CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 luglio 2008
25.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013 (Doc. LVII, n. 1).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea),
esaminato il documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013 (Doc. LVII, n. 1);
rilevato l'obiettivo fissato dal Governo di dare piena ed immediata attuazione agli impegni assunti in sede europea, confermando il vincolo del raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2011;
ritenuta altresì condivisibile la strategia economica adottata dal Governo, che in linea con tale impegno, anticipa la manovra finanziaria e prevede l'adozione di un piano triennale di stabilizzazione della finanza pubblica, in linea con gli standard di bilancio propri degli altri paesi europei;
tenuto conto che il DPEF non fornisce indicazioni specifiche in merito alla coerenza degli interventi e degli obiettivi da esso prospettati con gli indirizzi di massima per le politiche economiche e gli orientamenti per l'occupazione di cui alle linee guida integrate dell'Unione europea per la crescita e l'occupazione 2008-2010, le quali definiscono il ciclo di governance economica europea in attuazione degli obiettivi della strategia di Lisbona;
valutati inoltre positivamente gli obiettivi di semplificazione normativa e amministrativa indicati dal DPEF, che rappresentano una delle condizioni per il recupero di competitività e sviluppo nel Paese;
considerata, in tale contesto, l'opportunità di garantire la coerenza degli obiettivi di semplificazione normativa e amministrativa indicati dal DPEF con le azioni previste dalle Istituzioni dell'Unione europea, quali precisate, in particolare, nella Strategia della Commissione europea per la semplificazione del contesto normativo (COM2005)535) e nel programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell'Unione europea (COM(2007)23);
rilevato che tali obiettivi si pongono in linea con le iniziative avviate in materia dalle Istituzioni dell'Unione europea, anche al fine di conseguire l'obiettivo, fissato dal Consiglio europeo dell'8 e 9 marzo 2007, di ridurre del 25 per cento gli oneri amministrativi derivanti dalla legislazione UE entro il 2012, fissando analoghi obiettivi a livello nazionale entro il 2008;
considerata infine la limitatezza dei tempi a disposizione delle Commissioni parlamentari per l'esame del DPEF e auspicato che, per il futuro, possano essere garantite più ampie riserve temporali all'istruttoria legislativa,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recante disposizioni di attuazione della direttiva 2003/86/CE, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (Atto n. 3).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XIV Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recante disposizioni di attuazione della direttiva 2003/86/CE, relativa al diritto al ricongiungimento familiare;
considerato che il provvedimento aggiunge, all'articolo 29 del testo unico sull'immigrazione, il comma 1-bis, che - ai fini dell'accertamento della sussistenza dei rapporti di parentela che consentono il ricongiungimento - prevede che questa possa essere certificata dalle rappresentanze diplomatiche o consolari sulla base dell'esame del DNA, quando la documentazione rilasciata dalle competenti autorità straniere manchi o sussistano fondati dubbi sull'autenticità della documentazione medesima, senza peraltro dettare una disciplina specifica in ordine agli obblighi di conservazione (o di distruzione) dei dati così raccolti, anche alla luce della disciplina vigente in materia di tutela della riservatezza dei dati personali;
rilevato che l'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/86/CE prevede che la domanda di ricongiungimento sia corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari, attribuendo altresì agli Stati membri la facoltà di condurre le indagini che ritengano necessarie, qualora lo reputino opportuno per ottenere la prova dell'esistenza di vincoli familiari;
osservato in ogni caso che l'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea stabilisce che ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano, che devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge, prevedendo inoltre che ogni persona ha il diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica;
preso atto del parere favorevole formulato sullo schema di decreto legislativo dal Garante per la protezione dei dati personali;
tenuto conto della necessità segnalata nel citato parere del Garante per la protezione dei dati personali che gli organi e uffici concretamente preposti al trattamento dei dati assicurino che il trattamento dei dati genetici avvenga con modalità, in concreto, rigorosamente rispettose della qualità e della sicurezza dei dati, che la loro conservazione sia solo temporanea, e che venga prestata elevata attenzione alla liceità del trattamento dei dati nel caso in cui l'organo competente si avvalga della collaborazione di soggetti esterni;
osservato come debba essere, in ogni caso, garantito e tutelato il diritto alla privacy di tutti i cittadini, in ossequio al suo fondamento costituzionale e alla disciplina

