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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 477 di martedì 24 maggio 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 13,45.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Fava, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Lombardo, Melchiorre, Migliavacca, Sardelli e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Su un lutto del deputato Pierluigi Mantini (13,49).

PRESIDENTE. Comunico che il collega Pierluigi Mantini è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2665 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (Approvato dal Senato) (A.C. 4307) (ore 13,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo approvato dalle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato (per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato e per le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato, vedi l'Allegato A al resoconto stenografico della seduta di ieri - A.C. 4307).

Pag. 2

Sull'ordine dei lavori (ore 13,51).

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, in queste ore, a Castellammare di Stabia e a Genova, i lavoratori di Sestri Ponente e di Castellammare di Stabia sono in lotta e protestano per la difesa del posto di lavoro nella cantieristica italiana e, soprattutto, per difendere il posto di lavoro in Fincantieri.
Desidero, con estrema chiarezza, ricordare ai colleghi, al Presidente e al Governo che solo il 25 gennaio scorso è stata approvata in X Commissione una risoluzione unitaria di tutti i gruppi parlamentari, la quale impegnava il Governo in due direzioni: in primo luogo, a garantire nel settore navalmeccanico il pieno rispetto degli impegni assunti dal Governo al tavolo della cantieristica con l'intesa del 16 luglio 2009; il secondo impegno era volto a consolidare le politiche industriali finalizzate al rilancio della cantieristica navale, attraverso l'individuazione di investimenti e incentivi, in particolare alla ricerca e all'innovazione, per consentire l'aumento della competitività e, nel contempo, garantire sia il mantenimento dei livelli occupazionali, sia lo sviluppo della stessa Fincantieri e delle sue produzioni nei cantieri italiani.
Ieri Fincantieri ha presentato un piano industriale che noi - come gruppo del Partito Democratico - consideriamo alla stessa stregua delle organizzazioni sindacali FIM, FIOM e UILM; lo consideriamo cioè sbagliato perché si fonda sulla riduzione della capacità produttiva del gruppo, non investe sulla diversificazione delle produzioni da realizzare e, inoltre, propone un piano di efficientamento non condivisibile nei contenuti; lo consideriamo, altresì, sbagliato perché prevede la chiusura di due cantieri: quello di Castellammare di Stabia e quello di Sestri Ponente.
Esso prevede, inoltre, lo spostamento degli addetti alle attività di costruzione navale da Riva Trigoso al cantiere di Muggiano, nonché una riorganizzazione di tutti i cantieri che prevede un taglio di oltre 2 mila 500 posti di lavoro nel gruppo, più altre migliaia nell'indotto.
Riteniamo necessario ed urgente l'intervento del Governo e l'immediata convocazione di un tavolo insieme alle istituzioni e alle parti sociali, per definire un piano di rilancio e di ammodernamento della cantieristica navale, difendendo così le competenze e l'occupazione presente nei vari territori.
Siamo con i lavoratori che in queste ore stanno lottando e ci rivolgiamo loro per dire che siamo loro accanto, nella protesta civile e pacifica, per la difesa del posto di lavoro e lo sviluppo della cantieristica. Ci rivolgiamo a lei, signor Presidente, affinché intervenga presso la Presidenza del Consiglio.

Si riprende la discussione (ore 13,55).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 4307)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Monte, al quale ricordo che ha tre minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, ci troviamo di fronte all'ennesima richiesta di voto di fiducia. Appare evidente che il problema non riguarda la determinazione dell'opposizione, bensì la scarsa fiducia che la maggioranza ha nei confronti di se stessa. Nel merito è la riprova che il Governo riesce ad occuparsi in modo prevalente soltanto di ordinaria amministrazione, ovvero di problemi che gli si pongono di volta in volta, in modo contingente, e praticamente sempre attraverso lo strumento del decreto-legge. Nessun Pag. 3progetto di lungo periodo, nessuna volontà di procedere all'attuazione del programma.
Vi sono alcune questioni da risolvere? Nessun problema: si fa un bel decreto omnibus. Si deve fare il referendum sul nucleare? Nessun problema: si inserisce nel decreto omnibus una norma che dovrebbe farlo slittare. Qualcuno insiste con emendamenti? Nessun problema, anche qui: si pone la questione di fiducia e il gioco è fatto; gli emendamenti vengono cassati. L'unico problema è che questa non è più politica. Si tratta soltanto di una miscela, anche un po' squilibrata, tra arroganza e mercanteggiamento. Nessuna visione strategica e riformatrice, solo mille modi per tamponare le falle che si aprono. A questo andazzo i parlamentari del Movimento per le autonomie non possono che esprimere il loro dissenso.
Nei giorni scorsi avevamo presentato alcuni emendamenti, tra i quali uno al quale teniamo moltissimo che riguarda, appunto, l'apertura, tramite la Cassa depositi e prestiti, di una linea di credito per le autonomie locali che intendano realizzare impianti fotovoltaici sugli immobili di loro proprietà. Insomma, un investimento produttivo - Ministro Tremonti, mi dispiace notare la sua assenza - senza fondo perduto, che potrebbe determinare un processo virtuoso dei comuni con l'ambizione di realizzare l'autonomia energetica. Nessuna risposta su questo emendamento da parte del Governo e nessuna disponibilità. Eppure la proposta incontra un largo interesse tra i sindaci di tantissimi comuni che vi intravedono anche la possibilità di miglioramento di bilanci ormai ridotti all'osso.
Cosa ci si poteva aspettare peraltro da un Governo che prometteva parità tra le diverse zone del Paese e sempre di più abbandona il Mezzogiorno? A proposito, Ministro Fitto - mi dispiace rilevare la sua assenza - che fine ha fatto il piano per il sud, del quale ogni paio di mesi si garantisce l'avvio? Questo Governo ha dimenticato in questi tre anni il sud: credo che i cittadini del Mezzogiorno avranno buona memoria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà per quattro minuti.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, questo decreto-legge n. 34 giunge all'approvazione della Camera dei deputati in una fase di svolta politica e nel pieno svolgimento di alcuni ballottaggi elettorali tra i quali vi sono quelli di Milano e Napoli. Sul piano del metodo spicca l'ennesimo voto di fiducia, mai come questo richiesto per mettere il silenziatore ai contrasti nella maggioranza. I contrasti tra PdL e Lega sono quasi un anticipo del rinfacciarsi la responsabilità del negativo risultato elettorale e trovano una loro sintesi estrema nello psicodramma dei Ministeri, un'ipotesi assurda, una trovata elettorale senza senso, neppure apprezzata da Milano e dai milanesi, come se la capitale economica dovesse avere una medaglietta. Era questa l'arma segreta di cui parlava Calderoli? Ma davvero Bossi pensa di interpretare così lo spirito del nord? Sono queste le radici che la Lega avrebbe messo? Si intravede un rapporto «posticcio».
Al fondo del voto di protesta non c'è nulla, c'è un Paese immobile che non cresce e si impoverisce. Nel 2010 il PIL è ancora del 5,3 per cento in meno rispetto a quello raggiunto nel 2007, e non siamo i migliori in Europa, siamo gli ultimi. Il divario da colmare è del 3,7 per cento nel Regno Unito, del 3 per cento in Spagna (perfino nella Spagna in crisi), dello 0,8 in Francia e dello 0,3 in Germania. Da noi è il 5,3. E poi Tremonti può anche contestare i dati dell'ISTAT però questi rappresentano un fatto e credo che ancora di qualche arbitro ci si deve pur fidare. Diversamente ci dovremo tirare in faccia anche i dati (poveri noi!).
E così nel decennio 2001-2010 l'Italia ha realizzato la performance di crescita peggiore tra tutti i Paesi dell'Unione europea con un tasso medio annuo di solo lo 0,2 per cento contro l'1,3 per cento della media europea. E oggi la crescita - si fa per dire - è così debole che toglie ogni speranza. Le famiglie si sono impoverite, Pag. 4la propensione al risparmio si è ridotta e la distribuzione del reddito è la più sperequata, con il rischio di povertà che toccherebbe il 24,7 per cento della popolazione. Emerge la fragilità del lavoro per i giovani e il rischio incombente per un'intera generazione di restare senza speranza.
E ora ci riproponete il solito voto di fiducia per mascherare le vostre debolezze. Nel merito questo decreto-legge contiene un parziale adeguamento del FUS a carico della benzina; cultura contro benzina, altro che manutenzione della spesa e tagli mirati! E, poi, il pasticcio nucleare, la decisione del Governo di aggirare il problema, non di ricercare il consenso. Sono tra quelli che hanno sempre ritenuto che il referendum del 1986 sia stato un errore, ma il consenso andava recuperato anche nel metodo. Certo, vi è stato il cataclisma giapponese, ma il Governo si è mosso sottovalutando gravemente la ricerca del consenso. Invece di quella legge, che oggi dichiarate di abrogare per evitare il referendum, sarebbe stato meglio costruire una base di adesione della pubblica opinione, ma a voi interessano gli effetti-annunci i quali, qualche volta, vi giocano male. Noi non possiamo accettare che l'aggiramento avvenga nella più evidente confusione. E, poi, la questione del potere: arroganza, potere, esibizione di muscoli. Con le facoltà discrezionali date alla Cassa depositi e prestiti riappare, sotto diverse spoglie, il ruolo dello Stato imprenditore. L'avete depotenziato come regolatore, ora lo riproponete come imprenditore senza regole. A chi si deve rispondere? Al Governo e al Ministro dell'economia e delle finanze. Impallidisce al confronto la storia delle partecipazioni statali e dei controlli parlamentari della Prima Repubblica. Senza controlli è meglio, come con la Protezione civile. Un uomo solo al comando che quando sprofonda nel ridicolo trascina con sé l'intero Paese. Abbiamo la sensazione che dai milanesi stia arrivando un cartellino rosso. Per questo, oggi più di ieri, noi votiamo convintamente contro la fiducia al Governo Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Alberto Giorgetti che da solo rappresenta l'intero Governo. E menomale che è un voto di fiducia! Mi viene in mente che quando vi era stato bisogno di salvare il napoletano Nicola Cosentino dalla galera il Governo era schierato per intero quel giorno (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico). Questo è il Governo delle balle, signor Presidente. Berlusconi è il Capo di un Governo delle balle. Le balle che ha raccontato lui agli italiani sono tali e tante che è difficile ricordarle tutte.
È il Governo delle balle quello che ha raccontato della riduzione delle tasse. Era lo slogan elettorale del 2001 e prima ancora del contratto degli italiani: meno tasse per tutti. «Il Presidente delle balle» non perde occasione per dire che le tasse non sono aumentate e che lui non ha messo le mani nelle tasche dei cittadini. E com'è che la pressione fiscale è al 43 per cento e quella reale, secondo qualcuno, al 52 per cento? Eppure lei, «Presidente delle balle», nel 2008 dichiarava che avrebbe ridotto la pressione fiscale sotto il 40 per cento. E quest'anno che, entro il 2013, ci sarebbero state meno tasse per le famiglie.
Nel 1994, prima delle elezioni politiche, proponeva un'aliquota unica per tutti i contribuenti e l'esenzione per i poveri; nel settembre 2002, 8 anni dopo, affermava che, con la riduzione delle tasse per i meno abbienti, si sarebbe potuto contribuire alla crescita. Due anni dopo, il primo marzo del 2004, dopo tre anni di Governo, diceva che servivano meno tasse per rilanciare i consumi. Invece non si è vista nessuna riforma dell'IRPEF, che era stata promessa ancora col contratto con gli italiani; non è stata abolita l'IRAP, Pag. 5definita la tassa più odiosa, la pressione fiscale è al livello più alto d'Europa e neppure la tassa automobilistica, che aveva detto di abolire, è stata abolita. Nessuno ha visto nulla.
Secondo uno studio della Banca Mondiale, Paying Taxes 2011, i tributi e i contributi sociali pesano sulle imprese per quasi il 70 cento, contro una media europea del 44 per cento e una media mondiale del 47 per cento. L'Italia è al diciassettesimo posto nella graduatoria della tassazione sulle imprese, tassazione che è la più elevata in Europa. E poi, scusate, aumentare le tasse sulla benzina non significa, forse, mettere le mani nelle tasche degli italiani? E quando non le ha messe lui, le ha fatte mettere dagli altri. Tagliando 15 miliardi agli enti locali li ha costretti ad aumentare tutti i tributi a carico dei cittadini.
Ma di che cosa parliamo? «Governo delle balle, Presidente del Consiglio delle balle» come quella raccontata nel 2001 sul dimezzamento del tasso di disoccupazione, sull'aumento delle pensioni, sulla creazione di 1,5 milioni di posti lavoro.
L'ha ripetuto il 12 maggio di quest'anno: «sono convinto che con il decreto sviluppo nel giro di un anno diminuirà la disoccupazione». La realtà è che il tasso di disoccupazione era al 9 per cento nel 2001, rimane al 9 per cento nel 2011. In Italia ci sono oggi 2 milioni di persone in cerca di lavoro con una differenza però che riguarda il tasso di disoccupazione giovanile che oggi è drammaticamente più basso di dieci anni fa. Dieci anni fa un giovane ogni cinque non trovava lavoro, oggi un giovane ogni tre e pensate che in Germania è solo uno su venti che non lo trova.
Il livello salariale netto in Italia ci vede in coda alla classifica dell'OCSE. Soltanto la Grecia fa peggio di noi. È un «Governo delle balle con un Presidente del Consiglio delle balle» che vengono raccontate anche a coloro che si trovano in piena sofferenza e quindi sono più deboli e indifesi, come i terremotati de L'Aquila. Le sue mirabolanti promesse dopo il disastro si sono rivelate ancora una volta solo delle grandi balle. Le case per tutti entro l'autunno, i tempi della ricostruzione, il 12 dicembre 2008 a Chieti dichiarava: «noi garantiamo anche che nel rilancio delle infrastrutture a cui daremo vita a partire dal giorno 18 prossimo con 16 miliardi 600 milioni da parte del CIPE fra queste infrastrutture ci saranno quelle di cui avrete bisogno, le opere manutentive, ci sarà la velocizzazione della Pescara-Roma con il raddoppio di alcune situazioni di questa linea». Il CIPE si è riunito effettivamente il 18 dicembre. Intanto ne ha fatte la metà - solo 7 miliardi - ma fra queste zero interventi per l'Abruzzo o come l'altra balla sparata il 17 settembre 2010: abbiamo ricostruito un'intera città. Chi vive là sa bene che nel secondo anniversario del sisma il centro era totalmente morto; 37 mila cittadini erano ancora fuori casa e tonnellate di rifiuti coprivano il centro storico. «Governo delle balle», Presidente del Consiglio, delle balle inventate ad ogni piè sospinto come quella raccontata sull'immondizia a Napoli quando nel maggio del 2008 ai napoletani raccontò: entro luglio Napoli sarà liberata dai rifiuti e con questo decreto rifiorirà. Il 28 dicembre 2010, cioè due anni dopo ha accorciato i tempi: entro tre giorni, Napoli sarà pulita. Ma un mese dopo, dopo un vertice sulla spazzatura, allungava ancora i tempi: «credo che la situazione di emergenza si possa risolvere in due settimane».
L'ultima promessa il 30 dicembre scorso: «entro capodanno non ci sarà più immondizia nelle strade di Napoli». Da allora nulla è cambiato con evidente imbarazzo persino della Commissione europea. Ma non contento in vista delle elezioni ritorna e giù nuove balle, quelle sulle case abusive, sulla tassa sull'immondizia. È un Governo delle balle, un Presidente del Consiglio della balle come quella sulle opere pubbliche: nel 2001 disse apriremo i cantieri per almeno il 40 per cento degli investimenti previsti dal piano decennale per le grandi opere considerate di emergenza e comprendenti strade, autostrade, metropolitane, ferrovie, reti idriche e opere idrogeologiche per la difesa dalle Pag. 6alluvioni. Dopo dieci anni di legge obiettivo la percentuale di opere portate a termine è stimata nel 21 per cento.
Governo delle balle, Presidente del Consiglio delle balle come quelle inventate a Lampedusa. L'invasione dei migranti del nord Africa sarà risolta in 48, al massimo 60 ore. Chiederemo per l'isola il Nobel per la pace. Concederemo a Lampedusa una moratoria fiscale, previdenziale e bancaria e ne faremo una zona franca. Rilanceremo il turismo attraverso servizi in TV pro isola di cui - dice proprio così! - abbiamo incaricato RAI e Mediaset. Lampedusa sarà sede di un casinò. Realizzeremo un campo da golf, una scuola e infrastrutture sanitarie. Pare che il sindaco di Lampedusa si sia rivolto a Chi l'ha visto ma neanche lì hanno saputo dargli notizia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Governo delle balle, Presidente delle balle, come quella del blocco del programma nucleare e della costruzione di nuove centrali e la sua affermazione la settimana dopo: se fossimo andati oggi ai referendum non avremmo avuto il nucleare in Italia per tanti anni, per questo abbiamo deciso di adottare la moratoria, per chiarire la situazione giapponese e tornare fra due anni ad un'opzione pubblica conscia della necessità del nucleare; siamo assolutamente convinti che il nucleare sia il futuro per tutto il Paese.
Governo delle balle per tutto il mondo: l'energia nucleare è sempre la più sicura, parola degli abitanti di Fukushima. Da dieci anni lei governa questo Paese grazie alle continue balle che racconta agli italiani, che spesso le hanno creduto perché lei è bravo a raccontarle. Come ha detto un giornalista che ben la conosceva, Indro Montanelli, lei è un piazzista che trascina con false promesse. Ma dal voto del 15 maggio è evidente che la maggioranza degli italiani ha smesso di credere alle sue balle. Potremmo dire che si sono rotti le balle di crederle (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). E noi dell'Italia dei Valori, che non ci siamo mai sognati di darle la nostra fiducia, urliamo forte insieme a quegli italiani che l'ora è finalmente giunta: fora di ball, mister President (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei riportare, se l'onorevole Pepe me lo consente...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di consentire all'onorevole D'Anna di svolgere il suo intervento.

