il maggior gettito definito con il citato decreto ministeriale per il numero degli aventi diritto alla detrazione, e tenendo conto dei nuclei familiari più numerosi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 marzo 2011, sono stabilite le modalità di fruizione della deduzione di cui al comma 1, nonché ogni altra disposizione utile ai fini dell'attuazione del presente comma.
4. Al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è apportata la seguente modificazione:
all'articolo 8, dopo il comma 5, inserire il seguente: 5-bis. A decorrere dall'anno 2011 la spesa per consumi intermedi e per acquisto di beni e servizi prodotti dai produttori market sostenuta dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è rideterminata, in modo da garantire una spesa complessiva corrispondente alla spesa del 2009 ridotta del 5 per cento. Tale rideterminazione comporta una riduzione rispetto alla spesa complessiva tendenziale quantificata complessivamente in 1,5 miliardi di euro nel 2011 e in 2,8 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Gli ulteriori risparmi di spesa che dovessero realizzarsi in attuazione del presente comma sono versati al bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398.»;
15) all'articolo 2, dopo il comma 7, siano inseriti i seguenti: «7-bis. Quando le vigenti disposizioni fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato alla imposta sostitutiva. Il predetto reddito rileva anche ai fini dell'indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.»;
16) all'articolo 2, comma 10, le parole «entro il 31 dicembre 2010» siano sostituite dalle seguenti: «entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto»;
17) all'articolo 3, comma 1, le parole «in sostituzione delle attuali» siano sostituite

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dalle seguenti: «in sostituzione dei tributi indicati rispettivamente negli articoli 4, comma 1, e 7, comma 1, a decorrere dall'anno 2014»;
18) all'articolo 3, comma 1, lettera b), la parola «facoltativa» sia soppressa;
19) all'articolo 3, dopo il comma 1 siano inseriti i seguenti:
«2. A decorrere dall'anno 2014 ai comuni è attribuita una compartecipazione al gettito dei tributi nell'ipotesi di trasferimento immobiliare di cui all'articolo 6, pari al trenta per cento.
3. Resta inoltre assegnato ai comuni il gettito dei tributi devoluto ai sensi dell'articolo 1.»;
20) all'articolo 4, i commi 1 e 2, siano sostituiti dai seguenti:» 1. L'imposta municipale propria è istituita a decorrere dall'anno 2014 e sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili.
2. L'imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall'abitazione principale»;
21) all'articolo 4, il comma 3 sia sostituito dal seguente: «3. L'imposta municipale propria non si applica al possesso dell'abitazione principale ed alle pertinenze della stessa. Si intende per effettiva abitazione principale l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. L'esclusione si applica alle pertinenze classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo. L'esclusione non si applica alle unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A1, A8 e A9. Sono esenti dall'imposta municipale propria gli istituti autonomi case popolari, comunque denominati, per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica in proprietà o in gestione degli enti medesimi»;
22) all'articolo 4, il comma 5 sia sostituito dal seguente: «5. Nel caso di possesso di immobili non costituenti abitazione principale ai sensi del comma 3, l'imposta è dovuta annualmente in ragione di un'aliquota percentuale stabilita con distinto decreto legislativo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica e comunque non superiore al 7 per mille. Nel medesimo decreto sono stabiliti i limiti di variazione dell'aliquota, in aumento o in diminuzione, in misura tale da garantire ai comuni gli stessi margini di sforzo fiscale sulle basi imponibili proprie attualmente assicurati dall'imposta comunale sugli immobili.»»;
23) all'articolo 4, il comma 6 sia sostituito dal seguente: «6. Nel caso in cui l'immobile sia locato, l'aliquota di cui al comma 5, primo periodo, è ridotta alla metà.»;
24) all'articolo 4, il comma 8, sia soppresso.;
25) all'articolo 5, il comma 4 sia sostituito dal seguente:»4. L'imposta è corrisposta con le modalità stabilite dal comune, ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 novembre 1997, n. 446. È fatta salva la facoltà di effettuare il versamento con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. L'imposta può essere, inoltre, liquidata in sede di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi.»;
26) all'articolo 5, comma 5, dopo le parole «con adesione del contribuente» siano inserite le seguenti: «, sulla base dei criteri stabiliti dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218,»;
27) all'articolo 5, comma 7, siano soppresse le parole «la liquidazione,» e le parole «gli articoli da 11 a 15,» siano

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sostituite dalle seguenti: «gli articoli 10, comma 6, 11, commi 3, 4 e 5, 12, 14 e 15»;
28) all'articolo 5, comma 8, le parole «dall'articolo 7, comma 1, lettere b), d), e), f), ed h),» siano sostituite dalle seguenti: «dall'articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), h), ed i),»;
29) l'articolo 6 sia sostituito dal seguente: «Art. 6. - 1. All'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico dell'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi: 9 per cento;
se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II- bis): 2 per cento».
b) sono abrogate le note del predetto articolo 1, ad eccezione della nota II-bis).
c) nella nota II-bis) dell'articolo 1, le parole: «dell'aliquota del 3 per cento», sono sostituite dalle seguenti: «dell'aliquota del 2 per cento».
2. Nei casi di cui al comma 1 l'imposta, comunque, non può essere inferiore a 1.000 euro.
3. Gli atti assoggettati all'imposta di cui ai commi 1 e 2 e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2014.»;
30) all'articolo 7, la rubrica sia sostituita dalla seguente:» (Imposta municipale secondaria)»;
31) all'articolo 7, il comma 1 sia sostituito dal seguente: «1. L'imposta municipale secondaria è introdotta, a decorrere dall'anno 2014, per sostituire le seguenti forme di prelievo: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari. L'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza è abolita a decorrere dall'introduzione del tributo di cui al presente articolo.»;
32) all'articolo 7, comma 2, la parola «facoltativa» sia soppressa;
33) all'articolo 7, comma 2, lettera d), le parole «la liquidazione,» siano soppresse;
34) all'articolo 7, comma 2, la lettera e) sia sostituita dalla seguente:
«e) l'istituzione del servizio di pubbliche affissioni non è obbligatoria e sono individuate idonee modalità, anche alternative all'affissione di manifesti, per l'adeguata diffusione degli annunci obbligatori per legge, nonché per l'agevolazione della diffusione di annunci di rilevanza sociale e culturale;»;
35) all'articolo 7, comma 2, lettera f) siano aggiunte in fine le seguenti parole: «in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale, nonché ulteriori modalità applicative del tributo»;
36) Dopo l'articolo 7, siano inseriti i seguenti: «Art. 7-bis. (Contributo di soggiorno). 1. Al fine di contribuire alla copertura dei maggiori costi determinati dall'impatto dei flussi turistici sui servizi comunali, al decoro, alle attività di promozione turistica, nonché alla manutenzione e alla sicurezza dei beni storici, museali, architettonici e paesaggistici interessate

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dal fenomeno turistico, i comuni possono istituire, con regolamento a norma dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, un contributo di soggiorno a carico di quanti prendono alloggio nelle strutture ricettive site nel proprio territorio.
2. Il contributo di soggiorno è stabilito nell'importo dello 0,5 per cento del costo giornaliero dell'alloggio o della camera per ogni notte di soggiorno. Il comune può deliberare esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie.
3. Il contributo di soggiorno, determinato ai sensi del comma 2, è liquidato e versato al comune dal titolare di ciascuna struttura ricettiva, nella qualità di sostituto di imposta con obbligo di rivalsa nei confronti del soggetto passivo, mediante il modello di pagamento unitario di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con possibilità di compensazione.
4. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con la Conferenza Stato-Città e autonomie locali sono individuate le modalità di effettuazione dei controlli in ordine al corretto versamento del contributo di soggiorno e di eventuali obblighi di presentazione di dichiarazione, favorendo la presentazione di dichiarazioni con modalità telematiche semplificate.
5. Al contributo di soggiorno si applicano relativamente alla sua istituzione e gestione le disposizioni dell'articolo 1, commi da 161 a 170 della legge 27 dicembre 2006, n. 296; relativamente al contenzioso, le disposizioni del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546; relativamente alle sanzioni quelli dei decreti legislativi 18 dicembre 1997, n. 471, n. 472 e dell'articolo 10 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 473.»;
«Art. 7-ter. (Incentivi alle Unioni di comuni). 1. Le disposizioni i cui agli articoli da 7-ter e 7-quater si applicano ai comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti. Tale soglia può essere raggiunta anche attraverso l'Unione di comuni. Il parametro demografico di cui al presente comma è ridotto a 3.000 abitanti per i comuni montani.»
«Art. 7-quater. (Misure in materia di finanza pubblica). 1. L'autonomia finanziaria dei comuni deve essere compatibile con gli impegni finanziari assunti con il patto di stabilità e crescita ferma restando la necessità di garantire in ogni caso il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali esercitate dai singoli enti. A tal fine, il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri, anche alla luce degli eventuali interventi di riassetto complessivo del sistema tributario che potranno essere adottati, che l'attuazione del presente decreto rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ovvero non assicuri un adeguato livello di risorse ai comuni per l'assolvimento delle funzioni loro attribuite, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative, anche attraverso l'adozione, ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, di un apposito decreto legislativo correttivo e integrativo. In via transitoria, entro il 30 novembre di ciascun anno compreso il triennio 2011-2013, il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette alle Camere e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica una relazione sullo stato di attuazione della riforma della fiscalità municipale. Nella medesima relazione il Ministro dell'economia riferisce sulle iniziative intraprese e i risultati conseguiti relativi all'emersione della base imponibile conseguente al concorso comunale all'attività di accertamento tributario e recupero fiscale. 2. La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica concorre alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, con specifico riguardo al limite massimo di pressione fiscale e tariffaria. 3. In caso di trasferimento di ulteriori funzioni ai comuni, ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, secondo le modalità di cui all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è assicurato al complesso degli enti l'integrale finanziamento di tali funzioni, ove non si sia provveduto contestualmente

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al finanziamento e al trasferimento. 4. Ove compatibile con il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l'evoluzione dinamica dei gettiti dei tributi di cui all'articolo 1, comma 1 e della compartecipazione di cui all'articolo 1, comma 3, è prioritariamente destinata a realizzare la clausola di cui all'articolo 14, comma 2, ultimo periodo del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122.»;
37) all'articolo 8, sostituire il comma 5 con il seguente: «5. Con distinto decreto legislativo correttivo e integrativo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, che tenga conto della determinazione dei fabbisogni standard e del conseguente superamento del criterio della spesa storica, nonché delle capacità fiscali per le funzioni diverse da quelle fondamentali, sono distinte le fonti di finanziamento dei comuni ai sensi dell'articolo 11 della citata legge n. 42 del 2009. Con il medesimo decreto è istituito e disciplinato il fondo perequativo di cui all'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009, secondo le modalità di cui all'articolo 8-bis.»;
38) dopo l'articolo 8, sia inserito il seguente: «Art. 8-bis. (Disciplina del fondo perequativo di cui all'articolo 13 della legge n. 42 del 2009)
1. In concomitanza con la determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali dei comuni, i tributi propri e le compartecipazioni ai tributi erariali dei comuni sono attribuite ai soli fini della determinazione dei trasferimenti perequativi da erogare ai comuni stessi al finanziamento rispettivamente delle funzioni fondamentali e delle funzioni diverse da quelle fondamentali. Ai fini dell'effettivo finanziamento delle funzioni comunali i gettiti dei tributi propri e delle compartecipazioni ai tributi erariali sono comunque non vincolati nella destinazione.
2. Nel bilancio dello Stato è istituito il Fondo perequativo a favore dei comuni alimentato dalla fiscalità generale. Il Fondo è articolato in due componenti. La prima riguarda le funzioni fondamentali, la seconda le funzioni diverse da quelle fondamentali.
3. Per il finanziamento delle funzioni fondamentali le assegnazioni al Fondo perequativo a favore dei comuni sono determinate in modo tale da garantire un ammontare complessivo pari alla somma per tutti i territori regionali delle differenza tra i fabbisogni standard dei comuni e la capacità fiscale standardizzata riferita ai tributi propri e alle compartecipazioni ai tributi erariali dei comuni assegnate al finanziamento delle funzioni fondamentali. La capacità fiscale standardizzata è determinata in corrispondenza dei livelli minimi di aliquota dei tributi propri e delle compartecipazioni ai tributi erariali dei comuni che consentano ai comuni di almeno un territorio regionale di finanziare integralmente i rispettivi fabbisogni standard.
4. Per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle non fondamentali le assegnazioni al Fondo perequativo a favore dei comuni sono determinate in modo tale da garantire un ammontare pari alla somma per tutti i territori regionali di una quota delle differenze tra la capacità fiscale standardizzata di riferimento e la capacità fiscale standardizzata di ciascun territorio regionale entrambe calcolate sui tributi propri e delle compartecipazioni ai tributi erariali dei comuni assegnate al finanziamento di tali funzioni. La capacità fiscale standardizzata di riferimento è determinata in corrispondenza dei livelli minimi di aliquota dei tributi destinati al finanziamento delle suddette funzioni che garantiscano ai comuni di almeno un territorio regionale un ammontare pari alla spesa storica pro capite per queste funzioni calcolata su tutti i comuni. La capacità fiscale standardizzata di ciascun territorio regionale è determinata come prodotto tra i livelli minimi di aliquota come sopra determinati e le basi imponibili di ciascun territorio regionale destinati al finanziamento delle suddette funzioni.

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5. Nel bilancio di ciascuna Regione è istituito un Fondo perequativo dei comuni compresi nel territorio regionale. Le attribuzioni per abitante dal Fondo perequativo a favore dei comuni istituito nel bilancio dello Stato ai Fondi perequativi dei comuni compresi nel territorio regionale delle singole Regioni sono pari:
a) per la componente relativa alle funzioni fondamentali dei comuni alla differenza per il corrispondente territorio regionale tra i fabbisogni finanziari determinati in termini standard relativi a tali materie e la capacità fiscale standardizzata dei rispettivi comuni destinata alla copertura di tali fabbisogni. La capacità fiscale standardizzata di riferimento riferita al finanziamento dei fabbisogni relativi alle funzioni fondamentali dei comuni è determinata secondo le modalità di cui al comma 3;
b) per la componente relativa alle funzioni dei comuni diverse da quelle fondamentali alla differenza per il corrispondente territorio regionale tra la capacità fiscale standardizzata di riferimento e la capacità fiscale standardizzata di tale territorio regionale entrambe calcolate sui tributi destinati alla copertura delle funzioni dei comuni diverse da quelle fondamentali. La capacità fiscale standardizzata di riferimento e la capacità fiscale standardizzata dei comuni di ciascun territorio regionale sono determinate secondo le modalità di cui al comma 4.
6. Le attribuzioni dal Fondo perequativo a favore dei comuni ai Fondi perequativi dei comuni compresi nel territorio regionale non hanno vincolo di destinazione.
7. Ciascuna Regione provvede a ripartire le risorse complessive del proprio Fondo perequativo dei comuni compresi nel territorio regionale tra i singoli comuni secondo le seguenti modalità:
a) sulle funzioni fondamentali il riparto operato da ciascuna Regione deve essere tale da rendere possibile in ciascun comune il pieno finanziamento dei fabbisogni standard tenendo conto dei tributi propri e delle compartecipazioni sui tributi erariali assegnati ai comuni per il finanziamento di tali funzioni. È fatta salva la possibilità per lo Stato di impugnare di fronte alla Corte Costituzionale leggi regionali di riparto delle risorse che non consentano il raggiungimento di questi obiettivi. In alternativa, lo Stato può ricorrere ai poteri sostitutivi di cui all'articolo 120 della Costituzione;
b) sulle funzioni diverse da quelle fondamentali i criteri di riparto adottati da ciascuna Regione sono determinati mediante accordi raggiunti in sede di Consiglio delle autonomie tenendo conto dei tributi propri e delle compartecipazioni assegnate ai comuni per il finanziamento di tali funzioni.»

Si valuti, altresì, l'opportunità di:
inserire, in alternativa alla condizione n. 6), la seguente:
a
) all'articolo 1, comma 4, lettera b), sia aggiunto in fine il seguente periodo: «L'attribuzione allo Stato del gettito dell'addizionale di cui alla presente lettera decorre dall'anno 2014.»;
inserire, in alternativa alla condizione n. 9), le seguenti:
a
) all'articolo 1, comma 6, primo periodo, le parole da «Allo Stato» fino a «30 novembre 2010, « siano sostituite con le seguenti: «La quota di gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g), devoluta ai comuni per l'anno 2011 e a decorrere dall'anno 2012 è stabilita»;
b) all'articolo 1, comma 6, secondo periodo, le parole «Fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 3» siano sostituite con le seguenti: «Fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 2»;
c) all'articolo 1, comma 6, le parole da «L'efficacia delle disposizioni» fino a «fabbisogni standard.» siano sostituite dalle seguenti «L'efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 del presente articolo è subordinata alla determinazione

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della quota di gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g), devoluta ai comuni. Per l'anno 2011, la dotazione del fondo sperimentale di riequilibrio non può essere inferiore all'ammontare della riduzione dei trasferimenti erariali derivante dal secondo periodo del presente comma. La predetta quota può essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel presente comma, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione.»;
prevedere che attraverso appositi decreti correttivi al testo in esame, sia restituita una più ampia autonomia tributaria comunale, riconoscendo ai comuni la potestà regolamentare di carattere generale prevista dall'articolo 52 del decreto legislativo 15 novembre 1997, n. 446;
Il relatore
Sen. BARBOLINI

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292)

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO ALLA NUOVA PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE ON. LA LOGGIA,

(v. seduta del 27 gennaio 2011)

PRESENTATA DAL SEN. BELISARIO

La Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale;
preso atto che l'unità e la indivisibilità della Repubblica sono e debbono restare valori e principi fondamentali ed irrinunciabili, perfettamente coerenti e compatibili con un'articolazione statuale pluralistica e autonomistica, quale quella disegnata dal Costituente del 1948 e poi rafforzata dal legislatore costituzionale del 2001 con la riforma del Titolo V della parte Seconda della Costituzione;
ribadito, segnatamente, il principio contenuto nell'articolo 5 della Costituzione che solennemente recita: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento»;
preso atto che:
l'attuazione del nuovo sistema di finanziamento delle spese degli enti locali - sancito dall'articolo 119 Cost. - determinerà il superamento del sistema dei trasferimenti statali e regionali attualmente diretti al finanziamento degli enti locali. L'intervento statale, tuttavia, sarà sempre ammesso «per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni»;
la situazione economico-finanziaria degli enti locali si attesta su un profilo di estrema criticità, derivante dai rigidi vincoli del patto di stabilità interno nonché, soprattutto, dalle ingentissime decurtazioni dei trasferimenti erariali messi recentemente in atto da numerosi provvedimenti di carattere normativo, tali da compromettere l'erogazione di servizi essenziali per i cittadini;
il contenuto normativo del presente schema di decreto è fortemente intrecciato alla definizione dei fabbisogni standard: questione tuttora segnata da incertezza ed indeterminatezza. Sebbene, infatti, sia già stato emanato, in tal senso, il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, esso si occupa esclusivamente della metodologia attraverso cui individuare tali fabbisogni, senza alcuna puntualizzazione concreta né fattuale. Pertanto, il germe dell'indeterminatezza che infettava il precedente decreto legislativo si traspone, inevitabilmente e in tutta evidenza, nel presente provvedimento;

