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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 510 di lunedì 1 agosto 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 12,10.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 28 luglio 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Misiti, Moffa, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della nomina di un sottosegretario di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 29 luglio, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, La informo che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato l'onorevole avvocato Elio Vittorio Belcastro sottosegretario di Stato all'Ambiente e alla tutela del territorio e del mare. Firmato: Silvio Berlusconi».

Sull'ordine dei lavori (ore 12,15).

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alla discussione del primo punto all'ordine del giorno, tuttavia constato che non è presente il rappresentante del Governo, mi dicono per un disguido.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non metto in dubbio che vi potrà essere stato un disguido, per quanto riguarda la presenza del Governo in Aula. Tuttavia, deve anche convenire con me che si tratta un fatto molto preoccupante, che ha una sua gravità, oltre che irriguardoso nei confronti del Parlamento.
Ho qualche elemento di valutazione in più da evidenziare e da sottoporre a quest'Aula: credo che vi sia qualche disattenzione all'interno del Governo o, soprattutto, qualche confusione dei ruoli tra il Ministero degli affari esteri e il Ministero della difesa. Ritengo che un provvedimento come il disegno di legge di conversione di un decreto-legge, recante il rifinanziamento delle nostre missioni Pag. 2all'estero, certamente dovrebbe avere da parte del Governo un interlocutore molto più stringente.
Signor Presidente, mi ero illuso che questa potesse essere l'occasione per un confronto molto ampio, sia sui problemi della difesa, sia sui problemi di politica estera. Invece, il Governo non c'è, non esiste, non esiste nemmeno per assicurare una presenza e per ascoltare gli interventi dei colleghi.
È una delle tante volte - o delle poche volte, faccia lei, signor Presidente - in cui il Governo dimostra, oltre che una chiara insensibilità, soprattutto una debolezza rispetto a temi così stringenti, così forti e così avvertiti dall'opinione pubblica.
Un'ultima battuta, signor Presidente: lei ha dato comunicazione della nomina di un sottosegretario. Ovviamente anch'io mi rallegro con un mio corregionale, tranquillamente, non ho alcun motivo per non farlo; un rallegramento, una felicitazione e un augurio di buon lavoro che porgo con sincerità di sentimenti, ma qui, signor Presidente, stiamo producendo sottosegretari.
Siamo producendo sottosegretari a dismisura per mantenere un equilibrio all'interno del Governo o, meglio ancora, tanto per dirlo con molta chiarezza, perché il Governo si assicuri la propria sopravvivenza. Si tratta di un fatto gravissimo. Se lo confrontiamo con le nomine di questi ultimi mesi e l'assenza del Governo su una materia così importante e così significativa, ritengo che ciò non possa passare sotto silenzio.
Ho chiesto la parola non per fare lamentazioni o per fare un intervento di routine, liturgico, di occasione e di circostanza, come avviene in questi particolari momenti, ma vorrei sapere dalla Presidenza della Camera se vi è una posizione chiara che stigmatizzi questa situazione e questa posizione del Governo. Non si può, me lo consenta Presidente - ovviamente anche che per la deferenza che ho nei suoi confronti, la stima e la grande considerazione che ho maturato nel corso degli anni nei suoi confronti - liquidare una vicenda dicendo che vi è stato un qui pro quo o una confusione.
Ma di che cosa? Su che cosa? C'è stata confusione da parte del Governo, da parte della Presidenza della Camera, da parte degli uffici (ma escludo che ci possa essere stata confusione da parte degli uffici)? E come ci comportiamo nei confronti del Governo? A quando rinviamo? Riduciamo ancora ulteriormente il dibattito sulle missioni all'estero?
Ritengo che questo sia un dato importante, anzi fondamentale, e che una parola da parte sua o del Presidente Fini debba esserci, perché non ci può essere semplicemente un rinvio per l'assenza del Governo. Capisce l'imbarazzo che abbiamo noi, ma l'imbarazzo e la preoccupazione dovrebbero essere più della Presidenza che deve garantire il buon funzionamento dei lavori e soprattutto tutelare il ruolo e l'impegno dei parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, siamo in un'Aula parlamentare e dobbiamo affrontare una discussione su un decreto-legge peraltro molto importante. Il disguido può riguardare le persone, signor Presidente, ma non può riguardare le istituzioni. Questo è un Governo che ha numerosissimi sottosegretari, numerosi Ministri e che in tante occasioni mette sottosegretari e Ministri non competenti per materia ad assistere ai lavori e, quando ci sono delle proteste da parte dell'opposizione, ci viene risposto che l'importante è che il Governo in quanto istituzione sia presente in Aula.
La scena che abbiamo di fronte è dei banchi del Governo completamente vuoti. Credo sia possibile che il Governo non sia riuscito - anche a causa di un contrattempo o di un disguido, come lei ha detto - a garantire la presenza da parte di un Pag. 3rappresentante del Governo, ma questo non può minimamente giustificare il fatto che il Governo, in quanto istituzione, sia assente in Aula con un suo rappresentante. Questo non è soltanto ovviamente un elemento di sciatteria, ma anche uno sgarbo istituzionale che viene fatto, innanzitutto alla Camera nel suo complesso e a chi la rappresenta - in questo momento ovviamente lei - e a tutti noi.
A questo punto, signor Presidente, vorremmo capire quando questo disguido potrà risolversi e quando uno dei tanti membri del Governo titolati ad essere presente in Aula pensa di poter graziare con la sua presenza i nostri lavori e consentirci di lavorare, cosa che in questo momento non possiamo fare proprio per l'assenza del Governo.
Si tratta di un fatto grave, signor Presidente, che accade peraltro su un provvedimento, lo ripeto, particolarmente delicato e credo che, come ha detto giustamente l'onorevole Tassone, non possiamo limitarci ad aspettare che il Governo arrivi, ma credo che da parte della Presidenza della Camera debba levarsi una protesta formale nei confronti del Governo che ci mette in questa situazione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, abbiamo fatto una manovra economica sulla quale persino il Presidente della Repubblica ha chiesto una sorta di «unione» per approvarla in tre giorni senza avere qui il Ministro dell'economia, abbiamo fatto una legge comunitaria la settimana scorsa senza avere il Ministro per le politiche comunitarie, parliamo di missioni internazionali sulle quali si stanno consumando delle questioni delicatissime - mi riferisco alla Libia, in particolare, ma anche all'Afghanistan -, abbiamo un Governo che ha sede a Roma (non a Monza) e con tutti i Ministeri che hanno sede a Roma, con tutti i sottosegretari che hanno l'ufficio a Roma, e non altrove, e qui non si trova un sottosegretario disponibile ad assistere a questi lavori.
Credo che questo, ben più di ogni altra cosa, siano il sintomo di un Governo che non c'è più. È ora che ne prenda atto! Governo inesistente, se ne vada e si vada ad elezioni. È ora che un Paese come il nostro abbia un Governo che governa realmente, non un Presidente del Consiglio che non viene mai in Aula a parlare, se non in rarissime occasioni e un Ministro della difesa che viene in Aula per fare gazzarra come l'ultima volta che è venuto, invece di occuparsi di problemi seri.
Abbiamo letto ieri che il sottosegretario Crosetto partiva per l'Afghanistan, dopo aver litigato con il Ministro Tremonti: forse, invece di andare in Afghanistan, poteva venire qui a seguire una vicenda che credo sia assolutamente rilevante. Lo ribadisco: Governo inesistente, Governo che non governa, Governo, se ne vada a casa!

EDMONDO CIRIELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, intervengo per unirmi ai colleghi di opposizione nello stigmatizzare l'assenza del Governo, che credo possiamo ampiamente onorare con il nostro lavoro e quindi proseguire, così come è stato detto. Voglio soltanto dire che una cosa è constatare l'assenza del Governo, altra cosa è criticare nominalmente un sottosegretario che fa il suo dovere e rischia anche personalmente recandosi in Afghanistan, come l'onorevole Crosetto a cui va il mio compiacimento per essere vicino ai nostri militari in un momento così difficile (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Pag. 4

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cirielli.
Io non entro nel merito delle questioni sollevate da un punto di vista politico, tuttavia posso e debbo entrare nel merito delle questioni procedurali sul fatto grave che è accaduto, ossia la mancanza del Governo, che stigmatizzo nella maniera più forte possibile.
Rappresenterò anche al Presidente della Camera ciò che è accaduto per le eventuali determinazioni in merito e adesso ci attiviamo anche per comprendere, come qualcuno diceva, quando ci si degnerà di venire in quest'Aula per la discussione di questo provvedimento. Grazie comunque per gli interventi.

FRANCESCO TEMPESTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente in questo clima un po' surreale, tuttavia debbo farlo perché la situazione si sta avvitando in modo oltremisura drammatico. Parlo cioè della crisi siriana che, come abbiamo avuto modo di leggere e di sentire, si sta trasformando in una vera e propria mattanza. Penso sia necessario che il Governo venga a riferire al più presto in Aula. Lo ripeto, se non ci fosse questo clima un po' surreale questa mia richiesta avrebbe un senso molto preciso. Temo che ne abbia uno ancora più corposo e più drammatico proprio perché la rivolgo ad un'Aula in cui il Governo non c'è, ma devo farlo e lo faccio con molta insistenza. Il Governo venga a riferire su ciò che sa e soprattutto su ciò che intende fare in merito alla questione siriana.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, anche noi dell'Unione di Centro chiediamo al Governo di venire a riferire sulla situazione siriana. Ma chi del Governo - lo dico anche al collega Tempestini -, il sottosegretario? Ritengo che sulla situazione siriana deve intervenire personalmente o il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro degli affari esteri. Vogliamo, infatti, capire il perché l'Italia ha avuto nei confronti della Siria un atteggiamento diverso rispetto, ad esempio, all'Iraq; perché vi è stata sino ad oggi, da parte anche di una realtà europea, una certa copertura e una certa tolleranza nei confronti della Siria e delle cose che lì stanno succedendo; perché non si è assunta una posizione netta, precisa e forte rispetto al massacro che la Siria sta perpetrando nei confronti della comunità e dei cittadini.
Ritengo che ci debba essere una presenza, e in tal senso sono d'accordo con il collega Tempestini, ma voglio andare oltre perché è necessario che ci sia il Ministro degli affari esteri affinché ci dichiari qual è la politica estera di questo Governo per l'Afghanistan, per la Libia, per la Siria, per il Nord Africa. Lo vogliamo capire! Non serve a nulla che ci venga riferita la comunicazione del sottosegretario e poi ovviamente che ci sia il giro di cinque minuti dei rappresentanti dei gruppi. Pertanto, signor Presidente, ritengo che ci debba essere anche qualche momento di riflessione forte sulla politica estera da parte di questo Governo.
Voglio inoltre aggiungere - e concludo, signor Presidente - che ciò che è accaduto prima, ossia l'assenza del Governo - e lo dico anche al presidente della Commissione difesa -, è una cosa sconvolgente perché questo è un disegno di legge di conversione di un decreto-legge. Ciò si è verificato in quanto sanno che nessuno è contrario al rifinanziamento delle missioni perché ci sono i nostri ragazzi che muoiono. Se ci fosse stato un provvedimento, un decreto-legge, che serviva e interessava direttamente al Governo e vi fosse stata una dialettica all'interno del Parlamento, sarebbero stati tutti presenti, non soltanto il rappresentante di un Ministero.
Questo ha il sapore del ricatto, ma soprattutto di una conduzione pressoché Pag. 5irresponsabile da parte di questo Governo. Signor Presidente, l'assenza del Governo è molto più grave di quanto si possa pensare, perché significa assenza di una politica e della politica estera. Questo è molto grave e, soprattutto, molto preoccupante (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, mi unisco anch'io alla deprecazione per quanto sta non avvenendo in quest'Aula, cioè la presenza del Governo, e non vale il discorso che può essere per un disguido perché non esistono disguidi possibili dinnanzi ad una materia così grave.
Il mio intervento vuole, invece, richiamare l'attenzione dell'Aula sul tema del Corno d'Africa e della Somalia. È già stato detto giustamente della Siria su cui è importante che ci sia un resoconto del nostro Governo. Sul Corno d'Africa nei giorni scorsi c'è stato un veloce scambio di opinioni in Aula e c'era stata peraltro una importante risoluzione approvata nella III Commissione (Esteri), con la quale si impegnava il Governo a prendere provvedimenti urgenti dinnanzi ad una crisi ed una carestia che coinvolgono 12 milioni di persone a rischio della vita.
La mia proposta è che domani, che mi risulta esserci una Conferenza dei presidenti di gruppo, si esamini la possibilità di una risoluzione che coinvolga tutta la Camera per mostrare concretamente e dare indirizzi precisi al Governo su quanto sia urgente e necessario fare per il Corno d'Africa. E non solo: si dia così modo all'opinione pubblica italiana di prendere atto che la situazione è davvero grave così che non ci siano più alibi per quella che il Papa ieri ha definito una indifferenza intollerabile.

RENZO LUSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, premetto semplicemente che mi unisco anche al coro di coloro che hanno stigmatizzato la vergognosa assenza del Governo in questo dibattito. Mentre i nostri soldati continuano...

PRESIDENTE. Onorevole Lusetti, lei non può intervenire sullo stesso argomento...

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, si tratta di una premessa. Infatti, mi consenta di dire, la settimana scorsa è accaduta la stessa cosa. Ero di turno con lei o con il Presidente Bindi, il Governo è arrivato 20 minuti dopo e il Presidente ha dovuto sospendere la seduta. Comunque nell'ultima settimana si è verificata due volte l'assenza del Governo. Ciò mi sembra veramente molto grave. Se poi si dimettesse anche, questo Governo farebbe meglio. Comunque non voglio entrare nel merito.
Ho preso la parola e ringrazio il Presidente per unirmi alle considerazioni che il collega Renato Farina ha fatto prima di me per rimarcare l'appello che Papa Ratzinger ha fatto ieri per la drammatica situazione che si sta vivendo nel Corno d'Africa: 12 milioni di persone rischiano veramente di morire di fame perché non c'è alcuna attenzione a quelle popolazioni.
Anche le organizzazioni non governative o, comunque, le associazioni umanitarie fanno fatica a dare il loro contributo, sostegno e appoggio a queste popolazioni e a portare qualche genere di conforto o alimentare perché è veramente una situazione difficilissima.
Mi unisco, ancora, alla richiesta che ha rivolto prima il collega Tassone di un dibattito sulla politica estera, che vada ad affrontare tutti i nodi strategici presenti nel panorama internazionale, perché ne va della vita di milioni e milioni di persone.
Questa del Corno d'Africa è, ovviamente, una drammatica pagina che lo scenario internazionale sta vivendo. Mi unisco a questo appello e a questa richiesta, per far sì che non rimanga inascoltato l'appello di Papa Benedetto XVI e perché Pag. 6si possa dare una risposta politica forte da parte del Parlamento, del Governo e della politica italiana.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 13.

La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 13,20.

Discussione del disegno di legge: S. 2824 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia e disposizioni per l'attuazione delle Risoluzioni 1970 (2011) e 1973 (2011) adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Misure urgenti antipirateria (Approvato dal Senato) (A.C. 4551).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia e disposizioni per l'attuazione delle Risoluzioni 1970 (2011) e 1973 (2011) adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Misure urgenti antipirateria.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, innanzitutto vorrei chiedere scusa all'Assemblea, a lei ed ai colleghi per questo ritardo causato da un errore di programmazione del Governo che, purtroppo, ha ritardato i lavori della Camera su questo provvedimento così importante. Quindi, ripeto a nome del Governo le scuse.
Mi permetterà una brevissima notazione personale: vorrei notificare il mio dispiacere e disappunto perché questo sottosegretario viene esposto a questa gogna in relazione a una colpa che sicuramente non è sua.

PRESIDENTE. Onorevole Cossiga, comprenderà che i rilievi fatti dai colleghi in apertura della seduta erano più che giustificati, al di là poi di come siano andate realmente le cose. Grazie, comunque, per le scuse che ci ha rivolto.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4551)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto che le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Renato Farina, ha facoltà di svolgere la relazione.

