CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 ottobre 2010
389.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema del III piano biennale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451 (Atto n. 251).

PROPOSTA DI PARERE

La Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza:
esaminato lo schema del Piano biennale nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, presentato dal Governo alle Camere il 30 agosto 2010;
premesso che l'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451. 451/1997, attribuisce alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti ed allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva (comma 1), nonché il potere di formulare osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176; al fine di assicurare la piena implementazione dei diritti dei minori (comma 5);
rilevato che il Piano rilancia l'elemento qualificante della «continuità», intesa in termini di coerenza con le scelte pregresse e con le politiche e i servizi adottati; si presenta invece in «discontinuità» rispetto all'approccio, identificando alcune direttrici d'intervento quali dimensioni prioritarie, nonché rispetto al metodo, adottando un processo partecipato sia nella costruzione del Piano stesso che nella fase della sua attuazione;
premesso che le quattro direttrici tematiche d'azione su cui si basa il Piano prevedono interventi di tipo legislativo, amministrativo-programmatorio e ammininistrativo-operativo, catalogati in tabelle di facile lettura;
considerato che il Piano deve svolgere una funzione di raccordo tra i diversi livelli di responsabilità decisionale, programmatoria, organizzativa e operativa, in tema di politiche per l'infanzia e l'adolescenza, essendo necessario mantenere una prospettiva coerente ed unitaria alla politica nazionale e locale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
considerato che l'adozione di una tale prospettiva unitaria, che ponga in sinergia i diversi livelli di responsabilità decisionale, programmatica e gestionale nell'ambito delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza, è importante tanto quanto la valorizzazione effettiva delle prospettive locali;
sottolineando che la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, ed il loro finanziamento rappresentano un passaggio preliminare ed urgente nella costruzione di una riforma federalista che voglia rispondere ai principi dell'equità nell'esercizio dei diritti sociali espressamente stabiliti dal Titolo V della Costituzione;

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rilevato che è pertanto necessario definire quanto prima tali livelli essenziali dei servizi per l'infanzia, così da garantire un livello minimo essenziale di trattamento per tutti i bambini/adolescenti sull'intero territorio nazionale, atteso che la competenza sui servizi è delle Regioni e degli enti locali e che attualmente, in assenza di una definizione dei livelli minimi essenziali, in Italia si registrano notevoli diversità di trattamento e conseguenti gravi discriminazioni a seconda dell'area in cui si realizza l'intervento e/o dei periodi storici di riferimento;
rilevato che nella fase attuativa del Piano diventa cruciale il ruolo degli enti locali, sia per l'approfondita e sistematica analisi ai fini della programmazione degli interventi sul territorio, sia per il livello di vicinanza e prossimità, per la capacità di dialogo e collaborazione con le forze sociali; appare perciò necessario adottare una logica attuativa e gestionale decentrata che rinforzi il ruolo degli enti locali, assicurandone la centralità in termini di regia e gestione degli interventi sia sul piano amministrativo che operativo;
sottolineando che appare necessario, ferma restando la competenza regionale in materia di politiche sociali, a seguito della modifica del titolo V della Costituzione, che i bilanci di Regioni, Province e Comuni, prevedano capitoli di spesa dedicati al sostegno delle politiche a favore dei minori, sulla base del riconoscimento - condiviso dall'intera Commissione - dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza come una priorità per le politiche del Paese;
valutando che, oltre alla famiglia ed alla scuola quali agenzie educative, anche i media hanno un peso preponderante sulla formazione e sull'educazione dei minori, e rilevato a tale proposito che nel Piano non sono previsti interventi né di tipo programmatico-operativo, né di tipo legislativo, riferiti alla necessità di aumentare il livello di tutela dei minori nei confronti dei media e della rete informatica;
esprime parere favorevole con le seguenti osservazioni:
a) prendendo atto che esiste un evidente squilibrio nella erogazione dei servizi a favore dell'infanzia e dell'adolescenza in tutta Italia, in particolare con riferimento ad otto regioni del Sud, e premesso che il superamento di tale divario può essere raggiunto soprattutto attraverso l'adozione dei decreti legislativi di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, con la definizione dei costi standard dei servizi, è necessario tuttavia che, oltre la definizione dei citati costi standard, siano definiti i livelli nazionali minimi relativi alla qualità dei servizi (Livelli essenziali di assistenza), di cui al secondo comma, lettera m) dell'articolo 117 della Costituzione, che devono essere garantiti dalle Regioni e dagli enti locali ai minori in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale; a tale fine, si valuti conseguentemente l'opportunità di individuare gli strumenti per consentire alla Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza di esercitare un'azione di controllo e monitoraggio sull'erogazione e sul rispetto degli identificati livelli qualitativi essenziali di tali servizi ai minori, nell'ambito delle singole Regioni e degli altri enti locali competenti, anche considerando i bisogni espressi dalla realtà socio-economica e familiare del territorio di riferimento;
b) considerato che le Regioni, gli enti locali, le Comunità montane, i Comuni singoli o in forma associata sono chiamati a sostenere, nei limiti delle risorse disponibili, la genitorialità nella famiglie in condizioni di povertà, attraverso la definizione di criteri per l'accesso ai servizi per la prima infanzia (da 0 a 3 anni); la composizione delle graduatorie per l'accesso alla scuola dell'infanzia e a tutti i servizi educativi da 0-6 anni, indipendentemente dall'entità delle risorse economiche a disposizione delle Regioni ed enti locali per queste finalità, e tenuto conto che la disponibilità dei servizi per la prima infanzia (nido e scuola materna) non è spesso sufficiente a coprire il fabbisogno complessivo anche nelle Regioni con maggiori

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risorse, per non rischiare di dover escludere dall'accesso a questi servizi i minori che provengono da famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, si individuino, nelle opportune sedi di concertazione fra livello di governo centrale e regionale-locale, le modalità per realizzare una progettualità equilibrata nel campo dei servizi alla prima infanzia, che coinvolga anche le Autonomie scolastiche nella predisposizione e/o rimodulazione dei criteri di priorità di accesso ai suddetti servizi, in modo da tener conto, non solo delle risorse economiche a disposizione dei singoli enti locali, ma anche delle specifiche realtà sociali e culturali e dei bisogni di tutte le famiglie;
c) con riferimento alla tabella sulle linee di orientamento unitario per il Servizio Sociale (A07), poiché l'obiettivo governativo di favorire l'unitarietà nelle metodologie di intervento e nell'organizzazione del Servizio sociale al fine di offrire professionalità nell'accoglienza, nell'ascolto, nell'accesso ai servizi sociali e socio-sanitari anche nelle situazioni di urgenza-emergenza a tutti i minori, è di strategica importanza e ben modulato nella definizione delle azioni per concretizzarlo, si osserva che l'implementazione delle azioni finalizzate a raggiungere l'obiettivo deve partire anche dalla definizione dei costi standard di tali servizi; a tale riguardo, sarebbe opportuno che, oltre la definizione dei costi standard, siano definiti i livelli nazionali minimi standard relativi alla qualità dei servizi sociali, che devono essere garantiti, dalle Regioni e dagli enti locali in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
d) per quanto concerne il rafforzamento dell'affido omoculturale, si osserva che, pur considerando che la medesima cultura tra genitori affidatari e minore affidato semplifica gli scambi interpersonali ed affettivi, la priorità deve restare quella di promuovere e facilitare l'istituto dell'affido per il maggior numero di minori possibile, rispettando standard ottimali di collocazione nell'unico interesse del minore;
e) nel condividere la volontà di istituire un Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, provvisto dei requisiti indicati nel Piano stesso, si osserva che la funzione di proposta politica diretta ad armonizzare la legislazione italiana agli standard internazionali e per la realizzazione di politiche attente ai diritti dei minori si sovrappone alle funzioni attribuite alla Commissione parlamentare per l'infanzia ed l'adolescenza, secondo quanto previsto dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451; si osserva altresì che la facoltà aggiuntiva di intervenire nei procedimenti civili ed amministrativi, di prendere visione degli atti e di impugnare i provvedimenti si sovrappone alle prerogative della magistratura minorile rischiando di creare conflitti tra gli istituti che inevitabilmente ricadrebbero a danno del minore;
f) poiché favorire la tutela dell'evento nascita è un passaggio prioritario per la nostra società e fondamentale per sostenere la famiglia, e poiché è di basilare importanza il principio che l'evento della gestazione e del parto debbano essere accompagnati e tutelati all'interno di un Servizio sanitario nazionale che ne garantisca efficienza e sicurezza attraverso personale professionalmente e scientificamente qualificato e formato, in grado di prestare la propria opera in punti nascita attrezzati, anche per far fronte nell'immediatezza e nell'urgenza a qualsiasi complicanza che possa sopraggiungere in itinere, si consideri che un tale standard di qualità e sicurezza non potrà mai essere garantito nei parti domiciliari o in micro-punti nascita; si valuti inoltre l'opportunità di rivalutare la figura professionale dell'ostetrica, affinché, dopo le dimissioni della madre e del neonato dalla struttura ospedaliera, possa accompagnare a domicilio la neo-mamma nella cura e nell'assistenza del minore nelle prime settimane di vita e possa supportare la madre stessa mediante l'approccio dell'ascolto-dialogo, al fine di renderla consapevole ed in grado di gestire positivamente una eventuale depressione post-partum, oltre alle responsabilità del suo nuovo ruolo genitoriale;