VINCENZO D'ANNA. Vorrei riportare il discorso in quest'Aula ai temi attinenti al decreto sul quale è stata posta la questione di fiducia, ancorché mi sia enormemente divertito nel seguire l'intervento dell'onorevole Borghesi, che non solo ha travalicato i termini ed è uscito fuori dal tema principale, ma ha dato, come al solito, sfogo a tutta una serie di considerazioni che lasciano il tempo che trovano.
Il cosiddetto decreto omnibus, sul quale siamo chiamati ad esprimerci, contiene in sé una serie di disposizioni che intervengono su diversi settori del nostro Paese. Nonostante si tratti dunque di un provvedimento articolato, che coinvolge la cultura, l'area archeologica di Pompei, il Servizio sanitario della regione Abruzzo, l'editoria e la Cassa depositi e prestiti, esso è quindi un documento articolato, che il Governo utilizza per dare delle risposte urgenti a questi settori, ancorché quello che più suscita ed ha suscitato dibattito ed intervento sia stato l'articolo 5 di questo decreto, quello sulla moratoria nucleare. Ma, a ben vedere, a partire dall'articolo 2 e quindi dall'intervento sugli scavi di Pompei con l'utilizzo dei fondi FAS per mantenere correttamente ed adeguatamente questo immenso patrimonio storico, architettonico ed archeologico di cui può menar vanto l'Italia, conosciuto in tutto il mondo, vi è anche tutta una serie di ulteriori disposizioni.
La prima è quella che consente al Governo di utilizzare ben 900 mila euro Pag. 7per assunzioni in deroga alle procedure e al blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, una deroga per le procedure di appalto e di realizzazione dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, con la previsione di un intervento per le gare anche tramite progetto preliminare e non tramite progetto esecutivo, l'affidamento dei lavori ad una società a capitale pubblico, la Ales, che è esperta da anni e che è ritenuta tra le principali società nel campo del recupero storico ed archeologico, quindi una serie di provvedimenti che finalmente danno risposta alla salvaguardia di questo bene storico ed architettonico che con il crollo della «Casa dei gladiatori» ha dato adito alla più svariata serie di commenti, di accuse e di recriminazione nei confronti del Ministro Bondi. Intanto oggi questo decreto, che pone e dà le risposte che molti chiedevano, passa sotto silenzio e assistiamo qui alle «allegorie macchiettistiche» dell'onorevole Borghesi, il quale di tutto parla tranne che degli interventi che sono appunto contemplati nel decreto omnibus.
Inoltre, vi è l'articolo 3, che concerne un altro degli argomenti per i quali il Governo Berlusconi è stato più volte accusato: quello relativo al mantenimento del duopolio, di una sorta di privilegio, di golden share che il Presidente del Consiglio vuole per sé o per le società di Mediaset. In questo decreto, invece, si afferma la proroga del divieto degli incroci tra stampa e televisione fino al 31 dicembre 2012, ma il Governo e il Parlamento dovranno, poi, risolvere definitivamente il problema per dare definitiva soluzione ad una questione che deve evitare veri e propri trust nell'informazione radiotelevisiva e giornalistica.
Forse, nessuno evidenzia questo aspetto, perché la sinistra ha i suoi Santoro, ha le sue Gabanelli, ha i suoi spot, che quotidianamente fanno il processo a Berlusconi e al suo Governo, mettendolo alla berlina, ha «i comici di Stato». Quindi, probabilmente, gli amici della sinistra non sono molto interessati ad avere una radiotelevisione equilibrata e che faccia un'informazione equilibrata. Non sono certo interessati - io credo - a dare atto al Presidente del Consiglio di aver mantenuto questo tipo di cumulo di divieto e, quindi, di essere, contrariamente a quello che si dipinge, una persona che non vuole né monopolizzare né sfruttare a proprio vantaggio preminenze e supremazie nel campo radiotelevisivo e nel campo della carta stampata. Dunque, anche questo viene taciuto e viene fatto passare sotto silenzio.
Successivamente, si arriva all'articolo 5, quello più di moda, relativo alla moratoria sul nucleare. Come ben sappiamo, questo articolo dispone la sospensione dell'efficacia delle norme contenute nel decreto legislativo del 31 dicembre 2010, in considerazione di quanto accaduto in Giappone per via del sisma e del conseguente tsunami che hanno così duramente colpito la popolazione nipponica.
A scanso di equivoci, vogliamo esprimere, fin da adesso, la nostra convinta posizione di sostegno alla decisione assunta dal Governo che, dinanzi all'evidente turbamento dei cittadini italiani, ha ritenuto di introdurre una moratoria volta a stemperare la tensione determinata da eventi tanto drammatici come quelli patiti dal popolo giapponese, pur nella consapevolezza di dover affrontare con grande senso di responsabilità una crisi energetica grave, che pesa inesorabilmente sulle tasche delle nostre famiglie.
Ebbene, cari colleghi, anche dinanzi ad una posizione unanimemente apprezzata in ogni contesto nazionale ed internazionale, siamo stati costretti ad assistere allo spettacolo poco costruttivo e per niente responsabile di un'opposizione populista, demagogica ed incapace di farsi carico del problema energetico del Paese, brava solo a puntare il dito e ad accusare la maggioranza di complotti e sotterfugi che esistono, per la verità, solo nella testa di chi li concepisce.
È un'opposizione che continua a dire tutto e il contrario di tutto, con una critica preconcetta al nucleare, quasi a voler ventilare che in Italia, dalla sera alla mattina, o in un lasso di tempo congruo e compatibile con le esigenze della nazione, Pag. 8si possa dar luogo a sistemi energetici alternativi in grado di soppiantare ciò che è in grado di produrre l'energia nucleare.
Sarebbe opportuno che qualcuno chiedesse ai nostri imprenditori perché devono pagare un kilowatt il doppio di quanto lo pagano gli imprenditori tedeschi o francesi. Dovremmo spiegare all'onorevole Borghesi che a Fukushima non è il nucleare che è venuto meno, ma sono state le pompe di raffreddamento che erano prive della nafta per poter funzionare, e che il nucleare è un po' come il sapone (Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Non è colpa del sapone se c'è gente che non lo usa e rimane sporca, perché il nucleare non è la minaccia della bomba atomica, come qualcuno vuole intendere o vuol far credere in giro. Non c'è alcuna dicotomia tra le affermazioni del Presidente del Consiglio dei ministri e del Governo, che ritengono di dover proseguire sulla strada di una valutazione di ciò che può dare una energia pulita come quella nucleare, e il blocco dei programmi che erano in itinere affinché si possa valutare senza enfasi e senza paura qual è la scelta che il Governo deve prendere.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole D'Anna.

VINCENZO D'ANNA. In conclusione, onorevoli colleghi, noi annunciamo il voto favorevole del gruppo di Iniziativa Responsabile, non senza (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole D'Anna.Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonfiglio. Ne ha facoltà.