RENATO FARINA, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esame del provvedimento semestrale di finanziamento delle missioni italiane all'estero richiama l'attenzione della rappresentanza parlamentare e dell'opinione pubblica su una delle principali e più efficaci direttrici della nostra politica estera.
Sappiamo come negli ultimi anni, infatti, l'Italia abbia ricoperto un ruolo essenziale nelle missioni internazionali, sia per la presenza cospicua di personale civile e militare, sia per i ruoli ricoperti in diversi «teatri» molto eterogenei e distanti tra loro. Pag. 7
Com'è noto, le principali aree in cui è impegnato il nostro Paese sono fondamentalmente tre: i Balcani, il Libano e l'Afghanistan, ai quali si è aggiunta la più recente partecipazione alla missione in Libia.
Nei Balcani il principale contributo italiano si è registrato nella missione in Kosovo che ricopre il terzo posto fra le missioni più costose (132 milioni di euro nel 2010). All'avvio della missione, nel 2000, l'Italia ha offerto uno dei maggiori contributi (oltre 6000 unità), ridottosi nel decennio successivo nel quadro del progressivo disimpegno internazionale fino alle attuali 533 unità, senza tuttavia far venir meno la tutela dei luoghi sacri ortodossi.
Un altro dei contributi italiani più significativi si è registrato nella missione UNIFIL, rafforzata nel 2006 a seguito della guerra tra Israele e Libano. Nel periodo 2007-2009 l'Italia non solo ha contribuito con il contingente più numeroso - oltre duemila uomini - ma ha guidato la missione tanto bene che da più parti ci si richiede di assumerla per un altro mandato.
In Afghanistan l'Italia sta svolgendo un ruolo efficace alla guida del Regional Command West, con sede a Herat; offre attualmente il quinto maggior contributo di uomini nella missione.
La missione italiana in Afghanistan è la più impegnativa della storia repubblicana, per cui l'Italia ha sostenuto i maggiori costi soprattutto sul piano umano, con la perdita di 41 militari.
Mi preme ribadire il fatto che il rientro graduale dei militari italiani dall'Afghanistan non rappresenterà un ritiro unilaterale ma sarà analogo a quanto stanno compiendo gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna.
Infine, per quanto concerne la Libia, l'Italia ha messo a disposizione sette basi aeree sul territorio nazionale e contribuisce alla missione in NATO Unified Protector con 14 velivoli e due navi impegnate nelle operazioni di embargo, una delle quali verrà ritirata nel secondo semestre del 2011.
Credo, quindi, che tutto ciò costituisca un indubbio elemento di forza della proiezione internazionale del nostro Paese, tanto più necessario quanto più appare indefinita una posizione coerente dell'Unione europea sullo scenario internazionale a partire dalla crisi che sconvolge il Mediterraneo.
Non possiamo, continuare a nasconderci la portata della crisi siriana, che sta degenerando proprio in queste ore in una repressione sanguinaria. Questa Camera ha appena votato due mozioni che richiamano la comunità internazionale alle sue responsabilità.
Sappiamo bene - a quanto pare a differenza delle istituzioni di Bruxelles - che ciò che accade lì e in tutto il Mediterraneo ci riguarda molto da vicino. Le turbolenze dell'area hanno immediati e diretti riflessi sulla nostra società e sulla nostra vita quotidiana.
Segnalo, a questo proposito, che nel parere reso dalla Commissione politiche dell'Unione europea si avanza l'interessante proposta che le spese degli Stati membri per le missioni internazionali non siano computate ai fini del calcolo dei saldi di finanza pubblica rilevanti per l'applicazione del Patto di stabilità e crescita.
Si possono e si debbano graduare, quindi, gli impegni in campo internazionale, sottoponendoli a verifica per valutarne l'efficacia, come stiamo facendo in questa sede, ma è fuori di dubbio che le missioni all'estero rappresentino un valore strategico non solo per il nostro sistema di sicurezza, ma anche per la credibilità internazionale del Paese.
Con riferimento agli ambiti di competenza della nostra Commissione, mi preme sottolineare come nel corso dell'esame al Senato siano state significativamente aumentate le dotazioni finanziarie a sostegno degli interventi di cooperazione allo sviluppo, dei processi di pace e di stabilizzazione.
L'italian way of peacekeeping non vive soltanto, infatti, attraverso la dimensione militare, ma rappresenta qualcosa di più, Pag. 8in virtù di una forte componente civile, come si intende ribadire con la legge quadro che stiamo portando avanti.
In tale ottica, assumono un rilievo centrale le disposizioni introdotte dall'articolo 1, che prevedono l'integrazione, nella misura di 10,8 milioni di euro per il periodo dal 1o luglio al 31 dicembre di quest'anno, delle risorse finanziarie per la cooperazione allo sviluppo «a dono» gestita dal Ministero degli affari esteri per consentire interventi di cooperazione in Afghanistan.
Lo stesso articolo, al comma 2, autorizza per il secondo semestre del 2011 la partecipazione italiana alla missione di stabilizzazione economica, sociale e umanitaria in Pakistan e Afghanistan, al fine di sostenere i Governi dei due Paesi nello svolgimento delle attività prioritarie per lo sviluppo e il consolidamento delle istituzioni locali e nell'assistenza alla popolazione.
Richiamo, a questo proposito, l'esigenza di continuare a promuovere la tutela dei cristiani in Pakistan, rinnovando il cordoglio per l'assassinio del Ministro Bhatti.
Un emendamento del Senato ha ripristinato la norma per la realizzazione di una «Casa della società civile» a Kabul, quale centro culturale per lo sviluppo delle relazioni tra Italia e Afghanistan in esito alla Conferenza regionale della società civile per l'Afghanistan, svoltasi a Roma nel maggio 2011, dopo una lunga preparazione, che ha visto la collaborazione tra la Cooperazione italiana allo sviluppo e la rete di organizzazioni non governative «Afgana».
L'articolo 2, al comma 1, modificato dal Senato, stanzia 8,6 milioni di euro per il periodo dal 1o luglio al 31 dicembre 2011, al fine di consentire interventi di cooperazione in Iraq, Libano, Myanmar, Pakistan, Somalia e Sudan. Detti interventi sono finalizzati al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni e dei rifugiati nei Paesi limitrofi ed al tempo stesso ad assicurare i processi di ricostruzione civile.
Specialmente per quanto riguarda la Somalia e i restanti Paesi del Corno d'Africa, dove sono 12 milioni le potenziali vittime di una spaventosa carestia, il relatore qui non può che pronunciare l'auspicio che molte più risorse siano destinate al soccorso delle ingenti masse di popolazioni civili sottoposte a questo rischio, come già richiesto dalla risoluzione approvata dalla Commissione affari esteri la settimana scorsa e accettata dal Governo.
L'autorizzazione di spesa è stata, altresì, estesa per lo stesso periodo, 1o luglio-31 dicembre 2011, nella misura di 350 mila euro, 300 mila nel provvedimento originario, agli interventi previsti dalla legge 7 marzo 2001, n. 58, istitutiva del Fondo per lo sminamento umanitario, già finanziati in precedenza con interventi legislativi di contenuto analogo a quello in esame.
Sottolineo la portata del comma 2, che mira a consentire l'utilizzo di beni pubblici libici congelati in Italia quali garanzie del finanziamento di spese umanitarie in favore della popolazione libica o in favore del Consiglio nazionale transitorio libico, attraverso l'apertura di linee di credito da parte di banche private. Il comma 4 prevede una spesa di 2.295.224 euro per interventi a sostegno della stabilizzazione in Iraq e in Libia per il periodo 1o luglio-31 dicembre 2011.
Nello stesso periodo, ove si dovessero verificare urgenti necessità in altre aree di crisi, il Ministro degli affari esteri può autorizzare, con proprio decreto e nell'ambito del medesimo stanziamento, la destinazione di risorse a tali altre aree.
Vengono, altresì, integrati di un milione di euro, relativamente all'arco di tempo già menzionato, gli stanziamenti già assegnati per l'attuazione della legge n. 180 del 1992 e per la realizzazione degli interventi e delle iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza nell'Africa sub-sahariana.
Per quanto riguarda la disciplina degli interventi previsti dagli articoli 1 e 2 del provvedimento, l'articolo 3 ricalca le disposizioni dei precedenti decreti, confermando le deroghe indispensabili al Ministro Pag. 9degli affari esteri per operare nei contesti di crisi. Desta, tuttavia, forti perplessità il fatto che gli stanziamenti aggiuntivi previsti dagli emendamenti approvati dal Senato, testé richiamati, pari a 8 milioni di euro, 5 milioni per le iniziative in Afghanistan ex articolo 1 più 3 milioni per gli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione ex articolo 2, non siano coperti con le risorse individuate all'articolo 10, vale a dire il Fondo per gli interventi strutturali, ma con una riduzione delle dotazioni finanziarie relative alle spese rimodulabili del bilancio di previsione del Ministero degli affari esteri.
Richiamo l'attenzione del Parlamento su tale criticità e chiedo al rappresentante del Governo di fornirci assicurazioni in ordine alla provvisorietà di tale misura, che rischia, altrimenti, di tradursi in un'ulteriore ed ingiustificata decurtazione dei fondi di quel Dicastero.
Concludo auspicando che vi sia, come già al Senato, anche alla Camera, la più ampia convergenza a sostegno del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il relatore per la Commissione difesa, onorevole Cirielli, ha facoltà di svolgere la relazione.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, al termine del mio breve intervento consegnerò la versione integrale della mia relazione per la discussione sulle linee generali del provvedimento, che, come di consueto, rifinanzia le missioni internazionali. Quest'anno abbiamo avuto un dibattito particolarmente intenso, provocato dalla situazione economica che investe tutte le voci del bilancio, ma è importante ribadire come, in maniera largamente condivisa, il Parlamento ritenga ancora una volta centrale il ruolo e, soprattutto, le responsabilità che l'Italia ha nel contesto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per la sicurezza del mondo, per la pace, per la lotta contro il terrorismo e per la sicurezza e la vita dei nostri cittadini.
L'intervento in Libia, nato per scongiurare un'emergenza umanitaria che sarebbe stata di dimensioni inimmaginabili e sulla base di una risoluzione dell'ONU, si è inserito, quindi, in un contesto particolarmente complicato. Alla fine, vi è stata anche una scelta condivisa degli alleati della NATO, sebbene voglia ribadire la contrarietà che buona parte del Parlamento, e comunque io personalmente, abbiamo avuto rispetto ad atteggiamenti solitari, soprattutto nella prima fase, di alcuni alleati, e segnatamente della Francia.
Il Senato quest'anno, in maniera particolare, è intervenuto per migliorare il provvedimento in esame.
Vorrei segnalare, ancora una volta, l'importanza dell'ampia condivisione delle scelte delle forze parlamentari: oltre il 90 per cento del Parlamento, sia al Senato, sia nelle Commissioni qui alla Camera, ha votato a favore del provvedimento in discussione, confermando non soltanto un forte appoggio all'azione dell'Italia, ma anche, soprattutto, un sostegno morale e psicologico ai nostri militari impegnati in Afghanistan, sostegno di cui hanno assolutamente bisogno per essere convinti che si adoperano, innanzitutto, per la sicurezza dell'Italia in una delicata missione di pace e di stabilizzazione.
Il decreto-legge in esame, oltre a riprodurre norme già previste, come di consueto, nei provvedimenti di rifinanziamento, presenta alcune novità particolari. Ovviamente, quelle introdotte a seguito dell'intervento in Libia che, quest'anno, è finanziato solo fino al 30 settembre; evidentemente, vi è l'intendimento di una verifica in corso d'opera della missione, con la speranza di poterla rimodulare. Ricordo che la suddetta missione ha già avuto costi rilevanti tra il 18 marzo e il 31 luglio, data di entrata in vigore del presente decreto-legge.
So che sono stati presentati ordini del giorno che contengono una sollecitazione che arriva dalla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) che nel suo parere ha richiamato la necessità di assicurare Pag. 10misure di sostegno economico e tributario alle imprese danneggiate. Ritengo che soprattutto l'ordine del giorno presentato dall'onorevole Gidoni sia particolarmente importante e vada sostenuto.
Il decreto-legge in esame, come ho accennato, introduce il concetto di una razionalizzazione dell'impegno delle missioni militari che non significa, richiamando l'intervento del Ministro La Russa, un disimpegno dell'Italia rispetto alle responsabilità internazionali, ma una valutazione, concordata in quelle sedi internazionali, oltre che attentamente meditata, dei successi che le nostre missioni hanno avuto, soprattutto nei Balcani, e nella mutata condizione del nostro impegno in Libano che deriva dall'assunzione del comando da parte della Spagna. Per questo, già da ora, sono previste alcune riduzioni nei finanziamenti di queste missioni, ma ne vengono annunciate altre entro il corso dell'anno.
In questo quadro mi preme sottolineare con forza, richiamando il ragionamento che ho già fatto relativamente all'impegno in Afghanistan, che in una situazione difficile il Governo, su proposta del Ministro La Russa, è riuscito ad aumentare di quasi 20 milioni di euro lo stanziamento per migliorare gli equipaggiamenti e i mezzi dei nostri contingenti su questo scenario così pericoloso, come, purtroppo, l'elenco dei caduti dimostra.
Vorrei anche segnalare una novità particolare relativa alle missioni che avvengono nel Corno d'Africa per contrastare la pirateria. In maniera particolare, l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede la possibilità di imbarcare a richiesta di armatori nuclei militari di protezione composti da personale prevalentemente della Marina, o eventualmente anche di altre Forze armate, con oneri a carico degli armatori stessi. Si tratta, sicuramente, di una situazione particolare, ma credo che la scelta del Governo vada, in ogni caso, condivisa.
Vorrei inoltre ricordare che, in altre circostanze, anche ad uso interno, può capitare che i privati possano accollarsi spese relative ad interventi di forze di polizia, anche Forze armate, sebbene il tutto vada valutato sempre con la massima attenzione e con uno scrupolo particolare. Da questo punto di vista, il decreto-legge elaborato dal Ministero dell'interno, di concerto con i Ministeri della difesa e delle infrastrutture e dei trasporti, dovrebbe garantire che questo impiego avvenga nei limiti e nelle ipotesi strettamente previste dalla legge.
Voglio segnalare in maniera assai preoccupata, invece, il contenuto dell'articolo 6. In quest'articolo è disciplinata la corresponsione di un compenso forfettario dell'impiego e della retribuzione per lavoro straordinario spettante al personale che partecipa ad una serie di missioni, che sebbene non specificate dovrebbero essere le missioni Atalanta, Active Endeavour e quelle relative alla Libia. È un'anomalia, perché comunque i militari vengono impegnati al di fuori del territorio nazionale e non avere la diaria di missione, così come l'hanno gli altri militari che sono già impegnati in tutte le missioni internazionali, mi sembra una grave ingiustizia.
Solo per l'esigenza e la necessità di accelerare la conversione del decreto-legge, in Commissione difesa non abbiamo presentato - almeno come maggioranza - proposte emendative in tal senso, ma è chiaro che mi auguro che vi siano ordini del giorno che possano prevedere una rivalutazione della disposizione. Anzi, in tal senso, preannuncio la presentazione di un ordine del giorno da parte del sottoscritto.
Rispetto alla copertura finanziaria, oltre agli interventi ordinari di recupero dal Fondo per interventi strutturali di politica economica, vi sono anche delle rimodulazioni rispetto alle spese già effettuate ed anche un intervento, soprattutto a carico del Ministero degli affari esteri.
Da ultimo tra le altre disposizioni che vengono inserite voglio segnalare in maniera assai positiva l'articolo 6 comma 4-quater, che reca un finanziamento destinato al reclutamento delle tre Forze armate, che integra i fondi per la cosiddetta professionalizzazione. Si tratta di ben 53 milioni di euro, una misura importante Pag. 11che serve al funzionamento complessivo dello strumento militare, soprattutto nel momento in cui chiediamo uno sforzo importante.
Detto ciò, ovviamente auspico che il dibattito prosegua sulla stregua di quello che già si è tenuto nelle Commissioni e che la larga condivisione, che finora si è manifestata, possa trovare sede nuovamente anche nell'Aula principale della Camera.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Cirielli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto ora a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei dire al sottosegretario che, quando abbiamo preso la parola sull'ordine dei lavori, non facevamo nessun riferimento personale. Intervenivamo per una valutazione complessiva - che noi sottolineiamo - sull'atteggiamento, sulla sensibilità e sulla responsabilità del Governo di fronte ad una materia che stiamo affrontando, signor Presidente, sotto tono e con una non sufficiente attenzione e, almeno in questa fase, con un non sufficiente coinvolgimento dell'Aula. Credo che bisogna dire ciò con molta forza, perché ci troviamo di fronte ad uno snodo delicato.
Io immaginavo e pensavo - è una mia vecchia illusione, che si trascina, si ripete e si reitera in queste occasioni - che questo potesse essere il momento per fare il punto sulla politica estera e di difesa del nostro Paese. Certamente il sottosegretario Cossiga avrà elementi, che potrà trarre ovviamente dai nostri interventi, e mi auguro che nella replica, a conclusione di questo dibattito, il Governo possa dirci qualcosa rispetto alle nostre missioni e alle condizioni dei militari, sugli sbocchi e sugli scenari futuri e che possa declinare anche quella che è la politica estera all'interno del nostro Paese.
Infatti i relatori, sia della IV Commissione (Affari esteri) sia della III Commissione (Difesa), che io ringrazio, hanno fatto il punto della situazione e certamente hanno dato e rassegnato all'attenzione di quest'Aula un quadro complessivo della situazione delle nostre missioni all'estero.
Si è fatto certamente riferimento all'Afghanistan, al Libano, alla Libia, al Kosovo e alla situazione del Corno d'Africa. Io prendo ovviamente queste relazioni come una sollecitazione - forse potrò anche sbagliarmi - e una critica, se non chiara, velata, ma molto molto evidente, per quanto ci riguarda, nei confronti del Governo.
Qui non ci troviamo, signor Presidente e signor sottosegretario, a fare i conti aritmetici sul rifinanziamento di missioni importanti e delicate come quella dell'Afghanistan.
Non è una partita di giro né un fatto ragionieristico, ma doveva essere questa l'occasione per dirci qual è lo stato dell'arte, qual è la situazione in Afghanistan, quali sono gli sbocchi, qual è il ruolo del nostro Paese, qual è il ruolo dell'Unione europea in questi Paesi e in questi scacchieri, per capire se c'è una possibilità di dare delle risposte a nodi, interrogativi, problemi e grovigli ancora non sufficientemente chiariti. Io ritengo che queste siano le occasioni.
Che facciamo? Rifinanziamo le missioni? Va bene. Proroghiamo la missioni? Va bene; voi sapete che c'è un ampio consenso da parte del Parlamento. Chi si assume oggi la responsabilità di dire «no» al rifinanziamento delle missioni? Forse qualche formazione politica, ma chi si assume la responsabilità di fronte ai nostri ragazzi che muoiono in Afghanistan e che hanno perso la vita anche in altri scacchieri ed altre missioni all'estero anche fuori dall'Afghanistan? Chi si assume la responsabilità? Ma questo, ovviamente, è un adagiarsi su una posizione comoda che si ha, di arroganza, a mio avviso, di una sicumera che non trova posto né collocazione e il Governo dovrebbe sentire la necessità di cogliere questa occasione di Pag. 12parlare finalmente di politica estera, dopo tantissimi anni di nostra presenza in Afghanistan, al di là di quello che è stato l'impegno encomiabile ovviamente dei nostri militari.
Ed io non posso non cogliere questa occasione per elevare un pensiero commosso al generoso sacrificio di moltissimi militari, al loro impegno e per manifestare la solidarietà alle famiglie dei caduti, non posso non farlo con forza, fuori dalle liturgie e dalla ritualità. Molte volte dimentichiamo alcune cose, affrontiamo i temi e gli argomenti, ci commuoviamo di fronte agli accadimenti tragici ma poi derubrichiamo tutto come se si trattasse di pratiche evase ma certamente questa doveva essere l'occasione, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, di dirci, come dicevo poc'anzi, qual è la situazione dell'Afghanistan dopo dieci anni dalla nostra presenza.
Stiamo affrontando da molti anni questo nostro impegno attraverso lo strumento militare, sia con le Forze armate che con le forze di polizia: Il peacekeeping e il peace enforcement sono stati momenti fondamentali anche di una nostra presenza in questi scacchieri internazionali, delle missioni fuori area, come si dice in queste circostanze e abbiamo tentato più volte, attraverso queste missioni, di costruire e di delineare una politica estera, una presenza certamente forte non soltanto del nostro Paese ma anche degli alleati, della NATO e degli Stati Uniti d'America. Sono momenti importanti e fondamentali ma dopo dieci anni, dopo la vicenda dell'Unione sovietica in Afghanistan, cosa rimane? Si era detto chiaramente che c'era una lotta da perseguire con forza contro il terrorismo internazionale, contro la presenza e il Governo dei talebani, per colpire anche là, per colpire Bin Laden.
Questo fu un coinvolgimento di chi pensava e di chi pensa ancora, oggi con forza, che bisogna bloccare la deriva del terrorismo e della violenza che ha sconvolto e sconvolge continuamente il mondo. I fatti che emergono sono sempre più drammatici, eloquenti di una situazione ingarbugliata e confusa. Cosa facciamo? Qual è la situazione dell'Afghanistan in questo momento? Qual è il ruolo dell'Unione europea in questo momento? Dobbiamo dire tuttavia con estrema chiarezza che il Presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, ha dato una valutazione negativa, una bocciatura della cosiddetta missione di pace in Afghanistan. Di tutto questo non parliamo, ma dobbiamo chiederci quale sia il dispiegamento delle risorse e come le stesse vengano ricollocate, quale sia la reattività, quali siano i temi, gli argomenti, i problemi affrontati dal Governo di Kabul.
Tutto rimane in ombra, imperscrutabile, quando noi sappiamo che la situazione in Afghanistan diventa sempre più difficile e preoccupante. Si dice continuamente che le missioni avranno termine. Noi, signor sottosegretario, rifinanziamo questa missione fino al 31 dicembre: poi che facciamo? Procediamo ad un rifinanziamento ulteriore? Dobbiamo capire quali sono i costi e i benefici, qual è la proiezione, l'idea di questa nostra missione rispetto ai risultati che abbiamo raggiunto in Afghanistan. In questo Paese c'è - lo abbiamo detto più volte - una popolazione che sempre più vede le forze alleate come forze di occupazione. Questo ovviamente non è un bene. Perché tutto questo? A che punto è la formazione della polizia dell'Afghanistan da parte delle forze di polizia che anche noi abbiamo mandato in qualità di istruttori? Si tratta di quesiti e dati importanti, come credo che un altro dato importante riguardi la questione dell'oppio, sul cui commercio (e la coltivazione) vivono 3,4 milioni di afgani.
C'è poi l'aumento della disoccupazione dall'8 al 40 per cento: in alcune realtà, alcuni territori, raggiunge l'80 per cento. C'è una situazione che ci fa veramente capire che forse si è andati verso un tunnel e non si è riusciti, anche con il Governo locale, a creare le condizioni per un recupero di una vita normale, di ripresa, di sviluppo; non si è riusciti cioè a dare un minimo di normalità a questo Paese. Allora bisogna che questo nostro Pag. 13Paese faccia il punto della situazione perché è bene che la nostra missione ci sia, che i nostri impegni internazionali siano mantenuti, però dobbiamo avere anche la dignità, la forza e la capacità di dare risposte attraverso il nostro comportamento, attraverso un'idea, attraverso un progetto, attraverso un contributo. Ma occorre capire - come dicevo poc'anzi - cosa fa l'Unione europea. Qual è il rapporto con l'Unione europea? Qual è il raccordo con l'Unione europea, la sua politica estera? Ecco perché bisognava capire quale fosse la politica estera del nostro Paese, con i riflessi nella costruzione di una politica estera a livello europeo e internazionale, anche sul piano di un'azione combinata con la NATO. Ritengo che siano dati importanti e fondamentali, ed è inutile fare riferimento ad altri Paesi, come è stato fatto sapientemente e intelligentemente dai relatori, come nel caso della Libia.
Queste guerre, o queste presenze di pace che poi in questi territori si trasformano in guerre, non sappiamo a che punto sono. Molte volte ci sono presenze e situazioni dimenticate, che ritornano alla ribalta, all'attenzione dell'opinione pubblica quando si verificano fatti criminali, vicende tragiche. Qual è la situazione della Libia? Nessuno sa quale sia lo sbocco. Si era detto chiaramente che Gheddafi era alla fine, aveva concluso la sua presenza, almeno come leader di quel Paese, era pronto alla capitolazione, ad essere catturato.
Invece Gheddafi dopo molti mesi è lì. E anche qui si rischia di essere una missione e una presenza di forze armate combinate della NATO dimenticate. Ritengo che sia questo il dato su cui dovremmo certamente confrontarci e impegnarci. Certo, lo diceva il relatore per la IV Commissione che c'è stato l'impegno del Ministro della difesa per il rifinanziamento e questo è stato uno sforzo in riferimento alle vicende economiche, alla precarietà economica. Vogliamo ringraziare il Ministro della difesa: cosa poteva fare diversamente, signor relatore? Non chiedere di rifinanziare? Ogni volta il Ministro della difesa ci dice chiaramente che bisogna continuare. Che cosa avrebbe dovuto fare il Ministro della difesa? Avere un'altra politica o un'altra idea? Se ha un'altra idea non l'ha esternata, non l'abbiamo capito? Forse tra tutte le vicende che stanno caratterizzando questo nostro Governo non si è evidenziata, non ha avuto una sua identificazione, una posizione politica da parte del Ministro della difesa.
Poco male se qualche deputato non lo capisce. Poco male se questo Parlamento non riesce a sintonizzarsi con questo Ministro della difesa. Ma non vi è dubbio che questi sono aspetti seri che non possono essere limitati alle presenze ai funerali di Stato o alle visite lampo, soprattutto in quelle zone e in quei territori.
Ritengo che vi debba essere qualcosa di più anche per riqualificare e rivalutare il Parlamento. Se non c'è questa attenzione del Parlamento e questo decreto-legge viene ad essere visto da parte del Governo come un fatto burocratico, come un fatto già scontato, allora anche il Parlamento - questa non è una giustificazione - dimostra disattenzione e stanchezza. È una situazione che crea ripercussioni negative sul Parlamento che perde sempre di più la sua centralità. In altri momenti, signor Presidente e signor sottosegretario, forse questa stanchezza non si sarebbe verificata e questa freddezza non si sarebbe determinata e allora ci dobbiamo interrogare fino in fondo se non ci sono politiche, se non c'è attenzione sulla politica estera all'interno del nostro Paese. Tutto scade in un fatto scontato, senza farsi illusioni rispetto a quello che è il futuro, vivendo alla giornata, giorno per giorno. Credo che questa sia la negazione della politica e non c'è certamente uno slancio forte per recuperare un progetto, un'idea e soprattutto un ruolo del nostro Paese nello scacchiere internazionale.
Ritengo che questi sono gli aspetti importanti, fondamentali. Credo che questo sia l'incoraggiamento e soprattutto la vicinanza che il Parlamento e il Paese debba dare ai suoi militari, fuori dalla retorica: quante parole abbiamo ascoltato, quante enfatizzazioni, quante parole inutili e retoriche Pag. 14e, quindi, inutili e soprattutto dannose. Tentiamo di costruire semplicemente con le belle frasi infiocchettate quello che è un assenso o coprire l'assenza di un'idea, l'assenza di un progetto e l'assenza di una politica.
Ritengo - questo certamente dovrebbe dirlo il Governo - che questa sia l'occasione per fare il punto della situazione. Il relatore Farina parlava del Pakistan, parlava del Corno d'Africa, parlava della pirateria e di 12 milioni di esseri umani che rischiano la morte perché c'è penuria di cibo e di acqua. Qual è la politica a livello internazionale e qual è il ruolo dell'ONU? Qual è il ruolo della FAO, questo ente inutile e assurdo che abbiamo in Italia che nessuno ha il coraggio di dire che questa è la vergogna a livello internazionale, che forse sfama soltanto se stesso e certamente non ha uno straccio di politica. Perché non lo diciamo con molta chiarezza? Perché, a fronte delle nostre preoccupazioni, abdichiamo al ruolo di denuncia e di sollecitazione forte che tutti quanti dovremmo avere? Signor Presidente, c'è un problema degli organismi internazionali. Che cosa fa l'ONU rispetto al Corno d'Africa?
Che cosa fanno gli organismi internazionali per sostenere anche i volontari, che hanno difficoltà ad operare e a portare i soccorsi in quei territori? Inoltre, vi sono gli appelli reiterati del Santo Padre: che cosa si fa e cosa fa il nostro Paese, che si dimena e si contorce tra le piccole miserie, tra le piccole contraddizioni e, soprattutto, tra le brutture di questa legislatura, che stanno segnando, giorno per giorno, i nostri giorni e i nostri mesi?
Non vi è dubbio che, forse, questo Paese, questo Parlamento e questo Governo, sempre più debole e sempre più latitante, dovrebbero trovare la forza e la dignità di darsi una propria dimensione, più umana e più elevata. E potrebbero fare ciò se si confrontassero, a livello nazionale ed internazionale, su queste grandi questioni che riguardano l'umanità, il futuro dell'umanità, la crescita dell'umanità, lo sviluppo dell'umanità, la modernità dell'umanità.
Usciremmo dalle piccole miserie di ogni giorno che stanno caratterizzando questa stagione politica, se vi fosse, invece, una visione più alta, un'espansione di tale impegno. In questo modo, ridaremmo certamente dignità non soltanto all'istituto parlamentare, ma anche al nostro Paese e al ruolo che siamo chiamati tutti quanti ad assolvere con grande responsabilità e con grande determinazione.
Signor Presidente, sono questi i dati e gli elementi; senza parlare della cooperazione e della corruzione, che vi è, soprattutto, in Afghanistan. Della grande corruzione, nessuno parla; della cooperazione, nessuno parla. Io ritengo che questi temi dovrebbero essere all'attenzione, giorno per giorno, del Governo, del Parlamento, di chi è preposto al controllo. Sono dati ed aspetti in cui si sfruttano le miserie e i dolori di un'umanità sempre più ricacciata ai margini per trarre profitto e per arricchirsi.
Io ritengo che siano questi i nodi da sciogliere: sono i nodi che riguardano la civiltà. Si combattono il terrorismo e la violenza, se vi sono una forte cultura e una forte civiltà, una forte democrazia e una forte libertà, una grande capacità; non soltanto con la presenza dei militari, ma con un forte risveglio delle coscienze, all'insegna di una storia, di una tradizione, di una cultura, di valori che non sono mai venuti meno, ma che debbono essere riproposti, e che mi auguro siano la guida e, soprattutto, il riferimento per noi e per le generazioni future.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor deputato Presidente, intervengo soprattutto per una ragione, la ragione del popolo della pace, dei movimenti della pace che vi sono in questo Paese: ad essi, con l'Italia dei Valori, voglio dar voce, per dire che non deve spegnersi la loro speranza in ordine al fatto che esiste anche una politica che guarda soprattutto, anzi esclusivamente, al percorso della pace e che ripudia in modo determinato la guerra. Pag. 15
Come siamo soliti fare noi dell'Italia dei Valori rispetto ad ogni questione, usiamo le parole giuste per indicare e per chiamare le cose. Ebbene, anche in quest'occasione, diciamo che non ci troviamo di fronte ad una missione di pace, ma ad una vera e propria missione di guerra. Noi dell'Italia dei Valori siamo contrari in modo convinto e definitivo, da ieri, ad ogni forma di violenza, di guerra, di armi, di sangue: soprattutto noi, come italiani, già ne abbiamo versato troppo in queste missioni internazionali cosiddette di pace, ma che sono di guerra, come testimonia, purtroppo, il sangue stesso degli italiani.
Ebbene, noi contestiamo questo provvedimento non solo dal punto di vista di principio generale: infatti, noi siamo figli di una patria, di una nazione, che è sotto una Costituzione che precisa, con indiscutibile puntualità, che l'Italia ripudia ogni forma di guerra. È la nostra Costituzione che recita così.
Noi, istituzioni, Parlamento, Governo, dovremmo muoverci esclusivamente nel rispetto della nostra Carta costituzionale. Ecco perché vi è una posizione contraria dell'Italia dei Valori rispetto a questo provvedimento.
Vorrei poi aggiungere qualcosa in ordine al merito del provvedimento, perché questo disegno di legge di conversione, così come si presenta, sembrerebbe un «milleproroghe», un «omnibus», se preferite chiamatelo uno «zabaione», perché in esso vi è tutto e il contrario di tutto. Soprattutto registriamo che non vi è omogeneità per materia dei vari interventi che sono stati assunti e realizzati. In questo provvedimento, in questo «zabaione», purtroppo, come dicevo all'inizio, vi è anche un triste ingrediente, che ci affligge: ci sono quarantuno giovani italiani che ci hanno rimesso la vita.
Ebbene, questa casta di Governo, in questo «zabaione», cosa infila pure? Infila, ad esempio, il Trust Fund InCE, che era un carrozzone che fu messo in piedi da De Michelis quando era Ministro degli affari esteri e per il quale si prevede una spesa di un milione di euro. Si prevede la spesa di un milione di euro per questa struttura presso la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, ma vorrei sapere: cosa c'entra questo carrozzone con le missioni internazionali di pace, così come le chiamate? A cosa serve tenere in piedi ancora questi carrozzoni? Non abbiamo detto che bisogna ridurre i costi della politica? Non abbiamo detto che bisogna eliminare questi carrozzoni, queste strutture ingombranti quanto inutili, di cui si serve la politica per sistemare qualche amico o qualche amico degli amici, insomma, per fare un po' di clientela spicciola? Quando smetterete di infilare in un provvedimento che riguarda le missioni di pace all'estero il mantenimento di un carrozzone che non ha nulla a che vedere - direbbe il mio Di Pietro: ma che c'azzecca, questo carrozzone? - con le missioni all'estero?
Io dico: certo che c'azzecca! C'azzecca con la casta, perché in questo «zabaione» ne approfittano per sistemare un po' di casta a destra e a sinistra. Cosa c'azzecca, ad esempio, il Commissario generale del Governo italiano per l'Esposizione universale di Shanghai? Cosa c'entra l'Expo di Shanghai con le missioni internazionali di pace? Altri 200 mila euro. Ma vi sembra questo un provvedimento nel quale si inserisce la proroga per il Commissario generale del Governo italiano per l'Expo di Shanghai? Che c'entra? È compatibile, è omogeneo per materia o è tutta altra cosa?
Aggiungo ancora: cosa c'entra Villa Vigoni, sul lago di Como, questo istituto italo-tedesco per il quale si prevede un ulteriore stanziamento di 60 mila euro per arrivare alla cifra di 310 mila euro, con le missioni internazionali di pace? Bisogna mettere un po' di amici e sistemare qualche baraccone che, probabilmente, non ha più alimento. Quindi, con questo provvedimento sulle missioni internazionali andiamo a finanziare la casta e i carrozzoni di una politica inutile, insomma, gli apparati di cui si può fare tranquillamente a meno.
E, soprattutto, men che mai questi carrozzoni e questo alimento per la casta possono essere previsti in un provvedimento Pag. 16che riguarda missioni internazionali. Vi è totale incompatibilità ed incongruenza per materia.
E, poi cosa c'entra, al comma 2-bis dell'articolo 8, la liquidazione delle competenze ad una commissione presso il Ministero della difesa? Cosa c'entra la liquidazione di competenze ad una commissione del Ministero della difesa? Serve forse per accelerare una procedura per far fare cassa in modo più veloce al Ministro La Russa, in modo che il Ministro La Russa probabilmente potrà ridersela di più, quando afferma che anche lui ha già una sede distaccata del Ministero della difesa a Milano? Lui l'ha sempre avuta la sede, anzi ci fa anche l'ironia su. Pertanto, queste sedi distaccate periferiche dei Ministeri al Nord servono a qualcosa? Ma a cosa serve tutto questo? Serve semplicemente per tenere in piedi qualche altra segreteria politica dove mettere qualche altro amico e dove mettere qualche altro cliente. Stiamo, insomma, all'alimentazione dei clientes di una certa politica, della politica di questo Governo e di questa casta.
Per queste ragioni invito davvero, con spirito sottomesso, il Capo dello Stato a non controfirmare questo provvedimento, perché c'è una palese incompatibilità ed una totale disomogeneità per materia tra il tema del provvedimento ed il suo contenuto. Infatti, se non leggo male, il disegno di legge in esame reca la conversione in legge del decreto-legge n. 107 del 2011, che parla di proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia. Tutta quest'altra roba di cui vi parlavo non c'entra affatto con questo provvedimento. Ecco perché rinnovo l'invito contenuto in un nostro slogan dell'Italia dei Valori: «Giorgio non firmare», perché non può firmare il Presidente della Repubblica, non un provvedimento che è uno zabaglione, dove c'è tutto e il contrario di tutto. E quindi, per la palese disomogeneità per materia, il Capo dello Stato non può far passare, dare «disco verde» ad un provvedimento del genere, a meno che, come siamo soliti fare noi dell'Italia dei Valori, con senso costruttivo e con cultura di governo, non venga approvata una serie di emendamenti da me presentati soppressivi delle questioni che sono state comprese nel corrente provvedimento, proprio per eliminare questa parte, che non ha alcuna compatibilità con il provvedimento medesimo.
Estrapolando questi corpi eterogenei, dissimili dalla materia che stiamo esaminando e su cui stiamo legiferando, si può dare ordine, almeno dal punto di vista formale e legale al provvedimento in parola. Solo così è possibile approvarlo, per cui vi abbiamo fatto delle proposte e ci sono dei miei emendamenti soppressivi che ridanno «normalità», se così volete che la si chiami, al provvedimento stesso. Andando poi ancora avanti, un'altra parte del provvedimento è ancora più inquietante. Mi riferisco al comma 4-bis dell'articolo 6, dove addirittura c'è una norma interpretativa della composizione delle commissioni per l'avanzamento delle carriere della Guardia di finanza.
Non c'è tema forse più attuale di quello della Guardia di finanza, soprattutto alla luce delle parole del Ministro competente, e gerarchicamente superiore, rispetto alla Guardia di finanza, cioè il Ministro Tremonti, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dimessosi da inquilino. Questo Ministro non si è forse accorto delle cose che ha detto a proposito dell'allarme che ci ha lanciato sull'affidabilità e sulla sicurezza che la Guardia di finanza dovrebbe offrire a questo Paese.
Insomma, egli ci ha fatto una fotografia di questa Guardia di finanza che sembra divisa al suo interno - sempre secondo il Ministro dell'economia e delle finanze - tra una Guardia di finanza «berlusconiana», che lo insegue, che lo pedina, che controlla le sue attività, ed una Guardia di finanza «tremontiana», che si contrappone a quella «berlusconiana». Naturalmente tutto ciò si verifica per motivi di concorrenza esterna, perché ci troviamo alla vigilia della nomina del nuovo Comandante generale della Guardia di finanza Pag. 17e quindi vi è questa conflittualità, questa concorrenzialità all'interno dei vertici della Guardia di finanza, che ci è stata comunicata proprio dal Ministro dell'economia e delle finanze.
A questo aggiungiamo ciò che leggevo ieri sul Corriere della Sera, dove l'ex Ministro Visco diceva - questo è il titolo - «Fiamme gialle infiltrate dalla politica: una parte dei vertici ne porta la colpa» e poi che proprio la gestione del Corpo della guardia di finanza è poco autonoma ed influenzata dalla politica. Allora, noi dell'Italia dei Valori siamo abituati a dare importanza alle parole che si affermano quando abbiamo questo tipo di informazioni, secondo cui i vertici dello Stato danno questo campanello di allarme sulla Guardia di finanza e il Ministro Tremonti è quasi pentito del suo provvedimento con il quale affidava la nomina del capo della Guardia di finanza ad un membro stesso della Guardia di finanza, non più proveniente dall'Esercito, quando sentiamo un sottosegretario di Stato per la difesa che si preoccupa di aver lanciato anch'egli un allarme e di aver messo in guardia rispetto alle Guardia di finanza perché potrebbe avere poi delle ritorsioni.
Rispetto a questo scenario così inquietante, rispetto a questa politica che interferisce in un settore strategico e importante dello Stato, quale la Guardia di finanza, cosa si fa? Si fa quello che è successo nel provvedimento di oggi, con il quale si infila all'ultimo momento, giusto per poter continuare a giocare - perché questo è il termine, perché questo Governo sta giocando con la Guardia di finanza, sta giocando con le istituzioni -, ad un certo punto si inserisce questa norma che prevede come muoversi per la composizione delle commissioni che devono decidere sulle carriere dei generali e dei vertici della Guardia di finanza.
Insomma, ma cosa sono questi blitz, questa modalità con cui si continua a procedere e per la quale, rispetto ad una situazione di alert che abbiamo su quel settore, prendiamo un provvedimento su quel settore utilizzando una norma che non c'azzecca nulla con la Guardia di finanza? Io, invece, sulla Guardia di finanza, che tra l'altro viene interessata da questo provvedimento perché viene prorogata dal 1o luglio 2011 al 31 dicembre 2011 l'utilizzazione del Corpo della guardia di finanza nelle missioni estere, dico una cosa.
Infatti, ritengo che la politica sia una cosa seria e, quindi, la politica non possa mettersi a scherzare quando, ad esempio, mercoledì scorso, in Commissione finanze è venuto il direttore di AAMS (di un settore importante dei settori finanziari, ovvero quello dei Monopoli di Stato), il quale ci ha lanciato un grido d'allarme. Ci ha detto testualmente che AAMS non è compatibile con il settore dei giochi, perché i Monopoli di Stato sono inadeguati per poter controllare, fronteggiare e vigilare su questo inquietante mondo dei giochi.
Quindi, dai Monopoli di Stato ci dicono che hanno bisogno di più personale e dal Ministero dell'economia e delle finanze di una struttura almeno come le altre. Infatti, ci chiedeva per quale ragione nell'Agenzia delle entrate ci sono mille dirigenti, mentre nella struttura delle dogane ce ne sono 200 e nei Monopoli di Stato ci sono solo sei dirigenti di fascia A in AAMS. Quindi, è chiaro tutto lo scenario: noi togliamo la guardia di finanza dall'Italia dove avremmo ancora più necessità. Ce lo dicono altri settori finanziari che hanno bisogno di più controlli, perché dai controlli che sono stati fatti presso tutte queste agenzie di giochi emerge che ci sono ancora tantissimi minori che giocano benché sia vietato e si sta avvelenando questo Paese. Infatti, così crescono sempre di più le ludopatie e ci hanno detto che solo dieci casi in tutta Italia sono stati individuati di ragazzi e di minori che giocavano in sale giochi nelle quali è a loro severamente proibito l'accesso. Quindi, la guardia di finanza dovremmo tenerla qui in Italia, farla lavorare e potenziarla in Italia, perché è un corpo di polizia specializzato nel contrastare i reati economico-finanziari e non all'estero a «fare la guerra». Non serve la guardia di finanza all'estero, serve in Italia, perché è in Italia Pag. 18che c'è bisogno di contrastare soprattutto la criminalità economico-finanziaria, che purtroppo in questo Paese cresce.
Quindi, il Governo distrae dal nostro Paese il settore della Guardia di finanza e lo manda all'estero ed è questo il motivo per il quale ho espresso una valutazione contraria in Commissione finanze, quando si è dato il parere su questo provvedimento. Per la verità, abbiamo espresso parere contrario, e giovedì scorso, in epoca non sospetta. Oggi vedo che ci sono tanti appelli alla responsabilità: le parti sociali che incalzano, ed hanno ragione (Confindustria, Confcommercio), c'è un'Italia che va a picco e che sta affondando, e qui si ritiene che tranquillamente noi si possa andare in vacanza. La scorsa settimana, in Commissione finanze, quando il direttore dei Monopoli di Stato ci ha disegnato questa situazione, drammatica, del nostro Paese e sapendo soprattutto che il nostro Paese si sta avviando a diventare un Paese di giocatori, un Paese che non produce più, abbiamo proposto di calendarizzare per la prossima settimana un provvedimento. Infatti, noi dell'Italia dei Valori così facciamo: immediatamente vi diciamo cosa bisogna fare per il bene di questo Paese e per gli italiani. Non a caso è stata presentata un'interrogazione a risposta immediata sul tema, che verrà discussa domani, e immediatamente una risoluzione integrativa a quella che già avevamo depositato in Commissione per esaminare la questione e per dire che dobbiamo fare attenzione sui problemi veri degli italiani. È su questo che noi ci vogliamo misurare e la settimana scorsa vi abbiamo detto che dobbiamo stare qui a lavorare, perché non è possibile rinviare a dopo l'estate e a dopo le vacanze.
Ma con quale coscienza si va in vacanza? Non riesco ad abbandonare un Paese o quei lavoratori che ho lasciato a Grottaminarda, 685 lavoratori dell'Irisbus Iveco, che stanno perdendo il loro posto di lavoro, insieme agli altri 170 mila che in Italia rischiano il posto di lavoro nel 2011 e che potrebbero andarsi a sommare ai 500 mila che già lo hanno perso nel 2010. Questo lo dice una relazione della CISL presentata la settimana scorsa, non ve lo dice Barbato o l'Italia dei Valori.
Dobbiamo, allora, rimanere qui e, anzi, aggiungo che bisogna rimanere qui perché il Paese sta bruciando, perché ci sono delle questioni rispetto alle quali non possiamo girare la faccia altrove o fare come gli struzzi e mettere la testa sotto la sabbia. Bisogna stare qui a lavorare su una situazione di crisi internazionale, che sta mettendo le mani sull'Italia. Ci sono speculazioni che possono avvinghiare le nostre imprese, che sono quelle che più hanno perso in borsa rispetto ai competitors europei e internazionali. Le nostre aziende vivono la situazione di un Paese dove non vi è crescita e dove vi è un debito pubblico che le affoga. Per queste ragioni bisogna stare qui, anziché fare questa propaganda televisiva, di chi invita il Governo a riferire in Aula o ad incontrarsi. Invece, dobbiamo varare provvedimenti - ad esempio, come quello di cui vi ho parlato - e varare una manovra economico-finanziaria per dare una risposta forte ai mercati finanziari internazionali e per non farci mettere le mani addosso da una speculazione internazionale che è dietro l'angolo e che sta puntando l'Italia.
Anche in questa occasione, per quale ragione dobbiamo ancora investire con i nostri soldi, con quelli degli italiani, per le missioni all'estero - un miliardo e mezzo - quando in questo Paese stiamo in una situazione di grave crisi economico-finanziaria? Ma vi sembra mai sensato che se la mia casa sta crollando e una parete comincia a crollare, non mi interesso della mia casa ma vado a interessarmi della casa di uno che abita dieci chilometri più in la o di qualunque altra casa? Un Governo serio e responsabile innanzitutto fa i conti con i propri cittadini e deve ben rispondere alle esigenze dei propri cittadini. Ma deve rispondervi oggi e deve dare oggi - o ieri addirittura - risposte alle domande che vengono dai cittadini ma, come vi ho detto più volte, questo è un Governo che non dà risposte al Paese. Il Governo di volta in volta si distrae, oggi con le missioni internazionali, e mette in Pag. 19questo provvedimento tanti argomenti, così facendo un «bel zabaglione» e alimentando un po' di casta. Ma sui problemi veri del Paese quando si danno risposte? Quando si dà risposta ai temi occupazionali? Quando si dà risposta a un'economia che sta franando?
Insomma, a mio avviso è venuto il momento in cui si è davvero di fronte a un redde rationem, perché la gente non ne può più, i cittadini sono stanchi. Per questa ragione - ve l'ho detto più volte - state rischiando, caro Governo e cara maggioranza berlusconiana, che vi vengano a prendere con i forconi, perché in questo Paese non se ne può più e la tensione sociale è fortissima. Voi non state nei territori, tra i cittadini, a respirare, a vivere e a condividere le ansie, le paure e le preoccupazioni che ci vengono dagli italiani e dalle italiane. Voi ritenete che la politica si faccia in televisione e che basta andare a Porta a Porta o fare un comunicato. Non è così, perché non vivete più la realtà del Paese e siete lontani e distonici rispetto alle esigenze vere degli italiani.
Per questa ragione, come Italia dei Valori vi abbiamo detto, in un momento non sospetto, in Commissione e, oggi, qui in Aula: il Parlamento non può chiudere, non può andare in vacanza rispetto a questo Titanic che sta affondando, perché noi, dell'Italia dei Valori, vogliamo tenere in piedi il Paese e vogliamo prendere per mano tutta la parte buona, tutti gli italiani onesti e buoni che vogliono vivere una vita normale nel loro Paese. Non vogliamo più cittadini che devono emigrare o scappare, perché non possono vivere nei loro territori d'origine, e mi riferisco soprattutto al Mezzogiorno d'Italia.
Le risposte bisogna darle adesso. Noi dobbiamo essere i pompieri di questa casa Italia che sta bruciando, noi - la politica - dobbiamo essere i pompieri che spengono le fiamme che stanno bruciando e distruggendo il nostro Paese.
Noi del gruppo dell'Italia dei Valori stiamo già facendo questo lavoro - lo abbiamo detto nelle Commissioni e in Aula - e aggiungo qualche cosa di più: rispetto alle questioni che ho visto nel Paese - sono stato a Grottaminarda con i lavoratori della FIAT Iveco Irisbus, che stanno perdendo il loro posto di lavoro - la politica era assente.
L'ho detto a voi e a quei lavoratori e, adesso, mi rivolgo soprattutto a tutti i lavoratori italiani che vedono a rischio il loro lavoro, il loro futuro e la sicurezza dello loro famiglie: voi domani pensate di chiudere e di terminare i lavori qui alla Camera, ma io non me ne vado, resto qui. Lo annuncio già da oggi: occupo l'Aula perché il Parlamento, il Governo e la politica non devono essere assenti, ma «stare sul pezzo», ossia dare risposte agli italiani e alle italiane. Questo è il lavoro che vuole fare l'Italia dei Valori per costruire l'altra Italia, ossia l'Italia dei buoni e degli onesti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, cercherò di attenermi al tema della discussione, iniziando da una considerazione di prammatica. Quando semestralmente noi affrontiamo questo tema centrale dell'iniziativa di politica estera del Paese, ogni volta mettiamo all'ordine del giorno una discussione che poi non riusciamo mai a fare, che riguarda il contesto generale della politica estera del nostro Paese ed il modo in cui essa prende atto delle novità che si stanno determinando e che si sono determinate sullo scenario internazionale, quali risposte a queste modifiche e a questi dati nuovi che la politica estera del Paese mette in essere.
Si tratta di una discussione che stiamo rinviando da troppo tempo e sulla quale siamo molto critici nei confronti del Governo perché cogliamo - e abbiamo colto - nel corso di questi tre anni di vita della coalizione di maggioranza, i dati di una discontinuità evidente nel contesto internazionale, alla quale il Governo ha replicato sostanzialmente ignorando le questioni che si stavano determinando e che, in qualche caso, incidevano fortemente e pesantemente sulla stessa linea di politica estera del medesimo Governo. Pag. 20
Questa discussione meriterebbe di essere fatta e non si può svolgere, se non in modo molto schematico, introducendo la discussione sulle missioni internazionali. Non è fuori tema - anzi credo che sia assolutamente necessario - partire da qualche considerazione di carattere generale per venire, poi, al ruolo dell'Italia sui principali scacchieri internazionali, dove insistono le medesime missioni di pace.
Abbiamo oggi a che fare con un'evidente fase di transizione, nella quale i principi, gli strumenti e i soggetti del multilateralismo stanno vivendo una fase - per molti versi travagliata - di difficoltà o - potremmo dire - di riorientamento.
Quello che è accaduto e che sta accadendo, soprattutto ad opera di Paesi che stanno determinando nuove soggettività importanti nello scacchiere economico e, inevitabilmente, anche in quello politico internazionale è che i dati di venuta a consunzione di vecchie politiche che si possono definire «coloniali» segnano, in un certo qual modo, la fine di un certo approccio dell'Occidente nei confronti del governo del mondo.
La crisi di egemonia ammessa con lucidità dallo stesso Presidente degli Stati Uniti, la crisi di egemonia della superpotenza che è costretta a guardare il mondo con occhi molto diversi da quelli con i quali si era permesso di farlo un Presidente come George Bush, il quale aveva ancora nelle corde l'idea di una potenza americana che potesse sopportare anche l'ingiuria dell'arroganza e del fare ostinatamente da soli, questa crisi di egemonia, che si lega a tutti gli altri elementi del quadro che molto sommariamente sto cercando di delineare attraverso il filo rosso di un cambio dei pesi economici di enorme importanza che la crisi del 2008-2009 ha indotto e del quale stiamo vedendo tutte le conseguenze, costituisce parte di una crisi di quel multilateralismo al quale noi abbiamo dato e continuiamo nonostante tutto ovviamente a dare la nostra fiducia, convinti come siamo che quella resta la strada sulla quale impegnare le più o meno residue forze che l'Italia ha sul versante della politica estera.
La crisi ha investito anche noi; nel contesto internazionale anche l'Italia deve constatare - e lo deve fare con qualche ammissione di onestà intellettuale - una riduzione del suo peso, perché il peso di una nazione sul terreno internazionale si misura anche sulla base della sua vitalità e della sua capacità di essere Paese attivo dal punto di vista economico e sociale.
La lunga crisi italiana pesa anche da questo punto di vista, ma l'Italia con le sue difficoltà - forse, per qualche verso, ancor di più per le sue difficoltà - deve confermare una scelta multilaterale che, come sappiamo, ha un primo caposaldo che è l'Europa ed un secondo caposaldo che è la determinata adesione alle organizzazioni multilaterali internazionali, dove ha trovato definitiva sistemazione e «soluzione», come ci ha mirabilmente ricordato nel corso dei suoi ultimi interventi il Presidente della Repubblica. Uso il termine «mirabilmente» non a sproposito, né per un inutile riconoscimento di ciò che non devo riconoscere a nessuno, né tantomeno al Presidente della Repubblica; dico «mirabilmente» perché sono state parole chiare e semplici che ci hanno dato una volta per tutte, se ce ne fosse stato bisogno - forse sì - il quadro di riferimento costituzionale in cui si colloca l'iniziativa di politica estera del Paese anche per quel che riguarda le missioni.
Siamo un Paese che ha ben assimilato ed approfondito e gestisce sostanzialmente in modo corretto quell'articolo 11 della Costituzione che va letto come sappiamo nella sua interezza e che costituisce il punto di riferimento naturalmente di scelte politiche che poi, nella traduzione della quotidianità delle medesime, si prestano alle variabilità che la politica e il giudizio politico comportano e impongono.
È chiaro che vi è un contesto tale per cui possiamo aderire alle missioni internazionali quando esse hanno il riconoscimento di legittimità delle Nazioni Unite e aderiamo a missioni che possono anche essere di peace enforcing; naturalmente, questa adesione a missioni di peace enforcing rende particolari la cautela e l'attenzione e per qualche verso anche la riflessione Pag. 21critica. Tutto questo, però, è inserito in un contesto e in un quadro istituzionale e costituzionale che, per fortuna, possiamo considerare un punto fermo del dibattito interno sul tema.
Questo richiamo suona in qualche modo come l'altra parte del ragionamento che facevo e su cui vorrei tornare: il contesto generale in cui questi principi e queste nostre acquisizioni politico-costituzionali si devono poi calare. Si calano - lo ripeto - in un contesto multilaterale molto difficile, aperto per tante ragioni a considerazioni per alcuni versi innovative, e con questo dobbiamo fare i conti.
Adesso entrerò nel merito: queste missioni internazionali, per qualche verso, hanno anche contribuito fortemente a determinare questo quadro. Penso che, se si legge la missione ISAF in Afghanistan anche da questo punto di vista, si può dire che essa non è stata soltanto la conseguenza di una determinata scelta della politica delle organizzazioni internazionali. Come sappiamo - e non c'è bisogno di ricordarcelo - noi siamo in Afghanistan sulla base di scelte delle Nazioni Unite, attraverso la NATO, ma queste scelte oggi determinano in corpore vivi una riflessione, tutt'altro che secondaria, sul destino della NATO, sul funzionamento e sul destino delle stesse Nazioni Unite.
Infatti, la missione in Afghanistan, per la sua complessità e per il fatto che non si è tradotta e non si sta traducendo, tra virgolette, in un successo pari alle aspettative che si erano determinate al momento dell'avvio della medesima missione, ha determinato e determina delle conseguenze. Pensiamo alla NATO, proiettata nella dimensione globale, che oggi deve, a nostro giudizio, riconfermare un orientamento di globalità nella misura in cui essa è elemento di una iniziativa di forze, di Paesi e di nazioni che vedono nel vincolo NATO soprattutto l'elemento di Paesi che intendono mettere al centro e tutelare la dimensione della libertà.
Insomma, questa dimensione di una NATO globale, capace di corrispondere agli interessi della comunità internazionale, fa i conti con una dimensione, quella della lotta in Afghanistan, che per qualche verso ha affinato le sue capacità ed è stata una sperimentazione sul campo, ma nello stesso tempo ha sollevato e solleva molti interrogativi, ai quali penso non si possa rispondere con un ritorno della NATO nelle dimensioni di una pura e semplice alleanza, come quella che abbiamo vissuto nel periodo della Guerra fredda, ma che naturalmente però colloca, nonostante tutto, la NATO in una «terra incognita». Ne sono testimonianza - parliamo, in questo caso, di un'altra missione internazionale - le parole dell'ormai ex Ministro della difesa americano, Robert Gates, il quale a quella dimensione globale e, tra virgolette, ideologica dell'alleanza sembrava, invece, contrapporre l'idea di una sorta di alleanza globale, ma che in realtà si amministra poi in una dimensione puramente geografico-localistica, in cui sostanzialmente ciò che conta sono le risorse che vengono messe in campo, mentre contano paradossalmente meno le definizioni degli obiettivi strategici e di fondo su cui l'alleanza si deve muovere. Questo è stato ciò che Gates ci ha detto a proposito della Libia, in una torsione un po' riduttiva, ma che - lo ripeto - è un elemento presente, perché i costi di queste missioni internazionali sono elevatissimi. Questi costi naturalmente pongono il tema di una redistribuzione degli oneri.
Gli americani non ne hanno mai fatto mistero nel caso dell'Afghanistan, e oggi in particolare a maggior ragione, costretti, come sono, in una condizione di deficit di bilancio, come è noto. Questa difficoltà americana si è tradotta in una chiamata a una responsabilità, ma, naturalmente, il tema, come ben sappiamo, evoca molte e molte questioni che si intrecciano con tutte le altre; per non parlare, poi, delle Nazioni Unite.
Qui vengo ad un altro elemento che balza agli occhi: abbiamo avuto del multilateralismo una visione entusiasta e positiva, che dobbiamo mantenere circa l'unica forma di governo possibile dell'umanità nelle condizioni in cui essa oggi si trova. Naturalmente, questa crisi di passaggio è sotto gli occhi di tutti; lo è, Pag. 22soprattutto, dal punto di vista dell'equità, dell'omogeneità degli interventi. È un tema che affronto non solo perché è nell'attualità della cose, ma è davvero all'interno della coscienza di ognuno di noi. Questo multilateralismo non è in grado di regolare nello stesso modo fenomeni e processi diversi per provenienza, ma non per caratteristiche.
Facciamo un caso da manuale, quello della Siria: ci troviamo di fronte ad una comunità internazionale che è sostanzialmente paralizzata nel prendere una decisione per il veto, come sappiamo, di due Paesi presenti nel Consiglio di sicurezza; quindi, ci troviamo nella paradossale situazione per la quale in Siria si stanno documentando, sotto i nostri occhi, vere e proprie «mattanze» di cittadini (uso un termine che non mi è abituale, ma quando si legge, come si è letto oggi, che l'esercito ha sparato «ad alzo zero» contro la folla e i morti sono almeno cento, credo che sia difficile usare altri termini).
Di fronte a tutto questo, la comunità internazionale è sostanzialmente paralizzata; quella stessa comunità internazionale che, per rispondere al rischio di una strage di civili a Bengasi, ha, però, rapidamente operato nel senso di un intervento al quale abbiamo dato la nostra adesione, per quella ragione, naturalmente. Ma, per la stessa ragione, dovremmo trovarci dentro una comunità internazionale capace di fare lo stesso in Siria, mentre lì non siamo in grado di farlo, come non siamo in grado di farlo in altri casi. Quindi, vi è un tema, che balza agli occhi, di un limite. Si dirà: certo, questi sono i limiti di una politica di potenza. È il solito riproporsi del rapporto tra realismo e idealismo nella politica internazionale.
Naturalmente, sappiamo che è così, sappiamo che la politica internazionale vive questa contraddizione e che è compito nostro, di politici che cercano di portare la comunità internazionale sul versante del bene comune dell'umanità, affrontare la difficile e quotidiana necessità di mediazione esistente tra questi due estremi. Naturalmente, in alcuni casi, questi due estremi sono talmente e violentemente antagonisti che davvero diventa difficile trovare una soluzione. Quale può essere una soluzione? Anche questo ha a che fare con l'approccio strategico sulle missioni internazionali.
Tra le tante questioni che dobbiamo mettere a fuoco, una, forse, ha un grande rilievo: è quella di una regionalizzazione della politica internazionale, e quindi una regionalizzazione dei soggetti e di coloro che vi sono abilitati, delle forme con le quali le grandi aree regionali possono, non dico far da sé, ma operare sempre nel contesto di un'organizzazione globale della sicurezza e della pace. Ma, all'interno di questa organizzazione globale e dentro lo schema delle Nazioni Unite, ragioni oggettive spingono, probabilmente, a guardare un po' diversamente da come stiamo facendo e abbiamo fatto in tutti questi anni anche il tema di come intervenire.
È sempre più difficile pensare che Paesi occidentali possano intervenire in Paesi dell'Asia, come è diventato difficile ritenere che Paesi europei possano intervenire in Africa.
Da questo punto di vista abbiamo fatto la scelta di sostenere l'Organizzazione dei Paesi africani, ma dobbiamo migliorare questa nostra capacità, fornendo all'OUA tutti gli strumenti e tutto ciò che serve. Inevitabilmente, però, ciò che ci viene chiesto da quel mondo, dai Paesi africani, è «voi dovete lasciare fare a noi». È inevitabile che questo accada nell'America del sud o in Asia, dove pure ci si confronta con questa questione. Quindi, come credo si capisca benissimo, le missioni internazionali si trovano all'interno di un coacervo di questioni, sono, in parte, soggetto di modifica degli equilibri internazionali e vanno tarate all'interno di uno schema che sta cambiando.
Credo che un Paese come il nostro, che ha già dato unanimemente rilievo e peso a questo comparto, a questo pezzo - uso un termine per nulla dispregiativo - della nostra politica estera, debba riconfermarne il valore, sapendo, però, che vi sono due approcci, e su questo tema esprimo una rapidissima critica al Governo. Si può avere una politica delle missioni all'interno Pag. 23di una politica estera, ossia utilizzare le stesse dentro un contesto nel quale tutti i tasti vengono considerati in modo coerente e, quindi, arricchiscono un patrimonio di credibilità dell'Italia nel contesto internazionale, o, e temo che questo sia oggi lo stato delle cose per quello che riguarda il nostro Governo, si può avere un modo di concepire le missioni come uno strumento attraverso il quale si copre una sostanziale assenza di politica estera. penso che questa sia la condizione difficile nella quale si trova l'Italia.
Ho ancora qualche minuto a disposizione, signor Presidente?

PRESIDENTE. Onorevole Tempestini, ha ancora nove minuti.

FRANCESCO TEMPESTINI. Grazie, signor Presidente, proseguo con il mio intervento.
Il contesto all'interno del quale si colloca la suddetta questione, è apparso chiaro quando si è trattato della difficilissima vicenda libica che presenta molti punti di criticità. L'adesione che abbiamo dato è stata in omaggio ad un preciso deliberato delle Nazioni Unite, ad una risoluzione che parlava chiaramente di evitare un rischio per le popolazioni civili. Naturalmente, questo non chiude, come ho accennato nella prima parte del mio intervento, la riflessione critica su questa vicenda.
Tra gli elementi che dobbiamo prendere in considerazione vi è quello che questa crisi libica ha spazzato via la politica estera italiana nei confronti della Libia stessa. Il Presidente del Consiglio, per qualche verso ne capisco anche l'insistenza espressa qualche volta fuori contesto, ha subito, mi si consenta, un vero e proprio schiaffo dalla comunità internazionale e questo non poteva non accadere. Da queste tribune abbiamo posto e riproposto la questione mille volte, ne abbiamo parlato ripetutamente. Cosa non funzionava relativamente alla politica estera italiana? Questa idea che l'Italia giocasse, al di fuori di tutto e di tutti, una sorta di partita con qualche caratterizzazione personalistica di troppo - ma questa è una questione secondaria -, una partita la cui autonomia rischiava di costituire un segnale di allerta, di allarme, in una comunità internazionale nella quale le parole pesano.
Faccio l'esempio della nostra difesa di certi corridoi energetici, invece di altri, salvo poi trovarsi nelle condizioni che alcune scelte possono essere modificate da cambi geopolitici che si stanno determinando nell'area del grande Medio Oriente.
Soprattutto voglio far riferimento alla questione libica, giocata per molti versi in termini propagandistici: noi diamo quello che vogliono, perché dandogli quello che vogliono noi blocchiamo gli immigrati. Infatti, era questa, poi, in fondo, la vera filosofia dura in cui, anche con una certa capacità, il Ministro Maroni si è ripetutamente esibito in termini di capacità «muscolari». Ebbene, questa storia è saltata, anzi è stata fatta saltare da decisioni della comunità internazionale nei confronti di una politica italiana, che voleva correre da sola in un mondo in cui è difficile correre insieme, ma certo è impossibile correre da soli in questi termini: hanno messo la condizione della politica estera italiana in uno dei comparti strategici nella maggiore difficoltà.
Questo è tutto ciò che è alle spalle, elementi di riflessione che il Governo e il Parlamento dovrebbero veramente mettere in campo in una discussione non retorica, perché quei morti in Afghanistan non ci chiamano alla retorica, né retorica sulle modalità di uscirne.
Ho parlato della principale questione solo pochi attimi e devo ora dedicargli qualche parola in più. L'Afghanistan è in una fase difficile. L'iniziativa Petraeus, e cioè quella di accompagnare l'avvio di una fuoriuscita attraverso uno ristabilimento di posizioni forti nella trattativa, è una questione sulla quale sarebbe utile disporre di elementi maggiori per poter giudicare. Oggi noi esprimiamo una posizione di perplessità e di difficoltà, perché vediamo che i processi nei confronti della trattativa, ovvero i processi che vanno nella direzione di trovare la soluzione per Pag. 24la fuoriuscita, sono difficili: la comunità talebana è molto più articolata, noi non abbiamo elementi certi, ma elementi di valutazioni che ci inducono a dire che è tutto molto complicato. Ed è complicato anche il contesto - e qui vengo ad un nuovo punto -, posto che gli elementi del quadro regionali sono tutti ancora in grande difficoltà. Penso al rapporto con il Pakistan ed alla difficoltà di un equilibrio regionale, tutti elementi che ci fanno dire, insomma, che la vicenda afgana vive in un momento di grande difficoltà.
Aggiungo soltanto un altro elemento, venendo qui all'attualità anche del cosiddetto decreto-legge missioni, sugli strumenti che, accanto ad una diminuzione del peso e della rilevanza dell'azione militare, dovrebbero fuoriuscire in positivo, ovvero quelli dell'azione civile. Voi sapete che c'è un tema sul quale non fanno mistero neanche i membri della maggioranza - lo hanno detto entrambi i relatori - e cioè il fatto che quel poco di risorse dedicate alla cooperazione civile viene tagliato e, quando non è tagliato direttamente, viene tagliato in modo ancora più subdolo, perché degli incrementi vengono messi a carico di un'estenuata Direzione generale per la cooperazione (Applausi del deputato Sarubbi).
Noi abbiamo presentato a riguardo una proposta emendativa e sappiamo che anche nella maggioranza ci si rende conto della questione. Non si può procedere così, perché questo è un elemento, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di assoluta arroganza nel modo di gestire i rapporti con il Parlamento. Non si può fare così! Noi presenteremo questa proposta emendativa, che riporta sul MEF quello che è del MEF, per cercare di dare strumenti a questa cooperazione.
Insomma, in questo Paese il Ministro dell'economia e delle finanze non può tagliare e disporre di qualunque politica, senza neppure dare un'indicazione né una motivazione di ciò che fa. Lo faccia la maggioranza! Se ne faccia carico! Non possiamo assistere a questo balletto, per il quale il Ministro dell'economia e delle finanze fa e dispone e la maggioranza sottobanco protesta. Non è possibile. C'è un tema che riguarda questa benedetta cooperazione civile e noi vorremmo che il Governo l'affrontasse alla luce del sole. Quanto è efficace l'azione? Come funziona quest'azione civile?
C'è un dibattito, per esempio, in America molto forte. In America si spendono soldi, il Governo americano ha dato davvero soldi a Petraeus per questa diversa fase della guerra afgana, ma si è aperto un dibattito. Questi soldi vengono spesi, si dice in America, troppo per la stabilizzazione a breve termine e finiscono per alimentare un circuito dell'economia afgana artificiale. Riguardo a quei pochi soldi che spendiamo, invece di cancellarli vogliamo discuterne nella loro qualità? Cosa ne facciamo seriamente? Il Ministro ha risposto a mie interpellanze ed interrogazioni, ma anche qui, come poi nella pratica questi pochi soldi vengano spesi, ancora rimane un punto non chiaro. È molto meglio discutere così, che tagliare i fondi e lasciarli...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Tempestini.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, sto per concludere. Credo di aver detto l'essenziale sulla missione, che ci costa di più, che il percorso di fuoriuscita naturalmente va compiuto all'interno e insieme alla comunità internazionale e che è un percorso quindi che dovremmo monitorare in tutte le altre circostanze. È il percorso nel quale l'Italia è impegnata, non subalterna - come qualcuno dice - alla strategia di Obama: Obama ha fatto una scelta che noi condividiamo. Dobbiamo agire però nel modo più giusto, con la coerenza che è necessaria, perché non sortisca quell'effetto nefasto rispetto al quale noi abbiamo una posizione netta: noi non lasceremo milioni di afgani che hanno fatto una scelta di libertà e di democrazia al vento delle ritorsioni. Quindi è un percorso impegnativo ma proprio per questo dobbiamo metterci tutto...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

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FRANCESCO TEMPESTINI. Mi rimane un ragionamento prima di concludere, signor Presidente, sulla Libia e sulle incertezze e le difficoltà...

PRESIDENTE. No, onorevole Tempestini, deve concludere ora.

FRANCESCO TEMPESTINI. ... ma con lo stesso approccio. Approfondiremo questi temi nelle prossime circostanze e nelle prossime occasioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, le sarei grato se tra cinque o sei minuti lei potesse ricordarmi l'esaurirsi del tempo a mia disposizione, perché indubbiamente ci sono altri appuntamenti che incombono e dovremo discutere di un altro tema importante come quello del bilancio della Camera. Tuttavia non posso non accennare al ritardo con cui abbiamo iniziato i nostri lavori oggi: c'era, quindi, tutto il tempo per ciascuno di noi di intervenire e voglio dire, insomma, che considero la mancanza del Governo questa mattina più che un calo di attenzione su un tema importantissimo come quello delle missioni internazionali all'ordine del giorno, come l'ennesimo affronto di questo Governo alla dignità del Parlamento.
Del resto, nel momento in cui iniziamo questo nostro dibattito, questa discussione sulle linee generali riguardante le missioni internazionali, dal Medio Oriente arrivano le drammatiche notizie della rivolta in Siria. So che il Governo ha risposto positivamente alla richiesta di concedere un'informativa - domattina ne parleremo in maniera più approfondita - per cui qui mi limito a ricordare che i militari hanno bagnato con il sangue l'inizio del Ramadan in quel Paese. L'ordine di sparare sui manifestanti nella città di Hama, dunque, non può essere venuto che dal Presidente Bashar al-Assad e questo impone una risposta della comunità internazionale, una risposta che deve essere dell'Unione europea e dell'ONU. Penso ovviamente a pressioni sul piano politico e diplomatico più che altro, perché sono già troppi i fronti di guerra in essere sullo scenario internazionale e tuttavia - lo voglio dire con forza - la popolazione civile siriana merita di essere salvaguardata al pari di quella libica, anche se in quel Paese non ci sono il petrolio e nemmeno i giacimenti di gas naturale.
Ho parlato della Siria ma non posso tacere della drammatica altra crisi, fra guerra e siccità in questo caso, che ha investito il Corno d'Africa e su cui il Santo Padre ci ha più volte richiamato, con oltre 12 milioni di persone coinvolte in questa catastrofe umanitaria che si chiama fame. Si muore di fame in quella realtà, una realtà, quindi, che reclama aiuti che non possono essere soltanto quelli delle ONG e, per quanto riguarda l'Italia, della lodevole iniziativa assunta dalla comunità di Sant'Egidio. Serve che, anche nelle ristrettezze economiche determinate dalla crisi finanziaria dei Paesi più industrializzati, si torni ad operare in senso solidaristico e in aiuto dei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo.
Del resto - mi era già capitato di sottolinearlo durante la discussione in Commissione - l'epigrafe stessa del decreto-legge oggi al nostro esame è stata modificata. Prima si parlava di proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione; oggi è diventato, dopo il passaggio al Senato: proroga delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia e disposizioni per l'attuazione delle risoluzioni ONU, nonché degli interventi di cooperazione allo sviluppo. Quasi un sussulto di onestà intellettuale, insomma, per dire che effettivamente ormai la cooperazione, semmai fosse stata nelle intenzioni ai primi posti della gerarchia, della scala dei valori di questo Governo, oggi viene ufficialmente declassata.
Un esempio, beh, proprio l'articolo 1 di questo decreto, dove per l'Afghanistan si dice che i fondi a dono sono ridotti del 45 per cento, mentre le spese militari sono aumentate del 50 per cento, passando da Pag. 26un miliardo ad un miliardo e mezzo di euro. Voglio sottolineare a chi ci ascolta dentro e fuori di quest'Aula che con questo provvedimento si riduce la cooperazione civile in Afghanistan ad un misero 1,5 per cento rispetto a quello che è lo stanziamento per l'impegno militare. Per capire di che cosa stiamo parlando, a fronte di circa 400 milioni di euro per un semestre (quindi 800 su base annua) ora noi stanziamo 5,8 milioni per la cooperazione a fronte di 399 e spiccioli milioni di euro per la presenza militare.
Lo scenario afgano ovviamente è il più delicato tra quelli in cui operano le nostre Forze armate in attesa che si completino sia il trasferimento di competenze alle forze armate afgane sia il passaggio di consegne tra l'intervento di ricostruzione e di stabilizzazione, da una parte, e il Governo locale, dall'altra. Il tempo corre. Chiudo su questo punto ribadendo a nome dell'Italia dei Valori la necessità di definire quanto prima una exit strategy da quel Paese.
Poi in questo decreto vi è l'altro tema, quello della Libia. Vorrei - ne approfitto di questo - sollecitare il Governo a rispondere intanto alle interrogazioni di chi parla e anche di altri colleghi sui traffici di armi illegali. Vi sono indagini della procura di Tempio Pausania, perché pare che alcune armi sequestrate anni fa, destinate ai Balcani, che dovevano essere distrutte, sono state prese dalla Maddalena e forse trasferite ai ribelli libici prima ancora delle risoluzioni ONU per l'intervento.
Voglio ricordare su questo punto le contraddizioni della Lega che avevano fatto della Libia uno dei suoi soliti «penultimatum»; voglio ricordare che il Ministro Frattini aveva rassicurato quest'Aula e il Paese, il 6 maggio, dicendo che entro tre o quattro settimane questa guerra in Libia sarebbe finita e Gheddafi sarebbe stato fatto fuori. Intanto noi sappiamo che i francesi, che prima hanno voluto l'intervento militare, adesso stanno trattando sia con i ribelli che con lo stesso Gheddafi, mentre da parte di Berlusconi viene fuori soltanto un facile vittimismo.
Il tempo a mia disposizione è terminato, me ne rendo conto. Dico soltanto che l'Italia prima ha scelto di non svolgere un ruolo di possibile mediatore tra le parti in conflitto, riconoscendo come unico interlocutore il Consiglio nazionale di transizione costituitosi a Bengasi, scommettendo - appunto - sull'intervento NATO contro Gheddafi, e invece ha sbagliato ancora una volta il suo proprio intendimento. La ringrazio, signor Presidente, del tempo che straordinariamente mi ha concesso. Il resto delle considerazioni spero di poterle fare in occasione della dichiarazione di voto finale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Poiché alle ore 15,30 è previsto l'inizio della discussione congiunta del Conto consuntivo e del Progetto di bilancio della Camera, sospendiamo a questo punto la seduta.
Il seguito della discussione sulle linee generali del decreto-legge in esame avrà luogo al termine della discussione congiunta del Conto consuntivo e del Progetto di bilancio e riprenderà con l'intervento dell'onorevole Sarubbi.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15,30.

La seduta, sospesa alle 15,10, è ripresa alle 15,35.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

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Discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2010 (Doc. VIII, n. 7); Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 (Doc. VIII, n. 8) (ore 15,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2010 e Progetto di bilancio interno della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame congiunto è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Ricordo che il termine per la presentazione degli ordini del giorno riferiti al progetto di bilancio è fissato per le ore 17 di oggi.

(Discussione congiunta - Doc. VIII, nn. 7 e 8)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta.
Ha facoltà di parlare il questore, onorevole Colucci.