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è comunque opportuno ribadire in questa sede il valore indubbiamente positivo e condiviso della transizione, sancita dalla legge n. 42 del 2009, dal criterio della cosiddetta «spesa storica» - fondato sul sistema trasferimenti statali misurati sulla base di quanto si è speso negli anni precedenti - a quello dei c.d. «costi standard», in cui il finanziamento dei servizi e delle funzioni viene calcolato al netto delle inefficienze e degli sprechi;
ferme restando le considerazioni di tenore puntuale che si andranno a svolgere di seguito, lo schema di decreto si presta a talune considerazioni critiche di ordine generale che appare opportuno svolgere in via preliminare. La prima attiene alla previsione della cedolare secca sugli affitti, di cui all'articolo 2, comma 2. In questo modo, difatti, sarà sottratta alla tassazione progressiva propria dell'imposta sul reddito delle persone fisiche un'ulteriore tipologia di redditi, oltre a quelli di capitale; e ciò appare criticabile, per diverse ragioni. Innanzitutto perché, posto che la progressività del sistema tributario è oggi affidata, esclusivamente, all'imposta sul reddito delle persone fisiche (non vi sono altre imposte progressive), sottraendo base imponibile a tale imposta se ne riduce peso ed importanza all'interno del sistema tributario e, di conseguenza, l'idoneità ad informarlo in senso progressivo. Con la conseguenza che la scelta di assoggettare a tassazione proporzionale i canoni di locazione arreca un grave vulnus al modello d'imposizione voluto dalla Carta costituzionale. A ben vedere, inoltre, risulta violato altresì l'articolo 2, lett. l), della legge n. 42 del 2009, ai sensi del quale costituisce principio e criterio direttivo generale, cui deve conformarsi il legislatore delegato, tra gli altri, la «salvaguardia dell'obiettivo di non alterare il criterio della progressività del sistema tributario e rispetto del principio della capacità contributiva ai fini del concorso alle spese pubbliche». Tutto questo proprio perché la cedolare secca si presenta idonea ad alterare il criterio della progressività del sistema tributario. La tassazione proporzionale, inoltre, avrà l'effetto di parificare (almeno tendenzialmente) la tassazione del rendimento del capitale immobiliare con quella prevista per il capitale mobiliare. Per effetto della nuova imposta, quindi, i redditi derivanti dallo sfruttamento del capitale saranno (eccezione fatta per le locazioni di fabbricati ad uso commerciale) soggetti ad una tassazione proporzionale, laddove i redditi da lavoro continueranno (soli) a restare soggetti ad una tassazione progressiva. La fissazione dell'aliquota al 20 per cento, poi, comporta che il vantaggio, in termini di minore tassazione, sarà consistente per i contribuenti con aliquota marginale alta (43 per cento) e praticamente nullo per quelli con aliquota bassa (23 per cento). Ciò, anche in ragione del fatto che l'aliquota effettiva è inferiore a quella nominale; nel regime vigente, l'aliquota si applica sull'85 per cento o, con i contratti concordati, sul 59,5 per cento, del canone: sicché, per i contribuenti con aliquota nominale bassa, quella effettiva può risultare addirittura inferiore al 20 per cento, sì da non rendere conveniente la cedolare. Tutto questo, quando la giustificazione invocata, ossia il recupero di materia imponibile per effetto dell'emersione degli affitti in nero, non convince. Se un tale risultato sarà mai conseguito, con ogni probabilità esso andrà ascritto all'inasprimento delle sanzioni contemplato per il caso di omessa o infedele registrazione e/o dichiarazione ed al potenziamento dell'azione di contrasto, da realizzare ampliando i sistemi di incrocio delle informazioni presenti nelle varie banche dati ed il coinvolgimento degli enti locali (comma 7, articolo 1). In ogni caso, ammesso e non concesso che un simile recupero vi sarà, non è detto che ciò avvenga in modo omogeneo e nella misura auspicata su tutto il territorio nazionale. Ciò, non per inefficienze addebitabili agli enti locali, bensì, semplicemente, per la conformazione disomogenea dei rispettivi mercati immobiliari, che possono far sì che il fenomeno degli affitti in nero sia in talune realtà meno significativo che in altre. Con la conseguenza che nelle prime la perdita di gettito, conseguente alla riduzione

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delle aliquote, sarà sicura ed irrimediabile. Per le suddette ragioni, si ritiene di formulare un giudizio critico in merito all'introduzione dell'imposta sostitutiva sui redditi da locazione;
ulteriore critica di ordine generale coinvolge invece la nuova IMU. La legge delega n. 42 ha previsto, come criterio direttivo, l'esclusione dell'imposizione patrimoniale sulla prima casa. Si tratta, tuttavia, di una soluzione eterodossa perché esclude dal prelievo proprio coloro che, in quanto elettori, sarebbero i titolari del potere di valutare politicamente gli amministratori, mentre tassa anche chi, se non residente, non può votare. Inoltre, si tratta di una soluzione fortemente sperequata: il tributo sul possesso degli immobili, ove circoscritto alle sole seconde case, penalizza i Comuni con scarsa attrattività turistica ed avvantaggia quelli con pochi residenti, rispetto agli immobili presenti (come, appunto, tipicamente i Comuni turistici). Ciò che appunto accadrà con l'IMU possesso. Sarebbe stato così auspicabile che il decreto si preoccupasse di perequare quella che, nei fatti, è e resta una stortura nel sistema, ancorché voluta dalla stessa legge delega. Sempre con riferimento alla nuova IMU e, più in generale, ai nuovi tributi introdotti dallo schema di decreto a favore dei Comuni, ciò che emerge dalla lettura della relativa disciplina è un modello di imposta fortemente centralizzato, in cui la normativa statale è pervasiva al punto da lasciare spazi estremamente esigui all'autonomia locale. Agli enti locali, a ben vedere, è riconosciuta solamente la possibilità di variare dello 0,3 per cento l'aliquota fissata con DP.C.M. Si attua, in tal modo, un sostanziale arretramento sul tema dell'autonomia tributaria, anche semplicemente rispetto al modello dell'ICI. Basta osservare, al riguardo, che il richiamo ai regolamenti, di cui all'articolo 52 del D.Lgs. n. 446/1997 è previsto limitatamente alla possibilità per i Comuni di inserire l'accertamento con adesione, di cui al D.Lgs. n. 241/97. Se una puntuale definizione a livello legislativo del presupposto, dei soggetti passivi e della base imponibile è imposta dall'articolo 23 Cost., trattandosi dei profili essenziali del tributo soggetti a riserva di legge, è certamente meno comprensibile, se non in un'ottica di semplificazione, una definizione puntuale delle rate (numero e scadenza) dei versamenti, delle modalità di pagamento, dei poteri di accertamento e riscossione, delle esenzioni. In questo modo, viene vanificato il potere regolamentare ancora riconosciuto, in materia di ICI, dall'articolo 59 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. Soprattutto, appare contraddetto quella che dovrebbe rappresentare, addirittura, la filosofia di fondo dell'intervento, che - non si può dimenticare - dovrebbe essere di attuazione di una delega per il federalismo fiscale. È evidente, infatti, che a fronte di un dettaglio così accurato della normazione di rango legislativo, diventa difficile ipotizzare margini di autonomia lasciati agli enti locali;
considerato, in particolare, che:
l'articolo 1 dello schema prevede - come si evince dalla rubrica - la devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare, intesa come attribuzione a tali enti del gettito di taluni tributi erariali, riferibili genericamente agli immobili. I tributi coinvolti non sono però devoluti per intero, bensì limitatamente al gettito riferito al prelievo nei confronti dei contribuenti privati non operatori economici: è esclusa la devoluzione del gettito riferito al prelievo nei confronti di un'impresa, un professionista o un Ente non commerciale. Dal momento che sono state incluse nell'elenco dei tributi devoluti anche imposte che tassano i trasferimenti di immobili, non si comprende, poi, perché non sia stata prevista altresì la devoluzione dell'imposta sul reddito relativa alla plusvalenza realizzata sulle cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, di cui all'articolo 67, lett. b), del TUIR, anche nella forma dell'imposta sostitutiva al 20 per cento, di cui all'articolo 1, comma 496, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nonché di quella sulle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili

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di utilizzazione edificatoria. Quella prevista all'articolo 1, in ogni caso, è una mera devoluzione di gettito, nel senso che i tributi coinvolti sono e restano erariali. Una devoluzione di gettito, peraltro, neppure diretta ed immediata, giacché destinata a percorrere un sentiero «tortuoso», di risalita e successiva discesa, con numerosi «ostacoli», che rischiano di compromettere la novità di tale misura. Il gettito devoluto, peraltro, è destinato, primariamente, a finanziare la costituzione di un particolare Fondo sperimentale di riequilibrio. Di tale Fondo, tuttavia, a parte la durata, il fatto che sarà articolato in due sezioni e le modalità di finanziamento, non è però detto molto altro. Non è specificato, in particolare, come tale Fondo dovrà in concreto operare; se, cioè, la perequazione che dovrà attuare sarà per fabbisogni o per capacità fiscale. Astrattamente, entrambe le soluzioni sono possibili; ed entrambe sono evocate. Così, mentre al comma 1 si prevede che il gettito dei tributi venga devoluto ai Comuni nel cui territorio sono ubicati gli immobili cui il gettito si riferisce (formula, questa, che implicitamente evoca un'allocazione del gettito dei tributi erariali immobiliari in ragione della capacità fiscale dei singoli territori), il successivo comma 5 individua, quale criterio di cui tenere conto ai fini del riparto del Fondo, la determinazione dei fabbisogni standard (criterio del fabbisogno). Il testo della norma richiama, così, entrambi i criteri di perequazione ipotizzati dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009, ossia il fabbisogno e la capacità fiscale. Sennonché, l'articolo 21 riferisce tali criteri distintamente, prevedendo espressamente il criterio del fabbisogno per il finanziamento delle funzioni fondamentali e quello della capacità fiscale per il finanziamento delle altre funzioni. Sarebbe invece opportuno chiarire, già nel testo dello schema in discussione, che il predetto Fondo dovrà funzionare in conformità con quanto previsto dall'articolo 21 della legge n. 42 del 2009. Il che significa, però, far prevalere la logica della perequazione per fabbisogno su quella per capacità fiscale (in via transitoria, l'80 per cento delle funzioni è considerato fondamentale). La previsione del Fondo solleva ulteriori perplessità. La prima concerne la durata, fissata in modo contraddittorio: inizialmente in cinque anni e poi collegata alla data di attivazione del Fondo perequativo, di cui all'articolo 13 della legge n. 42 del 2009. Non è chiaro così cosa accada nel caso in cui, per qualunque ragione, il Fondo ex articolo 13 non venga istituito nei cinque anni previsti. Soprattutto, non sono esplicitate le ragioni dell'articolazione del Fondo in due sezioni, a parte l'aver previsto fonti distinte di finanziamento: le imposte indirette per la prima sezione e quelle dirette per la seconda (per inciso, a decorrere dal 2014 entrambe le sezioni saranno finanziate con quote del tributo municipale sui trasferimenti). La predetta articolazione potrebbe avere un senso, in realtà, ipotizzando una differente finalità perequativa per ciascuna sezione: ad esempio, per dare conto della capacità fiscale dei diversi enti con distinto riguardo ai tributi diretti ed a quelli indiretti. Un altro aspetto critico attiene alla determinazione delle modalità di alimentazione e di riparto delle due sezioni del Fondo sperimentale, nonché delle quote dei tributi devolute al Comune su cui insistono gli immobili. Si prevede, infatti, che tali determinazioni verranno fatte, previo accordo con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con decreto del Ministro degli interni di concerto con il Ministro dell'economia. Ebbene, appaiono evidenti i rischi insiti in una simile previsione. Premessa la già rimarcata assenza di direttive stringenti circa i criteri per la ripartizione del fondo ed il rapporto tra l'alimentazione di questo ed il gettito da assicurare all'ente su cui insiste l'immobile, c'è il rischio di negoziati estenuanti, anno per anno, in sede di fissazione di tali ammontari, con il corollario d'incertezza per gli enti in ordine alle risorse su cui poter fare affidamento. Il gettito dei tributi devoluti ai Comuni,

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oltre a dover finanziare il Fondo sperimentale di equilibrio, dovrà finanziare, in misura non trascurabile, anche lo Stato. Allo Stato, in particolare, è riservata una compartecipazione al gettito dei tributi devoluti (è abbastanza curioso che si parli di compartecipazione dello Stato al gettito di tributi erariali, trattandosi semmai di una quota di gettito del tributo erariale sottratta all'assegnazione agli enti locali), oltre ad una quota dell'istituenda imposta municipale propria, di cui all'articolo 4 (non solo di quella sui trasferimenti, destinata a finanziare anch'essa il Fondo, ma anche di quella sul possesso, posto che il comma 6 dell'articolo 1 rinvia, indistintamente, all'articolo 4, diversamente dal precedente comma 3, che richiama solo l'articolo 4, comma 2, lett. b)). La misura della quota riservata allo Stato andrà determinata - tale determinazione è vista come condizione per il funzionamento dell'intero meccanismo; aspetto, questo, che chiarisce bene l'ordine delle priorità - in modo da assicurare la neutralità del provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica: ciò significa che tale quota dovrà corrispondere alla differenza tra i trasferimenti fiscalizzabili ed il gettito dei tributi trasferiti, al netto dell'addizionale comunale sull'accisa sull'energia elettrica (attualmente devoluta ai comuni). Sennonché, la previsione di questa riserva per lo Stato di una quota del gettito appare destinata a complicare non poco il quadro in cui andrà ad operare il nuovo strumento di finanziamento degli enti locali. Ne discende, così, un meccanismo assai contorto: il gettito dei tributi erariali sarà, in un primo tempo, acquisito allo Stato, che, al netto della quota spettante per assicurare la neutralità finanziaria dell'intera operazione, lo dovrà riversare alle due sezioni del Fondo. Quest'ultimo, successivamente, andrà ripartito tra i diversi enti locali, in ragione e per effetto degli accordi raggiunti in sede di Conferenza Stato-città enti locali. Senza che, in tutto ciò, sia ben chiaro il ruolo che andrà riservato al riconoscimento dell'intervento degli enti locali nella lotta all'evasione, di cui a successivo comma 7. Al comma 7 si prevedono - come anticipato - diverse misure volte a rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e ad incentivare la partecipazione dei Comuni all'accertamento. Tra queste, tralasciando quelle più «tradizionali» (come il premio per la collaborazione dei Comuni al contrasto all'evasione, di cui all'articolo 1, com. 1, decreto-legge n. 203/05, qui elevato al 50 per cento, o il potenziamento dell'accesso alle banche dati), sicuramente originale si presenta il riconoscimento al Comune del «maggior gettito derivante dall'accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto». Originalità della previsione che, tuttavia, va ascritta, essenzialmente, ai dubbi che solleva. Innanzitutto, in merito all'impiego dell'avverbio «finora»: a parte, come rilevato nella relazione del Servizio del bilancio del Senato, l'incertezza del momento cui riferirla (entrata in vigore, pubblicazione della legge ecc.), lascia comunque intendere che la misura avrà una portata limitata al passato. Porta ad escludere, insomma, che il premio potrà essere accordato per gli accatastamenti di immobili ancora da realizzare. Sennonché, letta in questi termini, la previsione appare ancora più eccentrica. Con l'articolo 19 del decreto-legge n. 78/2010 si è già inteso rafforzare l'azione di contrasto ai fabbricati fantasma, in particolare, calendarizzando, in modo dettagliato, una precisa azione dell'Agenzia del territorio. Peraltro, come ricorda la Relazione (scheda tecnica) del Servizio bilancio, gli effetti del potenziamento dell'attività dell'Agenzia del territorio sono già stati conteggiati con riferimento alla manovra di finanza pubblica 2011-2013: non si comprende, pertanto, come si potrà giustificare lo storno delle corrispondenti risorse a vantaggio degli enti locali. Traspare, così, il mancato coordinamento della disciplina in esame con il regime introdotto in estate dal decreto-legge n. 78/2010, che invece sarebbe opportuno assicurare. Tornando all'esame del comma 7, lett. a), non è infine chiaro

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cosa si voglia intendere con la formula «maggior gettito derivante dall'accatastamento». Non si comprende, in particolare, se il riferimento è a tutti i tributi correlati all'accatastamento, quindi non solo i tributi catastali ma anche, genericamente, quelli fondiari, né se il «premio» per l'ente locale è limitato all'esercizio in cui si procede all'accatastamento o è senza limite. Incertezze, tutte queste, che possono a loro volta impattare sulla determinazione del gettito da riservare pro quota allo Stato e al finanziamento del Fondo sperimentale di cui al comma 3;
all'articolo 2 è introdotta una nuova forma di imposizione sui redditi da fabbricato, denominata cedolare secca sugli affitti. Ferme le critiche di ordine generale, formulate in precedenza, nel merito della disciplina proposta, si osserva, innanzi tutto, che la formula impiegata non è corretta: la cedolare secca, nella manualistica corrente (e non si rinvengono precedenti nella legislazione), individua i casi di tassazione con ritenuta obbligatoria a titolo d'imposta. Nel caso in esame si tratterà, semmai, di una forma di imposizione sostitutiva, certamente senza ritenuta. Per chiarezza, quindi, sarebbe corretto usare altra formula («imposta sostitutiva sui canoni di locazione»). Il testo del comma 1 contiene un'altra imprecisione, laddove parla di «determinazione». A ben vedere, la norma in commento non introduce un metodo alternativo di determinazione del reddito, che resta il canone di locazione, quanto di sua tassazione. Più correttamente, allora, andrebbe impiegata la locuzione «tassazione» in luogo di «determinazione». Il comma 5 detta le conseguenze sanzionatorie per il caso di omessa indicazione del canone in dichiarazione ovvero di indicazione dello stesso in misura inferiore a quella effettiva. Ebbene, va evidenziato che per l'ipotesi dell'omessa indicazione del canone in dichiarazione si è prevista la sanzione in misura fissa, da 516 a 2.064 euro (ossia il doppio della sanzione, da euro 258 ad euro 1.032, prevista dall'articolo 1, comma 1, secondo inciso, del D.Lgs. n. 471 del 1997, per il caso di omessa presentazione della dichiarazione senza debito d'imposta), laddove, per l'indicazione del canone in misura inferiore al reale, la sanzione è stabilita in misura proporzionale (dal 200 al 400 per cento della maggior imposta, pari al doppio - dal cento al duecento - della sanzione prevista dall'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 471/1997, per la dichiarazione del reddito in misura inferiore al quello effettiva). In questo modo, la prima ipotesi viene ad integrare una violazione meno grave della seconda. Con riguardo all'altra sanzione individuata sempre al comma 5, per cui, limitatamente ai redditi derivanti da locazione di immobili ad uso abitativo, in caso di accertamento con adesione o acquiescenza non è concessa l'ordinaria riduzione delle sanzioni (conseguentemente, qui l'unico vantaggio sarà la non applicazione del raddoppio delle sanzioni ordinarie), andrebbero incluse tutte le ipotesi di adesione contemplate dal D.Lgs. n. 218 del 1997 e, quindi, anche l'adesione ai verbali di contestazione e l'adesione all'invito, nonché la conciliazione giudiziale, di cui all'articolo 48 del D.Lgs. n. 546/92. Come si evince dal comma 6, la cedolare secca andrà a sostituire anche l'imposta di registro (dal 2011 per i contratti concordati e dal 2014 per tutti gli altri); nonostante questo, i contratti di locazione continueranno a dover essere registrati (comma 3). Si avrà qui un'ipotesi di registrazione gratuita, ossia di prestazione di una funzione (la registrazione) senza il pagamento della tassa corrispondente. Le maggiori perplessità, sul piano tecnico, le pone però il comma 8, laddove prevede, per il caso in cui i contratti di locazione ad uso abitativo non siano registrati entro il termine fissato dalla legge, che: (i) la durata del contratto sia di quattro anni; (ii) al rinnovo si applichi l'articolo 2, comma 1, della legge n. 431 del 1998 (in particolare, laddove prevede che «in mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni»);