ANTONIO BUONFIGLIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, innanzitutto vorrei fare una considerazione di merito: per scelta esplicita del Governo e della maggioranza, il Parlamento continua ad essere poco più che un'Assemblea di ratifica di provvedimenti «multifrutti», emanati d'urgenza dall'Esecutivo. La legislazione italiana è ormai completamente imbrattata da pagine incoerenti di norme slegate e incomprensibili al cittadino comune, ma spesso anche agli addetti ai lavori. Fuor di polemica, mettiamo un argine a questo degrado istituzionale, restituiamo dignità al legislatore italiano e soprattutto alle Aule parlamentari.
Entrando nel merito, con la possibilità per la Cassa depositi e prestiti di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, il Governo decreta un cambiamento radicale del modo di intendere il ruolo dello Stato nell'economia; una deriva interventista che pensavamo di aver lasciato ai decenni passati. Quale sarebbe l'esito di una difesa dell'italianità condotta con la trasformazione surrettizia della Cassa depositi e prestiti in un fondo sovrano «de' noantri»? Diciamolo francamente: dopo che Lactalis ha lanciato l'OPA totalitaria su Parmalat, in corso in queste ore, il Governo forse avrebbe potuto avere una buona via d'uscita, magari rivendicando il merito di aver costretto l'azienda francese a mettere soldi veri nell'operazione. A questo punto però il Ministro Tremonti pare averci preso gusto all'idea di una nuova IRI finanziata dal risparmio postale degli italiani: una Cassa depositi e prestiti impiegata nella lotta allo straniero non fa bene, ma danneggia l'economia italiana che già sconta una bassa attrattività per gli investimenti esteri. Frapporre ulteriori ostacoli all'investimento straniero, non di una banca in mano a Gheddafi, ma magari di una multinazionale di passaporto francese, non è solo un errore, ma una vera e propria truffa politica.
Vista la qualità del dibattito pubblico italiano e di certa parte dell'informazione, agitare di tanto in tanto la bandiera dell'italianità può addirittura pagare in termini di consenso, ma una politica responsabile dovrebbe resistere a questa lusinga. Purtroppo, mai come oggi, il berlusconismo sembra riluttante alle responsabilità e facile alle tentazioni.
Ancora, sul nucleare il Governo ha scelto la strada peggiore, quella che renderà Pag. 9ancora più profonda la frattura, nell'opinione pubblica, tra nuclearisti e antinuclearisti. Questo è stato fatto non per evitare che gli italiani si pronuncino sul nucleare, ma perché, non dovendo pronunciarsi sul nucleare, siano meno incentivati a recarsi alle urne per il referendum sul legittimo impedimento. Su una questione tanto importante, che afferisce agli equilibri energetici nazionali, alla ricerca, allo sviluppo tecnologico, alla sicurezza dei cittadini e dell'ambiente, sarebbe stata opportuna maggiore responsabilità. Se l'incidente di Fukushima ha imposto una riflessione approfondita, questa andava condivisa con tutte le forze politiche o almeno con quelle non interessate a fare ammuina sul nucleare. La moratoria, una sospensione del programma nucleare e un rinvio condiviso del referendum sarebbero stati possibili e auspicabili, magari se fossero stati accompagnati da misure di rilancio della ricerca energetica o da una spinta liberalizzatrice nel senso della produzione di energie da fonti rinnovabili. Dentro Futuro e Libertà ci sono posizioni diverse sul nucleare ma è condiviso l'approccio con cui bisogna guardare alle grandi questioni energetiche, con pragmatismo, evitando divisioni ideologiche.
Il futuro energetico dell'Italia non può diventare il terreno di scontri o di rivincite squisitamente politiche. Dobbiamo innanzitutto aspettare di capire esattamente quali saranno state le cause e gli effetti del disastro nucleare giapponese per capire se, quanto e come si possa aiutare a migliorare le strategie di controllo previste per il nucleare in Italia. Voi fate l'esatto contrario: sospendendo unilateralmente il referendum, iperpoliticizzate una questione che avrebbe invece bisogno anzitutto di tecnica, di pragmatismo e di idee.
Nel frattempo, mentre l'instabilità del Maghreb pone interrogativi importanti circa l'approvvigionamento energetico dell'Europa, decidete che è giunta l'ora di ritoccare al rialzo le accise sui carburanti, affinché siano gli automobilisti e le imprese a finanziare il Fondo unico per lo spettacolo. Il Governo che non avrebbe mai messo le mani nelle tasche degli italiani - promessa ripetuta dal Premier Berlusconi in campagna elettorale - non trova modo migliore per finanziare le politiche culturali che aumentare le tasse. Il Governo che avrebbe dovuto eliminare le province inutili, il Governo che non sa riformare il sistema del trasporto pubblico locale - anzi, ha appena finanziato con 400 milioni di euro i buchi che questo produce -, il Governo che ha appena scelto di spendere qualche milione di euro in più per il «rimpastino» dei sottosegretari, con questo decreto chiede più soldi agli italiani.
Per concludere: più tasse, un nuovo interventismo dello Stato nell'economia e una scelta populista sul nucleare animata dalla necessità di tenere la linea del Piave - considerato anche che oggi è il 24 maggio - delle leggi ad personam. Questo è diventato il PdL dei moderati (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calgaro. Ne ha facoltà.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, nella nostra scelta sulla dichiarazione di voto pesano, oltre a stringenti valutazioni di merito, anche importanti valutazioni di metodo. Infatti, di questo decreto-legge, il n. 34 del 2011, non si intravedono, come per molti vostri provvedimenti, le condizioni e i requisiti di necessità e urgenza, così come previsti dall'articolo 77 della Costituzione e, tanto meno, si riesce a cogliere un filo conduttore, una strategia che ne tenga insieme i diversi articoli. Siamo di fronte all'ennesimo pasticcio, all'omnibus, per l'appunto, a un decreto che contiene le disposizioni più diverse. All'articolo 1 il rifinanziamento del Fondo unico per lo spettacolo, all'articolo 2 gli interventi straordinari sull'area archeologica di Pompei, all'articolo 3 la proroga del divieto di incroci fra stampa e TV, all'articolo 4 la razionalizzazione dello spettro radioelettrico, all'articolo 5 la moratoria sul nucleare, all'articolo 6 provvedimenti riguardanti la sanità della regione Abruzzo Pag. 10e all'articolo 7, per finire, l'ampliamento dell'oggetto sociale di Cassa depositi e prestiti.
Per quanto riguarda l'articolo 1, cioè il rifinanziamento del FUS, è evidente la nostra soddisfazione per il suo rifinanziamento, in assenza del quale la cultura nel nostro Paese avrebbe subito un nuovo grande colpo da questo Governo, che tende a tagliare risorse in un settore dove gli investimenti a livello mondiale sono in forte crescita, soprattutto per quanto riguarda la tutela del patrimonio e che, legato inscindibilmente al turismo, è una delle possibilità rilevanti di sviluppo, anche dal punto di vista imprenditoriale.
È positivo che si stanzino 236 milioni di euro a carattere permanente per la cultura dal 2011, di cui 149 milioni per il FUS, ma pur considerando questo intervento straordinario e con entrate straordinarie, ciò che succede complessivamente è che nel 2008 il FUS contava su 511 milioni di euro annuali, previsti in aumento per il 2009 e il 2010, ma questo Governo, con una politica altalenante, ha stanziato 398 milioni di euro nel 2009, 418 milioni nel 2010, e nel 2011, dopo una iniziale previsione di 258 milioni di euro, grazie agli ultimi provvedimenti, lo stanziamento si assesta a 422,6 milioni di euro, che si ridurranno a 411,5 nei successivi due anni. In conclusione, il FUS si assesta a quasi 100 milioni di euro in meno rispetto al 2008.
Ma il giudizio diventa ancora più negativo se pensiamo che il risultato complessivo delle manovre degli ultimi anni sarà quello di ridurre i finanziamenti per il FUS e contemporaneamente aumentare il livello di imposizione fiscale. Infatti, con cosa si finanzia l'intervento per la cultura, comprensivo anche dell'abrogazione del contributo speciale di un euro sui biglietti cinematografici appena previsto dal «milleproroghe» e immediatamente ritirato? Lo si finanzia con un incremento sulle accise dei carburanti, proprio in una fase in cui vi è un imponente aumento dei prezzi dei prodotti energetici sui mercati internazionali.
Vi ricordiamo che più volte, e per il finanziamento di provvedimenti ben più rilevanti dal punto di vista sociale, il vostro Governo ha detto fermamente «no» all'elevazione delle accise in ragione della spinta inflazionistica derivante da tale incremento. Cosa è cambiato? Il Governo non considera più un problema l'inflazione? La conclusione è che si sceglie comunque una copertura potenzialmente pericolosa per l'economia per finanziare un parziale ripristino dei tagli effettuati a più riprese sulla cultura.
Per quanto riguarda il nucleare, è del tutto evidente che la finalità dell'articolo 5 di questo provvedimento è unicamente quella di bloccare il referendum, come più volte riconosciuto dallo stesso Premier anche in importanti sedi internazionali. Insomma, il succo di questo articolo è che quel popolo, che voi richiamate sempre nella sua sovranità per la legittimazione del vostro potere e, in particolare, del potere del Premier, non deve pronunciarsi su un tema così delicato come quello del nucleare.
Il problema vero è che il Governo, nella bozza di Programma nazionale di riforma di novembre, incentrava gran parte della sua politica energetica sulla ripresa di produzione di energia nucleare e, contemporaneamente, non rifinanziava il 55 per cento in ordine all'efficienza energetica degli edifici, recuperandolo poi solo in extremis con la legge di stabilità, e adottava obiettivi nettamente più contenuti di quelli europei per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Con un decreto sono poi stati modificati e resi più incerti anche gli incentivi per il fotovoltaico.
In conclusione, con le decisioni assunte con questo decreto-legge, si lascia il Paese senza un piano sull'energia che, lo vorremmo ricordare, è uno dei fattori che maggiormente penalizza la competitività delle nostre imprese. Ma forse il vero obiettivo delle vostre decisioni in questo momento non è discutere seriamente dello sviluppo del Paese e della sua competitività, ma probabilmente solo quello di non arrivare al quorum per il referendum sul legittimo impedimento. Per questo volete Pag. 11impedire il referendum, senza però aprire un dibattito serio e tecnicamente fondato sulle politiche energetiche del Paese.
Veniamo poi ad un altro articolo rilevante di questo provvedimento, ossia l'articolo 7, riguardante la Cassa depositi e prestiti. In realtà la Cassa depositi e prestiti, già a legislazione vigente, può acquisire partecipazioni azionarie e, di fatto, possiede rilevanti partecipazioni azionarie (ad esempio in ENI).
L'intervento normativo di cui all'articolo 7 di questo decreto-legge sostanzialmente è volto ad ampliare la tipologia e la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti, quindi l'obiettivo è soltanto ampliare la possibilità di intervento della Cassa depositi e prestiti tramite il meccanismo delle partecipazioni azionarie. Insomma, il Governo chiede in questo decreto-legge di avviare, tramite la Cassa depositi e prestiti, una politica economica più attiva nel campo di quelle che una volta si chiamavano le partecipazioni statali.
C'è una certa incoerenza nel proporre, oggi, questa discussione sulle partecipazioni statali alla luce del fatto che questo stesso Governo e questa stessa maggioranza hanno privilegiato una strada di privatizzazione forzata e obbligatoria per tutte le società pubbliche di livello locale nel campo dei servizi pubblici locali. Ma come, volete privatizzare le società comunali, mentre invece aumentiamo le partecipazioni statali? Pare che ci sia un po' di confusione in merito.
Dobbiamo uscire dall'ipocrisia e discutere non più di Parmalat, ma di come potrebbe lo Stato, tramite lo strumento delle partecipazioni azionarie, migliorare la sua performance di politica economica. Guardiamo bene poi ai modelli degli altri Paesi, e soprattutto al modello francese.
In Francia l'omologa della Cassa depositi e prestiti italiana, insieme al Ministero dell'economia, ha messo in piedi nel 2008 un fondo strategico di investimenti, ma attenzione: esso entra nel capitale di società strategiche e importanti per l'aumento della competitività del Paese, ma non fa riferimento a un vago concetto di interesse nazionale, ma a un esplicito riferimento al concetto di competitività del Paese.
Il sistema francese favorisce i coinvestimenti e quindi non è mai l'unico investitore. Inoltre, sostiene le imprese nel medio e lungo termine e, infine, entra in possesso di quote partecipative minoritarie e non di controllo. Nelle normative che qui ci proponete vi è solo un vaghissimo e molto discrezionale potere di acquisto di partecipazioni azionarie, senza nessuna regola, senza nessun paletto e senza nessuna logica di tipo strategico. Bisogna assolutamente rimuovere ogni ambiguità e ogni elemento distorsivo connesso con questo concetto di rilevante interesse nazionale. Vorrei ricordare che lo stesso Governo ha ritenuto che il concetto di rilevante interesse nazionale andasse in qualche modo qualificato.
Infatti, con un suo emendamento al Senato ha aggiunto che le partecipazioni devono essere assunte in società non soltanto di rilevante interesse nazionale, ma che risultino anche in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e che siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività. Quindi, in pratica, ha messo il paletto che tramite questa partecipazione di Cassa depositi e prestiti non si devono fare salvataggi di imprese decotte.
Ma andiamo poi a vedere il decreto da poco uscito, che qualifica il rilevante interesse nazionale. Ai fini di tale qualificazione - dice il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - si considerano tutte le imprese con un fatturato netto superiore a 300 milioni di euro, con dipendenti non inferiori a duecentocinquanta ma, nel caso in cui il livello di fatturato e il numero di dipendenti sono inferiori a quei limiti indicati, basta che comunque siano entro il 20 per cento dei suddetti valori, se l'attività della società risulta rilevante in termini di indotto e di benefici nel sistema economico e produttivo del Paese.
Quindi, in sostanza, si tratta di un decreto che lascia la più ampia discrezionalità nella decisione di che cosa è di Pag. 12rilevante interesse nazionale. Credo che questo sia il vero punto su cui discutere e su cui, invece, la vostra quarantesima fiducia ci impedisce di farlo. La pura difesa dell'italianità degli assetti proprietari non è criterio industriale, soprattutto nel mercato unico europeo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Calgaro.