FRANCESCO COLUCCI, Questore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il progetto di bilancio della Camera dei deputati per il 2011 è sottoposto all'esame dell'Assemblea insieme al conto consuntivo per il 2010 ed è accompagnato da una nota di variazione che registra gli effetti contabili sugli esercizi 2011-2013 derivanti dalle decisioni assunte dall'Ufficio di Presidenza nella riunione del 21 luglio 2011.
L'insieme di questi documenti evidenzia alcuni importanti risultati, frutto di una gestione rigorosa e ispirata al senso di responsabilità. In primo luogo la crescita della dotazione della Camera sarà pari a zero fino al 2013 e, pertanto, per quattro anni di seguito, 2010, 2011, 2012 e 2013, la dotazione è rimasta e rimarrà di importo identico a quello del 2009. La dotazione, com'è noto, indica le somme che il bilancio dello Stato destina al funzionamento della Camera.
Già in precedenti occasioni è stato sottolineato come la scelta compiuta in piena autonomia da questo ramo del Parlamento di contenere sino ad azzerare la crescita della propria dotazione abbia generato risparmi per il bilancio dello Stato quantificabili in oltre 300 milioni di euro nel quinquennio 2006-2010. A questi risparmi si sono aggiunti 30 milioni di euro nel 2011 ed ora 45 milioni di euro nel biennio 2012-2013. Il taglio della dotazione rispetto alle previsioni per gli anni 2012 e 2013 costituisce una parte del contributo che la Camera offre per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dal decreto-legge n. 98 del 2011, recentemente convertito in legge.
L'Ufficio di Presidenza infatti ha ritenuto di dare attuazione all'articolo 5 del decreto-legge n. 98 in due modi: riducendo come detto di circa 45 milioni la richiesta di dotazione per il biennio 2012-2013 e deliberando la restituzione al bilancio dello Stato di ulteriori 16 milioni di euro nello stesso biennio. È bene ricordare che a queste somme si aggiungono quelle pari a 60 milioni di euro nel triennio 2011-2013 che la Camera lo scorso anno ha deciso di versare all'erario per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica contenuti nel decreto-legge n. 78 del 2010 convertito in legge nel luglio dello scorso anno. Riepilogando, nel triennio 2011-2013 il bilancio dello Stato potrà beneficiare di una minor richiesta di dotazione da parte della Camera pari a 75 milioni di euro e di restituzione di somme da parte della Camera stessa pari a 76 milioni di euro. In totale, oltre 150 milioni di euro.
Naturalmente per far fronte alla minore dotazione e per consentire le suddette restituzioni di somme all'erario, che contabilmente rivestono la natura di spesa per il bilancio della Camera, è stato necessario apportare ulteriori tagli di spesa per un ammontare di circa 50 milioni di euro nel biennio 2012-2013 che si aggiungono a quelli già deliberati lo scorso anno. Pag. 28
Questi dati suggeriscono alcune considerazioni. La prima riguarda la campagna di stampa posta in essere da molti giornali, che non ha tenuto minimamente conto degli interventi effettuati in questi anni per ridurre le spese di funzionamento della Camera, ma si è articolata spesso e, per la verità, troppo spesso, diffondendo notizie non rispondenti alla realtà. Infatti, dal 2003, questo ramo del Parlamento ha messo sotto controllo la dinamica della propria dotazione e, da almeno cinque anni, interviene in senso restrittivo sulle proprie spese di funzionamento. Pertanto, l'immagine che taluni vogliono dare della Camera, come di un'istituzione sorda alla richiesta di sobrietà proveniente dall'opinione pubblica, è un'immagine falsa.
Gli interventi di razionalizzazione della spesa sono stati rilevanti e strutturali. Pertanto, l'affermazione secondo cui in questi anni ci saremmo limitati a qualche innocua sforbiciata è ingenerosa e non corrisponde al vero. La verità è che si è inciso sia con la manovra dello scorso anno, prevista dal decreto-legge n. 78 del 2010, sia con la manovra di quest'anno, prevista dal decreto-legge n. 98 del 2011, su tutte le principali voci di spesa, ivi inclusi il trattamento economico dei deputati, il contributo di funzionamento dei gruppi parlamentari, il personale della Camera, le locazioni immobiliari e le spese correnti.
Riguardo alle competenze dei parlamentari, si deve prendere atto che nel dibattito pubblico sui costi della politica non ha mai trovato adeguato riconoscimento la circostanza che la Camera dei deputati ha attuato una seria politica di contenimento e riduzione della spesa, anche a valere sul trattamento economico dei deputati.
L'ordinamento interno, infatti, ha recepito il contenuto delle diverse manovre di finanza pubblica, procedendo prima alla riduzione del 10 per cento dell'indennità parlamentare e, successivamente, al blocco quinquennale della stessa indennità, che trova in questo esercizio la sua quarta applicazione, e che sarà mantenuto anche nel 2012 e nel 2013. Il blocco dell'indennità parlamentare ha comportato un effetto anche sugli assegni vitalizi dei deputati cessati dal mandato, anch'essi bloccati al 2005.
L'Ufficio di Presidenza, inoltre, ha previsto che la disciplina dell'indennità parlamentare sia oggetto di una proposta di legge di riforma, al fine di adeguarla alle previsioni del decreto-legge n. 98 del 2011. Il nuovo sistema sarà attivato all'esito dei lavori dell'apposita Commissione, presieduta dal presidente dell'ISTAT, come appunto previsto dal decreto, e incaricata della verifica degli standard europei in materia.
Vi è, poi, da ricordare la riduzione mensile di 500 euro della diaria di soggiorno. La diaria, inoltre, in base all'impegno assunto dall'Ufficio di Presidenza nella riunione del 21 luglio scorso, sarà agganciata all'effettiva partecipazione ai lavori dell'Assemblea e delle Commissioni.
È stato ridotto di 500 euro al mese anche il rimborso forfettario delle spese sostenute per il mantenimento del rapporto eletto-elettore, che comunemente viene indicato come rimborso per i collaboratori dei deputati. È doveroso, poi, ricordare che gli interventi sopra menzionati si sono aggiunti al mancato adeguamento dei rimborsi spese, le cui misure sono invariate da dieci anni.
L'Ufficio di Presidenza ha, altresì, dato mandato al Collegio dei deputati questori di intervenire sulla disciplina delle spese di viaggio, al fine di ottenere risparmi di 2 milioni di euro nel biennio 2012-2013.
Da più parti, si chiede di intervenire ancora sull'assegno vitalizio, istituto che molti ritengono debba essere ricondotto a importi più contenuti ed erogato in presenza di requisiti più stringenti.
È da sottolineare, tuttavia, che già nell'immediato, agli assegni vitalizi sarà applicato il contributo di solidarietà previsto dal decreto-legge n. 98 del 2011, e cioè il taglio del 5 per cento e del 10 per cento sul relativo ammontare.
Inoltre, l'Ufficio di Presidenza ha assunto l'impegno di definire, prima del prossimo bilancio interno, per gli assegni Pag. 29vitalizi, un nuovo sistema previdenziale destinato ad entrare in vigore dalla prossima legislatura.
Non bisogna dimenticare, tuttavia, che gli istituti che compongono il trattamento economico dei deputati, ivi incluso l'assegno vitalizio, sono stati concepiti storicamente per garantire che la funzione parlamentare possa essere esercitata da qualunque cittadino in modo libero da condizionamenti di qualunque natura. Non a caso, tutti gli ordinamenti dei principali Parlamenti europei prevedono istituti sostanzialmente analoghi a quello dell'assegno vitalizio. Anche per questo motivo è essenziale che il nuovo sistema poggi su solide ed inoppugnabili basi giuridiche.
Non possiamo fare a meno di notare, comunque, che nel dibattito sui costi della politica talvolta l'ardore polemico porta a travisare la realtà. Un esempio per tutti: nei mesi scorsi, il Collegio dei questori ha ravvisato l'esigenza di capire se rispondesse al vero quanto si afferma da più parti, e cioè che i parlamentari italiani percepiscono un trattamento complessivamente più favorevole di quello dei membri delle Assemblee legislative dei principali Paesi europei, nonché del Parlamento europeo. Ciò ha portato ad uno studio comparativo dal quale alcuni commentatori hanno tratto la conclusione che le competenze dei parlamentari italiani sarebbero ben al di sopra di quelle di tutti i Parlamenti europei presi in esame.
Ebbene, quei dati in realtà dimostrano che, tenuto conto del totale delle competenze corrisposte ai deputati, nonché di quanto erogato per i collaboratori dei deputati stessi, il costo complessivo sostenuto dalla Camera per ciascun parlamentare italiano è inferiore a quello sostenuto da altri Parlamenti europei. Infatti, il costo mensile complessivo per ciascun deputato italiano è pari a 20.486 euro - parlo del costo complessivo -, inferiore rispetto al costo di ciascun parlamentare francese, 23.066 euro; tedesco, 27.364 euro; inglese, 21.089 euro, ovvero al costo di un deputato del Parlamento europeo, 34.750 euro.
Anche se si confronta soltanto l'ammontare netto delle competenze dei deputati, e cioè ad esclusione degli importi erogati per i collaboratori, emerge che il totale netto percepito dai deputati italiani è di 10.257 euro, in linea con quanto mediamente percepito dai parlamentari delle Assemblee dei Paesi esaminati: Francia 11.863 euro; Germania 9.932 euro; Gran Bretagna 8.540 euro; Parlamento europeo 13.285 euro.
Peraltro, se alle competenze nette di cui sopra si somma quanto erogato ai parlamentari direttamente o indirettamente per la gestione dei collaboratori, risulta di tutta evidenza che gli importi di cui dispongono i deputati italiani (13.947 euro, compreso il contributo per il collaboratore) sono molto inferiori a quelli di cui dispongono gli altri parlamentari europei: Francia 21.001 euro; Germania 24.644 euro; Gran Bretagna 19.121 euro; Parlamento europeo 32.994 euro.
Anche in materia di spese per il personale si è mantenuto un criterio di rigore finanziario. Ai dipendenti della Camera sono state applicate le misure previste per i dipendenti pubblici dal decreto-legge n. 78 del 2010.
In particolare, la riduzione del 5 per cento delle retribuzioni sopra i 90 mila euro e del 10 per cento di quelle sopra i 150 mila euro, nonché la sospensione dei meccanismi di adeguamento automatico delle retribuzioni danno luogo nel 2011 ad un taglio di 6,93 milioni di euro al personale dipendente. Anche queste somme fanno parte di quelle che saranno restituite al bilancio dello Stato.
Inoltre, nel novembre scorso è stato definito un nuovo regime più restrittivo per l'accesso alla pensione di anzianità. Infine, continua ad essere in vigore, ed anzi viene ora rafforzato, il blocco selettivo del turnover che ha portato ad una sensibile riduzione del personale in servizio pari al 15 per cento circa rispetto al picco registrato nel 2003, nonostante nel frattempo sia stata innalzata, come detto, l'età di pensionamento di anzianità. Al personale in quiescenza, secondo quanto deliberato dall'Ufficio di Presidenza, si applica il contributo di solidarietà a carico dei trattamenti di importo maggiore stabilito Pag. 30dal decreto-legge n. 98 del 2011, nonché il blocco dell'adeguamento automatico delle pensioni.
Per i nuovi assunti, infine, l'Ufficio di Presidenza ha previsto l'introduzione di un nuovo sistema retributivo in funzione dell'individuazione, attraverso la contrattazione, di curve stipendiali maggiormente compatibili con quelle delle analoghe figure professionali esterne. La comparazione terrà conto dei requisiti di accesso, della qualità e della quantità della prestazione lavorativa prestata presso la Camera e della disponibilità oraria del personale.
Quanto alla politica immobiliare, negli anni scorsi questa Assemblea, nell'esaminare i bilanci interni, ha espresso fra l'altro l'indirizzo unanime di dismettere progressivamente le locazioni immobiliari della Camera. In attuazione di tutto ciò e all'esito di un procedimento che ha coinvolto il Collegio dei questori, l'Ufficio di Presidenza e i gruppi parlamentari, è stato dato recesso dal contratto di locazione del palazzo Marini-1 con effetto dal 1o gennaio 2012.
L'Ufficio di Presidenza, nella più volte citata riunione del 21 luglio scorso, ha altresì deliberato il recesso anticipato dai contratti di locazione relativi ai palazzi Fiano e Lavaggi e all'immobile di piazza San Lorenzo in Lucina n. 26.
In definitiva, la Camera ha dato il proprio contributo al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dall'attuale congiuntura economica e continuerà a farlo, se necessario, ma senza dar credito a chi finge di ignorare che la democrazia ha un costo e parla a sproposito di privilegi e di sprechi. Mantenere una politica di bilancio rigorosa è doveroso, ma altrettanto doverosa per noi è la garanzia della funzionalità del Parlamento e la salvaguardia del pieno esercizio del mandato parlamentare.
Continueremo, pertanto, a fare economie, ma valuteremo anche progetti di sviluppo essenziali per conservare a questa istituzione la capacità di rappresentare, indirizzare e decidere. In questa difficile opera gli organi di direzione politica possono contare sull'apporto dell'amministrazione della Camera come dimostra la relazione sullo stato dell'amministrazione predisposta dal Segretario generale e allegata al progetto di bilancio per il 2011.
Da ultimo va sottolineato che, parallelamente agli interventi di razionalizzazione della spesa, sono stati fatti importanti passi in avanti per attuare il principio secondo cui l'autonomia dell'istituzione parlamentare giustifica deroghe al diritto comune solo se ciò sia strettamente necessario per tutelare le funzioni che la Costituzione le affida.
Si pensi all'approvazione del nuovo regolamento di amministrazione e contabilità della Camera entrato in vigore il 1o marzo scorso.
Il nuovo regolamento rafforza e precisa istituti e procedure per la programmazione finanziaria e amministrativa, recepisce la normativa generale in materia di contratti per lavori, servizi e forniture e di procedimento amministrativo, rafforza il sistema dei controlli, aggiorna la normativa interna in materia di tutela della salute sul luogo di lavoro. I temi del trattamento economico dei deputati, delle locazioni e del procedimento amministrativo erano trattati anche da alcuni degli ordini del giorno accolti nel corso dell'esame in Assemblea del bilancio per il 2010. L'attuazione data a quegli ordini del giorno e agli altri che si soffermavano su tematiche diverse è illustrata in un documento che, per ragioni di sintesi, chiedo di essere autorizzato a depositare agli atti affinché sia allegato al resoconto della seduta odierna.
Nella relazione scritta al bilancio vengono illustrati, categoria per categoria, gli andamenti dei dati finanziari che caratterizzano l'esercizio in corso. In questa sede si evidenziano solo i passaggi più significativi. Sotto un profilo espositivo, occorre richiamare l'attenzione sulla tabella riportata a pagina 46 dello stampato, recante la nota di variazione. Questa tabella integra e sostituisce quella presente a pagina 37 dello stampato, recante il bilancio di previsione, e riepiloga le risorse derivanti dagli interventi sul trattamento economico dei deputati, sul trattamento retributivo Pag. 31dei dipendenti e sulle spese non vincolate che saranno versate al bilancio dello Stato ai sensi dei decreti-legge n. 78 del 2010 e n. 98 del 2011.
Per quanto riguarda le spese correnti, la categoria I (deputati) per le ragioni già dette rimane ai medesimi valori degli anni che vanno dal 2008 in poi, addirittura ad un livello inferiore degli stanziamenti previsti per il 2007. Per quanto riguarda l'esercizio 2011, per questa categoria, come per le altre che di seguito verranno richiamate, bisogna fare applicazione della generale cautela espressa poc'anzi in relazione all'inclusione delle somme che verranno versate al bilancio dello Stato. Pertanto si deve considerare che nell'ammontare complessivo della categoria sono compresi i 7,5 milioni di euro circa che verranno retrocessi al Ministro dell'economia e delle finanze, quale contributo derivante dalle economie poste in essere a carico del trattamento dei deputati.
Anche le previsioni della categoria II risultano identiche a quelle del 2008, come effetto indiretto del ricordato blocco dell'indennità parlamentare. Le risorse destinate al bilancio dello Stato sono, per questa categoria, pari a 95 mila euro nel 2011. In discesa anche lo stanziamento complessivo destinato al personale, con una diminuzione dello 0,74 per cento rispetto al 2010. Anche questa categoria è coinvolta nella restituzione di somme all'erario. Al netto di tale somma, la reale variazione corrisponde ad un meno 4,08 per cento della spesa per le retribuzioni. Considerato l'ordinamento della Camera, che comprende al suo interno il costo delle prestazioni previdenziali, diversamente da quanto avviene per le altre imprese e amministrazioni, tale dato contribuisce a spiegare l'andamento crescente delle spese previdenziali. La categoria IV (personale in quiescenza) vede infatti una crescita del 6,33 per cento sulle previsioni dell'anno precedente, conseguenza peraltro anche di fattori contingenti, come attestato dai dati previsionali, assai più contenuti per gli anni 2012 e 2013. Questa categoria contribuisce ai versamenti a favore del bilancio statale con 1,6 milioni di euro nel 2011. Ugualmente di segno negativo, al netto delle somme da versare al bilancio dello Stato, è l'andamento della spesa della categoria V (acquisto di beni e servizi). Lo stanziamento complessivo cresce dello 0,80 per cento, al netto della quota da versare al bilancio dello Stato, la variazione percentuale risulta pari allo 0,71 per cento. I dati confermano, pertanto, che i tagli effettuati negli ultimi anni hanno avuto natura strutturale.
Non ci si sofferma sulle restanti categorie del Titolo I. Nel complesso, le spese correnti si prevede aumentino dell'1,09 per cento, al lordo delle quote da versare al bilancio dello Stato. Tenendo conto di queste ultime, la variazione è negativa (meno 0,7 per cento). Anche la spesa di parte capitale contribuisce al raggiungimento dell'obiettivo di restituire nel triennio in corso la somma di 76,2 milioni di euro all'erario.
I tagli operano nelle direzione dell'ammodernamento e della riqualificazione della spesa più che nella direzione di un taglio finanziario privo di una sottostante strategia politico-amministrativa.
Il titolo II (spese in conto capitale) nel suo complesso vede una diminuzione dell'1,29 per cento rispetto all'anno precedente, al lordo dei 2,61 milioni di euro che saranno restituiti al bilancio dello Stato. Al netto di tali somme, il taglio è pari a meno 8,24 per cento. Le disponibilità del fondo di riserva di parte corrente e di quello di parte capitale pari nel complesso 13,6 milioni di euro rappresentano importi in lieve diminuzione rispetto all'esercizio precedente sufficienti, tuttavia, a fare fronte alle esigenze che si potranno verificare nel corso della gestione.
Passando al conto consuntivo dell'esercizio 2010, la relazione scritta illustra le risultanze non solo delle varie categorie in cui si articola il bilancio interno, ma anche dell'ormai tradizionale riclassificazione della spesa attorno alle quattro missioni primarie dell'istituzione (attività parlamentare in senso stretto, attività di relazioni internazionali e di rappresentanza, erogazione di servizi direttamente fruibili Pag. 32dalla cittadinanza, attività di manutenzione e riqualificazione del patrimonio). In questa sede si evidenzia che il comparto delle entrate effettive registra maggiori entrate per 0,9 milioni di euro. Gli incassi hanno determinato la formazione di residui attivi per 0,7 milioni di euro.
Le spese effettive, riferite cioè ai titoli I (spese correnti) e II (spese in conto capitale), registrano impegni che rappresentano il 96,76 per cento degli stanziamenti iscritti, con conseguenti economie per 35,5 milioni di euro. Le somme pagate costituiscono il 95,01 per cento degli impegni assunti.
Un risultato finanziario da salutare con soddisfazione è che l'importo complessivo dei residui passivi pari a 125,5 milioni di euro è il più basso del decennio, confermando il trend in atto.
In conclusione, il Collegio dei questori auspica che nel corso dell'esame in Assemblea dei documenti di bilancio si possa registrare il medesimo convergente apprezzamento di tutte le forze politiche già manifestatosi nell'ambito dell'Ufficio di Presidenza, sulla base della convinzione di avere da tempo intrapreso una giusta ed equilibrata strategia attuata grazie anche alla collaborazione di tutte le forze politiche e di tutti i componenti di questa Camera. In questo senso, come ogni anno viene ovviamente doverosamente considerato prezioso il contributo che i colleghi vorranno fornire anche sotto la specie di stimoli e di suggerimenti per l'azione futura.
Ho il dovere di giustificare la temporanea assenza del collega Albonetti, che ha subito un lieve intervento e che comunque in serata ha assicurato la sua presenza per il proseguimento dei nostri lavori che verranno domani (Applausi).
A nome del Collegio dei questori, signor Presidente e amici onorevoli, rivolgo un sentito ringraziamento al Segretario generale e a tutti i collaboratori, al Servizio amministrazione e a tutto il personale della Camera dei deputati per l'impegno che costantemente profondono per il buon andamento dell'amministrazione (Applausi).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Colucci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevole colleghi, onorevoli questori, la circostanza del dibattito sul bilancio della Camera - l'ultimo atto di questa travagliata stagione politica o uno degli ultimi prima della pausa estiva - rappresenta un'occasione particolarmente propizia per discutere dei costi della politica e delle istituzioni, ma anche del ruolo del Parlamento e del rapporto con il corpo elettorale ed il sistema mediatico.
Il paradosso di questa stagione politica, che pure sembra aver fondato le sue ragioni sull'effimera risorsa della comunicazione piuttosto che sulla concreta fattualità delle azioni, è che i suoi protagonisti, il ceto parlamentare o, se si vuole richiamando l'evocazione più ricorrente in certa pubblicistica, la cosiddetta casta, non sanno comunicare.
Basta scorrere le cronache, politiche e non, di queste settimane per imbattersi in un inquietante «florilegio» di invettive, di contabilità fantasiose e di pregiudizi venati di qualunquismo sui costi della politica. Un gruppo di ricerca ha selezionato più di 1.500 articoli pubblicati sulla stampa nazionale negli ultimi sei mesi per illustrare gli odiosi privilegi, ovviamente non sempre fondati (ma questo non cambia), della cosiddetta casta.
Un'onda di indignazione, dunque, si abbatte sulla politica e sui suoi attori interpretando - e in parte anche sollecitando - un sentimento di antipolitica che attraversa ciclicamente la pubblica opinione, come un fiume carsico che straripa nei momenti difficili per le famiglie italiane. In questo atteggiamento, in questa «furia iconoclasta» che riecheggia situazioni già vissute agli inizi degli anni Novanta, Pag. 33quando si chiudeva un ciclo storico dei grandi partiti del Novecento, vi è un grande pericolo: quello dell'indistinzione, della mancata indicazione delle responsabilità personali, dello straripamento del giudizio dai singoli all'istituzione. Del resto, l'approccio stesso che viene medializzato investendo responsabilità castali, dunque collettive, legittima, in qualche modo, la fuga dalla responsabilità uti singuli, con il paradosso della condanna senza appello delle Assemblee elettive.
In particolare, il Parlamento, da sempre nell'immaginario sociale il luogo della politica per eccellenza, soffre questa condizione malata, che rischia di generare effetti devastanti nell'equilibrio democratico del Paese. Peraltro, la frattura prodotta dalla legge elettorale tra eletti ed elettori ha concorso, ancora di più, a deteriorare il rapporto tra parlamentare e popolo, mettendo in crisi il significato stesso della rappresentanza. È difficile difendere la dignità del Parlamento e la dignità personale dei tanti parlamentari che onestamente esercitano il loro mandato quando la selezione della rappresentanza viene sottratta alla sanzione dell'unico legittimo titolare della sovranità: il cittadino elettore. Dunque, la prima risposta che la politica deve dare con urgenza al Paese è quella di una riforma elettorale che sia capace di riconiugare la rappresentanza al consenso, chiudendo con la troppo lunga stagione della cooptazione, perché il Parlamento ha il dovere di onorare il suo ruolo, centrale nell'ordinamento democratico dello Stato senza cedere alla furia iconoclasta, oggi di moda, un solo centimetro della sua dignità.
Colleghi, ritengo che sia profondamente sbagliato pensare di arginare quel vento che convenzionalmente abbiamo imparato a chiamare «antipolitica» assecondando, con qualche gesto condiscendente, le obiezioni radicali che vengono portate alla politica. Questo vorrebbe dire che riconosciamo la giustezza di quelle critiche e la nostra inadeguatezza rispetto al compito che la Costituzione ci assegna e che speriamo, con qualche piccolo accorgimento contabile o con proclamazioni di pubbliche virtù, di «farla franca» solo perché accarezziamo il ventre molle della pubblica opinione.
L'onorabilità delle istituzioni, la dignità del Parlamento non sono un esercizio di marketing. Domando a me stesso se la generazione di Aldo Moro o di Enrico Berlinguer, di Ugo La Malfa, di Malagodi, di Nenni, insomma la generazione dei politici a tutto tondo, non quelli prestati da qualche altro mestiere, abbia mai avuto a subire un'onda popolare di ostilità così dura e compatta, che accomuna oggi tutti i media. Ritengo di no. Ma perché? Perché quei politici, quei parlamentari erano autorevoli, non solo per la sobrietà dei comportamenti personali, ma anche per la qualità del prodotto politico che da essi promanava e per il rapporto, diretto e forte, con il corpo elettorale che li eleggeva, scegliendoli uno per uno. Ecco, allora, che al di là delle valutazioni contabili, al di là delle necessarie economie e dei giusti sacrifici che anche il ceto parlamentare deve compiere, e che il Collegio dei questori, cui va dato atto del lavoro intenso e intelligente compiuto, mi pare abbia portato a termine con questa operazione, senza scivolare in improvvidi demagogismi che hanno portato qualche voce, alla ricerca del quarto d'ora di celebrità caro alla cultura pop, a dire cose improbabili e incostituzionali sui trattamenti economici e sui vitalizi, credo che quest'Aula debba dire a chiare lettere, in questa solenne occasione, come intenda riprendersi il suo ruolo costituzionale e come intenda tutelare la sua onorabilità di istituzione democratica, colleghi, non di casta, perché noi non siamo una casta.
Credo che se il corpo elettorale potesse scegliere e revocare i propri rappresentanti, se il lavoro parlamentare producesse effettivamente risultati per il bene comune e se la politica e l'etica si lasciassero coniugare come è necessario, la politica potrebbe ritrovare quell'autorevolezza e quel ruolo di pedagogia democratica, ben diverso dal marketing elettorale che usa oggi e che costruisce la credibilità delle istituzioni. Pag. 34
Qualche gesto possiamo compierlo da subito: perché non istituiamo una Commissione di inchiesta sulla giungla retributiva per indagare su retribuzioni, indennità e remunerazioni a qualsiasi titolo di tutti i ruoli e le funzioni collegate al meccanismo elettivo o di nomina pubblica, dalle autorità alle quantità di enti che gravitano nella costellazione politica? Sarebbe un'onesta operazione di trasparenza, che potrebbe generare solo effetti positivi in una stagione nella quale troppe zone d'ombra e bugie ad uso mediatico circolano per il Paese.
Ebbene, cari colleghi, nell'anticipare la condivisione - sto concludendo, signor Presidente - da parte del gruppo di Alleanza per l'Italia delle conclusioni cui sono arrivati, con la proposta di bilancio, i nostri questori faccio auspicio affinché questo Parlamento possa ritrovare davvero il senso della dignità del suo ruolo e comportarsi coerentemente di conseguenza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, devo ringraziare i questori, soprattutto l'onorevole Colucci, che ha svolto la relazione introduttiva - gli altri questori parleranno successivamente e intanto faccio al questore Albonetti gli auguri di pronta guarigione - per l'esposizione, nella quale ha tentato di costruire un ragionamento che raccoglie anche gli approfondimenti di questi giorni sul bilancio e quindi sui costi della politica.
Mi rifaccio anche a quanto diceva il collega Pisicchio rispetto ai nodi che abbiamo dinanzi a noi e che dobbiamo sciogliere. È forse la prima volta, signor Presidente e onorevoli questori, che discutiamo di bilancio in presenza di un dibattito che nasce dalla profonda sfiducia nei confronti del Parlamento. Ma si tratta di sfiducia nei confronti del Parlamento o di declino della democrazia per il fatto che il Parlamento effettivamente perde la sua centralità, non rappresenta il centro della sovranità e non è quindi il depositario della sovranità popolare?
Molto tempo è passato da quel 1994, molto tempo è passato dagli eventi del 1990, del 1991 e del 1992, quando vi erano stagioni che noi vivevamo con grande sofferenza. Oggi siamo arrivati in questa fase, dove certo la polemica, i giudizi frettolosi e le frustrazioni vengono ad essere raccolti da alcuni strumenti mediatici e da alcuni giornalisti per costruire l'antipolitica, ma soprattutto non definendo, in questa loro azione, quella che dovrebbe essere l'esigenza di ricomporre una storia di democrazia e di partecipazione all'interno del nostro Paese.
Lo dico perché ho colto, come dicevo poc'anzi, nelle parole dell'onorevole Colucci una certa sofferenza, anche se le sue valutazioni sono circospette certamente per il ruolo, ma anche perché si è sempre così guardinghi quando c'è tutta l'opinione pubblica che guarda e il giudizio è affrettato.
Signor Presidente, signori questori, la decadenza del Parlamento, della sua centralità, fa vivere e germogliare una serie di corpi, di forze e di poteri all'interno del nostro Paese. Ci sono una serie di corporazioni e il Parlamento perde ed ha perso sempre di più la rappresentanza generale degli interessi dei cittadini. Se il Parlamento si appropriasse del suo ruolo costituzionale forse alcuni giudizi, alcune valutazioni frettolose, la corsa continua che viviamo sui giornali e le lettere al direttore potrebbero trovare un ridimensionamento e un ragionamento più consono alla realtà.
Forse viviamo in una fase di declino del sistema che si è creato e che ha preso l'avvio nel 1994. Abbiamo una certa anzianità, signor Presidente. L'onorevole Colucci ricorderà quando, nel 1994, il Parlamento fu sciolto con una parola d'ordine: era un Parlamento di inquisiti, e fu sciolto da un Presidente della Repubblica che era stato espressione di quel Parlamento di inquisiti. C'era già un complesso di inferiorità e una debolezza, altri poteri prendevano piede; per chi non ricorda erano la magistratura e i sindacati, che Pag. 35dovrebbero certamente comprendere che è facile attribuire ad altri le responsabilità, ma dovrebbero guardare anche al loro interno le cose che non vanno, che non sono economiche, giuste o civili.
Certo, oggi ci troviamo in una situazione di grande debolezza, allora su cosa discutiamo? Discutiamo sui risparmi? Certo, noi siamo d'accordo. L'onorevole Lusetti ha dato un contributo importante e fondamentale nell'Ufficio di Presidenza, possiamo noi dire di no all'esigenza di risparmio?
Quando sono entrato in Parlamento i deputati vivevano in un sottoscala, le segreterie erano in un sottoscala, e quando abbiamo ottenuto gli uffici fu una conquista della dignità del parlamentare. Oggi tutto questo non c'è perché il Parlamento non c'è, non c'è nell'accezione comune, non c'è nel riconoscimento del Paese e non c'è stata nessuna voce forte da parte di questo Parlamento e delle sue espressioni di vertice per difendere la sua dignità (Applausi del deputato Renato Farina)!
Devo dire con estrema chiarezza che quando una persona ha le carte in regola difende il Parlamento, per il presente e per il futuro, con forza e con convincimento! Ma noi risolviamo il problema attraverso le misure che lei ha indicato? Non me lo voglio augurare, qui bisogna infondere certamente fiducia nei cittadini, ma certo un Parlamento nominato dalle segreterie dei partiti non può dare quella fiducia e quell'autorevolezza; non ha l'autorevolezza, tant'è vero che qualcuno diceva, qualche tempo fa, che bastano cinque, sei o sette capigruppo per decidere, evitiamo anche di convocare il Parlamento.
Questa frase la dice lunga, non c'è dubbio che ci troviamo di fronte a un passaggio importante. Dobbiamo fare bella figura nei confronti della stampa? Perché, abbiamo mai fatto i conti sulla stampa? Non lo facciamo e non lo possiamo fare nella maniera più assoluta, ma come la stampa svolge un ruolo importante e fondamentale in un sistema democratico, il Parlamento non deve essere da meno.
Risparmiamo sulla mensa, su Palazzo San Macuto, sui viaggi, tutte quelle cose che sono state date.
Guardate, ho una stima immensa nei confronti del Presidente della Repubblica. È una fortuna che il Paese abbia Giorgio Napolitano come Presidente della Repubblica italiana, ma anche il Quirinale deve fare i conti non con qualche piccolo taglio, ma con la sua struttura e con il sistema, se vogliamo essere coerenti con il dibattito che svolgiamo nel nostro Paese.
Ci sono valutazioni da fare. Lei lo sa, signor questore, che l'indennità parlamentare - sono un vecchio parlamentare, perciò potrebbe essere un argomento, per le cose che lei ha detto, che non mi colpisce direttamente per anzianità - è il 10 per cento rispetto al volume complessivo? Se consideriamo anche la quiescenza è il 20 per cento. Cosa facciamo? Le riforme costituzionali? Sulla riduzione dei parlamentari noi ci siamo anche espressi, ma respingiamo la demagogia di qualche Ministro. Possiamo ridimensionare il numero dei parlamentari oltre un certo limite, ma il problema vero è che il Paese non vuole più il Parlamento, perché lo considera inutile o peggio ancora dannoso.
Cosa facciamo noi? Andiamo alla difesa di questa istituzione? Un Parlamento deve essere anche trasparente. Ci sono tante cose che non ho capito, signori questori: l'informatizzazione, il software, l'hardware, i servizi, tante poste di bilancio che non sono leggibili. Si potrebbe fare maggiore chiarezza, facciamola, siamo qui per questo.
Certamente, sullo sfondo c'è un discorso di carattere generale più appropriato, che riguarda, come dicevo poc'anzi, la nostra democrazia, la nostra storia e la nostra cultura. Ci fu qualcuno, sempre nel 1994, che pensava ad una catarsi del Parlamento e del partito al quale allora appartenevo. Bisognava offrire il petto alle pallottole. Si è perso il sistema, è morto un sistema della democrazia e abbiamo trovato invece un nuovo sistema, quello di salvatore della patria.
Se questo è il dato, facciamo un sistema di salvatore della patria, ma se deve Pag. 36essere un sistema della democrazia, un Parlamento non può essere messo sul banco degli imputati. Deve certamente dimagrire e far dimagrire, ridimensionare e prosciugare le sue spese, ma non ci può essere questo clima.
Soprattutto, il Parlamento non può essere sulla difensiva, senza una voce, come dicevo poc'anzi, che difende l'istituzione parlamentare, non per l'oggi, ma per il domani. Occorre difendere i valori fondamentali del nostro Paese. Questo credo che sia un dovere di noi contemporanei per il futuro del nostro Paese, altrimenti ci sarà una deriva plebiscitaria e nichilista, che distruggerà ogni cosa. Si distrugge il centro della sovranità, perché non c'è più il centro della sovranità, ma ci sono vari centri. Ma chi parla di altri organismi? Nessuno. C'è il Parlamento, la parola più facile. Soprattutto, ci sono gli slogan sapientemente costruiti e qualcuno che persegue un indirizzo tranquillo. Forse c'è anche qualche leader che pensa di deviare l'attenzione su altri problemi a lui più prossimi, alimentando anche quest'attacco al Parlamento. Ci sono altri organismi e altri poteri che alimentano quest'attacco al Parlamento, per prendere il sopravvento e per occupare gli spazi.
Ritengo che oggi ci debba essere un sussulto di dignità. Andate avanti giustamente con questi ritocchi e con questi aggiustamenti, con questo contenimento delle spese.
Rendiamole più funzionali, più razionali. C'è da scegliere! Vogliamo un Parlamento in cui si possa scegliere il nome dei parlamentari, dove i parlamentari non siano più nominati, ma eletti? Quando i parlamentari venivano eletti, si raggiunsero certe conquiste all'interno del nostro Paese. Evidentemente, vi è una crisi del sistema. Ne prendiamo atto, ma auspichiamo altri passaggi e altre svolte. In questa fase e in questo particolare momento dobbiamo, ovviamente, avere la responsabilità della tenuta del Paese, senza infingimenti e senza debolezze.
Signor Presidente, signori questori, volevo dire queste cose, tutte queste cose, sommessamente. Sono anche d'accordo con l'onorevole Pisicchio: perché non istituiamo delle commissioni? Perché no? Quante volte lo abbiamo auspicato e quante volte abbiamo sbagliato, quando abbiamo legato i nostri emolumenti alla magistratura! Ricordate l'80 per cento, il 90 per cento? Ricordate queste cose? Era una cosa sbagliata, perché il Parlamento rinunciava alla sua sovranità in quella fase specifica e particolare. Ma chi tocca le altre categorie nel nostro Paese? Nessuno! Il Parlamento fa da parafulmine, ma lo svuotamento del Parlamento è lo svuotamento della democrazia!
In questo momento, in un Paese semidemocratico, a deriva plebiscitaria, questo Parlamento non può perdere voce, dignità e prestigio, anzi, deve riconquistare spazi e deve fare ogni sforzo per la riforma elettorale, per dare, ovviamente, una prospettiva al Paese e per ricercare in questo luogo, che è il Parlamento, non il coacervo delle assurdità o delle contraddizioni, ma le proprie certezze, che un uomo solo o degli uomini soli non possono dare, anche se sono «santi», anche se sono eroi. Questo Paese non ha bisogno di eroi, perché a volte gli eroi sono di cartone.
Se il popolo riuscirà a trovare in questo luogo e nella sovranità popolare, e quindi nel Parlamento, una fiducia e un collegamento, certamente ogni pensiero recondito e malevolo verrà rimosso e si potrà rivolgere la mente verso prospettive positive e più impegnative per la civiltà e la democrazia del nostro Paese (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli questori, a nome del gruppo di Popolo e Territorio voglio esprimere la condivisione della relazione che è stata illustrata dall'onorevole Colucci. Si tratta di una relazione che, attraverso il rigore dei numeri, ha dimostrato gli sforzi che l'amministrazione della Camera dei deputati sta facendo e sta portando avanti per essere in linea e in sintonia con le necessità di finanza pubblica.
Voglio anche esprimere il pieno apprezzamento per la valutazione che è stata Pag. 37fatta rispetto a questa condizione di contestazione globale delle istituzioni.
È una contestazione che non riguarda, evidentemente, solo il Parlamento. Ci sarebbe da interrogarsi sui disegni che vi sono dietro ad un clima che non trova giustificazione solo nella complessità della situazione economica e finanziaria del nostro Paese o solo, come ha ricordato qualche collega, in sistemi elettorali che non favoriscono il rapporto diretto tra eletti ed elettori.
Voglio ribadire che non ho alcuna remora a contestare un sistema elettorale, quale quello attualmente in vigore, che non consente al cittadino di scegliere il parlamentare che elegge, per cui questo Parlamento si è definito un Parlamento di nominati e non di eletti.
Bisognerebbe riflettere anche sulle percentuali di partecipazione al voto quando, con un meccanismo diverso, come, ad esempio, nell'elezione diretta dei sindaci, non si registra una partecipazione tale da ritenere che quel sistema elettorale sia migliore di altri. Penso anche, ad esempio, all'ultimo dato elettorale per l'elezione del sindaco di Napoli: in quella circostanza, per eleggere il sindaco si è recato alle urne meno del 50 per cento degli aventi diritto.
Ho condiviso questa impostazione di grande serietà e rigore. Non si può rispondere all'antipolitica cavalcando l'antipolitica perché si farebbe un danno al nostro sistema democratico, si metterebbero in discussione la centralità del nostro Parlamento e la solidità del nostro stesso sistema democratico.
Insieme a questo, però, è evidente che le forze politiche rappresentate in questo Parlamento, e non solo le forze politiche, devono continuare a fare uno sforzo per rendere la politica più vicina ai cittadini e per dare la certezza che al centro dell'azione politica vi è il bene comune.
Evidentemente, non rientra tra le funzioni del Collegio dei questori, ma spetta alle forze politiche e ai gruppi parlamentari, restituire credibilità all'azione parlamentare. Questo, però, è un impegno che dobbiamo portare avanti, contro quei luoghi comuni che in queste settimane e in questi mesi hanno inondato le tante pagine dei giornali.
Non penso che ad un politico spetti esprimere un'opinione a seconda di quello che poi scriveranno i giornali il giorno dopo. Il politico deve esprimere un'opinione se ne è convinto, un opinione che punti non solo a fare oggi uno sforzo di grande rigore, ma anche a rilanciare, nel nostro Paese, l'azione del nostro Parlamento.
Quindi, dobbiamo sentirci tutti impegnati, come è stato più volte ribadito nella relazione dell'onorevole Colucci, ad essere coerenti con gli obiettivi di finanza pubblica, uno sforzo al quale questo Parlamento non si è sottratto. Si sono ricordati il primo taglio effettuato nel 2006, il congelamento degli adeguamenti al carovita dal 2006, che si estenderanno sino al 2013 e, in più, un ulteriore taglio effettuato agli inizi di quest'anno, insieme a un'altra serie di risparmi che riguardano il personale, le locazioni ed il complessivo funzionamento della Camera dei deputati.
Quello che si potrebbe obiettare, onorevole questore, rispetto al rigore dei dati che lei oggi ha esposto e che fanno riferimento anche ad uno studio commissionato dal Collegio per avere una comparazione rispetto agli altri Parlamenti europei, è per quale ragione non c'è stata nessuna voce in tutte queste settimane che abbia difeso l'onore e la dignità di questo Parlamento. Ci siamo lasciati travolgere da questa ventata, che è stata definita di antipolitica, che si è alimentata molto spesso di informazioni non completamente vere, per non dire completamente false. Chi avrebbe dovuto difendere la dignità del Parlamento e dei parlamentari non è sceso in campo, in qualche caso forse anche per qualche calcolo politico.
Io, invece, ritengo che se si seguisse questa strada, che è la strada del rigore, del risparmio, del contenimento della spesa e nello stesso tempo la strada della difesa e della dignità del ruolo del Parlamento e dei parlamentari, potremmo di nuovo recuperare il consenso e il favore dell'opinione pubblica. La politica consiste Pag. 38nel dare risposte ai bisogni dei cittadini. Se noi recuperiamo con una grande concretezza questa funzione nobile della politica, quando si ritornerà a discutere del bilancio della Camera e dei costi della politica, sicuramente lo faremo in un clima diverso, meno pressati dall'opinione pubblica e da certi mass media, che hanno come finalità unica quella evidentemente non di rendere un servizio alla verità, ma di incrementare il numero delle copie vendute.
E, quindi, noi esprimiamo un reale apprezzamento, come gruppo di Popolo e Territorio, per il lavoro serio, rigoroso e preciso del Collegio dei questori, dimostrando e ribadendo la nostra piena e totale disponibilità come gruppo a collaborare anche in futuro alla luce delle risultanze della commissione che verrà insediata per fare in modo che, partendo da un dato apparentemente tecnico, ma che in realtà ha un grande significato politico, che è quello dei costi, sia recuperato un rapporto reale di fiducia con i nostri cittadini e con il nostro popolo, a prescindere da chi governa questo Paese. Il centrodestra o il centrosinistra che sia, nessuno mai deve mettere da parte la difesa delle istituzioni democratiche: il ruolo del Parlamento, la funzione dei partiti e la dignità del ruolo del parlamentare.
Dunque, in tale ottica, noi approviamo ed esprimiamo apprezzamento per la relazione che ci è stata illustrata questo pomeriggio e per il lavoro che chiaramente inizierà dopo l'approvazione - che io sono convinto avverrà all'unanimità o con la più ampia maggioranza possibile - sia del conto consuntivo che del progetto di bilancio della Camera (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, innanzitutto voglio ringraziare il questore Colucci per l'esauriente relazione svolta ed unitamente a lui anche gli altri due questori, il questore Mazzocchi e il questore Albonetti, per l'importante lavoro svolto al fine della redazione del bilancio della Camera.
Da quando sono entrata alla Camera nella scorsa legislatura ho sempre partecipato alle discussioni dell'Aula sul bilancio, che ho sempre avuto modo di esaminare e votare anticipatamente in qualità di membro dell'Ufficio di Presidenza in quella sede. Oggi, però, ci troviamo in una situazione completamente diversa da quella degli anni precedenti, perché è diversa la situazione politica generale e diversa è la situazione economica del Paese. Mai come oggi si avverte una particolare attenzione da parte dei media, dell'opinione pubblica e da parte della stessa politica nei confronti di questo documento che negli anni scorsi passava nell'indifferenza generale. A tal proposito mi sento di condividere pienamente la scelta operata dal Presidente della Camera, l'onorevole Fini, di calendarizzarne l'esame prima della pausa estiva.
Pur essendo di fatto un documento contabile interno, a mio personale avviso commetteremmo un grave errore se volessimo affrontare questa discussione come l'esame di uno dei tanti interna corporis e per questo - e me ne scuso anticipatamente con il Presidente e con l'Aula - non mi limiterò ai documenti oggetto del nostro esame ma cercherò di svolgere un intervento di portata più ampia e di sistema.
Dal 2006 si è avviata certamente un'operazione virtuosa di razionalizzazione del funzionamento e soprattutto delle spese della Camera dei deputati e un trend che ha visto ottenere in un lasso di tempo relativamente breve una serie di risultati che oggettivamente devono essere ritenuti considerevoli, quanto meno perché nel giro di cinque anni sono state apportate delle modifiche che in sessanta anni non si è stati in grado di realizzare: le indennità dei deputati sono state congelate per cinque anni e, a partire proprio dall'anno in corso, è entrata a regime un'ulteriore decurtazione degli emolumenti dei deputati pari a mille euro totali, risultato di una decurtazione di 500 euro Pag. 39sulla diaria e di ulteriori 500 euro sulle spese sul rimborso forfettario previsto per le spese del mantenimento del rapporto eletto-elettore.
Sempre nella scorsa legislatura è stata varata una riforma dei vitalizi parlamentari che ha portato a cinque gli anni necessari per aver diritto a percepire il vitalizio. Anche in questo caso certamente si poteva e si doveva fare di più - su questo tema avrò modo di tornare in seguito -, ma anche la modifica apportata non può essere considerata di poco conto, se si considera che negli anni passati erano sufficienti un giorno e, successivamente, due anni, sei mesi e un giorno da deputato per avere diritto a percepire il vitalizio.
A seguito della grave crisi economica che nell'ultimo biennio ha travolto l'Italia insieme a gran parte del mondo, la Camera ha realizzato ulteriori economie, mantenendo inalterata la dotazione annuale percepita dallo Stato nel triennio 2009-2011 e prevedendo la restituzione al bilancio dello Stato di 60 milioni di euro nel triennio 2011-2013. Ulteriori economie sono state approvate la settimana scorsa nell'Ufficio di Presidenza, provvedimenti che a regime produrranno risparmi aggiuntivi rispetto a quelli già previsti, determinati anche da tagli che da tempo erano attesi come il recesso anticipato dai contratti di locazione di palazzo Marini e di altri immobili. Il trend instauratosi in questi anni può essere definito senz'altro virtuoso e va dato atto all'opera svolta da questo Collegio dei questori del risultato che vede crescere le spese dell'1,01 per cento rispetto al tasso di inflazione programmata pari all'1,50 per cento.
Eppure, tutto questo non è bastato ed è per questo che ritengo necessario proporre all'Aula una serie di riflessioni generali partendo proprio dai risultati raggiunti. La domanda che ci dobbiamo porre è la seguente: perché proprio ora che la Camera ha attuato e continua ad attuare con decisione delle misure che vanno nella direzione del rigore e del contenimento della spesa, si pone con forza la questione dei costi della politica da parte dell'opinione pubblica e da parte dei media, anche con interpretazioni e ricostruzioni che tante volte sono ingenerose o non sono completamente esatte? Perché oggi il moto di indignazione è più forte ed esteso di quanto non fosse prima che venisse coniato il termine «casta»?
La risposta è semplice e abbastanza evidente, e consiste nel fatto che la politica ha ostinatamente difeso i suoi privilegi fino all'ultimo momento, oltre il quale non ha più potuto resistere ed è stata costretta ad adeguarsi sull'onda dell'emergenza. Inoltre anche nelle riforme che sono state apportate non si è avuto il coraggio di fare un'operazione seria, distinguendo nettamente i costi della democrazia da quelli che invece sono i costi della politica. Con l'espressione «costo della democrazia» intendo chiaramente tutte quelle spese che, seppure di una certa entità, sono necessarie al corretto funzionamento del sistema democratico e come tali incomprimibili. Con l'espressione invece «costo della politica» intendo tutto quello che è superfluo, quello che non attiene alle spese di funzionamento del sistema ma rientra nella sfera del privilegio e, oltre ad essere ingiustificato in questo momento (in un momento di crisi come quello attuale), è insostenibile per una serie di ragioni sia materiali ma anche psicologiche.
Colleghi, la questione che dobbiamo affrontare non è, secondo me, come è accaduto in passato, la questione della barberia o del costo del caffè alla buvette. Noi oggi dobbiamo affrontare una questione molto più seria che è quella dello stato di salute in cui versa la politica, che non è mai stata debole come in questo momento. Una debolezza testimoniata non tanto dalle legittime proteste dei cittadini che inondano la nostra posta elettronica con catene di e-mail, non tanto dal successo travolgente ottenuto su Facebook dal presunto precario di Montecitorio, ma soprattutto dall'essere diventati il bersaglio di una nuova forma di qualunquismo, il qualunquismo delle tartine al caviale e dello champagne, come lo ha magistralmente definito il collega Lehner alcuni giorni fa. Pag. 40
Altra svolta epocale, che denota sempre la debolezza in cui versa la politica, è costituita dal fatto che sono stati - almeno a parole - lo stesso Ministro Tremonti e lo stesso Governo a porre il tema dei costi della politica a margine della manovra di aggiustamento dei conti pubblici. Tralasciamo il fatto che poi alle parole non siano seguiti i fatti, come ha dimostrato la manovra approvata, però l'episodio è indicativo per chi come l'Italia dei Valori il tema dei costi della politica lo ha sempre posto. Dopo aver sentito ripetere per anni che per tutto quello che erano le questioni che riguardavano i costi della politica era inutile intervenire perché tanto si sarebbe trattato solamente di provvedimenti poco utili che nulla avrebbero spostato in termini concreti all'interno del bilancio, se permettete fa un certo effetto sentire un Ministro dell'economia e delle finanze ed un Governo che versando in una grave crisi politica, morale, di consensi, e dovendo mettere insieme una cifra enorme (stiamo parlando di 50 miliardi di euro), pongono come priorità, come la panacea di tutti i mali, proprio i costi della politica. Personalmente è chiaro che non posso che essere contenta, però mi chiedo quali siano le ragioni che hanno fatto prendere questa strada al Governo.
L'antipolitica, colleghi, la crescente sfiducia nei confronti del Parlamento da parte di strati sempre più ampi della popolazione nasce a mio avviso dal fatto che la politica nell'ultimo ventennio ha subito una drammatica crisi di produttività e di efficienza. Diciamocelo, mi riferisco a un Parlamento composto da quasi mille persone che lavorano da martedì pomeriggio al mercoledì sera (e solamente in casi rari al giovedì mattina), alla condotta morale di cui si sono resi protagonisti alcuni dei massimi esponenti della politica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Una politica troppo chiusa in se stessa, una politica consumata dai propri problemi personali che non ha più la forza né la voglia di raccogliere e rispondere alle istanze che vengono dalla società è chiaramente vista, in un momento come questo, come qualcosa di assolutamente odioso, inutile, intollerabile, per cui da condannare.
Faccio un esempio che con il tema dei costi della politica non c'entra nulla ma che spero renda l'idea di questa deriva. In libreria da diverse settimane c'è una pubblicazione con un titolo significativo: Fumus persecutionis.
Non si tratta altro che di una raccolta dei resoconti della Giunta per le autorizzazioni a procedere di questa legislatura. L'istituto dell'insindacabilità parlamentare, sancito dall'articolo 68 della Costituzione, è un istituto fondamentale per il corretto funzionamento della democrazia e per il libero esercizio del mandato parlamentare. Ma il problema è lo stravolgimento sistematico che di questo istituto è stato fatto in questi anni che lo ha trasformato da una prerogativa assolutamente fondamentale in un privilegio assolutamente odioso e intollerabile. Il Parlamento ha svolto la funzione di una sorta di collegio difensivo d'ufficio dei suoi membri facendo aumentare a dismisura i conflitti di attribuzione con la magistratura davanti alla Corte costituzionale, conflitti nei quali la Camera sovente soccombe con grave danno di immagine e di credibilità.
Colleghi, tornando all'oggetto di questa discussione, abbiamo il dovere di invertire questa tendenza e recuperare quella credibilità che necessariamente la politica deve avere se vuole assolvere alla sua funzione fondamentale per la società. La questione non è solo modificare l'attuale documento di bilancio, anche perché al momento le procedure lo rendono impossibile. Dobbiamo invece riflettere tutti insieme, come singoli deputati, membri di questa Camera prima ancora che appartenenti a gruppi o a forze politiche, se non sia venuto il momento di effettuare delle decisioni storiche, non perché qualcuno ce lo impone, ma perché dopo una nostra attenta e autonoma valutazione crediamo che sia veramente necessario.
Colleghi, appartengo ad un partito che sul tema dei costi della politica, da quando è entrato in Parlamento, ha assunto sicuramente posizioni scomode. Si pensi da Pag. 41ultimo alla proposta di abolizione delle province. Eppure non ho problema a riconoscere, come ho detto in precedenza, che le misure adottate in questi anni sono misure veramente importanti. Il taglio di mille euro operato sull'emolumento totale dei deputati costituisce un unicum assoluto nella storia parlamentare perché non si è mai visto che dei parlamentari in carica si detraggano il proprio stipendio. Pertanto vanno riconosciute queste cose. Però come mai questo e anche altre misure importanti non sono bastate?
Personalmente ritengo che la risposta consista nel fatto che ci troviamo ad uno di quei tornanti della storia che segnano il passaggio da un'epoca all'altra e molte delle cose che fino a ieri erano considerate normali o comunque accettabili oggi non lo sono più, perché non sono più sostenibili per una serie di ragioni. Le difficoltà, cari colleghi, non si superano solo con operazioni, se pur importanti, di contabilità. Le difficoltà si superano avendo il coraggio di fare i conti con la nuova realtà e liberandosi di quello che con essa non è più compatibile.
I vitalizi dei parlamentari si sono trasformati nella sentina di tutti i mali. Anche oltre l'effettiva realtà. Non perché l'eventuale risparmio degli attuali 138 milioni che la Camera paga all'anno potrebbero cambiare i destini del bilancio statale, ma proprio perché oggi non sono più ritenuti compatibili in questo momento di crisi. In un momento di emergenza di questo tipo non sono più ritenuti possibili. D'altra parte non era mai successo prima d'ora che in quattro giorni una pesante manovra, come quella che abbiamo esaminato, venisse approvata da Camera e Senato, con il sostanziale via libera dell'opposizione e, fino a qualche giorno prima, non ce lo saremmo mai immaginato che questo sarebbe potuto accadere. Eppure ci siamo adeguati perché le circostanze ce l'hanno imposto.
Allo stesso modo su temi nevralgici dei costi della politica non ci si deve nascondere dietro i tecnicismi, ma vanno affrontati con coraggio e risolti una volta per tutte. Per quanto riguarda i vitalizi qualcosa sembra finalmente essere cambiato, almeno per quelli futuri. Credo infatti che saranno diversi ordini del giorno che ne proporranno l'abolizione o la loro radicale trasformazione a partire dalla prossima legislatura.
Certamente, sarebbe un passo importante, ma non sufficiente, e, come tale, come è già avvenuto per i provvedimenti approvati nel corso di questi anni, rischierebbe ingiustamente di non essere apprezzato né ritenuto credibile.
Personalmente, sono sempre stata cofirmataria di un ordine del giorno presentato, in questi anni, dall'onorevole Borghesi, con il quale si chiede l'abolizione o, comunque, la radicale trasformazione dei vitalizi già in essere. Ogni volta, questo ordine del giorno è stato respinto con la motivazione che tecnicamente non sarebbe possibile attuarlo, perché andrebbe a ledere i diritti acquisiti. Noi - lo spiegherà nuovamente il collega Borghesi - siamo convinti, al contrario, che sia un'operazione assolutamente praticabile da un punto di vista tecnico-giuridico, prima ancora che politico.
Ma a coloro i quali si dimostrassero ancora scettici, mi si consenta di dire - credetemi, senza alcuna volontà polemica - che, se quest'Aula è stata in grado di elevare un conflitto di attribuzione innanzi alla Consulta, perché credeva davvero che «Ruby rubacuori» fosse la nipote di Mubarak, credo che, allo stesso modo, possa decidere che, a partire da un giorno «x», i vitalizi, futuri e pregressi, possano essere trasformati. Ciò che conta, onorevoli colleghi, è la volontà politica: quando c'è questa, lo strumento con cui realizzarla, alla fine, si trova, sia che si debba passare da una delibera dell'Ufficio di Presidenza, sia che si debba procedere tramite una legge ordinaria. Da questa, come da altre decisioni, passa la possibilità di ritornare ad essere credibili.
Solo avendo il coraggio di intervenire su voci di bilancio, anche minute in termini di spesa, ma significative in termini ideali, avremo il dovere e la forza di sostenere quelle che sono le ragioni dell'istituzione di cui siamo parte. Penso, per Pag. 42esempio, ad una maggiore trasparenza della gestione delle risorse attribuite ai gruppi, o all'attuale sistema di utilizzo dell'auto di servizio o, ancora, al fin troppo generoso sistema dei rimborsi degli oggetti smarriti. Solo dopo aver eliminato effettivamente il superfluo, a chi scrive con tono scandalistico che la Camera dei deputati spende oltre un miliardo di euro all'anno, spiegheremo, con ritrovata credibilità ed autorevolezza, che gran parte di quella cifra riguarda spese fisse di funzionamento incomprimibili, senza le quali la Camera non funzionerebbe o non potrebbe farlo con la necessaria efficienza.
Concludendo, colleghi, ci tengo a precisare che quanto sostenuto in questo mio intervento e negli ordini del giorno di cui sono firmataria, nasce dalla volontà e dalla profonda convinzione di preservare questa grande istituzione - la Camera dei deputati -, della quale sono fiera di essere membro e della quale dovrebbero essere fieri anche i cittadini italiani. La Camera, insieme al Senato, infatti, sono il simbolo tangibile della democrazia e della libertà, della quale fortunatamente godiamo e che è nostro dovere preservare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, colleghi, anch'io voglio associarmi al ringraziamento per la relazione dei Questori e dire: finalmente! In questi anni, abbiamo assistito a campagne denigratorie, sui giornali e sulla stampa, in ordine alla nostra attività. Chi come me andava in televisione, mostrava i cedolini per dimostrare che certe informazioni che giravano su Internet o sui giornali erano completamente false.
Se volete, l'unico rimprovero che posso farvi è il seguente: fate più spesso queste informative, lavorate di più sulla stampa e sui media. Infatti, i dati che ci avete oggi fornito, che rompono finalmente un muro quasi di silenzio, oserei dire, che smentiscono tutte le sciocchezze e le stupidaggini che, in questi anni, sono state scritte sui guadagni e sull'attività dei parlamentari, oggi ci rendono onore. Si pensi solamente a quante volte si è detto che il Parlamento italiano era il più costoso d'Europa e che noi eravamo quelli che guadagnavano più in Europa. Quando ho sentito il questore, finalmente, sciorinare i numeri, sono stato molto contento.
Tuttavia, è certo che, non so per quale meccanismo - non voglio certamente imputarlo ai questori -, ma in questi anni siamo stati «in sofferenza» rispetto al tema mediatico, che va affrontato. L'altro giorno ho letto le «paginate» dedicate al Presidente della Repubblica Napolitano, che voglio ringraziare pubblicamente in questa sede, per il gesto importante che ha fatto, tuttavia, voglio ricordare a tutti che la Camera dei deputati - non il Senato, ma la Camera dei deputati -, da tempo, ha bloccato l'indicizzazione dei propri emolumenti. Credo che non lo sappia nessuno: li ha bloccati da cinque anni.
Io, peraltro, faccio parte della categoria «degli sfortunati», perché sono entrato nel 2001 ed hanno cambiato le regole per il vitalizio: una volta lo concedevano subito, ora si percepisce a 65 anni. Da quando sono qui hanno bloccato l'indennizzo e per due volte hanno ridotto lo stipendio; lo ripeto, per due volte da quando sono parlamentare in questi dieci anni, per tre mandati. Peraltro, questo nessuno lo sa, perché se uscite e chiedete alla gente se sa che il Parlamento - la Camera dei deputati, vorrei sottolineare anche questa differenza - ha diminuito per due volte lo stipendio dei parlamentari nessuno sa rispondere, anzi, vi chiederanno quando finalmente decideremo di ridurre il nostro stipendio. Inoltre, nessuno sa che abbiamo bloccato le indicizzazioni. Vi è, certo, un problema di informazione.
Vorrei dare conto di un episodio simpatico, che mi permetto sempre di ricordare: ero parlamentare da pochi giorni ed ero seduto al ristorante - ahimè, non conoscevo ancora le regole di questo Palazzo - e dopo pochi minuti sono arrivati tre giornalisti che mi hanno chiesto: scusi, Pag. 43lei è un giornalista? Ho risposto: no, non sono un giornalista. E loro mi hanno detto: guardi che questi sono tavoli riservati ai giornalisti (Applausi del deputato Barbieri). Si tratta di quegli stessi giornalisti che poi scrivono sui giornali che noi siamo dei favoriti, perché abbiamo dei ristoranti in cui non paghiamo nulla e perché abbiamo una Buvette in cui non paghiamo nulla, e questi giornalisti mi hanno intimato - a me, che sono stato obbligato ad alzarmi - di sedermi in un altro tavolo, perché vi sono due tavoli riservati ai giornalisti.
La cosa simpatica - come potete vedere in questi giorni - è che quest'onda dell'antipolitica, chi la fa in modo particolare? Un po' tutta la stampa, ma vi sono tre giornali che in questo Paese si accaniscono contro la politica e i rappresentanti della politica: Il Tempo, Libero e il Giornale. Chi sono i tre editori di questi giornali? Uno fa il costruttore, e credo che, forse, con la politica abbia qualcosa a che fare, perché in questo Paese, se fai il costruttore, qualcosa con la politica hai a che fare; l'altro ha delle cliniche private, e se non fai accordi con la politica non fai ovviamente...