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(iii) il canone annuo sia determinato nella misura minima tra quello fissato dalle parti ed il triplo della rendita catastale. Le perplessità discendono dalla considerazione che il contratto non registrato è nullo (ex articolo 1, comma 346, legge n. 311/2004) e che, per effetto della norma in esame, si determina il subentro di un contratto diverso da quello «voluto» dalle parti. E ciò, anche in caso di semplice registrazione tardiva («registrazione oltre il termine stabilito dalla legge»), ovvero di registrazione del contratto con importi del canone inferiori a quelli effettivi. Sennonché, riesce difficile giustificare una sanzione ulteriore, rispetto a quella - già onerosa - di cui all'articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, richiamata dal comma 3, per il caso di omessa registrazione (dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'imposta dovuta), peraltro concepita come imposizione di una durata e di una misura del canone ope legis. Una tale sanzione appare marcatamente sproporzionata, al punto da ingenerare dubbi di costituzionalità per violazione degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione. L'interesse tutelato, infatti, è solo fiscale, mentre qui sono previste, accanto a sanzioni fiscali, anche sanzioni che impattano sull'esercizio del diritto di proprietà e sull'iniziativa economica; oltre al fatto che, in questo modo, di disattende l'articolo 10, comma 2, della legge n. 212 del 2000, ai sensi del quale «Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto». Non si comprende, poi, l'esplicita estensione della sanzione in oggetto al caso del contratto di comodato fittizio (comma 9): il comodato fittizio, in quanto tale, andrebbe qualificato come contratto di locazione di cui non si sia (semplicemente) dichiarato il canone pattuito. Enunciando espressamente solo questa particolare ipotesi evasiva, si corre infatti il rischio di depotenziare la norma, rendendola inapplicabile ad altre ipotesi, quali, ad esempio, quella di contratti di usufrutto, uso, abitazione o enfiteusi non registrati. Da ultimo, va certamente modificata la scadenza prevista per la possibile regolarizzazione dei contratti senza applicazione delle sanzioni, attualmente fissata (comma 10) al 31 dicembre 2011;
con riguardo all'articolo 3, potrebbe opportuna una formulazione meno ambigua del testo, che riprenda l'elenco dei tributi da sostituire attualmente previsto all'articolo 4, per quanto riguarda l'imposta municipale principale, ed all'articolo 7, per quanto riguarda quella secondaria;
all'articolo 4 è introdotta la nuova imposta municipale (IMU). Un'imposta unica ancorché con due presupposti: possesso e trasferimento dell'immobile. La scelta di prevedere una sola imposta con due presupposti, peraltro così distinti (che evoca la vecchia INVIM), è criticabile: si tratta in realtà di due imposte profondamente diverse, per presupposto, natura e funzionamento, destinate peraltro a sostituire tributi differenti (quelli sul possesso dell'immobile, la prima; quelli sul trasferimento dell'immobile, la seconda). Come evidenziato anche dal del servizio del bilancio, i commi 3, 5, 6 e 7 dell'articolo 4 vanno riferiti alla sola imposta sul possesso; ragion per cui se ne suggerisce lo spostamento all'articolo 5. Il comma 8, dal canto suo, rinviando all'articolo 6 per la determinazione dell'imposta sui trasferimenti, non ha alcun significato e potrebbe essere soppresso. Infine, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, dello schema, si prevede che una quota dell'imposta di cui all'articolo 4 (senza distinguere se di quella sul possesso o sul trasferimento) è riservata allo Stato. Non è però chiarito come si dovrà procedere a tale assegnazione, posto che, a rigore, non dovrebbe essere in discussione la competenza dei singoli Comuni a riscuotere l'IMU. Non si comprende se ciascun ente sarà poi tenuto a riversare il gettito del tributo allo Stato. E in che misura, se per intero o pro quota. E con riferimento all'imposta municipale sui trasferimenti, destinata a finanziare altresì, ai sensi del comma 3 del citato articolo 1, entrambe le sezioni del Fondo;

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la disciplina dell'imposta municipale propria sul possesso è ripartita tra l'articolo 4 e l'articolo 5. Tale nuova imposta ricalca, sostanzialmente, l'ICI, di cui riprende presupposto, soggetti passivi e modalità attuative. In merito al presupposto, va segnalata in via prioritaria l'inopportunità di includere nella relativa definizione, di cui all'articolo 4, comma 2, lett. a), l'esclusione dell'abitazione principale. Questo perché tale esclusione andrebbe meglio concepita come un'esenzione, che quindi non concorre a definire il presupposto ma ritaglia, all'interno di questo, un regime di favore per talune situazioni ed in ragione di finalità ritenute meritevoli ma non ascrivibili, propriamente, alla selezione della materia imponibile. Diversamente, si rischia una disciplina contraddittoria, nel momento in cui s'intende poi escludere ville, castelli, palazzi, compresi nelle categorie catastali A1, A8 e A9, che abitazioni possono essere. Più corretto, dal punto di vista metodologico ma anche sistematico, è, allora, definire il presupposto in termini di solo possesso di immobili, per poi dettare, come norma agevolativa, l'esenzione dell'abitazione principale, che, coerentemente ad altre ipotesi già presenti nel sistema, può essere circoscritta per escludere ville, castelli, palazzi, compresi nelle categorie catastali A1, A8 e A9. Va apprezzata, invece, la definizione del presupposto soggettivo per l'esclusione da imposta, in termini più stringenti di quella dettata con l'ICI, giacché limitata ad un'unica unità immobiliare, con un'unica unità pertinenziale, e alla contestuale sussistenza della dimora abituale e della residenza anagrafica. Sarebbe opportuno, invece, precisare meglio la nozione di immobile, nonché quella di terreni ed aree fabbricabili, anche semplicemente recuperando le definizioni dettate ai fini ICI dall'articolo 2 del D.Lgs. n. 504/92, per le nozioni di fabbricato, terreni agricoli ed aree fabbricabili. Ciò, anche per rendere più agevole la determinazione della base imponibile, ai cui fini il comma 4 dell'articolo 4 richiama l'articolo 5 del predetto D.Lgs., che però detta una disciplina riferita, segnatamente, ai fabbricati, ai terreni agricoli ed alle aree edificabili.

Sul piano dei soggetti passivi, è stato ripreso l'articolo 1 del D.Lgs. n. 504 del 1992, in materia di ICI. Per l'IMU tuttavia, diversamente che per l'ICI, non si è precisato che gli immobili debbono insistere, comunque, sul territorio dello Stato; si potrebbe così ingenerare il dubbio che anche gli immobili situati all'estero siano oggetto di prelievo. Tra i profili della nuova imposta oggetto di una disciplina dettagliata - su cui si rinvia alle considerazioni di ordine generale formulate in precedenza - vi è quello delle esenzioni. Viene operato un rinvio al regime ICI (articolo 7 del D.Lgs. n. 504/92), con alcune importanti differenze. Tra le predette differenze, merita menzione quella che annovera come esenzione la non applicazione dell'imposta sugli immobili posseduti nel proprio territorio dai Comuni (comma 8). Questo perché, invece, ai fini ICI l'analoga previsione è costruita come esclusione. Ai sensi dell'articolo 4 del D.Lgs. n. 504 del 1992 sono infatti esclusi (non esenti) da imposta gli immobili, di cui il comune è proprietario ovvero titolare dei diritti reali minori, la cui superficie insiste interamente o prevalentemente sul suo territorio; ciò, indipendentemente dalla circostanza che tali immobili siano o meno destinati esclusivamente a compiti istituzionali. Il comma 8, dell'articolo 5 in esame, invece, intende la non applicazione dell'imposta agli immobili dei Comuni come un'esenzione, equiparando la loro posizione a quella di ogni altro ente pubblico diverso dallo Stato. Di conseguenza, l'esenzione è concessa solo per gli immobili destinati in via esclusiva a finalità istituzionale, a condizione che insistano sul rispettivo territorio. L'effetto che si determina, tuttavia, è paradossale: saranno soggetti ad imposta gli immobili del Comune che, pur presenti sul proprio territorio, non sono destinati, in via esclusiva, a finalità istituzionale. L'inserimento ex novo del requisito territoriale («nel proprio territorio») determinerà la tassazione

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di situazioni attualmente esenti dall'ICI (ex articolo 7 del D.Lgs. n. 504/92): in particolare, di tutti gli immobili che, pur destinati a finalità esclusivamente istituzionali, non insistono sui rispettivi territori. Sempre con riferimento alle esenzioni previste per la nuova imposta municipale, si segnalano importanti esclusioni dall'originario elenco dell'articolo 7 del D.Lgs. ICI, che forse meriterebbero una riflessione aggiuntiva: (i) quella di cui alla lett. c), ossia i fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui all'articolo 5-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 (sedi aperte al pubblico di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, nonché parchi e giardini, aperti al pubblico o la cui conservazione sia riconosciuta dal Ministero per i beni e le attività culturali quando al possessore non derivi alcun reddito dall'utilizzazione dell'immobile); (ii) quella prevista alla lett. g) e, cioè, i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (assistenza, integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate);
con l'articolo 6 è introdotta la nuova imposta municipale propria per il caso di trasferimento, destinata a sostituire le imposte indirette sui trasferimenti immobiliari, ossia, stando all'articolo 4, l'imposta di registro, l'imposta di bollo, l'imposta ipotecaria e catastale, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali. Non viene sostituita l'imposta sui redditi sulle plusvalenze immobiliari, ai sensi dell'articolo 67 del TUIR, che, di conseguenza, continuerà ad essere dovuta. Ciò premesso, va subito chiarito che la disciplina in oggetto si mostra estremamente sommaria e lacunosa. Il presupposto, infatti, è genericamente individuato negli atti traslativi tra vivi a titolo oneroso o gratuito della proprietà di beni immobili ovvero traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento, compresa la rinuncia, nonché i provvedimenti di espropriazione ed i trasferimenti coattivi. Non è chiaro, però, quando si realizza il presupposto, se al momento della stipula dell'atto, della pronuncia della decisione giudiziale, dell'emanazione del provvedimento di esproprio (o entro un periodo da questi) o al verificarsi degli effetti traslativi, laddove non contestuali.
Va poi segnalata una palese incongruenza: se il presupposto è integrato dagli atti tra vivi, non si comprende perché il successivo comma 3 individui l'aliquota anche per i trasferimenti mortis causa. Questi, ai sensi del comma 1, sono, ovvero dovrebbero essere esclusi dall'imposta. Ma, anche volendo soprassedere su tale incongruenza, il problema testé evidenziato, dell'individuazione del momento in cui il tributo è dovuto, in una simile ipotesi si aggrava: per le successioni occorrere infatti chiarire se il presupposto si realizza con l'apertura della successione o con l'accettazione dell'eredità. Nelle successioni ab intestato (senza testamento), tra l'altro, non c'è alcun atto. Sul piano della tecnica redazionale, è assolutamente da censurare la formula impiegata dal comma 2 per individuare le aliquote. Dal momento che viene introdotta una nuova imposta, non si può «abbattere» un'aliquota (tralasciando, in ogni caso, l'ineleganza, in un testo di legge, del termine «abbattere»): se l'imposta è nuova, è nuova anche l'aliquota che, allora, è semplicemente individuata. Ciò è tanto più vero nel caso del comma 3, dove, addirittura, l'aliquota sarebbe «ulteriormente abbattuta»: anche qui, come sia possibile abbattere ulteriormente un'aliquota, che prima non c'era, è difficilmente comprensibile. Trascurando volontariamente, in tutto questo, il fatto che - come evidenziato nella relazione predisposta dal Servizio tecnico - con la nuova imposta municipale i trasferimenti immobiliari finiranno per restare gravati (complessivamente) da una maggiore tassazione (per oltre 500 milioni) rispetto alla situazione attuale. Peraltro, dal momento che questa somma, stando alle elaborazioni della Ragioneria (pag. 5 della Relazione tecnica agli artt. 3, 4, 5, 6 e 7), eccederà in misura significativa (246 milioni di euro) il minor

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gettito conseguente all'introduzione della cedolare secca, dal decreto in esame deriverà un aumento dell'imposizione pari a 254 milioni di euro, in violazione dell'articolo 28 della legge delega n. 42 del 2009, che ha previsto per i decreti delegati (comma 2, lett. b) «l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva anche nel corso della fase transitoria». Sul piano delle implicazioni finanziarie della misura le proiezioni sono nel senso di un maggior gettito derivante dalla nuova imposta, rispetto a quello delle imposte che saranno sostituite. Ma ciò sarà dovuto, esclusivamente, all'ampliamento delle ipotesi tassabili. A rigore, sia l'aliquota sia la base imponibile vengono ridotte: la prima, esplicitamente «abbattuta»; la seconda, prevedendo la generalizzazione del metodo catastale in luogo del criterio del corrispettivo/valore di mercato, attualmente previsto per i trasferimenti immobiliari. Viene contestualmente meno la franchigia in materia di successioni (attualmente pari a 1.000.000 di euro per coniuge e parenti, 100.000 euro per fratelli e delle sorelle e 1.500.000 euro nel caso in cui il beneficiario sia una persona portatrice di handicap). Relativamente alla componente immobiliare dell'asse ereditario, così, si pagherà l'imposta in ogni caso, semmai nella misura fissa di 1000 euro se il trasferimento ha ad oggetto una prima abitazione. Per questa via si afferma un modello ispirato al principio «poco ma sempre»; il che, tuttavia, dovrebbe far riflettere, ancora una volta, sulla scelta di fondo di allontanarsi sempre di più dalla progressività del prelievo;
all'articolo 7 si introduce l'imposta municipale secondaria facoltativa. Come già anticipato, il nome prescelto per questa imposta è quantomeno fuorviante. Premesso che un'imposta facoltativa è un ossimoro, qui la facoltà per i Comuni concerne solo la sostituzione di particolari tributi e non certo la non imposizione delle fattispecie da questi ultimi tassate. I tributi elencati dalla norma, che potranno essere sostituiti, sono però tra loro alternativi (dove c'è la Tosap non c'è la Cosap, e dove c'è l'imposta comunale sulla pubblicità non c'è il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari, e viceversa): i tributi sostituibili, pertanto, sono al massimo tre e non cinque. La norma presenta un profilo di grande ambiguità, laddove prevede che possano essere sostituiti uno o più dei tributi elencati. Questo significa, infatti, che si potranno avere situazioni estremamente diversificate: casi in cui l'IMU facoltativa sostituisce tutti i tributi e casi in cui ne sostituisce uno (es. l'imposta sulla pubblicità) e non altri, che quindi rimangono (es. la Cosap). La tariffa dovrà allora essere modulata diversamente a seconda che siano sostituiti tutti o solo alcuni dei tributi previsti. Particolare perplessità desta la previsione di un referendum consultivo locale quale condizione per l'introduzione della nuova imposta. Innanzitutto, va detto che, se un simile istituto non è previsto nello Statuto, occorrerà modificare lo Statuto per poter introdurre l'imposta. Soprattutto, però, deve essere evidenziato che la previsione di referendum in materia di tributi è estranea alla nostra tradizione. I referendum abrogativi sono addirittura vietati in materia tributaria, ai sensi dell'articolo 75, comma 2, Cost., e ciò, per una precisa ragione: la diffidenza verso iniziative demagogiche che potrebbero attentare ad un aspetto vitale dell'ente pubblico, quali è la previsione e la misura dei mezzi necessari al suo sostentamento. Non si comprende pertanto perché mai una tale esigenza non si dovrebbe porre - sebbene qui si tratti di un referendum consultivo e non abrogativo - per gli enti locali. Infine, non si comprende la ragione per escludere dall'imposta gli immobili ad uso abitativo, stante il particolare presupposto del tributo in oggetto che - giova ricordare - è integrato dall'occupazione dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile. Significa escludere, relativamente ad imposte come Tosap e Cosap, i passi carrai e, per l'imposta sulla pubblicità, i messaggi pubblicitari su cartelloni installati sui tetti delle abitazioni o sulle targhe sui muri. Da ultimo, non chiaro quale debba essere il trattamento per gli immobili ad uso promiscuo;