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g) con riferimento alla considerazione, condivisa all'unanimità dalla commissione che, oltre alla famiglia ed alla scuola quali agenzie educative, anche i media possono essere, se ben utilizzati, validi supporti per veicolare modelli positivi di comportamenti e stili di vita per i minori (nel campo ad esempio della salute, dell'alimentazione, dell'affettività, del divertimento, della capacità di relazionarsi in senso costruttivo con i pari e con gli adulti), si valuti come imprescindibile e si individuino gli strumenti opportuni affinché i soggetti competenti per l'attuazione delle politiche dell'infanzia, a livello nazionale e territoriale, nonché le agenzie educative, la scuola, la Commissione stessa, possano collaborare in sinergia con gli operatori della rete informatica e del mondo multimediale al fine di condividere strategie comunicative-educative adatte all'età evolutiva;
h) poiché il Piano ha il compito di evidenziare e proporre strategie di tipo programmatico-operativo e legislativo anche al fine di potenziare la tutela dei minori nei confronti dei media e della rete informatica, si prevedano gli opportuni strumenti per evitare che tali compiti di tutela siano demandati esclusivamente alla scuola ed alla famiglia, che nella maggioranza dei casi è impreparata ed acritica su questo fronte; a tale riguardo, la Commissione considera necessaria l'introduzione di una legislazione più garantista del diritto alla riservatezza, della tutela dell'intimità, della sicurezza e dell'affettività dei minori;
e con le seguenti condizioni:
a) con riferimento al proposto intervento legislativo nazionale riferito al piano abitativo per Rom, Sinti e Caminanti, volto ad assegnare loro case popolari e strutture dismesse (in usufrutto anche con partecipazione economica diretta), si ritiri la proposta in quanto essa legittima il principio che la diversità etnica dei cittadini richieda una legislazione di accesso a servizi e diritti ad personam: tutti i cittadini sono infatti uguali davanti alla legge e possono trovarsi in identica condizione di oggettiva povertà e difficoltà di integrazione sociale (si fa presente a tale riguardo che la maggioranza dei Rom, Sinti e Caminanti sono cittadini italiani);
b) si chiede che il programmato sostegno ai minori Rom, Sinti e Caminanti sottoposti a procedimento penale, che propone l'accompagnamento educativo, al fine di favorirne il reinserimento socio-lavorativo, attraverso il supporto della figura del tutor e attraverso l'emanazione di bandi interministeriali per assicurare pari opportunità di ingresso nel mondo del lavoro specificatamente attraverso l'istituzione di borse-lavoro, sia equiparato a quello di tutti gli altri minori sottoposti a procedimento penale, in quanto diversamente si legittimerebbe una discriminazione di trattamento rispetto a tutti gli altri minori sottoposti a procedimento penale, che non siano di etnia Rom, Sinti o Caminanti;
c) nel condividere la necessità di prevenire la dispersione scolastica di tutti gli studenti minori, di sostenerne il successo formativo attraverso la costruzione di una rete formativa territoriale soprattutto nelle zone di massima concentrazione di famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà sia al Nord che al Sud d'Italia, anche al fine di agire contro la criminalità organizzata, anche per supportare i problemi ed i ritardi di apprendimento dovuti a carenze psico-sociali, finalità che il Piano intende raggiungere attraverso lo sviluppo della scolarità precoce (3-6 anni) dove manca, sostenendo progetti ad personam per i soggetti riconosciuti deboli e a rischio (senza dimenticare che negli ordinamenti della scuola italiana è già previsto l'istituto dell'insegnamento personalizzato), integrando scuola e sostegno educativo alle famiglie in difficoltà, rendendo credibile la formazione professionale, si chiede che i minori Rom, Sinti, Caminanti e stranieri che frequentano la scuola italiana debbano accedere a tutti i servizi scolastici, anche di supporto, già esistenti per tutti gli

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alunni con problemi di apprendimento e di disagio socio-culturale, senza distinzione di etnia e di nazionalità;
d) essendo di fondamentale importanza rafforzare la tutela della salute dei minori, l'impegno alla maggiore diffusione di conoscenze ed informazioni afferenti alla molteplicità dei servizi offerti in campo sanitario sia dalle ASL che dal terzo settore, la promozione di informazione specifiche sulla maternità e sulla pericolosità dell'utilizzo di sostanze stupefacenti, realizzando tutto ciò a favore di tutti i minori e di tutte le famiglie che vivono nel nostro Paese e non solo per le popolazioni di etnia Rom, Sinti e Caminanti, si richiede che il programma di tutela sanitaria, predisposto dal Piano, sia esteso a tutti i minori e non a favore di alcune etnie;
e) nel condividere il principio che il minore abbia il diritto all'identità, anche per motivi di sicurezza e di rintracciabilità, e non solo a vedersi attribuito, dopo poche settimane dalla nascita, il codice fiscale, si chiede che nel Piano venga esplicitato l'impegno a predisporre un atto legislativo che preveda per tutti i minori da 0 a 18 anni l'attribuzione del documento di identità;
f) in coerenza con il dettato dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, che indica le funzioni attribuite alla Commissione infanzia ed adolescenza, si chiede che la stessa sia posta in sinergia con le istituzioni e gli enti già indicati dal Piano ed attori della programmazione e delle azioni previste, per quanto riguarda i seguenti temi:
a) Progetto di azioni si sistema ed assistenza tecnica regioni del Sud;
b) Potenziamento della rete dei servizi integrati per la prima infanzia;
c) Promozione dell'affidamento famigliare e potenziamento dei servizi dedicati;
d) Interventi sulle strutture di accoglienza residenziale per minori;
e) Creazione di un sistema informativo nazionale sui bambini fuori famiglia;
f) Misure per il sostegno dell'adozione nazionale ed internazionale;
g) Misure in favore degli adolescenti;
h) Interventi a favore degli adolescenti dell'area penale;
i) Prevenzione e cura di abuso e maltrattamento dell'infanzia;
j) Azioni a tutela dei minori vittime di tratta;
k) Promuovere un ordinamento penitenziario per i minorenni ed i giovani adulti;
l) Garante nazionale per l'infanzia;
m) Sistema delle tutele dei minori e protezione dei minori dall'abuso e dal maltrattamento;
n) Testo unico delle leggi sull'infanzia e sull'adolescenza;
o) Adeguamento della normativa riferita all'affidamento famigliare;
p) Linee di indirizzo nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile;
q) Promozione ed aggiornamento della L. 53/2000.

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ALLEGATO 2

Schema del III piano biennale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451 (Atto n. 251).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO

La Commissione,
esaminato lo schema del III Piano biennale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei persone in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451,
premesso che:
lo schema del cosiddetto Piano per l'infanzia predisposto dal Governo giunge tardivo e non è adeguatamente all'altezza del rafforzamento della tutela e promozione dei diritti dell'infanzia e l'adolescenza. Non conferisce un quadro di riferimento certo per le aspettative e i disagi delle famiglie, nonché per il loro ruolo insostituibile per la crescita e l'educazione dei loro figli. Infine non risponde che parzialmente alle analisi, osservazioni e proposte dell'Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza, del Centro nazionale di documentazione per l'infanzia e l'adolescenza, del gruppo CRC, nonché della maggior parte delle organizzazioni che lavorano per e con i bambini e gli adolescenti;
la Commissione Parlamentare per l'Infanzia e l'Adolescenza, non a caso istituita con la legge 451/97, la stessa che istituisce l'Osservatorio e il Piano, deve essere sentita in tutti i passaggi del Piano per l'Infanzia;
per molti anni l'Italia non ha avuto il Piano per l'infanzia, nonostante le numerose sollecitazioni provenienti dall'intero mondo dell'associazionismo ed in particolare dal gruppo CRC che ne ha ribadito l'urgenza anche nello scorso mese di novembre, in occasione delle celebrazioni del 20o anniversario della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, presentando il 2o Rapporto supplementare alle Nazioni Unite;
premesso che:
la prima grande questione da chiarire è relativa alla reperibilità ed alle quantità delle risorse affinché il Piano possa essere uno strumento concreto per l'attuazione della CRC, della Costituzione, delle direttive europee e delle Convenzioni internazionali;
la questione delle risorse non può essere pensata come qualcosa di aggiuntivo o indifferente al Piano d'azione. Nel Piano d'azione del Governo, alla fine del punto 2, che ha per titolo «Il senso e l'articolazione del Piano di Azione» si legge: «Il Piano è un documento di natura programmatica. La definizione delle risorse per la sua implementazione avviene nelle modalità descritte al successivo punto 9»;
al punto 9, relativo appunto alle risorse, si legge: «In riferimento alla indicazione delle modalità di finanziamento degli interventi previsti nel presente Piano, come richiesto dall'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, si precisa che le azioni richiamate e da attuarsi nell'ambito della legislazione vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti

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legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria. A tali impegni è, quindi, da riconoscere carattere meramente programmatico, in quanto la sede nella quale saranno ponderate le diverse esigenze di settore è la Decisione di finanza pubblica (DFP), sulla base della quale verrà definito il disegno di legge di stabilità»;
non ci si può non domandare cosa significhi affermare che il Piano è di «natura programmatica», così come non ci si può non domandare come possa essere credibile dal punto di vista programmatico un Piano il cui programma sia privo di risorse;
su questo punto hanno insistito tutti i soggetti auditi dalla Commissione parlamentare per l'infanzia;
a tale proposito si ricorda che la legge istitutiva della Commissione, all'articolo 2, al comma 2 prevede in modo esplicito che il Piano deve individuare «le modalità di finanziamento degli interventi da esso previsti, nonché le forme di potenziamento e di coordinamento delle azioni svolte dalle pubbliche amministrazioni, dalle regioni e dagli enti locali»;
il Piano predisposto dal Governo disattende a quanto stabilito dalla stessa legge n. 451 del 1997;
il Gruppo della CRC sottolinea «la necessità di introdurre attraverso una specifica indicazione in tal senso nel Piano Nazionale Infanzia, un sistema di monitoraggio per analizzare annualmente la quota di risorse che l'Italia destina complessivamente e, per settore, all'infanzia e all'adolescenza e di incrementare nei prossimi bilanci annuali le risorse destinate ai fondi nazionali che finanziano i servizi per l'infanzia e l'adolescenza. Persistono infatti le difficoltà ad individuare l'esatta rendicontazione delle risorse allocate sia a livello nazionale che regionale. Ricordiamo in proposito che il comitato ONU nel 2003 aveva espresso preoccupazione per il fatto che l'Italia non applicasse appieno l'articolo 4 della CRC e che quindi non vi fosse uno stanziamento per l'infanzia e l'adolescenza `al massimo livello consentito dalle risorse disponibili'. Il superamento della legge n. 285 e del relativo Fondo nazionale Infanzia ha determinato l'assenza, ad eccezione delle città riservatarie, di fondi vincolati per la realizzazione di progetti a favore dell'infanzia e dell'adolescenza, creando, di fatto, una sostanziale disparità fra le quindici città riservatarie e il restante territorio nazionale»;
rilevato altresì che:
sono di estremo rilievo e condivisibili le considerazioni della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. La Conferenza nel suo parere non positivo sullo schema di Piano in esame ha fortemente criticato l'assenza di risorse certe ed il generico riferimento ai livelli essenziali, senza la definizione dei quali il Piano è destinato ad essere un mero documento di intenti;
per l'ANCI e l'UPI appare preoccupante l'indicazione che le azioni richiamate nello schema di Piano siano «finanziabili (soltanto) nei limiti degli stanziamenti previsti» e che non vi sia indicazione di risorse aggiuntive. Inoltre la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali /LEP ed il loro finanziamento rappresentano un passaggio preliminare ed urgente nella costruzione di una riforma federalista che voglia rispondere ai principi dell'equità nell'esercizio dei diritti sociali espressamente stabiliti dal Titolo V della Costituzione; anche il FORUM delle Associazioni Familiari sottolinea la necessità di chiarire l'identità e la funzione del piano e di conseguenza la previsione di un riferimento preciso alle risorse economiche; anche per la CARITAS uno degli elementi strutturali di qualsiasi attività di programmazione è sapere su quante risorse economiche si può fare affidamento. La mancanza, nel Piano, di questo fattore preclude una programmazione precisa ed articolata e soprattutto efficace;

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osservazioni nella stessa direzione vengono avanzate da CNOAS, dall'Unione Nazionale Camere Minorili, dalle Camere Minorili in cammino - Camera minorile Nazionale, dall'Associazione Italiana dei Magistrati per i minorenni e le famiglie e da altre associazioni;
gli stessi rappresentanti dell'UPI e dell'ANCI affermano: «Preoccupa l'indicazione che le azioni richiamate nello schema di Piano siano finanziabili (soltanto) nei limiti degli stanziamenti previsti e che non vi sia indicazione, ovvero concreta aspettativa di risorse aggiuntive; va invece superata la logica dei finanziamenti residuali e dipendenti dalle risorse disponibili»;
visto che:
con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, (c.d. manovra d'estate per il 2008) sono state realizzate riduzioni di spesa delle missioni nel cui ambito sono finanziate le politiche per l'infanzia e l'adolescenza (cooperazione allo sviluppo, istruzione, diritti sociali, solidarietà sociale e famiglia, giovani e sport, salute, immigrazione) pari a ben 2 miliardi e 600 milioni di euro;
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) ha proseguito sulla strada dei tagli che, relativamente alle missioni attinenti alla scuola, ammontano a ben 564 milioni di euro;
anche il disegno di legge di stabilità 2011, attualmente all'esame della Camera dei deputati, si caratterizza per l'assenza di misure a favore delle famiglie, del lavoro femminile, dei disabili e dei giovani, nonché per l'azzeramento del Fondo per la non autosufficienza;
si rileva inoltre che:
nel documento dell'ARCIRAGAZZI NAZIONALE si trovano alcune osservazioni e proposte da prendere in seria considerazione. Dopo le modifiche del Titolo V della Costituzione, la mancata scrittura dei LIVEAS necessari per l'attuazione della legge n. 328 del 2000, la scomparsa del Fondo Infanzia se non della parte dedicata alle città riservatarie (solo il 15 per cento dei minori) «ad oggi non vi è alcuno strumento normativo che possa essere invocato affinché venga attuata la legge 176/91 che ratifica a livello nazionale la Convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia sui livelli regionali»;
la proposta dell'Arciragazzi è una connessione tra LIVEAS, Piano nazionale infanzia e Convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia. Questo oggi può sembrare un traguardo lontano, ma è indubbio che l'attuazione della ratifica dei cosiddetti «diritti dell'infanzia» non possa essere «dispersa nell'articolazione delle funzioni che lo Stato si dà». Tanto più in vista dell'attuazione del Federalismo e in assenza di strumenti sopra descritti, sancirebbe definitivamente l'impossibilità strutturale di porre in essere la promozione - uguale per tutto il paese - dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza; la prospettiva non può che essere un Piano Nazionale Infanzia costruito coordinando i Piani Regionali attraverso lo strumento dei LIVEAS. Il PNI dovrebbe essere uno strumento non solo di orientamento ma un «framework» utile anche in previsione del nuovo assetto federale dello Stato. Per questo dovrebbe contenere non solo «azioni» ma anche percorsi di aggiornamento legislativo, di interpretazione delle attuali norme alla luce delle profonde modifiche avvenute in questi ultimi 10 anni e, infine ma non meno importante, dovrebbe indicare quali sono le risorse e dove vengono reperite; Inoltre, non è da sottovalutare una lacuna che rischia di rendere il Piano disomogeneo territorialmente nella sua applicazione: la mancata definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, i cosiddetti LIVEAS, che, com'è noto, avrebbero dovuto essere determinati d'intesa con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome insieme agli Enti

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Locali e ai ministeri competenti. Questa situazione ha comportato finora una differenziazione nei programmi e nella gestione di risorse e competenze, creando una diversificazione delle politiche regionali per l'infanzia e l'adolescenza;
in particolare, è stata evidenziata da parte dell'Agesci l'urgenza «di sciogliere le ambiguità e incoerenze contenute nel testo con riguardo alla questione dei cosiddetti »livelli essenziali« dei servizi per l'infanzia e l'adolescenza. L'articolazione decentrata delle competenze per i servizi prevista dal vigente Titolo V della Costituzione richiede che, proprio nel rispetto della stessa Costituzione, siano individuati e definiti a livello normativo quei riferimenti in grado di scongiurare il rischio di gravi discriminazioni sul territorio nazionale con riguardo all'effettività dei diritti.»;
il CNCA «BATTI IL CINQUE» ritiene necessario che vengano definiti e garantiti i livelli essenziali di tutti i servizi rivolti all'infanzia e all'adolescenza (educativi, sociali, di tempo libero, residenziali e semiresidenziali) al fine di garantire pari dignità, pari opportunità, uguaglianza ed omogeneità di trattamento sull'intero territorio nazionale senza alcuna forma di discriminazione e che venga garantita all'interno dell'istituendo Tribunale per i minorenni e le relazioni familiari la presenza dei giudici onorari esperti delle scienze umane come componenti dei collegi nei procedimenti collegiali;
anche il CNOAS ha denunciato la mancata coerenza fra i principi dichiarati, le linee operative e le azioni previste, la non chiara definizione di vincoli precisi rispetto alle azioni proposte, la mancanza della individuazione dei soggetti cui dovrebbero fare carico la messa in pratica, una non chiara definizione del ruolo e del mandato dei servizi pubblici rispetto ai soggetti terzi;
la CARITAS sottolinea l'urgenza di definire alcuni livelli essenziali rispetto alle problematiche dell'infanzia e adolescenza, dando ai minori una loro titolarità in quanto soggetti di diritti, oltre, ma non solo, ai necessari sostegni alle famiglie in difficoltà. A questo proposito si è sottolineata la necessitò che si ampli la rete dei Nidi soprattutto per il ruolo educativo e socializzante, oltre che per sostegno al lavoro della donna;
per il Gruppo CRC (86 soggetti del terzo settore) è necessario prevedere un intervento di armonizzazione che permetta di integrare le previsioni del futuro Piano Nazionale Infanzia nei Piani regionali, anche attraverso un effettivo processo di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, la previsione della definizione dei LIVEAS ed il monitoraggio dell'attuazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria);
premesso che:
visto che:
già nell'ottobre 2009 l'Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza aveva presentato uno schema di Piano d'azione per l'infanzia e l'adolescenza;
nello scorso mese di marzo le associazioni aderenti a «Batti il cinque» hanno organizzato una campagna di sensibilizzazione promuovendo l'invio di cartoline di protesta al Presidente del Consiglio ed ai sottosegretari Sacconi e Giovanardi per denunciare il ritardo nell'adozione del Piano per l'infanzia da parte del Governo;
il 22 aprile 2010 il Gruppo del Partito Democratico e gli altri Gruppi di opposizione hanno presentato un'interrogazione urgente al fine di sollecitare l'adozione del Piano per l'infanzia;
finalmente il 22 luglio scorso il Governo ha approvato lo schema del Piano per l'infanzia e lo ha trasmesso, in data 30 agosto 2010, alla Commissione parlamentare per l'infanzia per l'acquisizione del parere, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge n. 451 del 1997, istitutiva della Commissione stessa;
l'espressione del parere sul Piano per l'infanzia da parte della Commissione è un