RENZO LUSETTI. È un collega!

ENZO RAISI. Lasciamo stare se è un collega o meno, sto dicendo che lavori fanno. Il terzo lavora nell'editoria e si vi è un settore assistito, in questo Paese, dal contributo pubblico è l'editoria. Tra l'altro, il terzo giornale ha un direttore che si chiama Feltri, che è andato in pensione a 50 anni, e viene a discutere dei nostri vitalizi, sul fatto che siamo dei privilegiati e così via.
Credo che sull'informazione molto si debba fare in questo Paese, per spiegare il lavoro che facciamo e quanto sono false alcune informazioni che circolano, perché, ripeto, sono stanco di girare con i miei cedolini per spiegare alla gente che non prendo 30 mila euro al mese, come invece vedo circolare ogni tanto su queste testate e anche sulla rete, che ormai è diventata la lavagna e il pubblico ludibrio cui siamo esposti e in cui si dicono tante sciocchezze e tante stupidaggini.
Attenzione, questo non vuol dire che non si debba tener conto, comunque, di un dato che è sotto gli occhi di tutti, cioè che la gente non crede più nel nostro lavoro. Probabilmente, prima di parlare di vitalizi e prima di parlare di quello che noi prendiamo sarebbe opportuno vedere perché produciamo così poco. Si dovrebbe allora ripartire dal Regolamento della Camera, perché è ancora assurdo che si svolga un lavoro in Commissione e si ricominci daccapo in Aula, e che abbiamo un bicameralismo perfetto.
Questi sono i problemi veri del Parlamento italiano, non le sciocchezze di quanto si riceve in termini di stipendi o riconoscimenti per l'attività che si svolge sul territorio. Anche su questo vorrei parlare a nome dei tanti parlamentari - e sono la stragrande maggioranza in questo Parlamento - che la politica sul territorio la fanno, al di là del fatto se sono dei nominati o meno, perché questa è una quisquiglia: in tutti i Paesi vi sono liste bloccate, il problema non è se sei eletto con la preferenza, con la lista bloccata o piuttosto con il collegio. Il problema è se tu fai attività sul territorio o meno; e devo dire che il 90 per cento dei parlamentari che sono qui dentro l'attività sul territorio la fanno. Io sono uno di quelli che la fa, e vedo che gli altri parlamentari eletti nella mia stessa circoscrizione la fanno.
Certo, poi vi è sempre l'eccezione che conferma la regola. Anche quando lavoravo in azienda ed ero dirigente vi era il dirigente d'azienda che non faceva nulla, e non è per questo che l'azienda non funzionasse. L'azienda funzionava perché aveva delle regole ben precise. Probabilmente dobbiamo rivedere le nostre regole di lavoro. Questo è un tema secondo me vero e serio per affrontare anche l'antipolitica, non quella di rincorrerla su alcune questioni. Poi, certo, la politica ha delle colpe.
Quando leggo che i consigli regionali (penso quelli della Calabria, piuttosto che della mia regione, l'Emilia Romagna) si sono riuniti 21-23 volte in un anno e Pag. 44mezzo, mi dico che probabilmente anche sulle regioni un ragionamento si deve fare.
Quando il Parlamento non capisce che ormai la provincia è un ente superato e rigetta ogni proposta di rimodulazione di questo tema, credo che abbiamo delle responsabilità. Sono queste le nostre responsabilità per cui la gente si arrabbia e non capisce: non diamo risposte perché abbiamo lavori farraginosi e manteniamo in piedi gli enti.
Con riferimento alle regioni, è inutile che ci nascondiamo dietro ad un dito. Quando c'è stata la modifica del Titolo V della Costituzione, le regioni hanno lavorato i primi cinque anni sulle materie delegate ed hanno prodotto le leggi quadro regionali, dopodiché negli ultimi anni non hanno fatto più nulla, perché non c'è più nulla da fare. Non essendo enti che amministrano, ma legiferano, è evidente che svolgono un lavoro molto meno accelerato rispetto al nostro.
Questi sono i ragionamenti che la Camera dei deputati deve fare, nel momento in cui affronta anche i costi della politica e deve difendere la dignità del proprio lavoro. Un tema che deve essere sicuramente raccolto un po' da tutti i gruppi parlamentari è quello di rivedere i nostri Regolamenti. Occorre rivedere gli altri soggetti della politica che lavorano insieme al Parlamento, perché è indubbio che non possiamo più permetterci tanti livelli di decisioni amministrative.
Questi sono temi seri e poi esiste - qui mi trova d'accordo - la sobrietà in politica. Perché, cari colleghi, ci sono regole che negli altri Parlamenti vengono applicate. Allora, non si può chiedere di essere giustamente sempre presenti e di fare il lavoro di parlamentare e poi si scopre che altri parlamentari, perché sono liberi professionisti, addirittura traggono vantaggio dalla propria attività parlamentare.
Nei Paesi seri i professionisti non possono fare la propria attività, soprattutto, ad esempio, se sono avvocati. L'avvocato è una professione incompatibile con la carica di parlamentare, e qui ci sono molti colleghi avvocati. Cominciamo a ragionare su queste regole più trasparenti della politica italiana.
Si tratta della sobrietà, come ci viene detto tante volte. È chiaro che se io, da imprenditore, rinuncio a lavorare, desidero che questo avvenga un po' per tutti, soprattutto per chi può trarre profitto per la propria attività dal suo essere parlamentare. Questi sono discorsi che hanno un senso, anche guardando - siamo nell'Unione europea - cosa fanno gli altri Parlamenti. Infatti, se negli altri Parlamenti c'è incompatibilità con l'esercizio di alcune professioni, anche da parte nostra ci deve essere una maggiore attenzione.
Quando dicevo della sobrietà, sottolineo che sono rimasto stupito quando ho visto alcuni contratti. Plaudo la scelta che è stata fatta di rinunciare a un affitto, così oneroso, come quello di palazzo Marini. Certo, poi bisognerà dare una risposta su come si pensa di dare una collocazione alla segreteria dei parlamentari e ai parlamentari stessi, perché non posso pensare che un parlamentare a Roma non abbia la possibilità di avere un ufficio. Tuttavia, quando ho visto i costi di quegli uffici, ho pensato che con un ottavo di quello che viene dato per quegli uffici ci avrei potuto pensare da me.
Quando ho scoperto che si chiude una mensa dedicata ai dipendenti e ai collaboratori della Camera, cioè ai nostri collaboratori che, tra l'altro, costituiscono la classe meno abbiente che lavora qui dentro rispetto sicuramente agli altri e manteniamo in piedi un accordo con il ristorante dei deputati, scusatemi, ma sono rimasto perplesso. Onestamente, dopo aver visto l'accordo che esiste e il costo per ogni deputato che si siede e mangia, oltre a quello che paga, credo che anche su questo, a mio avviso, vada fatto un ragionamento.
Infatti, non trovo nulla di scandaloso sul fatto che noi andiamo a mangiare in una mensa insieme agli altri dipendenti come si fa in qualsiasi azienda, anche perché quelli sono risparmi veri. Infatti, se è vero quello che mi hanno detto, cioè quanto costiamo ogni volta che ci sediamo, Pag. 45oltre a quello che paghiamo per il nostro pranzo, consentitemi di dire che non vorrei essere, oltre che «becco», bastonato, perché la gente pensa che mangiamo in modo agevolato, per un servizio che è quello che è.
Il massimo è stato la barberia. Scusatemi, ma non so, io di lavoro faccio l'imprenditore. Il servizio di barberia, che noi paghiamo correttamente ma del quale tutti pensano che noi usufruiamo gratis (c'è anche questo problema di immagine), applica tariffe che, una volta viste, risultano essere più alte di quelle di mercato. Infatti, io non mi taglio mai i capelli qua dentro, ma vado dal mio barbiere che, per carità, è opinabile se mi tagli i capelli bene o male, però sicuramente costa meno, ed è un signor barbiere. Allora, mi dovete spiegare perché devo essere «becco» e bastonato.
La gente fuori crede che io abbia il servizio gratis e in più lo pago molto più di quello di mercato. Penso che un buon manager che rivedesse un po' gli accordi anche di questo tipo di servizi forse farebbe bene alla Camera. Questi sono i discorsi sulla sobrietà. Infatti, io sono un povero «peone», come ce ne sono tanti qua dentro, però ho la mia macchinina che mi sono comprato dal 2001, una povera Smart anche un po' ammaccata, e vedo che la mattina quando arrivo ci sono tante auto blu che arrivano. Qui basta essere presidenti di un comitatino qualsiasi e hai diritto all'utilizzo dell'auto blu. Lo dico per i nostri colleghi che sono presidenti di qualche cosa, come lo direi per un sottosegretario e anche per taluni ministri. Negli altri Paesi ognuno usa la propria macchina privata, tranne ovviamente per gli impegni di servizio. Poi se si aggiunge che questi adesso parcheggiano anche dentro il parcheggio della Camera, sei «becco e bastonato» anche in quel senso, perché se non arrivi in tempo trovi tutto lo spazio di parcheggio occupato dalle auto blu.
Consentitemi che anche in tal caso qualche malumore c'è. Allora credo che sobrietà sia la parola giusta, non annichilire e uccidere l'attività del parlamentare. Infatti, io che non rubo i soldi che guadagno li spendo per fare attività politica. Quindi anche su questa continua litania sui rimborsi del collaboratore o cose di questo genere, tutti sanno che vengono spesi sul territorio in attività politica, per chi fa politica sul territorio. Poi è giusto e siamo d'accordo, presenteremo un ordine del giorno in questo senso assieme gli amici dell'Unione di Centro e di Alleanza per l'Italia per chiedere delle regole di trasparenza, però attenzione anche qui a non confondere le due cose, perché - lo ripeto - chi fa attività sul territorio questi soldi li spende. Se poi, ahimè, è un partito che non ha contributi pubblici perché è di recente nascita, sa bene quanto deve spendere di queste risorse. Se vogliamo aprire il tema dei contributi pubblici ai partiti, per carità, tuttavia ci allargheremmo e io rimarrei al tema oggetto di oggi, che è quello del bilancio.
Tutti questi ragionamenti per dire, cari amici, che è troppo facile fare polemica. L'altro giorno un collega si è alzato e si è scagliato contro i vitalizi, poi scopri che è in pensione come giornalista, in pensione come dirigente FIAT, in pensione perché è stato per un po' a capo di un istituto della cultura all'estero e giustamente adesso si arrabbia per i vitalizi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Raisi.

ENZO RAISI. Concludo, signor Presidente. Far polemica è facile per tutti. Credo che dovremmo fare un ragionamento.

MARIO TASSONE. Pontificare è facile!

ENZO RAISI. Esatto, pontificare è molto facile. Allora direi di fare un ragionamento, innanzitutto di recuperare la nostra dignità, quindi migliore informazione e vi ringrazio per quello che avete fatto oggi, di ragionare meglio sulle nostre regole, di spendere meglio sui servizi, su questo sono d'accordo, e di mantenere questa sobrietà. Ma questo Parlamento deve mantenere la sua dignità anche nei Pag. 46rappresentanti, perché se si pensa veramente di annichilire il nostro lavoro, insultarlo ogni giorno e non reagire, anzi timorosi si fa sempre un passo indietro, allora, credo, che questo Parlamento avrà vita breve (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, come prima cosa naturalmente la condivisione per la relazione predisposta dal Collegio dei questori e da tutta l'amministrazione sui nostri documenti di bilancio, sui documenti che sono al nostro esame quest'oggi. Quindi siamo qui per discutere del bilancio interno della Camera per l'anno finanziario 2011 e sul triennio 2011-2013, che è stato deliberato in Ufficio di Presidenza tra il 31 dicembre e la settimana scorsa con tutte le modifiche che sono state apportate anche nella riunione dell'ultimo Ufficio di Presidenza.
È un bilancio che si muove e si basa sulla medesima strategia adottata per il bilancio triennale del 2010-2012, laddove viene fissata, per ciascuno degli esercizi finanziari, la crescita zero della dotazione della Camera. È una dotazione finanziaria che rimane così, anche per quest'anno, la medesima stanziata nel 2009, 992,8 milioni di euro che sono tanti e meritano rispetto. In un momento di grandi sacrifici per tutti era assolutamente doveroso infatti anche per il nostro ramo del Parlamento, proprio perché espressione di democrazia popolare, fare la propria parte riducendo i costi ed eliminando le spese non necessarie. La decisione, infatti, di adottare una linea di intervento di questo tipo ha portato risparmi stimati in circa 300 milioni di euro tra il 2006 e il 2010 e consentirà di ottenere una riduzione di spesa ulteriore di 60 milioni di euro nel 2011-2013.
Quindi, è una cifra importante in questi anni. Per giungere a ciò, l'Ufficio di Presidenza, in sede di definizione del bilancio stesso, ha seguito tre linee strategiche: la prima è quella della revisione del trattamento economico dei deputati, l'altra il trattamento economico e la retribuzione dei dipendenti e la modulazione delle spese vincolate.
A parere mio, però, serve fare di più, o meglio occorre provare a rilanciare, cioè ipotizzare delle nuove strade e valutarne la percorribilità. Naturalmente non penso che queste cose possano essere fatte dall'oggi al domani. Credo che sia opportuno dare degli spunti, delle idee sulle quali lavorare anche perché noi dobbiamo dimostrare, come dicevo prima, rispetto per i soldi raccolti con le tasse, le imposte, i balzelli che tutti i cittadini sono chiamati a pagare. Proprio in un momento di difficoltà economica, ma non solo, io direi sempre, è opportuno che questi soldi non vadano spesi senza produrre il massimo risultato possibile.
Quindi, è necessario valutare in modo responsabile anche delle altre strade se vogliamo concretizzare realmente un significativo contenimento delle risorse pubbliche oggi destinate al funzionamento del Parlamento. Naturalmente, facciamo ciò sentendo il peso della pressione dell'opinione pubblica, ma anche sapendo quale è l'importanza delle istituzioni nelle quali siamo chiamati ad operare. Proprio per questo, pongo all'attenzione dei colleghi, ma in primis al Collegio dei questori - augurando al questore Albonetti di vederlo presto questa sera tra di noi - alcune idee che potrebbero essere recepite, magari anche all'interno di ordini del giorno che verranno presentati nelle prossime ore e che domani discuteremo. Potrebbero anche essere solamente degli embrioni da sviluppare per iniziative future, ma che potrebbero comunque portare ad un risparmio per quanto riguarda le casse pubbliche e, quindi, ad un beneficio per quanto riguarda la disponibilità dei soldi complessivi e per i cittadini, che potrebbero essere in questo modo utilizzate, queste risorse, per fare altri interventi e, quindi, utilizzate in modo altrettanto utile.
Credo che sia opportuna - lo dicevo anche in Ufficio di Presidenza - l'iniziativa legata alla revisione del sistema previdenziale. L'ipotesi di agganciare, o meglio di formulare un nuovo sistema simile a quello contributivo già in essere in tanti Pag. 47altri settori è sicuramente una delle strade che si possono percorrere. Anche l'idea di incrementare magari il numero degli anni raddoppiandoli per poter accedere al vitalizio è un'altra delle ipotesi sulle quali vi chiedo di riflettere all'interno di quel lavoro che verrà fatto per predisporre questa proposta di modifica. Infatti, non dobbiamo precluderci nessuna strada. Sono delle possibilità che vanno analizzate e sviscerate per capire i reali benefici che potrebbero portare alle nostre casse, intese come bilancio della Camera, e soprattutto alle tasche dei cittadini, che sono poi quelli che pagano le spese di questo Parlamento.
Un'altra proposta, anche a questo proposito seguendo la disposizione prevista dal decreto-legge n. 98 del 2011, è quella di rivedere la parte delle nostre indennità e, quindi, di adottare questo nuovo criterio per quanto riguarda il fatto di fissare la definizione dell'importo delle nostre indennità, che non sarà più quello dei magistrati, ma della media dei sei Paesi dell'Unione europea - sei grandi Paesi come il nostro - per quanto riguarda le indennità dei parlamentari di quei Paesi. Anche questo è sicuramente un modo per dare una risposta in termini di diminuzione. Probabilmente si determinerà una diminuzione. Ciò non ci deve spaventare, però sappiamo anche che equiparare la nostra indennità alla media dei sei Paesi più grandi in Europa vuol dire avere un punto di riferimento certo e corretto, anche da un punto di vista politico e istituzionale, e più corretto rispetto a quello che fino ad oggi è ancora utilizzato, seppur bloccato e poi diminuito da Tremonti nel 2005 del 10 per cento e poi bloccato come adeguamento ormai da 4 anni, ma con ancora un anno fissato per quanto riguarda il mancato adeguamento e il blocco, quindi, dell'importo dell'indennità.
Non sto dicendo che è una cosa negativa, perché non sono qui a chiedere l'incremento dell'indennità, sia chiaro. Sono qui solamente a dire che è opportuno che vi sia una legittimazione e una condivisione di queste iniziative, non solo tra le componenti della maggioranza, ma anche tra le componenti dell'opposizione, perché poi siamo toccati tutti da questi temi, nel senso che le critiche ai parlamentari che appaiono sui giornali, spesso anche in modo strumentale, prescindono dal colore di appartenenza e, quindi, che si tratti di un deputato della Lega piuttosto che del Popolo della Libertà, del Partito Democratico o dell'Italia dei Valori è sempre lo stesso. Si tratta, comunque, dei rappresentanti di un'istituzione, seppur democraticamente eletti, che i cittadini criticano, vuoi anche per una serie di informazioni a volte errate che vengono veicolate attraverso gli stessi mezzi di informazione o attraverso la rete.
Ricordo che fui il primo - credo fosse il 2000 - che, partecipando a una riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo presieduta dall'allora Presidente Violante, proposi di pubblicare su Internet le indennità dei deputati, rimborsi e quant'altro, suscitando una reazione un po' particolare perché forse tanti colleghi - eravamo allora nel 2000 - non conoscevano ancora bene questo nuovo mezzo di informazione. Credo che dobbiamo sfruttarlo non solo per, diciamo così, giocare in difesa, ma anche per giocare in attacco. Non avendo nulla da nascondere, dobbiamo assolutamente utilizzare queste nuove tecnologie - che tanto nuove, ormai, non sono più - per poter comunicare la verità, la realtà e quello che è ai nostri cittadini che sono, in teoria o nella pratica per meglio dire, i nostri datori di lavoro, ma che sono anche i nostri pagatori, cioè coloro che ci pagano lo stipendio a fine mese.
Un'altra proposta su cui vi invito a riflettere è quella avanzata, anch'essa nell'Ufficio di Presidenza, in ordine all'istituto dell'assegno di fine mandato. Questa sorta di liquidazione viene vista in modo particolare da un certo tipo di stampa. Mi chiedo che differenza vi sia tra liquidare una parte del proprio stipendio a fine legislatura piuttosto che ogni mese. Tuttavia, questo istituto viene visto come un privilegio. Vi invito a riflettere anche su questo e a trovare una soluzione, perché Pag. 48francamente non ho difficoltà ad ammettere che non si tratta di un privilegio, ma di un trattamento normale, che avviene come per chi lavora in fabbrica o in una qualsiasi società, cioè avere uno stipendio differito che è quello della liquidazione. Invece, per noi sembra che sia un qualcosa in più che non dovrebbe spettare a chi lavora e a chi svolge il proprio lavoro coscientemente e scientemente all'interno di quest'Aula.
L'altra proposta che va sempre, diciamo così, nella stessa direzione e che viene vista, anche questa, come una sorta di privilegio, è quella dell'assistenza sanitaria obbligatoria. Vi inviterei a riflettere sul fatto di poterla rendere facoltativa. Vi sono dei colleghi che, in quanto iscritti ad albi professionali, hanno la possibilità di avere un'identica assicurazione, che è stata stipulata in convenzione dal proprio ordine, che fornisce gli stessi benefici e che, magari, costa anche di meno. Dunque, se lasciamo liberi i deputati di poter aderire o meno a questa assistenza sanitaria eliminiamo anche, in un certo senso, l'alibi per qualcuno di poter nuovamente tirar fuori ogni volta questo discorso, che poi non corrisponde al vero, perché sappiamo che la gestione dell'assicurazione sanitaria è in attivo, cioè non produce un buco nei conti né un costo per i cittadini. Questo è dimostrato e dimostrabile, produciamo le carte, però sui giornali troviamo scritto il contrario. Quindi, anche su questo punto dobbiamo combattere, a volte, contro dei muri di gomma. Dunque, riflettiamo, ma questo non vuol dire che proponiamo tout court. Sediamoci, discutiamone e vediamo se queste preoccupazioni possono essere condivise o meno o se la nostre preoccupazioni, invece, risultano eccessive.
Poiché il Collegio dei questori ha giustamente proposto di trovare una soluzione per ridurre le spese di trasporto dei deputati, soprattutto quelle del trasporto aereo, un'altra ipotesi che rimettiamo alla vostra attenzione è che i titoli di viaggio abbiano Roma, il nostro luogo di lavoro, come destinazione di partenza o di arrivo degli stessi titoli di viaggio aerei.
In tal modo, nessuno può partire da Bergamo per andare a Lampedusa, o meglio lo può fare solo se dimostra che va a vedere la situazione del CIE di Lampedusa, non se vi si reca il 10 agosto perché magari, in quel caso, non va a vedere la situazione del CIE se poi torna il 29 agosto perché, per vedere in che condizione si trovano determinate strutture, ci si trattiene un giorno, non due settimane; se ci si trattiene due settimane vuol dire che si va a fare qualcosa di diverso. Quindi, il fatto di legare i titoli di viaggio al passaggio o alla partenza da Roma permette di avere un controllo sui medesimi e soprattutto di evitare quella stortura che si creerebbe qualora, invece, la scelta fosse quella di corrispondere il titolo di viaggio aereo solo tra Roma ed il proprio collegio di elezione, quando sappiamo che tanti colleghi sono eletti, ad esempio, in Lombardia, ma abitano in Puglia, o viceversa e, quindi, dovrebbero giustificare il motivo per il quale ogni volta cambiano destinazione. In questo modo, invece, abbiamo risolto il problema e siamo sicuri che nessuno usa il biglietto aereo per andare in Costa Smeralda ad agosto.
Un'altra questione che potremmo porre alla vostra attenzione - tuttavia so che, da questo punto di vista, vi è una vostra sensibilità e se n'è parlato e discusso a lungo - è quella che concerne il legame tra l'indennità e la diaria alla presenza effettiva ai lavori, non solo in Aula, ma anche nelle Commissioni. È difficile, ma credo che sia opportuno, da un lato aumentare il limite del 30 per cento di presenza alle votazioni, oggi richiesto ai deputati per non perdere la diaria e, dall'altro pensare - visto che spesso nelle Commissioni ci si trova a lavorare non in una situazione di sovraffollamento - che il contributo al lavoro delle Commissioni debba provenire da più deputati, o perlomeno dalla gran parte dei deputati assegnati alle Commissioni permanenti. È un modo anche per aumentare la qualità, se vogliamo, del lavoro di questo Parlamento e tutti dovremmo sentirci responsabilizzati a tal fine. Pag. 49
Un'ulteriore proposta - ne accenno velocemente, poi vedremo se potrà essere accolta o meno e in che forma - riguarda la possibilità di regolamentare in modo diverso la gestione dei fondi relativi al rapporto eletto-elettore. È una battaglia vecchia, portata avanti anche dai Radicali per un lungo periodo, ed è opportuno che vengano studiate le modalità, che ci permettano di chiarire alla gente che i soldi che ci vengono trasferiti per il famoso «portaborse» non ce li mettiamo in tasca noi, ma vanno ai nostri assistenti, per le spese e per gli uffici che abbiamo sul territorio perché, ahimè, il comportamento di pochi colleghi, che magari fanno quello che viene denunciato sulla stampa, diventa automaticamente il comportamento di tutti. Quindi, se nessuno ha nulla da nascondere, potremmo essere chiamati a giustificare la spesa di questa somma perché così togliamo anche quest'alibi all'antipolitica imperante in questo momento.
Ci sono da fare delle proposte dirompenti anche per quanto riguarda il personale. Sicuramente non si tratta di proposte simpatiche per quanto riguarda i nostri collaboratori primi che lavorano con noi, però ad esempio mi sembra necessario pensare a delle esternalizzazioni per tutto ciò che non è attinente all'attività meramente legislativa o di supporto alla legislazione. Tutti quei servizi che possono essere svolti da persone esterne possono essere esternalizzati: si tratta sicuramente di un indirizzo utile, che deve essere valutato e possibilmente adottato perché l'espletamento dell'attività legislativa parlamentare è sicuramente una cosa importante, ma è altrettanto importante far sì che ci siano dei risparmi di spesa, quando questi possono avvenire utilizzando risorse che non sono interne alla Camera, ma che provengono da fuori e che, quindi, hanno spesso un costo inferiore.
Sempre a proposito di personale, si può ipotizzare una conseguente revisione della pianta organica, per evitare che in futuro ci siano degli ingressi per figure e ruoli che non sono più considerati strategici e che quindi possono essere esternalizzati.
Un'ulteriore questione legata al personale, che riferisco così, per come mi è stata detta. La settimana scorsa ho incontrato dei sindacalisti, rappresentanti della funzione pubblica, e stranamente in questa riunione c'erano alcuni imprenditori i quali, parlando del più e del meno, dello stipendio dei deputati e dello stipendio delle persone che lavorano all'interno della Camera, mi hanno proposto di comune accordo, lanciandomi quasi una sfida, di venire in quest'Aula a vedere la reazione di tutti i colleghi di fronte a una proposta molto semplice: si diceva, in quella sede, che in nessuna azienda il direttore generale guadagna più dell'amministratore delegato, fuori di metafora in nessuna azienda un dipendente può guadagnare più di quello che guadagna, a livello onnicomprensivo, il Presidente della Camera. Questo potrebbe essere un parametro che potrebbe essere utilizzato da questa Camera per poter individuare nel futuro un nuovo sistema di retribuzione, anche perché, è inutile nasconderlo, se osserviamo le percentuali di incidenza ad esempio delle pensioni da una parte e dei vitalizi dall'altra per quanto riguarda la «tassa» del 5-10 per cento prevista dall'ultima manovra, se non ricordo male, perché vado a memoria, da un lato per le pensioni «d'oro» dei deputati c'è un risparmio di circa 280 mila euro, per quanto riguarda i dipendenti siamo nell'ordine di tre milioni e mezzo di euro, ciò vuol dire che c'è qualcosa che bisognerebbe toccare anche in questo ambito. Naturalmente, con tutto il tatto che si vuole e con il tempo necessario per portare avanti un confronto serio e che possa comunque portare ad un risultato condiviso, che però non può prescindere dal fatto che ci debba essere una riduzione dei costi per la Camera, per quanto riguarda il personale.
Questo non significa che eliminando o abbassando stipendi di un certo livello si vuole delegittimare o non riconoscere la professionalità di coloro che lavorano qui - chi lavora qui lo fa per meriti acquisiti, perché sono persone capaci, i nostri primi collaboratori -, ma se si deve compiere Pag. 50uno sforzo ciò va fatto tutti di comune accordo, perché non solo i cittadini sono arrabbiati con i deputati perché è molto facile, adesso viene facile anche per i lavoratori di altri settori non vedere di buon occhio coloro che invece svolgono la stessa mansione all'interno degli organi costituzionali, poiché tutto dobbiamo evitare, a cominciare da una guerra tra lavoratori di diverse istituzioni che magari svolgono la stessa mansione, per cui dobbiamo ragionare anche su queste questioni.
Potrei illustrare altre proposte, ma ripeto che si tratta di proposte che ho rimesso alla vostra attenzione e che necessitano in alcuni casi di uno studio approfondito e di tempi molto lunghi per poterle concretizzare. Mi fermo qui e ricordo come oltre a una riduzione delle dotazioni degli Uffici di Presidenza, che si potrebbe fare direttamente - questo potrebbe essere anche un segnale che diamo, perché chiediamo sacrifici ad altri, ma dobbiamo essere noi i primi disponibili a darli -, quanto vi ho illustrato va in una direzione che credo non ecceda in demagogia né in proposte attinenti o legate all'antipolitica, ma esclusivamente abbia un contenuto reale, valutando as is, come dicono gli inglesi, quello che c'è e cercando di individuare delle vie di uscita.
Le vie di uscita le dobbiamo trovare di comune accordo, noi per quanto riguarda la parte dei deputati e in accordo con i soggetti rappresentanti dei lavoratori di questa Camera per quanto riguarda la parte del personale, cui va nuovamente il ringraziamento, assieme a quello dei questori, per quanto è stato fatto per la predisposizione dei documenti di bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, ho apprezzato le informazioni chiare che il Collegio dei questori ha reso a questa Camera, anche dal punto di vista della necessità di andare in controtendenza rispetto ad una disinformazione diffusa, che spesso però coglie anche colleghi che portano responsabilità non piccole in questo Parlamento. Ad esempio, voglio dire all'onorevole Stucchi che sono impropri alcuni riferimenti che non hanno nulla a che fare con le eventuali difficoltà di bilancio, perché sia l'assistenza sanitaria, che è in attivo di novemila euro e si regge da sola - parlo dell'assistenza sanitaria dei deputati - sia l'assegno di fine mandato non gravano sul bilancio e, comunque, nel loro bilancio autonomo, sono voci completamente attive. I deputati si ripagano da sé l'assegno di fine mandato.
Così come, signor Presidente, nel ringraziare il presidente Colucci, tutto il Collegio dei questori e l'Ufficio di presidenza per quello che hanno fatto e per la proposta di bilancio che ci presentano qui oggi, do atto che in questi anni non si sono fatte solo sforbiciate, ma anche radicali riforme all'interno del nostro bilancio e del funzionamento della Camera.
Anche a questo riguardo alcuni colleghi non hanno ancora avuto modo di apprezzare l'operato e quanto abbiamo deciso insieme. Oggi una giornalista domandava al collega Di Pietro se, avendo Napolitano rinunciato all'aumento dell'indennità, questo poteva tradursi anche in una decisione simile da parte dei deputati e dei senatori. L'onorevole Di Pietro ha risposto: è il minimo che potremmo fare, sia per le indennità, sia per le pensioni.
Vorrei ricordare all'onorevole Di Pietro, che forse ancora non se ne è accorto, che dal 2006 l'indennità prima è stata tagliata del 10 per cento e poi congelata, senza alcun aumento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico, di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro per il Terzo Polo e del deputato Mario Pepe (Misto-R-A)). In questi cinque anni, quindi, l'indennità, per nostra autonoma decisione, si è ridotta del 25 per cento, cosa che ha contribuito a restituire allo Stato e al Tesoro qualcosa come 300 milioni di euro in cinque anni.
Inoltre - lo hanno detto anche altri colleghi - quest'anno abbiamo giustamente deciso, in consonanza con i sacrifici Pag. 51che vengono chiesti ai cittadini, alle imprese e alle famiglie italiane, di ridurci di mille euro alcuni cosiddetti benefit, che riguardano la diaria e il fondo eletti-elettori, portandolo così da circa ottomila a circa settemila euro mensili.
Al posto del collega avrei risposto che abbiamo ridotto questa indennità e questi cosiddetti benefit e che, poiché la pensione si chiama vitalizio - usiamo pure questo termine improprio per un istituto importante nella storia del Parlamento italiano e dei Parlamenti europei, come ha avuto modo di dire anche il questore Colucci - il fatto che siano state tagliate e congelate le indennità ha avuto modo di agire sul quanto è stato dato agli ex deputati in termini di vitalizio, così producendo un ulteriore risparmio, ridato in termini di risorse al Tesoro.
Aggiungo poi - perché non ci fermiamo alle cose che abbiamo già deciso, ma vi sono altre cose da fare - come sostengono anche il mio gruppo e il mio partito, che occorre superare il vitalizio e portarlo a diventare una sorta di sistema contributivo, usando, magari, le stesse modalità che sono state usate quando, negli anni Novanta, si fece la riforma delle pensioni e si passò dal sistema retributivo a quello contributivo. Dato, cioè, un momento stabilito, da quel momento cessa il vecchio sistema e comincia ad agire il nuovo, che giungerà a regime gradualmente.
Questa è la proposta che si deve fare in termini di superamento dell'attuale vitalizio.
Vi è una piccola differenza, peraltro, che purtroppo non viene colta ed è bene, invece, sottolineare: il vitalizio, quando venne istituito, era una forma di difesa dell'autonomia del Parlamento e dei singoli parlamentari da ingerenze e da poteri esterni, compresi i datori di lavoro dei parlamentari, cosa che deve valere per il vitalizio e che, forse, deve valere ancora di più per l'indennità, anche nelle condizioni odierne.
Quindi, non buttiamo sempre il bambino con l'acqua sporca, quando vogliamo e dobbiamo fare delle riforme radicali. Facciamole, ma garantendo il profilo funzionale e costituzionale di un'alta istituzione come quella della Camera e del mandato parlamentare.
Peraltro, il vitalizio è stato riformato in più riprese: dal 2001, agendo la riforma Violante, che venne fatta nella XIII legislatura, è stato portato a 65 anni, con un minimo di cinque anni, e poi, nella scorsa legislatura, è stato impedito il riscatto dei contributi degli anni mancanti.
Questo è il vitalizio che oggi ereditiamo e che noi vogliamo e dobbiamo superare.
Crediamo, inoltre, che sui diritti pregressi relativi ai vitalizi - questa è un'altra proposta - possa determinarsi a regime, non una tantum, una sorta di imposizione aggiuntiva, che possa agire nel senso di prelevare una quota - che oggi è del 5 e del 10 per cento sulle rendite superiori ai 90 mila e ai 150 mila euro - che, però, possa diventare un contributo di solidarietà che agisca nel tempo, indipendentemente dalle contingenze finanziarie del Paese e del bilancio dello Stato, e dunque anche dalla disponibilità di risorse che sono date alla Camera dei deputati.
Quanto all'indennità in senso proprio, va giustamente adeguata alla media delle altre democrazie europee. Voglio qui dire che questo è anche il risultato di un ordine del giorno presentato dal gruppo del Partito Democratico e accolto dall'Ufficio di Presidenza e dal Collegio dei questori lo scorso anno. Credo che questo elemento, cioè l'adeguamento delle indennità alla media dei Parlamenti europei, debba valere anche per i servizi legati all'attività legislativa e all'esercizio delle funzioni e delle prerogative dei parlamentari.
Quel che è chiaro, però, è che noi abbiamo scelto in questi anni e dobbiamo ancora di più scegliere nel futuro di tenere ferma e di non aumentare la dotazione che viene garantita alla Camera dei deputati. Abbiamo, cioè, scelto di congelare il vero costo, quello della dotazione, iscritto sul bilancio dello Stato, così producendo dei risparmi che vengono restituiti alla comunità nazionale.
Questo è un punto impegnativo, che vogliamo riaffermare, che positivamente Pag. 52cogliamo nella relazione che ci è stata presentata e del quale ringraziamo la Presidenza, per aver tenuto fede, così, agli impegni assunti nel corso della discussione dei bilanci passati e degli ordini del giorno che sono stati discussi e votati e che hanno impegnato l'Ufficio di Presidenza negli anni passati.
Penso a quello presentato dal mio gruppo lo scorso anno relativamente alla disdetta degli immobili e degli affitti, che, da solo, ha prodotto e produrrà immediatamente, fra sei mesi, a regime, subito, quindici milioni di risparmio per la Camera dei deputati.
La discussione del progetto di bilancio della Camera sappiamo che avviene, quest'anno, all'interno di un difficilissimo quadro economico e politico.
Vi è una crisi fortissima, vi è un pericolo incombente per la finanza pubblica, anche in queste ultime ore ne abbiamo notizia, vi è un impegno richiesto ai cittadini, fatto di sacrifici e di tagli che non possono essere chiesti unilateralmente ai lavoratori, alle famiglie e agli imprenditori.
Il Paese aspetta che anche noi facciamo la nostra parte, oltre quello che abbiamo già deciso e che siamo orgogliosi di avere deciso.
Dico subito, però, che a chi ci chiede quali sono i sacrifici e i tagli, oltre a quelli che abbiamo già deliberato, che intendiamo fare personalmente in quanto deputati e come istituzione nel suo complesso, non si può rispondere con ritornelli del tipo «vi sono costi della politica il cui limite è dato dal riconoscimento dei costi della democrazia».
Dico, invece, che la democrazia e la libertà di organizzarsi in partiti hanno dei costi i quali vanno commisurati al sentire comune dei cittadini e alla percezione che essi hanno di questi costi, del valore degli stessi, del loro impiego e che vanno motivate ai cittadini, in modo trasparente, le ragioni delle risorse impiegate per il funzionamento delle istituzioni parlamentari e delle funzioni che ad esse sono attribuite dalla nostra Costituzione repubblicana alla quale si riferiscono funzioni e prerogative delle alte istituzioni dello Stato, dotate di propria autonomia decisionale.
In questo quadro il Presidente della Repubblica ha licenziato il bilancio del Colle nei giorni scorsi. «Il Colle dà l'esempio» titolava la gran parte dei giornali: rinuncia all'adeguamento dello stipendio; restituisce nel triennio 2011-2013 al Tesoro 15 milioni di euro rispetto alle spese preventivate, che si aggiungono ai 56 milioni di euro già risparmiati dal 2006 al 2011.
Non dubito che l'esempio del Capo dello Stato sarà, ancora una volta, seguito dalla Camera dei deputati che, infatti, dal 2006 al 2011 ha restituito al Tesoro 300 milioni di euro e che, con il progetto di bilancio oggi in discussione, restituirà ulteriori 76 milioni di euro.
Come il Quirinale, anche la Camera si appresta ad applicare il contributo di solidarietà del 5 e del 10 per cento, così come altre scelte che vanno nella stessa direzione indicata dal Capo dello Stato.
Se la Presidenza della Repubblica, il Parlamento e la Corte costituzionale, nella loro autonoma determinazione, allineeranno i propri comportamenti alla ricerca virtuosa di risparmi e di razionalizzazione dei costi per il funzionamento delle alte istituzioni di rappresentanza e di garanzia, ciò andrà salutato come contributo ragionato, voluto ai fini del risanamento della finanza pubblica.
Il nostro bilancio interno è oggetto di questa decisione autonoma che per nulla potrà dipendere da decisioni del Consiglio dei ministri, o del suo Presidente, o del Ministro dell'economia e delle finanze.
Il rispetto degli equilibri tra poteri e delle prerogative costituzionali è formalmente prezioso per i cittadini e da osservare come bene irrinunciabile della Repubblica.
Certo, la discussione sul bilancio della Camera avviene in un momento difficile, dato dall'irruenza con la quale la crisi finanziaria si rovescia sull'economia produttiva e sulla condizione sociale del Paese. Pag. 53
Dalla Camera deve e può venire quell'esempio che può, se non accrescere l'affezione dei cittadini verso questa istituzione, almeno impedirne la crescente disaffezione.
A questo riguardo vorrei citare testualmente quanto ha detto il Presidente della Repubblica il 22 luglio scorso, incontrando i giornalisti. Egli ha esortato chi forma la pubblica opinione, dicendo che sarebbe opportuno valutare con obiettività e attenzione le misure che stanno per essere adottate dagli organi costituzionali.
Il Presidente Napolitano aggiungeva: «rispetto alla spesso indiscriminata agitazione, che raccoglie ed esaspera comprensibili insofferenze ma anche pericolosi umori antidemocratici, io auspico da tempo decisioni di alleggerimento e di semplificazione della struttura istituzionale, oltre a correzioni sul piano del costume politico. In particolare, suggerisco ora di valutare con obiettività e con attenzione le misure che stanno per essere adottate dagli organi costituzionali».
Ebbene, quanto alla semplificazione dell'architettura istituzionale, il gruppo del Partito Democratico, già ad inizio legislatura ha proposto un proprio progetto di legge di riduzione dei parlamentari e ne ha chiesto la calendarizzazione ed il voto nel prossimo settembre.
Certo, non aiuta la legge elettorale, con la quale il Parlamento viene eletto, né aiuta il modo con il quale si è rideterminato una sorta di sistema di finanziamento dei partiti sotto forma di finanziamento delle campagne elettorali. Questa legge elettorale e queste modalità di finanziamento dovranno essere oggetto di radicali riforme.
Bisogna avere coscienza che l'attacco al Parlamento è direttamente proporzionale alla negatività della legge elettorale, al comportamento degli eletti e alla debolezza del Governo, che oggettivamente tende, quando è debole, a sviare sul Parlamento il malcontento dei cittadini sul suo operato. Guai, però, se il Governo dovesse trasformare in politica soggettivamente determinata il perseguimento dell'indebolimento dell'istituzione parlamentare, unendosi così all'onda antipolitica!