MARCO CALGARO. Mi avvio a concludere, signor Presidente. In conclusione, il vostro quarantesimo voto di fiducia e lo scarsissimo tempo di approfondimento consentito alle Commissioni ci ha impedito una serie di riflessioni sui temi di rilevantissima importanza per lo sviluppo del sistema Paese, continuando nel deliberato disegno di svilimento dell'attività parlamentare. Anche per questo voteremo convintamente contro il voto di fiducia da voi richiesto su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci apprestiamo ad esaminare quest'oggi rappresenta senza alcun dubbio un test di grande valenza sia per le numerose ed importanti tematiche che affronta sia per le risoluzioni da esso prospettate. Le risorse del FUS, innanzitutto, a decorrere dal 2011 vengono rimpinguate di quasi 150 milioni di euro e ritornano ad avere una dotazione dei livelli di quelli del 2010. È questa, checché se ne dica, una significativa misura di sostegno e valorizzazione della cultura e più specificatamente del mondo del cinema e delle fondazioni lirico sinfoniche. È una risposta concreta a fronte delle solite lamentele radical chic che abitualmente ci vengono dai soliti noti esponenti di una certa cultura di sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Allo stesso tempo viene data attuazione ad un efficace programma di prevenzione, manutenzione e conservazione dell'area archeologica di Pompei. Utilizzando infatti le risorse finanziarie derivanti dal FAS e attraverso dei provvedimenti semplificativi sia in termini di privata sponsorizzazione, tali da favorire gli afflussi delle risorse private, sia in termini di azione di tutela promossa dalla sovrintendenza, il Governo ha mostrato ancora una volta e nonostante le evidenti difficoltà contingenti la volontà di intervenire su una questione come quella dell'area di Pompei. Si tratta di una presa di coscienza forte, ma che rende altresì evidente come si renda sempre più necessario una riforma federalista della struttura amministrativa. Se è vero come è vero, infatti, che la maggior parte delle risorse deriveranno dalle risorse del FAS, è altrettanto evidente come solo ed esclusivamente una gestione delle risorse più oculata favorirebbe uno sviluppo turistico, e quindi economico, dell'aria e dell'intero comparto, più deciso e concreto.
Ma i due primi articoli nel complesso hanno, a nostro parere, una forte valenza, ossia quella di mettere in risalto la cultura come risorsa fondamentale anche per il rilancio del Paese. Quante volte ci si è sentiti accusare di non impegnare risorse o di non promuovere sufficientemente tale settore. Abbiamo quindi tolto alla sinistra un'altra occasione per fare inutile e strumentale polemica, come ha fatto abbondantemente in passato.
Il settore dello spettacolo dovrà necessariamente vedere in futuro una razionalizzazione e una revisione dei criteri di finanziamento pubblico, che non dovrà più essere automatico ma basato sulla qualità e sui valori dei progetti e delle istituzioni cui è destinato. Parallelamente dovrà essere fortemente incentivato il sostegno da parte dei privati attraverso la defiscalizzazione dei loro contributi. Le istituzioni culturali dovranno essere in grado di raggiungere un equilibrio virtuoso tra queste due fonti di finanziamento. Altrettanto importante appare la devoluzione alle regioni, in un'ottica di federalismo Pag. 13economico, della gestione degli stanziamenti pubblici a favore dello spettacolo.
L'articolo 3 del provvedimento proroga il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete - così come previsto dal testo unico dei servizi dei media audiovisivi e radiofonici - di acquisire partecipazioni nelle imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali e quotidiani.
Di estrema importanza è senza dubbio anche l'articolo 4 del provvedimento, che prevede la proroga del termine per stabilire il calendario definitivo relativamente al passaggio digitale, ora fissato al 30 settembre 2011, nonché la contemporanea anticipazione del termine dell'assegnazione dei diritti di uso televisivi relativi alle frequenze radiotelevisive, fissato al 30 giugno 2012. Occorre, a nostro avviso, evidenziare l'impegno dell'Esecutivo nell'intervenire su una materia oggetto di una complessa stratificazione normativa, ma che non per questo non dovrà essere analizzata e modificata. Si tratta di un impegno concreto e condiviso anche dalla Lega Nord che, grazie ad appositi interventi, ha consentito di affinare l'articolo del testo.
Non solo, ma viene anche previsto che il Ministero dello sviluppo economico predisponga, per quanto riguarda le frequenze radiotelevisive in ambito locale, per ciascuna area tecnica o regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale.
Le disposizioni contenute in questo provvedimento debbono sicuramente essere accompagnate dalla definizione di un congruo compenso per la cessione delle risorse frequenziali, e a questo riguardo la Lega Nord Padania ha presentato, a prima firma del collega Caparini, un ordine del giorno teso proprio ad alleggerire la gravosa situazione in cui versano molte emittenti televisive locali, che sono un comparto fondamentale dell'informazione nel nostro territorio e che va, pertanto, tutelato e valorizzato. La Lega intende farlo tenacemente utilizzando tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione. Noi siamo qui per difendere il territorio e anche le radio e le televisioni locali sicuramente fanno parte della nostra storia, dei nostri valori e di questo invitiamo il Governo a tenerne conto.
Non possiamo non ricordare poi l'articolo 5, ovvero quello relativo alle disposizioni in materia di impianti nucleari, che - a seguito dell'emendamento governativo che ha sostituito la prima versione dell'articolo - cancella dall'ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenuta in più leggi del quadriennio 2008-2011. Più specificamente viene disposta la cancellazione del programma in materia di impianti di produzione di energia nucleare ed è integralmente riformulata la norma sulla Strategia energetica nazionale.
La pausa di riflessione sul nucleare deve accompagnarsi - a nostro avviso - ad un significativo rilancio delle fonti rinnovabili e ad una crescente attenzione per l'efficienza energetica degli edifici. Su quest'ultimo punto la Lega Nord è proponente di un importante progetto di legge denominato «casa-qualità» che è già calendarizzato per i lavori di quest'Aula e che auspichiamo possa incontrare un'ampia condivisione.
Il penultimo articolo, l'articolo 6, sulla base degli eventi sismici dell'aprile 2009 modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale.
Non meno importante, infine, è l'ultimo articolo che amplia l'ambito di operatività della Cassa depositi e prestiti, al fine di consentire alla stessa di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale che risultano solide dal punto di vista economico e patrimoniale e caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.
In tale modo, similmente a quanto accade in altri ordinamenti, anche il nostro Paese si dota di uno strumento che consentirà di difendere il mantenimento del controllo di nostre imprese strategiche Pag. 14per le quali si profila il rischio di un passaggio a grandi conglomerati stranieri. Diciamo che vogliamo tutelare con forza - ho appena sentito il collega dell'Unione di Centro - le nostre aziende italiane e il nostro made in in questo Paese e facciamo le battaglie anche a livello europeo perché ne va della salvaguardia del nostro patrimonio e delle nostre aziende, soprattutto quelle medie e piccole che fanno sviluppo e fanno crescere tutto il Paese intero.
Questa è un'altra misura che ha come obiettivo il mantenimento di assi strategici del nostro sistema produttivo e di rilanciare la crescita del Paese secondo gli indirizzi di politica economica che si stanno ulteriormente definendo con il cosiddetto decreto sviluppo appena approvato dal Governo. Non è un caso, difatti, che anche su questo punto l'impegno della Lega Nord sia stato massimo, se è vero come è vero, che il potenziamento di Cassa depositi e prestiti, soprattutto nell'ottica di una maggiore sinergia con gli enti locali, è avvenuta attraverso provvedimenti d'iniziativa del nostro movimento che avevano ed hanno il preciso scopo di supportare i pagamenti in conto capitale delle opere pubbliche già appaltate.
Nel complesso, quindi, onorevoli colleghi, il provvedimento sopra descritto si inserisce all'interno di un contesto di riforme e di innovazione legislativa che l'Esecutivo sta portando avanti. Si tratta di uno sforzo importante che si accompagna ad altrettanto importanti riforme, come il federalismo fiscale e la più generale riforma tributaria, che cambierà il volto di questo Paese. È un ulteriore tassello che si unisce agli altri e che alla fine della legislatura lascerà in eredità ai cittadini uno Stato meno burocratico, più leggero ed efficiente, un Paese decisamente migliore di quello che abbiamo ereditato dai Governi di sinistra.
Per queste ragioni il gruppo della Lega Nord conferma la fiducia al Governo. Lo invitiamo ad andare avanti, esortandolo a non cadere nella trappola di farsi invischiare in polemiche inutili aizzate dall'opposizione, ma continuando nel suo lavoro quotidiano e concreto a favore della collettività. I nostri cittadini chiedono di cambiare questo Stato. Ci chiedono di fare le riforme su cui invitiamo veramente il Governo a proseguire, soprattutto in questa difficile fase economica. Sicuramente su questi punti la Lega darà sempre il sostegno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, colleghi, Non tutto ma di tutto era il titolo, quando eravamo ragazzi, di una nota rubrica radiofonica nella quale si affrontavano gli argomenti più disparati, senza la pretesa di una qualche organicità. È anche il giusto titolo per questo provvedimento, definito omnibus. Ma non vale solo per questa volta, bensì sembra essere la caratteristica della prassi legislativa del Governo. Si guardi, da ultimo, al prossimo provvedimento economico e si resterà sconcertati dalla accozzaglia di argomenti e dalla faccia tosta con la quale si decidono riforme intere per decreto. Basta citarne una per tutte: il Codice degli appalti.
Ma almeno in quel programma alla radio vi era il pudore del titolo, che ridimensionava le aspettative degli ascoltatori senza prenderli in giro. Qui no! Qui, al contrario, il titolo, pur svelando l'arcano, è addirittura ampolloso: disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra stampa e televisione, moratoria nucleare, Cassa depositi e prestiti, eccetera.
Ci si aspetterebbe che questi temi fossero affrontati per la loro importanza strategica, ma non è così. Si tratta, invece, di un tentativo mal riuscito di mettere delle pezze a degli errori fatti dal Governo in questi tre anni. Peso el tacòn del buso dicono dalle mie parti, per descrivere un rattoppo tardivo e mal fatto.
Si comincia con la cultura. Si è ben sentito dire che con la cultura non si mangia. L'Italia da sola detiene oltre il 50 per cento del patrimonio artistico mondiale, Pag. 15possiede centri culturali, artistici e teatrali che costituiscono, assieme al patrimonio naturale, il nostro miglior biglietto da visita ed un grande business per la nostra economia. Sappiamo che potremo competere nella globalizzazione solo se rafforziamo la ricerca e, con essa, le nostre eccellenza universitarie e così via. Eppure i fondi per sostenere questo straordinario patrimonio sono stati ridotti e tagliati ed abbiamo assistito all'umiliazione di Pompei.
Vi è stata una reazione diffusa, dignitosa e decisa da parte degli operatori del settore, non solo come ha ricordato la collega Coscia nel suo intervento nel corso della discussione sulle linee generali. Tale reazione ha sensibilizzato l'opinione pubblica. Risuonano, ancora per tutte, le parole rispettose, non polemiche ma appassionate e severe, pronunciate in quest'Aula dal maestro Muti, in occasione del concerto per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Era troppo anche per il cinismo del Ministro dell'economia e delle finanze.
Ed ecco che si cerca di correre ai ripari, ma le risorse destinate a questo scopo sono comunque insufficienti rispetto alle esigenze. Certo, non buttiamo via niente, ma non possiamo applaudire all'occasione persa di dare uno slancio propulsivo ad un settore davvero strategico. Nel 2008, vale la pena ricordarlo, uno dei pochi anni del decennio scorso nel quale non governavate voi, il FUS poteva contare su 511 milioni. Con voi è sceso a 398 e con questo provvedimento sale a 422 ma, con buona pace dell'onorevole Montagnoli e dei radical-chic da lui citati, sono sempre quasi 100 milioni in meno rispetto al 2008.
Ma non poteva che essere così, dato che siete partiti e avete perseguito la linea sbagliata e priva di coraggio dei tagli lineari. Come se non bastasse, le risorse insufficienti qui erogate vengono trovate non con altri tagli, ma con una nuova tassa - e che tassa - ossia con l'aumento dell'accisa sulla benzina. Così mentre promettete, con un vero e proprio voto di scambio, di togliere le multe ai milanesi, aumentate la benzina per tutti, milanesi compresi.
Signor Presidente, lo scorso anno, in occasione della legge di stabilità, avevamo posto al Governo il problema che le frequenze non dovessero essere regalate, com'era stato prospettato in prima battuta, ma che, come in tutti principali Paesi, dovessero essere messe all'asta e costituire una cospicua fonte di entrate per le casse dello Stato. Il Governo allora era contrario, mentre ora addirittura si allarga nella previsione delle entrate possibili e qui, trattando di televisioni, spunta l'interesse privato in atti d'ufficio. Il tentativo di ridurre i tempi del divieto di intrecciare stampa e televisione non ha bisogno di commenti: evidentemente non bastano cinque telegiornali in una sera a soddisfare la fame di potere di controllo del nostro Presidente del Consiglio.
Veniamo al nucleare: anche a tal proposito, il Governo fa una clamorosa marcia indietro. Vale la pena ricordare che, solo fino a tre mesi fa, il nucleare costituiva l'asse portante della politica economica e di sviluppo industriale deciso dal Governo per i prossimi decenni. Da parte nostra, abbiamo contestato in radice questa impostazione ed ecco pioverci addosso critiche e insulti. Poi è arrivata la drammatica vicenda giapponese e la situazione si è fatta insostenibile per un'opinione pubblica mondiale impaurita e giustamente preoccupata. Ma non c'è stato solo il Giappone: nel frattempo veniva ammesso il referendum e si sa che la maggioranza degli italiani si è già pronunciata una volta contro il nucleare così, sull'onda della reazione alla catastrofe asiatica, al Senato, con un emendamento, avete cancellato anche gli studi sul nucleare.
Questo non è solo il Governo delle fiducie e dei decreti-legge, ma anche il Governo degli emendamenti. L'aumento dell'età pensionabile, lo scudo fiscale e la stessa prima introduzione del nucleare sono tutti emendamenti a decreti-legge, anziché disegni organici di riforma.
Ma torniamo al referendum, Berlusconi ha detto esplicitamente: «Togliamo di mezzo il nucleare per evitare il referendum». Non è propriamente un ragionamento da statista, ma questo è il ragionamento Pag. 16che ha fatto. Sia chiaro che è un bene che rinunciate al nucleare e il merito è anche della nostra battaglia politica, ma sia altrettanto chiaro che non c'è possibilità di doppio gioco.