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atto di fondamentale importanza in quanto in esso si sostanzia parte fondamentale della stessa ragione d'essere della Commissione;
la Commissione ha richiesto che fossero auditi gli esponenti più rappresentativi del mondo delle associazioni e delle professioni dalla cui esperienza pluriennale non si può prescindere nella predisposizione di un Piano per l'infanzia che sia adeguato;
premesso inoltre che:
nell'espressione del parere si ritiene che non sia da sottovalutare la differenza tra il Piano presentato dal Governo e lo schema di Piano proposto dall'Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza. Tali differenze sono state ricostruite in modo oggettivo e preciso dal Comitato tecnico - scientifico del Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza (CTS) in un documento presentato il 14 luglio scorso all'Osservatorio;
la proposta del Governo raccoglie solo in parte la precedente bozza frutto di un lungo processo di elaborazione e confronto realizzato tra i membri dell'Osservatorio e per altro lato non definisce in modo appropriato altre parti significative. In particolare si segnala:
l'assenza dell'innovativo impianto metodologico che caratterizzava la versione precedente. La mancata individuazione dei soggetti attuatori, degli strumenti, dei tempi di realizzazione, delle attività di monitoraggio e di valutazione partecipata del processo di attuazione del Piano, non può che indebolire i propositi e le azioni prospettate nonché ridimensionare il ruolo dell'Osservatorio non più designato all'accompagnamento di questa realizzazione;
il sostanziale svuotamento di senso e di azioni della direttrice denominata «Favorire la partecipazione per la costruzione di un patto intergenerazionale». Ciò costituisce una evidente disattenzione rispetto all'orientamento partecipativo sollecitato dalla Convenzione internazionale del 1989 e lascia l'Italia, ancora una volta, come «fanalino di coda» dei Paesi che promuovono il diritto alla partecipazione dei bambini e dei ragazzi;
l'accorpamento, nella direttrice «Rafforzare la tutela dei diritti», in un'unica azione delle proposte di riforma del tribunale per i minorenni e dei procedimenti civili in materia di persone, famiglie e minori, che ha la grave conseguenza di far scomparire ogni riferimento alla presenza dei giudici onorari esperti delle scienze umane come componenti dei collegi, figure essenziali per sottolineare la qualità di organismo specializzato; l'eliminazione della macro-azione «Ricongiungimento familiare degli stranieri e cittadinanza». In particolare nella Premessa sono stati tolti i riferimenti al principio di «non discriminazione»;
è stata eliminata la macro-area «Modifica delle procedure di adozione» in cui si evidenziavano i seguenti obiettivi: il riconoscimento della centralità del diritto del minore alla famiglia grazie a procedure di adozione più chiare, tempestive e flessibili; l'attribuzione di valori alla storia del bambino precedente all'adozione; il riconoscimento della pienezza dello stato di figlio legittimo all'adottato in casi particolari;
alcune associazioni tra cui la Comunità Papa Giovanni XXIII hanno rilevato la mancanza del riconoscimento delle Case Famiglia come vere comunità capaci di rispondere ai bisogni relazionali dei minori;
riguardo alla partecipazione le macroazioni risultano fortemente ridotte, mentre sono state tolte le macro-azioni relative alla sperimentazione dei forum regionali e del forum nazionale dei ragazzi, delle ragazze e degli adolescenti, alla promozione delle esperienze locali di partecipazione sociale di bambini e ragazzi, alla formazione di promotori e facilitatoci dei processi di partecipazione e protagonismo, alle linee guida orientative e manuale operativo per la promozione ed il

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sostegno della partecipazione, nonché alla realizzazione di un «manifesto educativo»;
al punto 7, relativo alla promozione dell'integrazione delle persone immigrate sono state tolte due macro-aree relative all'iscrizione al sistema sanitario nazionale per tutti i bambini stranieri e i bambini appartenenti alle comunità rom, sinti e caminanti ed al ricongiungimento familiare degli stranieri e cittadinanza;
considerato che:
nella presentazione dello schema di Piano di azione per l'infanzia e l'adolescenza il Comitato scientifico del Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza dell'Istituto degli Innocenti ha sottolineato che per essere veramente efficace il Piano deve essere «nuovo» e per questo deve avere almeno tre elementi di discontinuità: sul piano dei contenuti la novità consiste nel rendere effettivo il diritto alla partecipazione civica e sociale delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi; sul piano dell'approccio l'aspetto nuovo consiste nel rispetto delle cultura delle differenze di genere e dell'equità sociale per le pari opportunità, contro ogni discriminazione; sul piano del metodo la novità è data dalla costruzione di un processo di accompagnamento e di monitoraggio permanenti del Piano al fine di una sua corretta applicazione e valutazione;
il Piano presentato dal Governo non ha fatto propri questi tre elementi di discontinuità. Anzi nei contenuti, nell'approccio e nel metodo il Piano mostra notevole distanza dalla schema del Piano d'azione del Comitato scientifico del Centro degli Innocenti. In particolare, nel Piano del Governo la partecipazione dei minori è fortemente ridimensionata come aspetto della costruzione della soggettività dei minori rispetto ai loro stessi diritti, doveri e responsabilità nella costruzione di un patto intergenerazionale; sul piano dell'approccio i riferimenti al principio di «non discriminazione» scompaiono dalla premessa. E rispetto al metodo, terzo elemento di discontinuità, il Piano è generico e non stabilisce in modo puntuale tempi, modalità e la responsabilità del monitoraggio;
la notevole distanza tra i due schemi di Piano, quello del Governo e quello dell'Osservatorio porta inevitabilmente a chiedersi se l'approccio e gli strumenti individuati dal Piano del Governo siano in grado di mettere in moto un processo in cui i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza possono «irrobustirsi» e creare le condizioni perché ad ogni minore che vive in Italia, senza alcuna discriminazione, sia assicurato il suo superiore interesse;
è indubbio che l'affermazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza presuppone priorità, responsabilità, tempi adeguati. E la demagogia in questo delicatissimo terreno sarebbe la peggiore cattiva maestra. Ma il punto è se ciò che mette in moto il Piano del Governo corrisponda ad una moderna cultura dell'infanzia, alle aspettative e al ruolo delle famiglie, alle migliori condizioni per lo sviluppo delle personalità di ogni minore e per lo sviluppo del Paese;
considerato inoltre che:
in base ad alcuni recenti dati relativi all'infanzia e all'adolescenza risultano evidente l'arretratezza e le difficoltà del nostro Paese nell'affrontare problemi vecchi e nuovi;
secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicati il 28 agosto 2010, in Italia per la famiglia e la maternità si spende l'1,2 per cento del Pil, uno dei livelli più bassi, insieme a Spagna e Portogallo, rispetto al resto d'Europa dove si spende decisamente di più (2,1 per cento nella Ue a 15 e 2,0 per cento nella Ue a 27);
secondo gli ultimi dati Ocse sulla scuola (7 settembre 2010), la «pagella» dell'Italia è negativa. Il nostro Paese spende solo il 4,5 per cento del Pil per le istituzioni scolastiche contro una media europea del 5,7 per cento. Dietro di noi, tra i paesi industrializzati, solo la Repubblica

