CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 luglio 2010
352.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

DL 102/2010: Proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace, di stabilizzazione e delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia
(C. 3610 Governo)

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il testo del disegno di legge C. 3610 Governo, recante «Conversione in legge del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace, di stabilizzazione e delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia»;
considerato che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alle materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» e «difesa e forze armate» che le lettere a) e d) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
rilevato che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

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PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Disposizioni in favore dei territori di montagna (Testo unificato C. 41 Brugger ed abb.)

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
evidenziato che, all'articolo 2, comma 1, la definizione del criteri per l'individuazione dei comuni da considerare montani viene rimessa ad un decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'interno, mentre all'individuazione dei progetti di cui al comma 3 dell'articolo 3 si provvede con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
evidenziata pertanto l'opportunità di prevede che il decreto di cui al comma 2 dell'articolo 3 sia adottato dal Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'interno;
tenuto conto che l'articolo 2 fissa criteri altimetrici per il riconoscimento dei comuni montani prevedendo, al contempo, che la definizione dei criteri per l'individuazione di comuni montani sia rimessa ad un decreto ministeriale, adottato d'intesa con la Conferenza unificata;
richiamata, al riguardo, la sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 2010, che ha evidenziato che un criterio altimetrico rigido, ai fini dei trasferimenti erariali, esula dai limiti della competenza statale e viola l'articolo 117 della Costituzione;
rilevato che, ai sensi del comma 5 dell'articolo 2 ai fini dell'individuazione come comune montano è richiesta, oltre ai requisiti di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo 2, anche la presenza di particolari situazioni di svantaggio sociale ed economico dovute alla fragilità del territorio, alla marginalità delle aree e alla limitata accessibilità dei territori montani;
segnalata quindi l'opportunità di fare più propriamente riferimento, agli articoli 2 e 3, nella rubrica e nel testo, ai «comuni montani svantaggiati», anziché, in via generale, ai «comuni montani»;
rilevata l'esigenza, all'articolo 4, comma 1, di tenere conto di quanto previsto all'articolo 21 del disegno di legge C. 3118 (S. 2259) recentemente approvato dalla Camera dei deputati ed attualmente all'esame del Senato, recante «Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative», in cui - con riguardo ai piccoli comuni - si introduce un nuovo comma 7-ter all'articolo 122 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, prevedendo che «i lavori di importo complessivo fino a 1.000.000 di euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei princìpi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza e secondo la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6»;
evidenziato che la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 4, comma 2, che reca «nel rispetto delle competenze stabilite

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dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione» potrebbe essere soppressa considerato che, all'articolo 12, si prevede una norma di carattere generale per la salvaguardia delle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
ricordato che l'articolo 1, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, definisce «Settori rilevanti» i settori ammessi scelti, ogni tre anni, dalla fondazione, in numero non superiore a cinque e che la lettera c-bis) del suddetto comma 1 definisce «Settori ammessi»: 1) famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili; 2) prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologia e disturbi psichici e mentali; 3) ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità ambientale; 4) arte, attività e beni culturali;
evidenziato pertanto che le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni bandistiche, i cori amatoriali, le filodrammatiche, le associazioni dilettantistiche di musica e danza popolare, previste dall'articolo 5, comma 1, del testo in esame non appaiono ricomprese tra i settori ammessi che possono essere scelti, dalla fondazione, ogni tre anni;
segnalata quindi l'opportunità di adeguare quanto stabilito dal decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, riguardante le fondazioni bancarie, rispetto alla disposizione di cui all'articolo 5, comma 1;
all'articolo 7, il riferimento ai «territori montani» appare eccessivamente indeterminato, risultando più opportuno fare riferimento ai «comuni montani», come avviene nel resto del testo; la medesima considerazione vale per il titolo del provvedimento;

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PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 2, commi 3 e 4, nella parte in cui si fissano per legge criteri altimetrici per il riconoscimento dei comuni montani, è necessario tenere conto di quanto evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 27 del 2010, che ha evidenziato che un criterio altimetrico rigido, ai fini dei trasferimenti erariali, esula dai limiti della competenza statale e viola l'articolo 117 della Costituzione;
2) sia previsto che il decreto di cui al comma 2 dell'articolo 3 sia adottato di concerto anche con il Ministro dell'interno, analogamente a quanto stabilito per il decreto di cui all'articolo 2, comma 1;

e con le seguenti osservazioni:
a) alla luce del requisito stabilito dal comma 5 dell'articolo 2, si segnala l'opportunità di fare più propriamente riferimento, agli articoli 2 e 3, nella rubrica e nel testo, ai «comuni montani svantaggiati», anziché, in via generale, ai «comuni montani»;
b) si valuti l'opportunità di sopprimere il comma 1 dell'articolo 4, tenuto conto di quanto già previsto all'articolo 21 del disegno di legge C. 3118 (S. 2259), collegato alla manovra di finanza pubblica, in cui è prevista una disposizione analoga, seppure con una diversa soglia - con riguardo ai piccoli comuni - considerato che i comuni montani, nella grande maggioranza, sono piccoli comuni;
c) valuti la Commissione di merito l'opportunità di sopprimere la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 4, comma 2, che reca «nel rispetto delle competenze stabilite dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione» considerato che,

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all'articolo 12, si prevede una norma di carattere generale per la salvaguardia delle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
d) all'articolo 5, si segnala l'opportunità di adeguare quanto stabilito dall'articolo 1 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, riguardante i «settori ammessi» ed i «settori rilevanti» per le fondazioni bancarie, rispetto alla disposizione di cui all'articolo 5, comma 1;
e) all'articolo 7 e nel titolo del provvedimento, si valuti l'opportunità di sostituire le parole: «territori montani» con le seguenti: «comuni montani».

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ALLEGATO 3

Disposizioni in favore dei familiari delle vittime e in favore dei superstiti del disastro ferroviario della Val Venosta/Vinschgau (nuovo testo C. 3403 Zeller)

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione;
esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 3403 Zeller, recante «Disposizioni in favore dei familiari delle vittime e in favore dei superstiti del disastro ferroviario della Val Venosta/Vinschgau»;
considerato che le disposizioni da esso recate sono, nel complesso, riconducibili alla materia «ordinamento civile», che la lettera l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
tenuto conto del fatto che l'articolo 2, comma 3 - che riguarda i soggetti che abbiano riportato lesioni gravi e gravissime - prevede tra i criteri per la concessione dei contributi la valutazione dello stato di effettiva necessità del soggetto beneficiario, mentre analogo criterio non è richiamato tra quelli individuati al comma 2 dell'articolo 2 con riferimento alle famiglie delle vittime,

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PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:
valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere, all'articolo 2 comma 2, tra i criteri di concessione dei contributi alle famiglie delle vittime, la valutazione dello stato di effettiva necessità del beneficiario, analogamente a quanto previsto al comma 3 del medesimo articolo, per i soggetti che hanno riportato lesioni gravi o gravissime.