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ai sensi del comma 1, dell'articolo 8, l'IMU è indeducibile dalle imposte sui redditi e dall'Irap. Al riguardo, si evidenzia che, nel regime attuale, solo l'ICI è indeducibile, mentre le altre imposte, di cui è prevista la sostituzione, sono deducibili; in primis l'imposta di registro. Per effetto della sostituzione, pertanto, il prelievo fiscale sul trasferimento di immobili sarà sempre indeducibile dall'imposta sul reddito e dall'IRAP, anche laddove oggi sarebbe deducibile. Con un ulteriore effetto indiretto di aggravio dell'imposizione. Ai sensi dell'articolo 8, comma 4, il regime introdotto con il decreto in discussione «concorre ad assicurare, in prima applicazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed in via transitoria, l'autonomia di entrata dei Comuni». Si dà atto, insomma, che quella introdotta è una disciplina solamente transitoria, come del resto conferma la circostanza che, rispetto al modello ipotizzato dall'articolo 12 della legge delega, manca ogni riferimento alle compartecipazioni ai tributi erariali, che dovranno invece assumere un ruolo centrale nel nuovo assetto di finanziamento degli enti locali. Espressamente, poi, si rinvia all'adozione di un distinto decreto legislativo l'attuazione dell'articolo 11, sul finanziamento delle funzioni locali e per il riparto del Fondo perequativo di cui all'articolo 13. Sarebbe da precisare che solo la devoluzione del gettito dei tributi erariali è transitoria, non anche l'introduzione delle due nuove imposte municipali. Queste, difatti, comporteranno costi importanti di adeguamento in capo ai Comuni; sicché, non è ipotizzabile che siano destinate ad essere sostituite a breve, in occasione cioè dell'adozione del decreto con cui sarà dettata la disciplina a regime di attuazione della legge delega;
occorre, inoltre, rilevare che seppur parzialmente condivisibili, le modificazioni proposte nel parere del Relatore, - anche recepenti le indicazioni del Governo - non sanano le maggiori criticità del testo governativo iniziale: addirittura, talune storture, già evidenziate con riferimento al testo originario, vengono ulteriormente esasperate;
considerato, infatti, che:
la prima modifica investe i tributi trasferiti. Il loro gettito, infatti, non sarà più devoluto per intero, ma solo limitatamente ad una quota, pari al 30 per cento; quota che, peraltro, non va ai Comuni, bensì al Fondo perequativo. Se così è, appare ancor più irrealizzabile - rispetto alla versione precedente, su cui si erano già espressi dubbi - la previsione del comma 1, laddove dispone la devoluzione del gettito dei tributi ai Comuni «relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio». Contestualmente si stabilisce che la cedolare secca non sia più devoluta per intero ai Comuni, bensì limitatamente ad una quota, da fissare annualmente con decreto ministeriale. Ebbene, dal momento che la quota dei tributi devoluti sarà, a questo punto, prefissata, per garantire la corrispondenza tra trasferimenti fiscalizzabili, e quindi da sopprimere, e risorse da assicurare ai Comuni (che devono equivalersi, per assicurare la neutralità finanziaria richiamata al comma 6), l'unica variabile rimarrà la quota di cedolare secca da assegnare ai comuni. Che quindi si assumono per intero il rischio del suo funzionamento. Per recuperare, poi, il gettito ripreso allo Stato (70 per cento del gettito dei tributi erariali coinvolti), è però accordata ai Comuni una compartecipazione al gettito IRPEF pari al 2 per cento: ma la compartecipazione costituisce una misura di finanziamento che contraddice l'idea stessa di federalismo fiscale, essendo una fonte di finanziamento assolutamente opaca che, come tale, si sottrae al giudizio degli elettori. Viene poi meno la ripartizione in due sezioni del fondo. Il che è positivo, posto che si era criticata simile partizione, giudicata artificiosa e sostanzialmente inutile. Sennonché, la disciplina rimane lacunosa: il funzionamento del fondo, il suo finanziamento, la finalità perequativa perseguita (per fabbisogno o per capacità fiscale) rimangono indeterminati. È introdotta, effettivamente, una pre

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visione ad hoc sulla ripartizione; sennonché, oltre ad avere un termine (anno 2013), il criterio di ripartizione è limitato alla quota dei tributi devoluti, non interamente, ma solo in parte. Inoltre non si comprende perché venga valorizzato il numero dei residenti: tale criterio, difatti, non è previsto nella legge delega n. 42 per il funzionamento della perequazione (il riferimento alla dimensione demografica dei comuni, difatti, è operato solo con riguardo alla manovrabilità dei tributi, che deve essere disciplinata, appunto, «tenendo conto della dimensione demografica dei comuni per fasce»; cfr. articolo 11 della legge n. 42 del 2009) e non appare di per sé automaticamente significativo, né in riferimento ad una perequazione per fabbisogno né in una per capacità fiscale;
all'articolo 2 della proposta di parere del Relatore sono apportate alcune modifiche anche alla disciplina della cedolare secca. In particolare, viene alzata l'aliquota, dal 20 al 23 per cento, salvo che per i contratti concordati. Tale innalzamento, tuttavia, non risolve la criticità della misura. Sarebbe stato preferibile, volendo mantenere la tassazione separata, correggerla almeno con una moderata progressività (due aliquote - 23 e 33 - in ragione dell'entità del reddito fondiario, ad esempio). La previsione (comma 4) per cui non è ammesso il rimborso delle imposte (bollo e registro) già pagate appare fortemente iniqua. Penalizza ingiustamente coloro che si siano avvalsi di una misura addirittura incentivata dall'ordinamento, ossia il pagamento dell'imposta di registro, dovuta per tutta la durata del contratto, in un'unica soluzione. Penalizza, poi, anche coloro che, semplicemente, abbiano registrato/dovuto registrare il contratto prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina. Novità significativa è quella introdotta al comma 11. Qui si prevede che una quota (non superiore a 400 milioni) del gettito riscosso con la cedolare secca sia destinata ad apposito fondo destinato ad interventi a favore dei locatori. La previsione lascia perplessi. Innanzitutto, perché saranno favorite solo le famiglie, e non anche altre categorie certamente meritevoli, come pensionati e giovani precari. Peraltro, la presenza di figli è prevista come criterio preferenziale ma, parrebbe, non condizionante. In secondo luogo, perché non è certo condivisibile la forma di intervento prescelta. Il sostegno ai locatori, di per sé auspicabile, non è infatti diretto (ad esempio, nella forma di una maggiore detrazione o di una deduzione del canone dall'IRPEF), bensì mediato dalla costituzione di un fondo. E questo suscita perplessità. In primo luogo, perché il fondo dovrebbe essere finanziato con il maggior gettito derivante dall'innalzamento delle aliquote. Ebbene, a parte la considerazione che una tale formulazione è imprecisa (l'innalzamento dell'aliquota, dal 20 al 23 per cento, è contemplato rispetto ad uno schema di decreto e non ad una legge già in vigore, sicché, a rigore, non c'è alcun innalzamento di aliquota, quanto una sua fissazione), non si può dimenticare che le previsioni sono tutte nel senso che, almeno per i primi anni, l'introduzione della cedolare secca determinerà una contrazione del gettito: non si comprende, allora, da dove dovrebbero arrivare le risorse per il fondo. In secondo luogo, perché l'intervento tramite un fondo, di cui peraltro non si chiarisce come dovrebbe funzionare, rimane una variabile dipendente da situazioni (di finanza pubblica) contingenti. Inoltre, manca di automatismo, nel senso che la capienza del fondo va verificata anno per anno, prima di poterne deliberare l'impiego: ma ciò significa, implicitamente, che i potenziali beneficiari non vi potranno fare alcun affidamento in via preventiva, non conoscendo se, quando e come arriva il sostegno. Infine, proprio perché automatico, l'intervento sembra prescindere dalla dichiarazione circa l'esatto ammontare dei canoni versati, laddove, anche incentivando il conflitto di interessi proprietario-locatore, si potrebbero ottenere risultati nella lotta agli affitti in nero;
con riferimento all'articolo 4 della proposta di parere del Relatore, la principale novità attiene alla determinazione dell'aliquota IMU: non più con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da

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adottare su proposta del Ministero dell'economia d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, bensì con legge annuale di stabilità. Inoltre, la riduzione dell'aliquota per gli immobili relativi all'esercizio di un'impresa, arte o professione, non è più automatica e generalizzata, bensì subordinata ad una scelta di ciascun singolo comune. I comuni possono altresì, nello stesso modo, deliberare la riduzione dell'aliquota per i soggetti IRES. In questo modo, però, per gli immobili produttivi di reddito d'impresa o lavoro autonomo, la tassazione sarà duplice: imposta sul reddito ed IMU. Tassazione, peraltro, in linea di principio in misura piena. Ciò, mentre gli immobili locati (da persone fisiche) saranno soggetti all'IMU con aliquota sempre dimezzata e gli immobili non locati sempre solo all'IMU;
la novità che va registrata all'articolo 5 è, criticamente, l'introduzione dell'esenzione IMU per il caso previsto dalla lett. i) del D.Lgs. n. 504 del 1992 (immobili utilizzati da enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive). La critica, in questo caso concerne il fatto che, proprio su questa previsione, è pendente una controversia in sede comunitaria, in quanto sospettata di integrare un aiuto di Stato vietato. Al contempo, non si comprende la ragione per cui non sia stata allora reintrodotta anche l'esenzione di cui alla lett. g) e, cioè, per i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (assistenza, integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate);
l'articolo 6 è stato completamente riformulato. È sparita l'IMU sui trasferimenti e, al suo posto, è stato riscritto l'articolo 1 della Tariffa, parte prima, della legge di registro (decreto del Presidente della Repubblica n. 131/86).
In sostanza, il regime fiscale sui trasferimenti immobiliari, originariamente ipotizzato come tributo locale, sostitutivo di registro, bollo ed ipocatastali, viene ripreso, direttamente modificando l'imposta di registro. Ossia il tributo erariale. Sennonché, una simile soluzione non sembra trovare copertura nella legge delega. Questa, invero, contempla anche la «trasformazione di tributi già esistenti» (articolo 12, lett. a), della legge n. 42 del 2009), ma limitatamente ai tributi propri dei comuni. Ovvero a dirsi, a tributi erariali che, trasformati, divengono locali. L'imposta di registro, tuttavia, non diventa un tributo proprio dei comuni: tale non la si può certo considerare per il solo fatto che una quota del gettito (30 per cento) è destinata ai comuni. Si ritiene, pertanto, che la previsione in oggetto sia operata al di fuori della legge delega n. 42;
con riguardo all'imposta municipale secondaria al'articolo 7 (per inciso, la rubrica non è stata cambiata: dovrebbe sparire «facoltativa», come avvenuto nel testo dell'articolo), la modifica più significativa concerne l'eliminazione del referendum comunale. Rileva, poi, l'introduzione, alla lett. f), della previsione per cui i Comuni, nell'esercitare con potere regolamentare la facoltà di disporre agevolazioni ed esenzioni, lo debbono/possono fare «in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale». Non si comprende, infatti (a parte il rilievo che analoga facoltà non è prevista per la ben più importante IMU) se questo intenda limitare la facoltà dei Comuni, imponendo loro un fine preciso - prima non contemplato - nell'introduzione di esenzioni/agevolazioni. Parimenti non si comprende cosa voglia intendere riconoscere ai Comuni la possibilità, con propri regolamenti, di dettare «ulteriori modalità applicative del tributo»: mancano infatti le coordinate entro cui un simile potere dovrebbe essere esercitato. Così come disciplinato, il potere regolamentare dei Comuni appare eccessivamente generico ed indeterminato;
all'articolo 7-bis viene introdotta, ex novo, l'imposta di soggiorno. È prevista in misura fissa, entro una fascia di oscillazione

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tra 0,5 e 5 euro a notte. Subito si evidenzia che potranno beneficiare della nuova imposta solo i comuni capoluogo di provincia. Ne restano quindi esclusi tutti gli altri. Tralasciando considerazioni di carattere politico (si aggrava la sperequazione tra comuni turistici e comuni non turistici, già penalizzati dall'esenzione IMU prima casa; si prevede l'ennesimo tributo a carico di cittadini non elettori; si introduce un balzello che finisce per penalizzare una delle poche sicure ricchezze del Paese, ossia il turismo), va invece denunciata l'estrema lacunosità della disciplina, per la cui fissazione si fa rinvio ad un DPCM. Una lacunosità che, tuttavia, rischia di mettere la disciplina in commento in palese conflitto con l'articolo 23 della Costituzione: nella misura in cui, con ogni probabilità, saranno tenuti ad applicare e versare l'imposta gli esercenti delle strutture recettive, una tale previsione deve - appunto in osservanza dell'articolo 23 Cost. - essere contenuta in una norma di rango legislativo;
all'articolo 8 sono state introdotte due previsioni nuove, il cui contenuto, a rigore, non si giustifica nel quadro di un decreto legislativo. Qui, difatti, ci si limita a prevedere che, con ulteriori decreti legislativi si provvederà al riordino dell'imposta di scopo, dei prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, esenzioni ed agevolazioni per l'IMU (ancora e solo con legge statale) e dell'addizionale comunale. Sennonché, è evidente che quanto previsto non può costituire individuazione e definizione di principi di delega, da osservare in sede di promulgazione degli emanandi decreti. Non si comprende, pertanto, la ragione né il senso della previsione;
preso atto della nuova proposta di parere formulata dal Relatore presentata in data 27 gennaio 2011. Essa presenta significative novità, anche rispetto al testo elaborato precedentemente dallo stesso Relatore; novità di tale portata, peraltro, da rendere il testo in gran parte nuovo. Sarebbe stato quindi certamente opportuno fruire di maggiore tempo per poter anche vagliare, adeguatamente, la nuova relazione tecnica inviata dalla Ragioneria Generale dello Stato alla Commissione Parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, in data 28 gennaio 2011;
valutato, in particolare, che:
all'articolo 1, comma 3 , viene previsto che la compartecipazione del 2 per cento del gettito IRPEF vada al Comune in cui ha il domicilio fiscale il contribuente, senza affluire al Fondo sperimentale di riequilibrio. La soluzione appare censurabile, in quanto il gettito IRPEF è fortemente disomogeneo sul piano territoriale e per tipologia di comune, ragione per cui sarebbe stato preferibile ipotizzare che almeno una quota di tale compartecipazione andasse al Fondo di riequilibrio. Al comma 5 si prevede che una quota del fondo, pari al 30 per cento, sia ridistribuito ai Comuni in base al numero dei residenti. È censurabile, in quanto il criterio del numero di residenti è, implicitamente, già valorizzato dalla compartecipazione IRPEF. Inoltre, non risponde a logiche di perequazione, né per fabbisogno né per capacità fiscale. Inoltre, è questo l'unico criterio espressamente previsto per il riparto del fondo (ve ne è anche un altro, ossia la riserva del 20 per cento per i Comuni che esercitano le funzioni fondamentali in forma associata e per le isole monocomune), quando si prevede che, in caso di mancato accordo con la Conferenza Stato - città ed autonomie locali, il decreto che deve fissare il finanziamento del fondo, le modalità di riparto e la quota da destinare ai Comuni dove sono gli immobili, sia comunque emanato. Proprio una simile clausola di «salvaguardia» avrebbe insomma sollecitato una migliore precisazione, in seno al Decreto legislativo, dei criteri di riparto del Fondo;
all'articolo 2 sono state ridotte ulteriormente le aliquote della cedolare secca, ora fissate al 19 per cento ed al 21 per cento. Le ragioni di critica al provvedimento (regressività dell'imposizione; penalizzazione

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dei redditi da lavoro rispetto a quelli di capitale) vengono, così, ulteriormente rafforzate. Al comma 2 si osserva che le pesanti sanzioni previste sono, in ogni caso, limitate ai contratti di locazione da registrare. E tali non sono quelli di durata inferiore ai trenta giorni (come tipicamente nelle località turistiche). Al comma 11 è sparito il fondo a favore degli inquilini. La misura a favore degli inquilini è divenuta a carico dei proprietari: questi, se vogliono beneficiare dell'imposta sostitutiva devono rinunciare all'indicizzazione del canone. Si tratta, però, di una misura che non soddisfa. Innanzitutto, perché i vantaggi per proprietari ed inquilini sono eccessivamente sperequati: sarebbe stato invece opportuno ampliare le detrazioni a vantaggio degli inquilini (magari non riducendo al 21 per cento l'aliquota sui canoni). Inoltre, sul piano operativo, la previsione desta perplessità: l'imposta sostitutiva è efficace solo se il proprietario comunica, preventivamente, al conduttore di rinunciare all'aggiornamento del canone. Ebbene, non si comprende preventivamente rispetto a cosa. Ove fosse riferita alla conclusione del contratto, si porrebbero dubbi sulla regolazione dei contratti in corso. Inoltre significherebbe che il proprietario, fatta la scelta una volta, non può cambiare regime. La nuova previsione, insomma, non convince. Senza considerare che c'è il rischio che i proprietari, sapendo che non possono aggiornare il canone, scontino fin dall'inizio la possibile evoluzione dell'inflazione, nella determinazione del canone base;
all'articolo 2-bis viene introdotta, per tutti i comuni turistici, l'imposta di soggiorno. Come già osservato, la previsione è criticabile, in quanto avvantaggia solo taluni comuni e, poi, rischia di penalizzare il settore del turismo. Inoltre, appare questo l'ennesimo tributo che colpisce i non residenti, ossia i non votanti. Inoltre la norma è sospetta di incostituzionalità: non prevede il soggetto obbligato a pagare l'imposta al Comune (il gestore, con rivalsa sul cliente o il cliente direttamente?). E questo non può essere lasciato ad un regolamento, in quanto contrasta con l'articolo 23 della Costituzione, in materia di riserva di legge assoluta. Lo stesso dicasi per le sanzioni ivi previste;
all'articolo 2-quater si prevede che, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, venga modificata ed integrata l'imposta di scopo di cui all'articolo 1, comma 145, della legge n. 296 del 2006. Tale imposta, quindi, dovrebbe diventare (tornare ad essere) a pieno titolo uno degli strumenti tributari a disposizione dei Comuni. Sennonché, va evidenziato che l'imposta in oggetto, per come è stata congegnata, è un'addizionale all'ICI: ebbene, posto che l'ICI, come anche la futura IMU, non si applica alla prima casa, anche l'imposta di scopo si tradurrà nell'ennesimo tributo pagato da chi non ha il potere di sanzionare la scelta degli amministratori. In spregio, ancora una volta, della filosofia del federalismo fiscale, secondo cui il potere di imporre tributi è, innanzitutto, responsabilità verso i propri elettori;
come risulta dall'articolo 8 la vera riforma del fisco municipale, in realtà, è rinviata a decreti successivi. Quella risultante nel presente provvedimento è, infatti, solo di carattere transitorio. Ciò è chiarito testualmente dal comma 3. Inoltre, il comma 5, rinvia la determinazione delle fonti di finanziamento delle diverse funzioni comunali, il comma 6, prevede un decreto per la riformulazione dell'imposta di scopo e dei prelievi relativi ai servizi comunali non tariffabili e, infine, il comma 6-bis, prevede la rideterminazione dell'addizionale IRPEF anche in sostituzione della compartecipazione. In altre parole, il fisco municipale così come sancito dalla legge n. 42 del 2009 è interamente da formulare, per espressa ammissione del decreto in esame. L'articolo 2 della legge n. 42 del 2009, tuttavia, ha fissato un preciso criterio direttivo (lett. ee), stabilendo «la riduzione dell'imposizione fiscale statale in misura corrispondente

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alla più ampia autonomia di entrata»: sennonché, di tale criterio, nel decreto in esame non vi è traccia;
pertanto, le modificazioni proposte negli schemi di parere del Relatore non sanano le maggiori criticità del testo governativo iniziale. Alla luce, quindi, delle rilevanti perplessità dettagliatamente elencate, in ordine alla compatibilità costituzionale, normativa e finanziaria, riferite sia al testo governativo originario, sia alla proposta di parere del Relatore, sia alla nuova proposta di parere del Relatore
esprime parere contrario
Belisario

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292)

PROPOSTE DI MODIFICA ALLA PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE ON. LA LOGGIA

(v. seduta del 27 gennaio 2011)

Sostituire la condizione della proposta di parere del relatore La Loggia con la seguente: lo schema di decreto sia sostituito dal seguente:
«Art. 1 - (Sistema fiscale dei comuni a regime)
1. In attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, fatte salve le disposizioni vigenti in materia di entrate proprie dei comuni, per il loro finanziamento sono introdotte nell'ordinamento fiscale le seguenti ulteriori forme di imposizione:
a) una imposta comunale sui servizi;
b) altri tributi propri e di scopo.