Mi auguro che, nonostante il decreto-legge - e voglio precisare ironicamente che qui per voi sussisteva il carattere di urgenza - il referendum si tenga comunque, ma non spetta a noi decidere. Resta il fatto che, anche quando fate una cosa giusta, la fate per un motivo sbagliato.
Se però consideriamo la faccenda dal punto di vista più strettamente economico ed industriale qui non c'è neanche la pezza perché, mentre decidevate la moratoria nucleare, tagliavate gli incentivi alle energie rinnovabili: il risultato è che siamo privi di un piano energetico e dunque di un fondamentale sostegno allo sviluppo, mentre ci apprestiamo ad una manovra economica straordinariamente pesante, come questa mattina ci ha ricordato autorevolmente la Corte dei Conti.
Infine, voglio accennare alla questione della Cassa depositi e prestiti. Prima ancora di un'opinione di merito, si impone una domanda: la scelta di dotare lo Stato di uno strumento diretto di intervento nell'economia fino a far diventare la Cassa un soggetto abilitato a intervenire nella proprietà - perché di questo si tratta - dei settori cosiddetti strategici, non merita forse una discussione rigorosa e coraggiosa e democraticamente diffusa? Cosa si intende per «settori strategici»? E chi decide quali sono, il Governo o il Parlamento? È meglio parlare di settori, con tutti i vincoli che conosciamo, o di progetti? Infine, quale governance si ha in mente?
Al momento di tutto ciò non è dato sapere. Noi, come ha ben ricordato il collega Causi in sede di discussione sulle linee generali, non siamo contrari ad affrontare questo tema delicato, ma non pensiamo che una discussione di questa portata possa essere decisa di soppiatto con un decreto-legge.
Allora viene il sospetto che l'articolo 7 del decreto-legge serva ad un'operazione di potere che allarga il controllo del Ministro dell'economia e delle finanze, come se non ne avesse già abbastanza. Ricordo anche che la Cassa depositi e prestiti non è una società quotata, dunque il condizionamento dell'azionista - sempre Tremonti - è pesante. Nelle esternazioni del Ministro Tremonti abbiamo sentito parlare di IRI, poi di Banca del Sud, oggi ci prova con la Cassa depositi e prestiti, altro che «colbertismo» veniva ricordato dal collega Fluvi.
Come vede, signor Presidente, c'è uno scarto rilevante fra il congiunturalismo, la pochezza e la contraddittorietà di questo provvedimento e i temi in esso evocati, e stavolta non sarebbe mancato il tempo per discuterne. Era il 3 maggio, tre settimane fa, quando in Commissione Bilancio ci veniva chiesto di concludere l'esame con urgenza perché era calendarizzato per l'Aula, poi avete pasticciato con l'inversione dell'ordine del giorno e oggi chiedete una fiducia, la quarantesima e più.
Sono queste, signor Presidente, alcune delle ragioni che ci inducono a votare contro il provvedimento, in questo voto contrario però, più di altre volte, c'è un'opzione favorevole ad un taglio diverso e migliore di quello che il Governo vuole costruire. Quest'Italia c'è ed esiste già, ogni giorno pensa, lavora, soffre, accudisce e spera. Ieri ci è stata descritta dall'ISTAT molto bene ma c'è bisogno di un salto di qualità che dopo tre anni di legislatura avete dimostrato di non essere in grado di fare. Voi, Governo, non riuscite più ad intercettare quest'Italia e a dargli una prospettiva. Fatevi da parte e lasciate che il Paese ritorni a crescere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, i deputati del Popolo della Libertà voteranno a favore della questione di fiducia posta dal Governo sul disegno di legge di conversione del decreto-legge che reca, nel testo approvato dal Senato e confermato dalle Commissioni della Camera, Pag. 17disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra stampa e televisione, di «abrogazione» delle disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo.
Si critica l'eccessivo numero di decreti-legge e la loro eterogeneità, così come si giudica eccessivo il ricorso alla questione di fiducia che il Governo ha posto in considerazione dei tempi ristretti di scadenza del decreto-legge, ma come al solito l'opposizione dimentica di ricordare come questo fenomeno abbia riguardato sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo anche il Governo Prodi e che l'unica alternativa alla decretazione d'urgenza e alla questione di fiducia può essere realizzata solo attraverso un'adeguata modifica dei Regolamenti parlamentari che dia finalmente attuazione all'articolo 72 secondo comma della Costituzione, cioè che realizzi finalmente quella corsia preferenziale che già faceva parte trent'anni fa del decalogo istituzionale del Governo Spadolini, l'unica strada oltretutto per riuscire a rivitalizzare davvero il ruolo del Parlamento, facendolo divenire il luogo decisionale di una moderna democrazia governante.
Non è nostra responsabilità se dopo aver presentato all'inizio della legislatura una proposta di modifica del Regolamento a firma Cicchitto e Bocchino la Giunta per il Regolamento non ha dedicato ad essa, così come alla proposta presentata dal Partito Democratico, neppure una sola riunione, neppure per consentirne l'illustrazione e verificarne in concreto i margini di convergenza, che probabilmente all'inizio della legislatura potevano essere non del tutto inconsistenti. Ricordo che nella proposta del Partito Democratico era contenuto anche il divieto di costituire gruppi, anche con più di venti deputati, corrispondenti a partiti che non si sono presentati con il proprio simbolo alle elezioni. Chissà, forse questa è una delle ragioni per cui la Giunta per il Regolamento non ne ha mai discusso.
Ma torniamo al decreto-legge ed ai suoi contenuti: si eccepisce la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza ma di tutta evidenza era necessario e urgente intervenire in favore della cultura, a salvaguardia di Pompei, per prorogare il divieto di incroci fra settore della stampa e settore della televisione, per rispondere positivamente alla richiesta del referendum sul nucleare dopo il gravissimo incidente accaduto in Giappone, per consentire la migliore funzionalità degli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo e per migliorare l'operatività della Cassa depositi e prestiti.
Era stata posta al Governo l'esigenza non più procrastinabile di recuperare risorse per la cultura e i beni culturali, ed è quello che il Governo ha fatto con un significativo sforzo economico a favore del Fondo unico per lo spettacolo e per Pompei. È stata davvero singolare la critica rivolta anche all'articolo 2 del decreto-legge che riguarda appunto gli interventi per l'area archeologica di Pompei.
Si sottolineava con forza che occorreva intervenire d'urgenza, quando si criticava ingiustamente e ferocemente l'ex Ministro Bondi per i crolli di Pompei. Invece poi, nel momento in cui si sono approntati i mezzi finanziari ed operativi per mettere subito in sicurezza il polo archeologico di Pompei, si sono mosse critiche del tutto pretestuose. Ma vengo alla questione oggi più dibattuta, vale a dire la questione del referendum abrogativo delle norme relative alla realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia elettrica nucleare. Si continua a sostenere che l'intento del legislatore è quello di eludere il contenuto del referendum, ma così si mistifica la realtà. Il testo dell'articolo 5 del decreto-legge, così come modificato dal Senato, è infatti chiarissimo: tutte le disposizioni di cui il referendum chiede l'abrogazione sono espressamente, puramente e semplicemente abrogate, tutte abrogate, non c'è alcun rinvio, alcuna sospensione, ma solamente una abrogazione espressa, pura e semplice. L'ho già detto in quest'Aula, ma mi vedo costretto a ribadirlo con forza. Pag. 18Nella mia lunga esperienza politica, da radicale ed anche successivamente, sono stato promotore di molti referendum e nel 1978 fui proprio io a presentare il ricorso alla Corte costituzionale da cui è scaturito il riconoscimento del comitato promotore come potere dello Stato, abilitato a sollevare i conflitti di attribuzione nei confronti di altri poteri dello Stato. Quel ricorso, da cui è scaturita la sentenza n. 68 del 1978, in base alla quale non è sufficiente, come lo era in precedenza, una modifica qualsiasi delle norme sottoposte a referendum per bloccarne lo svolgimento. Ebbene, mai in passato, che io ricordi, ma dovrebbero ricordarlo anche i deputati della delegazione radicale, che spesso hanno patito l'elusione e l'aggiramento di quesiti referendari, anche dopo lo svolgimento del referendum - vedi quelli sulla responsabilità civile dei magistrati e sul finanziamento pubblico - un intervento legislativo riguardante l'oggetto di un referendum abrogativo ha accolto giuridicamente e in modo così puntuale e completo la richiesta referendaria. Quindi, non solo non vi è nulla di scandaloso e non vi è alcuno scippo, ma vi è anzi il fatto positivo che il Governo risponde pienamente e positivamente alla richiesta abrogativa oggetto del referendum. Non ci sono secondi fini, c'è una ragione vera: è accaduto un incidente gravissimo come quello del Giappone, che ha colpito l'intelligenza e i sentimenti profondi di tutte le persone. È quindi corretto che un Governo prenda atto di una situazione che riguarda la sicurezza del nucleare e cambi radicalmente il suo programma. L'accusa rivolta al Governo e alla maggioranza di volere eludere, prima attraverso il decreto-legge, poi attraverso la fiducia, il quesito referendario è pertanto del tutto priva di fondamento, anzi direi surreale. Non solo da parte di Italia dei Valori e di Sinistra ecologia e libertà, ma anche del Partito Democratico, evidentemente sempre più egemonizzato da queste componenti politiche del centrosinistra, si è montata una campagna mediatica priva di fondamento, una campagna demagogica e strumentale di disinformazione nei confronti di milioni di cittadini. I promotori del referendum dovrebbero essere soddisfatti per aver ottenuto un indubbio successo e invece mettono in atto una sorta di processo alle intenzioni. Si eccepisce che il comma 8 dell'articolo 5 stabilisce che, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il Consiglio dei ministri adotta la strategia energetica nazionale, ma tale strategia riguarda l'insieme complessivo della politica energetica nazionale e il comma in questione non implica affatto una riapertura dell'opzione nucleare. Tale riapertura, per essere eventualmente attuata, avrà bisogno di nuove norme legislative, di una nuova legge. O si vuole sostenere che il Paese deve rimanere senza alcun nuovo Piano energetico nazionale? Stesso discorso vale per il comma 1 dell'articolo 5, che si riferisce all'esigenza di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza nucleare mediante il supporto della relativa agenzia, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea. Ma cosa si vuole sostenere: che l'Italia non debba acquisire ulteriori evidenze scientifiche? Che non si debba occupare di sicurezza nucleare e delle decisioni che saranno assunte dall'Unione europea, avendo oltretutto a pochi chilometri dalle proprie frontiere numerose centrali nucleari degli altri Paesi europei? L'opposizione fa riferimento alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio circa il carattere non definitivo per il futuro avvenire dell'abbinamento dell'opzione nucleare, ma questo è un concetto ovvio, in quanto non si può chiudere per sempre la porta a questo tipo di tecnologia. Sarebbe del tutto irrazionale, dato che tutti i Paesi industrializzati, compreso il Giappone, continuano ad utilizzare tale tecnologia. Quindi, non si può escludere che, quando e sé la tecnologia consentirà di sviluppare reattori nucleari effettivamente sicuri, si possa ridiscutere l'opzione nucleare per la produzione di energia elettrica. Pag. 19
Va comunque ribadito che in termini giuridici l'articolo 5 del decreto-legge preclude del tutto l'opzione nucleare. Nel nostro ordinamento il referendum, ex articolo 75 della Costituzione, è solo abrogativo di vigenti norme di legge. Non esiste il referendum sulle intenzioni future del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
In base alla Costituzione il referendum è uno strumento importante, uno strumento per ottenere l'abrogazione di norme di legge in vigore. Se la stessa identica abrogazione è ottenuta per via parlamentare, dov'è lo scandalo? È mai possibile che l'accoglimento di una richiesta sia considerato uno scippo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)?
Ma i deputati del Popolo della Libertà voteranno convintamente a favore della questione di fiducia anche per l'essenziale ragione che non esiste alcuna alternativa all'attuale maggioranza di Governo, all'alleanza fra il Popolo della Libertà, la Lega e il gruppo dei parlamentari di Iniziativa Responsabile, che si sono opposti a divenire non la terza gamba del centrodestra, ma la quarta del centrosinistra, che si sono opposti a quella manovra di palazzo con la quale si voleva dar vita ad un Governo assembleare, ribaltando l'esito delle elezioni politiche, che si sono opposti e si oppongono a far precipitare il Paese in una crisi che avrebbe potuto e potrebbe essere esiziale per la tenuta dei conti pubblici e per il Paese, a maggior ragione a fronte di un centrosinistra sempre più egemonizzato dalle sue componenti più massimaliste e giustizialiste, come dimostrano in modo inequivocabile i risultati delle elezioni amministrative.
Non vi è alcuna premessa per uno schieramento politico alternativo, perché a sinistra prevale una deriva estremista che rende impossibile alleanze con il cosiddetto Terzo Polo. Altro che Partito Democratico come partito di Governo, transitoriamente all'opposizione, come ha detto l'onorevole Bersani! Si tratta di una rivendicazione contraddetta dai risultati elettorali complessivi, specialmente al sud, e soprattutto dal fatto che i candidati che il suo partito è impegnato a sostenere a Milano e a Napoli sono candidati che con il riformismo e la cultura di Governo hanno assai poco a che fare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà, per due minuti.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, non voterò la fiducia posta dal Governo su questo provvedimento, il cui passo indietro sul nucleare costituisce, a ben vedere, l'ennesimo tentativo di boicottare l'istituto referendario. Nessun processo alle intenzioni, collega Calderisi, di fronte alle parole che Berlusconi ha usato nell'incontro e nel vertice con Sarkozy, con lui prima e più che nei confronti degli italiani, quando lo ha rassicurato dicendo che, se fossimo andati al referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile in Italia per anni. Chiaritevi le idee innanzitutto al vostro interno!
Voglio però dire che non è certo peculiarità esclusiva di questo Governo cercare di negare ai cittadini il diritto ad espressioni democratiche, se penso ai vari espedienti che sono stati escogitati per evitare i referendum o ai tradimenti degli esiti referendari da parte del Parlamento. Voglio anche dire che, nell'assenza di un grande dibattito pubblico sulle questioni energetiche, dibattito che costantemente continuate a negare, non è neanche possibile riuscire a definire una seria strategia energetica nazionale.
Il fatto è che su tutte le grandi questioni, anche quelle cosiddette etiche, ma anch'esse al 100 per cento questioni sociali, il popolo è sempre stato dalla nostra parte, cioè dalla parte delle riforme liberali e democratiche, che, invece, il potere politico, impotente, ha sempre temuto, e quindi osteggiato, e continuate a farlo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 20