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ALLEGATO 4

Disposizioni in materia di sicurezza stradale (Emendamenti C. 44-B e abb., approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato)

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione;
esaminati gli emendamenti approvati, in linea di principio, dalla IX Commissione nel corso della discussione in sede legislativa del testo unificato delle proposte di legge C. 44-B Zeller e abbinate, recante «Disposizioni in materia di sicurezza stradale»;
rilevato che l'emendamento Montagnoli 25.1 prevede che gli enti di cui al capoverso 12-bis utilizzano la quota dei proventi ad essi destinati nella regione nella quale sono stati effettuati gli accertamenti,

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PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
con riferimento all'emendamento Montagnoli 25.1, è necessario circoscriverne la portata agli enti territoriali diversi dallo Stato.

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ALLEGATO 5

5-01027 Misiti: Rieleggibilità dei revisori dei conti.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, onorevoli Deputati, la consolidata interpretazione della specifica disposizione di cui all'articolo 235 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali è proprio nel senso della non rieleggibilità del revisore dei conti, nello stesso ente, per più di una volta, anche a prescindere da qualsiasi interruzione dei periodi di titolarità della carica.
In altre parole, l'intento del legislatore è stato proprio quello di limitare ad una sola volta la rielezione dei componenti l'organo di revisione dell'ente locale.
Tale interpretazione si desume innanzitutto dal fatto che il testo della norma attuale è diverso rispetto ad una formulazione proposta in un primo tempo durante i lavori preparatori, che prevedeva che i revisori fossero «consecutivamente rieleggibili per una sola volta».
Nella formulazione definitiva (corrispondente a quella attuale) l'avverbio fu eliminato a seguito di specifico parere espresso in tal senso del Consiglio di Stato (8 giugno 2000), che evidenziò che lo spirito e la ratio della norma in questione è proprio quella di evitare che l'esercizio della funzione di revisione possa essere compromessa dalla rieleggibilità ad libitum dei revisore.
Secondo l'Alto Consesso, proprio l'autonomia decisionale, organizzativa, gestionale e finanziaria dell'ente esige la presenza di revisori assolutamente imparziali e privi di qualsiasi contiguità con l'ente locale, quale contrappeso dell'abbandono del sistema dei controlli esterni e del potenziamento di quelli interni.
Anche la giurisprudenza amministrativa si è attestata su tale posizione: da ultimo il Tribunale amministrativo regionale della Campania, con la sentenza del 12 giugno 2007, ha ritenuto che la norma - per ciò che riguarda il divieto di rieleggibilità per più di una volta - data la sua estrema chiarezza non consente interpretazioni sistematiche di segno diverso. L'intenzione del legislatore di non consentire protrazioni dell'incarico oltre i limiti di legge sarebbe ulteriormente comprovata dall'ulteriore disposizione - del secondo periodo del medesimo primo comma dell'articolo 235 - in base alla quale «ove nei collegi si proceda a sostituzione di un singolo componente, la durata dell'incarico del nuovo revisore è limitata al tempo residuo sino alla scadenza del termine triennale, calcolata a decorrere dalla nomina dell'intero collegio».
L'orientamento giurisprudenziale dianzi richiamato costituisce quello di gran lunga prevalente in seno alla giurisprudenza amministrativa e riflette la posizione del Ministero dell'Interno, anche a fronte di alcune pronunzie di segno contrario, peraltro rese in fase di giudizio cautelare.
Evidenzio, infine, che la prevista limitazione ha anche lo scopo di favorire un ricambio delle professionalità e di evitare la cristallizzazione degli incarichi nell'ufficio dei revisori, che potrebbe determinare il potenziale affievolimento della qualità dell'apporto professionale nello svolgimento del ruolo presso l'ente locale.

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ALLEGATO 6

5-01818 Zucchi: Carenza di organico nel corpo nazionale dei vigili del fuoco.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, onorevoli Deputati,
il Ministero dell'interno è particolarmente impegnato affinché le necessarie misure di contenimento della spesa pubblica degli ultimi anni non incidano negativamente sugli strumenti necessari al perseguimento della missione e dei compiti affidati dall'ordinamento al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Tra i principali versanti di impegno vi è proprio quello riguardante il contenimento al minimo della carenza di personale, pur nell'impossibilità attuale di coprire tutti i posti vacanti in organico.
Infatti, sin dall'avvio della presente legislatura, in ragione delle elevate professionalità e dedizione degli operatori del Corpo, è stato avviato un percorso per assicurare un incremento delle risorse umane a garanzia del mantenimento della funzionalità del sistema di soccorso pubblico del Paese.
In particolare, per quanto riguarda i mezzi e la logistica, nonostante il difficile quadro economico-finanziario del Paese, l'anno scorso sono state attribuite al Corpo Nazionale speciali risorse aggiuntive che hanno permesso, sia di non diminuire le capacità operative in ragione dello straordinario impegno profuso in Abruzzo (degli 80 milioni stanziati con il decreto legge 39/2009 per l'intervento dei Vigili del Fuoco e delle Forze di Polizia, più della metà è stata destinata al Corpo Nazionale), sia di avviare un riammodernamento delle colonne mobili regionali (8 milioni di euro stanziati dal decreto-legge anticrisi 78/2009, convertito dalla legge 102/2009).
Importante è risultato, altresì, il ripianamento dei debiti pregressi, che ha consentito di riattivare alcuni settori maggiormente in sofferenza (es. utenze per le sedi di servizio), anch'essi fondamentali, tanto più per una struttura operativa come quella dei Corpo Nazionale.
Ulteriori importanti iniziative sono state assunte dal Governo sia sotto il profilo dei riconoscimenti economici al personale del Corpo che su quello delle assunzioni. Fra le principali si ricordano: il ripristino dell'indennità di trasferta (decreto-legge 39/2009 convertito dalla legge 77/2009); stanziamento di risorse aggiuntive, pari a 15 milioni di euro, per la speciale indennità di soccorso esterno (decreto-legge 78/2009 convertito dalla legge 102/2009); riconoscimento dell'indennità di trasferimento, al pari delle Forze di polizia e delle Forze armate, (decreto-legge 195/2009, convertito dalla legge n. 26/2010); piano straordinario per l'assunzione di 445 unità di personale nella qualifica di Vigile dei Fuoco (decreto-legge 78/2009, convertito dalla legge 102/2009).
Per il suo particolare significato - anche in prospettiva - si deve ricordare il riconoscimento del principio di specificità dei compiti al personale del comparto soccorso pubblico, al pari di quelli sicurezza e difesa, contenuto nel primo provvedimento anticrisi del Governo (decreto-legge 185 del 2008 convertito dalla legge 102/2009), e reso ancor più chiaro nel disegno di legge in materia di lavori usuranti, in via di approvazione.
Per quanto riguarda gli organici, nel corso della legislatura sono stati adottati diversi provvedimenti legislativi che, oltre