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Slovacca. Persino il Brasile, con il 5,2 per cento e l'Estonia (5 per cento) spendono di più;
l'Italia è sotto la media anche se si guardano gli altri numeri. La spesa pubblica nella scuola, raggiunge solo il 9 per cento della spesa pubblica totale, inclusi i sussidi alle famiglie ed i prestiti agli studenti. Anche in questo caso il livello più basso tra i paesi industrializzati contro il 13,3 per cento della media Ocse;
per quanto riguarda la povertà minorile, i dati ISTAT, pubblicati il 19 ottobre 2010, rivelano che i bambini poveri in Italia sono oltre un milione e mezzo;
in Italia, tra il 1997 e il 2009, la povertà relativa è cresciuta tra le famiglie. Si tratta delle famiglie con 4 componenti (passate dal 12,9 per cento al 15,8 per cento), con 5 o più componenti (da 22,3 per cento a 24,9 per cento) e con figli minori (dal 14 per cento al 15 per cento);
le cose non vanno meglio sul fronte della povertà assoluta, misurata su un paniere di beni e servizi indispensabili per avere vita dignitosa. Nel 2009 le persone in condizione di povertà assoluta erano oltre 3 milioni (il 5,2 per cento del totale) di cui 649 mila minori: 6,3 per cento del totale dei minori, ovvero un quinto dei poveri assoluti. Il dato arriva al 9,2 per cento tra i minori che vivono con i genitori e almeno due fratelli e tra le famiglie con membri aggregati. Inoltre ben 401 mila minori indigenti vivono al Sud, vale a dire il 10,2 per cento del totale di quelli residenti nelle regioni meridionali;
analizzando queste cifre si può affermare che nel 2009 i minori poveri nel nostro paese sono ben 1 milione e 756 mila, ovvero il 17 per cento del totale. E di questi quasi il 70 per cento (1 milione e 179 mila) risiede al Sud;
considerato inoltre che:
sui servizi alla prima infanzia l'Istat ha pubblicato, il 14 giugno 2010, i dati sull'offerta di servizi pubblici dedicata ai bambini da zero a 36 mesi, relativa all'anno scolastico 2008/2009. Appare lontano l'obiettivo del Trattato di Lisbona relativo al raggiungimento del 33 per cento entro il 2010, soprattutto per il Sud e la quota di domanda soddisfatta è ancora molto limitata. L'indicatore di presa a carico, che misura il rapporto percentuale tra gli utenti iscritti agli asili nido e i bambini residenti (in età di analisi, 0-36 mesi) è passato dal 9,0 per cento nel 2004 al 10,4 per cento nel 2008. Se nel computo affianchiamo agli asili comunali anche servizi integrativi per l'infanzia come micro nidi e nidi famiglia, allora l'indicatore di presa a carico sale al 12,7 per cento;
analizzando nel dettaglio i dati ci si rende conto che le differenze territoriali sono notevolissime. L'Emilia Romagna si conferma una regione da primato per la diffusione di asili nido con un indice di presa a carico pari al 24 per cento e di copertura territoriale pari al 81,8 per cento. Anche il Centro Italia ha aumentato l'offerta di asili nido, raggiungendo nel 2008/2009 una percentuale di presa a carico del 14 per cento. Esperienze positive si riscontrano soprattutto in Umbria e nel Lazio, con un indicatore di presa a carico, rispettivamente, del 18,6 per cento e dell'11,8 per cento. Permangono invece sotto la media nazionale i parametri rilevati al sud e nelle isole. È negativa l'esperienza della Campania e della Calabria con indicatori di presa a carico pari a 1,7 per cento e al 2,3 per cento;
considerato altresì che:
secondo l'indagine Migrantes del 23 gennaio 2010 nel nostro Paese i minori stranieri sono raddoppiati in soli quattro anni,
in soli sei anni, i minori stranieri in Italia sono passati da 412.432 al primo gennaio del 2004 a 862.453 al primo gennaio 2009. Oggi sono il 22,2 per cento della popolazione straniera regolarmente residente. La maggior parte è nata in Italia (519 mila, 12,6 per cento del computo complessivo delle nascite) il restante (100 in media ogni anno) è formato da minori giunti via mare e via terra o per tratta,

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nascosti nelle stive di navi, nei camion, negli autobus: storie di bambini, ragazzi, giovani alla ricerca di un riscatto, in fuga da guerre e disastri ambientali, tra fame, siccità e violenze. Il 35 per cento è arrivato in Italia attraverso procedure di ricongiungimento familiare, percentuale che sale al 38 per cento al Sud e al 40 per cento nelle isole. Si tratta, però, solo del numero dei minori non comunitari, che escludono - considerato almeno alla pari - il numero dei minori comunitari, provenienti in particolare dalla Romania, dalla Bulgaria e dalla Polonia. Un fenomeno cresciuto in questi anni è quello dei minori stranieri non accompagnati o anche minori separati;
per quanto riguarda la frequenza scolastica degli alunni stranieri, secondo i dati dell'Istituto degli Innocenti presentati il 9 settembre 2010, questi alunni negli ultimi quindici anni sono esponenzialmente aumentati: da 7.837 nell'anno scolastico 1996/1997 (pari allo 0,7 per cento dell'intera popolazione scolastica), si è passati a 130.012 iscritti nell'ultimo anno scolastico disponibile (2008/2009), pari al 7 per cento del totale;
rilevato che:
secondo l'indagine presentata il 20 novembre 2009, realizzata dall'Istituto degli Innocenti di Firenze per conto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - periodo giugno-ottobre 2009 - l'analisi dello stato di attuazione della legge n. 285 del 1997 nelle 15 Città riservatarie, mette in evidenza alcune tendenze omogenee nelle Città, caratterizzate tuttavia da diverse velocità. In tutte le città si segnala una forte riduzione nell'ultimo triennio delle risorse del Fondo destinate a progetti innovativi o sperimentali a vantaggio di scelte finalizzate al consolidamento di servizi di base soggetti a restrizioni dovute a tagli della spesa sociale;
da questo studio emerge con prepotenza la questione del gap tra Centro-Nord e Sud Italia in termini di accessibilità dei servizi e copertura del target nei servizi di cura alla prima infanzia, capacità di accountability nella gestione del Fondo e spesa destinata alle politiche per i minori nelle diverse Città. Se consideriamo i dati di bilancio, si osserva che mentre al minore residente a Reggio Calabria e Taranto viene destinata annualmente una somma che oscilla dai 27 ai 90 euro, al minore residente a Bologna, Milano, Firenze o Venezia vengono destinate somme che oscillano dai 679 euro ai 796 euro. Si presenta una analisi comparata con i dati tratti dall'Indagine Istat sulla spesa sociale dei comuni che conferma queste tendenze. Le Città di Reggio Calabria, Taranto, Brindisi e Palermo sono quelle in cui le politiche per l'infanzia dipendono in modo significativo, oltre il 18 per cento, dall'erogazione del Fondo. Le città del Centro Nord hanno un tasso di dipendenza media molto inferiore e pari mediamente al 4,2 per cento;
rilevato inoltre che:
il Piano del Governo si trova ad operare in un contesto molto diverso da quello in cui è stato varato il primo Piano d'azione. È cambiato il contesto sociale, culturale, legislativo nel nostro Paese, in Europa e anche nel resto del mondo. L'epoca in cui viviamo è caratterizzata come «società della conoscenza». Popoli interi conoscono tappe di sviluppo a ritmo molto sostenuto. Nuove e vecchie forme di contraddizione possono mettere paura, chiusura e indurre alla convinzione che l'autosufficienza sia l'unica soluzione: e' un modo di sentire comprensibile ma non auspicabile. L'Italia vince la sua sfida tra i primi dei paesi sviluppati se insieme all'Europa non restringe i suoi diritti e delinea in modo più coraggioso gli aspetti che la potranno rendere competitiva nei confronti degli altri Paesi;
nella società della conoscenza e nell'epoca della globalizzazione lo sviluppo della persona umana è determinante. A prescindere dal proprio orientamento religioso non si può non mettere in luce il richiamo della Caritas, alla centralità della persona umana e come tale richiamo implichi «diritti inalienabili riconosciuti

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dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Costituzione italiana»;
tali diritti non possono «trasformarsi in una concessione benevola», ma anzi per quanto riguarda il Piano presentato dal Governo è bene affermare che «nel tentativo di ripensamento e riorganizzazione del welfare rimane centrale il ruolo delle istituzioni pubbliche, garanti della titolarità dei diritti e deputate al reperimento non occasionale delle risorse economiche, strutturali e organizzative che in un orizzonte ampio di efficacia delle decisioni prese, valorizzi l'apporto del privato sociale e delle comunità locali in un rapporto necessariamente asimmetrico in cui la collaborazione non può significare sostituzione»;
non potrebbe essere espresso in modo migliore il rapporto esistente tra centralità della persona in età evolutiva e la responsabilità primaria delle istituzioni pubbliche;
la riorganizzazione dello Stato italiano in chiave federale non può in alcun modo attenuare la sua responsabilità, come del resto è richiesto espressamente dalla CRC;
questo rapporto tra i diritti dell'infanzia e l'adolescenza e il ruolo delle istituzioni pubbliche centrali non lede in alcun modo il ruolo del privato sociale e della comunità locale, né tantomeno rende meno incisiva la sussidiarietà. All'opposto consente al privato sociale, alle comunità locali e alla sussidiarietà, di sviluppare maggiormente il proprio ruolo e la propria dimensione anche valoriale in un contesto certo di regole, strumenti, responsabilità e risorse;
rilevato inoltre che:
la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sul sostegno alla genitorialità ha rilevato altri aspetti critici relativi al sostegno alla genitorialità, alle misure a favore degli adolescenti, al ricongiungimento familiare degli stranieri;
sul sostegno alla genitorialità è stato altresì criticato «un approccio assistenzialistico, contrario alla logica del welfare delle opportunità: il sostegno alla genitorialità dovrebbe permeare tutte le politiche pubbliche e non solo essere declinata per le famiglie con fragilità, né può esaurirsi con la sperimentazione di servizi educativi (non solo nidi!) domiciliari.»;
secondo la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome «risultano carenti e non tra loro integrate le misure a favore degli adolescenti specialmente in un'ottica di promozione e di opportunità, di prevenzione, di cittadinanza attiva. Rispetto alla precedente stesura è inoltre stato eliminato il riferimento »a finanziamenti dedicati e vincolati.«,»;
ed ancora: «la scheda sul sostegno alla frequenza scolastica contro l'esclusione sociale introduce le »zone di educazione prioritaria« e le »scuole di seconda occasione« che suggeriscono categorizzazioni e strumenti potenzialmente ghettizzanti e contrari all'ottica di integrazione sociale. Per gli stessi motivi, è discutibile l'introduzione della »salvaguardia di scuole specialistiche integrate per favorire l'apprendimento in presenza di specifiche disabilità« nella scheda relativa ai minorenni disabili e con difficoltà di apprendimento.»;
riguardo all'azione sul ricongiungimento familiare degli stranieri, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome segnala che «per promuovere interventi di qualità, occorre precedere l'informazione degli enti locali circa le domande e le tempistiche di ricongiungimento, in modo da consentire loro di organizzare preventivamente l'accoglienza del ragazzo. Ad esempio presso i servizi educativi o nell'ambito del diritto allo studio.»;
premesso inoltre che:
nel corso delle numerose audizioni svoltesi presso la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, le associazioni audite hanno messo in rilievo