2. Sono attribuite, altresì, ai comuni:
a) il gettito dell'imposta sostitutiva sui canoni da locazione;
b) il gettito della compartecipazione comunale all'IRPEF;
c) le risorse del Fondo perequativo per il finanziamento dei comuni.

3. Il sistema perequativo dei comuni, di cui all'articolo 13 della legge n. 42 del 2009, è definito con apposito decreto legislativo da emanarsi entro il 28 febbraio 2011.
4. In attuazione dell'articolo 28, comma 2, lettera b), della medesima legge 5 maggio 2009, n. 42, e dell'articolo 10, comma 2, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la Decisione di finanza pubblica dovrà contenere, su base triennale, il limite massimo della pressione fiscale e il suo riparto tra i diversi livelli di governo.

Art. 2 - (Imposta comunale sui servizi).
1. A decorrere dall'anno 2012 è istituita l'imposta comunale sui servizi.
2. Presupposto dell'imposta è la residenza, il soggiorno o il domicilio nel territorio comunale.
3. Ai fini dell'imposta di cui al comma 1, per servizi si intende il complesso dei servizi di natura collettiva non strettamente tariffabili forniti dal comune in favore dei soggetti residenti, soggiornanti o domiciliati nel territorio comunale.
4. Soggetti passivi dell'imposta sono:
a) le persone fisiche che risiedono o sono stabilmente domiciliate nel territorio del comune, con esclusione dei minori; si considerano stabilmente domiciliati i titolari di contratto ad uso abitativo con durata superiore ad un anno;
b) i proprietari di immobile adibito ad uso residenziale/abitativo nel caso in cui questo sia locato a soggetti che non vi sono domiciliati in modo stabile o sia tenuto a disposizione.

5. La base imponibile dell'imposta è determinata dalla superficie dell'unità immobiliare di residenza o di domicilio, corretta con l'indice di cui all'allegato A, formulato sul numero di coloro che vi risiedono o soggiornano stabilmente, e per

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l'indice della dotazione di servizi del comune di cui all'allegato B. Tale indice può essere differenziato a seconda della zona di residenza e della disponibilità di servizi. L'indice di dotazione dei servizi di ciascun comune è definito sulla base di parametri uniformi concordati in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.
6. Per la determinazione dell'imposta si applica la formula di cui all'allegato B al presente decreto legislativo. L'aliquota di cui all'allegato B è stabilita dal consiglio comunale, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetto per l'anno successivo. L'aliquota può variare da un importo minimo a un importo massimo per metro quadrato/contribuente da definirsi con distinto decreto legislativo correttivo e integrativo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni. L'aliquota può essere diversificata ed agevolata in rapporto alle diverse tipologie di soggetti di cui al comma 4. Se la delibera non è adottata entro tale termine, si applica l'imposta base.
7. Nei casi previsti al comma 4, punto b), il numero di individui da utilizzare per il calcolo dell'imposta è determinato forfettariamente in funzione della superficie dell'immobile secondo criteri successivamente specificati.
8. Nel caso di abitazioni locate a locatari stabilmente domiciliati nell'immobile, al contribuente locatario è riconosciuta la possibilità di detrarre dal canone di locazione un ammontare pari al 40 per cento dell'imposta dovuta.
9. L'imposta è liquidata, accertata e riscossa da ciascun comune per i soggetti di cui al comma 4. L'imposta è dovuta dai soggetti indicati dal comma 4, entro il 30 giugno di ciascun anno, anche mediante rateizzazione dell'importo secondo le modalità definite con apposita delibera comunale.
10. Il comune controlla i versamenti e le dichiarazioni presentate ai sensi del comma 9 e, sulla base dei dati ed elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni provvede anche a correggere gli errori materiali e di calcolo e liquida l'imposta. Il comune emette avviso di liquidazione, con l'indicazione dei criteri adottati, dell'imposta o maggiore imposta dovuta e delle sanzioni ed interessi dovuti.
11. Il comune provvede alla rettifica delle dichiarazioni e delle denunce nel caso di infedeltà, incompletezza o inesattezza ovvero provvede all'accertamento d'ufficio nel caso di omessa presentazione. A tal fine emette avviso di accertamento motivato con la liquidazione dell'imposta o maggiore imposta dovuta e delle relative sanzioni ed interessi; l'avviso deve essere notificato, anche a mezzo posta mediante raccomandata con avviso di ricevimento, al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o la denuncia ovvero, per gli anni in cui queste non dovevano essere presentate, a quello nel corso del quale è stato o doveva essere eseguito il versamento dell'imposta. Nel caso di omessa presentazione, l'avviso di accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o la denuncia avrebbero dovuto essere presentate ovvero a quello nel corso del quale è stato o doveva essere eseguito il versamento dell'imposta.
12. Gli avvisi di liquidazione e di accertamento devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati.
13. Ai fini dell'esercizio dell'attività di liquidazione ed accertamento i comuni possono invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti; inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico, con invito a restituirli compilati e firmati; richiedere dati, notizie ed elementi rilevanti nei confronti dei singoli contribuenti agli uffici pubblici competenti, con esenzione di spese e diritti.
14. Con delibera della giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell'imposta; il predetto funzionario sottoscrive

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anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi.
15. Le somme liquidate dal Comune per imposta, sanzioni ed interessi, se non versate, con le modalità indicate da apposita delibera comunale, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione o dell'avviso di accertamento, sono riscosse, salvo che sia stato emesso provvedimento di sospensione, coattivamente mediante ruolo secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, e successive modificazioni.
16. I soggetti di cui al comma 4 possono richiedere al comune al quale è stata versata l'imposta, il rimborso delle somme versate e non dovute, entro il termine di tre anni dal giorno del pagamento ovvero da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione. Sulle somme dovute al contribuente spettano gli interessi.
17. Per l'omessa presentazione della dichiarazione o denuncia si applica una sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento del tributo dovuto, con un minimo di euro cento. Se la dichiarazione o la denuncia sono infedeli si applica una sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento della maggiore imposta dovuta. Se l'omissione o l'errore attengono ad elementi non incidenti sull'ammontare dell'imposta, si applica la sanzione amministrativa da euro cento ad euro cinquecento. La stessa sanzione si applica per le violazioni concernenti la mancata esibizione o trasmissione di atti e documenti, ovvero per la mancata restituzione di questionari nei sessanta giorni dalla richiesta o per la loro mancata compilazione o compilazione incompleta o infedele. Le predette sanzioni sono ridotte ad un quarto se, entro il termine per ricorrere alle commissioni tributarie, interviene adesione del contribuente con il pagamento del tributo, se dovuto, e della sanzione. La contestazione della violazione non collegata all'ammontare del tributo deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è commessa la violazione.

Art. 3 (Altri tributi propri e di scopo) 1. I comuni a decorrere dall'anno 2012, possono introdurre, con apposita deliberazione della giunta comunale:
a) un'addizionale sui diritti d'imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in partenza dagli aeroporti, qualora presenti nel territorio comunale, fino ad un massimo di 1 euro per passeggero;
b) un contributo di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive del territorio comunale, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno;
c) un contributo straordinario nella misura massima del 66 per cento del maggior valore immobiliare conseguibile, a fronte di rilevanti valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico generale, in via diretta o indiretta, rispetto alla disciplina previgente per la realizzazione di finalità pubbliche o di interesse generale, ivi comprese quelle di riqualificazione urbana, di tutela ambientale, edilizia e sociale. Detto contributo deve essere destinato alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale ricadenti nell'ambito di intervento cui accede, e può essere in parte volto anche a finanziare la spesa corrente, da destinare a progettazioni ed esecuzioni di opere di interesse generale, nonché alle attività urbanistiche e servizio del territorio. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli impegni di corresponsione di contributo straordinario già assunti dal privato operatore in sede di accordo o di atto d'obbligo a far data dall'entrata in vigore dello strumento urbanistico generale vigente;
d) una maggiorazione della tariffa di cui all'articolo 62, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in modo tale che il limite del 25 per cento ivi indicato possa essere elevato sino al 50 per cento;

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e) una maggiorazione, fino al 3 per mille, dell'ICI sulle abitazioni diverse dalla prima casa, tenute a disposizione.

2. Nell'ambito della deliberazione comunale o di deliberazione successiva adottata in seduta pubblica, deve essere indicata espressamente la durata e l'entità dell'imposta, nonché le modalità di pagamento e le eventuali esenzioni ed agevolazioni a carico di particolari categorie di contribuenti.
3. Ai fini dell'accertamento, della liquidazione, della riscossione coattiva, dei rimborsi, delle sanzioni, degli interessi e del contenzioso si applicano le disposizioni di cui ai commi da 9 a 17 dell'articolo 2.

Art. 4 (Imposta sostitutiva sui canoni da locazione) 1. A decorrere dall'anno 2011, il canone di locazione relativo alla stipula di nuovi contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione, è assoggettato ad un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti si applica un'aliquota del 20 per cento. L'imposta si applica anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l'obbligo di registrazione.
2. Lo Stato devolve ad ogni comune, relativamente agli immobili ubicati nel territorio comunale, una quota pari al 100 per cento del gettito dell'imposta di cui al comma 1 e sono ad essi versati entro il mese di giugno di ciascun anno.
3. I soggetti che stipulano o rinnovano contratti di locazione ad uso abitativo, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, e che provvedono alla registrazione del medesimo, sono esentati dal pagamento dell'ICI.
4. L'imposta di cui al comma 1 è versata entro il termine stabilito per il versamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso ad essa relativi si applicano le disposizioni vigenti previste per le imposte sui redditi.
5. Nelle more dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 26 della legge n. 42 del 2009, la partecipazione dei comuni all'accertamento fiscale delle locazioni di immobili è incentivata mediante il riconoscimento di una quota pari al 50 per cento delle maggiori somme recuperate all'erario a titolo definitivo, a seguito dell'intervento del comune che abbia contribuito all'accertamento stesso. Con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate, emanato d'intesa con la Conferenza Stato-Città, autonomie locali, sono stabilite le modalità tecniche di partecipazione dei comuni all'accertamento fiscale.

Art. 5 (Compartecipazione al gettito dell'IRPEF) 1. In concomitanza con la determinazione dei fabbisogni standard sulle funzioni fondamentali dei comuni, viene istituita una compartecipazione al gettito dell'IRPEF a favore dei comuni. L'aliquota della compartecipazione al gettito dell'IRPEF è determinata al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento dei fabbisogni standard sulle funzioni fondamentali in un solo comune. Le modalità di attribuzione del gettito dell'IRPEF ai singoli comuni sono stabilite in conformità al principio di territorialità di cui all'articolo 119 della Costituzione.
2. Nei comuni dove il gettito dei tributi di cui agli articoli 2 e 4 è insufficiente al finanziamento dei fabbisogni standard sulle funzioni fondamentali concorrono le quote del Fondo perequativo di cui al precedente articolo 1, comma 3.

Art. 6 (Disposizioni finali) 1. A decorrere dal 1o gennaio 2012:
a) l'addizionale comunale sull'IRPEF di cui al decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, è soppressa;
b) le disposizioni di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2005, n. 152, non si applicano agli immobili ad uso residenziale».

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Allegato A

Indice formulato sulla base della dimensione della composizione del nucleo familiare:

Gg(N, M) = 1 + (NI) 2/3 + M 1/3
g(N) - indice formulato sulla base della dimensione e della composizione del nucleo familiare
(N) - numero dei maggiorenni adulti conviventi
M - numero di minori conviventi

Allegato B

Formula per il calcolo dell'imposta comunale sui servizi

T = t(EA)/g(N, M)
T = imposta dovuta da ciascun residente maggiorenne
T = aliquota espressa in termini di euro
E = dimensione dell'immobile in metri quadri
A = coefficiente determinato dal comune dipendente dalla zona di residenza e dalla disponibilità dei servizi
N = numero dei maggiorenni conviventi
M = numero di minori conviventi
24. Vitali, Soro, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, comma 1, sostituire le parole «è devoluto ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, il gettito» con le seguenti «sono attribuite ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio e con le modalità di cui al presente articolo, quote del gettito».
25. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1 apportare le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 sopprimere le lettere b
), d), e) ed f);
b) sopprimere il comma 1-bis;
c) ai commi 2 e 6-bis, ovunque ricorrano, sopprimere le parole «ed 1-bis»;
d) sopprimere il comma 4
.
62. Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 1, lettera g) sostituire le parole «cedolare secca» con le seguenti «imposta sostitutiva».

Conseguentemente, le parole «cedolare secca» sono sostituite dalle seguenti «imposta sostitutiva» ovunque «ricorrano».
26. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 1-bis sostituire le parole «la devoluzione» con le seguenti «l'attribuzione».
27. Enzo Bianco, Vitali, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso «articolo 1», sostituire il comma 3, con il seguente: 3. In base al principio di delega recato dall'articolo 12, comma 1, lettera b), della legge n. 42

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del 2009, ai comuni è attribuita una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto. La quota di gettito del tributo di cui al presente comma, devoluta ai comuni a decorrere dall'anno 2011, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. In sede di prima applicazione, e in attesa della determinazione del gettito IVA ripartito per ogni comune, la assegnazione del gettito ai comuni avviene sulla base del gettito IVA per provincia suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune».

Conseguentemente,
al comma 6, primo periodo, sopprimere le seguenti parole
: «all'IRPEF»;
all'articolo 8, sopprimere il comma 6-bis.
2. Baldassarri, D'Alia, Galletti, Lanzillotta.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 3, il primo periodo è sostituito con il seguente: «Ai comuni è attribuita una compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, del valore di 2 punti percentuali aggiuntivi rispetto a quanto disposto dall'articolo 1, comma 192, della legge 27 dicembre 2006, n. 296».
28. Boccia, Vitali, Enzo Bianco, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 3, sostituire il secondo periodo con il seguente: «Il gettito di cui al presente comma affluisce al Fondo sperimentale di riequilibrio nella misura dello 0,5 per cento ed è devoluto, per la parte rimanente, al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1o gennaio dell'anno cui si riferisce la compartecipazione stessa».
13. Belisario.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 5, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole: « ove effettuata, nonché, sino al 2013, anche della necessità che una quota pari al 30 per cento della dotazione del Fondo sia ridistribuito tra i comuni in base al numero dei residenti».
14. Belisario.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 5, sostituire le parole «31 ottobre» con le seguenti «30 settembre».
29. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 5, sostituire le parole «trentesimo giorno» con le seguenti «sessantesimo giorno».
30. Misiani, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 6, sostituire le parole «per gli anni 2011 e 2012» con le seguenti «per gli anni 2011, 2012 e 2013 e comunque per tutta la durata del Fondo di riequilibrio».
31. Soro, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma

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6, dopo il secondo periodo inserire il seguente: «In ogni caso, per tutta la durata del Fondo sperimentale di riequilibrio, la differenza tra le nuove risorse attribuite ai sensi del presente provvedimento e i trasferimenti erariali fiscalizzati per singolo comune non può essere superiore del 3 per cento».
33. D'Ubaldo, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 6, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «ovvero, in modo tale da garantire progressivamente il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 14, comma 2, ultimo periodo del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122».
32. Causi, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 7, lettera b), sopprimere il secondo e il terzo periodo.
34. D'Ubaldo, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, comma 7, alla lettera c), dopo il numero 4 aggiungere il seguente: «5) a qualsiasi altra banca dati, limitatamente ad immobili presenti ovvero a soggetti aventi domicilio fiscale nel comune, che possa essere rilevante per il controllo dell'evasione erariale o di tributi locali».
59. Vitali.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 7, dopo la lettera d) aggiungere le seguenti: «d-bis) i singoli comuni hanno accesso, secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali a qualsiasi altra banca dati, limitatamente ad immobili presenti ovvero a soggetti aventi domicilio fiscale nel comune, che possa essere rilevante per il controllo dell'evasione erariale o di tributi locali anche se non presente in anagrafe tributaria. Tra queste dovranno certamente essere disponibili le banche dati delle Camere di commercio industria artigianato agricoltura, le banche dati del Pubblico registro automobilistico, le banche dati del Registro nautico, le banche dati degli occupati/pensionati, senza nessun tipo di onere per i comuni;
d-ter) tutte le suddette banche dati devono essere rese disponibili, sempre senza oneri per i comuni, con accesso puntuale, con scarico massivo e se ritenuto opportuno in cooperazione applicativa;
d-quater) l'Agenzia delle Entrate è obbligata ed esaminare tutte le segnalazioni inviate dai comuni nonché a tracciare il procedere dell'accertamento e della relativa riscossione».
60. Vitali.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso all'articolo 1, dopo il comma 7-ter aggiungere il seguente: «7-quater. Ai comuni è data facoltà di introdurre forme di definizione anche anticipata e temporalmente definita sia dei contenzioni pendenti che di quelli potenziali con il fisco e le eventuali altre autorità interessate, con modalità che garantiscano un ampio recupero dell'imposta evasa con una addizionale da destinare direttamente all'ente locale con obbligo di reinvestimento nell'attività di contrasto all'evasione fiscale, prevedendo altresì l'attuazione del principio di premialità anche a favore di quei contribuenti che, sottoponendosi volontariamente alle opportune modalità operative e di controllo, consentano

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la definizione del contenzioso pregresso ed accettino forme di virtuosa collaborazione per gli accertamenti fiscali futuri».
66. Corsaro.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2 sopprimere i commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 11.
15. Belisario.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, sostituire i commi da 1 a 7 con i seguenti:
1. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 16 è inserito il seguente: «16-bis (Imposta sostitutiva sui redditi da locazione degli immobili ad uso residenziale)
I redditi da fabbricati e immobili ad uso residenziale costituiti da canoni di locazione percepiti da persone fisiche, proprietari o titolari di diritto reale di godimento, per contratti di locazione comunque stipulati ovvero stipulati e rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ovvero per contratti di breve durata o inferiori all'anno solare, e per unità immobiliari anche ammobiliate e relative pertinenze, sono soggetti, in via opzionale da parte del contribuente, ad imposizione sostitutiva dell'imposta sui redditi delle persone fisiche e delle relative addizionali con aliquota del 20 per cento. In caso di più titolari del diritto di proprietà, l'imposta è calcolata sui redditi in proporzione alla quota di proprietà. Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articolo 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE, l'aliquota dell'imposta sostitutiva è ridotta al 15 per cento, calcolata sul canone pattuito ridotto del 15 per cento.
I redditi derivante dai canoni di locazione di cui al primo comma assoggettati ad imposta sostitutiva concorrono a determinare il reddito complessivo esclusivamente ai fini dell'applicazione delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, nonché per la individuazione dei requisiti reddituali al cui possesso è condizionata la fruizione di benefici, agevolazioni e sussidi, anche di carattere non tributario.
L'imposta sostitutiva è versata, a titolo definitivo, entro il termine stabilito per il versamento in acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. L'acconto è dovuto nella misura del 95 per cento. Per l'anno di imposta 2011, la misura dell'acconto è pari al 100 per cento. Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione e il contenzioso riguardanti l'imposta sostitutiva di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 settembre 2010, sono stabilite le modalità di dichiarazione e di versamento dell'imposta sostitutiva di cui al presente articolo, nonché ogni altra disposizione utile ai fini della sua attuazione»;
b) l'articolo 16 è sostituito dal seguente: «16 (Detrazione per canone di locazione) 1. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione pari all'ammontare della somma versata a titolo di locazione fino al limite di 2.500 euro all'anno.
2. La detrazione di cui al comma 1 è rapportata al periodo dell'anno durante il quale l'unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente.