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comunitaria di cui all'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea;
rilevata infine l'opportunità che il Governo adotti quanto prima specifici provvedimenti volti a definire una normativa di dettaglio con specifico riferimento alle modalità di effettuazione degli esami genetici;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recante disposizioni di attuazione della direttiva 2003/86/CE, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (Atto n. 3).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL DEPUTATO GOZI

La XIV Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recante disposizioni di attuazione della direttiva 2003/86/CE, relativa al diritto al ricongiungimento familiare;
premesso che:
la direttiva 2003/86/CE rappresenta lo strumento di cui l'Unione europea si è dotata al fine di favorire l'integrazione dell'immigrato nella società di accoglienza, sulla base del presupposto che il mantenimento o la riacquisizione dell'unità familiare si pongono come strumenti fondamentali per rimuovere gli ostacoli all'integrazione ed evitare situazioni di marginalità, conformemente agli obblighi di protezione della famiglia e di rispetto del nucleo familiare previsti da numerosi strumenti internazionali;
in questo quadro la direttiva 2003/86/CE mira a creare, attraverso l'istituto del ricongiungimento familiare, una stabilità socio-culturale, che favorisca il raggiungimento di una coesione economica e sociale, considerata come obiettivo primario, e conseguentemente prevedendo per gli Stati membri la possibilità di avvalersi di condizioni ulteriormente restrittive solo in casi specificatamente determinati;
l'articolo 29, comma 1, lettera a) dello schema di decreto prevede la possibilità di chiedere il ricongiungimento del coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai diciotto anni, in contrasto con quanto previsto dalla direttiva, che all'articolo 4, comma 1, prevede il ricongiungimento del mero coniuge del soggiornante, senza ulteriori condizioni;
l'articolo 4, comma 5, della direttiva prevede la facoltà per gli Stati membri di imporre un limite minimo di età, al fine di evitare i matrimoni forzati, ma la previsione dello schema di decreto legislativo, riconducendo il limite minimo ai 18 anni, rischia di generare una inammissibile discriminazione sul piano dell'ordinamento interno, che ammette, in presenza di determinate condizioni, il matrimonio del cittadino sedicenne. Pertanto l'età richiesta per contrarre un valido matrimonio sarebbe differente, per l'ordinamento interno, a seconda della cittadinanza di colui che contrae matrimonio;
l'articolo 29, comma 1 lettera c), introduce alcune condizioni restrittive alla possibilità di chiedere il ricongiungimento dei figli maggiorenni a carico, ossia solo se questi sono non coniugati, impossibilitati a mantenersi economicamente per ragioni oggettive, e solo in ragione di uno stato di salute tale da comportare un'invalidità totale; tale disposizione appare eccessivamente restrittiva per un verso, e scarsamente efficace dall'altro, considerando che l'espressione «ragioni obiettive» appare una formula vaga, e di difficile dimostrazione, mentre il riferimento alla sola invalidità totale è fuorviante, sussistendo