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al già citato piano di assunzioni straordinarie - hanno destinato apposite risorse ad un incremento di personale dei Corpo Nazionale a garanzia della funzionalità del sistema di soccorso pubblico del Paese. Da ultimo la legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191), che, per il triennio 2010-2012, ha previsto stanziamenti per assunzioni di personale del Corpo Nazionale a copertura del turn over al 100 per cento. Principio, quest'ultimo, confermato anche in sede di approvazione del recente decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica».
Per quanto riguarda le problematiche connesse alla stabilizzazione del personale volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, si osserva che detto personale costituisce una indubbia risorsa per il dispositivo di soccorso pubblico del Paese. Infatti, la possibilità di attingere al «serbatoio» dei volontari e, nello specifico, il loro addestramento, hanno sempre rivestito e rivestono ancora oggi una importanza fondamentale per il Corpo Nazionale, specie in presenza di particolari eventi emergenziali.
In proposito, si ricorda che, non a caso, l'ordinamento introdotto dal decreto legislativo 217/2005 prevede una significativa riserva, pari al 25 per cento, nei concorsi per l'ingresso, nella qualifica di vigile del fuoco, in favore del personale cosiddetto discontinuo.
Proprio nella consapevolezza dell'importante contributo offerto dal personale volontario del Corpo Nazionale al fondamentale ruolo preordinato ad assicurare la salvaguardia di vite umane, in attuazione delle disposizioni contenute nelle manovre di finanza pubblica del 2007 e del 2008, è stato avviato un processo di stabilizzazione del rapporto di lavoro di una parte dei vigili del fuoco selezionati tra quei soggetti che prestano servizio volontario nel Corpo Nazionale, in possesso di specifici requisiti (iscrizione negli appositi elenchi dei vigili volontari da almeno tre anni e con un minimo di 120 giorni di servizio).
L'Amministrazione ha, quindi, provveduto ad assumere nella qualifica di vigile del fuoco il personale discontinuo risultato idoneo a seguito di apposita procedura selettiva, attingendo dalla graduatoria (6.080 unità) approvata con decreto ministeriale 28 aprile 2008, n. 1996, nei limiti stabiliti dalle disposizioni di legge.
In base a tali disposizioni, sono stati avviate al corso di formazione per allievi vigili del fuoco n. 1.553 unità, di cui 1.135 già in servizio nei Comandi provinciali.
Ulteriori 295 unità saranno assunte, dalla graduatoria della stabilizzazione, entro fine anno, a norma dell'articolo 1, comma 346, della legge finanziaria per il 2008, a conclusione dei corso di formazione per Vigile permanente iniziato lo scorso 7 giugno. Per altre 95 unità, da assumere ai sensi del decreto-legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, provenienti dalla medesima graduatoria, si è in attesa di ricevere l'apposita autorizzazione dal competente dicastero della Funzione Pubblica.
Inoltre, nel prossimo triennio, non essendovi, ad oggi, graduatorie di concorso ancora aperte, ulteriori assunzioni nella qualifica di vigile del fuoco potranno avvenire attraverso la graduatoria del concorso pubblico a 814 posti, in via di conclusione, nell'ambito del quale - come detto - è comunque prevista una riserva del 25 per cento, in favore del personale volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Si rappresenta, altresì, che in questi giorni sono terminate le prove orali del predetto concorso a 814 posti; entro il corrente mese di luglio, dopo la valutazione dei titoli, sarà approvata la graduatoria finale; entro fine ottobre, è prevista la conclusione delle le visite mediche per l'effettiva individuazione degli 814 assumibili.
Nel contesto generale sopra descritto, si inseriscono le problematiche relative agli organici dei Comandi provinciali della Lombardia, ove si registra una carenza di 290 unità complessive - notevolmente inferiore a quanto sottolineato dall'interrogante - ed in linea con altre importanti

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realtà sul territorio nazionale; carenza che potrà essere sanata, sia pure parzialmente, con le prossime assunzioni.
In particolare, per quanto riguarda il Comando di Pavia, con riferimento ai ruoli operativi di Vigile permanente, Capo squadra e Capo reparto, che costituiscono l'ossatura principale dei Comandi sul territorio, si deve evidenziare un esubero di personale nella qualifica di Vigile del Fuoco (103 presenze a fronte di un organico teorico di 96 unità). Tale esubero consente, almeno in parte, di compensare le maggiori carenze che, come in tutto il territorio nazionale, si riscontrano nelle qualifiche di Capo squadra e Capo reparto.
Per quanto attiene ai mezzi operativi, la Lombardia ed, in particolare il Comando provinciale di Pavia, hanno in dotazione un parco mezzi che, per quantità e stato d'uso, è in linea con lo standard nazionale, in relazione alle risorse destinate al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per assicurare le quali il Governo non manca di produrre il massimo sforzo possibile.
Si assicura, infine, che verrà data la massima considerazione alle esigenze rappresentate dall'interrogante, specie sul fronte dell'adeguamento degli organici, ove le carenze nelle suddette qualifiche potranno essere parzialmente colmate non appena sarà possibile procedere a nuove assegnazioni a conclusione delle procedure concorsuali interne in fase di espletamento.

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ALLEGATO 7

5-02057 Trappolino: Finanziamento di contributi alle associazioni combattentistiche.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, onorevoli Deputati,
il Ministero dell'interno ha sempre tenuto nella dovuta considerazione la necessità di garantire il necessario sostegno economico alle attività di promozione sociale svolte dalle associazioni combattentistiche.
Infatti, proprio per superare la disparità di trattamento segnalata dall'onorevole interrogante, con la legge 23 dicembre 2009 n. 191 (Legge Finanziaria 2010), è stato previsto uno stanziamento di 181 milioni di euro nel 2010, di 113 milioni di euro nel 2011 e 60 milioni di euro nel 2012, per il finanziamento di una serie di interventi finalizzati a misure particolari, tra cui quelli in favore delle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno, da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 marzo 2010 tali finanziamenti sono stati ripartiti con le seguenti modalità:
per le finalità di cui all'articolo 2 della legge 20 febbraio 2006 n. 92 - norme per la concessione di contributi statali alle associazioni combattentistiche - sono stati assegnati euro 2.546.216,00 sia per l'anno 2010 che per il 2011 mentre, per l'anno 2012, euro 2.864.492,00;
per le finalità di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 93 - norme per la concessione di contributi alle associazioni combattentistiche - sono stati assegnati euro 42.178,93 sia per il 2010 che per il 2011 e, per l'anno 2012, euro 47.452,79.