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3. Qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all'imposta lorda diminuita, nell'ordine, delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, è riconosciuto un ammontare pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza nella predetta imposta. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l'attribuzione del predetto ammontare».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010. In sede di versamento dell'acconto dell'imposta sui redditi del 2012 non si tiene conto della detrazione introdotta dal comma 1, lettera b). A decorrere dall'anno di imposta 2011 la determinazione dell'ammontare della detrazione e la sua effettiva fruizione è subordinata alla disponibilità di risorse finanziarie iscritte nel Fondo per la detraibilità del canone di locazione di cui al comma successivo e nel rispetto dei seguenti limiti: per gli anni di imposta 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015, la deduzione è fruibile, rispettivamente nel limite di 500, 1.000, 1.500, 2.000, 2.500 euro annui. Si applicano comunque le detrazioni vigenti per l'anno di imposta 2010 ove più favorevoli.
3. È istituito il Fondo per la detraibilità dei canoni di locazione, alimentato per quota dalle risorse derivanti dai risparmi di spesa di cui al comma 4 e dalle maggiori entrate derivanti dall'emersione di base imponibile, e del conseguente gettito, al netto degli incrementi dovuti alla rivalutazione dei canoni, in relazione all'imposta sostitutiva sui redditi da locazione degli immobili ad uso residenziale, fatto salvo il riconoscimento di una quota delle maggiori entrate ai comuni ai sensi dell'articolo 1 del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, determina entro il 31 dicembre di ogni anno, l'ammontare delle risorse affluenti nel citato Fondo. Con lo stesso decreto del ministro dell'economica e delle finanze è determinato l'ammontare della detrazione singolarmente spettante, fino a concorrenza del limite previsto dal comma 3, dividendo il maggior gettito definito con il citato decreto ministeriale per il numero degli aventi diritto alla detrazione, e tenendo conto dei nuclei familiari più numerosi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 marzo 2011, sono stabilite le modalità di fruizione della deduzione di cui al comma 1, nonché ogni altra disposizione utile ai fini dell'attuazione del presente comma.
4. Al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è apportata la seguente modificazione:
all'articolo 8, dopo il comma 5, inserire il seguente: «5-bis. A decorrere dall'anno 2011 la spesa per consumi intermedi e per acquisto di beni e servizi prodotti dai produttori market sostenuta dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è rideterminata, in modo da garantire una spesa complessiva corrispondente alla spesa del 2009 ridotta del 5 per cento. Tale rideterminazione comporta una riduzione rispetto alla spesa complessiva tendenziale quantificata complessivamente in 1,5 miliardi di euro nel 2011 e in 2,8 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Gli ulteriori risparmi di spesa che dovessero realizzarsi in attuazione del presente comma sono versati al bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398».

Conseguentemente, sopprimere il comma 11.
3. Baldassarri, D'Alia, Galletti, Lanzillotta.

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Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, al comma 1, sostituire le parole «In alternativa facoltativa» con le seguenti: «Per i nuovi contratti stipulati successivamente all'entrata in vigore del presente provvedimento, in alternativa».
35. Misiani, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, al comma 2, sostituire il secondo periodo con il seguente: «La cedolare secca si applica sulla somma dei canoni relativi ai contratti di locazione ammessi al regime opzionale. I canoni relativi ai contratti di cui articoli 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, vanno conteggiati separatamente. L'aliquota è 21 per cento per i redditi da locazione fino a 30.000 euro e 25 per cento per i redditi da locazione oltre tale soglia», nonché sostituire «al 19 per cento» con «al 19 per cento per i redditi da locazione fino a 30.000 e 23 per cento per i redditi oltre tale soglia».
16. Belisario.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso «articolo 2», al comma 2 sostituire le parole «di un'aliquota del 21 per cento» con le seguenti: «di un'aliquota del 20 per cento»; e le parole «al 19 per cento» con le seguenti: «al 15 per cento».
4. Baldassarri, D'Alia, Galletti, Lanzillotta.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, al comma 2 apportare le seguenti modifiche:
a) al secondo periodo, sostituire le parole «un'aliquota del 21 per cento» con le seguenti «un'aliquota del 20 per cento»;
b) all'ultimo periodo, sostituire le parole «19 per cento» con le seguenti: «15 per cento»;
c) dopo il comma 8, inserire il seguente: «8-bis. «Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, l'articolo 16 è sostituito dal seguente: »16 (Detrazione per canone di locazione) - 1. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione pari all'ammontare della somma versata a titolo di locazione fino al limite di 2.500 euro all'anno.

2. La detrazione di cui al comma 1 è rapportata al periodo dell'anno durante il quale l'unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente.
3. Qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all'imposta lorda diminuita, nell'ordine, delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, è riconosciuto un ammontare pari alla quota di detrazione con non ha trovato capienza nella predetta imposta. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l'attribuzione del predetto ammontare».
22. Boccia

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, comma 2, apportare le seguenti modifiche:
a) al secondo periodo, sostituire le parole «un'aliquota del 21 per cento» con le seguenti «un'aliquota del 23 per cento»;
b) all'ultimo periodo, sostituire le parole «19 per cento» con le seguenti: «18 per cento»;

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c) dopo il comma 8, inserire il seguente:
«8-bis. "Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, l'articolo 16 è sostituito dal seguente:
"16 (Detrazione per canone di locazione) - 1. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione pari all'ammontare della somma versata a titolo di locazione fino al limite di 2.500 euro all'anno.
2. La detrazione di cui al comma 1 è rapportata al periodo dell'anno durante il quale l'unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente.
3. Qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all'imposta lorda diminuita, nell'ordine, delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, è riconosciuto un ammontare pari alla quota di detrazione con non ha trovato capienza nella predetta imposta. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l'attribuzione del predetto ammontare"».
23. Boccia

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, al comma 3, dopo le parole «la registrazione del contratto di locazione» sono inserite le seguenti: «da cui risulti l'opzione per il regime dell'imposta sostitutiva sugli affitti».
36. Nannicini, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, al comma 5, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole: «, secondo periodo,».
17. Belisario

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, dopo il comma 5, inserire il seguente: «5-bis. La cedolare secca di cui al comma 2 sostituisce anche l'imposta di registro sul contratto di locazione per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE».
37. Boccia, Vitali, Enzo Bianco, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, comma 6, primo periodo, le parole «o da enti non commerciali» sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 si applicano agli istituti autonomi case popolari, comunque denominati, per i canoni sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica in proprietà o in gestione degli enti medesimi».
38. Stradiotto, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini Soro.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, dopo il comma 7, inserire il seguente: «7-bis. In caso di opzione per il regime di cui al presente articolo, alla base imponibile continua ad applicarsi la deduzione di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431».
39. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

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Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, al comma 8, premettere le seguenti parole: «In caso di registrazione di ufficio,».
18. Belisario.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, dopo il comma 10, inserire il seguente: «10-bis. Una quota dell'incremento del gettito riscosso a decorrere dall'anno 2011 per effetto dell'aumento del numero dei contratti di locazione registrati, non superiore a 400 milioni di euro annui, è iscritta nell'anno successivo nel Fondo di cui all'articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, per essere destinata alle finalità del Fondo medesimo tenendo conto del numero dei figli a carico dei conduttori».
40. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2, dopo il comma 10, inserire il seguente: «10-bis. L'articolo 16 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917, è sostituito dal seguente: »Art. 16 - Detrazioni per oneri di locazione - 1. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione complessivamente pari a:
a) euro 500, se il reddito complessivo non supera euro 15.000 euro;
b) euro 250, se il reddito complessivo supera euro 15.000 ma non euro 30.000.

2. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi, stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione complessivamente pari a:
a) euro 1.000, se il reddito complessivo non supera euro 15.000 euro;
b) euro 500, se il reddito complessivo supera euro 15.000 ma non euro 30.000».

3. Le detrazioni di cui ai commi 1 e 2 sono rapportate al periodo dell'anno durante il quale l'unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente.
4. Qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all'imposta lorda diminuita, nell'ordine, delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, è riconosciuto un ammontare pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza nella predetta imposta. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l'attribuzione del predetto ammontare».
41. Causi, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso «articolo 2», sostituire il comma 11 con i seguenti:
«
11. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: l'articolo 16 è sostituito dal seguente: "16 (Detrazione per canone di locazione).
1. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione pari all'ammontare della somma versata a titolo di locazione fino al limite di 2.500 euro all'anno.

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2. La detrazione di cui al comma 1 è rapportata al periodo dell'anno durante il quale l'unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente.
3. Qualora la detrazione spettante sia di ammontare superiore all'imposta lorda diminuita, nell'ordine, delle detrazioni di cui agli articolo 12 e 13, è riconosciuto un ammontare pari alla quota di detrazione con non ha trovato capienza nella predetta imposta. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l'attribuzione del predetto ammontare".

12. Le disposizioni di cui al comma 11 si applicano dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010. In sede di versamento dell'acconto dell'imposta sui redditi del 2012 non si tiene conto della detrazione introdotta dal comma 11. A decorrere dall'anno di imposta 2011 la determinazione dell'ammontare della detrazione e la sua effettiva fruizione è subordinata alla disponibilità di risorse finanziarie iscritte nel Fondo per la detraibilità del canone di locazione di cui al comma successivo e nel rispetto dei seguenti limiti: per gli anni di imposta 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015, la deduzione è fruibile, rispettivamente nel limite di 500, 1.000, 1.500, 2.000, 2.500 euro annui. Si applicano comunque le detrazioni vigenti per l'anno di imposta 2010 ove più favorevoli.
13. È istituito il Fondo per la detraibilità dei canoni di locazione, alimentato per quota dalle risorse derivanti dai risparmi di spesa di cui al comma 4 e dalle maggiori entrate derivanti dall'emersione di base imponibile, e del conseguente gettito, al netto degli incrementi dovuti alla rivalutazione dei canoni, in relazione all'imposta sostitutiva sui redditi da locazione degli immobili ad uso residenziale, fatta salvo il riconoscimento di una quota delle maggiori entrate ai comuni ai sensi dell'articolo 1 del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, determina entro il 31 dicembre di ogni anno, l'ammontare delle risorse affluenti nel citato Fondo. Con lo stesso decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è determinato l'ammontare della detrazione singolarmente spettante, fino a concorrenza del limite previsto dal comma 3, dividendo il maggior gettito definito con il citato decreto ministeriale per il numero degli aventi diritto alla detrazione e tenendo conto dei nuclei familiari più numerosi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 marzo 2011, sono stabilite le modalità di fruizione della deduzione di cui al comma 1, nonché ogni altra disposizione utile ai fini dell'attuazione del presente comma.
14. Al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è apportata la seguente modificazione: all'articolo 8, dopo il comma 5, inserire il seguente: "5-bis. A decorrere dall'anno 2011 la spesa per consumi intermedi e per acquisto di beni e servizi prodotti dai produttori market sostenuta dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è rideterminata, in modo da garantire una spesa complessiva corrispondente alla spesa del 2009 ridotta del 5 per cento. Tale rideterminazione comporta una riduzione rispetto alla spesa complessiva tendenziale quantificata complessivamente in 1,5 miliardi di euro nel 2011 e in 2,8 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Gli ulteriori risparmi di spesa che dovessero realizzarsi in attuazione del presente comma sono versati al bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398"».
5. Baldassarri, D'Alia, Galletti, Lanzillotta

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Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 2 aggiungere, in fine, il seguente comma: «11-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai casi di contratti di locazione di immobili ad uso non abitativo, qualora il locatore sia una persona fisica che effettua la locazione non in regime di impresa o di lavoro autonomo».
11. Compagna.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, sopprimere l'articolo 2-bis.
19. Belisario.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, sostituire l'articolo 2-bis con i seguenti: «Art. 2-bis. (Imposta di soggiorno). 1. Al fine di contribuire alla copertura dei maggiori costi determinati dall'impatto dei flussi turistici sui servizi comunali, al decoro, alle attività di promozione turistica, nonché alla manutenzione e alla sicurezza dei beni storici, museali, architettonici e paesaggistici interessate dal fenomeno turistico, i comuni possono istituire, con regolamento a norma dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, un contributo di soggiorno a carico di quanti prendono alloggio nelle strutture ricettive site nel proprio territorio.
2. Il contributo di soggiorno è stabilito a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul territorio comunale ed è applicato secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo sino a 5 euro per notte di soggiorno nelle strutture ricettive ed è commisurato in proporzione alla loro classificazione. Il comune può deliberare esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie.
3. Il contributo di soggiorno è liquidato e versato al comune dal titolare di ciascuna struttura ricettiva, nella qualità di sostituto di imposta con obbligo di rivalsa nei confronti del soggetto passivo, mediante il modello di pagamento unitario di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con possibilità di compensazione.
4. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali sono individuate le modalità di effettuazione dei controlli in ordine al corretto versamento del contributo di soggiorno e di eventuali obblighi di presentazione di dichiarazione, favorendo la presentazione di dichiarazioni con modalità telematiche semplificate.
5. Al contributo di soggiorno si applicano relativamente alla sua istituzione e gestione le disposizioni dell'articolo 1, commi da 161 a 170 della legge 27 dicembre 2006, n. 296; relativamente al contenzioso, le disposizioni del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546; relativamente alle sanzioni quelli dei decreti legislativi 18 dicembre 1997, n. 471, n. 472 e dell'articolo 10 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 473.
Art. 2-bis.1. (Contributo sulle valorizzazioni immobiliari). 1. I comuni possono introdurre, con apposita deliberazione della giunta comunale un contributo straordinario nella misura massima del 66 per cento del maggior valore immobiliare conseguibile, a fronte di rilevanti valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico generale, in via diretta o indiretta, rispetto alla disciplina previgente per la realizzazione di finalità pubbliche o di interesse generale, ivi comprese quelle di riqualificazione urbana, di tutela ambientale, edilizia e sociale. Detto contributo deve essere destinato alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale ricadenti nell'ambito di intervento cui accede, da destinare a progettazioni ed esecuzioni di opere di interesse generale, nonché alle attività urbanistiche e servizio del territorio. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli impegni di corresponsione di contributo straordinario già assunti dal privato operatore in sede di accordo o di atto d'obbligo a far data dall'entrata in vigore dello strumento urbanistico generale vigente.

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Art. 2-bis.2. (Addizionale sui diritti di imbarco) 1. I comuni possono introdurre, con apposita deliberazione della giunta comunale, un'addizionale sui diritti d'imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in partenza dagli aeroporti, qualora presenti nel territorio comunale, fino ad un massimo di 1 euro per passeggero.
Art. 2-bis.3. (Incentivi alle Unioni di comuni) 1. Le disposizioni di cui agli articoli da 7-bis.1 a 7-bis.2 si applicano ai comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti. Tale soglia può essere raggiunta anche attraverso l'Unione di comuni. Il parametro demografico di cui al presente comma è ridotto a 3.000 abitanti per i comuni montani».
42. Causi, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso «articolo 2-bis», comma 1, sostituire le parole «da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo sino a 5 euro per notte di soggiorno» con le seguenti: «da applicare nella percentuale di 0,5 per cento del costo giornaliero dell'alloggio o della camera per ogni notte di soggiorno».
9. Baldassarri, D'Alia, Galletti, Lanzillotta.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, all'articolo 2-bis (Imposta di soggiorno), dopo il primo comma, inserire il seguente: «1-bis. Ferma restando la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, l'imposta di soggiorno sostituisce gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell'ambito del territorio comunale».
1. Corsaro.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, sostituire l'articolo 2-ter con i seguenti: «Articolo 2-ter (Soppressione dell'addizionale comunale sull'IRPEF) 1. L'addizionale comunale sull'IRPEF di cui al decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, è soppressa.
Art. 2-quater. (Imposta comunale sui servizi) 1. A decorrere dall'anno 2011 è istituita l'imposta comunale sui servizi.
2. Presupposto dell'imposta è la residenza, il soggiorno o il domicilio nel territorio comunale.
3. Ai fini dell'imposta di cui al comma 1, per servizi si intende il complesso dei servizi di natura collettiva non strettamente tariffabili forniti dal comune in favore dei soggetti residenti, soggiornanti o domiciliati nel territorio comunale.
4. Soggetti passivi dell'imposta sono:
a) le persone fisiche che risiedono o sono stabilmente domiciliate nel territorio del comune, con esclusione dei minori; si considerano stabilmente domiciliati i titolari di contratto ad uso abitativo con durata superiore ad un anno;
b) i proprietari di immobile adibito ad uso residenziale/abitativo nel caso in cui questo sia locato a soggetti che non vi sono domiciliati in modo stabile o sia tenuto a disposizione.