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, a 19 giorni dal voto referendario - qui mi rivolgo all'onorevole Calderisi - non credo che esistano motivi di necessità e urgenza per strappare letteralmente dalle mani degli italiani la scheda referendaria.
Su altre ragioni possono esservi, non certo su questo. È chiaramente strumentale quanto si sta facendo in questo momento. D'altra parte, non è la prima volta - non è il genio del male del Governo Berlusconi - che gli italiani sono privati dell'esercizio di uno strumento costituzionale.
In sessant'anni è accaduto molte volte, con il concorso della Corte costituzionale. Questa scheda referendaria è stata stracciata decine di volte.
In questi giorni, dal 20 aprile scorso, Marco Pannella sta conducendo uno sciopero della fame perché l'Italia provi a tornare ad essere una democrazia. Per questo ci stiamo battendo con gli strumenti della non violenza.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, la prego di concludere.

RITA BERNARDINI. Riteniamo che quanto è stato fatto agli italiani, togliendo loro un diritto fondamentale, sia di estrema gravità (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Turco, se lei vuole intervenire a titolo personale le ricordo che per la componente che lei rappresenta del gruppo Partito Democratico sono già intervenute due colleghe.
Comunque, ne ha facoltà per un minuto.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, non faremo l'errore di considerare i componenti della maggioranza come i nuovi barbari che sono contro il rispetto del diritto, della democrazia e della legalità. Sono semplicemente gli ultimi a fare ciò.
Per anni, come è già stato ricordato, anche con il contributo della Corte costituzionale, i cittadini non hanno potuto usufruire della seconda scheda elettorale, quella referendaria. Per ben cinque volte il Parlamento ha preferito le elezioni anticipate al voto referendario!
Oggi non si recepisce il quesito referendario, ma si rinvia la decisione perché, come ben sa l'onorevole Calderisi, con il voto referendario, per cinque anni, non avreste potuto riprendere in mano il provvedimento in oggetto, cosa che potreste fare il giorno dopo!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 4307) .

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indìco la votazione, per appello nominale, sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di membri del Governo e di deputati appartenenti ai vari gruppi che ne hanno fatta motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio)

La chiama avrà inizio dall'onorevole Zacchera.
Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama)

Pag. 21

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 15,15)

(Segue la chiama - Dalle tribune riservate alle autorità vengono esposti dei drappi recanti le scritte: «Ferma il nucleare!» e «vota sì» - Applausi di deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Invito i commessi a togliere i cartelli! I commessi per cortesia! (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente).
(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4307: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti 606
Votanti 604
Astenuti 2
Maggioranza 303
Hanno risposto 313
Hanno risposto no291

(La Camera approva).

Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto sì:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Angelucci Antonio
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca Giorgio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Berlusconi Silvio
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bonino Guido
Boniver Margherita
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brambilla Michela Vittoria
Brancher Aldo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Calearo Ciman Massimo
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi Pag. 22
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Cavallotto Davide
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Centemero Elena
Ceroni Remigio
Cesario Bruno
Cesaro Luigi
Chiappori Giacomo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Consiglio Nunziante
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Costa Enrico
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
D'Anna Vincenzo
De Angelis Marcello
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Desiderati Marco
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Di Virgilio Domenico
Di Vizia Gian Carlo
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Antonino
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gianni Giuseppe
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Grassano Maurizio
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Grimoldi Paolo
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Isidori Eraldo
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo Pag. 23
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lussana Carolina
Maggioni Marco
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Marmo Roberto
Maroni Roberto
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Martino Antonio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Misiti Aurelio Salvatore
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moles Giuseppe
Molgora Daniele
Molteni Laura
Molteni Nicola
Montagnoli Alessandro
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Orsini Andrea
Pagano Alessandro
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (IR)
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Pionati Francesco
Pirovano Ettore
Pisacane Michele
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Porfidia Americo
Prestigiacomo Stefania
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Razzi Antonio
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romani Paolo
Romano Francesco Saverio
Romele Giuseppe
Rondini Marco
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco Pag. 24
Russo Paolo
Ruvolo Giuseppe
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Sammarco Gianfranco
Santelli Jole
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scandroglio Michele
Scapagnini Umberto
Scelli Maurizio
Scilipoti Domenico
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Soglia Gerardo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Stucchi Giacomo
Taddei Vincenzo
Terranova Giacomo
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Traversa Michele
Tremonti Giulio
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco

Hanno risposto no:

Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni Battista
Barbaro Claudio
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocchino Italo
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bongiorno Giulia
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Briguglio Carmelo
Bucchino Gino
Buonfiglio Antonio
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carra Enzo
Carra Marco
Casini Pier Ferdinando
Castagnetti Pierluigi Pag. 25
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cesa Lorenzo
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Commercio Roberto Mario Sergio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Consolo Giuseppe
Conte Giorgio
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
Delfino Teresio
Della Vedova Benedetto
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Biagio Aldo
Di Giuseppe Anita
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
Di Pietro Antonio
Di Stanislao Augusto
Donadi Massimo
Duilio Lino
Esposito Stefano
Evangelisti Fabio
Fadda Paolo
Farina Gianni
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fassino Piero
Favia David
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Formisano Anna Teresa
Franceschini Dario
Froner Laura
Galletti Gian Luca
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Giulietti Giuseppe
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Granata Benedetto Fabio
Grassi Gero
Graziano Stefano
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lolli Giovanni
Lo Monte Carmelo
Lo Moro Doris
Lo Presti Antonino
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro Pag. 26
Marantelli Daniele
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mecacci Matteo
Melandri Giovanna
Melis Guido
Menia Roberto
Mereu Antonio
Merlo Giorgio
Merloni Maria Paola
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Mogherini Rebesani Federica
Monai Carlo
Morassut Roberto
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Muro Luigi
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Napoli Angela
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Orlando Leoluca
Paglia Gianfranco
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (PD)
Perina Flavia
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Pizzetti Luciano
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcino Gaetano
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Proietti Cosimi Francesco
Quartiani Erminio Angelo
Raisi Enzo
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Ronchi Andrea
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossomando Anna
Rota Ivan
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scalia Giuseppe
Scanderebech Deodato
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno Pag. 27
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Tocci Walter
Toto Daniele
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tremaglia Mirko
Tullo Mario
Turco Livia
Turco Maurizio
Urso Adolfo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vernetti Gianni
Vico Ludovico
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Volontè Luca
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zazzera Pierfelice
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Si sono astenuti:

Brugger Siegfried
Zeller Karl

Sono in missione:

Cossiga Giuseppe
Lombardo Angelo Salvatore
Melchiorre Daniela
Miccichè Gianfranco