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ALLEGATO 8

5-02393 Miglioli: Effetti della perdita della qualificazione di comune montano.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, onorevoli Deputati, occorre premettere innanzitutto che l'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 2 del 2010, introdotto dalla legge di conversione n. 42 del 26 marzo 2010, ha modificato il testo del comma 187, dell'articolo 2 della Legge finanziaria 2010, sostituendo - al secondo periodo - le parole: «ai comuni montani» con le parole: «ai comuni appartenenti alle comunità montane».
In particolare è stato soppresso il terzo periodo dei predetto articolo che prevedeva che « ... sono considerati comuni montani i comuni in cui almeno il 75 per cento del territorio si trovi al di sopra dei 600 metri sopra il livello del mare».
Pertanto, la preoccupazione espressa dalla signoria Vostra onorevole può ritenersi superata in quanto la normativa ora vigente non prevede più il riferimento al criterio altimetrico. Del resto anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 27/2010, nel pronunciarsi sulla costituzionalità dell'articolo 76, comma 6-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, ha dichiarato illegittima la previsione di un criterio altimetrico rigido come strumento per attuare la riduzione dei trasferimenti erariali diretti alle comunità montane, in quanto esorbitante dai limiti della competenza statale.
Voglio peraltro precisare che, nell'ambito di un più ampio processo di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, il nuovo testo del comma 187 dell'articolo 2 della Legge finanziaria 2010, dispone che: «a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato cessa di concorrere al finanziamento delle comunità montane previsto dell'articolo 34 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e delle altre disposizioni di legge relative alle comunità montane».
La stessa norma stabilisce, tuttavia, che nelle more dell'attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, il 30 per cento delle risorse finanziarie di cui al citato articolo 34 del decreto legislativo 504/1992 è assegnato ai comuni appartenenti alle comunità montane e ripartito tra gli stessi con decreto del Ministro dell'interno, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

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ALLEGATO 9

5-01872 Contento: Unità di polizia assegnate alla provincia di Pordenone.

TESTO DELLA RISPOSTA

Signor Presidente, onorevoli Deputati, il Governo, come previsto dall'articolo 61 comma 22 del decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito con legge n. 133 del 6 agosto 2008 e successive modifiche ed integrazioni, ha avviato un progressivo potenziamento degli organici delle Forze di Polizia che prevede l'immissione in servizio di 1906 operatori per il 2008, circa 2500 nel 2009, nonché altre unità, il cui numero è in corso di definizione, per il corrente anno.
Tale potenziamento permetterà di tenere nella giusta considerazione anche le esigenze della provincia di Pordenone. In particolare, valutate le esigenze dei singoli presidi, compatibilmente con le complessive necessità degli altri uffici e reparti è stata prevista l'assegnazione di 11 dipendenti della Polizia di Stato al territorio di Pordenone, di cui 3 rispettivamente alla Questura e 8 alla Polizia stradale, in occasione dei prossimi avvicendamenti di personale che si realizzeranno a breve.
Al momento, presso gli Uffici della Polizia di Stato della citata provincia, prestano servizio 322 dipendenti della Polizia di Stato: di questi 300 sono effettivamente impegnati nei servizi di polizia, 17 dei quali prestano servizio presso la Sezione della Polizia postale; i restanti 22, invece, contribuiscono alla funzionalità delle strutture nei settori tecnico-burocratici. Ad essi si aggiungono 25 dipendenti dell'Amministrazione civile dell'Interno che contribuiscono anch'essi alla funzionalità delle strutture presenti nella provincia nei settori tecnico burocratici.
Dal 10 agosto 2009, è stata decisa l'assegnazione a Pordenone di un contingente delle Forze Armate per supportare l'attività di controllo del territorio. I predetti militari sono stati impiegati in servizi di perlustrazione e pattuglia e nella vigilanza a siti ed obiettivi sensibili, sia nel centro cittadino, che nei comuni limitrofi di Roveredo in Piano e Porcia. Essi, inoltre, sono stati affiancati da un dipendente della Questura di Pordenone, nonché da tre dipendenti aggregati dal Reparto Mobile di Padova.
Con decreto del Capo della Polizia - Direttore generale della Pubblica Sicurezza - del 15 febbraio 2010, è stata disposta la rimodulazione del piano di impiego del contingente militare, ridefinendone la consistenza in 30 unità a decorrere dal 22 febbraio 2010.
Dal 21 dicembre 2009, sono stati aggregati alla Questura di Pordenone ed assegnati alla Squadra Volante due agenti provenienti dalle Scuole di Spoleto e di Caserta, ripianando la carenza di personale verificatasi sin dal mese di ottobre 2009, a partire dal quale è stato effettivamente attuato nel capoluogo il servizio del Poliziotto di Quartiere.
La sezione della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Pordenone, come ho già detto, si avvale di 17 unità di personale, ed è sempre più impegnata in attività d'indagine, d'iniziativa e su delega dell'Autorità Giudiziaria; inoltre, l'attuazione della Convenzione con Poste S.p.A. impegna tale personale anche nei servizi di prevenzione e controllo. Per tali motivi non risulta

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praticabile l'aggregazione alla Questura di Pordenone del personale appartenente alla citata Sezione.
Va, peraltro, sottolineato che la situazione dell'organico della Polizia di Stato nella Provincia di Pordenone non si discosta dalla media nazionale.
Inoltre, a rendere meno critica la situazione rappresentata dall'interrogante contribuisce il dato relativo alla sensibile riduzione dei reati commessi in ambito provinciale.
Infatti, nell'anno 2009 si è registrato a Pordenone un calo dei delitti commessi pari al 7,46 per cento in meno rispetto all'anno precedente, indicativo di un arretramento della criminalità comune in misura superiore rispetto al complessivo del nostro Paese, ove, nel medesimo periodo la delittuosità è diminuita del 6 per cento circa.
Il medesimo trend, a conferma dell'efficacia delle politiche di contrasto della criminalità condotta da questo Governo, risulta ancora più rafforzato nel primo quadrimestre dell'anno in corso, nel quale, rispetto al medesimo periodo del 2009, si registra nella provincia di Pordenone un calo della delittuosità pari al 10,9 per cento.
Resta comunque alto e costante il livello di attenzione dei Governo per le problematiche relative alla sicurezza dei cittadini nella Provincia in questione.