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Quartiani.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. L'antiparlamentarismo - vado a concludere - fonda il proprio essere naturalmente sui comportamenti che difformano e si deviano dal comportamento atteso da parte dei cittadini.
Ovviamente, signor Presidente, in conclusione, noi avanzeremo proposte che riguardano la modifica della diaria e del fondo eletti ed elettori, la trasparenza degli emolumenti, il vitalizio e anche la verifica della retribuzione complessiva del personale, al quale personale, signor Presidente, voglio qui rinnovare il ringraziamento, a nome del mio gruppo e personale, al segretario generale, ai vicesegretari, ai caposervizio, ai consiglieri e a tutti coloro che svolgono un ruolo fondamentale per dare a questa istituzione dignità, efficacia ed efficienza nella sua attività legislativa, di controllo e di indirizzo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, voglio esordire, come hanno fatto tutti i colleghi, ringraziando il Collegio dei questori e l'Ufficio di Presidenza, perché mi pare abbiano svolto un lavoro egregio. Credo che ciascun deputato debba loro un grazie sincero, ed il mio grazie comunque c'è.
In tutto questo dibattito sta aleggiando una domanda, che in forme diverse è stata posta dal primo intervento dell'onorevole Pisicchio all'ultimo intervento dell'onorevole Quartiani, e che io riassumo in questo modo: perché la gente «ce l'ha su» con i politici? Perché la gente parla male di noi, ma parla male anche dei governatori, dei consiglieri regionali e parla male anche dei sindaci? L'illusione dei sindaci di essere Pag. 54diversi da noi, perché per loro vige l'elezione diretta, è un'illusione che sta tramontando.
Io sono convinto che la risposta corretta a questa domanda non è quella che ha fornito l'onorevole Mura, che ha dato oggi un esempio di quello che diceva e faceva Veltroni quando era segretario del vostro partito: va bene questo provvedimento del Collegio dei questori, ma andrebbe bene anche questo; va bene l'intervento sulla riduzione dei costi, ma bisognerebbe anche fare quest'altro (in pratica, tutta una cosa misurata sui pesi e contrappesi).
Io ho una convinzione profonda, ovvero che noi siamo in presenza di un attacco fortissimo, proveniente dagli ambienti più disparati - quindi, tanto per intenderci, da destra come da sinistra - nei confronti delle istituzioni democratiche di questo Paese.
Sono andato a rileggere in questi giorni alcuni articoli che scriveva nel 1920 il direttore del Popolo d'Italia, che - non ho bisogno di ricordarlo - portava un cognome, che poi tanti lutti diede a questo Paese: il cavalier Benito Mussolini.
Vi devo dire che diceva e scriveva delle cose molto simili a quelle che oggi vedo pubblicate su alcuni giornali. Allora o affrontiamo questo nodo o non riusciremo a fare niente, lo ha detto molto opportunamente nel suo intervento l'onorevole Tassone. Noi ci siamo tolti - lo ha ricordato la relazione del Collegio dei questori - mille euro, ma voi pensate che ne abbia parlato qualche giornale? Voi pensate che un bollettino parrocchiale - non chiedo che ne parli un quotidiano - ne abbia parlato? No! Noi potremmo anche ridurci ulteriormente tutto, potremmo arrivare al punto di sancire che il deputato fa questo mestiere gratuitamente, anzi, potremmo stabilire che per farlo siamo noi che dobbiamo dare dei soldi alla Camera: non cambierebbe nulla, perché il nodo è esclusivamente di carattere politico.
Ecco perché - mi rivolgo ai due questori presenti, ma lo direi anche al questore Albonetti, e al Presidente Leone - o abbiamo questa consapevolezza o finiamo per correre dietro a delle suggestioni che sono assolutamente irrimediabili. D'altra parte i dati che l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei questori hanno portato sono esemplari. A me va bene, mi va benissimo che qualcuno decida che ci adeguiamo al Parlamento europeo, mi va benissimo perché con le cifre che ci hanno dato non credo che siamo nelle condizioni di recriminare una condizione peggiore. Mi va benissimo anche che ci adeguiamo come introiti complessivi a quello che accade nei Parlamenti nazionali di Francia e di Germania. Ma bisogna che abbiamo consapevolezza del fatto che il nodo è esclusivamente di carattere politico. È ovvio che a determinare ciò contribuiscono una serie di fattori, non c'è ombra di dubbio.
La prima proposta di legge che ho firmato in questa legislatura, quale secondo firmatario dopo l'onorevole Pisicchio, tendeva a reintrodurre le preferenze. Non c'è ombra di dubbio che a determinare questo stato di cose contribuisca anche il fatto che nelle circoscrizioni elettorali in cui noi siamo eletti per questo strano meccanismo salta fuori che eleggiamo deputati che gli elettori emiliano-romagnoli - parlo della mia parte politica e della mia zona - neanche conoscono e che non hanno mai visto in tutta la loro campagna elettorale, mai, e che non si sono mai fatti vedere neanche nei tre anni che intercorrono dalle elezioni politiche del 2008 ad oggi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 18)

EMERENZIO BARBIERI. Ciò è vero perché il deputato espressione del territorio, delle preferenze e della scelta da parte degli elettori era uno che per evidenti motivi stava a contatto con il suo elettorato e quindi riceveva il venerdì pomeriggio, il sabato, la domenica e il lunedì. È ovvio che tutto questo con l'attuale sistema elettorale non si verifica.
Un'altra osservazione è che la cosa peggiore è quella di dire cosa fanno gli altri organi costituzionali. Ma se io, questore Pag. 55Colucci e questore Mazzocchi, dovessi fare il cittadino qualunque qui dentro, dovrei dire che ho letto, proprio oggi, sui giornali venendo giù in treno che gli ex Presidenti della Corte costituzionale hanno un appannaggio di 20 mila euro mensili e macchina e autista per tutta la vita fino a quando muoiono. Allora sarà bene che siano tutti gli organi costituzionali a darsi una regolata, in modo tale, come ha detto correttamente il collega Quartiani, che tutti partecipiamo a questo grande sforzo di risanamento. Però con un'avvertenza ovvero che non si può, stando in quest'Aula, essere contestualmente partito di lotta e di Governo: nel momento in cui mi viene spiegato che, a parte l'astensione di un segretario di Presidenza, il bilancio della Camera che voi oggi ci avete portato è stato approvato all'unanimità, trovo strano che oggi ci sia chi interviene sostanzialmente dicendo che non si è fatto tutto quello che si sarebbe dovuto o potuto fare (ogni riferimento, ovviamente, all'intervento dell'onorevole Mura è assolutamente casuale).
D'altra parte, chi vuole dare l'esempio - lo dico al mio amico Evangelisti - lo può dare. Io sono eletto in una regione, colleghi questori, in cui ci sono due consiglieri regionali grillini, i quali cosa hanno fatto?
Hanno pubblicato on line il fatto che loro dei 5 mila euro approssimativamente netti che prende un consigliere regionale ne incassano 2500, e 2500 li danno ad una ONLUS. Allora se - come dice oggi nell'intervista a il Resto del Carlino l'onorevole Di Pietro - è una vergogna il rimborso delle spese elettorali, perché l'Italia dei Valori, che ha anche avuto chiacchiere attorno ai suoi immobili, non dà alle ONLUS metà dei suoi rimborsi elettorali?

MARIO PEPE (Misto-R-A). Referendum!

EMERENZIO BARBIERI. Ma perché il gruppo parlamentare di Italia dei Valori - qui ho sentito dire che bisogna ridurre i contributi ai gruppi parlamentari - non dà metà di quello che riceve in restituzione al bilancio della Camera, in modo tale che la Camera possa trasferirla al Ministero dell'economia e delle finanze? Servono fatti, esempi, onorevole Evangelisti, non parole. Servono esempi.

FABIO EVANGELISTI. Ti piacerebbe!

EMERENZIO BARBIERI. No, non mi piacerebbe nel modo più assoluto, per l'amor di Dio! Si figuri, onorevole Evangelisti, se mi piacerebbe, ma è solo perché mi dà fastidio immaginare che vi sia in questo Paese uno che si erge a moralizzatore, quando probabilmente un qualche peccato in un passato non molto lontano (quando faceva un altro mestiere) l'ha commesso anche lui. Mi dà fastidio che ci sia chi vuol fare il moralizzatore, perché qui credo che lo sforzo che invece questa Camera sta compiendo sia quello di riuscire a fare uno sforzo complessivo da parte di tutti noi.
Poi una delle ultime cose che voglio dire è che ho visto sui giornali delle cose terrificanti senza - su questo rivolgo una critica - che il Collegio dei questori sia intervenuto.

PRESIDENTE. Deve concludere.

EMERENZIO BARBIERI. Concludo. Ho letto sui giornali che noi abbiamo dei barbieri - la difesa ovviamente è necessaria considerato il cognome che porto - che prendono 130 mila euro all'anno.
Vi rendete conto a che punto di stupidaggine si giunge in questo Paese? È una cosa francamente intollerabile. Proporrei al Collegio dei questori una cosa. Visto che non si possono licenziare, provate a pensare - lo diceva Raisi - quello che incassa la barberia rispetto a quello che costa, in modo tale da capire se è uno di quei servizi che vanno cancellati. So - ha ragione Raisi - che andare dal barbiere qui dentro costa molto di più che andare in via della Colonna Antonina dove andavo prima di fare il deputato.
Quindi vediamo di mettere mano anche a queste questioni, giudico però il bilancio che ci avete sottoposto un bilancio serio e Pag. 56per questo vi ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e del deputato Mario Pepe (Misto-R-A)).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, colleghi, deputati questori, Albert Einstein - la prendo da lontano - in un contesto storico del tutto particolare diceva che «è più facile spezzare l'atomo che un pregiudizio». Ora, quando la politica è debole (e purtroppo la politica, oggi, è molto debole) questa è aggredita, consumata e indebolita dai pregiudizi. Oggi, domani anzi, noi dobbiamo approvare il bilancio della Camera ed è anche molto importante che lo facciamo per i conti di questo nostro istituto parlamentare, ma dobbiamo anche tentare di spezzare qualche pregiudizio di troppo che c'è, che esiste intorno ai costi della politica, pregiudizio dovuto forse ad un'eccessiva debolezza della politica, pregiudizio dovuto anche al logoramento troppo forte, troppo grande, tra eletti ed elettori, logoramento dovuto ad una pessima legge elettorale che non riusciamo purtroppo a cambiare per la miopia di questa maggioranza.
Detto questo, credo, onorevoli colleghi, che il vento forte dell'antipolitica ci imponga un di più di attenzione al bilancio della Camera e anche un di più di chiarezza e di trasparenza. Io mi considero, colleghi, un testimone diretto nella mia qualità di membro dell'Ufficio di Presidenza (e ringrazio il collega Barbieri che ha fatto riferimento al fatto che nell'ultimo Ufficio di Presidenza vi è stata una sostanziale unanimità rispetto al bilancio) di tutti i rilevanti risultati conseguiti nel 2010 e nel 2011, sia sul versante della politica di contenimento e di razionalizzazione dei costi, sia su quello degli interventi di riordino organizzativo e amministrativo che abbiamo operato al nostro interno.
Come illustrato con molta chiarezza nella relazione del questore Colucci, a nome del Collegio dei questori, penso che si possa dire tranquillamente che esiste un trend ormai consolidato, pluriennale di rigore finanziario che vede la Camera dei deputati impegnata in un'opera di costante riduzione delle proprie spese, nell'ambito di un percorso avviato in questo Parlamento già nella XIV legislatura, cioè sotto la Presidenza Casini, e che è proseguito con decisione e con sempre maggiore consapevolezza fino ad oggi.
Ha fatto bene l'onorevole Quartiani a ricordare come esempio lungimirante, rispondendo ad una osservazione che l'onorevole Di Pietro ha fatto, cioè che dopo il taglio del 10 per cento nel 2006, da quattro anni, per il quarto anno consecutivo, sappiamo che l'indennità parlamentare resta bloccata nel suo importo senza adeguamenti e proseguirà ancora secondo le ultime decisioni che l'Ufficio di Presidenza ha preso. Ed è giusto dirlo, spiegarlo, comunicarlo. Lo ripeto dopo tanti altri interventi ma è giusto che si sappia anche all'esterno di quest'aula.
Desidero a tal proposito come ha fatto anche qualcuno che mi ha preceduto nell'intervento richiamare l'attenzione su alcuni dati politici di fondo e ricordare come la Camera abbia deciso in perfetta autonomia, perché la Camera è un potere autonomo rispetto agli altri poteri, di assumere un vincolo finanziario alle proprie entrate progressivamente stringente, contenendo la dinamica di crescita della propria dotazione, lo ha spiegato prima il questore Colucci. Siamo partiti, due legislature fa, con una richiesta di dotazione pari al prodotto interno lordo programmato, che è diventata nella scorsa legislatura una sorta di dotazione pari al tasso di inflazione programmata, fino ad arrivare in questa legislatura alla decisione di congelare la richiesta di dotazione azzerando la crescita per il triennio 2009-2011.
Penso che questo non sia risultato da poco. È evidente che si può fare anche di più. È evidente che faremo ulteriori sforzi anche nel prosieguo di questa nostra attività, però non possiamo non esprimere apprezzamento per questa rigorosa politica di bilancio che in qualche modo risulta virtuosa alla luce dei notevoli risparmi generati per il bilancio dello Stato, Pag. 57a partire dagli ultimi anni e condivisa - io credo al di là di qualche distinguo di qualche collega che mi ha preceduto - dalle diverse forze politiche. Poi, per carità, si può fare tutto, si può fare demagogia, si può fare populismo, si può cercare qualsiasi strumento per catturare qualche consenso, però l'importante è avere chiaro l'obiettivo del risanamento che in qualche modo sta venendo avanti in questa Camera da qualche anno.
Abbiamo adottato scelte conseguenti rispetto alla riduzione delle spese interne, riduzione che è ormai diventata strutturale, così come rispetto all'incremento dell'efficienza amministrativa e della razionalizzazione delle risorse che in qualche modo ha fatto sì che la politica di rigore finanziario che noi abbiamo adottato non andasse a indebolire la piena funzionalità del Parlamento stesso, bene irrinunciabile ai fini del corretto funzionamento del nostro sistema democratico.
Ed è per questo che la politica che abbiamo cercato di illustrare ha prodotto già da quest'anno qualche significativo risultato: per il 2011 la spesa effettiva cioè spesa corrente più spesa in conto capitale in qualche modo è decurtata di oltre 20 milioni che verranno restituiti al bilancio dello Stato nel prossimo anno e che derivano dalla riduzione del trattamento economico dei deputati, dalla riduzione del trattamento economico dei dipendenti e, infine, anche dalla riduzione di spese non vincolate. Ancora non possiamo non richiamare l'ultima decisione dell'Ufficio di Presidenza che consente al Parlamento, alla Camera di ridurre la propria incidenza finanziaria a carico del bilancio dello Stato di oltre 150 milioni di euro nel triennio. Ritengo che questi siano risultati sicuramente apprezzabili e che vanno in qualche modo nella direzione di un contenimento dei cosiddetti costi della politica.
Tutto ciò si affianca all'assunzione di impegni ben precisi che sono stati assunti: il primo riguarda l'indennità parlamentare. Si rinvia per questo argomento ad una proposta di legge che dovrebbe essere approvata entro la fine dell'anno, perché è giusto mettere mano alla legge del 1965 che commisurava l'indennità dei parlamentari all'indennità dei presidenti di sezione della Corte di cassazione.
È una previsione che va rivista, magari, facendo riferimento alla cosiddetta commissione ISTAT, di cui si parla nell'ultima manovra economica che questo Parlamento ha approvato, e sapendo che, negli ultimi anni, abbiamo già assunto alcune decisioni rispetto al blocco dell'indennità parlamentare.
Allo stesso modo, per quanto riguarda i vitalizi - se ne è già parlato, molti interventi hanno fatto riferimento a questo argomento -, è giusto che, anche negli ordini del giorno che presenteremo, vi sia una definizione di una proposta di sostituzione dell'attuale istituto dei vitalizi con un nuovo sistema di tipo previdenziale, analogo a quello previsto per la generalità dei lavoratori. Certamente, si deve affrontare una discussione anche di tipo giuridico e costituzionale rispetto al vitalizio, tuttavia, è necessario che, poiché ci viene chiesto, vi sia un passo in avanti in questo senso.
E ancora: con riferimento al tema dei collaboratori dei deputati, mi sembra che l'argomento sia quello di rivedere il meccanismo del rimborso, ancorandolo all'esistenza di precisi requisiti. In questo senso, il Terzo Polo ha presentato, entro le ore 17, un ordine del giorno che affronta organicamente questo tema e su cui chiederemo l'impegno dei questori e dell'Ufficio di Presidenza.
Infine, in ordine alla diaria, si prevede un aggancio dell'erogazione all'effettiva partecipazione ai lavori, sia in Aula che nelle Commissioni.
Onorevoli colleghi, mi preme altresì sottolineare che, oltre ai risultati conseguiti sul fronte della gestione contabile del 2010, vi è anche l'avvio di un importante processo di riorganizzazione amministrativa, resa necessaria dalla riduzione delle risorse a disposizione, anche in conseguenza della decisione di mantenere il blocco selettivo del turnover, così come ci ha spiegato prima il questore. Gli effetti di questa decisione sono particolarmente rilevanti Pag. 58se si considera che, mentre all'inizio della XVI legislatura i dipendenti in servizio erano in un numero pari a 1.821, all'inizio del prossimo anno, saranno meno di 1.650. In questo contesto, mi corre l'obbligo di ringraziare il Segretario generale, i Vicesegretari, i capiservizio, i consiglieri parlamentari, gli assistenti parlamentari, i dipendenti della Camera per il lavoro che hanno svolto.
Vorrei poi sottolineare che, in questi anni, il lavoro si è modificato anche rispetto all'accentuarsi del mutamento del ruolo del Parlamento in questo nostro sistema costituzionale. In particolare - non prendiamoci in giro -, produciamo meno leggi, ma facciamo più attività conoscitiva, vi sono molti più atti di indirizzo e di controllo. È cambiato un po' lo schema del lavoro in Parlamento, soprattutto in questa XVI legislatura. Si attiveranno anche nuove procedure, soprattutto, con riferimento a grandi tematiche come la finanza pubblica, i rapporti tra Parlamento italiano e Parlamento europeo e il rapporto tra Stato e autonomie. In questo modo, vi sarà un lavoro più grande e più complesso che si svolgerà in Parlamento rispetto alla modifica di alcune competenze e del ruolo più complessivo che avrà il Parlamento stesso.
In conclusione, onorevoli colleghi, la Camera ha adottato, negli anni, una politica di grande rigore sul versante della spesa e non possono, pertanto, essere condivisi quei giudizi sommari che non vogliono in alcun modo riconoscere che abbiamo fatto la nostra parte, a fronte delle difficoltà economiche del Paese. Ulteriori interventi sul versante della riduzione della spesa potranno essere analizzati, tenendo, tuttavia, presente la necessità di assicurare il funzionamento del Parlamento.
Mentre prima parlava il collega Quartiani, mi veniva in mente una canzone degli anni Settanta di un cantante a me molto caro, conosciuto da molti di voi, che si chiama Edoardo Bennato, che è stato già citato in quest'Aula. Ebbene, in una canzone del 1976, che si intitola Venderò, Bennato diceva: «Ogni cosa ha un suo prezzo ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà». Colleghi, la democrazia ha un costo che la comunità civile deve necessariamente sopportare per garantire quella libertà che oggi non ha prezzo.
In definitiva, credo che dobbiamo garantire questa libertà, accertare, senza privilegi e senza eccessi, il costo della democrazia, ma dobbiamo anche evitare quella demagogia e quel populismo che certi editori in malafede, oggi, producono nel sistema informativo del Paese, per annientare la politica e, per agire, poi, indisturbati. Oltre ad approvare il bilancio in oggetto, dobbiamo restituire dignità e credibilità alla politica.
Perché la vera ragione non è che ci contestano i privilegi, forse sì, ma perché si dice e si contesta che in Parlamento si lavori poco, che il Parlamento produca poco, che non diamo soddisfazione e che non rispondiamo ai problemi del Paese. Allora dobbiamo innanzitutto migliorare la qualità del nostro lavoro e restituire alla politica e al Parlamento la dignità che merita, per far fronte alle esigenze, anche drammatiche, che oggi vi sono nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Sardelli, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, anch'io voglio unirmi al ringraziamento al Collegio dei questori per la relazione svolta.
Onorevoli colleghi, è fin troppo facile, in questa sede, con il bilancio della Camera davanti agli occhi, abbandonarsi a facili e banali demagogie. Sarebbe un po' come sparare sulla Croce rossa: da un lato si asseconderebbe il diffuso e fondamentale spirito di anticasta degli italiani in questo periodo e, dall'altro, invece, si finirebbe col perdere la concretezza di questo dibattito nel fumo delle chiacchiere e delle pubbliche accuse, tipiche di certi partiti giustizialisti, alla cui famiglia siamo ben lieti di non appartenere. Pag. 59
Il volgare populismo qualunquista animato in queste settimane dai soliti discorsi sui costi della politica e della casta lasciamoli ai blogger e agli avvelenatori della politica, oltre che di pozzi. Noi abbiamo il dovere di ragionare e rettificare, certamente non di urlare. Alle chiacchiere e alle dita alzate preferiamo il confronto e le analisi su un provvedimento programmatico su cui vale la pena spendere qualche parola.
Ritengo, insieme al gruppo di Futuro e Libertà che rappresento, che questo documento di bilancio sia la prima risposta concreta e seria che viene dalla sete di austerità invocata dall'opinione pubblica. Non si può rimanere indifferenti davanti ai tagli operati dal Presidente della Camera per questo bilancio preventivo: parliamo di circa 110 milioni di euro per il periodo 2012-2013, con una stima di risparmio complessivo di 151 milioni di euro. Non possono passare inosservati i tagli operanti per voci di bilancio come il blocco dell'indennità dei deputati per il 2013 e i contenimenti per le spese di viaggio. Ci siamo trovati davanti ad un messaggio ben raccolto dalla Presidenza, che ha saputo intercettare un sentimento popolare trasformandolo in uno stile operativo e istituzionale e che deve servire da riferimento e da esempio per gli anni a venire e per le altre amministrazioni.
A tutto questo rivolgiamo il nostro plauso e la nostra sincera soddisfazione. Certo, si può e si deve fare di più, ma le premesse di sobrietà che siamo chiamati in queste ore ad esaminare e a votare sono uno strumento indispensabile di gestione della cosa pubblica. Sobrietà, non populismo. Pragmatismo, non demagogia. Spero che anche voi, colleghi, raccogliate questo invito. L'impegno deve essere di tutti e, pertanto, condiviso, soprattutto per arginare la deriva antipolitica che purtroppo, ciclicamente, prende piede in questo Paese, ma che non fa bene all'Italia stessa. Un'antipolitica che certamente è stata nutrita dalla foga antiparlamentare alimentata dalla maggioranza e da chi ci governa. Un impulso orientato allo svilimento di quest'Aula e al ridimensionamento della sua dignità.
Non possiamo certamente dimenticare quanto questo modo di inveire contro le istituzioni abbia fatto male alla politica e alla percezione nell'opinione pubblica. Ricordo ancora le frasi del tipo: il Parlamento è inutile e controproducente. È una frase che fa rivoltare nella tomba i padri della Repubblica e fa venire i brividi ai padri dello stesso diritto.
Ribadiamo la centralità di questa istituzione sacra e riteniamo al centro della dignità del luogo in cui la democrazia diventa esperienza e vita vissuta, mettendo al primo posto la dignità della politica, arginando le voci della discordia istituzionale che si moltiplicano, purtroppo, svuotando le basi della democrazia. Avremo la forza di farci capire dall'opinione pubblica in questi termini.
Partendo da questa certezza diventa nostro compito anche far capire che esiste una bella differenza fra i costi della politica e gli sprechi di questa. Come ricordava il Presidente Fini, non è la politica che costa e nemmeno la democrazia, ma la pesantezza degli appalti ed il proliferare degli organi decisionali, a cui si aggiunge la zona grigia della politica, quella che riempie le pagine dei giornali e che ci fa deridere all'estero, il moltiplicarsi di faccendieri, privilegi e corruzioni.
Ma quella è un'altra cosa; confondere il marcio con la gestione della cosa pubblica è un errore che noi politici non possiamo permetterci, perché si rischia di far passare lo Stato democratico per una macchina che si inceppa e che tutti possono manomettere a piacimento e sappiamo bene che non è così.
Così come non possiamo permetterci di fomentare il disgusto degli italiani verso la politica, come qualche collega intende fare, approfittando proprio di questo bilancio. Si rischierebbe di demolire quello che resta di dignitoso della politica, camuffandolo per l'esercizio di potere di una casta. Questo vorrebbe dire che in quest'Aula non facciamo politica, ma un mercato delle banalità in cui ciascuno di noi Pag. 60urla al ribasso per un momento di gloria, perdendo però di vista la concretezza e la serietà che dovrebbe caratterizzare chi opera per il Paese.
Quest'Aula si prenda le sue responsabilità. È opportuno che in maniera condivisa venga invocata una sobrietà istituzionale che consenta di poter ritornare a parlare di politica e che ci aiuti a coinvolgere l'opinione pubblica facendo capire cosa è la politica e cosa è la sua deriva e che non sempre la politica è calcolo e privilegio della casta.
Bisogna partire delle cose semplici, dai legittimi riconoscimenti e non urlare agli sprechi in maniera generica e immotivata. Guardiamo nei nostri uffici, scrutiamo dove sono gli errori e cerchiamo di superarli, se necessario. Quando parlo di sobrietà istituzionale, parlo anche e soprattutto di questo: parlo, ad esempio, dei diritti negati ai nostri collaboratori, dei fondi destinati ai deputati per la loro gestione e talvolta usati per altre funzioni, parlo di una normativa che attende di prendere vita, ma che in realtà è lasciata a latere delle priorità della Camera.
Ricordiamo che ciascun deputato può avvalersi della collaborazione di profili professionali presso le strutture della Camera. Si tratta di lavoratori caratterizzati da una significativa formazione accademica e professionale, da una consolidata esperienza e che rappresenta un supporto imprescindibile per l'attività che il deputato deve svolgere quotidianamente.
Malgrado tutto questo, ad oggi non esiste una precisa configurazione professionale e contrattuale in capo allo status di collaboratore parlamentare, che resta una figura lavorativa ibrida, priva di garanzie e di riconoscimenti, sia di natura economica che meramente professionale.
Noi tutti sappiamo bene che le remunerazioni di questi lavoratori sono definite in maniera arbitraria dal deputato datore di lavoro che attinge dal fondo a lui destinato, noto come «contributo rapporti con il collegio», senza ulteriori obblighi. Ovviamente, a questo lassismo operativo e amministrativo è seguito il proliferare di contratti fantasiosi e una mole di collaborazioni a nero contraddistinte da remunerazioni vistosamente al di sotto della media europea.
Mentre a Bruxelles e nel resto d'Europa la figura degli assistenti è pienamente regolata, qui in Italia si tira a campare e, malgrado diversi impegni accolti dal 2009 ad oggi dal Governo, non si è giunti ad alcuna fattiva conclusione. Logica e sobrietà imporrebbero che la tutela economica e professionale del collaboratore dipendessero pienamente dal contributo dato al deputato proprio per questo, ma in realtà sappiamo bene che questo accade nel 20 per cento dei casi.
Rivolgendomi all'Ufficio di Presidenza e al Collegio dei questori, rinnovo l'invito, come nel 2009, a fare un esame di coscienza, a valutare norme più rigorose e idonee ad assicurare un trattamento adeguato alle opportune misure a tutela del profilo professionale del collaboratore parlamentare, a definire adeguati rapporti contrattuali, certificati con annesse forme di tutela del reddito, utilizzando le risorse riconosciute ai singoli deputati come contributo per il rapporto con il collegio. Questo sarebbe un esempio lodevole di riconoscimento della dignità professionale di chi ci accompagna in un lavoro complesso e faticoso.
Mi auguro che tutto questo non venga ancora accolto come una raccomandazione che, a mio parere, risulterebbe una sorta di presa in giro, quasi a voler sbeffeggiare un diritto cogente. Mi auguro che queste misure, insieme a quanto delineato nel provvedimento che voteremo a breve, riescano a colmare quel vuoto di fiducia che purtroppo si sta ampliando nel Paese, riescano a spazzare via quel ventaglio di luoghi comuni che si stanno moltiplicando in capo a questo Palazzo, un'istituzione la cui dignità è stata pesantemente minacciata, una minaccia che deriva da ciò che resta della politica stessa, troppo presa a trovare giustificazioni, a difendersi nei tribunali e a salvaguardare le poltrone. Cambiamo rotta, onorevoli colleghi, ridiamo alla politica la dignità della sua storia mettendo da parte le Pag. 61inevitabili banalità e le facili demagogie (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signora Presidente, onorevoli questori, onorevoli colleghi, il clima esterno in cui quest'anno avviene l'approvazione del bilancio della Camera è particolarmente vigile e critico sia per la generale condizione economica in cui si trova il Paese, sia per una diffusa sensazione che le istituzioni e la politica in genere siano divenute il luogo dello spreco, dell'abuso e dei privilegi personali. Possiamo considerare tutto ciò ingiustificato o eccessivo, ma non possiamo prescinderne.
Apprezzo le proposte fatte dal Collegio dei questori perché cercano di ridurre le spese in varie direzioni, imponendo sacrifici al lavoro della Camera e ai parlamentari. È assai probabile che tali misure vengano giudicate dall'opinione pubblica insufficienti non per una valutazione oggettiva, ma per un'aspettativa punitiva nei confronti del ceto politico sulle cui ragioni occorrerà riflettere piuttosto che respingerle come un fenomeno storicamente ricorrente e dunque prevedibilmente riassorbibile. No, cari colleghi, la cosa è seria, molto seria, e faremmo bene a non archiviarla frettolosamente. Ma andiamo con ordine.
Dunque la Nota di variazione del bilancio interno 2011-2013 prevede un'economia significativa di oltre 150 milioni di euro. È stata giustamente prevista l'immediata applicazione ai vitalizi degli ex deputati e alle pensioni dei dipendenti del contributo di solidarietà previsto dal decreto-legge n. 98 del 2011, unitamente alla conferma del blocco, che dura da cinque anni per noi, di tutti i meccanismi di adeguamento dei trattamenti economici. La ristrutturazione del vitalizio, così come ci è stata illustrata, a me pare misura necessaria.
Per quanto riguarda l'organizzazione di taluni servizi, quali la ristorazione e la barberia, su cui tanti colleghi si sono soffermati, a me pare giusto esternalizzarli del tutto, come avviene già per altri servizi, assicurando l'erogazione al prezzo pieno, cioè di mercato, ovviamente facendo eccezione per il personale. Si dovrebbero poi azzerare anche le indennità di carica per presidenti, vicepresidenti, segretari di Assemblea e di Commissione, bastando per queste figure le maggiori dotazioni di uffici di segreteria oltre che il prestigio del loro ruolo, come avviene appunto nel Parlamento europeo.
Mi pare giusto infine, a fronte di tanta disinformazione non sempre adeguatamente contrastata, richiamare l'attenzione, non solo dell'opinione pubblica ma anche nostra, sul dato comparativo del trattamento economico lordo di ciascun deputato nei Parlamenti dei Paesi europei di dimensione analoga al nostro, così come ha fatto opportunamente la relazione del questore anziano, il questore Colucci. Questi dati, quelli che ci ha illustrato il questore Colucci e che non ripeto perché rimando alla sua relazione, ci inibiscono peraltro per ragioni politiche la, da più parti auspicata, armonizzazione del nostro statuto economico agli standard europei, non foss'altro perché dovremmo aumentare il nostro costo complessivo, l'attuale costo complessivo.
Tuttavia, ci consentono di chiarire, almeno a quella parte di informatori e di cittadini disponibili ad una interlocuzione sul tema, che il Parlamento italiano non rappresenta un'anomalia scandalosa e neppure un'anomalia. Anzi. Se si vuole, invece, alimentare una polemica impropria paragonando i nostri trattamenti con i salari dei lavoratori più marginali, non si può che riconoscere il peso di una disuguaglianza oggettiva molto pesante, così come si ha se si paragonano tali emolumenti dei lavoratori dipendenti con il trattamento di altri lavoratori più fortunati dai dirigenti privati o pubblici, ai giornalisti senza voler parlare degli operatori economici e finanziari.
La differenza e la disuguaglianza ci sono e sono grandi. Ma noi non possiamo e non dobbiamo sfuggire alle polemiche e, talvolta, alle provocazioni dei nostri concittadini Pag. 62su questi temi. Altri possono permetterselo, noi no, non foss'altro perché il nostro non è un mestiere, come sappiamo, ma una funzione, quella più onorevole e delicata: la funzione della rappresentanza della loro sovranità, dei cittadini. Solo un processo di continuata svalutazione e snaturamento di questa funzione, che è andato avanti per anni, può avere indotto alla durezza di tante polemiche.
Certamente da parte dei parlamentari ci sono stati abusi, talora la trasformazione di prerogative in privilegi. C'è stato financo il più grave dei reati democratici immaginabili: quello della sottrazione al popolo della libertà di scegliere i suoi rappresentanti a causa di una legge elettorale semplicemente vergognosa, dimenticando il dato che al popolo «appartiene» la sovranità. Sottolineo il verbo: non è, infatti, il popolo un astratto titolare né un soggetto da cui promana (come in un primo tempo il Costituente era intenzionato a scrivere), ma la sovranità è proprio sua, gli appartiene e nessuno può rubargliela, né impedirgli di farsela rappresentare e gestire in suo nome da chi esso intende liberamente scegliere.
Ciò detto e doverosamente riconosciuto, occorre che la Camera, a partire dal suo Presidente, cerchi un dialogo, per quanto difficile, proprio con la parte più polemica dei nostri concittadini per cercare di tornare a capirsi e convenire sul dato che non conviene a nessuno - tantomeno a loro - delegittimare e mortificare la funzione di rappresentare la loro sovranità, di esercitare cioè in nome loro un potere di signoria così alto che la stessa parola definisce al di sopra, perché ciò significa la parola sovranità.
Non si può svilire questa funzione sino a ridurla o a considerarla una mansione impiegatizia, pur dignitosa, sia chiaro, da trattare come le altre. Rappresentare la sovranità non è un mestiere, non è un lavoro dipendente. È una funzione, come abbiamo detto.
Se non vi è più rappresentanza non vi è più Parlamento e, se non vi è più Parlamento, non vi è più democrazia. Questo è il dato. Noi deputati per primi dovremmo recuperare la consapevolezza del nostro ruolo, della disciplina ed onore con il quale dobbiamo adempierlo come prescrive l'articolo 54 della Costituzione. L'onore, che è la paga, è la nostra vera indennità di carica. L'onore non solo di rappresentare quel potere sovrano, ma di trasformarlo attraverso le nostre persone in Stato. Lo Stato è la sovranità che noi riusciamo a rappresentare. Questo è il nostro ruolo: non una semplice e pur prestigiosa professione che ognuno di noi svolgeva prima di entrare qui.
Sappiamo bene che oggi la gran parte dei cittadini fatica a riconoscerci questo ruolo e questo status, soprattutto i giovani che credono sempre meno all'utilità delle istituzioni politiche. «È qualcosa di più di una crisi economica e persino politica» ha scritto solo due giorni fa Alain Touraine, il quale, ancora, ha scritto: «Siamo in presenza di una crisi più generale, di perdita di senso, non di una politica, ma della politica stessa».
Ecco perché, signor Presidente, cari colleghi, senza iattanza, ma anche senza intimidimenti, mentre confermiamo il nostro dovere di assolvere la funzione che ci è temporaneamente assegnata in modo ancora più sobrio e rigoroso, con disciplina e onore, senza volere perseguire arricchimenti indebiti e ingiuriosi, dobbiamo avvertire sino in fondo la responsabilità di difendere, anche contrastando un nuovo senso comune, la peculiarità della funzione di rappresentanza di quella sovranità che appartiene al popolo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Castagnetti.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Sto per concludere, signor Presidente. Così come a tutto il popolo e non solo a una sua parte privilegiata, perché benestante, deve continuare ad appartenere la possibilità di esprimere i suoi rappresentanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gregorio Fontana. Ne ha facoltà.