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l'inadeguatezza del Piano a dare risposte alle esigenze esposte in premessa; su alcune questioni in particolare diverse associazioni con lunga esperienza nel mondo della giustizia minorile e della salute e benessere delle persone in età evolutiva evidenziato aspetti condivisibili;
l'AIMMF ha messo in evidenza la mancata previsione di un tribunale della famiglia che veda la presenza necessaria dei giudici onorari, esperti di scienze umane, quanto meno nei collegi giudicanti e che individui il bacino territoriale di competenza di almeno 400.000 abitanti o con quello di più tribunali ordinari territorialmente contigui e la presenza decentrata delle attività svolte dal giudice monocratico e dal giudice tutelare, nonché l'istituzione presso ogni corte d'appello o sezione distaccata di corte d'appello della sezione specializzata per minorenni e relazioni famigliari, composta da magistrati professionali e onorari, specializzati, con uno o più sostituti Procuratori Generali, specializzati;
l'AIMMF ha inoltre rilevato lo svuotamento degli ambiti delle azioni relative alla promozione della partecipazione sociale dei bambini e quella del sostegno ai rapporti tra generazioni, temi sui quali l'Osservatorio aveva lavorato a lungo, nonché la mancata previsione di un monitoraggio e cittadinanza dei minori stranieri. Anche la prevista introduzione di un'azione che sancisse l'impegno per il ricongiungimento famigliare dei minori stranieri e per la loro cittadinanza dei minori stranieri residenti in Italia voluta dall'Osservatorio nel primo documento poi rivisto, è stata eliminata nel secondo documento ed è stata inserita l'azione relativa al rafforzamento del ruolo delle seconde generazioni;
l'Unione Nazionale Camere Minorili e la Camera Minorile Nazionale In Cammino rilevano la necessità di indicare le priorità degli interventi.

La riforma del Welfare deve essere certamente sul piano delle pari opportunità e delle responsabilità, ma anche 'dei diritti'. Una necessaria riforma del sistema giuridico minorile e delle relazioni familiari deve essere: organica, completa, complessiva e sistematica che ponga al proprio epicentro la persona minore di età e il suo diritto alle migliori condizioni di sviluppo psico-fisico, e ne espliciti e definisca il suo migliore interesse, quale criterio determinante per ogni questione che lo riguardi; ordinamentale che ponga fine alla frammentazione delle competenze tra giudici diversi rispettando però la caratteristica della giurisdizione per la persona e le relazioni familiari come giurisdizione non necessariamente contrappositiva ma volta anche - se non soprattutto - alla ridefinizione delle relazioni endofamiliari in crisi o riforma del rito, con un unico rito (camerale) per i procedimenti relativi alla persona e alle relazioni familiari. Necessità della piena attuazione delle garanzie costituzionali del 'giusto processo'. È maturo il tempo di una formulazione di uno Statuto dei diritti dei minori che riguardi la riforma della disciplina delle responsabilità genitoriali secondo le indicazioni della European Commission of Family Law e la riforma del sistema della filiazione che disciplini con modalità uniformi il costituirsi e il permanere dello stato di figlio; la riforma del sistema di tutela delle persone minori di età nella crisi delle relazioni tra genitori; la disciplina dei cd. diritti politici dei minori nell'ambito della famiglia e delle formazioni sociali al fine di garantire la partecipazione e disciplina del loro diritto all'ascolto; la riforma del sistema penale minorile con l'accentuazione del carattere volto al pieno recupero personale e sociale dell'autore di reato e potenziamento degli istituti a ciò finalizzati; la disciplina della mediazione sia nell'area penale sia in quella civile delle relazioni familiari, con individuazione delle caratteristiche professionali dei mediatori, del loro percorso di formazione e con individuazione di modelli e protocolli di intervento.
È necessario inoltre che il nostro Paese si ponga in una prospettiva di immediata ratifica degli strumenti convenzionali e

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che venga riconosciuto il diritto all'identità di tutti i minori, fin dalla nascita, a prescindere dallo status giuridico.
È indispensabile che venga previsto l'apporto dell'Avvocatura specializzata anche nei settori: orientamento per il servizio sociale; sostegno alla genitorialità di famiglie fragili e nel contrasto all'allontanamento familiare; promozione dell'affidamento familiare; misure per il sostegno dell'adozione (nazionale e internazionale); misure in favore degli adolescenti, nella prevenzione e cura di abuso e maltrattamento nell'infanzia e nell'azioni a tutela dei minori vittime di tratta;promozione di un ordinamento penitenziario per i minorenni;promozione e disciplina della mediazione in tutti gli interventi nei quali di profili una riforma della disciplina o l'introduzione di disciplina nel sistema delle tutele.
Per quanto riguarda poi le problematiche dei minori stranieri, le iniziative proposte, pur essendo in molti casi compiutamente rappresentate nei paragrafi descrittivi, risultano non pienamente affrontate nella definizione delle azioni previste, descritte in modo particolare solo con riferimento ai minori tona, sinti e caminanti mentre andrebbero previste azioni rivolte all'integrazione scolastica degli altri minori stranieri ai fini della prevenzione della dispersione scolastica;
secondo la FIMP l'operato del pediatra di famiglia è importante non solo per quando riguarda la gestione territoriale del bambino con patologia cronica e grave disabilità e del bambino terminale, ma risulta vitale in termini di prevenzione, di incidenti e di patologie croniche dovute a obesità e sovrappeso, di gestione dei fenomeni patologici del comportamento e d'abuso legati all'adolescenza. Il pediatra di famiglia, attualmente, cura aspetti legati all'animo del bambino, a quelle patologie insorgenti dalla depressione scaturente da un mondo economicamente depresso e senza quasi più valori universali di riferimento. Tutto ciò, è indubbio, evidenzia come sia oggi indispensabile realizzare una risposta sanitaria, oltre che articolata, complessa e, quindi, altamente specializzata, di prossimità territoriale che accompagni il fanciullo fino al raggiungimento del diciottesimo anno di vita. Una popolazione che si vuole affidare all'assistenza specialistica mirata fino al compimento del diciottesimo anno di età.

Così come, essenziale, nel best interest del bambino, appare l'inserimento del calendario vaccinale nazionale nei Livelli Essenziali di Assistenza pediatrica.
L'Ordine degli psicologi sottolinea come il Piano dovrebbe superare la caratterizzazione di strumento meramente programmatico ed assumere invece una funzione di strumento di sostegno e supporto alle istituzioni competenti nell'ambito delle politiche e degli interventi a favore dell'infanzia e dell'adolescenza;
come si può facilmente vedere tutte le associazioni audite in commissione hanno evidenziato gli stessi problemi, fra cui in primis l'assenza di risorse certe e la mancata definizione dei livelli essenziali di tutti i servizi rivolti all'infanzia e all'adolescenza;
Si rileva che:
è ormai improrogabile fissare un vero e proprio Piano perché i media tutelino e promuovano i diritti delle persone in età evolutiva con programmi a loro dedicati, riducendo drasticamente la pubblicità a loro rivolta e introducendo nei curricula scolastici l'educazione ai media;
è assolutamente necessaria l'approvazione della legge del Garante dei diritti dell'Infanzia e Adolescenza. Un Garante nazionale, indipendente e che agisca sussidiariamente senza sovrapposizione con la giurisdizione, i Garanti regionali, i servizi sociali e la Commissione Parlamentare per l'Infanzia, anzi potenziandone i ruoli attraverso una costruzione di una rete.

Si rileva altresì che:
manca una legge che ridefinisca un sistema integrato di servizi educativi alla prima infanzia. Una nuova legge deve disporre di un Piano nazionale per l'aumento quantitativo dei nidi in tutto il

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Paese, in ottemperanza alle decisioni della Comunità Europea prese a Lisbona e deve caratterizzare il nido quale servizio educativo e non più servizio a domanda individuale. Il nido deve inoltre sostenere la conciliazione e la genitorialità.