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forme di invalidità parziale permanente tali da impedire di provvedere a se stessi in modo autonomo; appare pertanto preferibile la formulazione del decreto legislativo vigente che correttamente fa riferimento ad una «impossibilità permanente» in ragione dello stato di salute, lasciando all'autorità amministrativa un margine di valutazione concreto, e non astrattamente determinato per decreto, sul tipo di invalidità sussistente nel caso concreto;
l'articolo 29, comma 1, lettera d) appare incongruo in quanto pone delle limitazioni al ricongiungimento degli ascendenti, limitandolo ai soli genitori che non abbiano altri figli nel paese di provenienza, o se ultrasessantacinquenni, e in presenza di altri figli, solo se questi siano impossibilitati a provvedere a loro per documentati, gravi motivi di salute; non si comprende il limite astrattamente posto con riferimento all'età, considerando che in paesi molto poveri anche genitori sessantenni o di età inferiore, possono trovarsi in condizioni sanitarie o economiche drammatiche; anche qui appare preferibile l'attuale formulazione che lascia un margine di discrezionalità all'autorità amministrativa, facendo semplicemente riferimento ai genitori a carico, privi di un «adeguato sostegno familiare».
l'articolo 29, comma 1-bis, appare ultroneo rispetto alla direttiva, non disciplinando questa la possibilità di effettuare prelievi del dna al fine di dimostrare il legame di parentela; inoltre, nella disposizione in esame il prelievo del DNA sembra configurarsi come coattivo, a prescindere da un consenso esplicito dell'interessato, ponendosi così in contrasto con le tendenze giurisprudenziali affermatesi in Europa e con le raccomandazioni dell'Organizzazione internazionale delle Migrazioni; appare inoltre, alquanto generica, l'espressione «quando sussistono fondati dubbi sull'autenticità», mentre il porre a carico degli interessati le spese di un prelievo del DNA che viene a configurarsi come coattivo, riveste carattere inutilmente vessatorio; la mancanza di qualunque disposizione o richiamo sulla disciplina dei controlli, delle modalità di prelievo o di disposizioni volte a garantire il rispetto della privacy, infine, pone dubbi di legittimità sulla disposizione in esame;
la direttiva 2003/86/CE era stata correttamente recepita dal decreto legislativo n. 5, dell'8 gennaio 2007, che attuava alla lettera il contenuto della direttiva, e dunque non si comprendono le ragioni che hanno determinato la necessità di un decreto legislativo correttivo, se non per rispondere in maniera strumentale ad esigenze di politica interna, più che a quelle di corretto recepimento di una direttiva comunitaria;
le modifiche introdotte, a volte in contrasto esplicito con la direttiva, a volte ultronee, a volte incongrue sul piano della coerenza interna dell'ordinamento giuridico del nostro paese, appaiono tutte contrarie allo spirito della direttiva che vede nel ricongiungimento familiare uno strumento necessario per permettere la vita familiare, per creare una stabilità socio-culturale che faciliti l'integrazione e per promuovere la coesione economica e sociale, quale obiettivo fondamentale della Comunità, enunciato dal Trattato:
esprime

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE, relativa alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (Atto n. 4).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XIV Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE, relativa alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato;
rilevato che il provvedimento modifica la disciplina relativa alle procedure per il riconoscimento della qualifica di rifugiato con l'obiettivo di evitare che la domanda presentata ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato sia lo strumento per permanere in Italia senza averne i requisiti;
considerato che, a tal fine, lo schema di decreto fissa l'obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale a seguito del rigetto della domanda di riconoscimento della protezione internazionale da parte della Commissione territoriale e che viene eliminato l'effetto sospensivo della presentazione del ricorso giurisdizionale avverso la decisione di rigetto della Commissione territoriale;
osservato tuttavia che, in presenza di valide e comprovate condizioni, il Prefetto può autorizzare il richiedente a rimanere in Italia in attesa della decisione del ricorso giurisdizionale, e che viene in tal modo garantita adeguata tutela ai cittadini stranieri che abbiano realmente subito o per i quali vi sia il comprovato rischio di subire specifici atti di persecuzione nel loro paese di origine;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE, relativa alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (Atto n. 4).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL DEPUTATO GOZI

La XIV Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo concernente modifiche e integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE, relativa alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato;
premesso che:
ai sensi della direttiva 2005/85/CE un regime europeo comune in materia di asilo costituisce uno degli elementi fondamentali dell'obiettivo dell'Unione europea relativo all'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità, e in quest'ottica, obiettivo principale della direttiva è stabilire un quadro minimo nella Comunità sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato;
sempre secondo la direttiva, discende dalla natura stessa delle norme minime che gli stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno stato membro protezione internazionale;
il decreto legislativo di modifica del decreto legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008 di attuazione della direttiva appare invece orientato ad una visione di grave diffidenza verso i richiedenti asilo, laddove la necessità di contrastare gli abusi o le false motivazioni conduce ad una illegittima e pregiudiziale diffidenza in palese contraddittorietà con la retorica ufficiale sulla maggiore tutela dei diritti umani nelle democrazie consolidate e sulla necessità di estenderla il più possibile;
sulle modifiche introdotte dall'articolo 4, comma 3, appare assai meno garantista la previsione di rimettere la nomina delle commissioni territoriali esclusivamente al Ministro dell'Interno e non più al Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta di tale ministro;
sulle modifiche introdotte all'articolo 7, comma 1, appare inopportuno e grave che un atto del prefetto possa limitare il diritto di circolazione di richiedenti asilo sul territorio nazionale, stabilendo un luogo di residenza o un'area geografica ove questi possano circolare, laddove l'articolo 7, paragrafo 1 della direttiva si limita a prevedere che i richiedenti asilo sono autorizzati a rimanere nello stato membro ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l'autorità accertante non abbia preso una decisione;