GREGORIO FONTANA. Signor Presidente, ci troviamo a discutere sul bilancio della Camera in un momento in cui la grave crisi economica e finanziaria globale ha imposto drastiche misure di contenimento della spesa, che avranno ripercussioni sulla vita delle famiglie italiane. Non è un momento facile per il Paese, così come non lo è per l'Europa e per tutte le economie occidentali. Sono momenti nei quali la classe politica deve dare segnali forti di responsabilità, di coraggio e di solidarietà. I tagli ai costi della politica, anche nel loro complesso, non incideranno certo di molto sulla situazione economica-finanziaria generale. Tuttavia, in democrazia i gesti contano perché la democrazia, a differenza dei regimi autoritari, vive anche - e direi soprattutto - di fiducia, di legittimità e di credibilità.
L'Ufficio di Presidenza della Camera, su proposta del Presidente e del Collegio dei questori, ha recentemente approvato una Nota di variazione molto importante, non solo per dare concreta attuazione ai principi delineati nella manovra economica approvata, ma anche per rinunciare all'incremento della dotazione. Si tratta di una decisione concreta e senza precedenti.
Non è concepibile che la classe politica, mentre è impegnata a varare misure di rigore economico e finanziario, ovvero a chiedere un sacrificio alle famiglie italiane per salvaguardare la stabilità del Paese e l'interesse nazionale, non faccia essa stessa la propria parte, operando dei tagli alle spese che riguardano l'esercizio delle sue funzioni. Ovviamente, non è qui in discussione il principio dell'indennità parlamentare, nato per garantire l'accesso più ampio alle cariche rappresentative, in coerenza con il principio di eguaglianza. Si tratta, infatti, di un istituto tipico delle democrazie, posto a tutela non solo del singolo parlamentare, ma del Parlamento in quanto tale. Direi, piuttosto, che nel dare un segnale di responsabilità e di solidarietà ai cittadini in questo difficile momento per il nostro Paese, è possibile cogliere l'occasione per procedere ad una razionalizzazione e ad un ammodernamento sia del sistema dei servizi previsti a supporto dell'attività parlamentare sia della stessa organizzazione delle istituzioni democratiche.
Vorrei ricordare che fin dalle sue origini il centrodestra si è battuto per una politica più vicina ai cittadini, sia in termini di organizzazione istituzionale sia in termini di razionalizzazione delle risorse che lo Stato destina allo svolgimento della vita pubblica. Nel 2005 fu il Governo Berlusconi a proporre la riduzione del numero dei parlamentari, che andava a inserirsi in una nuova architettura costituzionale fondata sui criteri di trasparenza, di efficienza e governabilità. Il progetto prevedeva anche il superamento del bicameralismo. Questo progetto fu bocciato, come sappiamo, da un referendum costituzionale. Al Governo va, dunque, oggi riconosciuto il merito di avere ripreso in parte quel progetto e di averlo posto nuovamente al centro del dibattito politico, in un momento nel quale la modernizzazione delle istituzioni e la razionalizzazione della macchina dei pubblici poteri non rappresentano solo dei condivisibili obiettivi politici, ma scelte ineludibili per salvaguardare la credibilità internazionale e la salute istituzionale del nostro Paese. Risparmiare denaro significa spesso anche risparmiare tempo e viceversa. È una logica cara alla moderna civiltà economica e politica dell'Occidente. Risparmiare e razionalizzare, evitando, ad esempio, che la duplicazione dei servizi crei sprechi assurdi, è sicuramente un imperativo importante.
Ad esempio, la duplicazione dei servizi e l'ipertrofia del materiale cartaceo non solo provocano emorragia alle casse dello Stato, ma ingolfano la prassi parlamentare, rallentano i processi decisionali e deresponsabilizzano sia il personale amministrativo, sia i rappresentanti del popolo.
Si possono fare numerosi esempi: non ha senso stampare tonnellate di documenti, che nessuno legge, ma che ciascuno, Pag. 64a seconda del proprio ruolo, si sente autorizzato a distribuire. È bene che si affermi la logica della fruizione del documento in rete on demand con maggiore coraggio. Parimenti, non ha senso impiegare denaro pubblico per mantenere strutture ed uffici che magari non tutti utilizzano e che non sono più funzionali al lavoro dei parlamentari. Molto meglio sarebbe moltiplicare e migliorare le cosiddette postazioni volanti, collocate all'interno della sede dove effettivamente si svolgono i lavori parlamentari. Mi pare che sia questa la logica che ispira i provvedimenti che ci sono stati presentati dall'Ufficio di Presidenza e che saranno anche ulteriormente esaminati, sintetizzati e illustrati nella fase di discussione degli ordini del giorno.
Voglio qui sottolineare due aspetti particolarmente significativi ed innovativi: il richiamo ad un ripensamento generale dei servizi dell'organizzazione dei lavori parlamentari attraverso una revisione dei Regolamenti, da una parte, e l'abbandono del criterio della spesa storica ed il passaggio alla politica della spending review, dall'altra. Per quanto riguarda il primo aspetto sono agli atti del Parlamento diverse proposte sia della maggioranza sia dell'opposizione: in tutte le proposte va registrata la volontà di rendere più veloce ed efficiente il lavoro parlamentare e, in generale, più trasparente il sistema dei rapporti tra maggioranza e opposizione e tra Governo e Parlamento. Per quel che riguarda il secondo aspetto c'è da dire che, negli anni passati, si è consolidato un approccio di tipo eccessivamente incrementale della gestione del bilancio della Camera, nel senso che, di volta in volta, si sono introdotte modifiche minime alla cosiddetta spesa storica, attivando meccanismi di rifinanziamento dei servizi, a prescindere da un'attenta valutazione del rapporto tra costi sostenuti ed effettivi benefici conseguiti. Il superamento del criterio della spesa storica in generale, nell'amministrazione pubblica e, quindi, alla Camera è dettato, non solo da esigenze di contenimento della spesa, ma anche dell'esigenza di riqualificare la prestazione pubblica, incrementandone l'efficienza e l'efficacia. È ora che il principio della spending review, già applicato nella finanza pubblica a tutti i livelli, venga applicato anche dall'amministrazione della Camera con più coraggio e più attenzione.
Credo che la battaglia per una politica sobria ed efficiente al servizio del cittadino non possa che essere condivisa da tutti noi, ma, al tempo stesso, credo che si debba tutti contrastare simultaneamente sia la difesa d'ufficio del palazzo, sia le accuse indiscriminate e populistiche nei confronti della classe politica. Per questo, c'è da augurarsi, signor Presidente, che tutti i protagonisti della vita pubblica accolgano l'invito rivolto dal Capo dello Stato a valutare con obiettività e attenzione le misure che noi siamo chiamati a prendere, sia come Parlamento sia come Governo. Tagliare i costi della politica è garantire un rapporto più diretto e più trasparente tra i cittadini e le istituzioni, in un momento della nostra storia che richiede la più convinta e diffusa adesione alla difesa, all'interesse nazionale ed al prestigio delle nostre istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli questori, vorrei richiamare l'attenzione dei deputati che leggeranno, se ne avranno voglia, il resoconto stenografico o magari se c'è qualcuno in ascolto della diretta su Radio Radicale, sul ruolo che dobbiamo svolgere nell'occasione della discussione del bilancio interno della Camera dei deputati. Dico questo perché, per poter votare un bilancio, per potere esprimere un voto, bisogna conoscere il bilancio. Ritengo che il bilancio della Camera dei deputati sia ancora molto reticente.
Non consente cioè al singolo deputato di poter leggere dentro le voci, questo nonostante il fatto che dall'inizio di questa legislatura, credo grazie all'apporto della delegazione radicale all'interno del gruppo Pag. 65del Partito Democratico, alcune cose siano venute alla luce. Sappiamo anche che ci sono stati molti ostacoli affinché, per esempio, potesse essere messa a disposizione dei deputati tutta una serie di documentazione come i contratti, la lista dei fornitori e dei consulenti, le delibere dell'Ufficio di Presidenza, abbiamo superato questi ostacoli anche ricorrendo a forme di lotta non violente e abbiamo disseppellito un articolo di un regolamento tenuto nascosto ad ogni singolo deputato. Ricordatevi questa sigla: RAC, RAC, RAC: regolamento di amministrazione e contabilità, che non è stato consegnato - non so se questo veniva fatto nelle precedenti legislature - al deputato nel momento in cui ha ricevuto tutta la documentazione all'atto del suo insediamento; regolamento di amministrazione e contabilità.
Quando l'abbiamo scoperto abbiamo anche scoperto che al singolo deputato - allora era l'articolo 68 comma 4 - quel regolamento dava il diritto di poter accedere ai contratti, alle delibere del Collegio dei questori e alla lista dei fornitori e dei consulenti. Era proprio scritto. Quando noi l'abbiamo chiesto all'Ufficio di Presidenza - prima in Aula, quando si discusse il bilancio del 2008 - abbiamo insistito per mesi e mesi, ci dicevano sempre di no, prima che non era previsto dalle norme europee e tutta una serie di scuse, come che la richiesta di accesso era generalizzata, finché, avendo scovato questo articolo di questo regolamento, tenuto nascosto ai diritti del singolo deputato, il Presidente Fini, avendo la sottoscritta iniziato uno sciopero della fame, ha detto no, calma, domani avrai tutti i documenti com'è tuo diritto, ma come è diritto di ciascun deputato.
Abbiamo cominciato a chiedere i contratti, abbiamo messo on line perché la possano conoscere la lista dei fornitori e dei consulenti e abbiamo cominciato a chiedere i contratti per esempio di questi palazzi Marini, cioè quelli per i quali la Camera dei deputati per anni e anni ha speso per ciascun deputato, per dargli una ministanza con l'attrezzatura, quasi 9 mila euro al mese. Per ciascun deputato, per avere ciò. Una follia, una spesa folle che si può motivare solo attraverso un accordo partitocratico e spartitorio che c'è stato nei vari Uffici di Presidenza della Camera dei deputati. Sono venute fuori le verità, abbiamo fatto i conti e abbiamo potuto sapere quanto costava ogni deputato per avere quella stanzetta in quei palazzi.
Allora abbiamo cominciato a chiedere se si può recedere da questi contratti, ma la possibilità di recesso è stata prevista solo per palazzo Marini 1, anzi per palazzo Marini 2 era stata prevista, ma poi è stata tolta. Gli altri proprio prevedono questa possibilità di recesso, per cui si dovrebbe giungere a scadenza di questi contratti per rinunciare a questa spesa esorbitante.
Allora, faccio un semplice conto: se cinque deputati avessero, ad esempio, non 9 mila, ma 3 mila euro al mese, mettendosi d'accordo non affitterebbero un ufficio di tutto rispetto con 15 mila euro al mese? La Camera ne risparmierebbe 6 mila. Questi conti, questi signori che amministrano la Camera non se li sono fatti? Bene, abbiamo visto che la stampa preferisce guardare dal buco della serratura, piuttosto che guardare la mole di materiale che questa delegazione radicale ha messo on line perché si potesse vedere nella realtà dei fatti tutta questa spesa.
Veniamo all'amministrazione della Camera. Purtroppo il tempo vola ed io dovrei parlare per ore, ma non ho il tempo. Dunque, abbiamo parlato del RAC (regolamento di amministrazione e contabilità), che è stato modificato. Dopo che noi abbiamo fatto l'accesso agli atti, lo hanno modificato, ma con modifiche veramente preoccupanti. Intanto, a differenza di ciò che avviene in tutte le amministrazioni pubbliche, è stato deciso di abolire la contabilità analitica. Ecco perché vi dico che non siamo in grado di decidere alcunché nel momento in cui votiamo questo bilancio. È un voto dato alla cieca. Hanno abolito la contabilità analitica e noi abbiamo presentato un ordine del giorno per ripristinarla. Vorremmo vedere quali sono i centri di spesa, non le missioni, vorremmo vedere esattamente cosa succede. Pag. 66Ma c'è di più: hanno praticamente soppresso il controllo di gestione. Addirittura ci sono funzioni per le quali il Segretario generale della Camera, che dovrebbe essere un minimo controllato nella sua opera, si è autoassegnato l'attribuzione dei controlli ad interim. Capisco che alcune figure non si possono toccare, però mi permetto di chiedere perché queste cose sono cambiate.
Lo dico anche per i signori questori, che si stanno un po' legando le mani. Vorrei sapere, per esempio, se è possibile chiedere in quest'Aula - e concludo - come mai il Segretario generale, che è una figura legata al Presidente della Camera, viene eletto con un voto a maggioranza dall'Ufficio di Presidenza, viene designato dal Presidente, eletto con un voto a maggioranza, ma per rimuoverlo occorre una maggioranza qualificata. Viene eletto a maggioranza semplice, ma per rimuoverlo occorre la maggioranza qualificata dei due terzi. Diventano figure che rimangono nel tempo - infatti sono dieci anni - con appannaggi per le spese minute, che fino a ieri sono state, oltre allo stipendio, di 258 mila euro l'anno, senza doverle giustificare, senza pezze d'appoggio. Sono 5 miliardi in dieci anni, non sono scherzetti. Dove sono andati a finire questi 5 miliardi? Forse non sono molto raffinata nel dire queste cose, però se dobbiamo approvare un bilancio, se dobbiamo approvare dei tagli, credo che dobbiamo essere responsabili e mi auguro che lo saremo tutti quando verranno messi in discussione gli ordini del giorno.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, vorrei partire dall'apprezzamento, condiviso nell'opinione pubblica, per la scelta del Presidente Napolitano di rinunciare all'adeguamento ISTAT della propria indennità e di prevedere risparmi sul bilancio del Quirinale per 15 milioni. Tutti lo hanno giustamente interpretato come un gesto nel senso del rigore. Diverse persone, in svariati contesti, mi hanno chiesto: perché i deputati non fanno lo stesso?
Ho provato a spiegare che i deputati lo fanno già, perché gli adeguamenti ISTAT qui sono giustamente fermi da quattro anni, e che a gennaio scorso ci siamo diminuiti lo stipendio di mille euro al mese; dunque, è ben più di una rinuncia all'adeguamento ISTAT. Ma non credo di aver convinto neanche i miei amici d'infanzia, che pure mi riconoscono una certa serietà. Non li ho convinti, a differenza di Giorgio Napolitano, perché il Presidente della Repubblica è credibile, mentre un parlamentare - mi dispiace dirlo, ma è così - oggi non lo è più.
Chiedo scusa all'Ufficio di Presidenza se rimango sul personale, ma l'esempio vale per molti di noi. Prima di arrivare in Parlamento io lavoravo in TV: avevo un contratto triennale di esclusiva con la RAI. Prendevo, alla fine dell'anno, più o meno quello che ricevo oggi come deputato; mangiavo a mensa con 5 euro; avevo, naturalmente, i rimborsi dei biglietti del treno e dell'aereo, nonché dei taxi; più di una volta mi è capitato di salire su automobili aziendali con autista; ricevevo, addirittura, in comodato d'uso, dei vestiti per le mie dirette.
Eppure, non ero visto dai telespettatori come un privilegiato, come un mangiapane a tradimento; anzi, non era raro che qualcuno mi incontrasse per strada e mi stringesse la mano. Oggi, che i miei guadagni sono rimasti gli stessi e il mio lavoro non è certo diminuito, mi devo, invece, andare a nascondere: se dici in giro che sei un parlamentare, ti devi ormai giustificare, perché ti trovi di fronte a una presunzione di colpevolezza, che certa informazione ha cavalcato, ma che noi abbiamo fatto di tutto per legittimare.
Dicevo della gente che mi fermava per strada con affetto. Se capitava a me, immagino che capiti ancora di più ai conduttori televisivi di primissima fascia, che hanno contratti milionari. Eppure, quando questi milionari denunciano la casta, sono ritenuti credibili, e non interessa a nessuno che guadagnino in un mese quello che il deputato medio guadagna in un anno. Ecco, allora, il punto: non è probabilmente un problema di soldi, Pag. 67perché non mi risulta che quarant'anni fa un solo italiano abbia contestato l'indennità di Alcide De Gasperi o di Giorgio La Pira, ma di credibilità.
È che non siamo ritenuti degni di quella cifra, perché non siamo ritenuti degni di nessuna cifra, e quindi siamo facile bersaglio del populismo, di destra e di sinistra, e in un certo senso ce lo meritiamo: quale credibilità può avere un Parlamento di nominati, che salva i suoi membri dai processi - domani vedremo cosa accade con l'onorevole Milanese - e che nomina una giovane prostituta marocchina «nipote di Mubarak», per evitare guai al Presidente del Consiglio?

RENATO FARINA. Prostituta bisogna vedere!

ANDREA SARUBBI. Il problema centrale è questo, secondo me, più ancora degli aggiustamenti tecnici di bilancio, che pure servono, per carità. Va bene il taglio agli uffici di Palazzo Marini, che incidono parecchio sulla spesa della Camera; va bene un ridimensionamento della ristorazione, anche se, secondo me, sarebbe più opportuno trasformarla in un'attività redditizia per il bilancio, anziché in una spesa; e lo stesso discorso vale per la barbieria, che potrebbe essere facilmente rilevata da qualche privato.
Risparmi nel segno dell'equità, poi, possono essere ottenuti eliminando le indennità di carica - perché al Parlamento europeo il Presidente guadagna come l'ultimo dei deputati, mentre qui basta essere segretario di Commissione per avere diritto a qualche centinaio di euro in più - e soprattutto, come chiedo ormai da due anni in appositi ordini del giorno, sempre bocciati, legando almeno una parte dei fondi del rapporto eletto-elettore alla presenza di un contratto con il proprio collaboratore, per evitare che qualche nostro collega ceda alla tentazione di intascarli.
È una misura che dobbiamo, innanzitutto, ai nostri collaboratori parlamentari, ma la dobbiamo anche al Paese, se vogliamo essere credibili quando parliamo di lotta al lavoro nero e al precariato.
Ecco, senza volerlo ero partito parlando di credibilità e ho concluso parlando di credibilità. Infatti, dobbiamo sapere che l'approvazione di questo bilancio ha un valore innanzitutto simbolico e che, se non verrà percepito dall'opinione pubblica come un tentativo serio di cambiare stile, ogni sforzo, anche il più efficace sul piano dei risparmi e dei tagli, sarà totalmente vano. E potremo continuare a far suonare l'orchestrina ancora un altro po', ma l'iceberg contro cui andremo a sbattere non è molto lontano.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, in un momento di crisi economica e finanziaria in cui si chiedono sacrifici ai cittadini italiani, Parlamento e parlamentari sono chiamati a fare anch'essi la loro parte, a dare, anzi, l'esempio e il loro contributo per la riduzione dei costi della politica.
Ma, rispetto al forte vento dell'antipolitica che è tornato a soffiare, occorre fare molta attenzione e molta chiarezza, soprattutto rispetto a certe campagne molto strumentali e demagogiche in cui si fa di tutta l'erba un fascio e si finiscono per confondere quelli che sono presunti o effettivi sprechi o privilegi da eliminare o costi da contenere con i costi della democrazia e con le prerogative essenziali per lo svolgimento della funzione parlamentare.
All'onorevole Bernardini, che ha posto la questione dei contratti di palazzo Marini, dico che certamente questo è un grosso problema, ma forse andrebbe anche ricordato in quale gestione, durante quale legislatura, furono stipulati quei contratti.
Bene, dunque, il progetto di bilancio che viene presentato, nella misura in cui si muove nella direzione che ho cercato di indicare. E bene hanno fatto i questori, con la relazione dell'onorevole Colucci, a sottolineare quanto è stato già fatto negli ultimi cinque anni per contenere le spese del Parlamento e anche per ridurre il trattamento economico dei deputati. Pag. 68
Un complesso di interventi sulle indennità, sulla diaria e sulle spese inerenti il rapporto con gli elettori che ha comportato una riduzione complessiva del trattamento economico mensile di alcune migliaia di euro. Se non erro, credo si arrivi addirittura a 4.800 euro netti al mese di riduzioni.
Ritengo molto utile ed istruttivo anche il raffronto che i questori hanno fatto delle diverse voci e del trattamento economico netto dei parlamentari in Italia con gli altri grandi Paesi europei e del Parlamento europeo da cui si evince, in primo luogo, che l'indennità in Italia, per inciso 5.164 euro netti, è nello stesso ordine di grandezza di quella che vi è in Francia o in Germania, ma inferiore a quella del Parlamento europeo.
Il raffronto è istruttivo anche perché fa capire come negli altri parlamenti il deputato disponga di maggiori strumenti per svolgere il mandato parlamentare.
Ho solo dei dubbi, riguardo alla relazione svolta dai questori, per quanto riguarda il vitalizio che può essere certamente ricondotto ad importi più contenuti, ma che, a mio avviso, è difficile equiparare ad un vero e proprio sistema previdenziale data la sua natura volta a compensare il mancato sviluppo della carriera lavorativa e professionale, che può comportare anche la chiusura per cinque, dieci o quindici anni di uno studio professionale, di chi è chiamato a prestare il proprio impegno, il proprio tempo, la propria intelligenza, la propria passione civile al servizio della democrazia rappresentativa.
Nel 1993 si è abolita l'immunità parlamentare. Anziché riformarla per eliminare i gravi abusi, che certamente vi erano stati e che personalmente avevo anche combattuto, si è abolito l'istituto che i padri costituenti avevano delineato non certo come privilegio o come impunità, ma come prerogativa essenziale per lo svolgimento della funzione parlamentare e per l'equilibrio dei poteri.
Occorre evitare che si compia un altro errore simile per quanto riguarda altre prerogative parlamentari, come l'indennità ed altri emolumenti, che non sono privilegi ma, appunto, istituti e strumenti essenziali per lo svolgimento del mandato parlamentare.
Dicevo che, di fronte al forte vento dell'antipolitica che sale dall'opinione pubblica, se non vogliamo assecondare la protesta populista e la demagogica illusione di ridurre i costi della politica solo riducendo, come pure è necessario e possibile, i costi del Parlamento e dei parlamentari, occorre porre con forza alcune domande fondamentali.
I costi della politica sono sostanzialmente riducibili senza un consistente dimagrimento dello Stato, degli enti pubblici locali, senza spostare, tramite privatizzazioni e liberalizzazioni verso il mercato, compiti gestionali oggi in mano al pubblico, ossia in buona sostanza ai partiti? È possibile ridurre i costi della politica senza ridurre gli ambiti di intervento dello Stato e della mano pubblica a qualsiasi livello?
Questi sono gli interrogativi che hanno posto autorevoli opinionisti, come Ostellino e Panebianco sul Corriere della Sera, ma sui quali non mi sembra vi sia stata un'adeguata riflessione.
Non si tratta in alcun modo di riproporre il conflitto ideologico tra liberali e socialisti, perché, come ha osservato Ostellino, occorre più Stato ove necessario, più società civile dove possibile.
Ostellino ha fornito la cifra di 1 milione e 300 mila persone in Italia che vivono di politica. Non so come sia stato calcolato questo dato, ma senza dubbio si tratta di cifre elevate, molto elevate, che danno la misura del peso dello statalismo nel nostro Paese.
È impensabile risolvere sia la questione dei conti pubblici, sia la questione dei costi della politica, senza affrontare e dare una risposta a questo problema.
Ed è una domanda che vorrei rivolgere a tutti i partiti, al PD, ma anche al mio partito, al PdL, alla Lega e all'UdCpTP.
Per quanto riguarda il PD prendo spunto da una notizia di questi ultimi giorni, riguardante i regolamenti finanziari pubblicati sugli stessi siti ufficiali delle strutture territoriali del PD, che indicano le percentuali (variabili dall'8 al 30 per Pag. 69cento a seconda delle zone del Paese), che amministratori pubblici, ma soprattutto membri dei consigli sindacali nominati dal PD nelle società controllate da comuni, province e regioni, sono in qualche modo tenuti, o anche solo «consigliati»- usiamo pure questo termine - a versare nelle casse del partito, in palese contrasto con gli obblighi di imparzialità delle pubbliche amministrazioni.
Non voglio fare una polemica spicciola nei confronti del PD: non mi interessa. E neppure intendo porre in questa sede una questione di codice civile o di codice penale, che pure la vicenda solleva. Qui mi interessa esclusivamente la questione politica di fondo, che emerge da queste regole finanziarie della lottizzazione, che il PD non ha avuto remore a mettere nero su bianco.
Pongo al PD, ma poi a tutti, due quesiti. In primo luogo, tutti questi enti e queste società pubbliche e parapubbliche sono proprio necessari? In secondo luogo, nei casi in cui sono necessari, devono essere occupati dai partiti, ovvero devono essere proprio i partiti a fare queste nomine, pretendendo addirittura il versamento di una percentuale dei relativi stipendi?
Insomma, quale forma di Stato e quale forma di partito il PD ha in testa per il XXI secolo? Si tratta di una forma di Stato intesa evidentemente, non come riparto di competenze e poteri tra centro e periferia, ma nella sua prima accezione illustrata nei manuali di diritto pubblico, cioè come rapporto tra libertà dei cittadini e pubblici poteri. Dunque, quale forma di Stato e quale forma di partito ha in mente il PD? Ancora il modello di partito di integrazione sociale, che si occupa del cittadino, dalla culla alla bara, il partito «pigliatutto», il partito-Stato che era nella concezione del vecchio PCI, ma che evidentemente persiste con tenacia, quasi nel DNA dei suoi eredi e successori? È così che si pensa di risolvere i problemi della finanza pubblica e di ridurre i costi della politica?
Il 21 aprile 1993, signor Presidente, Giuliano Amato, in un intervento memorabile svolto qui alla Camera in qualità di Presidente del Consiglio dimissionario, all'indomani dello svolgimento dei referendum che avevano riguardato l'abrogazione, non solo del sistema elettorale proporzionale ma anche del finanziamento pubblico dei partiti, delle Casse di risparmio e del Ministero delle partecipazioni statali, affermò che quel voto referendario segnava - cito - «un autentico cambiamento di regime, che fa morire dopo settant'anni quel modello di partito-Stato che fu introdotto in Italia dal fascismo e che la Repubblica aveva finito per ereditare, limitandosi a trasformare un singolare in un plurale». Sono parole ancora attualissime, a quasi vent'anni di distanza, parole che devono far riflettere tutti i partiti, compreso il mio, il PdL, che tra le proprie ragioni ideali e fondative ha quella della riduzione della presenza dello Stato nell'economia e nella società in generale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Calderisi.

GIUSEPPE CALDERISI. Anche perché nel giugno scorso si sono tenuti altri referendum, quelli sulla gestione dell'acqua e anche di altri servizi locali, in cui - a mio avviso in modo del tutto contraddittorio con la richiesta di riduzione dei costi della politica e in direzione opposta a quella del 1993 - gli elettori si sono espressi con una larghissima maggioranza contro la liberalizzazione e il sistema delle gare e a favore della gestione pubblica di tali servizi, senza rendersi conto che questo implica, come ricordava Panebianco, una maggiore presenza della politica e dei partiti.
In questi referendum, Bersani, pur di colpire politicamente Berlusconi, ha preferito mandare alle ortiche tutte le volontà - o velleità - liberalizzatrici, che pure lo avevano caratterizzato.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Calderisi.

GIUSEPPE CALDERISI. Ho quasi concluso, signor Presidente, mi consenta di continuare per un minuto per concludere. Pag. 70Il PdL, invece, contando erroneamente sulla prevalenza dell'astensione, ha semplicemente rinunciato a difendere davanti all'opinione pubblica quella legge, che finalmente faceva un significativo passo avanti sulla strada della liberalizzazione dei servizi pubblici locali.
Allora anche per il PdL e per il neosegretario Angelino Alfano è necessaria una riflessione, fondamentale per le possibilità di rilancio del PdL. Occorre rimettere a punto e chiedere il sostegno dell'opinione pubblica su un grande piano di riforme istituzionali, fiscali, economiche e sociali, che si pongano l'obiettivo di un forte contenimento della presenza e del peso dello Stato nella società e nell'economia. Occorre forse ripartire dall'introduzione nella Costituzione di quel grande principio di libertà che è il principio di sussidiarietà orizzontale, cioè il principio in base al quale la mano pubblica, a qualsiasi livello (Stato, regioni ed enti locali) si deve astenere dall'intervenire in tutti i campi in cui può fare meglio e a minori costi l'autonoma iniziativa dei privati, singoli o associati. Forza Italia lo aveva proposto nella Commissione bicamerale nel 1997, occorre riproporlo oggi con grande forza.
Insomma, se non si percorre questa via della riduzione del peso dello Stato, non solo non si risolve il problema dei nostri conti pubblici ma è illusorio pensare di ridurre in modo significativo i costi della politica e finiremmo solo con l'assecondare le richieste più demagogiche che vanno a colpire non solo sprechi o privilegi ma i costi essenziali della democrazia e le prerogative fondamentali del mandato parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vassallo. Ne ha facoltà.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, come è stato detto nel dibattito, che inevitabilmente stiamo svolgendo in occasione della discussione del progetto di bilancio, quella sui costi della politica è una misura per la reputazione delle istituzioni.
È evidente che c'è una pulsione polemica verso la politica che sta crescendo anche insieme con l'evidenza dei comportamenti deplorevoli che, in quanto tali, non hanno colore e di fronte alla quale noi abbiamo un dovere, quello innanzitutto di ricostruire l'autorevolezza, la credibilità e l'efficacia delle istituzioni.
Non si tratta di reagire o di difendersi di fronte a queste pulsioni che esistono e in larga misura sono comprensibili nell'opinione pubblica e non si tratta nemmeno di reagire in maniera istintiva, rispondendo colpo su colpo con tagli ripetuti o scelte occasionali estemporanee.
Noi dobbiamo effettivamente ricostruire autorevolezza, credibilità ed efficacia riconoscendo, laddove esistono, gli sprechi, le prerogative inutili, i privilegi ingiusti ed intollerabili, e ridare maggiore snellezza ed efficacia alle istituzioni.
In questo senso alcuni tagli, anche drastici, sono necessari e, anzi, sono necessari in questo campo come in molti altri, non tagli lineari o una progressiva degradazione o autodegradazione della funzione della politica o dei ruoli istituzionali, ma invece incisive e mirate razionalizzazioni.
Faccio solo tre esempi rilevanti su cui penso che in questa occasione dovremmo riflettere, prendendo degli impegni: un finanziamento della politica e dei partiti condizionato al soddisfacimento dei requisiti minimi di democraticità interna, soprattutto per quanto riguarda la scelta dei candidati per le cariche istituzionali; un significativo sfoltimento delle province ed un ripensamento serio della loro struttura e articolazione, per quanto io riesca a capire e creda, ad esempio, sostituendo i consigli provinciali con assemblee dei sindaci e un parallelo sfoltimento degli enti intermedi per la gestione dei servizi a rete. Infine, per quello che ci riguarda, un serio ripensamento del Parlamento, con la riduzione del numero dei parlamentari e il superamento del bicameralismo.
Sono cose che però si ripetono sempre più spesso e inutilmente, e anche quando Pag. 71sembrano essere oggetto di larga convergenza tra le forze politiche rimangono lettera morta.
Se si vuole fare qualcosa a questo riguardo lo si può fare in fretta: ad esempio, c'è un progetto di legge attualmente all'esame della Commissione affari costituzionali che riguarda gli articoli dal 55 al 59 della Costituzione, quelli che contengono anche la disciplina che riguarda il numero dei parlamentari. Se i gruppi fossero disponibili davvero ad occuparsi di questo argomento basterebbero due emendamenti semplicissimi al testo base che verrà prodotto dalla Commissione affari costituzionali e in settembre o in ottobre si potrebbe votare la riduzione del numero dei parlamentari. È una delle cose su cui bisogna puntare se si vuole sul serio reagire positivamente e non in maniera difensiva alla richiesta di una politica più sobria, trasparente e corretta, perché il modo non è quello, dicevo, della progressiva degradazione delle condizioni nelle quali si svolge la nostra funzione, ma di un ripensamento. Ridurre il numero dei parlamentari, per esempio, è ragionevole date le diverse funzioni che oggi ha questa Camera insieme all'altra, dato il sistema nel quale ci collochiamo, però non può essere detto solo questo.
Forse, il mio tempo sta per scadere, quindi devo venire rapidamente al dunque. Ci sono almeno due aspetti che riguardano il progetto di bilancio che vanno considerati. Questo bilancio ha introdotto positive riduzioni, ma se si guardano gli aggregati complessivi delle spese e la serie storica delle spese dal 2007 al 2013, anche al netto ovviamente delle partite di giro e delle risorse che noi ci impegniamo a restituire alle casse dello Stato, il livello complessivo della spesa...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SALVATORE VASSALLO. ...sia in termini nominali che reali rimane invariato. C'è un problema consistente di riorganizzazione dei lavori della Camera, e c'è un problema consistente di trasparenza nell'uso delle risorse da parte dei singoli parlamentari.
Per questo penso che sia necessario, da un lato, che alcune spese, quelle che per esempio riguardano i collaboratori, siano dichiarate o meglio gestite direttamente dalla Camera e che ci sia bisogno di maggiore trasparenza sulla quantità e il tipo di risorse che la Camera conferisce ad ogni singolo parlamentare, anche quelli che hanno ruoli speciali al nostro interno, compresi i dirigenti dell'amministrazione che, così come capita in tutte le amministrazioni pubbliche, credo abbiano il dovere della trasparenza dei loro emolumenti.
Ci sono due versanti su cui bisogna lavorare e credo che i questori e la Presidenza debbano, attraverso gli ordini del giorno, avere anche indicazioni per proseguire in maniera più incisiva nel lavoro di razionalizzazione del nostro bilancio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante SIMONE BALDELLI. Signora Presidente, cito dal consuntivo. Nel 2010 l'Assemblea della Camera ha tenuto 152 sedute. La maggior parte del lavoro dell'Assemblea è stata dedicata all'attività legislativa che ha impegnato circa il 60 per cento del tempo totale; l'attività di sindacato ispettivo ha invece occupato il 28,76 per cento del tempo complessivo; la rimanente attività ha interessato altre funzioni.
Sono stati deliberati 74 progetti di legge, durante l'esame dei quali sono stati presentati 6.114 emendamenti, 1.994 dei quali sono stati discussi e 437 approvati. Le votazioni qualificate mediante procedimento elettronico sono state complessivamente 2.728. È aumentata l'attività delle Commissioni permanenti che hanno tenuto 4.347 sedute, per un totale di 2.017 ore, contro le 1.955 del 2009. Le Commissioni hanno esaminato in sede referente 88 progetti di legge, approvato in sede legislativa 18 progetti di legge ed espresso 906 pareri in sede consultiva. Relativamente all'attività conoscitiva sono state deliberate 22 indagini conoscitive, di cui 21 concluse. È in crescita rispetto al 2009 anche il dato relativo al Comitato per la legislazione che Pag. 72si è riunito 35 volte per un tempo complessivo pari a 23 ore e 40 minuti. Le tre Giunte (regolamento, elezioni, autorizzazioni) hanno tenuto 51 sedute per un totale di 31 ore, aumentando gli analoghi dati riferiti al 2009. Le Commissioni bicamerali d'inchiesta e di vigilanza hanno tenuto 544 sedute per un tempo complessivo di 524 ore e 37 minuti, incrementando significativamente le risultanze del 2009. Poi ci sono altre dati che traggo dal consuntivo: 2.052 dossier, 276 temi, 160 approfondimenti.
Insomma si tratta di numeri importanti che testimoniano un'attività intensa, proficua, eppure troppo spesso ciò che appare all'esterno, nel resoconto giornalistico mediatico di questa Assemblea, è esattamente l'opposto. Lo dico perché nell'esame dello scorso bilancio ebbi a presentare un ordine del giorno che impegnava l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei questori a fare in modo di pubblicare sui giornali, a fare uscire sui media, in particolare sul servizio pubblico radiotelevisivo, i dati relativi dell'attività parlamentare. Credo che mai come oggi sia necessario svolgere questo genere di attività, perché siamo nel mezzo di una duplice spinta. Da un lato vi è il vento dell'antipolitica con elementi, per alcuni aspetti, anche di demagogia piuttosto rischiosi, per altri aspetti, di invidia sociale, e dall'altro però vi è anche una necessità giusta e corretta da parte della politica di dare segnali di sobrietà, di rigore, di serietà.
Per contro, dalla controparte, quella parlamentare, c'è un rigetto, una ribellione nei confronti della cosiddetta antipolitica, della retorica dei cosiddetti costi della politica. Francamente non amo questa espressione; credo che si debba parlare del funzionamento degli organi costituzionali, degli organi democratici, degli organi di rappresentanza, perché quando si comincia - lo dissi nella discussione dello scorso bilancio, e lo ripeto oggi - a trattare la democrazia come un costo, il rischio è che la democrazia stessa diventi un costo e che si finisca per tagliare la democrazia nel tagliare anche i costi.
Ma credo che dalla controparte emergano due elementi, due spinte di fondo. Quella, da un lato, di reazione a volte anche indignata (abbiamo ascoltato diversi interventi, alcuni dei quali profondamente significativi di alcuni colleghi proprio nella discussione che abbiamo avuto modo di svolgere in questa giornata) da parte di coloro che richiamano la dignità della funzione di parlamentare, della rappresentanza non solo del proprio collegio ma della nazione intera, e dell'Assemblea di questo ramo del Parlamento così come dell'altro (noi siamo in questo e parliamo della Camera dei deputati).
E per contro anche la necessità, per alcuni aspetti doverosa, di intercettare una spinta e una pressione a un maggior rigore e ad una maggiore serietà, che non arriva soltanto dalla stampa ma anche dall'opinione pubblica e che, nella sua degenerazione, diventa una gara al ribasso a chi taglia di più, a chi taglia forse anche in qualche modo peggio. Credo che da questo punto di vista le riflessioni che sono state svolte dai colleghi Barbieri, Calderisi e Fontana abbiano una loro complementarietà.
Credo che si debba dare, in primo luogo, a noi stessi la credibilità che riteniamo di meritare anzitutto smettendo di continuare a dire che questa, come ha detto, l'onorevole Castagnetti, che mi spiace non ci sia in questo momento in Aula, è una legge elettorale vergognosa: questa è una legge dello Stato, è una legge che elegge questo Parlamento, è una legge che in questo momento è in vigore...
SIMONE BALDELLI. Signora Presidente, cito dal consuntivo. Nel 2010 l'Assemblea della Camera ha tenuto 152 sedute. La maggior parte del lavoro dell'Assemblea è stata dedicata all'attività legislativa che ha impegnato circa il 60 per cento del tempo totale; l'attività di sindacato ispettivo ha invece occupato il 28,76 per cento del tempo complessivo; la rimanente attività ha interessato altre funzioni.
Sono stati deliberati 74 progetti di legge, durante l'esame dei quali sono stati presentati 6.114 emendamenti, 1.994 dei quali sono stati discussi e 437 approvati. Le votazioni qualificate mediante procedimento elettronico sono state complessivamente 2.728. È aumentata l'attività delle Commissioni permanenti che hanno tenuto 4.347 sedute, per un totale di 2.017 ore, contro le 1.955 del 2009. Le Commissioni hanno esaminato in sede referente 88 progetti di legge, approvato in sede legislativa 18 progetti di legge ed espresso 906 pareri in sede consultiva. Relativamente all'attività conoscitiva sono state deliberate 22 indagini conoscitive, di cui 21 concluse. È in crescita rispetto al 2009 anche il dato relativo al Comitato per la legislazione che Pag. 72si è riunito 35 volte per un tempo complessivo pari a 23 ore e 40 minuti. Le tre Giunte (regolamento, elezioni, autorizzazioni) hanno tenuto 51 sedute per un totale di 31 ore, aumentando gli analoghi dati riferiti al 2009. Le Commissioni bicamerali d'inchiesta e di vigilanza hanno tenuto 544 sedute per un tempo complessivo di 524 ore e 37 minuti, incrementando significativamente le risultanze del 2009. Poi ci sono altre dati che traggo dal consuntivo: 2.052 dossier, 276 temi, 160 approfondimenti.
Insomma si tratta di numeri importanti che testimoniano un'attività intensa, proficua, eppure troppo spesso ciò che appare all'esterno, nel resoconto giornalistico mediatico di questa Assemblea, è esattamente l'opposto. Lo dico perché nell'esame dello scorso bilancio ebbi a presentare un ordine del giorno che impegnava l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei questori a fare in modo di pubblicare sui giornali, a fare uscire sui media, in particolare sul servizio pubblico radiotelevisivo, i dati relativi dell'attività parlamentare. Credo che mai come oggi sia necessario svolgere questo genere di attività, perché siamo nel mezzo di una duplice spinta. Da un lato vi è il vento dell'antipolitica con elementi, per alcuni aspetti, anche di demagogia piuttosto rischiosi, per altri aspetti, di invidia sociale, e dall'altro però vi è anche una necessità giusta e corretta da parte della politica di dare segnali di sobrietà, di rigore, di serietà.
Per contro, dalla controparte, quella parlamentare, c'è un rigetto, una ribellione nei confronti della cosiddetta antipolitica, della retorica dei cosiddetti costi della politica. Francamente non amo questa espressione; credo che si debba parlare del funzionamento degli organi costituzionali, degli organi democratici, degli organi di rappresentanza, perché quando si comincia - lo dissi nella discussione dello scorso bilancio, e lo ripeto oggi - a trattare la democrazia come un costo, il rischio è che la democrazia stessa diventi un costo e che si finisca per tagliare la democrazia nel tagliare anche i costi.
Dicevo credo che dalla controparte emergano due elementi, due spinte di fondo. Quella, da un lato, di reazione a volte anche indignata (abbiamo ascoltato diversi interventi, alcuni dei quali profondamente significativi di alcuni colleghi proprio nella discussione che abbiamo avuto modo di svolgere in questa giornata) da parte di coloro che richiamano la dignità della funzione di parlamentare, della rappresentanza non solo del proprio collegio ma della nazione intera, e dell'Assemblea di questo ramo del Parlamento così come dell'altro (noi siamo in questo e parliamo della Camera dei deputati).
E per contro c'è anche la necessità, per alcuni aspetti doverosa, di intercettare una spinta e una pressione a un maggior rigore e ad una maggiore sobrietà, che non arriva soltanto dalla stampa, ma anche dall'opinione pubblica e che, nella sua degenerazione, rischia di diventare solo una gara al ribasso a chi taglia di più, a chi taglia forse peggio. Credo che da questo punto di vista le riflessioni che sono state svolte dai colleghi Barbieri, Calderisi e Fontana abbiano una loro complementarietà.
Credo che si debba dare, in primo luogo, a noi stessi la credibilità che riteniamo di meritare anzitutto smettendo di continuare a dire che questa, come ha detto, l'onorevole Castagnetti, che mi spiace non ci sia in questo momento in Aula, è una legge elettorale vergognosa: questa è una legge dello Stato, è una legge che elegge questo Parlamento, è una legge che in questo momento è in vigore...

ROBERTO GIACHETTI. Che uno può definire vergognosa...

Testo sostituito con errata corrige volante SIMONE BALDELLI. Il collega Giachetti abbia pazienza. Peraltro, nella differenza tra Prima e Seconda Repubblica, in cui i parlamentari venivano eletti con le preferenze ma poi andavano al Governo chi decidevano i partiti, mettendosi d'accordo, con Governi a volte balneari, a volte temporanei, proprio questa legge elettorale, che è giunta ad un punto dell'evoluzione del nostro sistema politico, permette Pag. 73la scelta forse non dei parlamentari in senso proprio ma una scelta, forse anche più importante, se si vuole, cioè in qualche modo prevede l'indicazione di un candidato Presidente del Consiglio, addirittura con un programma e con una coalizione ben precisa.
Dunque dimenticare questo per fossilizzarsi soltanto sull'elezione diretta dei partiti è forse un elemento di autolesionismo che credo si debba superare; così come credo si debba superare l'autolesionismo di quanti, ogni volta che noi concludiamo i nostri lavori il giovedì all'ora di pranzo, dicono che abbiamo lavorato poco. Infatti questo Parlamento - lo sanno bene i colleghi che seguono l'attività parlamentare, lo sanno bene coloro che hanno letto con attenzione i dati che ho citato prima - lavora non soltanto negli orari di votazione in cui tutti i colleghi sono qui, quelli di maggioranza per sostenere la maggioranza e quelli di opposizione per dare il loro contributo anche in termini numerici all'attività parlamentare. Infatti in questo Parlamento - lo sanno bene i Presidenti, i componenti dell'Ufficio di presidenza, i Vicepresidenti di turno, i funzionari che ringrazio per la loro competenza, disponibilità e terzietà - sappiamo bene che non è soltanto il tempo di votazione che fa la differenza. Inoltre la funzione del parlamentare e il lavoro di un Parlamento non si valuta un tanto al chilo, non si valuta a cottimo e forse spesso chi ha una formazione liberale non valuta e non giudica il lavoro positivo di un Parlamento dal numero di leggi che vengono o non vengono licenziate da un'Assemblea piuttosto che dall'altra.
Credo, signor Presidente, che dobbiamo riconoscerci nei comportamenti, nella pratica quotidiana, nell'attività quotidiana, una dignità che poi chiediamo ad altri di riconoscere a quest'Assemblea.
In questo senso, brevissimamente, credo che il grande lavoro dei questori e dell'Ufficio di Presidenza - nell'individuare una quantità di tagli, nel perseguire la linea di rigore, intrapresa non da quest'anno ma già dagli anni passati, nel mantenere attivo, per quanto riguarda le indennità dei parlamentari, il blocco degli adeguamenti (ricordo che è stata introdotta una riduzione del dieci per cento sugli stipendi dei parlamentari diversi anni fa e questa riduzione permane) nonché le economie di spesa che ci portano a riportare 150 milioni nelle casse dello Stato, al termine del 2013 - debba essere il punto fermo sul quale far ruotare il dibattito che andremo ad affrontare nella giornata e nella serata di domani.
Ciò senza grandi fughe in avanti e con grande sobrietà, nella consapevolezza del contributo responsabile di una classe dirigente: includo, in questo quadro, anche l'attività e le indicazioni svolte nell'ultima manovra economica da parte del Governo, che è intervenuto sui cosiddetti costi della politica a trecentosessanta gradi, salvaguardando l'autonomia di spesa funzionale della Camera, da un lato, e del Senato, dall'altro. Pertanto, oggi «la palla» passa a questo organismo, all'Ufficio di Presidenza e ai questori prima, e all'Assemblea domani.
Credo che si stia facendo ciò che è giusto fare in questo momento, cercando di contemperare due esigenze: da un lato, la salvaguardia della funzionalità di un organo costituzionale e democratico che reca nel suo seno, secondo la Costituzione, la rappresentanza e la sovranità che appartiene al popolo e che viene esercitata nelle forme e nei limiti che la Costituzione stessa stabilisce; e dall'altro lato, però, signor Presidente, anche il giusto rigore che è necessario avere in una fase come questa.
In tale situazione, infatti, al netto delle speculazioni finanziarie e degli eventi più o meno traumatici, in una crisi globale dell'economia, in cui gli stessi Stati Uniti hanno difficoltà a far quadrare i loro conti e a salvare il Paese dal default, è evidente che anche la Camera dei deputati, in questo momento, sta facendo la sua parte con dignità, con rispetto, con serietà e di questo per primi noi dobbiamo prendere Pag. 74atto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
SIMONE BALDELLI. Il collega Giachetti abbia pazienza. Peraltro, nella differenza tra Prima e Seconda Repubblica, in cui i parlamentari venivano eletti con le preferenze ma poi andava al Governo chi decidevano i partiti, mettendosi d'accordo, con Governi a volte balneari, a volte temporanei, proprio questa legge elettorale, che è giunta ad un punto dell'evoluzione del nostro sistema politico, permette Pag. 73la scelta forse non dei parlamentari in senso proprio ma una scelta, anche più importante, se si vuole, cioè in qualche modo prevede l'indicazione di un candidato Presidente del Consiglio, addirittura con un programma e con una coalizione ben precisa.
Dunque dimenticare questo per fossilizzarsi soltanto sull'elezione diretta dei parlamentari è un elemento di autolesionismo che credo si debba superare; così come credo si debba superare l'autolesionismo di quanti, ogni volta che noi concludiamo i nostri lavori il giovedì all'ora di pranzo, dicono che abbiamo lavorato poco. Infatti questo Parlamento - lo sanno bene i colleghi che seguono l'attività parlamentare, lo sanno bene coloro che hanno letto con attenzione i dati che ho citato prima - lavora non soltanto negli orari di votazione in cui tutti i colleghi sono qui, quelli di maggioranza per sostenere la maggioranza e quelli di opposizione per dare il loro contributo anche in termini numerici all'attività parlamentare. Infatti in questo Parlamento - lo sanno bene il Presidente, i componenti dell'Ufficio di presidenza, i Vicepresidenti di turno, i funzionari che ringrazio per la loro competenza, disponibilità e terzietà - sappiamo bene che non è soltanto il tempo di votazione che fa la differenza. Inoltre la funzione del parlamentare e il lavoro di un Parlamento non si valuta un tanto al chilo, non si valuta a cottimo e forse spesso chi ha una formazione liberale non valuta e non giudica il lavoro positivo di un Parlamento dal numero di leggi che vengono o non vengono licenziate da un'Assemblea piuttosto che dall'altra.
Credo, signor Presidente, che dobbiamo riconoscerci nei comportamenti, nella pratica quotidiana, nell'attività quotidiana, una dignità che poi chiediamo ad altri di riconoscere a quest'Assemblea.
In questo senso, brevissimamente, credo che il grande lavoro dei questori e dell'Ufficio di Presidenza - nell'individuare una quantità di tagli, nel perseguire la linea di rigore, intrapresa non da quest'anno ma già dagli anni passati, nel mantenere attivo, per quanto riguarda le indennità dei parlamentari, il blocco degli adeguamenti (ricordo che è stata introdotta una riduzione del dieci per cento sugli stipendi dei parlamentari diversi anni fa e questa riduzione permane) nonché le economie di spesa che ci portano a riportare 150 milioni nelle casse dello Stato, al termine del 2013 - debba essere il punto fermo sul quale far ruotare il dibattito che andremo ad affrontare nella giornata e nella serata di domani.
Ciò senza grandi fughe in avanti e con grande sobrietà, nella consapevolezza del contributo responsabile di una classe dirigente: includo, in questo quadro, anche l'attività e le indicazioni svolte nell'ultima manovra economica da parte del Governo, che è intervenuto sui cosiddetti costi della politica a trecentosessanta gradi, salvaguardando l'autonomia di spesa funzionale della Camera, da un lato, e del Senato, dall'altro. Pertanto, oggi «la palla» passa a questo organismo, all'Ufficio di Presidenza e ai questori prima, e all'Assemblea domani.
Credo che si stia facendo ciò che è giusto fare in questo momento, cercando di contemperare due esigenze: da un lato, la salvaguardia della funzionalità di un organo costituzionale e democratico che reca nel suo seno, secondo la Costituzione, la rappresentanza e la sovranità che appartiene al popolo e che viene esercitata nelle forme e nei limiti che la Costituzione stessa stabilisce; e dall'altro lato, però, signor Presidente, anche il giusto rigore che è necessario avere in una fase come questa.
In tale situazione, infatti, al netto delle speculazioni finanziarie e degli eventi più o meno traumatici, in una crisi globale dell'economia, in cui gli stessi Stati Uniti hanno difficoltà a far quadrare i loro conti e a salvare il Paese dal default, è evidente che anche la Camera dei deputati, in questo momento, sta facendo la sua parte con dignità, con rispetto, con serietà e di questo per primi noi dobbiamo prendere Pag. 74atto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi dispiace che, in questo momento, ancorché abbia seguito per tutto il giorno il dibattito sul bilancio interno, non sia presente il collega Castagnetti, che è stato chiamato in causa, fuori luogo, dal collega Baldelli, che, peraltro, non credo abbia seguito il dibattito per un tempo maggiore rispetto a quello seguito dall'onorevole Castagnetti.
Vorrei semplicemente dire che, in questa sede, ognuno di noi ha il diritto di dire ciò che vuole e, tendenzialmente, avrebbe anche il diritto che ciò che dice non venga interpretato da qualcun altro. Dopo di che, l'onorevole Baldelli si faccia una ragione del fatto che l'onorevole Castagnetti, il Partito Democratico, tendenzialmente tutta l'opposizione, ormai qualcuno anche nel suo partito e gran parte del Paese ritengono che questa legge elettorale sia una vergogna. Noi non l'abbiamo votata: ci lasci la libertà di ritenere che è una vergogna e, semmai, l'onorevole Baldelli vada a spiegare fuori da qui che questa è una buona legge elettorale.