PRESIDENTE. Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
Prima di passare all'esame degli ordini del giorno sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle 17.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 17.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4307)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 4307).
Avverto che l'ordine del giorno Borghesi n. 9/4307/183 è stato sottoscritto dall'onorevole Mura e che l'ordine del giorno Giachetti n. 9/4307/104 è stato sottoscritto dall'onorevole Tullo.
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, in quanto estranei rispetto al contenuto del provvedimento in esame, i seguenti ordini del giorno: Mura n. 9/4307/193, volto a tutelare il diritto di ciascun cittadino ad essere informato del contenuto dei quesiti referendari e dare al contempo la possibilità ai comitati promotori dei referendum e alle forze politiche di far conoscere le loro posizioni sui singoli quesiti; Germanà n. 9/4307/216, volto a prevedere l'arresto temporaneo dell'attività di pesca per le imbarcazioni a strascico.
L'onorevole Realacci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/153.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, in questo ordine del giorno si invita il Governo a valutare l'opportunità di rendere pubbliche tutte le clausole del Protocollo sul nucleare firmato da Italia e Francia nel 2009.
Su vari organi di stampa sono apparse indiscrezioni in merito alle penali che l'Italia sarebbe chiamata a pagare nel caso non venissero ottemperati gli impegni presi sulla ripresa del nucleare. Riteniamo un atto di trasparenza nei confronti dei cittadini rendere note tutte queste clausole, anche come invito al Governo a non prendere in giro i cittadini italiani. Pag. 28
Sappiamo bene che l'obbiettivo dell'articolo 5 di questo provvedimento è impedire che i cittadini italiani possano pronunciarsi in materia nucleare. Ho apprezzato la competenza con cui il collega Calderisi ne ha difeso la coerenza, dal punto di vista referendario, sostenendo che anzi l'articolo 5 è una specie di omaggio alla volontà dei referendari, eliminando tutte le norme sottoposte al referendum.
Per far questo l'onorevole Calderisi ha dovuto, però, rimuovere le parole del Presidente del Consiglio che, invece, ha detto che sostanzialmente è un imbroglio e che eliminare il referendum oggi serve a far ripartire prima il nucleare domani.
Il tema dell'ordine del giorno da me presentato è affrontare non solo la questione della sicurezza, che francamente parla oggi da sé. Vorrei dire, per alleggerire un po' il clima, che il Forum Nucleare Italiano - quell'organismo che è stato costituito per propagandare il nucleare in Italia e che ha condotto una ricchissima campagna, poi sanzionata come pubblicità scorretta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato - aveva organizzato un convegno dal titolo retorico «È possibile una nuova Chernobyl?», che doveva concludersi ovviamente con una risposta negativa. Il convegno è stato annullato dopo la tragedia nucleare di Fukushima.
Ma il tema di questo ordine del giorno è rendere trasparenti i costi del nucleare. Noi, come Partito Democratico, siamo stati contrari a questa scelta prima di Fukushima anche per questo motivo. Il nucleare, se si tiene conto di tutti i costi, non è affatto un'energia conveniente, come si è spesso propagandato. Del resto, lo stesso Ministro Tremonti ha scoperto, dopo l'incidente giapponese, che esiste una cosa vera, ossia il «debito atomico» come lo ha chiamato lui, che è persona intelligente e suggestiva. Mi riferisco al fatto che i Paesi che hanno costruito centrali nucleari sono chiamati poi a rispondere fino alla fine del ciclo nucleare e, quindi, a mettere in campo ingenti risorse per lo smantellamento delle centrali e per la gestione delle scorie. Il Ministro ha detto che l'Italia è avvantaggiata perché non ha questo debito atomico. Ma, allora, perché si è voluta caricare l'Italia anche di questo debito atomico?
Sappiamo che oggi, in tutta l'Europa occidentale, sono in costruzione due soli impianti: uno Francia e uno in Finlandia, entrambi con tecnologia francese, la stessa che dovremmo adoperare noi. L'impianto finlandese di Olkiluoto doveva essere terminato nel 2009 e adesso si dice che sarà terminato nel 2013, con costi raddoppiati.
Quindi, l'invito al Governo è: permettiamo agli italiani di confrontarsi su questo tema liberamente e di scegliere.
Ma se proprio volete eliminare il referendum - e noi speriamo che la Cassazione vi dica di no - non imbrogliamo gli italiani. Dite un «no» chiaro, non prendiamo in giro i cittadini e rendiamo trasparenti tutti gli accordi presi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibili, sempre ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, in quanto estraneo al contenuto del provvedimento in esame, l'ordine del giorno Tullo n. 9/4307/223, che impegna il Governo a sospendere l'attuazione del piano relativo alla chiusura di alcuni siti produttivi di Fincantieri.
L'onorevole Meta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/3.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, abbiamo presentato un ordine del giorno a prima firma del sottoscritto per sollecitare il Governo a ripensare una norma contenuta nel decreto-legge al nostro esame con la quale, nella sostanza, si saccheggia la banda 174-230 Mhz ovvero quella riservata, nel passaggio dall'analogico al digitale terrestre, alle imprese radiofoniche. Il Governo, nella sostanza, oltre a saccheggiare e a comprimere i diritti delle emittenze locali e regionali televisive, di nuovo elargendo benefici alle imprese più grandi, sia pubbliche che private, quelle del Presidente del Consiglio, con questo provvedimento invade le frequenze Pag. 29della banda 174-230 che erano state riservate agli operatori radiofonici.
Noi non siamo assolutamente d'accordo, perché rischiamo davvero di compromettere definitivamente la ricchezza di questo mondo radiofonico, che è una ricchezza di contenuti e di pluralismo politico. Pertanto, invitiamo il Governo a riflettere. So che il nuovo Ministro dello sviluppo economico ha predisposto una gara per assegnare le frequenze in eccedenza ai grandi operatori televisivi. Da quel bando verranno fuori anche i 2,4 miliardi di risorse che potevano essere destinate diversamente, ma il responsabile dell'economia ne fa un utilizzo diverso e distorto.
Quindi, per quanto concerne questa questione che riguarda lo switch-off, rivolgo la preghiera di non sottovalutare i diritti degli operatori radiofonici e, una volta tanto, di togliersi dalla testa queste ossessioni radiotelevisive. Le grandi reti hanno avuto e avranno nel passaggio al digitale terrestre. Per quanto concerne il resto, non vorremmo che quelle frequenze poi venissero utilizzate per compensare le reti televisive locali e regionali. Quelle frequenze vanno affidate alla radio. Infatti, lo switch-off, secondo le vecchie leggi, ma anche secondo le recenti indicazioni dell'Agcom, deve riguardare entro il 2012 anche le imprese radiotelevisive.
Quindi, invitiamo il rappresentante del Governo a riferire al Ministro Romani di essere aperto rispetto a questo ordine del giorno che, come Partito Democratico, chiediamo di accogliere. Chiediamo di accoglierlo anche per rendere un po' più lineare questo tortuoso percorso verso il passaggio al digitale. Le cose che si sono verificate in due grandi regioni (Lombardia e Piemonte) la dicono lunga su come si sta procedendo e con quanta superficialità. Non aggiungiamo altri danni. Benissimo per quanto concerne il lavoro in progressione per rispettare le scadenze e le date, ma non dimenticate i diritti degli operatori radiofonici che sono una ricchezza culturale e dell'informazione libera di questo Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/22.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, con questo ordine del giorno poniamo un problema abbastanza semplice. Infatti, come il sottosegretario sa, l'articolo 5 del provvedimento in discussione cancella dall'ordinamento una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008-2011.
In base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale dovrà essere adottata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. In realtà, onorevole sottosegretario, l'articolo 7 del decreto legge n. 112 del 2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, aveva già attribuito al Governo il compito di definire una Strategia energetica nazionale. Tale strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto.
Inoltre, con la legge n. 99 del 2009 il Governo si era impegnato a redigere un piano straordinario per l'efficienza energetica entro il 31 dicembre 2009. Ma di questo, come il sottosegretario sa, non vi è neanche traccia e, anzi, sono stati progressivamente indeboliti alcuni strumenti fiscali. In particolare, voglio citare la cosiddetta detraibilità del 55 per cento per gli interventi di efficientamento degli edifici, ma anche sulle fonti rinnovabili ci costa dire che siamo in presenza di un'improvvisazione che ha prodotto l'articolo 45 del decreto-legge n. 78 del 2010, che vanifica i certificati verdi. Più recentemente, ricordo il decreto legislativo n. 28 del 2011 che, di fatto, è illegittimamente intervenuto in modo retroattivo.
Continuerei con il citare anche lo schema di decreto legislativo del «terzo pacchetto energia» che non recepisce pienamente la direttiva comunitaria optando, invece, per il meccanismo di separazione funzionale più debole - come sottolineato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas Pag. 30e dall'Antitrust - in luogo della separazione proprietaria di cui al terzo pacchetto.
Detto ciò, chiediamo al Governo - e ad ella, sottosegretario, presente in Aula - di procedere, a partire dalla Strategia energetica nazionale, su una linea di sviluppo delle fonti rinnovabili, delle fonti termiche ed elettriche, valorizzando le tecnologie che consentono maggiori ricadute sul tessuto produttivo industriale italiano, collegando la diffusione delle fonti rinnovabili con lo sviluppo delle reti, sia in senso quantitativo sia in senso qualitativo, attraverso le cosiddette smart grid, per evitare ricadute troppo pesanti sulle bollette elettriche delle famiglie e delle imprese.
Noi vogliamo credere che questo ordine del giorno sarà accettato dal Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Sanga ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/23.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, con questo ordine del giorno vogliamo attirare l'attenzione su un aspetto della questione energetica, questione che nel suo complesso grava fortemente sui bilanci delle nostre imprese e delle nostre famiglie. Sappiamo che le nostre imprese pagano in media il 30-35 per cento in più l'energia necessaria per l'espletamento della loro attività e questo pesa in modo rilevante sui bilanci aziendali, ma anche sulla competitività del nostro sistema economico.
In particolare, con questo ordine del giorno vogliamo riportare l'attenzione sull'importanza della mobilità elettrica. Pertanto, chiediamo al Governo un forte sostegno per la sua promozione e per la sua affermazione.
Signor Presidente, signor sottosegretario, sono stati compiuti grandi progressi tecnologici che permettono ora di guardare alla mobilità che non produce emissioni di anidride carbonica, cioè le cosiddette emissioni zero. L'automobile elettrica è, ad oggi, l'unica tecnologia che permette il raggiungimento di questo obiettivo in tempi relativamente brevi. Per raggiungere l'obiettivo delle emissioni zero è necessario investire in modo rilevante sulle fonti rinnovabili, per alimentare le batterie delle automobili elettriche. Il tema, quindi, delle infrastrutture di ricarica è fondamentale in questa direzione. Si pensi che l'87 per cento dei tragitti quotidiani in Europa corrisponde a meno di 60 chilometri e attualmente le auto elettriche con una ricarica possono raggiungere 150, 200 chilometri di autonomia.
I veicoli elettrici a batteria sono in grado di garantire risparmi energetici e riduzioni delle emissioni di polveri sottili nell'ambiente anche superiori al 50 per cento. Per l'Italia anche la sola sostituzione con veicoli elettrici del 10 per cento dell'attuale parco circolante, che è circa di 43 milioni di autoveicoli, porterebbe anzitutto ad un abbattimento annuo di quasi 8 milioni di tonnellate di anidride carbonica, ma anche ad un significativo miglioramento della qualità dell'aria nelle aree metropolitane, all'interno delle quali questi veicoli sarebbero prevalentemente impiegati, e ad una riduzione annua di quasi 5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio nell'importazione di idrocarburi, pari a circa il 10 per cento delle importazioni annue.
L'affermazione dell'utilizzo dell'auto elettrica richiede lo sviluppo di infrastrutture per la ricarica dei veicoli e soprattutto la relativa standardizzazione dei sistemi di alimentazione. Oltre alla rete di rifornimento occorre poi prevedere per i primi anni un forte incentivo all'acquisto per spingere la domanda in questa direzione.
Noi riteniamo che oggi siamo vicini ad un passo decisamente significativo di cambiamento in questa direzione, ma sono necessarie alcune importanti misure: anzitutto la realizzazione e l'esclusivo utilizzo di impianti fotovoltaici per il rifornimento dei veicoli elettrici, poi lo sviluppo di stazioni, colonnine e strutture di ricarica o scambio delle batterie diffuse sul territorio e, in particolare, sulla rete autostradale e l'acquisto di flotte pubbli Pag. 31che e di autobus elettrici e, infine, la realizzazione di parcheggi di colonnine di rifornimento.
C'è un'azione significativa che riteniamo debbano svolgere anche le amministrazioni locali: in particolare con un loro provvedimento potrebbero consentire la circolazione dei veicoli ad esclusiva alimentazione elettrica nelle aree a traffico limitato ed escludere quindi questi veicoli dai blocchi anche temporanei della circolazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Lulli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/26.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno si chiede al Governo di utilizzare uno strumento, già nella facoltà del Ministro dell'economia e delle finanze, che potrebbe consentire di alleviare i costi che devono affrontare i cittadini, le imprese, gli artigiani, gli operai e coloro che si muovono per lavoro e che sono costretti a pagare la benzina e il carburante a prezzi sempre più elevati.
Si tratta di una norma introdotta dal Governo Prodi: è sufficiente un semplice decreto ministeriale per farlo, il costo per lo Stato non c'è, perché si annulla l'accisa con l'IVA. Sarebbe, peraltro, un segnale minimo di aiuto, un'iniezione di fiducia per le famiglie e le imprese e servirebbe in qualche modo a combattere i processi inflattivi perché - come sappiamo bene - il prezzo del carburante spinge in avanti tutti gli altri prezzi e i costi con cui anche le imprese, oltre alle famiglie, hanno a che fare.
Non si capisce perché il Governo e, in particolare, il Ministro dell'economia e delle finanze si ostinino a non utilizzare questo strumento. D'altra parte nel primo quadrimestre del 2011 - come riportato nell'ordine del giorno - lo Stato ha incassato oltre 300 milioni di euro in più di IVA proprio per l'aumento del prezzo della benzina. Mi domando perché non si voglia utilizzare questo strumento.
Ho letto proprio stamattina le dichiarazioni del Ministro Tremonti che, contestando sia i dati ISTAT che la relazione su questo punto della Corte dei conti, afferma che non è vero che in Italia la povertà è aumentata, non è vero che uno su quattro si può considerare sulla soglia della povertà, e si lascia andare ad affermazioni quali negli ultimi dieci anni la ricchezza in Italia è aumentata. Può darsi che per qualcuno sia aumentata, anzi sicuramente per qualcuno è aumentata, però vorrei ricordare che sono aumentate anche le differenze di reddito e che «fette» crescenti di ceto medio produttivo sono andate verso la soglia di un impoverimento.
Naturalmente questo intervento sulle accise non può essere risolutivo di tutti questi problemi, in realtà ci vorrebbero provvedimenti più seri, che scommettano sulla crescita, che incidano anche con riforme a costo zero come le liberalizzazioni. Peraltro la legge annuale sulle liberalizzazioni per la concorrenza non si sa che fine abbia fatto e d'altra parte il Ministro dello sviluppo economico è un non Ministro, visto e considerato ormai che questo Ministero è un Ministero del tutto fantasma, con un Ministro che si occupa di tutt'altro che di ciò che riguarda il mondo delle imprese e dell'economia.
La beffa in questo decreto è che si aumentano le accise per una ragione certamente nobile, a favore dal mondo della cultura - tutti abbiamo negli occhi e nelle orecchie l'intervento del maestro Riccardo Muti in quest'Aula in occasione della celebrazione del 150o anniversario dell'Unità d'Italia -, ma era necessario aumentare le accise? Si poteva recuperare con il meccanismo che avevamo introdotto noi come Governo Prodi, Governo del centrosinistra? Non lo si è voluto fare, perché non c'è attenzione alle condizioni vere degli italiani e delle famiglie e perché, anche se si afferma il contrario, si continua a mettere le mani nelle tasche degli italiani prendendoli pure in giro, dicendo che la ricchezza è aumentata.
È un Governo che fallisce, un Governo che ci tira giù e io, anche se ho poche speranze che questo ordine del giorno venga accolto, spero in un ripensamento del Governo e soprattutto del Ministro Pag. 32Tremonti, e un atto di buona volontà, anche se non cambia il giudizio sul Governo, sarebbe ben accetto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Giulietti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/9.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, mi rivolgo al Governo: questo è un ordine del giorno che serve a voi, per far finta di salvarvi la coscienza, che è già qualcosa, per salvare la coscienza di chi si appresta a votare un provvedimento che è un inno al conflitto di interessi, una sorta di caricatura di una società dichiarata e accertata da tutte le autorità europee.
Signor sottosegretario, voi avete vinto fino ad oggi grazie al conflitto di interessi, ma adesso è un cappio che vi impedisce qualsiasi elemento di innovazione politica a cominciare da quello che è contenuto in questo provvedimento. Facciamo un esempio: come si fa ad abrogare in questo modo un quesito referendario? Per usare le parole gentili del candidato sindaco Moratti, chiamiamolo un furto di legalità, solo che questo è un furto con prova e non con assoluzione. Questo è un broglio politico e mediatico come ha ben descritto l'onorevole Realacci, che si fonda sulla logica di uno scippo permanente e di un oscuramento successivo, affinché neanche si sappia. Come ha ben detto l'onorevole Lulli - lo dirà anche l'onorevole De Biasi immagino ed altri - come si fa a scaricare il giusto reintegro del fondo per la cultura voluto da decine di associazioni italiane, dalle forze politiche di opposizione e non solo, sulla benzina? Sa perché sulla benzina? Perché quando è stata proposta una modestissima tassa di scopo sui grandi gruppi telefonici e televisivi si è detto a mezza bocca che c'è di mezzo il Presidente del Consiglio, non ci potete chiedere di considerarlo uguale agli altri imprenditori!
Ecco dove sta il dramma, il principio di disuguaglianza e l'offesa che viene fatta al metodo e anche agli altri competitori.
L'ordine del giorno è un punto delicatissimo. Lo ha detto l'onorevole Meta con parole chiarissime. Ma è mai possibile questa oscenità, dove tentate di sopprimere i quesiti, dove fate l'operazione sulla benzina, su cui la Lega ci ha già fatto una «testa tanta» per anni (la parola accise è risuonata con urla sovrumane qui dentro). Voi introducete persino un provvedimento per togliere le frequenze alla piccola e media impresa del settore televisivo e radiofonico con un meccanismo di redistribuzione al duopolio - cioè sempre allo stesso - finale. Ma vi pare presentabile? Ma non c'è un moto - ora non vorrei usare parole ridicole - di fastidio della coscienza in chiunque, persino in chi le ha viste tutte? Non ascoltate neanche quelle associazioni di piccole e medie imprese che avete talvolta portato ad esempio e che vi mandano a dire: fermatevi! Noi siamo sotto osservazione europea per il duopolio chiuso, per un mercato inquinato, per un'antitrust che non c'è. L'ordine del giorno che è stato qui presentato da molti di noi vi serve ad impedire la procedura di infrazione, a perdere altri soldi pubblici, a non fare un'altra figuraccia, perché poi si va in Europa e ovviamente sbattono le porte. Che cosa devono fare, quando ci si presenta con questi foglietti di carta? Ma si può mettere in un provvedimento simile un regalo di questa natura? Qualcosa di cui non so come non si provi vergogna, ma da destra, non da sinistra, da destra; è un'alterazione permanente del mercato. Dunque, questo è un ordine del giorno che dice solo, almeno sulla radiofonia: salvaguardate gli interessi degli editori, salvaguardate un mercato a più voci, impedite l'introduzione di un imbroglio, impedite qualcosa che vi sarà cassato altrove. Non so quello che farete, ma questo è un classico esempio di un ordine del giorno che dovreste accogliere in tutta fretta dicendo: speriamo che ci possa servire in qualche sede internazionale per far finta di essere ancora presentabili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/34.