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sempre sulle modifiche introdotte all'articolo 7, comma 1, non si comprende la ragione della limitazione del richiamo effettuato dal decreto legislativo di modifica al solo comma 1 dell'articolo 11 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, in materia di lavoro e formazione professionale, considerando che i commi successivi si configurano come ulteriori specificazioni del comma 1;
la soppressione della lettera d) dell'articolo 20 comma 2, che determina la conseguenza per il richiedente asilo già destinatario di un provvedimento di espulsione - perché entrato sottraendosi ai controlli di frontiera o perché oggetto di un provvedimento di respingimento alla frontiera - di essere trattenuto non più in un centro di accoglienza per i richiedenti asilo, bensì in un centro di identificazione ed espulsione, si scontra con la realtà dei fatti che vede per molti richiedenti asilo l'impossibilità di giungere legalmente in Italia, ed è indice di quella grave diffidenza che sottende il decreto legislativo, considerando in più punti il richiedente asilo a tutti gli effetti come un immigrato clandestino;
l'obbligo per il richiedente asilo, sancito dalle modifiche introdotte all'articolo 32, comma 4, del decreto legislativo n. 25 del 2008, di lasciare il territorio nazionale non più alla scadenza del termine di impugnazione, ma a seguito della sola decisione di rigetto della domanda da parte della Commissione territoriale competente - in combinato disposto con la modifica introdotta all'articolo 35, comma 6, che abolisce l'effetto sospensivo del ricorso - determinano la necessità per il richiedente asilo che voglia ricorrere di farlo dal suo paese di origine;
tale disposizione appare del tutto incongrua, scontrandosi con la realtà dei fatti che vede l'accoglimento di molte delle richieste d'asilo presentate solo in seconda istanza, e determina la grave conseguenza per il richiedente asilo che voglia ricorrere di dover tornare nel paese di origine, dal quale era fuggito per cercare protezione;
tale previsione, come sottolineato anche dall'Alto commissariato per i Rifugiati, lede l'articolo 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti fondamentali - ratificata dall'Italia e da tutti i paesi europei - che prevede che ogni persona abbia diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un istanza nazionale;
il rovesciamento operato dal decreto legislativo correttivo della regola generale circa la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato a seguito di presentazione del ricorso viene poi confermata dal capovolgimento delle deroghe disciplinate all'articolo 35, comma 7; inoltre, la possibilità che il prefetto, e non più il tribunale, per gravi motivi personali o di salute possa autorizzare il richiedente asilo a rimanere sul territorio nazionale fino alla decisione del ricorso, è subordinata, tra gli altri requisiti, alla sussistenza di un interesse a permanere sul territorio dello Stato italiano, ancora una volta confermando che il bene primario tenuto in considerazione non è più quello del richiedente asilo che chiede protezione alla Comunità, ma quello dell'interesse dello Stato a che il richiedente asilo permanga sul suo territorio, in ciò contrapponendosi a consolidati principi di diritto internazionale vigenti in materia;
la riduzione del termine di impugnazione a soli 15 giorni non più solo per i richiedenti trattenuti in centri di identificazione ed espulsione, bensì anche per quelli che si trovano nei centri di accoglienza, come stabilito dalle modifiche apportate all'articolo 35, comma 1, determina ancora una volta la tacita equiparazione tra richiedenti asilo e immigrati clandestini, rivelando quell'impostazione pregiudiziale che configura la richiesta di asilo solo come un modo per eludere la disciplina sull'immigrazione clandestina;
la direttiva 2005/85/CE era stata correttamente recepita dal decreto legislativo n. 5, dell'8 gennaio 2007, che ne rispettava la lettera e lo spirito, in un ottica di rispetto dei principi internazionali

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in materia e mantenendo in vigore, come previsto nella direttiva, le disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno Stato membro protezione internazionale, mentre le modifiche apportate sembrano rispondere in maniera strumentale più ad esigenze di politica interna, che non a quelle di corretto recepimento della direttiva comunitaria:
esprime

PARERE CONTRARIO