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ALLEGATO 10

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2009 (C. 3593 Governo).

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La I Commissione;
esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge del Governo C. 3593, concernente il rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2009,

DELIBERA DI RIFERIRE FAVOREVOLMENTE

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ALLEGATO 11

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010 (C. 3594 Governo).

Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2010 (limitatamente alle parti di competenza)

Tabella n. 8: Stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario 2010.

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La I Commissione,
esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge del Governo C. 3594, recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010;
viste, in particolare, la Tabella n. 8, recante lo stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario 2010, e, limitatamente alle parti di competenza, la Tabella n. 2, recante lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2010,

DELIBERA DI RIFERIRE FAVOREVOLMENTE

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ALLEGATO 12

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica (Atto n. 226).

PARERE APPROVATO

La I Commissione;
esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter del regolamento, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica (atto n. 226);
richiamati i pareri espressi dalla Conferenza Stato-regioni e dal Consiglio di Stato;
richiamati i rilievi formulati dalla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) nonché quelli delle Commissioni VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici), IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) e X (Attività produttive, commercio e turismo);
evidenziata l'opportunità di garantire una particolare tutela alle società in house che hanno dimostrato una gestione efficiente del servizio pubblico locale, pure in considerazione degli investimenti da queste effettuati; sottolineata la necessità di assicurare tale tutela anche mediante l'adozione di successivi provvedimenti che valorizzino tale impostazione, sulla base di quanto consentito dalla normativa dell'Unione europea in materia ed alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia europea (v. da ultimo la sentenza n. C. 371/05 del 17 luglio 2008);
rilevata l'opportunità di prevedere opportune garanzie per i dipendenti delle società pubbliche che, ai sensi dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, debbano cessare la gestione del servizio pubblico, al fine di assicurare una congrua tutela del lavoro delle persone che svolgevano le proprie mansioni presso tali società nonché di evitare conseguenze negative in termini di tutela della concorrenza e di impatto sui bilanci degli enti pubblici;
considerato, con riferimento al settore idrico, che appare auspicabile l'adozione di un successivo provvedimento legislativo che, modificando il comma 8, lettera a) dell'articolo 23-bis del decreto legge n. 112 del 2008, stabilisca il principio dell'accessione a privati solo «fino al 40 per cento» del capitale azionario delle società in house;
rilevato che all'articolo 1, la lettera e) del comma 3 dispone alcuni limiti all'attività delle società a capitale interamente pubblico o misto, costituite, o partecipate, dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione, tra l'altro, dei servizi pubblici locali ovvero per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza;
evidenziato che il suddetto articolo 1 prevede, in particolare, che tali società debbano operare esclusivamente con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti, non possano svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, non possano

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partecipare ad altre società o enti e sono ad oggetto sociale esclusivo;
rilevato, peraltro, che la suddetta esclusione di cui alla lettera e) del comma 3 dell'articolo 1, relativa ai servizi strumentali all'attività o al funzionamento degli enti affidanti ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, non risulta espressamente prevista dall'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008;
evidenziato inoltre che il comma 3 dell'articolo 1 esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione i settori del gas, dell'energia elettrica e del trasporto ferroviario regionale mentre la lettera d) del comma 10 dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 stabilisce espressamente che il Governo adotti uno o più regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, con la finalità, tra l'altro, di individuare le norme applicabili in via generale per l'affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua;
ricordato, con riguardo all'articolo 2, che il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha osservato come, data la rilevanza della questione connessa alle misure di liberalizzazione, sarebbe stato opportuno inserire dei criteri puntuali e definiti circa le verifiche che gli enti locali sono chiamati ad operare dalla norma in questione, suggerendo di modificare la disposizione nel senso di richiedere che gli enti locali verifichino la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, limitando l'attribuzione di diritti di esclusiva ai casi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale ed efficienza, a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità, e liberalizzando in tutti gli altri casi le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità ed accessibilità del servizio;
ricordato altresì che il Consiglio di Stato ha conseguentemente raccomandato, tra l'altro, di prevedere che all'esito della verifica l'ente adotti una delibera quadro che illustri l'istruttoria compiuta ed evidenzi, per i settori sottratti alla liberalizzazione, i fallimenti del sistema concorrenziale e i benefici per la stabilizzazione, lo sviluppo e l'equità all'interno della comunità locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio;
richiamata l'opportunità di chiarire l'ambito di applicazione dell'articolo 3 considerato che, secondo la relazione illustrativa, esso dovrebbe essere applicabile in via generale ai servizi pubblici locali di rilevanza economica mentre l'articolo 1 esclude espressamente dall'ambito di applicazione del testo i settori del gas, dell'energia elettrica e del trasporto ferroviario regionale;
rilevato che, all'articolo 3, comma 5, viene demandata ad appositi contratti di servizio allegati ai capitolati di gara la regolazione dei rapporti degli enti locali con i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali e con i soggetti cui è affidata la gestione di reti, impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli stessi, nonché penali e misure sanzionatorie, restando ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore vigenti alla data di entrata in vigore del regolamento in esame;
ricordato che, in ordine a tale disposizione, il Consiglio di Stato è intervenuto segnalando come l'articolo 113, comma 11, del decreto legislativo n. 267 del 2000, di cui è disposta l'abrogazione, si riferisce ai contratti di servizio, cioè a materia propria delle fonti primarie, che ha dei riflessi anche sul riparto di giurisdizione, motivo per il quale sembrerebbe opportuno mantenere inalterato sul punto l'assetto vigente, con conseguente esclusione dell'abrogazione;
tenuto conto che il comma 1 dell'articolo 4 definisce le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell'espressione del parere dell'Autorità garante della concorrenza