RENATO FARINA. Si possono criticare anche le critiche!

Testo sostituito con errata corrige volante PRESIDENTE. Sul piano dell'ordine dei lavori, l'onorevole, che conosce bene il Regolamento, sa che ha fatto una piccola forzatura, che gli consentiamo, perché siamo a fine serata, onorevole Baldelli.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta.
Il seguito del dibattito, a partire dalla replica dei deputati questori, avrà luogo nella seduta di domani, martedì 2 agosto 2011.
PRESIDENTE. Sul piano dell'ordine dei lavori, l'onorevole Giachetti, che conosce bene il Regolamento, sa che ha fatto una piccola forzatura, che gli consentiamo, perché siamo a fine serata, onorevole Baldelli.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta.
Il seguito del dibattito, a partire dalla replica dei deputati questori, avrà luogo nella seduta di domani, martedì 2 agosto 2011.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 4551 (ore 19,30).

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta ha avuto inizio la discussione sulle linee generali.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 4551)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, il mio intervento parte dalla domanda cruciale: perché l'Italia si impegna fuori dai propri confini, e in quale modo vengono impiegati i soldi degli italiani nelle nostre attività all'estero? Leggendo il titolo del decreto-legge che stiamo per convertire, si immagina una cosa. Leggendo, invece, il suo contenuto, se ne capisce un'altra, totalmente opposta.
Il titolo del decreto-legge dice testualmente che stiamo convertendo in legge la «proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia». Anche le prime parole del testo confermerebbero questa impostazione: «Il Presidente della Repubblica (...) ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni volte ad assicurare la prosecuzione degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace» e così via.
Leggendo il titolo e l'inizio del decreto, insomma, una persona di media intelligenza e media cultura capirebbe che la nostra presenza all'estero va declinata in due modi: innanzitutto, la presenza civile, di cooperazione, di aiuti allo sviluppo, e poi - in seconda battuta - quella militare, qualora non si possa far altro che intervenire con le armi.
Ma la forma è una cosa, la sostanza è un'altra: i numeri ci dicono, infatti, che gli stanziamenti finanziari contenuti nel decreto-legge sono solo al 3,8 per cento per la cooperazione civile e al 96,2 per cento Pag. 75per la componente militare. Allora, siccome la politica deve assumersi le proprie responsabilità, la prima cosa da fare è modificare il titolo, per onestà intellettuale.
Ho presentato un mio apposito emendamento - firmato anche dagli onorevoli Savino Pezzotta dell'UdCpTP, Aldo Di Biagio di Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Augusto Di Stanislao dell'Italia dei Valori - che mi auguro venga approvato domani dall'Aula. Ciò perché, visto che non possiamo cambiare il decreto, almeno si sia onesti con il suo nome, si sia leali. È vero che giocare sui titoli è un'usanza piuttosto in voga - come quando sul menù del ristorante si legge «trionfo di campagna» e poi ci si ritrova un'insalata -, ma qui siamo proprio all'insulto dell'intelligenza: si dice che sono soldi per la cooperazione allo sviluppo, mentre neppure un venticinquesimo di quello che viene stanziato finirà a questi progetti.
Sento dire in giro che dovremmo essere pure soddisfatti visto che, se non ci fosse stata la battaglia del PD in Senato, il rapporto spese militari-spese civili sarebbe stato di novantotto e mezzo a uno e mezzo. Allora, pur manifestando gratitudine per i nostri senatori, che hanno svolto un lavoro certamente prezioso, lo metto subito in chiaro: non solo non sono soddisfatto, ma neppure questa volta la conversione del decreto-legge missioni avrà il mio voto. Concorderò con il mio gruppo le modalità di espressione del dissenso - che probabilmente sarà ancora una volta silenzioso -, ma non lo voterò, nonostante il rispetto che nutro per l'impegno delle Forze armate, perché mi sentirei complice dell'assassinio della cooperazione.
Se andiamo nel dettaglio forse si capisce ancora meglio quello che voglio dire. L'articolo 1 parla della missione di stabilizzazione in Afghanistan e Pakistan: iniziative a «sostegno del settore sanitario ed educativo, istituzionale e tecnico, della piccola e media impresa, dei mezzi di comunicazione locale», ma con i quattro soldi che ci sono verranno tagliate anche parecchie attività già avviate. E altrove le cose vanno peggio: penso all'Iraq, al Libano, al Myanmar, alla Somalia, al Sudan, alle «altre aree di crisi», dove ormai sono rimaste solo briciole; per non parlare delle attività di sminamento umanitario, anche in Paesi non lontani da noi, come la Bosnia, che pure sono previste da una legge del 2001 e che abbiamo richiamato lungamente in quest'Aula, quando nei mesi scorsi abbiamo approvato la mia proposta di legge di ratifica della Convenzione di Oslo.
Anche sulle modifiche introdotte al Senato, poi, qualcosa da dire c'è. È vero che, nel tragitto da Palazzo Chigi a Palazzo Madama, si sono trovati altri 8 milioni di euro per la cooperazione - in tempi di calciomercato, è una cifra che fa ridere anche le squadrette -, ma ancora una volta, come nel caso delle cluster bomb, si è assistito al passaggio del cerino, che anche stavolta è finito nelle mani del Ministero degli affari esteri. Allora fu il Ministro La Russa che fece finta di nulla; stavolta è stato il Ministro Tremonti, che si è guardato bene dal coprire tale cifra.
Che cosa accadrà, allora, è abbastanza prevedibile: per aumentare la cooperazione civile in Afghanistan, la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo della Farnesina dovrà spostare al 2012 l'approvazione di progetti nel Mediterraneo, oppure il pagamento all'INPS dei contributi previdenziali di volontari e cooperanti, o altri interventi già programmati per i prossimi mesi. Ufficialmente Tremonti ha rimandato il rimborso alla legge di aggiustamento del bilancio, ma le ONG sanno bene che, con quei tempi ristretti, non riusciranno mai ad impegnare i fondi per il 2011, e quindi quei soldi torneranno a via XX Settembre, se domani non modificheremo il testo o non approveremo almeno un ordine del giorno che impedisca questo gioco delle tre carte.
Una cosa sola mi sento di aggiungere in chiusura, signor Presidente: non so quale effetto le abbia fatto ascoltare il mio breve intervento, ma posso dirle che il solo fatto di doverlo pronunciare ha causato in me una tristezza profonda. Perché non ci sarebbe bisogno di fare il grillo parlante, se dall'altra parte non ci fosse un Governo Pag. 76che, dopo aver sottoscritto con l'ONU gli Obiettivi del Millennio e dopo aver ribadito il proprio impegno al G8 dell'Aquila, di fronte alla comunità internazionale si comporta come Pinocchio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, è almeno dal 2000, quando venne autorizzato l'intervento a protezione dell'autodeterminazione di Timor Est, che la Lega Nord ha assunto un atteggiamento complessivamente favorevole nei confronti delle missioni internazionali delle Forze armate. In particolare, vorrei ricordare come abbiamo sempre sostenuto la partecipazione del nostro Paese alla difficile e rischiosa campagna contro il terrorismo internazionale dopo gli attentati dell'11 settembre, che per noi aveva implicazioni importanti anche sul piano della sicurezza interna.
Si tratta di una campagna lunga e complessa, che non si è ancora completamente esaurita, ma che ha fatto registrare importanti successi.
Il nostro movimento, peraltro, non ha mai rinunciato a far valere la propria specificità nelle posizioni quando riteneva che gli interventi non corrispondessero alle necessità, agli interessi o ai valori del Paese. La nostra partecipazione all'UNIFIL-2, per esempio, ci ha lasciato piuttosto freddi sin dall'inizio, perché ritenevamo che i caschi blu non avessero i mezzi necessari a disarmare gli Hezbollah, come si sarebbe dovuto fare per assicurare un dignitoso futuro al Libano.
La Lega, nell'ormai lontana estate del 2008, fu l'unica forza politica rappresentata in Parlamento ad astenersi proprio per queste ragioni. Capirete come oggi, che gli Hezbollah sono addirittura forza di Governo a Beirut, le nostre perplessità siano persino aumentate. Nel frattempo, si ha l'impressione che le finalità dell'UNIFIL-2 siano cambiate e forse sono la conseguenza di questo cambiamento anche i due attentati che hanno colpito recentemente il nostro contingente e quello francese in prossimità di Sidone, ma mancano conferme in tal senso e forse, per la sicurezza dei nostri soldati, è anche meglio così.
Anche in relazione all'Afghanistan la Lega ha ritenuto periodicamente di dover stimolare il confronto politico sull'opportunità di andare avanti, soprattutto quando è diventato evidente che, al crescere dei morti, non corrispondevano passi in avanti sulla strada della democratizzazione di quello sfortunato Paese. Adesso, come tutti possono constatare, le nostre perplessità sono divenute quelle della stessa America del Presidente Obama che, proprio a metà mese, ha iniziato a rimpatriare i propri soldati e ne avrà riportati a casa ben 10 mila entro la fine di quest'anno, dopo aver constatato che sì, possiamo forse creare un esercito e una polizia in Afghanistan, ma non un moderno Stato di diritto.
Siamo convinti che presto - forse non nei prossimi mesi, ma di certo all'inizio del 2012 - anche il nostro Governo trarrà le più ovvie conseguenze da questi sviluppi in atto a livello internazionale, evitando così che i nostri soldati restino soli e per ultimi a presidiare la fetta di Afghanistan loro affidata.
Si dice che dovremo rimanere fedeli agli impegni dati in ambito internazionale, ma a noi risulta che sono ben tre i nostri maggiori alleati ad aver deliberato unilateralmente riduzioni dei propri contingenti già a partire da quest'anno - è noto: la Francia, la Germania e la Gran Bretagna - e, se proprio non vogliamo ridurre il nostro contingente fin d'ora, suggeriamo almeno che venga ridimensionata la sua operatività, in modo tale da non far più correre rischi eccessivi ai nostri ragazzi.
Passando a un altro fronte, è noto come la Lega non abbia condiviso la decisione di partecipare alla campagna promossa dal Presidente francese Sarkozy per rovesciare il regime del colonnello Gheddafi. L'ha, anzi, apertamente contestata, Pag. 77preferendo vedere il nostro Paese allineato sulla posizione più prudente della Germania.
A questo proposito, ci pare di poter rilevare come le difficoltà incontrate finora, ad oltre quattro mesi dall'inizio delle operazioni, stiano pienamente dando ragione ai nostri dubbi di allora. Tripoli non è ancora caduta, una sanguinosa battaglia infiamma la Sirte e da coste che erano per noi sicure ora ci arriva un flusso continuo di emigranti che, oltretutto, i nostri partner europei non sono così ansiosi di dividere con noi.
E quanto sta accadendo in queste ore in Siria e in Somalia ci fa capire come la comunità internazionale abbia adottato nei confronti della Libia due pesi e due misure. Tuttavia, per responsabilità, anche se non d'accordo, sulla questione libica abbiamo confermato sempre il nostro appoggio al Governo e alle sue decisioni. Lo faremo ancora, senza però rinunciare ad esprimere i nostri dubbi.
In relazione al nuovo rinnovo degli interventi in corso, la Lega ha chiesto al Governo un segnale sotto il profilo della riduzione degli impegni sia per risparmiare risorse in un momento di difficoltà finanziaria del Paese, sia per accelerare la conclusione della partecipazione italiana alla guerra di Libia combattuta contro il regime del colonnello Gheddafi.
I risultati colti vanno complessivamente nella direzione auspicata, come provano, in particolare, il comma 19 dell'articolo 4 del decreto-legge che fissa al 30 settembre la data limite delle operazioni italiane contro il regime del rais libico e l'articolo 9 concernente la riduzione degli organici impegnati che caleranno di oltre duemila unità di qui sino alla fine del 2011.
Proprio per questo non faremo mancare il nostro sostegno al provvedimento, anche se non possiamo fare a meno di sottolineare come restino comunque dei problemi aperti. In primo luogo, speriamo vivamente che il taglio di 700 uomini nella missione in Libano promesso dal Ministro La Russa alle Commissioni esteri e difesa riunite di Camera e Senato possa effettivamente concretizzarsi.
Tuttavia ci preoccupa un po' sia il riferimento fatto dallo stesso Ministro alla necessità di concordare la riduzione con le Nazioni Unite che i dati riprodotti nella scheda tecnica di complemento annessa al disegno di legge di conversione del decreto-legge presentato a Palazzo Madama, dove non si accenna ad un calo a mille uomini, ma ad una limatura che ridurrà il nostro contingente dagli attuali 1.700 ai 1.560 uomini. Speriamo peraltro che si tratti di una media ponderata sui sei mesi.
Notiamo poi come, finanziando per 58 milioni di euro la prosecuzione della campagna contro Gheddafi fino al 30 settembre, sia stato comunque disatteso l'impegno al quale il Governo è stato vincolato alla Camera da un'apposita risoluzione, secondo cui i costi di questa avventura avrebbero dovuto essere esclusivamente imputati al bilancio ordinario della Difesa. Nelle pieghe del decreto-legge abbiamo altresì rilevato, in particolare all'articolo 10, come anche per il finanziamento delle operazioni condotte dal 20 marzo allo scorso 30 giugno si sia fatto ricorso ad altre poste di bilancio, in particolare attingendo ben 184 milioni di euro dai fondi destinati agli interventi della Protezione civile, una cifra che appare oltretutto molto è elevata, come prova la circostanza che la stampa transalpina abbia reso noto, due settimane fa, che la Francia ha speso, nel contesto delle stesse operazioni contro Tripoli, solo 100 milioni di euro, ovvero il 30 per cento in meno.
Ci sono poi altre cose che meriterebbero maggiori approfondimenti. Mi riferisco, ad esempio, signor Presidente, agli interventi per la cooperazione allo sviluppo, che passano da 5,8 milioni a 10,8 milioni. Al comma 4 dell'articolo 1 si legge che «Il Ministero degli affari esteri identifica le misure volte ad agevolare l'intervento di organizzazioni non governative che intendano operare in Pakistan e in Afghanistan per fini umanitari», fin qui tutto va bene, ma «nell'ambito di tali misure si provvede, altresì, alla realizzazione di una «Casa della società civile» a Kabul». Noi ne comprendiamo la realizzazione, ne comprendiamo gli scopi, ovviamente Pag. 78ci resta un po' la perplessità che tutto ciò passi attraverso le ONG, sul cui operato magari, prima o poi, proporremo la costituzione di una Commissione di indagine, anche per approfondirne i temi e per capire come tutti questi soldi siano impiegati o siano stati impiegati nel corso degli anni e gli effettivi risultati che queste hanno ottenuto.
Ma ci lasciano perplessi all'interno di questo decreto-legge anche lo stanziamento che si definisce al comma 7-bis dell'articolo 4, ossia «la concessione di un contributo volontario» - non si capisce cosa voglia dire volontario, un contributo viene dato o non viene dato - di «250 mila euro per l'anno 2011 in favore dello Staff College, con sede in Torino», che ha come fine quello di «sostenere le attività rivolte alla formazione e all'aggiornamento del personale che presta servizio, ovvero da inserire, presso gli organismi internazionali dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)». Insomma è un contributo volontario e va bene, ma al comma 11 richiamiamo l'attenzione, ad esempio, sulla particolarità e anche sulla precisione della cifra, ossia 180.436 euro, una specifica assolutamente da Ragioneria dello Stato per l'invio in missione di un funzionario diplomatico con incarico di assistere la presenza italiana in Kurdistan per sei mesi. Poi si parla di costi della politica, ma 180 mila euro a un funzionario ogni sei mesi sicuramente non sono poca cosa. Poi vi è un misterioso contributo di 300 mila euro alla Fondazione Iniziativa adriatico-ionica, al fine di attuare il coordinamento delle politiche dei Paesi partecipanti per il rafforzamento della cooperazione regionale dell'area.
Comunque, credo che ci sarà tutto il tempo per il futuro per chiarire anche questi tipi di finanziamento che trovano poi copertura all'interno di un decreto-legge cosiddetto delle missioni. Per ora comunque ci accontentiamo dell'inversione di tendenza e del riconoscimento implicito del valore delle nostre posizioni, così come avevo chiarito prima. La finanza in crisi non ci permette ovviamente più velleitari esercizi di potenza e la circostanza sta diventando evidente, ne stiamo forse finalmente prendendo atto. È chiaro che sulla base di queste considerazioni, e anche di altre che però, vista l'ora, risparmio all'Aula, preannuncio quello che sarà domani il voto favorevole della Lega Nord su questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, per un momento ho pensato che finalmente la Lega Nord, dopo questa analisi così puntuale, puntigliosa e caparbia, arrivasse sulle nostre posizioni.
L'importante è che, almeno sull'analisi, qualcosa si smuova e che, magari, qualche sussulto di orgoglio li faccia, prima o poi, approdare sul terreno conseguente alle argomentazioni prodotte dal collega Gidoni.
Mi limiterò esclusivamente ad alcune riflessioni di carattere non generale, ma politico e che investono non solo ed esclusivamente l'Italia, ma il ruolo dell'Italia nell'Unione europea, il ruolo della NATO e dell'ONU. Infatti, è evidente che c'è il tentativo, attraverso la reiterazione di questi decreti-legge, di costringerci a ragionare in termini di ingegneria contabile. Rispetto a questo, mi voglio assolutamente rifiutare, perché non credo che sia il tema da sposare ad alibi, legato alla necessità di tagliare le risorse, che ci impedisce e ci impedirà di attivare il meccanismo serio e nobile delle missioni internazionali, che, per chi vi parla e per l'Italia dei Valori, sono sinonimo di pace, stabilizzazione e interventi umanitari tesi alla ricostruzione e alla cooperazione allo sviluppo. Credo che siano questi i temi fondanti di missioni internazionali o almeno erano i temi fondanti per i quali erano nate.
Evidentemente non si può utilizzare il grimaldello del taglio per giustificare o non giustificare più alcune scelte, che peraltro per alcuni versi sono state scellerate e per altri non sono state necessariamente ed adeguatamente valorizzate.
Credo che negli scenari nei quali siamo stati impegnati abbiamo sempre fatto un Pag. 79buon lavoro riconosciuto. Anzi, una delle responsabilità (ma che forse andrebbero chiamate con il loro nome: delle colpe) che andrebbe addebitata a questo Governo (che, peraltro, non è riuscito a creare un modello di carattere internazionale, rispetto a tutte quelle cose che siamo riusciti a fare con i nostri uomini e le nostre donne negli scenari nei quali siamo stati impegnati nelle missioni internazionali) è che avremmo potuto produrre una modellistica da ripetere, reiterare, far approvare ed esportare anche negli altri Paesi impegnati con noi.
Invece, avete avuto quasi vergogna nel dire che eravamo solo bravi a fare quel tipo di intervento legato a quelle tre o quattro declinazioni che ho detto prima, perché dovevamo necessariamente caratterizzarci solo ed esclusivamente sotto il profilo militare che è stato importante, ma non poteva essere evidentemente esaustivo della nostra presenza e, soprattutto, della nostra interpretazione.
Ricordo a me stesso, ma anche a voi, quello che l'opinione pubblica nazionale ha sempre percepito come missioni internazionali. Sono quei tre elementi che riguardano la cooperazione allo sviluppo, l'addestramento e gli interventi umanitari. Sono questi tre gli elementi che hanno contraddistinto la nostra presenza ed è evidente che, nel momento in cui abbiamo smarrito la vocazione o la nostra mission, abbiamo avuto su di noi una serie attacchi di carattere mortale che hanno coinvolto purtroppo tantissimi dei nostri giovani prestati alla causa. Se vogliamo dare un valore a queste morti dobbiamo evidentemente trarne un utile insegnamento, che è quello di dire che non si può perseverare in alcune cose per le quali non siamo nati né culturalmente, né per addestramento; dovevamo e dobbiamo continuare a fare quello che sappiamo e che tutti quanti gli altri ci hanno riconosciuto a partire dalla società civile afgana.
Evidentemente, siamo stati costretti in quelle realtà a fare qualcosa che era contro natura, per addestramento, per cultura e per capacità di intervento su quei territori. Infatti, hanno sempre visto gli italiani come persone che umanamente aiutavano gli altri sulla base di capacità, competenze ed esperienze che, invece, ci hanno fatto perdere di vista i nostri alleati, soprattutto dopo il passaggio da Enduring Freedom all'ISAF con l'avvento del generale McChrystal.
È evidente che noi su questo ci portiamo dietro un vizio antico, perché siamo costretti oggi a ragionare ancora una volta dell'Afghanistan senza tener conto delle nostre presenze in Libano, in Libia, in Kosovo, in Bosnia, nel Corno d'Africa e in Siria. Su questi elementi sui quali dovremmo dire la nostra, prima ancora che sul piano militare sotto il profilo politico, siamo completamente assenti.
Il grande convitato di pietra nelle relazioni internazionali e in quelle europee è proprio il Governo italiano, il Ministro della difesa e il Ministro degli affari esteri, che bellamente non intervengono in questi dibattiti.
Non alzano la cifra della presenza dello Stato, non alzano la dignità di un'intera comunità nazionale e non fanno sentire né si fanno sentire.
Ho apprezzato il fatto che finalmente il collega della Lega abbia affermato che alcuni Paesi, in maniera unilaterale, si siano autodeterminati, chiedendosi cosa stanno a fare e cosa ancora vogliono prendere o pretendere in queste realtà. Credo che abbia fatto bene, anche se con ritardo, perché dovremmo interrogarci su qualcosa di più e di diverso. Dovremmo chiedere qual è lo stato dell'arte che, a cominciare dalla Bosnia-Erzegovina, dal Kosovo sino ad arrivare all'Afghanistan, ci dica qual è la qualità e la quantità, cosa abbiamo prodotto, cosa stiamo producendo e cosa succederà con la nostra presenza o con il nostro abbandono di quelle realtà, perché prima o poi bisognerà pensare di andare via.
Abbiamo sostenuto di andare via subito, immediatamente, perché non ci sono più le condizioni, in alcune realtà, per rimanere ancora. Taccio dell'Afghanistan e mi riferisco alla Libia, dove siamo entrati di fatto in guerra e dove rischiamo, al pari dell'Afghanistan, una vietnamizzazione del Pag. 80conflitto e dove ancora non riusciamo a dire nulla, in termini di politica, rispetto a quello che sta accadendo. Non sappiamo cosa vogliamo fare del nostro Stato e della nostra attività diplomatica, che è completamente sottotono per via dell'interpretazione del ruolo, se così si può dire, del Ministro degli affari esteri.
Dunque, su alcune domande dovremmo anche darci delle risposte. Evidentemente, non mi riferisco a noi, ma parlo del Governo e della maggioranza. Cominceremmo, in un certo senso, anche se con ritardo, a chiedere di valutare i costi e i benefici delle missioni. Ancora, ci vorremmo sottrarre all'ipocrisia del titolo che ci offende e, in qualche modo, offende il Parlamento e la comunità nazionale quando sentiamo, ancora una volta, quel titolo, laddove la forma e il contenuto appartengono a uno strabismo che è mortificazione delle intelligenze dei parlamentari e della politica della comunità nazionale, che ha sempre sostenuto le missioni internazionali.
Ma come non parlare, in questi ultimi giorni, al di là della Siria e della Somalia, che è in ginocchio, dell'Italia, che fornisce gli aiuti con il contagocce? Non vi è alcun tipo di volontà di intervenire. Credo che sia necessario che su questi temi si misuri un Governo all'altezza, capace di poter dire la sua e di interpretare il comune sentire della comunità nazionale. È su questo che bisogna misurare le proprie ambizioni, ma vedo, sempre di più, che le ambizioni di questo Governo si fermano al minimo indispensabile, alla subordinazione rispetto agli alleati e ad una volontà acritica di fare tutto e il contrario di tutto, qualora gli altri ce lo chiedano. Non vi è nulla che possa contraddistinguere, in un modo o nell'altro, la nostra presenza in questi scenari.
È un peccato grandissimo, perché in questi scenari paghiamo con la vita di tanti nostri uomini e donne, che meritano ben altro Governo e ben altri apprezzamenti. Mi auguro che vi sia, prima o poi, un momento in cui ci si fermi e si ragioni su questo Stato, ma non sullo Stato che pensate voi, ma su quello Stato che è capace di proteggere, tutelare, dare dignità, profondità e mettere in campo azioni memorabili, come sempre abbiamo fatto, che siano, in un certo senso, un riferimento importante e che facciano diventare l'Italia punto di incontro di insegnamenti che, invece, questo Governo e i due Ministri hanno fatto smarrire lungo questo percorso.
È evidente che salta qualcosa agli occhi in questo decreto-legge, perché procedendo ad un'analisi il passaggio negativo più evidente è ancora quello che riguarda la cooperazione allo sviluppo e l'assoluta inadeguatezza degli stanziamenti assegnati, con decurtazioni che intervengono su capitoli già di scarsa consistenza e determinano uno squilibrio preoccupante tra i finanziamenti per le missioni militari e quelli finalizzati alla ricostruzione e alla cooperazione civile, aspetti altrettanto importanti semmai per contribuire al successo degli interventi militari.
È evidente che non ci convince qualche altro dato - lo dico al collega della Lega -, quando all'interno di questo decreto-legge si nasconde tutta una serie di curiosità: i balzelli e le tasse riscuotibili dalle capitanerie di porto, le commissioni di valutazione dei vertici della Guardia di finanza, le norme per la crisi del turismo nella provincia di Trapani, le norme per favorire qualche produttore di armi.
Ebbene, queste sono situazioni che non fanno onore ad un Governo che, invece, dice di saper rappresentare, sempre più e sempre meglio, le sorti dei nostri uomini e delle nostre donne impegnate nelle missioni; non fanno onore perché ci rappresentano male: questo provvedimento taglia, ricuce e mette insieme cose che non potrebbero stare insieme e credo che rispetto al tema della cooperazione sarebbe necessario, piuttosto che mettere in campo, ancora una volta, decreti-legge, che ne penalizzano fortemente le caratteristiche, approntare una riforma urgente di questa normativa e venire in Aula ad affrontare un dibattito serio sulla cooperazione allo sviluppo. Infatti, in questo modo faremo molto più danno di quello che pensate alla cooperazione e ne usciremo Pag. 81male perché saremo oltremodo ipocriti e soprattutto ridicoli rispetto agli altri Paesi che stanno insieme a noi nelle missioni internazionali.
Credo che questo dato metta insieme la pochezza dello strumento del decreto-legge, che ci vuole costringere a ragionare di conti e a pensare, nel momento in cui andiamo a tagliare, che la gente sia contenta perché si tratta di un'azione in linea con il dato che si è voluto imporre il Governo e i due Ministri che sono totalmente impalpabili rispetto alla loro azione e che invece dovrebbero essere la cifra di una comunità che, in questi casi, si dovrebbe ritrovare intorno a loro e soprattutto insieme a loro.
Credo che noi dovremmo avere il coraggio di ragionare di più e meglio su alcune questioni: non parlo del fatto che l'Italia dei Valori sia favorevole ad uscire immediatamente dalla situazione dell'Afghanistan: lì non ci sono più le condizioni per restare, c'è un Governo corrotto e non c'è la possibilità di mettere in campo alcuna ulteriore struttura permanente che offra la possibilità di utilizzare tutte quelle risorse, che spesso tornano indietro per via di quei percorsi tortuosi che hanno a che fare con tante tribù, che spesso si spartiscono i soldi della cooperazione o della comunità internazionale, che non aiuta assolutamente la società civile, che voi non volete intercettare né assolutamente riconoscere.
Un interrogativo viene spontaneo: cosa fa l'Italia presso l'Unione europea, cosa fa la NATO e cosa fa l'ONU rispetto alle missioni internazionali? È il momento o no, secondo voi, di ripensare completamente e complessivamente il tema, il ruolo, la quantità e la qualità delle missioni internazionali? Bisogna stare lì per dimostrare che qualcuno ci riconoscerà qualcosa o per garantire - come citava il collega Gidoni - qualche postazione a qualche amico dell'amico o a qualche amico del Ministro o del sottosegretario? Penso che dovremmo avere il coraggio e che dovreste avere il coraggio di osare qualcosa di più e di diverso perché noi abbiamo sempre avuto un profilo molto alto e serio, non incerto e balbettante come quello vostro per quanto riguarda la difesa delle missioni internazionali e l'interpretazione del ruolo del Ministero degli affari esteri.
In questo caso, veramente, c'è qualcosa che induce non solo alla mortificazione, ma anche a vergognarsi di avere questi rappresentanti perché si può essere anche d'accordo - e noi non lo siamo - sull'interpretazione delle missioni internazionali - e l'abbiamo detto a più riprese con mozioni, atti e documenti in questo Parlamento: è stato, come dire, con un approfondimento successivo che siamo arrivati a maturare il nostro dissenso in maniera inequivocabile - ma c'è modo e modo di acconsentire a tutto quello che la partnership europea e quella internazionale ti pone e bisogna avere anche la capacità di saper dire alcune cose che sono non all'interno del Governo, ma il comune sentire dell'intera comunità nazionale.
Voi non ci fate onore di questo, ossia del fatto che non siete in grado di sviluppare una vostra iniziativa identitaria tutta italiana all'interno di questa situazione, non si riesce a sposare la causa italiana con quella della difesa e della sicurezza europea, non si riesce a mettere insieme una proposta alternativa sulla base della nostra distinzione e vocazione per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo e quindi gli interventi umanitari.
Penso che su questo aspetto, invece, dovremmo misurarci e dovreste trovare il coraggio di venire in Parlamento a confrontarvi perché, altrimenti, la reiterazione, che fa perno sui numeri e che va progressivamente a sminuire ed a mortificare la cooperazione allo sviluppo, evidentemente diventa un punto che ferisce nell'orgoglio non solo chi è in quest'Aula e che rappresenta l'opposizione, ma anche quella parte della nazione che si identifica nello strumento delle missioni internazionali come elementi di pace e di stabilizzazione, che sono due aspetti che voi avete, sempre e comunque, dimenticato e messo in sordina perché erano altri gli interessi a cui miravate. Pag. 82
Credo che oggi, ancora una volta, si è persa un'occasione, con l'aggravante di mistificare attraverso il titolo del decreto-legge alcuni altri passaggi che sicuramente non hanno nulla a che fare con le missioni internazionali. Mi auguro che ci sia il tempo e il modo, ma sicuramente verrà anche il momento in cui ci sarà la necessità - credo - di affrontare diversamente tutto questo capitolo - la proroga - che non può essere lasciato in un contesto nel quale si pensa che tanto ad agosto sono altri i problemi che interessano la comunità nazionale, per cui si può licenziare e ratificare un provvedimento che altrimenti non avrebbe avuto nessun altro tipo di sfogo in termini positivi, in altri contesti ci sarebbe dovuto essere un dibattito forte, articolato e profondo, con un coinvolgimento anche della comunità nazionale, qui invece noi cerchiamo di chiudere la pratica, di non avere dissensi, di non creare confronti e scontri di carattere politico, perché bisogna fare in modo che tutto venga fatto in sordina, cercando di non far riflettere quest'Aula e soprattutto di non impegnare il Governo in qualcosa di più importante per cui la comunità nazionale si è espressa in questi anni.
Ho la convinzione che si è persa una grandissima occasione e in questa situazione penso che chi ne avrà detrimento realmente non sarà solo ed esclusivamente questo Parlamento, ma sarà sicuramente la comunità nazionale, che non avrà capito ancora una volta in quali mani si è cacciata, se questo Governo e questa maggioranza siano in grado di restituirle la dignità e di prendere completamente in mano il proprio destino.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 4551)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Renato Farina.

RENATO FARINA, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, molto brevemente, credo che gli interventi che si sono susseguiti in questa giornata abbiano mostrato un desiderio: che la politica estera del nostro Paese sia un tema più presente e più centrale nei lavori di questo Parlamento. Questo lo si trova documentato dal fatto che si vorrebbe che in questo disegno di legge di conversione ci fossero delle cose che non possono esserci, e dall'altra parte si imputa a questo provvedimento di contenere troppe cose rispetto a quello che dice di essere.
Questo decreto-legge che ci apprestiamo a convertire in legge parla di proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia. In questo provvedimento c'è esattamente la continuazione di una scelta che il nostro Parlamento a larghissima maggioranza ha fatto, di tener fede alle alleanze che in questi anni si sono manifestate come una costante per il nostro Paese, accettate finalmente da tutte le forze, e di come ci si sia accordati nel seguire quella che è una risoluzione dell'ONU e che dunque non si presta a soverchie interpretazioni né a delegittimazioni, come è capitato di sentire.
Gli interventi che si sono susseguiti sono stati dunque attraversati da una parte da un forte senso di responsabilità, ho colto in tutti gli interventi il sentimento che questo è decreto-legge necessitato, non solo perché c'è da correre in fretta a finire sennò i tempi scadono, ma necessitato moralmente, cioè dobbiamo, come Paese, rispondere alle necessità del mondo, così come il mondo oramai non può più essere considerato come una serie di compartimenti stagni dove uno non deve occuparsi dell'altro. Certo, ci sono anche dei dubbi che attraversano tutti: gli interventi degli onorevoli dell'opposizione così come anche gli interventi della Lega e attraversano anche me, perché la domanda su come finirà non ha una risposta chiara, non è scritto in un libro che abbiamo già consultato.

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Accettiamo il rischio di un'alleanza che cerca di essere ragionevole, di rispettare il più possibile i valori che costituiscono il nostro essere in questa parte del mondo e di essere anche una democrazia. Sono stati posti dei quesiti addirittura troppo vasti. L'onorevole Tempestini è arrivato a domandarsi quale sia il destino della NATO e dell'ONU. Questo è un argomento squisitamente politico, ma che non può trovare una soluzione in questo provvedimento. L'onorevole Barbato mi ha colpito perché ha detto: la nostra casa sta bruciando, se la nostra casa sta bruciando dobbiamo spegnere le fiamme da noi, piuttosto che andare a spegnere le fiamme degli altri. Non è così. Ci si salva insieme o si perisce insieme. Questo è un vecchio insegnamento, che credo sia molto italiano, per usare un'espressione che ha adoperato l'onorevole Di Stanislao, chiedendo che l'Italia sia italiana nel suo modo di porsi all'estero. Allora, la correzione va proprio rivolta ad un certo tipo di atteggiamento, un po' autocentrato, che fa votare contro una determinazione internazionale cui il nostro Paese aderisce, certo con la sua carica di modo di essere, con la sua forma e anche con i suoi dubbi, che attraversano anche me che vi sto parlando a proposito dell'intervento in Libia, anche se il dubbio non può impedire di scegliere. In questo caso, la scelta è stata quella di accettare una risoluzione dell'ONU votata all'unanimità con solo qualche voto di astensione.
Questo credo sia quanto portiamo a casa da questa discussione, insieme alla volontà di dare più forza e più peso alla cooperazione allo sviluppo, alla cooperazione internazionale, che è stata molto penalizzata in questi tempi di crisi, forse anche filosoficamente, insinuando molti dubbi su cosa essa nasconda. La mia esperienza è che, laddove ho potuto verificare di persona e sentire i testimoni degli esiti di queste azioni, la cooperazione italiana e le ONG italiane operano in gran parte positivamente. Dunque, sono denari ben spesi, assai meglio di quando finiscono magari nella macchina che si autoconsuma delle grandi organizzazioni internazionali. Qui mi ha molto colpito l'intervento dell'onorevole Tassone, che ha chiesto di chiudere la FAO. Se ha il coraggio proponga un ordine del giorno e vedremo cosa ne dirà il Governo. Ritengo importanti, invece, tutte le osservazioni che sono state fatte e che hanno una sensatezza, come l'impegno maggiore per la cooperazione internazionale, con particolare riferimento al fatto che non debbano essere tolti al Ministero degli affari esteri e al suo normale malfunzionamento i denari che devono andare alla cooperazione internazionale e alla costruzione di strutture per la pace di tipo civile in Afghanistan o in altri Paesi. Sono spese che debbono essere poste a carico del Ministero dell'economia e delle finanze, cioè debbono essere spese strutturali. Credo che questi punti debbano confluire in ordini del giorno cogenti, e non semplicemente in raccomandazioni di cui il Governo si fa carico.

PRESIDENTE. Constato l'assenza del relatore per la Commissione difesa, onorevole Cirielli: s'intende che abbia rinunziato alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, anzitutto ringrazio tutti i deputati intervenuti nel dibattito, soprattutto per la complessità delle argomentazioni e per l'invito ad una riflessione attenta in ordine alle prospettive delle missioni dell'Italia, soprattutto in alcune aree di particolare delicatezza e importanza. Signor Presidente, consegnerò ai resocontisti un testo dettagliato sui singoli punti. Soltanto in premessa, vorrei richiamare l'attenzione dell'Aula sul contenuto dell'introduzione di carattere generale, anche in ordine ai temi sollevati qui dal rappresentante della Lega sulla rimodulazione della nostra partecipazione, che verrà esaminata con accortezza e soprattutto di concerto con le organizzazioni internazionali.
Il principio guida sarà quello della concertazione con gli alleati, come ha ricordato il relatore Renato Farina, escludendo Pag. 84ipotesi di scelte unilaterali - gli americani dicono: together in, together out - e tenendo presente che la nostra presenza ha una chiara funzione di garanzia della pace, della stabilità e della sicurezza internazionale e risponde agli interessi strategici del nostro Paese.
Inoltre, voglio confermare all'onorevole Tempestini che, con riferimento alla situazione della Siria, domani mattina il sottosegretario Craxi svolgerà un'informativa sugli ultimi sviluppi nell'area; lo farà qui, in Aula. Negli elementi di risposta vi è un riferimento particolare alla situazione del Kosovo. Voglio aggiungere che, sulla base di una richiesta autorevole del relatore in riferimento alla Somalia, in questa replica vi è tutta una serie dettagliata di precisazioni e dico che il Governo è disponibile in qualsiasi momento, anche domani, a discutere l'atto di indirizzo presentato dall'onorevole Renato Farina, offrendo e ripetendo, anche in quella occasione, tutto quanto è contenuto nel testo che adesso consegnerò.
Infine, voglio ringraziare tutti gli intervenuti e i gruppi, in particolare l'onorevole Sarubbi e l'onorevole Renato Farina, per l'invito a tenere conto della necessità di reintegrare i fondi anticipati dal Ministero degli affari esteri per coprire gli stanziamenti aggiuntivi per le attività di cooperazione, introdotti in prima lettura al Senato.
Li ringrazio e penso che l'idea a cui hanno fatto riferimento sia l'onorevole Sarubbi sia l'onorevole Renato Farina di un ordine del giorno fortemente impegnativo nei confronti del Governo sia uno strumento importante, perché il Ministero degli affari esteri, per senso di responsabilità, ha fatto fronte alla situazione, ma è pericoloso in modo estremo ridurre le attività ordinarie di cooperazione per far fronte a questo impegno. È come tirare la coperta e lasciare, da una parte o dall'altra, senza ricoprirle, tutte le necessità che sono urgenti.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Sottosegretario Scotti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 2 agosto 2011, alle 9,45:

1. - Informativa urgente del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Siria.

(ore 11)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 2824 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia e disposizioni per l'attuazione delle Risoluzioni 1970 (2011) e 1973 (2011) adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Misure urgenti antipirateria (Approvato dal Senato) (C. 4551).
- Relatori: Renato Farina, per la III Commissione, Cirielli, per la IV Commissione.

(ore 15)

3. - Discussione di una domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati di utenze telefoniche nonché alla perquisizione di cassette di sicurezza nei confronti del deputato Milanese (Doc. IV, n. 21-A).
- Relatore: Gava.

Pag. 85

4. - Discussione di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni nei confronti del deputato Verdini (Doc. IV, n. 19-A)
- Relatori: Costa, per la maggioranza; Samperi, di minoranza.

5. - Seguito della discussione congiunta dei documenti:
Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2010 (Doc. VIII, n. 7).
Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2011 (Doc. VIII, n. 8).

La seduta termina alle 20,15.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO EDMONDO CIRIELLI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 4551

EDMONDO CIRIELLI, Relatore per la IV Commissione. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, che reca il consueto rifinanziamento delle missioni internazionali di pace e le misure attuative delle medesime, in questa occasione più ancora che nelle precedenti, è stato accompagnato da un serrato ed attento dibattito.
Tale dibattito ha messo al centro dell'attenzione politica e parlamentare la responsabilità che l'Italia ha per il suo ruolo ed il suo peso nel consesso internazionale, cui si devono correlare le necessarie risorse. Ricordo, peraltro, che il quadro generale della politica italiana in questo settore - prima ancora che l'Esecutivo adottasse in via definitiva il decreto-legge - è stato posto anche all'attenzione del Consiglio supremo di difesa.
La complessa e difficile situazione economica del nostro e di numerosi altri paesi impone di riflettere, ancor più che in passato, sulle esigenze di ottimizzare l'impegno militare in alcuni teatri, cercando le migliori sinergie con gli alleati e con le istituzioni internazionali. A complicare il quadro, unitamente ai noti fattori di crisi economica, si è aggiunta la necessità di assicurare un adeguato intervento militare per evitare un'altrimenti sicura emergenza umanitaria di dimensioni inimmaginabili che si sarebbe consumata al confine meridionale. L'intervento in Libia, in adempimento di risoluzioni dell'ONU e delle determinazioni assunte con gli alleati, costituisce un impegnativo nuovo fronte, sia sul piano finanziario sia su quello dell'uso di uomini e mezzi.
Possiamo però registrare con soddisfazione come l'esame del provvedimento al Senato e presso le Commissioni della Camera, pur nel fisiologico confronto dialettico tra gli schieramenti, sia stato caratterizzato anche in questa occasione da una ampia condivisione delle scelte e delle posizioni assunte nei rapporti con i partner europei e nell'ambito della NATO.
Il costruttivo confronto tra la maggioranza e le forze più responsabili delle opposizioni, che non hanno fatto mancare al Senato e in sede di Commissioni (qui alla Camera) il loro voto favorevole, ha infatti prodotto significativi miglioramenti al contenuto del decreto-legge.
Esso quindi - oltre a riprodurre norme già previste in precedenza, ovvero ad autorizzare le spese necessarie per la prosecuzione di tutte le missioni già previste nei precedenti decreti (salvo che, per ovvi motivi, quella del Corpo della guardia di finanza per esecuzione degli accordi di cooperazione con la Libia) - reca anche alcune rilevanti novità, su cui intendo soffermarmi. Come noto, il primo elemento di novità è il finanziamento della missione militare riferita alla Libia, in attuazione degli interventi per la protezione dei civili e delle aree a popolazione civile e per l'embargo di armi, di cui alle Risoluzioni n. 1970 (2011) e n. 1973 (2011) adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Per tale missione si prevede uno stanziamento di circa 58 milioni di euro e l'impiego di 1886 unità di personale. Segnalo che il finanziamento è disposto solo fino al 30 settembre 2011, Pag. 86a differenza delle altre autorizzazioni di spesa, valide per il periodo dal 1o luglio al 31 dicembre 2011.
Gli oneri di svolgimento per il periodo 18 marzo-30 giugno 2011, pari a 142 milioni di euro (di cui 8 milioni di euro stanziati a favore del ministero degli affari esteri) risultano invece coperti con l'attivazione del meccanismo di aumento dell'aliquota dell'accisa sui carburanti, contemplato dall'articolo 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225 del 1992.
In relazione alla crisi libica ed ai suoi effetti sul piano delle attività imprenditoriali italiane, la XIV Commissione, Politiche dell'Unione europea, ha richiamato nel proprio parere la necessità di assicurare misure di sostegno economico e tributario alle imprese danneggiate. Credo che sia un tema di grande rilievo su cui ho già avuto occasione di esprimermi in sede referente per dichiarare il mio appoggio ad eventuali ordini del giorno.
Altra disposizione di contenuto innovativo è la previsione della progressiva riduzione del personale impegnato nelle missioni. Infatti, l'articolo 9, al comma 1, nel testo modificato dal Senato, prevede una razionalizzazione dell'impegno militare nelle missioni internazionali che - sulla base di comunicazioni alle Commissioni competenti - consenta al Governo di procedere entro il 30 settembre 2011 alla riduzione di almeno 1.000 unità (dalle 9.250 complessivamente impegnate nel primo semestre 2011) e ad un'ulteriore riduzione di almeno 1.070 unità entro il 31 dicembre 2011. Il comma 2, introdotto al Senato, prevede inoltre che entro 60 giorni dalla scadenza del decreto semestrale o annuale, di proroga delle missioni, il Governo presenti al Parlamento una relazione analitica sulle medesime missioni militari e di polizia con riferimento all'evoluzione di ciascuna missione, agli obiettivi prefissati e alla verifica dei risultati conseguiti. In base alla suddetta relazione verrà, quindi, indicato un piano per la rimodulazione dell'impegno militare.
Rilevo che, nel proprio parere, il Comitato per la legislazione ha evidenziato che, sul piano della formulazione testuale della disposizione, non appare chiara la tempistica di tali comunicazioni ed il soggetto deputato all'elaborazione del medesimo piano. Giudico in ogni caso particolarmente apprezzabile l'impegno del Governo di interloquire con le Camere su tale aspetto, che appare necessario anche alla luce dei consistenti tagli di personale dettati dalle esigenze di contenimento degli oneri relativi alle missioni, da effettuarsi comunque nel rispetto degli impegni internazionali assunti.
Richiamo, al riguardo, la posizione espressa dal ministro La Russa in occasione delle recenti comunicazioni alle Commissioni parlamentari esteri e difesa della Camera e del Senato, secondo cui non si assiste ad alcun ridimensionamento né degli impegni assunti a livello internazionale né del ruolo di primo piano dell'Italia nei diversi contesti di crisi. È invece in atto una rimodulazione parziale nel dispiegamento di risorse e mezzi, sulla base di scelte meditate e concordate nelle opportune sedi.
Infatti, come ulteriormente precisato nel corso della suddetta audizione, il decreto aumenta di quasi 19 milioni di euro - a parità del numero di unità ivi impiegate - le risorse destinate alle operazioni in Afghanistan in funzione di migliorare equipaggiamenti e mezzi dei nostri contingenti.
Il decreto determina, altresì, una rimodulazione dell'impegno di uomini e mezzi in altri contesti.
In particolare, si riduce di oltre 14 milioni di euro lo stanziamento per la missione UNIFIL in Libano, cui sono autorizzate a partecipare un numero inferiore di unità (231 in meno rispetto al semestre precedente). Secondo quanto riferito dal Ministro della difesa vi è l'intenzione di ridurre ulteriormente nel tempo il contingente di circa 700 uomini, subordinatamente a un accordo in sede ONU.
Anche per le missioni nei Balcani sono previsti risparmi di circa 2 milioni e mezzo di euro, a fronte di una diminuzione di 90 unità rispetto al primo semestre 2011, che potrà arrivare al dimezzamento Pag. 87del contingente attuale, pari a circa 600 unità entro il 2012, in accordo con i partner europei.
Inoltre, si prevedono minori spese anche per le missioni di contrasto alla pirateria internazionale: quella della NATO che opera nel Mediterraneo orientale, denominata Active Endeavour, quella condotta dall'Unione europea che opera al largo della Somalia e nel Corno d'Africa, denominata Atalanta, e, infine, quella della NATO denominata Ocean.
Proprio in relazione all'esigenza di contrastare la pirateria in quelle aree, ricordo che una risoluzione votata recentemente al Senato impegnava il Governo ad introdurre specifiche misure.
In linea con i suddetti impegni, l'articolo 5 prevede, quindi, la possibilità di imbarco, a richiesta degli armatori, di Nuclei militari di protezione (NMP), composti da personale della Marina, ed eventualmente anche di altre Forze armate, dotato dell'armamento previsto per l'espletamento del servizio. Il comandante ed i membri del Nucleo militare di protezione sono a tal fine qualificati rispettivamente come ufficiale e agenti di polizia giudiziaria e gli oneri, anche riferiti al personale, sono a carico degli armatori.
In alternativa all'utilizzo dei Nuclei militari di protezione, viene consentito agli armatori l'impiego di guardie giurate per la protezione delle navi negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria. La norma in commento richiede, al riguardo, che sussistano determinati requisiti relativi all'equipaggiamento delle navi e alle qualifiche professionali delle guardie giurate, preferibilmente individuate tra chi abbia prestato servizio nelle Forze armate, anche come volontario, ma con esclusione del servizio di leva.
Infine, la normativa di dettaglio relativa al porto e al trasporto delle armi e del relativo munizionamento, alla quantità di armi detenute a bordo della nave e la loro tipologia, nonché ai rapporti tra le guardie giurate ed il comandante della nave sono demandate ad un decreto del ministro dell'interno, di concerto con i ministri della difesa e delle infrastrutture.
Nelle disposizioni in materia di personale impiegato nelle missioni internazionali, costituisce una novità il contenuto dell'articolo 6, comma 3, che disciplina la corresponsione del compenso forfettario di impiego e della retribuzione per lavoro straordinario spettante al personale che partecipa a talune missioni che, pur non specificate nel testo, dovrebbero essere le missioni Atalanta, Active Endeavour e quella relativa alla Libia, come peraltro precisato nella relazione illustrativa che accompagna il decreto. Su questo punto, devo tuttavia evidenziare come, a mio avviso, costituisca comunque un'anomalia la circostanza secondo cui l'indennità di missione non sia riconosciuta al personale impiegato in missioni che non richiedono la presenza sul territorio estero, quand'anche in ipotesi essi siano chiamati a svolgere azioni di sorvolo aereo.
Anche su tale aspetto, ho già avuto occasione di esprimermi in sede referente per dichiarare il mio appoggio ad eventuali ordini del giorno.
In ordine alla copertura finanziaria, sono stanziati poco più di 744 milioni di euro, di cui 725 milioni di euro a valere sul fondo per interventi strutturali di politica economica (a tal fine incrementato dal recente decreto- legge 98 del 2011) e, quanto a 11 milioni di euro, sul fondo per le missioni internazionali di pace. Gli ulteriori 8 milioni di euro sono coperti mediante riduzione delle dotazioni finanziarie relative alle spese rimodulabili riferite al Ministero degli Affari esteri.
Risulta invece finanziato separatamente l'articolo 4, comma 31, finalizzato al completamento delle attività di attuazione del memorandum di intesa di cooperazione tecnica nel settore della sicurezza tra l'Italia e Panama (del 30 giugno 2010), in base al quale anche il precedente decreto aveva autorizzato la cessione a titolo gratuito di 4 unità navali classe 200/s in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto.
In conclusione, richiamo i contenuti delle principali modifiche apportate al provvedimento durante l'esame al Senato. Pag. 88
L'articolo 4, comma 31-bis, destina alle esigenze di funzionamento del Corpo della capitaneria di porto le maggiori entrate derivanti dall'incremento delle tariffe per i servizi resi dal Corpo stesso, di cui alla Tabella D allegata al decreto-legge n. 533 del 1954, che viene dunque modificata.
L'articolo 4-bis destina risorse, nel limite di 10 milioni di euro, per l'adozione di misure di sostegno e di rilancio dei settori dell'economia delle provincie danneggiate dalla chiusura dello scalo aeroportuale imposto in connessione alle attività militari di supporto alle operazioni in Libia.
L'articolo 6, comma 4-bis, introduce una norma interpretativa riferita alla composizione delle commissioni di avanzamento nell'ambito del Corpo della guardia di finanza.
L'articolo 6, comma 4-ter, proroga nuovamente (fino al 31 dicembre 2011) i termini per l'utilizzo del fondo per l'assunzione di ex dipendenti di organismi militari della Comunità atlantica, o di singoli Stati esteri che ne fanno parte, che siano stati soppressi o ristrutturati.
L'articolo 6, comma 4-quater, analogamente a quanto avvenuto per il 2010, reca un finanziamento destinato al reclutamento delle tre Forze armate che integra i fondi per la cosiddetta «professionalizzazione», pari a 53 milioni di euro per l'anno 2011.
L'articolo 8, comma 2-bis, ha introdotto una norma interpretativa riferita al procedimento di alienazione degli immobili della Difesa.
Infine, è stato modificato anche il titolo del decreto-legge, invertendone i periodi. Adesso, quindi, il riferimento alle missioni delle Forze armate e di polizia precede quello agli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL SOTTOSEGRETARIO PER GLI AFFARI ESTERI ENZO SCOTTI IN SEDE DI REPLICA SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 4551