5. La base imponibile dell'imposta è determinata dalla superficie dell'unità immobiliare di residenza o di domicilio, corretta con l'indice di cui all'allegato A, formulato sul numero di coloro che vi risiedono o soggiornano stabilmente, e per l'indice della dotazione di servizi del comune di cui all'allegato B. Tale indice può essere differenziato a seconda della zona di residenza e della disponibilità di servizi. L'indice di dotazione dei servizi di ciascun comune è definito sulla base di parametri uniformi concordati in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
6. Per la determinazione dell'imposta si applica la formula di cui all'allegato B al presente decreto legislativo. L'aliquota di cui all'allegato B è stabilita dal consiglio comunale, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, con

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effetto per l'anno successivo. L'aliquota può variare da un importo minimo a un importo massimo per metro quadrato/contribuente da definirsi con distinto decreto legislativo correttivo e integrativo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni. L'aliquota può essere diversificata ed agevolata in rapporto alle diverse tipologie di soggetti di cui al comma 4. Se la delibera non è adottata entro tale termine, si applica l'imposta base.
7. Nei casi previsti al comma 4, punto b), il numero di individui da utilizzare per il calcolo dell'imposta è determinato forfetariamente in funzione della superficie dell'immobile secondo criteri successivamente specificati.
8. Nel caso di abitazioni locate a locatari stabilmente domiciliati nell'immobile, al contribuente locatario è riconosciuta la possibilità di detrarre dal canone di locazione un ammontare pari al 40 per cento dell'imposta dovuta.
9. L'imposta è liquidata, accertata e riscossa da ciascun comune per i soggetti di cui al comma 4. L'imposta è dovuta dai soggetti indicati dal comma 4, entro il 30 giugno di ciascun anno, anche mediante rateizzazione dell'importo secondo le modalità definite con apposita delibera comunale.
10. Il comune controlla i versamenti e le dichiarazioni presentate ai sensi del comma 9 e, sulla base dei dati ed elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni provvede anche a correggere gli errori materiali e di calcolo e liquida l'imposta. Il comune emette avviso di liquidazione, con l'indicazione dei criteri adottati, dell'imposta o maggiore imposta dovuta e delle sanzioni ed interessi dovuti.
11. Il comune provvede alla rettifica delle dichiarazioni e delle denunce nel caso di infedeltà, incompletezza o inesattezza ovvero provvede all'accertamento d'ufficio nel caso di omessa presentazione. A tal fine emette avviso di accertamento motivato con la liquidazione dell'imposta o maggiore imposta dovuta e delle relative sanzioni ed interessi; l'avviso deve essere notificato, anche a mezzo posta mediante raccomandata con avviso di ricevimento, al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o la denuncia ovvero, per gli anni in cui queste non dovevano essere presentate, a quello nel corso del quale è stato o doveva essere eseguito il versamento dell'imposta. Nel caso di omessa presentazione, l'avviso di accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o la denuncia avrebbero dovuto essere presentate ovvero a quello nel corso del quale è stato o doveva essere eseguito il versamento dell'imposta.
12. Gli avvisi di liquidazione e di accertamento devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati.
13. Ai fini dell'esercizio dell'attività di liquidazione ed accertamento i comuni possono invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti; inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico, con invito a restituirli compilati e firmati; richiedere dati, notizie ed elementi rilevanti nei confronti dei singoli contribuenti agli uffici pubblici competenti, con esenzione di spese e diritti.
14. Con delibera della giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell'imposta; il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi.
15. Le somme liquidate dal comune per imposta, sanzioni ed interessi, se non versate, con le modalità indicate da apposita delibera comunale, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione o dell'avviso di accertamento, sono riscosse, salvo che sia stato emesso provvedimento di sospensione, coattivamente mediante ruolo secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, e successive modificazioni.

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16. I soggetti di cui al comma 4 possono richiedere al comune al quale è stata versata l'imposta, il rimborso delle somme versate e non dovute, entro il termine di tre anni dal giorno del pagamento ovvero da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione. Sulle somme dovute al contribuente spettano gli interessi.
17. Per l'omessa presentazione della dichiarazione o denuncia si applica una sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento del tributo dovuto, con un minimo di euro cento. Se la dichiarazione o la denuncia sono infedeli si applica una sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento della maggiore imposta dovuta. Se l'omissione o l'errore attengono ad elementi non incidenti sull'ammontare dell'imposta, si applica la sanzione amministrativa da euro cento ad euro cinquecento. La stessa sanzione si applica per le violazioni concernenti la mancata esibizione o trasmissione di atti e documenti, ovvero per la mancata restituzione di questionari nei sessanta giorni dalla richiesta o per la loro mancata compilazione o compilazione incompleta o infedele. Le predette sanzioni sono ridotte ad un quarto se, entro il termine per ricorrere alle commissioni tributarie, interviene adesione del contribuente con il pagamento del tributo, se dovuto, e della sanzione. La contestazione della violazione non collegata all'ammontare del tributo deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è commessa la violazione.
43. Causi, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, sostituire l'articolo 2-quater con il seguente: «Art. 2-quater (Contributo di scopo comunale per le opere pubbliche). 1. A decorrere dal 2011 è data facoltà ai comuni di istituire contributi di scopo diretti alla contribuzione della spesa dell'opera pubblica dalla quale possa risultare un futuro ed eventuale incremento di valore dei beni rustici ed urbani, escluse le aree fabbricabili, quale conseguenza dell'opera pubblica medesima. Il contributo è dovuto dai proprietari o dai titolari di diritti reali sui beni immobili stessi.
2. La deliberazione che istituisce il contributo di scopo deve determinare esattamente la zona in cui sono comprese le proprietà da sottoporre al contributo suscettibili di incrementare di valore, l'ammontare della spesa prevista dal progetto esecutivo, l'aliquota del contributo, gli eventuali abbattimenti, le ditte intestatarie e gli identificativi catastali delle unità immobiliari; essa è notificata individualmente ai proprietari interessati, assieme alla somma dovuta da ciascun intestatario, e ne viene dato avviso pubblico con tutti i mezzi idonei, in particolare mediante pubblicazione sul sito internet del comune e mediante pubblicità sui quotidiani e sui canali televisivi locali.
3. Il contributo di scopo è commisurato all'ammontare della spesa dell'opera pubblica prevista dal progetto esecutivo ed è ripartito, in proporzione al valore imponibile ai fini dell'imposta comunale sugli immobili ovvero, a decorrere dall'anno 2014, dell'imposta municipale propria, sui proprietari dei beni colpiti dal contributo di scopo, ai sensi del comma 2. Il gettito complessivo del contributo di scopo non può essere superiore al trenta per cento dell'ammontare di spesa suddetta, né può determinare una somma, da ripartire, che ecceda il quattro per cento della somma complessiva dei valori imponibili, ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, ovvero, a decorrere dall'anno 2014, dell'imposta municipale propria, calcolata sulle proprietà individuate nella deliberazione di cui al comma 2 precedente. Il comune può deliberare degli abbattimenti percentuali sull'ammontare dovuto dai proprietari, in relazione alla natura del bene, alle condizioni socioeconomiche familiari, nonché alla ragionevole riduzione dell'influenza esercitata dall'opera pubblica sulla valorizzazione dei beni, misurata in proporzione

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inversa alla distanza radiale tra l'ubicazione del bene e l'ubicazione dell'opera pubblica.
4. Il contributo si applica ai beni immobili esenti dall'imposta comunale sugli immobili ovvero, a decorrere dall'anno 2014, dall'imposta municipale propria, e dall'imposta di cui all'articolo 4, in misura non superiore al 50 per cento.
5. Contro la deliberazione di cui al comma 2, i proprietari possono ricorrere al tribunale amministrativo regionale nel termine di 30 giorni dalla notificazione. Nello stesso termine, decorrente però dall'ultimo giorno del deposito, ciascun contribuente del comune può effettuare ricorso al tribunale amministrativo regionale per indebite esclusioni di beni.
6. Il contenzioso riguardante l'applicazione del contributo è di competenza delle commissioni tributarie.
7. Il contributo di scopo è dovuto dai soggetti proprietari dei beni:
a) alla conclusione dell'opera, qualora i tempi di realizzazione sono previsti, all'atto della deliberazione del contributo, in misura inferiore o uguale a due anni;
b) a conclusione dei due anni successivi all'atto della deliberazione del contributo, qualora i tempi di realizzazione anzidetti siano superiori ai due anni.

8. Il contributo di scopo deve essere rateizzato, anche su base mensile, in relazione all'ammontare degli importi medi per unità immobiliare ed in relazione alla lunghezza dei tempi di esecuzione dell'opera pubblica. Il profilo della rateizzazione deve essere specificato nella notifica di cui al comma 2. In caso di trasferimento a titolo oneroso della proprietà dell'immobile su cui grava il contributo di scopo, le somme per questo dovute debbono essere definitivamente liquidate dal soggetto venditore cui è stato notificato il contributo. In caso di omesso versamento, il nuovo proprietario è tenuto a corrispondere l'ammontare dovuto del contributo di scopo, fatta salva la rivalsa che può esercitare in sede giurisdizionale.
9. L'applicazione del contributo sopra gli stessi beni e per la stessa opera pubblica non è consentita che una sola volta. Le opere pubbliche per le quali può essere istituito il contributo di scopo e che possono apportare un maggior valore agli immobili della zona circostante sono le seguenti:
a) opere per il trasporto pubblico urbano;
b) opere viarie con l'esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;
c) opere di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi, ivi comprese opere di restauro e conservazione dei beni culturali;
d) opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini;
e) opere di realizzazione di parcheggi pubblici.

10. Il contributo di scopo è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive ed è indeducibile dall'imposta comunale sugli immobili ovvero, a decorrere dall'anno 2014, dall'imposta municipale propria.
11. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali sono regolate le modalità applicative e possono essere incluse altre tipologie di opere all'elenco del comma 9 precedente.
12. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti. Tale soglia può essere raggiunta anche attraverso l'Unione di comuni. Il parametro demografico di cui al presente comma è ridotto a 3.000 abitanti per i comuni montani».
51. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Stradiotto, Soro.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 3, dopo il

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comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. La gestione, l'accertamento e la riscossione delle imposte di cui al comma 1 è svolta dai comuni».
61. Vitali

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 4, al comma 3, inserire, in fine, il seguente periodo: «Sono esenti dall'imposta municipale propria gli istituti autonomi case popolari, comunque denominati, per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica in proprietà o in gestione degli enti medesimi.»;
44. Boccia, Vitali, Enzo Bianco, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La loggia, capoverso «articolo 4», sostituire il comma 4 con il seguente: «L'imposta municipale propria ha per base imponibile il valore dell'immobile così come determinato ai fini dell'imposta comunale sugli immobili».
6. Baldassarri, D'Alia, Galletti, Lanzillotta

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 4, al comma 5, sostituire il secondo periodo con il seguente: «La predetta aliquota può essere modificata con legge di stabilità previo accordo con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, tenendo conto delle analisi effettuate dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale ovvero, ove istituita, dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica».
45. Misiani, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La loggia, capoverso «articolo 4», al comma 5 dopo le parole: « nel rispetto dei saldi di finanza pubblica» aggiungere le seguenti: «e comunque in misura non superiore al 7 per mille».
7. Baldassarri, D'Alia, Galletti, Lanzillotta.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 4, comma 5, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «I comuni possono altresì deliberare l'applicazione di una componente aggiuntiva in cifra fissa dell'imposta, a titolo di contributo agli oneri sostenuti dal comune per servizi, di importo compreso tra un minimo di 20 euro e un massimo di 150 euro, eventualmente modulabile per scaglioni di valore catastale dell'immobile. Alla componente aggiuntiva in cifra fissa di cui al periodo precedente, non si applica l'esclusione prevista dal comma 3, nonché le esenzioni previste dall'articolo 5, comma 8, secondo periodo».
63. Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 4, sostituire il comma 7 con il seguente: «7. L'imposta di cui al comma 5 è ridotta alla metà anche nel caso in cui abbia ad oggetto immobili relativi all'esercizio di attività di impresa, arti e professioni ovvero posseduti da enti non commerciali. I predetti immobili continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi.».
*8. Baldassarri, D'Alia, Galletti, Lanzillotta

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 4, sostituire il comma 7 con il seguente: «7. L'imposta di cui al comma 5 è ridotta alla metà anche nel caso in cui abbia ad oggetto immobili relativi all'esercizio di attività di impresa, arti e professioni ovvero posseduti da enti non commerciali. I predetti immobili continuano

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ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi».
*46. Misiani, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 5, sostituire il comma 4 con il seguente: «4. L'imposta è corrisposta con le modalità stabilite dal comune. È fatta, comunque, salva la facoltà di effettuare il versamento con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. L'imposta può essere, inoltre, liquidata in sede di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi».
47. Nannicini, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 5, al comma 4, sostituire la parola «comuni» con «contribuenti».
48. D'Ubaldo, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 5, comma 8, sostituire le parole: «dall'articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), h), ed i),» con le seguenti: «dall'articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), g), h), ed i),»;
49. Stradiotto, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 5, dopo il comma 9, aggiungere il seguente: «9-bis. Al fine di incentivare il processo di rideterminazione degli estimi e dei valori catastali su basi puntuali e per microzone, l'Agenzia del territorio promuove entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento un apposito programma nazionale. I comuni aderiscono a questo programma tramite apposite convenzioni. Per i comuni che non abbiano aderito entro centottanta giorni dalla data in vigore del presente provvedimento, a decorrere dal 2011 e nelle more della revisione generale degli estimi e dei valori catastali, il coefficiente di rivalutazione da applicare ai valori imponibili dei fabbricati ai fini delle imposte dirette e dell'imposta comunale sugli immobili è rideterminato sulla base dell'andamento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati registrato dal 2005 ed è successivamente aggiornato a cadenza biennale, anche in misura differenziata per ciascuna area geografica e tipologia di fabbricato, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base delle variazioni medie ponderate dei valori elaborati dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio.
50. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini Stradiotto, Soro.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 7-ter, al comma 1, dopo le parole «assunti con il patto di stabilità e crescita» aggiungere le seguenti: «ferma restando la necessità di garantire in ogni caso il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali esercitate dai singoli enti. A tal fine, il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri, anche alla luce degli eventuali interventi di riassetto complessivo del sistema tributario che potranno essere adottati, che l'attuazione del presente decreto rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ovvero non assicuri un adeguato livello di risorse ai comuni per l'assolvimento delle funzioni loro attribuite, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative, anche attraverso l'adozione, ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, di un apposito decreto legislativo correttivo e integrativo. In via

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transitoria, entro il 30 novembre di ciascun anno compreso nel triennio 2011-2013. il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette alle Camere e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica una relazione sullo stato di attuazione della riforma della fiscalità municipale. Nella medesima relazione il Ministro dell'economia riferisce sulle iniziative intraprese e i risultati conseguiti relativi all'emersione della base imponibile conseguente al concorso comunale all'attività di accertamento tributario e recupero fiscale».
52. Soro, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 7-ter, dopo il comma 3, inserire il seguente: «3-bis. Ove compatibile con il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l'evoluzione dinamica dei gettiti dei tributi di cui all'articolo 1, comma 1, e della compartecipazione di cui all'articolo 1, comma 3, è prioritariamente destinata a realizzare la clausola di cui all'articolo 14, comma 2, ultimo periodo del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122».
53. Causi, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, dopo l'articolo 7-ter, aggiungere il seguente: «Articolo 7-quater (Canone municipale facoltativo): Al fine di garantire la manutenzione e la gestione degli spazi e dei fabbricati pubblici, nonché di strade, parcheggi, «spazi verdi pubblici« ed edifici comunali è istituito il canone municipale facoltativo dei servizi comuni. Il canone municipale facoltativo si applica alle unità immobiliari, possedute a qualsiasi titolo, di cui alle categorie A, B, C, e D, ad esclusione delle pertinenze di cui alle categorie C6 e C7. Il canone municipale facoltativo, per ciascuna unità immobiliare, non potrà superare l'importo di euro 150 per anno d'imposta. Il canone municipale facoltativo è disciplinato da un apposito regolamento comunale. Ogni singola amministrazione può avvalersi delle entrate derivanti dal canone di cui al presente articolo. Le entrate totali derivanti dall'eventuale approvazione del canone municipale facoltativo non potranno essere superiori alle spese sostenute dall'amministrazione per la manutenzione e la gestione degli spazi e fabbricati pubblici».
64. Stradiotto

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 8, dopo il comma 2, inserire il seguente: «2-bis. All'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tale esclusione non si applica alla costruzione delle banche dati informative di cui agli articoli 4 e 5 del presente provvedimento».
54. Causi, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 8, dopo il comma 4, inserire il seguente: «4-bis. È confermata la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali di cui agli articoli 52 e 59 del D.Lgs. n. 446 del 1997 anche per i nuovi tributi previsti dal presente provvedimento».
65. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 8, sostituire il comma 5 con il seguente: »5. Con distinto decreto legislativo correttivo e integrativo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, che

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tenga conto della determinazione dei fabbisogni standard e del conseguente superamento del criterio della spesa storica, nonché delle capacità fiscali per le funzioni diverse da quelle fondamentali, sono distinte le fonti di finanziamento dei comuni ai sensi dell'articolo 11 della citata legge n. 42 del 2009. Con il medesimo decreto è istituito e disciplinato il Fondo perequativo di cui all'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009, secondo le modalità di cui all'articolo 8-bis.