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e del mercato di cui all'articolo 23-bis, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008; ricordato, in particolare, che tale rilevanza si realizza se il valore economico del servizio oggetto dell'affidamento supera la somma complessiva di 200 mila euro, anche se il suddetto parere è comunque richiesto, a prescindere dal valore economico del servizio, qualora la popolazione interessata sia superiore a 50.000 unità;
ritenuto che, all'articolo 4, il limite di 50.000 unità ai fini della richiesta del parere dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, si presenta discriminante per i comuni più grandi e appesantisce il lavoro della stessa Autorità con richieste per valori già riconosciuti come poco significativi;
ritenuto opportuno specificare, all'articolo 4, comma 2, lettera a), che la chiusura dei bilanci è da ritenersi «in utile», qualora risulti «in utile» la media degli ultimi tre anni;
ritenuto che, in mancanza di una definizione univoca dei costi operativi del servizio idrico integrato, la lettera d) del comma 2 dell'articolo 4 rischia di penalizzare le gestioni maggiormente efficienti, qualora in detti costi venissero ricompresi, ad esempio, i costi di investimento ovvero i costi per interventi di protezione idraulica;
considerato che, all'articolo 2, in relazione alla definizione da parte degli enti locali degli obblighi di servizio pubblico, occorre chiarire che detti obblighi devono essere previamente definiti al momento dell'emanazione del bando di gara, in coerenza con quanto previsto all'articolo 3, comma 5, ai sensi del quale i livelli dei servizi da garantire sono specificati in apposito contratto di servizio da allegare ai capitolati di gara;
considerato che l'articolo 5 assoggetta al patto di stabilità interno gli affidatari cosiddetti «in house» di servizi pubblici locali, prevedendo, tra l'altro, che gli enti locali siano responsabili dell'osservanza, da parte dei predetti soggetti al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno;
considerata la necessità, in relazione al comma 3 dell'articolo 8 - che prevede il divieto di nominare amministratori di società partecipate dagli enti locali coloro che nei tre anni precedenti hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all'articolo 77 del decreto legislativo n. 267 del 2000, negli enti locali che detengono quote di partecipazione di capitale nella stessa società - di ridurre la durata del divieto, e comunque, di escludere dal divieto coloro che esercitano unicamente funzioni di indirizzo o alta amministrazione, quali ad esempio i membri dell'assemblea, che di norma si limitano ad approvare i bilanci o a svolgere funzioni di sorveglianza;
considerata la necessità di chiarire, al comma 8, lettera d) dell'articolo 23-bis, che gli affidamenti diretti assentiti anche dopo la data del 1o ottobre 2003, in vigenza del comma 14 dell'articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, al fine di non ledere il legittimo affidamento di chi ha sottoscritto detti contratti in conformità al comma 14 dell'articolo 113;
considerata altresì l'esigenza di chiarire, allo scopo di non restringere la possibilità di concorrere all'apertura del mercato per quegli operatori economici organizzati sotto forma di gruppi di società, che il divieto di cui al primo periodo del comma 9 del citato articolo 23-bis non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e alle società da esse direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;
valutata l'opportunità di prevedere, al comma 2 dell'articolo 10, che il valore contabile non ancora ammortizzato dei beni strumentali venga rivalutato in relazione all'andamento dei prezzi;
valutata l'opportunità di favorire l'abolizione di enti inutili, prevedendo all'articolo 10,

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che nei casi di scioglimento dei Consorzi tra comuni a seguito del subentro del gestore del servizio pubblico locale, al trasferimento della proprietà dei beni mobili ed immobili ai singoli comuni si applicano le norme agevolative di cui all'articolo 118 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 167;
considerato che l'articolo 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 2 del 2010 ha previsto - con una novella all'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, - la soppressione, entro il 1o gennaio 2011, delle Autorità d'ambito territoriale (AATO) in materia di acqua e rifiuti, e che occorre pertanto coordinare lo schema in esame con tale previsione, che ha altresì demandato alle regioni il compito di attribuire con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;
preso atto dell'ordine del giorno 9/2897/29 (Margiotta), accolto dal Governo come raccomandazione nella seduta del 18 novembre 2009, che impegna il Governo, alla luce della sentenza n. 196 del 2008, della Corte di Giustizia in materia di società miste, a presentare una relazione al Parlamento sulle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali, anche fornendo adeguate linee guida alle amministrazioni interessate, affinché la struttura societaria e l'oggetto sociale delle imprese esistenti vengano adeguate a detta sentenza;
considerata la necessità, anche alla luce dell'ordine del giorno 9/2897/23 accolto dal Governo nella seduta del 18 novembre 2009, di potenziare la funzione di regolazione volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche a livello regionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 4, comma 1, si sopprima il secondo periodo;
2) all'articolo 4, comma 2, si sopprima la lettera d);
3) all'articolo 5, comma 3, siano sostituite le parole da: «con il decreto» fino a «successive modificazioni» con le seguenti: «in sede di attuazione di quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, lettera h), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di bilancio consolidato.»;

e con le seguenti osservazioni:
a) all'articolo 1, sia valutata l'esclusione relativa ai servizi strumentali all'attività o al funzionamento degli enti affidanti ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, rispetto a quanto previsto dai commi 1 e 10 dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008;
b) all'articolo 2, si tenga conto di quanto evidenziato nel parere reso dal Consiglio di Stato sulle verifiche che gli enti locali sono chiamati ad operare dalla norma in questione;
c) all'articolo 2, si specifichi che gli obblighi di servizio pubblico siano definiti dagli enti locali prima dell'emanazione del bando di gara, in coerenza con quanto previsto all'articolo 3, comma 5, ai sensi del quale i livelli dei servizi da garantire sono specificati in apposito contratto di servizio da allegare ai capitolati di gara;
d) con riferimento all'articolo 3, appare opportuno, in questa sede o in un successivo provvedimento legislativo, inserire una disposizione che preveda espressamente che «il divieto di cui al primo periodo del comma 9 dell'articolo 23-bis non si applica, oltre che alle società quotate in mercati regolamentati, anche alle società da esse direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile». Le medesime considerazioni valgono per gli articoli 7 e 8 dello schema di regolamento in esame;