Il sostegno alla genitorialità è assolutamente indispensabile anche per affrontare in modo adeguato ciò che viene definita come una vera «emergenza educativa».
Un'ultima considerazione che è anche quella che chiude metaforicamente il cerchio: riguarda la famiglia. Infatti i diritti dei bambini non sono pensabili senza il loro primo diritto che è quello di poter crescere in famiglia a partire dalla propria. È necessaria una connessione tra il Piano nazionale infanzia e le politiche della famiglia. Il decreto del governo in preparazione della Conferenza sulla famiglia che si svolgerà a Milano a novembre non contiene questa connessione. La famiglia è il cuore di un moderno stato sociale. La famiglia è un'opportunità per la persona. La famiglia è una risorsa per la comunità e per il Paese. Oggi più che mai, nella crisi, è necessario sostenere le potenzialità delle famiglie, contrastare le paure e sviluppare la fiducia. Occorre mettere in campo il capitale sociale di una comunità che se ne prenda cura.
Occorre investire sulla famiglia che investa sul lavoro dei giovani, delle donne e degli uomini, sull'educazione, sull'istruzione e sul benessere dei figli, che valorizzi ogni stagione di vita degli anziani e che rispetti i diritti di ogni disabile e di ogni immigrato. Con la crisi potrebbero peggiorare drammaticamente i problemi irrisolti del nostro welfare e impoverire un maggiore numero di famiglie, sia nel reddito che nelle opportunità, rendendo ancora più diseguale il nostro Paese.
Il nostro Paese spende poco e spende male per le politiche sociali. Occorre una svolta. Il Paese può uscire dalla crisi: la famiglia è la risorsa decisiva. Non è un costo, è un investimento ad alto rendimento economico e sociale. Il suo benessere è la condizione centrale per lo sviluppo del Paese.
Per questo sono indispensabili i servizi essenziali e un fisco a misura della famiglia.

Considerato infine che:
lo schema in esame predisposto dal Governo non risponde alle questioni dell'assenza di risorse certe, che anzi vengono drasticamente ridotte e all'urgenza della scrittura dei LIVEAS e risponde solo parzialmente alle osservazioni, ai contributi e ai rilievi critici sollevati dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dall'ANCI e UPI, dalle Associazioni, dall'Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza, mantenendo un impianto meramente «programmatico», ma privo di sostanza, e per questi motivi risulta non adeguato alla tutela e ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

Per i suddetti motivi esprime

PARERE CONTRARIO.

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ALLEGATO 3

Schema del III piano biennale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451 (Atto n. 251).

PARERE APPROVATO

La Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza:
esaminato lo schema del Piano biennale nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, presentato dal Governo alle Camere il 30 agosto 2010;
premesso che l'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451. 451/1997, attribuisce alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti ed allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva (comma 1), nonché il potere di formulare osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176; al fine di assicurare la piena implementazione dei diritti dei minori (comma 5);
rilevato che il Piano rilancia l'elemento qualificante della «continuità», intesa in termini di coerenza con le scelte pregresse e con le politiche e i servizi adottati; si presenta invece in «discontinuità» rispetto all'approccio, identificando alcune direttrici d'intervento quali dimensioni prioritarie, nonché rispetto al metodo, adottando un processo partecipato sia nella costruzione del Piano stesso che nella fase della sua attuazione;
premesso che le quattro direttrici tematiche d'azione su cui si basa il Piano prevedono interventi di tipo legislativo, amministrativo-programmatorio e ammininistrativo-operativo, catalogati in tabelle di facile lettura;
considerato che il Piano deve svolgere una funzione di raccordo tra i diversi livelli di responsabilità decisionale, programmatoria, organizzativa e operativa, in tema di politiche per l'infanzia e l'adolescenza, essendo necessario mantenere una prospettiva coerente ed unitaria alla politica nazionale e locale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
considerato che l'adozione di una tale prospettiva unitaria, che ponga in sinergia i diversi livelli di responsabilità decisionale, programmatica e gestionale nell'ambito delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza, è importante tanto quanto la valorizzazione effettiva delle prospettive locali;
sottolineando che la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, ed il loro finanziamento rappresentano un passaggio preliminare ed urgente nella costruzione di una riforma federalista che voglia rispondere ai principi dell'equità nell'esercizio dei diritti sociali espressamente stabiliti dal Titolo V della Costituzione;

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rilevato che è pertanto necessario definire quanto prima tali livelli essenziali dei servizi per l'infanzia, così da garantire un livello minimo essenziale di trattamento per tutti i bambini/adolescenti sull'intero territorio nazionale, atteso che la competenza sui servizi è delle Regioni e degli enti locali e che attualmente, in assenza di una definizione dei livelli minimi essenziali, in Italia si registrano notevoli diversità di trattamento e conseguenti gravi discriminazioni a seconda dell'area in cui si realizza l'intervento e/o dei periodi storici di riferimento;
rilevato che nella fase attuativa del Piano diventa cruciale il ruolo degli enti locali, sia per l'approfondita e sistematica analisi ai fini della programmazione degli interventi sul territorio, sia per il livello di vicinanza e prossimità, per la capacità di dialogo e collaborazione con le forze sociali; appare perciò necessario adottare una logica attuativa e gestionale decentrata che rinforzi il ruolo degli enti locali, assicurandone la centralità in termini di regia e gestione degli interventi sia sul piano amministrativo che operativo;
sottolineando che appare necessario, ferma restando la competenza regionale in materia di politiche sociali, a seguito della modifica del titolo V della Costituzione, che i bilanci di Regioni, Province e Comuni, prevedano capitoli di spesa dedicati al sostegno delle politiche a favore dei minori, sulla base del riconoscimento - condiviso dall'intera Commissione - dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza come una priorità per le politiche del Paese;
valutando che, oltre alla famiglia ed alla scuola quali agenzie educative, anche i media hanno un peso preponderante sulla formazione e sull'educazione dei minori, e rilevato a tale proposito che nel Piano non sono previsti interventi né di tipo programmatico-operativo, né di tipo legislativo, riferiti alla necessità di aumentare il livello di tutela dei minori nei confronti dei media e della rete informatica;
esprime parere favorevole con le seguenti osservazioni:
a) prendendo atto che esiste un evidente squilibrio nella erogazione dei servizi a favore dell'infanzia e dell'adolescenza in tutta Italia, in particolare con riferimento ad otto regioni del Sud, e premesso che il superamento di tale divario può essere raggiunto soprattutto attraverso l'adozione dei decreti legislativi di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, con la definizione dei costi standard dei servizi, è necessario tuttavia che, oltre la definizione dei citati costi standard, siano definiti i livelli nazionali minimi relativi alla qualità dei servizi (Livelli essenziali di assistenza), di cui al secondo comma, lettera m) dell'articolo 117 della Costituzione, che devono essere garantiti dalle Regioni e dagli enti locali ai minori in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale; a tale fine, si valuti conseguentemente l'opportunità di individuare gli strumenti per consentire alla Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza di esercitare un'azione di controllo e monitoraggio sull'erogazione e sul rispetto degli identificati livelli qualitativi essenziali di tali servizi ai minori, nell'ambito delle singole Regioni e degli altri enti locali competenti, anche considerando i bisogni espressi dalla realtà socio-economica e familiare del territorio di riferimento;
b) considerato che le Regioni, gli enti locali, le Comunità montane, i Comuni singoli o in forma associata sono chiamati a sostenere, nei limiti delle risorse disponibili, la genitorialità nella famiglie in condizioni di povertà, attraverso la definizione di criteri per l'accesso ai servizi per la prima infanzia (da 0 a 3 anni); la composizione delle graduatorie per l'accesso alla scuola dell'infanzia e a tutti i servizi educativi da 0-6 anni, indipendentemente dall'entità delle risorse economiche a disposizione delle Regioni ed enti locali per queste finalità, e tenuto conto che la disponibilità dei servizi per la prima infanzia (nido e scuola materna) non è spesso sufficiente a coprire il fabbisogno complessivo anche nelle Regioni con maggiori