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. La partecipazione del nostro Paese alle missioni internazionali di pace e stabilizzazione costituisce un punto altamente qualificante della nostra politica estera in virtù dell'ampia convergenza con cui il Parlamento tradizionalmente sostiene l'impegno del nostro personale militare e civile nei principali teatri di crisi.
Il contributo che l'Italia assicura alle operazioni internazionali di pace corrisponde, innanzitutto, al nostro interesse nazionale nel quadro costituzionale di missioni decise dalle Nazioni Unite, dalla NATO e dall'Unione europea, organizzazioni nei confronti delle quali il nostro Paese ha imprescindibili obblighi di serietà, credibilità e lealtà.
La partecipazione alle missioni internazionali nelle aree di crisi è, infatti, sempre più la cartina al tornasole con cui viene letta la capacità di un Paese di far fronte responsabilmente alle sfide di stabilità e sicurezza che la comunità internazionale è chiamata a fronteggiare.
In una realtà fortemente globalizzata come quella in cui viviamo, dobbiamo tenere presente che l'Italia è presente nei teatri di crisi più delicati per difendere la nostra stessa sicurezza.
La virulenza di vergognosi attentati terroristici ha purtroppo dimostrato che le frontiere della sicurezza internazionale si sono allargate oltre i confini nazionali, richiedendo un impegno a tutto campo, come riconosciuto anche dal nuovo concetto strategico della NATO. In questa cornice, non si può prescindere anche da considerazioni di carattere geo-strategico: la posizione dell'Italia nel Mediterraneo ci espone più di altri alle minacce che giungono dalla sponda meridionale e orientale del Mediterraneo.
Grazie alle serietà e professionalità dei nostri contingenti e dei nostri operatori civili, il cui elevatissimo contributo è unanimemente apprezzato, l'Italia ha anche acquisito benefici politici in termini di prestigio e di influenza, con significative ricadute positive per il nostro Paese che dobbiamo preservare. Pag. 89
L'avvio della transizione in Afghanistan; l'aspettativa di una svolta nella crisi libica; l'auspicato graduale miglioramento della situazione nei Balcani; la sostanziale stabilizzazione del quadrante «mediorientale» e segnatamente del Libano meridionale; le operazioni navali antipirateria della NATO: sono tutti obiettivi prioritari perseguiti con tenacia dal nostro Paese in sinergia con gli alleati e nel quadro delle missioni delle principali organizzazioni internazionali.
Si sono susseguite, in questi giorni, riflessioni su come rivedere l'impegno umano e finanziario richiesto al nostro Paese alla luce degli ultimi sviluppi e anche dell'attuale congiuntura economico-finanziaria.
Il Consiglio Supremo di Difesa, che si è tenuto il 6 luglio sotto la presidenza del Capo dello Stato, ha fatto la sintesi tra le due esigenze che segnano gli approfondimenti che il Governo sta conducendo al riguardo: la lealtà agli impegni internazionali assunti dall'Italia e «l'opportunità di procedere, di concerto con le istituzioni internazionali e tenuto conto degli sviluppi sul terreno, ad ogni possibile ridefinizione dei nostri contingenti» in un'ottica di ottimizzazione delle risorse finanziarie disponibili.
Ogni ipotesi di rimodulazione della nostra partecipazione verrà, infatti, esaminata con accortezza e soprattutto di concerto con le organizzazioni internazionali. Il principio guida sarà la concertazione con gli alleati, escludendo ipotesi di scelte unilaterali (principio del «together in together out») e tenendo presente che la nostra presenza, a chiara funzione di garanzia della pace, stabilità e sicurezza internazionale, risponde ad interessi strategici del nostro stesso Paese.
Afghanistan. L'Afghanistan continua a rappresentare un esempio tangibile della capacità del terrorismo di internazionalizzarsi e di espandere rapidamente le proprie capacità di offesa. Intendiamo continuare ad assicurare il nostro rilevante contributo nel quadro della missione NATO-ISAF, pur nella prospettiva di un suo graduale ridimensionamento, nell'arco dei prossimi tre anni, in corrispondenza dell'avanzamento del processo di transizione, che sarà operativo dal 20 luglio prossimo e coinvolgerà alcune selezionate aree del Paese, tra le quali il distretto urbano di Herat, sotto nostro controllo.
La nostra azione s'inquadra in un'ottica di decrescente impegno in prima linea (truppe di combattimento) ed intensificazione del lavoro di formazione, addestramento e «capacity building» nei confronti delle forze di sicurezza afgane alle quali l'intera responsabilità dovrà comunque passare nel 2014.
Notevoli progressi sono stati fatti nell'irrobustimento delle capacità delle forze di sicurezza afgane. Ovviamente tali capacità non sono ancora sufficienti. Perciò, di qui al 2014, la coalizione internazionale, nel ridurre progressivamente il proprio impegno in «prima linea», in parallelo intensificherà quello per la formazione e l'addestramento.
Le dichiarazioni del Presidente Obama sull'avvio del ritiro del contingente USA dal paese asiatico, a partire dal 2011, vanno salutate positivamente in quanto segnano un importante punto di inversione nell'impegno militare diretto. Vanno anche responsabilmente accompagnate, al contempo, con ogni dovuta gradualità. È chiaro il nostro impegno in tal senso, come Alleati e nella veste di responsabili di un Comando regionale in Afghanistan.
Libia. In Libia è necessario continuare nello sforzo profuso da marzo scorso. Siamo ad una delicata fase di passaggio, nella quale lo scontro tra il Consiglio Nazionale di Bengasi, ormai ampiamente riconosciuto come unico legittimo rappresentante del popolo libico, ed il regime di Gheddafi va facendosi decisivo.
Come partner «della prima ora» del Consiglio di Bengasi, sosteniamo con forza l'idea dello sviluppo di una «nuova Libia», frutto di un processo politico nazionale, cui intendiamo assicurare un contributo fattivo, tanto come membri dell'Alleanza Atlantica, quanto come attori di primo piano all'interno del Gruppo di Contatto. A tutto ciò non si potrà giungere senza che prima un Gheddafi oramai del tutto privo Pag. 90di legittimazione, a livello interno come internazionale, abbia abbandonato il potere.
Confermiamo pertanto il nostro convinto impegno nell'Operazione «Unified Protector» - focalizzata come noto sulla protezione delle popolazioni civili libiche - soprattutto attraverso incursioni aeree volte alla neutralizzazione dei mezzi offensivi a disposizione del regime.
Kosovo. L'Italia segue con grande attenzione i drammatici eventi registratisi nel nord del Kosovo a partire dalla notte tra il 25 e 26 luglio, che hanno causato una vittima tra le forze speciali della polizia kosovara. In stretto coordinamento con l'Unione europea e gli altri principali partners internazionali, l'Italia ha fermamente condannato ogni forma di violenza e chiesto l'immediata cessazione di qualunque atto di ostilità e provocazione.
In piena sintonia con le dichiarazioni dell'Alto Rappresentante dell'Unione europea Catherine Ashton, l'Italia sostiene gli sforzi negoziali condotti dal Rappresentante speciale dell'Unione europea per il Kosovo, Ambasciatore Gentilini, per il rapido raggiungimento di una prima intesa sul campo e ribadisce al contempo il suo completo sostegno alle missioni Eulex e Kfor, che hanno finora svolto un lavoro encomiabile per la stabilizzazione del Kosovo.
L'Italia ritiene che l'unica soluzione politicamente percorribile, che garantisca stabilità nel lungo periodo, sia la ripresa del Dialogo tra Belgrado e Pristina facilitato dall'Unione europea. È il dialogo tra le Parti, a nostro giudizio, la sede idonea a trovare un'intesa su questioni delicate come quella dei timbri doganali. Sosteniamo pertanto con determinazione la missione nella regione del facilitatore dell'Unione europea per il dialogo, Robert Cooper, convinti che solo il pronto ritorno delle Parti al tavolo negoziale possa smorzare le tensioni sul campo ed incanalare i rapporti serbo-kosovari nel più corretto contesto della prospettiva europea di entrambi i Paesi.
Emergenza in Corno d'Africa. Di fronte alla situazione in Corno d'Africa, l'Italia è in prima linea nell'aiutare le popolazioni locali ad uscire da una crisi e da un'instabilità che purtroppo perdurano da vari decenni. In questo senso, il Governo ha accolto con pieno favore il mandato, contenuto nella risoluzione approvata la settimana scorsa dalla Commissione Esteri della Camera, di incrementare lo sforzo per fronteggiare il drammatico acutizzarsi della crisi umanitaria nella regione ed in particolare in Somalia.
Il Governo è stato tra i primi nella Comunità internazionale ad attivarsi e, su impulso del Ministro Frattini, ha disposto nuovi stanziamenti aggiuntivi pari a circa 9 milioni di euro per effettuare interventi di cooperazione in ambito sanitario, alimentare, idrico e agricolo a favore delle popolazioni maggiormente colpite, per finanziare le iniziative delle Agenzie ONU, in particolare quelle del Programma Alimentare Mondiale e della FAO, volte ad alleviare le difficoltà delle popolazioni, e per rispondere alla Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla siccità in Somalia del 20 luglio scorso.
La Farnesina ha organizzato per domani un volo di emergenza umanitaria che trasporterà dalla base di Brindisi al campo di Dadaab in Kenya, dove sono ospitati profughi somali, prodotti alimentari ed aiuti di prima necessità che verranno distribuiti tramite la Croce Rossa Internazionale e dall'UNHCR. Accompagnerà il convoglio il Sottosegretario Mantica che testimonierà con la sua presenza la vicinanza del Governo italiano alle popolazioni in difficoltà. Si prevede nei prossimi giorni anche un secondo volo umanitario con viveri ad aiuti diretto a Mogadiscio.
Si tratta di iniziative che vanno ad aggiungersi all'impegno umanitario che ha visto la Farnesina impegnare, per il 2010 e per l'anno in corso, 11 milioni di euro per avviare progetti di sicurezza alimentare e nutrizionale, sanità, accesso all'acqua, educazione e sostegno agli sfollati e alle fasce più vulnerabili della popolazione, realizzati per lo più per il tramite delle più importanti Agenzie delle Nazioni Unite e con il concorso di varie ONG. In totale, quindi, la Farnesina ha mobilitato Pag. 91un contributo pari a circa 20 milioni di euro (11 già previsti e 9 milioni aggiuntivi) per contribuire a fronteggiare la crisi umanitaria in Corno d'Africa.
L'Italia è anche in prima linea per favorire la più ampia mobilitazione internazionale attorno alla crisi. Con particolare riferimento agli aspetti umanitari, il Ministro Frattini ha lanciato, proprio nel giorno in cui la FAO ospitava a Roma una riunione d'emergenza sulla siccità nel Corno d'Africa, un pressante appello affinché la Comunità internazionale favorisca l'apertura di corridoi umanitari verso le popolazioni bisognose.
La nostra azione si esplica anche in ambito comunitario dove recentemente è stato deciso, su forte impulso italiano, di creare un rappresentate speciale per il Corno d'Africa. Sul fronte umanitario, l'UE ha stanziato aiuti immediati per 27,8 milioni di euro a valere sul Fondo Europeo di Sviluppo, cui l'Italia contribuisce con una quota percentuale pari al 12,86 per cento. Questi fondi vanno ad aggiungersi ai 70 milioni di aiuti umanitari già erogati dall'inizio dell'anno. Sono stati, inoltre, appena destinati dall'Unione europea ulteriori 60 milioni, portando l'aiuto complessivo nel 2011 a 158 milioni di euro.
Siamo stati da sempre in prima linea per ricordare all'intera Comunità internazionale come tali crisi, che si ripetono periodicamente, possano contenersi solo se si affrontano quelle che il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha definito le cause sottostanti. Siamo dunque impegnati sia a livello bilaterale che a livello multilaterale a propiziare e appoggiare l'avvio a soluzione dei conflitti della regione (il principale dei quali resta quello somalo), nella consapevolezza che la loro risoluzione potrà avere delle ripercussioni decisive sulle condizioni di vita delle popolazioni residenti.
Per favorire la stabilizzazione somala la nostra azione si sviluppa, inoltre, attraverso interventi, per un totale dal 2009 ad oggi di 3,8 milioni di euro, a beneficio di alcuni uffici chiave delle autorità transitorie della Somalia: quello del Presidente e del Primo Ministro nonché i Ministeri degli esteri, dell'interno (con particolare focalizzazione sui servizi alla popolazione), delle finanze, informazione (per contrastare la propaganda degli estremisti islamici), sanità e sicurezza nazionale. Per favorire la sicurezza delle popolazioni civili, abbiamo inoltre erogato dal 2009 ad oggi ulteriori finanziamenti per complessivi 12 milioni di euro, per sostenere le forze di sicurezza del Governo Federale Transitorio e l'operazione di pace dell'Unione Africana AMISOM.
Il Ministro Frattini ha, inoltre, deciso di alzare ulteriormente il livello della nostra azione e si è fatto promotore, congiuntamente con i suoi omologhi del Regno Unito e dell'Uganda, dell'organizzazione di una riunione a livello Ministeriale sulla Somalia in settembre a New York al margine della prossima Assemblea Generale delle NU. Sarà quella l'occasione per fare, ad alto livello, il punto sulla situazione politica e umanitaria della Somalia e per orientare l'azione della Comunità internazionale verso la ricostruzione di uno stato somalo efficace.
Pirateria a largo delle coste della Somalia. Il contrasto alla pirateria a largo delle coste somale, nel Golfo di Aden e nelle acque dell'Oceano Indiano continua a costituire una priorità crescente per il nostro Paese che ha saputo ritagliarsi, anche in questo contesto, un ruolo da protagonista sia sul versante operativo-militare sia in quello politico-diplomatico, all'interno del Gruppo di contatto ad hoc (Contact Group on Piracy off the coasts of Somalia/CGPCS) che si riunisce periodicamente - tre volte l'anno - a New York.
L'interesse italiano si è concentrato non soltanto sugli aspetti operativi - con la partecipazione alle Operazioni navali denominate «Atalanta» (UE) e «Ocean Shield» (NATO) - ma anche su quelli giuridico-procedurali, che attengono alla complessa problematica del giudizio e della detenzione dei pirati catturati.
Abbiamo ritenuto in quest'ottica di confermare un nostro contributo a favore del fondo fiduciario del Gruppo di Contatto, istituito presso lo United Nations Pag. 92Office on Drugs and Crime (UNODC), con sede a Vienna, e finalizzato proprio al finanziamento di progetti inerenti alla gestione giudiziaria e carceraria dei pirati catturati. Il fondo è amministrato da un board del quale l'Italia, in qualità di Paese contributore, fa parte.
L'Italia - con guida dell'Operazione «Ocean Shield» (OOS) per il secondo semestre 2011 - ha l'occasione per assumere una posizione di rilievo anche per quanto riguarda la determinazione delle possibili evoluzioni e riforme dell'Operazione, attualmente in discussione alla NATO alle quale non facciamo mancare il nostro contributo. In questa stessa linea ci siamo adoperati per il rinnovo del mandato della Operazione Atalanta, tenendo presenti anche gli aspetti evolutivi della protezione armata a bordo del naviglio commerciale ora ripresi anche nella nostra normativa nazionale.
Sosteniamo di concentrare l'azione NATO sul «valore aggiunto» che l'Alleanza può recare in questo campo e la necessità di un maggior coordinamento con l'operazione dell'Unione europea «EUNAVFOR-Atalanta» e con i Paesi partner, che operano con propri assetti indipendenti, come Russia, India e Cina.
Libano. La qualità e professionalità del contingente italiano di UNIFIL vengono costantemente e unanimemente riconosciute e la partecipazione italiana ha contribuito in questi anni in maniera determinante ad assicurare il successo della missione e la stabilizzazione dell'area.
Siamo in prima linea anche nel sostegno al Tribunale Speciale per il Libano, che l'Italia intende continuare ad assicurare, quale elemento essenziale nei delicati equilibri politici del Paese.
La nostra presenza in Libano, sia pure rimodulata sul piano militare ma rafforzata sul piano della cooperazione civile, è evidentemente tanto più necessaria di fronte al perdurare della grave crisi in Siria, dove l'ostinazione di Assad nel seguire la strada della repressione piuttosto che delle riforme ha ormai compromesso la sua legittimità.
Missioni UE di politica di sicurezza e difesa comune. Nonostante la crisi economica e finanziaria che si ripercuote su tutti i Paesi dell'Unione Europea, l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha conferito all'UE la possibilità di giocare un ruolo politico più importante sulla scena internazionale rispetto al passato anche come attore di rilievo per la sicurezza cooperativa nella gestione delle crisi.
L'Unione come attore globale si interroga su come rispondere alla crisi economica e razionalizzare la spesa, ma contemporaneamente ha bisogno di continuare ad investire risorse per affrontare le situazioni di crisi a livello internazionale.
I più recenti eventi che hanno scosso il nostro Vicinato sud hanno peraltro dimostrato l'imprescindibilità di un'Unione europea forte e presente e della partecipazione degli Stati Membri agli sforzi collettivi per la stabilizzazione.
In questo quadro, il Ministero degli affari esteri ha dispiegato personale esterno in possesso di profili professionali altamente qualificati e non facilmente rinvenibili in altre Amministrazioni per una loro destinazione all'estero.
La flessibilità dello strumento del distacco, in particolare, nel primo semestre di quest'anno ha consentito all'Italia di rispondere in modo pronto ed efficace alle prime, immediate esigenze manifestate dai nostri interlocutori in Libia: sono stati reperiti quattro esperti dotati di solido background e ampia esperienza nei settori dell'emergenza umanitaria che attualmente operano a Bengasi nel settore sanitario e delle infrastrutture.
Missioni OSCE. L'OSCE contribuisce in maniera fondamentale alla stabilità dell'area «da Vancouver a Vladivostok». Sulla base di un concetto onnicomprensivo di sicurezza che unisce strumenti di «hard» e «soft power», le attività dell'Organizzazione mirano a prevenire e a sanare le possibili fonti di conflitto attraverso lo sviluppo della cooperazione politico-militare ed il contemporaneo rafforzamento dei diritti umani e delle istituzioni democratiche. Pag. 93
La capacità delle Istituzioni, delle Missioni sul terreno e delle Missioni di monitoraggio elettorale di svolgere le attività di rafforzamento della pace promosse dall'OSCE dipende in gran parte dal distacco di esperti nazionali, finanziato dai contributi volontari dei Paesi partecipanti.
Le 16 Missioni OSCE - istituite in Europa orientale, nei Balcani, nel Caucaso ed in Asia centrale a partire dagli anni '90 - sono tra i principali strumenti dell'Organizzazione per assistere in maniera stabile e capillare le istituzioni e le società civili nella prevenzione e nella soluzione dei conflitti e nel contrasto alle minacce alla sicurezza e alla stabilità nell'intera area OSCE.
Le missioni di monitoraggio elettorale contribuiscono in maniera significativa allo sviluppo di istituzioni democratiche nello spazio euro-atlantico ed euro-asiatico. In tale settore l'OSCE ha acquisito nel corso di decenni un primato di expertise unanimemente riconosciuto, al quale l'Italia ha contribuito attraverso il costante invio di esperti nazionali (56 nel 2010 e 24 nel primo semestre 2011).
La recente nomina dell'Ambasciatore Zannier alla carica di Segretario Generale dell'OSCE testimonia il prestigio di cui gode il nostro Paese per l'eccezionale contributo offerto alle attività dell'Organizzazione.
Consiglio NATO-Russia. L'Italia sostiene a fondo il ruolo del Consiglio NATO-Russia, foro nel quale vengono periodicamente affrontate tematiche di interesse per l'Alleanza e la Federazione Russa, tra le quali spiccano quelle di collaborazione pratica, che sta denotando significativi sviluppi, in diversi settori. Tra questi un posto centrale è occupato dalla cooperazione nel campo della lotta al terrorismo e della rilevazione ed identificazione - nell'ambito dei sistemi di trasporto in luoghi ad alta densità pubblica (metropolitane, stazioni, aeroporti, eventi di richiamo) - di esplosivi su potenziali attentatori-suicidi o su strutture mobili. A tal fine è stato avviato un apposito programma denominato STANDEX (Stand-off Detection of Suicide Bombers and Mobile Objects).
È un progetto, a forte valenza di «confidence building», diretto a garantire sicurezza e protezione delle popolazioni civili. Esso è finanziato in parte a fondi comuni NATO e in parte a titolo nazionale. L'Italia ha svolto, anche attraverso l'impegno profusovi dal rappresentante nazionale professor Zichichi, un ruolo di forte impulso all'avanzamento del programma, pur non avendovi sinora partecipato finanziariamente.
L'Italia contribuisce peraltro alla realizzazione tecnica del progetto tramite l'ENEA che è responsabile dello sviluppo della componente laser del sistema di rilevazione. Il contributo previsto ci permetterebbe di prendere parte alla gestione del programma, tramite la partecipazione al relativo board al quale riteniamo di dover prestare un contributo anche per le competenze e conoscenze che vantiamo in questo settore.
Iraq. L'Italia sostiene il processo di stabilizzazione e riconciliazione dell'Iraq fin dalle sue prime fasi. È necessario proseguire nell'azione di sostegno proprio ora che l'Iraq è riuscito a dotarsi di un nuovo Governo democraticamente eletto e politicamente inclusivo, premessa necessaria ma non sufficiente per guidare il Paese verso la definitiva stabilizzazione. I fondi richiesti sono integralmente volti a promuovere lo Stato di diritto e la riconciliazione nazionale, pilastri della stabilizzazione.
Occorre in primo luogo proseguire nell'addestramento delle forze di sicurezza irachene, soprattutto attraverso la missione di formazione NATO, nella quale si distingue l'operato dell'Arma dei Carabinieri, che attualmente cura la formazione della Polizia Federale e della Polizia Petrolifera irachene, con grande soddisfazione tanto del Governo di Baghdad quanto della filiera militare dell'Alleanza.
Parimenti è necessario continuare nei programmi di formazione dei giudici penali, dei procuratori antiterrorismo nonché dei nuovi funzionari diplomatici iracheni Pag. 94(che seguono anche corsi organizzati in Italia). Le altre iniziative di riconciliazione nazionale gestite dall'Italia, oltre a facilitare la collaborazione tra forze politiche e comunità etniche e religiose irachene, consolidano la nostra autorevolezza e credibilità presso la locale classe dirigente.
Il mantenimento di un'intensa cooperazione con l'Iraq trova la sua ragione anche nell'opportunità di garantire un'ampia partecipazione delle imprese italiane ai programmi di ricostruzione nazionale adottati da Baghdad. Il percorso volto al perseguimento di tale obiettivo ha conosciuto un momento significativo nella seconda riunione della Commissione Mista bilaterale, tenutasi a Baghdad lo scorso 8 giugno.
Myanmar. Malgrado i timidi segnali di apertura da parte del governo negli ultimi mesi, la situazione della popolazione resta molto critica. Da un lato, continua la gravissima crisi economica, aggravata dal perdurare delle sanzioni messe in atto degli Stati Uniti e dell'Unione Europea. Dall'altro, continua la guerriglia tra governo e minoranze etniche, fonte d'instabilità, morti, impoverimento e spostamenti di popolazione - come testimonia la perdurante presenza di oltre cinquantamila rifugiati in Thailandia.
Le iniziative di cooperazione allo sviluppo per il Myanmar continuano senz'altro ad essere necessarie. Come noto, a seguito della sospensione della cooperazione allo sviluppo da parte dell'Unione Europea nel 2004, dovuta all'avvio del regime sanzionatorio, ed onde fare fronte allo stato di povertà nel quale versa il Myanmar, l'Italia è fautrice di un accresciuto impegno a livello bilaterale. Pertanto, nelle linee-guida della Cooperazione italiana per il periodo 2011-2013 il Myanmar continua ad essere individuato quale Paese prioritario in Asia.
Pakistan. Per l'Italia il Pakistan riveste un ruolo centrale ai fini del successo della strategia internazionale in Afghanistan ed, in un'ottica più ampia, della pacificazione e dello sviluppo regionale. Per tale ragione abbiamo intensificato in questi ultimi anni i rapporti bilaterali a sostegno del processo democratico e della stabilità del Paese asiatico ed appoggiato il governo Zardari, nonostante le sue incapacità e le sue debolezze, quale unica opzione praticabile per la stabilità del Paese e per agganciare il Pakistan ai principi di tolleranza e cooperazione regionale. Il nostro sostegno si estende anche in seno all'Unione europea ed al Gruppo Friends of Democratic Pakistan, dove partecipiamo attivamente e con ruolo propositivo sin dalle prime riunioni.
Alla luce dell'attuale situazione interna pakistana, pervasa da tensioni amplificate dall'operazione Bin Laden e afflitta da serie difficoltà economiche, è oggi più che mai importante aiutare Islamabad a promuovere lo sviluppo economico e sociale del Paese. Si tratta di un'azione necessaria per rompere il circolo vizioso della povertà che alimenta l'estremismo e fornisce manodopera alla militanza armata. Aiutare il Pakistan risponde a precise ed evidenti motivazioni di ordine politico-strategico ma anche umanitario, in un'area affetta da un'instabilità diffusa.
Partendo da questa consapevolezza, abbiamo dato seguito concreto agli impegni annunciati a Tokyo, in occasione della Conferenza dei donatori (aprile 2009). Trattasi di 62 milioni di euro per progetti in settori prioritari quali lo sviluppo rurale, la formazione professionale e l'agricoltura, con una concentrazione geografica nelle aree tribali di confine con l'Afghanistan (tutti i progetti sono in fase di avvio, dopo i ritardi pakistani). Stiamo inoltre completando l'approvazione dei progetti a valere sulla conversione del debito (80 milioni di euro per attività di sviluppo e la ricostruzione in tutto il Paese) ed abbiamo assicurato la nostra partecipazione al Multi Donor Trust Fund della Banca Mondiale per lo sviluppo delle aree di frontiera Nord Occidentali (4 milioni di euro).
Obiettivi degli interventi di aiuto e cooperazione. Vorrei concludere questa Pag. 95sintetica panoramica con alcune osservazioni sugli obiettivi di fondo degli interventi di cooperazione ed aiuto che l'Italia conduce sia a livello bilaterale sia nel quadro multilaterale (ONU, UE, e OSCE) nell'ambito delle missioni internazionali.
La dimensione civile della nostra presenza internazionale è nel contempo un imperativo etico ed un investimento strategico in termini politici per il mantenimento dell'elevata credibilità internazionale acquisita sul campo dal nostro Paese, in termini economici per le opportunità che si apriranno per le nostre imprese; in termini di sicurezza perché è del tutto evidente che in un mondo globalizzato dobbiamo essere presenti per contribuire alla lotta contro le perduranti minacce alla nostra stessa sicurezza nazionale; e, non da ultimo, in termini di gestione, in linea con la nuova Politica europea di Vicinato, delle pressioni migratorie che dalle aree instabili più vicine a noi dobbiamo prevenire si possano riversare sulle nostre coste, se non sapremo aiutare quei Paesi verso un rafforzamento dei loro sistemi istituzionali ed economici.
L'auspicio è quindi che possa trovare conferma l'ampia convergenza con cui tradizionalmente il Parlamento sostiene il perseguimento di questi obiettivi, sostenendo l'azione dei nostri operatori ed esperti - cui va il nostro grande plauso - che svolgono in modo encomiabile un servizio essenziale per il bene del nostro Paese e dei Paesi che aiutiamo.
Necessità del reintegro dei fondi anticipati dal MAE. Vorrei, infine, cogliere l'occasione per sottolineare che gli stanziamenti aggiuntivi per la Cooperazione allo sviluppo - introdotti da un'ampia convergenza in Senato - hanno trovato copertura grazie al senso di responsabilità della Farnesina. Sulla base del medesimo spirito di coesione, ringrazio sin d'ora i gruppi per il lavoro che si vorrà fare per reintegrare, già con il decreto-legge di assestamento, tali fondi sul bilancio del MAE, che come sapete ha subito in questi anni consistenti riduzioni.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCESCO COLUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA DEI DOC. VIII, NN. 7-8

FRANCESCO COLUCCI, Questore. Vorrei ora illustrare sinteticamente quanto è stato fatto per dare attuazione agli ordini del giorno accolti in occasione dell'esame del bilancio interno per l'anno 2010, fermo restando, per le varie materie di seguito considerate, quanto deliberato dall'Ufficio di Presidenza nella riunione del 21 luglio 2011 e più ampiamente illustrato nella nota di variazione al bilancio interno, alla quale rinvio.
Un primo gruppo di ordini del giorno si riferiva all'Informatica.
In particolare, gli ordini del giorno Borghesi ed altri n. 6, Beltrandi ed altri n. 27, Turco ed altri n. 38 erano diretti ad estendere l'utilizzazione dei mezzi informatici in materia di atti parlamentari, di dati relativi all'attività dei deputati in particolari formati. Infine, l'ordine del giorno Trappolino n. 48 chiedeva l'adozione di formati e protocolli aperti.
Faccio presente al riguardo che dal 15 febbraio 2011 è stato reso operativo il servizio di firma digitale per la presentazione in formato elettronico, attraverso il Portale Intranet, delle proposte di legge e degli atti di sindacato ispettivo e di indirizzo, uno strumento, peraltro, del quale si auspica un più intenso utilizzo. Inoltre, attività mirate alla dematerializzazione dei documenti sono state avviate da tempo in molte aree. Peraltro, tra i servizi del nuovo Portale Intranet saranno previste anche funzioni volte alla dematerializzazione dei documenti e dei flussi amministrativi e di interesse dei deputati. È stato adottato come standard il formato XML per la pubblicazione dei documenti sul sito Internet e si proseguirà nella direzione dell'estensione progressiva dei formati aperti dei dati pubblicati sul sito Internet, tenendo conto anche della loro tipologia e della disponibilità dei dati medesimi Quanto all'adozione di formati e protocolli aperti si stanno sviluppando i programmi Pag. 96per favorire l'uso del software open source in ulteriori settori del sistema informatico.
Passando al tema del reclutamento del personale, ricordo che l'ordine del giorno Farina Coscioni n. 15 chiedeva di prevedere un iter pubblico che assicuri la massima trasparenza per l'accesso all'impiego presso la Camera e non contempli la partecipazione di deputati nelle commissioni di concorso.
Al riguardo faccio anzitutto presente che, allo stato, non sono state bandite procedure di reclutamento. Ricordo, inoltre, che la materia della composizione delle commissioni di concorso è oggetto di un apposito regolamento, che, pertanto, dovrebbe essere modificato se si intendessero introdurre specifici divieti di partecipazione alle commissioni. Sul punto confermo quindi l'impegno a promuovere una riflessione, il cui punto di partenza, tuttavia, è rappresentato dal fatto che l'ordinamento della Camera attualmente attribuisce all'Ufficio di Presidenza la disciplina di tutte le questioni di status dei dipendenti della Camera, ivi inclusa la materia del reclutamento.
Una ulteriore serie di ordini del giorno si riferiva allo status del parlamentare e ai collaboratori dei deputati. A quest'ultimo riguardo, gli ordini del giorno n. 4, n. 33, Zamparutti ed altri, Mura ed altri, n. 36, Turco ed altri, n. 45, De Torre ed altri e n. 40, Quartiani (seconda parte) ed altri, che, in sintesi, chiedevano la valutazione di misure volte ad assicurare un adeguato trattamento del profilo professionale dei collaboratori dei deputati.
Per attuare gli ordini del giorno, il Collegio ha dato incarico agli Uffici di redigere uno studio comparativo sullo status del parlamentare in diversi paesi dell'Unione europea e presso il Parlamento europeo. Tale studio, cui è stato dato ampio risalto sugli organi di informazione, pone a confronto diversi istituti, tra i quali la normativa in materia di collaboratori dei deputati. Alla luce di tale studio si stanno approfondendo le varie tematiche affrontate dagli ordini del giorno, come pure quelle di cui all'ordine del giorno Rosato ed altri n. 41, avente ad oggetto iniziative per un raffronto comparato sui costi delle Assemblee legislative nei principali paesi europei, al fine di allineare alla media europea le voci di bilancio relative all'indennità di carica, ai rimborsi e ai servizi messi a disposizione dei parlamentari per l'espletamento del loro mandato.
Peraltro ricordo che, tra gli impegni di cui alla citata delibera dell'Ufficio di Presidenza del 21 luglio 2011, è previsto, in tema di indennità parlamentare, la presentazione alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva di una proposta di legge di riforma della disciplina vigente, al fine di adeguarla alle previsioni recate dal decreto-legge n. 98 del 2011 e che il nuovo sistema sarà attivato non appena l'apposita Commissione Istat prevista dal decreto-legge per la verifica degli standard europei avrà reso note le conclusioni dei suoi lavori.
L'ordine del giorno Miglioli n. 46, ha ad oggetto l'attribuzione di un meccanismo di progressione delle retribuzioni per il personale esterno che presta servizio presso le segreterie dei deputati titolari di incarichi istituzionali, e per il quale sono allo studio forme di modifica dei trattamenti retributivi in relazione alla durata del rapporto. Inoltre, l'ordine del giorno n. 35, Turco ed altri, chiedeva la pubblicazione sul sito Internet della Camera dei dati relativi al personale assunto dai deputati con incarichi elettivi e degli emolumenti, lordi e netti, erogati. Le iniziative sull'argomento devono essere coordinate con il Senato.
Ricordo, peraltro, che tra gli impegni di cui alla richiamata riunione del 21 luglio 2011 dell'Ufficio di Presidenza è presente il tema dei collaboratori dei deputati, sotto il profilo della revisione del meccanismo di rimborso, come pure è presente quello della diaria, oggetto dell'ordine del giorno n. 40, Quartiani ed altri (prima parte), da agganciarsi all'effettiva partecipazione ai lavori dell'Assemblea e delle Commissioni.
L'ordine del giorno n. 13 Zamparutti e l'ordine del giorno n. 42 Giachetti ed altri chiedevano la pubblicazione sul sito Internet della Camera di dati relativi ai Pag. 97deputati. In materia ricordo che, in base alle decisioni adottate dall'Ufficio di Presidenza nella riunione del 15 settembre 2010, i deputati possono autorizzare la pubblicazione sul sito Internet della Camera della propria documentazione patrimoniale depositata ai sensi della legge n. 441 del 1982. Le modalità di presentazione della relativa richiesta sono state comunicate a tutti i deputati il 17 settembre 2010.
Passando al tema della gestione di alcuni comparti di spesa, oggetto dell'ordine del giorno n. 3, Borghesi e Mura, è stata autorizzata la stipula di un atto aggiuntivo alla convenzione con la società Alitalia avente ad oggetto l'applicazione di condizioni più favorevoli per i voli dei deputati in carica.
Desidero poi precisare che le spese dell'autoparco consistono in spese per le auto a disposizione della Camera e in spese per autonoleggio: in particolare, le spese per il parco auto della Camera hanno già registrato una tendenziale riduzione alla quale deve ora aggiungersi l'effetto delle misure di ulteriore contenimento della spesa adottate dall'Ufficio di Presidenza del 21 luglio 2011, in applicazione delle quali è stato già ridotto il parco auto di quattro unità. Infine, i prezzi praticati alla buvette sono costantemente aggiornati in base alla dinamica dei prezzi di mercato, secondo i criteri approvati dal Collegio nelle riunioni del 26 luglio 2006 e 29 luglio 2008. L'ultimo aggiornamento dei prezzi è avvenuta nel mese di maggio 2011.
Passando al settore dei lavori, l'ordine del giorno n. 10, Laboccetta, aveva ad oggetto il completo rifacimento del Cortile d'Onore, anche a spese della Camera, da parte del Provveditorato alle 00.PP., per il quale sono in corso di approfondimento alcune questioni tecniche, fermo restando che dovranno essere valutate le compatibilità finanziarie dell'intervento. Per l'ordine del giorno n. 12 Laboccetta faccio presente che i lavori di realizzazione della sala fumatori nel corridoio adiacente alla sala di lettura dei deputati sono stati completati.
In materia di comunicazione l'ordine del giorno n. 47, Baldelli ed altri, chiedeva di assicurare la diffusione più ampia possibile ai dati e alle statistiche sull'attività parlamentare; sul tema devo far presente che l'ampiezza dell'attività di comunicazione svolta dalla Camera è tale da assicurare la richiesta diffusione.
Quanto agli ordini del giorno relativi alle necessità di spazi da parte della Camera, ossia, in particolare, all'ordine del giorno n. 1, Laboccetta, all'ordine del giorno 24, Bernardini ed altri, all'ordine del giorno n. 31, Zamparutti ed altri, all'ordine del giorno n. 39, Quartiani ed altri, faccio presente che essi hanno ad oggetto una tematica per la quale non posso che rinviare alle considerazioni svolte nella relazione orale.
Passando ad altro argomento, ricordo che un altro gruppo di ordini del giorno si riferisce ad istituti che sono stati oggetto della recente riforma dei regolamenti interni in materia di amministrazione, contabilità ed accesso. Mi riferisco, in particolare, agli ordini del giorno n. 14, Beltrandi ed altri, n. 19, Bernardini ed altri, n. 21, Farina Coscioni ed altri, n. 22, Mecacci ed altri, n. 17, Zamparutti ed altri, e n. 32, Bernardini ed altri, n. 42, Giachetti ed altri (nella seconda parte).
In materia, vorrei ora spendere alcune parole per illustrare il nuovo Regolamento di Amministrazione e contabilità, posto che è tramite questo nuovo Regolamento che si è inteso far fronte anche alle esigenze prospettate dagli ordini del giorno indicati.
Come i colleghi ricorderanno, nel corso della discussione in Assemblea del progetto di bilancio 2010, avevamo comunicato la nostra intenzione di sottoporre all'Ufficio di Presidenza, entro il 31 dicembre 2010, un nuovo testo del Regolamento.
Così è stato. Il nuovo Regolamento è stato infatti approvato il 21 dicembre 2010.
Le linee ispiratrici del nuovo Regolamento sono l'ulteriore rafforzamento della trasparenza delle procedure, un'apertura Pag. 98ormai pressoché completa all'esterno, la razionalizzazione della macchina amministrativa.
Infatti, sulla scorta di 10 anni di esperienza applicativa, sono state recepite le migliori e più funzionali prassi instauratesi in questo periodo, sono state ridefinite e puntualizzate le diverse sfere di competenza e responsabilità, è stato codificato un quadro generale di adeguamento alla disciplina esterna in materia, con i necessari adattamenti dovuti alla posizione di autonomia costituzionale propria dell'organo parlamentare.
Mi limito ora a sottolineare alcuni dei più rilevanti aspetti della nuova disciplina.
È stata fortemente rafforzata la funzione di programmazione dei documenti di bilancio. Il Regolamento scandisce le tappe di un articolato ciclo di bilancio che trova il suo momento centrale nella decisione - che vorrei definire politica - sulla definizione di criteri di formazione del bilancio. I colleghi sanno poi che il tema del sistema di contabilità è stato - negli anni - oggetto di particolare attenzione. La soluzione prescelta dal Regolamento, adottata dopo lunga riflessione ed al termine di un'istruttoria particolarmente approfondita, tiene conto delle peculiarità dell'Istituzione parlamentare e degli aspetti finanziari, organizzativi, funzionali e regolamentari dell'introduzione del predetto sistema contabile. È stato dunque previsto di adottare un sistema di classificazione funzionale delle spese fondato sulla contabilità finanziaria e basato su una loro ripartizione per missioni.
In tema di selezione del contraente e delle altre attività amministrative in materia di contratti di lavori, servizi e forniture, le norme del Regolamento recepiscono in larghissima misura quello del Codice dei contratti pubblici, nel senso che è prevista la diretta applicazione delle norme dell'Unione europea con diretta efficacia vincolante e che, per quanto non diversamente disposto dal Regolamento stesso, si applicano le disposizioni di legge in vigore per i contratti dello Stato.
Anche in questo caso, non si tratta di una decisione dell'ultimo momento. Questo grado di apertura all'ordinamento esterno è infatti perseguito e praticato da ormai molti anni, e sono certo che non sfuggirà ai colleghi il rilievo e il profondo significato che ha tale apertura.
È stato potenziato il sistema dei controlli. Ciò, doverosamente, nel quadro dei principi organizzativi che già oggi presiedono al funzionamento dell'Amministrazione, e che riflettono la peculiarità della nostra istituzione.
Sul piano della pubblicità dell'attività amministrativa e dell'accesso da parte degli organi della Camera e dei deputati, si è operato tenendo presente gli indirizzi adottati anche ultimamente dagli organi di direzione politica e considerando che una soluzione tesa a privilegiare la pubblicità generale di determinate categorie di atti assorbe anche il profilo dell'accessibilità dei medesimi atti da parte del singolo deputato. E ciò sempre in direzione della massima trasparenza e pubblicità. In particolare, la materia dell'accesso è stata oggetto di particolare approfondimento da parte degli organi di direzione politica, sia sotto lo specifico profilo dell'accesso degli organi della Camera e dei deputati, di cui all'articolo 79 del RAC, sia sotto il profilo generale dell'accesso dei titolari di situazioni legittimanti, di cui al Regolamento sull'accesso alla documentazione amministrativa della Camera, approvato unitamente al RAC nella riunione del 21 dicembre 2010 dell'Ufficio di Presidenza. I relativi interventi sono stati condotti alla luce della normativa generale, tenuto conto delle particolarità istituzionali della Camera.
Il nuovo RAC, infine, recepisce anche in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro i principi fondamentali posti dall'ordinamento generale, come interpretati dalla giurisprudenza.
Voglio infine rassicurare i presentatori dell'ordine del giorno n. 2, Mura ed altri, che chiedono l'attuazione di un costante monitoraggio sul rispetto della legislazione sul lavoro da parte delle ditte esterne affidatarie di appalti di servizi e di lavori presso la Camera. Il rispetto della legislazione sul lavoro è monitorato in ogni Pag. 99appalto. Qualora emergano questioni, sono sempre adottate le iniziative conseguenti.
Quanto alla verifica della qualità dei servizi resi presso i Palazzi Marini e all'ampliamento dell'accessibilità degli stessi, di cui all'ordine del giorno n. 44, Nannicini ed altri, confermo anzitutto che viene svolta una costante attività di verifica della qualità dei servizi resi presso i Palazzi e faccio presente che il requisito dell'invarianza della spesa non è compatibile con il maggior utilizzo degli spazi ivi prospettato. Infatti l'utilizzo notturno e festivo comporta una negoziazione con la società locatrice dei Palazzi in relazione al personale ivi impiegato ed un incremento del numero degli assistenti parlamentari di presidio agli ingressi, con i relativi effetti sui recuperi e sulla disponibilità generale di tale già scarso personale per altra utilizzazione.