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e) all'articolo 3, comma 5, si consideri che il Consiglio di Stato è intervenuto segnalando come l'articolo 113, comma 11, di cui è disposta l'abrogazione, si riferisce ai contratti di servizio, ovvero a materia propria delle fonti primarie, che ha dei riflessi anche sul riparto di giurisdizione, motivo per il quale sembrerebbe opportuno mantenere inalterato sul punto l'assetto vigente, con conseguente esclusione dell'abrogazione;
f) all'articolo 4, comma 2, lettera a), dopo le parole «alla chiusura dei bilanci in utile» si valuti l'opportunità di inserire le parole: «calcolata come media degli ultimi tre anni»;
g) all'articolo 8 si valuti l'opportunità di sopprimere il comma 3 o, comunque, di ridurre la durata del divieto di nomina ivi previsto da tre anni ad un anno e, in ogni caso, si escludano espressamente dal divieto coloro che esercitano unicamente funzioni di indirizzo o alta amministrazione;
h) all'articolo 10, al comma 1, dopo la parola «necessari,» si valuti l'opportunità di aggiungere le seguenti: «acquistati con risorse pubbliche»; al comma 2 si valuti l'opportunità di premettere le parole «In caso di scadenza o cessione anticipata, i beni strumentali e le loro pertinenze acquistati con risorse private possono essere ceduti al gestore subentrante da parte del precedente gestore. In tal caso». Inoltre, al medesimo comma 2, si valuti l'opportunità di aggiungere, in fine, le parole « rivalutato in relazione all'andamento dei prezzi». Dopo il comma 4 si valuti l'opportunità di aggiungere il seguente: «Per la prima scadenza o per la prima cessazione anticipata della gestione del servizio pubblico locale, l'importo che il gestore subentrante corrisponde al gestore precedente per la cessione dei beni strumentali di cui al comma 1 è determinato sulla base dei criteri di cui all'articolo 24, lettere a) e b) del regio-decreto 15 ottobre 1925 n. 2578»;
i) all'articolo 12, comma 1, si valuti l'opportunità di sopprimere le lettere b) e c);
j) in relazione alla previsione di cui al comma 8, lettera d), dell'articolo 23-bis, si chiarisca che gli affidamenti diretti assentiti anche dopo la data del 1o ottobre 2003 in vigenza del citato comma 14 dell'articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000 cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;
k) al fine di favorire maggiore concorrenzialità nella gestione dei servizi pubblici locali, si valuti l'opportunità di circoscrivere con maggiore puntualità i casi in cui è consentita l'attribuzione di diritti di esclusiva ai sensi dell'articolo 2, in linea con quanto indicato nel parere espresso dal Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, il 24 maggio 2010;

si valuti l'opportunità di prevedere che il Governo presenti una relazione annuale al Parlamento sulle attività delle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali.

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ALLEGATO 13

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica (Atto n. 226)

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO PD

La I Commissione Affari Costituzionali;
premesso che:
l'assetto dei servizi pubblici locali è da anni al centro della discussione economica e politica del nostro Paese, in ragione della loro rilevanza, ai fini del potere d'acquisto delle famiglie (i costi tariffari di tali servizi, infatti, incidono fra il 10 e il 20 per cento sul reddito disponibile, a seconda dell'ampiezza, della famiglia e della zona geografica di residenza), della qualità della vita dei cittadini e della competitività delle imprese italiane;
il regolamento in discussione è l'ultimo atto dell'attuazione dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 che imposta il problema non tanto sotto il profilo - certamente meritorio - della liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici locali, quanto sotto quello - decisamente criticabile - della semplice privatizzazione il che, di fatto, si traduce in una sottrazione della gestione dei servizi dalla concorrenza optando per un molto meno concorrenziale passaggio, sic et simpliciter, dalla gestione pubblica a quella privata; si realizza così di fatto un passaggio forzato e con tempi e modi inaccettabili - in quanto lesivi dell'autonomia di regioni ed enti locali - da un monopolio pubblico ad un monopolio privato;
si ritiene di segnalare l'opportunità di garantire una particolare tutela alle società in house che hanno dimostrato una gestione efficiente del servizio pubblico locale, anche in considerazione degli investimenti da loro effettuati;
è indubbio, inoltre, che la necessità di interventi riformatori su questo comparto, che racchiude al suo interno numerosi settori anche fortemente eterogenei fra di loro, abbia assunto un valore simbolico ai fini dell'affermazione di una cultura pro concorrenziale, di apertura del mercato e di trasparenza da parte di gestioni che in ogni caso ricadono sotto la sfera della regolazione pubblica e che assorbono ingenti risorse a carico dei bilanci pubblici, delle famiglie e delle imprese;
non sempre, tuttavia, a tale valore simbolico e politico è corrisposto un approccio coerente. È il caso degli interventi legislativi proposti dal Governo e approvati dal Parlamento nella XVI legislatura, in particolare dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133: presentato come un intervento innovativo, evidenzia, invece, tutti i rischi di un'ulteriore chiusura del mercato e di limitazione della concorrenza, con conseguenze negative sulle famiglie, specie sulle fasce sociali più deboli, sui cittadini e sulle imprese, che si troveranno a pagare il conto di questa mancata riforma, la quale, anzi, ha il sapore di una vera e propria controriforma. Analogo giudizio va dato in merito all'articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in tema di trasporto

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pubblico locale, che ha segnato un arretramento rispetto alla normativa previgente;
in nessun modo l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 e successive modificazioni prevede l'istituzione di meccanismi specifici di regolazione pubblica e di controllo, che invece risulta fondamentale introdurre, ai fini di garantire una tutela certa della concorrenza, come avviene in tutte le grandi democrazie europee che prevedono da tempo la liberalizzazione dei servizi pubblici locali;
va rilevato che l'acqua e i servizi ad essa riferibili non possono essere trattati alla stregua di un qualsiasi altro servizio pubblico locale, ancorché a rilevanza non economica, poiché, ad esempio, rispondono a logiche concorrenziali opposte rispetto agli altri, risultando un obiettivo fondamentale la riduzione del consumo dell'acqua stessa, non il suo incremento;
considerato che:
anche se certamente il regolamento deve attenersi ai contenuti previsti dalla legge di autorizzazione, per cui le critiche di base appena elencate si riverberano su di esso solo in maniera indiretta e comunque non sempre in maniera tale da costituire un vizio di legittimità, nel contesto della legge entro cui si pone si rilevano comunque dei gravi vizi;
in particolare all'articolo 2 è necessario prevedere che la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi non venga attribuita a valutazioni caso per caso e ad hoc, ma tramite una scelta programmatica che evidenzi, sulla base di argomentate analisi di mercato, industriali e di costo, le possibili scelte in merito all'organizzazione dei diversi servizi pubblici locali, gli obiettivi e gli standard di servizio, le modalità di monitoraggio indipendente, che comprendano anche forme di partecipazione degli stakeholders locali;
all'articolo 3 - in particolare alla lettera d) - sarebbe necessario contemperare sia i principi contenuti nella tutela della concorrenza sia le esigenze di politica industriale, con particolare riferimento alla necessità di aggregazioni e di economie di scala, poiché se vi fosse un'Autorità di settore - una per acqua e rifiuti e una per trasporti - potrebbe farsene carico, ma poiché non è stata istituita, sarebbe importante un rafforzamento del ruolo del Nucleo di consulenza per l'Attuazione e Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS), istituito dalle delibere CIPE n. 65 del 24 aprile 1996 e n. 81 dell'8 maggio 1996 e riorganizzato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 novembre 2008, ovvero del Ministero per lo sviluppo economico;
accanto a ciò, l'articolo 3, comma 3 risulta incompleto anche sotto il profilo dei criteri cui si deve uniformare lo stesso contenuto del regolamento, poiché sarebbe necessaria una integrazione concernente la necessità di introdurre specifiche carte di servizio, in cui l'ente affidante possa fissare gli obiettivi di qualità del servizio e di trasparenza informativa a cui è soggetto l'affidatario; in quest'ottica va altresì sottolineata la critica del consiglio di stato all'articolo 3, comma 5 dove viene riproposta una disposizione (articolo 113.11) del Testo Unico degli Enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000), la cui abrogazione è disposta dallo stesso regolamento, che riguarda i contratti di servizio, poiché rende disposizioni di rango secondario quelle che - auspicabilmente - dovrebbero rimanere di rango primario, e per ciò stesso non più coperte da tutte le tutele di cui gode la legislazione nel nostro ordinamento;
allo stesso tempo risulta necessario aggiungere una «clausola sociale» secondo cui le imprese partecipanti debbano rendicontare una «storia d'impresa» senza macchia sul fronte delle condizioni di lavoro, prevedendo inoltre il modo come le imprese partecipanti intendano utilizzare la forza lavoro esistente, anche attraverso processi di riorganizzazione e di formazione e le modalità di gestione degli eventuali esuberi, comunque da contrattare in base alle vigenti normative, facendo sì che