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risorse, per non rischiare di dover escludere dall'accesso a questi servizi i minori che provengono da famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, si individuino, nelle opportune sedi di concertazione fra livello di governo centrale e regionale-locale, le modalità per realizzare una progettualità equilibrata nel campo dei servizi alla prima infanzia, che coinvolga anche le Autonomie scolastiche nella predisposizione e/o rimodulazione dei criteri di priorità di accesso ai suddetti servizi, in modo da tener conto, non solo delle risorse economiche a disposizione dei singoli enti locali, ma anche delle specifiche realtà sociali e culturali e dei bisogni di tutte le famiglie;
c) con riferimento alla tabella sulle linee di orientamento unitario per il Servizio Sociale (A07), poiché l'obiettivo governativo di favorire l'unitarietà nelle metodologie di intervento e nell'organizzazione del Servizio sociale al fine di offrire professionalità nell'accoglienza, nell'ascolto, nell'accesso ai servizi sociali e socio-sanitari anche nelle situazioni di urgenza-emergenza a tutti i minori, è di strategica importanza e ben modulato nella definizione delle azioni per concretizzarlo, si osserva che l'implementazione delle azioni finalizzate a raggiungere l'obiettivo deve partire anche dalla definizione dei costi standard di tali servizi; a tale riguardo, sarebbe opportuno che, oltre la definizione dei costi standard, siano definiti i livelli nazionali minimi standard relativi alla qualità dei servizi sociali, che devono essere garantiti, dalle Regioni e dagli enti locali in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
d) per quanto concerne il rafforzamento dell'affido omoculturale, si osserva che, pur considerando che la medesima cultura tra genitori affidatari e minore affidato semplifica gli scambi interpersonali ed affettivi, la priorità deve restare quella di promuovere e facilitare l'istituto dell'affido per il maggior numero di minori possibile, rispettando standard ottimali di collocazione nell'unico interesse del minore;
e) nel condividere la volontà di istituire un Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, provvisto dei requisiti indicati nel Piano stesso, si osserva che la funzione di proposta politica diretta ad armonizzare la legislazione italiana agli standard internazionali e per la realizzazione di politiche attente ai diritti dei minori si sovrappone alle funzioni attribuite alla Commissione parlamentare per l'infanzia ed l'adolescenza, secondo quanto previsto dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451; si osserva altresì che la facoltà aggiuntiva di intervenire nei procedimenti civili ed amministrativi, di prendere visione degli atti e di impugnare i provvedimenti si sovrappone alle prerogative della magistratura minorile rischiando di creare conflitti tra gli istituti che inevitabilmente ricadrebbero a danno del minore;
f) poiché favorire la tutela dell'evento nascita è un passaggio prioritario per la nostra società e fondamentale per sostenere la famiglia, e poiché è di basilare importanza il principio che l'evento della gestazione e del parto debbano essere accompagnati e tutelati all'interno di un Servizio sanitario nazionale che ne garantisca efficienza e sicurezza attraverso personale professionalmente e scientificamente qualificato e formato, in grado di prestare la propria opera in punti nascita attrezzati, anche per far fronte nell'immediatezza e nell'urgenza a qualsiasi complicanza che possa sopraggiungere in itinere, si consideri che un tale standard di qualità e sicurezza non potrà mai essere garantito nei parti domiciliari o in micro-punti nascita; si valuti inoltre l'opportunità di rivalutare la figura professionale dell'ostetrica, affinché, dopo le dimissioni della madre e del neonato dalla struttura ospedaliera, possa accompagnare a domicilio la neo-mamma nella cura e nell'assistenza del minore nelle prime settimane di vita e possa supportare la madre stessa mediante l'approccio dell'ascolto-dialogo, al fine di renderla consapevole ed in grado di gestire positivamente una eventuale depressione post-partum, oltre alle responsabilità del suo nuovo ruolo genitoriale; in

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questo quadro si raccomanda di altresì agevolare ed educare adeguatamente la coppia madre-figlio ai benefici psico-fisici dell'allattamento al seno;
g) con riferimento alla considerazione, condivisa all'unanimità dalla commissione che, oltre alla famiglia ed alla scuola quali agenzie educative, anche i media possono essere, se ben utilizzati, validi supporti per veicolare modelli positivi di comportamenti e stili di vita per i minori (nel campo ad esempio della salute, dell'alimentazione, dell'affettività, del divertimento, della capacità di relazionarsi in senso costruttivo con i pari e con gli adulti), si valuti come imprescindibile e si individuino gli strumenti opportuni affinché i soggetti competenti per l'attuazione delle politiche dell'infanzia, a livello nazionale e territoriale, nonché le agenzie educative, la scuola, la Commissione stessa, possano collaborare in sinergia con gli operatori della rete informatica e del mondo multimediale al fine di condividere strategie comunicative-educative adatte all'età evolutiva;
h) poiché il Piano ha il compito di evidenziare e proporre strategie di tipo programmatico-operativo e legislativo anche al fine di potenziare la tutela dei minori nei confronti dei media e della rete informatica, si prevedano gli opportuni strumenti per evitare che tali compiti di tutela siano demandati esclusivamente alla scuola ed alla famiglia, che nella maggioranza dei casi è impreparata ed acritica su questo fronte; a tale riguardo, la Commissione considera necessaria l'introduzione di una legislazione più garantista del diritto alla riservatezza, della tutela dell'intimità, della sicurezza e dell'affettività dei minori;
e con le seguenti condizioni:
a) con riferimento al proposto intervento legislativo nazionale riferito al piano abitativo per Rom, Sinti e Caminanti, volto ad assegnare loro case popolari e strutture dismesse (in usufrutto anche con partecipazione economica diretta), si ritiri la proposta in quanto essa legittima il principio che la diversità etnica dei cittadini richieda una legislazione di accesso a servizi e diritti ad personam: tutti i cittadini sono infatti uguali davanti alla legge e possono trovarsi in identica condizione di oggettiva povertà e difficoltà di integrazione sociale (si fa presente a tale riguardo che la maggioranza dei Rom, Sinti e Caminanti sono cittadini italiani);
b) si chiede che il programmato sostegno ai minori Rom, Sinti e Caminanti sottoposti a procedimento penale, che propone l'accompagnamento educativo, al fine di favorirne il reinserimento socio-lavorativo, attraverso il supporto della figura del tutor e attraverso l'emanazione di bandi interministeriali per assicurare pari opportunità di ingresso nel mondo del lavoro specificatamente attraverso l'istituzione di borse-lavoro, sia equiparato a quello di tutti gli altri minori sottoposti a procedimento penale, in quanto diversamente si legittimerebbe una discriminazione di trattamento rispetto a tutti gli altri minori sottoposti a procedimento penale, che non siano di etnia Rom, Sinti o Caminanti;
c) nel condividere la necessità di prevenire la dispersione scolastica di tutti gli studenti minori, di sostenerne il successo formativo attraverso la costruzione di una rete formativa territoriale soprattutto nelle zone di massima concentrazione di famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà sia al Nord che al Sud d'Italia, anche al fine di agire contro la criminalità organizzata, anche per supportare i problemi ed i ritardi di apprendimento dovuti a carenze psico-sociali, finalità che il Piano intende raggiungere attraverso lo sviluppo della scolarità precoce (3-6 anni) dove manca, sostenendo progetti ad personam per i soggetti riconosciuti deboli e a rischio (senza dimenticare che negli ordinamenti della scuola italiana è già previsto l'istituto dell'insegnamento personalizzato), integrando scuola e sostegno educativo alle famiglie in difficoltà, rendendo credibile la formazione professionale, si chiede che i minori Rom, Sinti, Caminanti e stranieri che frequentano la scuola italiana debbano

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accedere a tutti i servizi scolastici, anche di supporto, già esistenti per tutti gli alunni con problemi di apprendimento e di disagio socio-culturale, senza distinzione di etnia e di nazionalità;
d) essendo di fondamentale importanza rafforzare la tutela della salute dei minori, l'impegno alla maggiore diffusione di conoscenze ed informazioni afferenti alla molteplicità dei servizi offerti in campo sanitario sia dalle ASL che dal terzo settore, la promozione di informazione specifiche sulla maternità e sulla pericolosità dell'utilizzo di sostanze stupefacenti, realizzando tutto ciò a favore di tutti i minori e di tutte le famiglie che vivono nel nostro Paese e non solo per le popolazioni di etnia Rom, Sinti e Caminanti, si richiede che il programma di tutela sanitaria, predisposto dal Piano, sia esteso a tutti i minori e non a favore di alcune etnie;
e) nel condividere il principio che il minore abbia il diritto all'identità, anche per motivi di sicurezza e di rintracciabilità, e non solo a vedersi attribuito, dopo poche settimane dalla nascita, il codice fiscale, si chiede che nel Piano venga esplicitato l'impegno a predisporre un atto legislativo che preveda per tutti i minori da 0 a 18 anni l'attribuzione del documento di identità;
f) in coerenza con il dettato dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, che indica le funzioni attribuite alla Commissione infanzia ed adolescenza, si chiede che la stessa sia posta in sinergia con le istituzioni e gli enti già indicati dal Piano ed attori della programmazione e delle azioni previste, per quanto riguarda i seguenti temi:
a) Progetto di azioni si sistema ed assistenza tecnica regioni del Sud;
b) Potenziamento della rete dei servizi integrati per la prima infanzia;
c) Promozione dell'affidamento famigliare e potenziamento dei servizi dedicati;
d) Interventi sulle strutture di accoglienza residenziale per minori;
e) Creazione di un sistema informativo nazionale sui bambini fuori famiglia;
f) Misure per il sostegno dell'adozione nazionale ed internazionale;
g) Misure in favore degli adolescenti;
h) Interventi a favore degli adolescenti dell'area penale;
i) Prevenzione e cura di abuso e maltrattamento dell'infanzia;
j) Azioni a tutela dei minori vittime di tratta;
k) Promuovere un ordinamento penitenziario per i minorenni ed i giovani adulti;
l) Garante nazionale per l'infanzia;
m) Sistema delle tutele dei minori e protezione dei minori dall'abuso e dal maltrattamento;
n) Testo unico delle leggi sull'infanzia e sull'adolescenza;
o) Adeguamento della normativa riferita all'affidamento famigliare;
p) Linee di indirizzo nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile;
q) Promozione ed aggiornamento della L. 53/2000;
g) si sostengano e/o si rafforzino con particolare priorità le azioni previste e programmi adeguati e integrati - anche a livello locale - per contrastare il preoccupante fenomeno dell'emergenza educativa, cui fa riferimento anche la CEI, sostenendo le figure genitoriali anche con specifici strumenti formativi e di counselling, che si mostrano particolarmente necessari anche in conseguenza dell'invecchiamento demografico e del declino della presenza dei tradizionali attori sociali e storici di supporto alla genitorialità.