Conseguentemente, dopo l'articolo 8 inserire il seguente:
«Art. 8-bis. (Disciplina del Fondo perequativo di cui all'articolo 13 della legge n. 42 del 2009).
1. In concomitanza con la determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali dei comuni, i tributi propri e le compartecipazioni ai tributi erariali dei comuni sono attribuite ai soli fini della determinazione dei trasferimenti perequativi da erogare ai comuni stessi al finanziamento rispettivamente delle funzioni fondamentali e delle funzioni diverse da quelle fondamentali. Ai fini dell'effettivo finanziamento delle funzioni comunali i gettiti dei tributi propri e delle compartecipazioni ai tributi erariali sono comunque non vincolati nella destinazione.
2. Nel bilancio dello Stato è istituito il Fondo perequativo a favore dei comuni alimentato dalla fiscalità generale. Il Fondo è articolato in due componenti. La prima riguarda le funzioni fondamentali, la seconda le funzioni diverse da quelle fondamentali.
3. Per il finanziamento delle funzioni fondamentali le assegnazioni al Fondo perequativo a favore dei comuni sono determinate in modo tale da garantire un ammontare complessivo pari alla somma per tutti i territori regionali delle differenza tra i fabbisogni standard dei comuni e la capacità fiscale standardizzata riferita ai tributi propri e alle compartecipazioni ai tributi erariali dei comuni assegnate al finanziamento delle funzioni fondamentali. La capacità fiscale standardizzata è determinata in corrispondenza dei livelli minimi di aliquota dei tributi propri e delle compartecipazioni ai tributi erariali dei comuni che consentano ai comuni di almeno un territorio regionale di finanziare integralmente i rispettivi fabbisogni standard.
4. Per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle non fondamentali le assegnazioni al Fondo perequativo a favore dei comuni sono determinate in modo tale da garantire un ammontare pari alla somma per tutti i territori regionali di una quota delle differenze tra la capacità fiscale standardizzata di riferimento e la capacità fiscale standardizzata di ciascun territorio regionale entrambe calcolate sui tributi propri e delle compartecipazioni ai tributi erariali dei comuni assegnate al finanziamento di tali funzioni. La capacità fiscale standardizzata di riferimento è determinata in corrispondenza dei livelli minimi di aliquota dei tributi destinati al finanziamento delle suddette funzioni che garantiscano ai comuni di almeno un territorio regionale un ammontare pari alla spesa storica pro capite per queste funzioni nella calcolata su tutti i comuni. La capacità fiscale standardizzata di ciascun territorio regionale è determinata come prodotto tra i livelli minimi di aliquota come sopra determinati e le basi imponibili di ciascun territorio regionale destinati al finanziamento delle suddette funzioni.
5. Nel bilancio di ciascuna Regione è istituito un Fondo perequativo dei comuni compresi nel territorio regionale. Le attribuzioni per abitante dal Fondo perequativo a favore dei comuni istituito nel bilancio dello Stato ai Fondi perequativi dei comuni compresi nel territorio regionale delle singole Regioni sono pari:
a) per la componente relativa alle funzioni fondamentali dei comuni alla differenza per il corrispondente territorio regionale tra i fabbisogni finanziari determinati in termini standard relativi a tali materie e la capacità fiscale standardizzata dei rispettivi comuni destinata alla copertura di tali fabbisogni. La capacità

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fiscale standardizzata di riferimento riferita al finanziamento dei fabbisogni relativi alle funzioni fondamentali dei comuni è determinata secondo le modalità di cui al comma 3;
b) per la componente relativa alle funzioni dei comuni diverse da quelle fondamentali alla differenza per il corrispondente territorio regionale tra la capacità fiscale standardizzata di riferimento e la capacità fiscale standardizzata di tale territorio regionale entrambe calcolate sui tributi destinati alla copertura delle funzioni dei comuni diverse da quelle fondamentali. La capacità fiscale standardizzata di riferimento e la capacità fiscale standardizzata dei comuni di ciascun territorio regionale sono determinate secondo le modalità di cui al comma 4.

6. Le attribuzioni dal Fondo perequativo a favore dei comuni ai Fondi perequativi dei comuni compresi nel territorio regionale non hanno vincolo di destinazione.
7. Ciascuna Regione provvede a ripartire le risorse complessive del proprio Fondo perequativo dei comuni compresi nel territorio regionale tra i singoli comuni secondo le seguenti modalità:
a) sulle funzioni fondamentali il riparto operato da ciascuna Regione deve essere tale da rendere possibile in ciascun comune il pieno finanziamento dei fabbisogni standard tenendo conto dei tributi propri e delle compartecipazioni sui tributi erariali assegnati ai comuni per il finanziamento di tali funzioni. È fatta salva la possibilità per lo Stato di impugnare di fronte alla Corte Costituzionale leggi regionali di riparto delle risorse che non consentano il raggiungimento di questi obiettivi. In alternativa, lo Stato può ricorrere ai poteri sostitutivi di cui all'articolo 120 della Costituzione;
b) sulle funzioni diverse da quelle fondamentali i criteri di riparto adottati da ciascuna Regione sono determinati mediante accordi raggiunti in sede di Consiglio delle autonomie tenendo conto dei tributi propri e delle compartecipazioni assegnate ai comuni per il finanziamento di tali funzioni».
56. Causi, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 8, al comma 5, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: «Il finanziamento del Fondo è garantito dallo Stato, a valere sui gettiti dei tributi erariali le cui quote sono attribuite ai comuni ai sensi dell'articolo 1 del presente provvedimento. Il decreto deve contenere l'indicazione degli stanziamenti per comparto tenendo conto dei fabbisogni standard per quanto riguarda le funzioni fondamentali e delle capacità fiscali per le altre funzioni. Anche con riferimento all'aggiornamento dei fabbisogni standard in sede di accordo in Conferenza stato città ed autonomie locali viene aggiornata l'entità del Fondo e le fonti di finanziamento.
55. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 8, sostituire il comma 6 con i seguenti: »6. Con distinto decreto legislativo correttivo e integrativo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, si provvede al riordino dei prelievi relativi ai servizi comunali. Con il medesimo decreto si provvede all'abolizione dei prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani attualmente vigenti ed alla loro contestuale sostituzione con un'imposta collegata agli interventi di miglioramento della gestione dei servizi comunali non suscettibili di tariffazione diretta e di manutenzione e protezione dell'ambiente urbano, ivi compreso il servizio di gestione dei rifiuti. La nuova imposta è improntata ai seguenti presupposti e criteri applicativi:
a) i presupposti dell'imposta sono la residenza, il domicilio o il soggiorno di

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lunga durata nel territorio comunale, ovvero la stabile organizzazione di un'attività economica nel territorio medesimo;
b) i soggetti passivi sono: le persone fisiche residenti o stabilmente domiciliate nel territorio comunale; i possessori di diritti reali sui fabbricati, se questi sono locati a soggetti non residenti e che non vi siano domiciliati in modo stabile o sono tenuti a disposizione; coloro che esercitano, in qualsiasi forma giuridica, attività di impresa, commercio, arte o professione, gli enti pubblici o privati anche non commerciali, che siano stabilmente organizzati nel territorio comunale attraverso il domicilio fiscale, la sede sociale, o almeno una unità locale. L'obbligo di assolvimento dell'imposta è solidale tra tutti gli occupanti dell'immobile maggiorenni;
c) nel caso di abitazioni locate a locatari stabilmente domiciliati nell'immobile, il possessore di diritti reali sull'immobile medesimo concorre al pagamento dell'imposta per un ammontare non inferiore al 20 per cento dell'imposta dovuta, da determinarsi con il decreto attuativo di cui al presente comma. A tal fine, il soggetto passivo locatario detrae tale ammontare dal canone di locazione.
d) la base imponibile dell'imposta è determinata dalla superficie dell'unità immobiliare di residenza o di domicilio, o a disposizione del possessore per uso proprio, anche se locati con contratti di breve durata, ovvero dalla superficie dei locali occupati per l'esercizio dell'attività;
e) la determinazione dell'ammontare dell'imposta dovuta è stabilita con il decreto di cui al presente comma, avuto riguardo anche alla rendita catastale degli immobili, nonché, con riferimento ai soggetti passivi persone fisiche, alla composizione del nucleo familiare abitativo e all'indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109;
f) il decreto può inoltre stabilire condizioni di esclusione e dispositivi di graduazione del prelievo finalizzati a prevenire aggravi fiscali ingiustificati a carico dell'esercizio di attività economiche.
6-bis. Al fine di assicurare le condizioni per l'ordinata gestione dei servizi di igiene urbana, nonché di valorizzare le esperienze più avanzate di raccolta differenziata e controllata dei rifiuti urbani, con apposito decreto del Ministero dell'ambiente di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previo accordo presso la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanarsi entro il 30 giugno 2011, sono stabiliti criteri certi ed obbligatori per il finanziamento dei soggetti incaricati dei servizi in questione e sono individuate le condizioni in presenza delle quali i comuni, possono adottare schemi di natura tariffaria ai fini della partecipazione degli utenti al costo dei servizi di igiene urbana, assicurando in tal caso una congrua e corrispondente riduzione del carico dell'imposta di cui al presente comma. Nel caso in cui il provvedimento di cui al primo periodo del presente comma non risulti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo 2011, per l'anno 2011 restano in vigore i regimi di prelievo sul servizio di gestione dei rifiuti già in vigore presso ciascun comune nel 2010.
6-ter. Con distinto decreto legislativo correttivo e integrativo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, possono essere previste, anche con riferimento ai tributi di cui all'articolo 4, esenzioni ed agevolazioni in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale; le esenzioni ed agevolazioni vigenti sono altresì riviste in conformità con la normativa europea. Le eventuali riduzioni delle risorse fiscali disponibili per i comuni, derivanti dal provvedimento di cui al presente comma, devono essere contestualmente compensate».
57. Boccia, Vitali, Enzo Bianco, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

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Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 8, sopprimere i commi 6-bis e 6-ter.
58. Causi, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente: Articolo 8-bis (Clausola di invarianza del prelievo fiscale a carico del contribuente) Dall'attuazione del presente decreto non può derivare alcuna alterazione del prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente.
20. Belisario.

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso dopo l'articolo 8, aggiungere il seguente: Articolo 8-bis (Vincolo di mancato incremento del prelievo fiscale) L'attuazione del presente decreto non può determinare alcun incremento del prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente.
21. Belisario.

Inserire la seguente osservazione
«valuti il Governo l'opportunità di estendere l'applicazione delle disposizioni contenute all'articolo 2 in materia di cedolare secca anche ai casi di contratti di locazione di immobili ad uso non abitativo, qualora il locatore sia una persona fisica che effettua la locazione non in regime di impresa o di lavoro autonomo».
12. Compagna.

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ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292)

RIFORMULAZIONI PROPOSTE DAL RELATORE LA LOGGIA ALLE MODIFICHE PRESENTATE AL PROPRIO PARERE

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, comma 1, sostituire le parole «è devoluto ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, il gettito» con le seguenti «sono attribuiti ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio e con le modalità di cui al presente articolo, il gettito o quote del gettito».
25. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto. (Nuova formulazione).

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 3, sostituire il secondo periodo con il seguente: «Il gettito di cui al presente comma affluisce al Fondo sperimentale di riequilibrio nella misura di un quarto ed è devoluto, per la parte rimanente, al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1o gennaio dell'anno cui si riferisce la compartecipazione stessa».
13. Belisario (Nuova formulazione).

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 5, sostituire le parole «31 ottobre» con le seguenti «15 ottobre».
29. Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Nannicini, Soro, Stradiotto. (Nuova formulazione).

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, al comma 5, sostituire le parole «trentesimo giorno» con le seguenti «quarantacinquesimo giorno».
30. Misiani, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Nannicini, Soro, Stradiotto. (Nuova formulazione).

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 1, comma 7, dopo la lettera c), aggiungere la seguente: «c-bis) i comuni hanno altresì accesso, con le modalità di cui alla precedente lettera c) a qualsiasi altra banca dati pubblica, limitatamente ad immobili presenti ovvero a soggetti aventi domicilio fiscale nel comune, che possa essere rilevante per il controllo dell'evasione erariale o di tributi locali».
59. Vitali (Nuova formulazione).

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, all'articolo 2-bis (Imposta di soggiorno), dopo il primo comma, inserire il seguente: «1-bis. Ferma restando la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, l'imposta di soggiorno può sostituire in tutto o in parte gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell'ambito del territorio comunale.»
1. Corsaro (Nuova formulazione).

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, capoverso articolo 5, sostituire il comma 4 con il seguente: «4. A far data dal completamento dell'attuazione dei decreti legislativi in materia di adeguamento

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dei sistemi contabili adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera h), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e comunque a partire dal 1o gennaio 2015, l'imposta è corrisposta con le modalità stabilite dal comune.
47. Nannicini, Vitali, Enzo Bianco, Boccia, Causi, D'Ubaldo, Misiani, Soro, Stradiotto (Nuova formulazione).

Alla condizione del parere del relatore La Loggia, all'articolo 7-ter, comma 2, aggiungere in fine le seguenti parole «In ogni caso, dall'attuazione dei decreti legislativi di cui alla citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, non può derivare, anche nel corso della fase transitoria, alcun aumento del prelievo fiscale complessivo a carico dei contribuenti.
20 e 21. Belisario (Nuova formulazione).

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ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292)

PROPOSTE INTEGRATIVE DEL RELATORE LA LOGGIA ALLA PROPRIA PROPOSTA DI PARERE

Aggiungere nella premessa:
considerata l'esigenza di definire nel medio termine uno stabile sistema delle entrate degli enti locali, in grado di assicurare coerenti forme di autonomia impositiva e un adeguato livello di risorse ai comuni per l'assolvimento delle funzioni a loro attribuite, in un quadro coordinato con la finanza regionale e con le linee di una organica riforma del sistema tributario nazionale che ripartisca ordinatamente le fonti e le basi imponibili tra Stato regioni ed enti locali;
considerata la necessità anche a breve termine di coordinare le norme del presente decreto con le disposizioni dello schema di decreto in via di approvazione sulla finanza regionale, valutando la effettiva dinamica delle basi imponibili, la loro distribuzione ed evoluzione sul territorio nazionale nonché gli interventi di riassetto complessivo del sistema tributario nazionale;
considerato che la attuazione delle disposizioni del presente decreto deve accompagnarsi al rafforzamento delle procedure per il monitoraggio del rispetto dei vincoli di finanza pubblica ed a tecniche obiettive di valutazione della qualità della spesa dell'insieme delle pubbliche amministrazioni;
considerato che il Governo ha istituito una commissione di studio per una riforma organica del sistema tributario per una riforma mirata ad una equa distribuzione del carico fiscale tra le diverse tipologie di tributi e basi imponibili e tra i diversi soggetti fiscali.

Alla condizione:

All'articolo 1, anteporre il seguente: «Articolo 01.
1. I decreti legislativi che disciplinano i tributi dalle Regioni, emanati ai sensi degli articoli 2 e 7 della legge 5 maggio 2009, n. 42, si coordinano con le disposizioni del presente decreto.»

Sostituire l'articolo 2-bis con il seguente: «Articolo 2-bis. (Imposta di soggiorno). 1. I Comuni capoluogo di provincia, le unioni dei Comuni nonché i Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire con deliberazione del consiglio, una imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.
2. Con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali, è dettata la disciplina generale di attuazione dell'imposta di soggiorno. In conformità

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con quanto stabilito nel predetto regolamento, i Comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive, hanno la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo. Nel caso di mancata emanazione del regolamento previsto nel primo periodo del presente comma nel termine ivi indicato, i Comuni possono comunque adottare gli atti previsti dal presente articolo.»

All'articolo 2-quater (Imposta di scopo), sostituire il comma 1 con il seguente:

1. Con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali entro il 31 ottobre 2011, è disciplinata la revisione dell'imposta di scopo di cui all'articolo 1, comma 145, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in modo da tale da prevedere:
a) l'individuazione di opere pubbliche ulteriori rispetto a quelle indicate nel comma 149 del citato articolo 1 della legge n. 296 del 2006;
b) l'aumento, sino a dieci anni, della durata massima di applicazione dell'imposta stabilita dal comma 147 del citato articolo 1 della legge n. 296 del 2006;
c) la possibilità che il gettito dell'imposta finanzi l'intero ammontare della spesa dell'opera pubblica da realizzare.

Inserire le seguenti osservazioni:
g) individui il Governo gli strumenti più idonei affinché nel procedimento di adozione del regolamento relativo alla disciplina generale di attuazione dell'imposta di soggiorno siano coinvolte le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive;
h) individui il Governo gli strumenti più idonei affinché nel procedimento di adozione del regolamento relativo alla disciplina generale di attuazione dell'imposta di soggiorno siano coinvolte le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive;
i) valuti il Governo l'opportunità di procedere al riordino dei prelievi relativi ai servizi comunali, incluso quello avente ad oggetto la gestione dei rifiuti solidi urbani, avendo riguardo anche alla superficie ed alla rendita catastale degli immobili, alla composizione del nucleo familiare abitativo e all'indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, eventualmente prevedendo, anche con riferimento ai tributi di cui all'articolo 4, esenzioni ed agevolazioni in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale; valuti il Governo inoltre l'opportunità di rivedere le esenzioni ed agevolazioni vigenti in conformità con la normativa europea;
j) valuti il Governo l'opportunità di provvedere al riordino dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche, anche al fine di rideterminare, a decorrere dall'anno 2014, l'aliquota di base della predetta addizionale, in sostituzione della compartecipazione di cui all'articolo 1, comma 3, riducendo contestualmente le aliquote dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di competenza statale, con l'obiettivo di mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente; valuti inoltre il Governo l'opportunità, al fine di garantire la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema tributario è informato, di consentire ai comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti di stabilire, entro un limite massimo di aliquota fissato dalla norma statale, aliquote dell'addizionale IRPEF differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di

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reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale;
k) individui il Governo gli strumenti più idonei al fine di distinguere le fonti di finanziamento dei comuni ai sensi dell'articolo 11 della citata legge n. 42 del 2009, indicando gli stanziamenti per comparto, tenendo conto della determinazione dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali e del conseguente superamento del criterio della spesa storica, nonché delle capacità fiscali per le funzioni diverse da quelle fondamentali e garantendo che, anche con riferimento all'aggiornamento dei fabbisogni standard, in sede di intese in Conferenza Stato-città ed autonomie locali vengano aggiornati l'entità del fondo e le fonti di finanziamento;
l) adotti inoltre il Governo le iniziative necessarie, nell'attuazione delle disposizioni concernenti il fondo perequativo di cui all'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009, affinché non si tenga conto, ai fini della sua determinazione di tale fondo, delle variazioni di gettito prodotte dall'esercizio dell'autonomia tributaria nonché dell'emersione della base imponibile riferibile al concorso comunale all'attività di recupero fiscale;
m) valuti il Governo, alla luce dei risultati dell'emersione in sede di prima applicazione del presente provvedimento e degli effetti redistributivi, se non sia possibile introdurre, a decorrere dal 2014, elementi di progressività nella determinazione delle aliquote della cedolare;
n) individui il Governo gli strumenti più idonei per garantire il coordinamento della disciplina relativa all'abitazione principale contenuta nel decreto legislativo con le altre disposizioni della legislazione statale;
o) individui il Governo gli strumenti più idonei per garantire l'aggiornamento e l'attribuzione delle classi catastali da parte dei Comuni sulla base della normativa vigente;
p) valuti il Governo l'opportunità di prevedere, nell'ambito della riforma fiscale allo studio, la riduzione dell'aliquota IVA sulle attività legate al turismo, allineandola alle aliquote dei paesi del Mediterraneo (Spagna, Francia, Grecia, ecc.), nostri naturali concorrenti, al fine di compensare le misure previste con l'imposta di soggiorno per i comuni, a tutela della competitività delle imprese turistiche italiane;
q) individui il Governo gli strumenti più idonei per assicurare che la tempestiva adozione di una riforma organica del sistema tributario nazionale si collochi in un quadro organico di federalismo fiscale, quale risulta dall'attuazione della legge n. 42 del 2009 per i comuni, le province e le Regioni;
r) valuti il Governo, anche nella previsione di una riforma fiscale complessiva, l'opportunità di prevedere misure in favore delle famiglie, tenendo conto anche del numero dei figli a carico.