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il peso di questo criterio nella valutazione delle offerte divenga significativo.
all'articolo 3, comma 4 risulta invece necessario definire meglio quali siano i «compiti operativi» di cui parla la legge, facendo sì che essi si risolvano in un vero e proprio piano industriale valido per l'intera durata della concessione in cui siano indicati gli apporti di capitale per gli investimenti, gli schemi per il finanziamento degli investimenti, compresi i pre-accordi contrattuali con il sistema bancario per il loro approvvigionamento, gli standard di servizio da raggiungere e le modalità per il monitoraggio indipendente della realizzazione del piano stesso;
le modalità previste dall'articolo 3 per la valutazione dell'offerta rischiano inoltre di ingenerare effetti distorti e particolarmente penalizzanti rispetto agli investimenti effettuati da ciascuna ente locale;
l'articolo 3, comma 5 omette inoltre di prendere in considerazione un punto importante e cioè la possibilità per i comuni di svolgere anche in forma associata le funzioni di verifica previste dal comma medesimo, qualora necessario ai fini di una gestione più efficace ed efficiente;
l'articolo 4 risulta illogicamente restrittivo rispetto alla normativa europea poiché è chiaro che il legislatore interno ha agito in maniera diversa dagli orientamenti espressi in sede comunitaria, aggiungendo all'apparato normativo da essa posta una serie di adempimenti ulteriori, di difficile dimostrazione e la cui prova è dunque prevista solo in ambito nazionale, con evidenti effetti discriminatori; in particolare il comma 2, lettera c) fissa un criterio - l'applicazione di una tariffa media inferiore alla media di settore - che non tiene conto del fatto che la tariffa media è pari alla somma dei costi e degli investimento per unità di acqua erogata e che, pertanto, sarà necessariamente più alta in quei territori in cui la domanda è bassa e in cui vi è l'esigenza di realizzare ampi interventi di infrastrutturazione; nel medesimo senso, il comma 2, lettera d) del medesimo articolo indica come criterio il raggiungimento di costi operativi medi annui con un'incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto della media di settore, senza tener conto che il livello dei costi non dipende solamente dallo sforza imprenditoriale del gestore, ma anche da elementi al di fuori del suo controllo come le condizioni morfologiche del territorio, la popolazione e la densità abitativa;
l'articolo 4, inoltre ancorché costituendo un'attuazione del comma 4-bis dell'articolo 23-bis, risulta sbilanciata e irrazionale nonché poco utile sia perché determinerebbe un sovraccarico lavorativo assai consistente per l'autorità antitrust, sia perché comporterebbe la sottrazione - in maniera del tutto schizofrenica - degli appalti per i servizi pubblici locali, a prescindere dall'entità dell'importo, nei comuni piccoli o medi sarebbero sottratti al controllo dell'antitrust;
all'articolo 5, è invece indispensabile specificare che debbano essere esclusi dal patto di stabilità i flussi finanziari che non derivano da decisioni discrezionali dell'ente, ma da obblighi normativi, specificando, alla fine del secondo comma che risultano esplicitamente esclusi i costi e i ricavi tariffari regolati da norme settoriali;
l'articolo 7 riguarda le modalità di assunzione del personale da parte delle società a capitale pubblico affidatarie di servizi locali, rinviando alla fonte primaria (articolo 18 del dl 112 del 2008). Tale rinvio risulta non corretto, nella misura in cui, nel riproporre la disposizione di rango primario (articolo 18 del dl 112 del 2008), il regolamento opera una differenziazione tra la disciplina delle società a totale capitale pubblico e società partecipate a maggioranza pubblica, senza che questa distinzione sia rinvenibile nel comma 10 dell'articolo 23-bis;
le deroghe e limitazioni contenute nell'articolo 8 non risultano in alcun modo ragionevoli, introducendo nel nostro ordinamento discriminazioni sensibili quanto alla disciplina della società partecipate, rispetto alle altre tipologie società;

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inoltre, risulta necessario estendere le procedure di cui al comma 9 a tutte le forme di affidamento, essendo necessario che l'organo di revisione venga coinvolto non solo se l'affidatario è pubblico o misto, ma in ogni caso, visto che occorre sempre esercitare una vigilanza sulle modalità con cui sono spese le risorse che l'ente impegna per il servizio;
secondo quanto richiamato in precedenza, all'articolo 11, comma 1 risulta necessario eliminare l'inciso «se emanate», poiché le carte dei servizi devono essere obbligatorie per gli enti e per i concessionari, al fine di garantire il maggior grado di soddisfacimento possibile per i cittadini;
infine, è necessario introdurre specifiche previsioni con riferimento a quanto disposto dal comma 1, lettera d) dell'articolo 15 del decreto-legge n. 135 del 2009, prevedendo che le procedure ivi previste vengano concordate dalle singole amministrazioni con il Ministro dell'economia e delle finanze e che la valutazione delle offerte venga svolta da una Commissione composta a maggioranza da membri designati dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze. La ratio della disposizione, perfettamente coerente con l'impianto complessivo delle disposizioni contenute nella legge di autorizzazione e altresì attuativa di un ordine del giorno accolto dal governo in sede parlamentare, è di porre il Ministero dell'economia e delle finanze in una posizione di assistenza tecnica agli enti che privatizzano importanti asset quotati in borsa.

Per questi motivi esprime,

PARERE CONTRARIO