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SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, il rapporto annuale ISTAT presentato ieri fornisce conferme allarmanti sullo stato del nostro sistema produttivo, sui drammatici effetti sociali di un'economia vulnerabile, che non riesce ad uscire dalla crisi. Crollano il potere d'acquisto delle famiglie e la loro propensione al risparmio, un italiano su quattro è a rischio povertà, siamo ai vertici della classifica europea per la percentuale di chi ha smesso di cercare lavoro perché dubita di poterlo provare. Nel 2010 la produzione industriale è cresciuta del 6,4 per cento, recuperando solo in parte il calo registrato nel 2009, che era stato del meno 19 per cento, contro il meno 9 per cento della Francia e il meno 5 per cento della Germania. La quota dell'Italia sulle importazioni manifatturiere nel commercio mondiale si attesta al 4 per cento, contro l'11 per cento della Germania, la spesa complessiva per ricerca e sviluppo delle imprese rimane bassa, con una distanza dall'obiettivo della Strategia Europa 2020 di circa il 60 per cento. Come pensa il Governo di risollevare la situazione? Con le riforme liberali propagandate senza soluzione di continuità dal 1994 fino all'altro ieri? Non sembrerebbe proprio. Ormai quelle riforme non vengono più nemmeno annunciate. Accanto ad interventi diretti a manipolare il mercato nei settori di interesse del Presidente del Consiglio, come ha detto un attimo fa l'onorevole Giulietti, sembra si vada affermando una seconda linea di politica economica, il colbertismo tremontiano di cui l'articolo 7 del decreto-legge pare espressione. Il colbertismo tremontiano si sta via via traducendo nella pretesa di governare l'economia non solo stabilendo le regole del mercato e promuovendo il contesto nel quale si svolge la libera attività delle imprese, ma anche selezionando i giocatori, formando le squadre e stabilendo chi deve vincere. Questa è appunto la filosofia che, ammantata di spirito patriottico, ispira l'articolo 7 del decreto-legge. Esso prevede che la Cassa depositi e prestiti possa acquisire partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, strategiche per il settore in cui operano, i livelli occupazionali e l'entità del fatturato, ovvero per le ricadute sul sistema economico e produttivo. Per fortuna, grazie all'impegno dei parlamentari del Partito Democratico in Senato, è stato almeno specificato che le aziende in questione devono trovarsi in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e devono essere caratterizzate da adeguate prospettive reddituali. Una formulazione, quella finale del testo, che tuttavia lascia una ampia discrezionalità al Ministro, il quale deciderebbe quali società siano da considerare di interesse nazionale e possano dunque essere acquisite dalla Cassa depositi e prestiti.
Lo farebbe mediante l'emanazione di decreti non regolamentari, evitando così ogni controllo preventivo e parere parlamentare. Insomma, il Governo, da un lato, chiede un rafforzamento dei principi di libertà economica con modifiche agli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione, dall'altro, vorrebbe utilizzare i soldi degli ignari risparmiatori postali per controllare direttamente pezzi del sistema industriale.
Tutto questo in base ad una giustificazione molto discutibile, e cioè che dovremmo difenderci dagli investimenti esteri. Ha proprio senso? Possiamo permettercelo? Il Rapporto «Italia Multinazionale» del 2010 dell'Istituto nazionale per il commercio estero rivela che nel 2009 lo stock di investimenti diretti esteri in entrata sul PIL, pari per il nostro Paese al 18,6 per cento, era significativamente inferiore a quello medio mondiale (30 per cento) a quello dell'insieme dei Paesi sviluppati (31,5 per cento), a quello dell'Unione europea (45,5 per cento), nonché a quello dei nostri principali competitori europei.
La percentuale degli investimenti diretti esteri rispetto al PIL al 2009 era del 51,7 per cento nel Regno Unito, del 45,9 in Spagna, del 42,8 in Francia e del 21 per cento in Germania, e secondo il rapporto ICE ciò riflette la bassa competitività, e dunque attrattività internazionale, dell'Italia. Pag. 34
Occorre, dunque, una visione e una programmazione di medio termine, di medio periodo, più investimenti diretti esteri, regole certe per le infrastrutture delle grandi reti, uno stimolo ai nostri imprenditori perché prendano il coraggio a due mani e investano in innovazione, perché provino ad entrare in nuovi mercati. Invece, una sequela di casi, nei quali è stata evocata la difesa dell'italianità, hanno dimostrato quale prosa si sposi con quella poetica.
Lo si è visto quando ABN AMRO voleva investire sulla Banca Antonveneta e si mobilitò la Banca d'Italia con il governatore Fazio e, al seguito, Gianpiero Fiorani; quando la statunitense AT&T provò ad acquisire Telecom; quando la spagnola Abertis osò fare lo stesso con Autostrade; da ultimo, quando Air France-Klm ha cercato di rilevare Alitalia, con una soluzione che ha messo a carico del contribuente il risanamento di questa società e a carico dei viaggiatori i costi della ridotta concorrenza sulle tratte nazionali.
Il decreto-legge vorrebbe porre ora una barriera, che si è già dimostrata inefficace, contro Lactalis. Ma ha senso perseverare? Dovremmo, semmai, chiederci perché i nostri capitalisti investono così poco e siamo in grado di attrarre così pochi investimenti. Naturalmente abbiamo bisogno di una politica industriale, ma a quali condizioni la Cassa depositi e prestiti può esserne uno strumento?
L'ordine del giorno afferma che - dà questa indicazione al Governo - ha senso per lo Stato investire sulle infrastrutture energetiche, che si faccia carico, ad esempio attraverso la Cassa depositi e prestiti, di assumere il controllo di una società proprietaria di infrastrutture energetiche nazionali e transnazionali, che operi, per esempio, per scorporare SNAM rete gas da ENI, in modo da garantire la vera concorrenza tra i diversi operatori, cioè che acquisisca la proprietà di imprese quando questo serve ad aumentare l'efficienza del mercato e la concorrenza, non quando serve a mortificarlo o a interferire indebitamente con il mercato; quando può servire per dare credibilità a progetti industriali che abbiano effettivamente un valore strategico per il Paese, che siano capaci di generare ricchezza con le proprie gambe e, quindi, di remunerare anche i capitali pubblici investiti.
Con questo ordine del giorno si chiede, insomma, che il Governo non usi questo decreto-legge come una finestra attraverso cui far passare un ritorno al capitalismo di Stato, di cui non abbiamo alcun bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto l'associazione della terza età Anteas di Taranto, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
L'onorevole De Biasi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/48.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, innanzitutto mi corre l'obbligo di dare qualche risposta, che è contenuta, peraltro, nelle richieste di questo ordine del giorno, ad alcune affermazioni che ho sentito nel dibattito generale e che sono un po' preoccupanti, perché non vi è dubbio che vi è stato un ripristino del Fondo unico dello spettacolo e non vi è dubbio che il Governo abbia messo mano ad una situazione ormai insostenibile.
Va detto, però, con altrettanta chiarezza, che questa è una goccia nell'oceano, perché Sarkozy - lo ripeto ancora una volta - che non è certamente un pericoloso estremista di sinistra, non è comunista e non è neanche islamico - così, per stare sui toni della campagna elettorale della mia città -, solo per l'Agenzia del cinema ha stanziato 750 milioni di euro.
È quanto sarebbe necessario al Fondo unico per lo spettacolo per avere, semplicemente, l'indicizzazione dal 1985, anno di promulgazione della legge sul Fondo stesso. Quindi, il fatto che il Governo, rispetto ai tagli terribili degli ultimi anni - ricordo che questi ultimi hanno raggiunto il culmine quest'anno con un totale di circa il 40 per cento, più precisamente del 36,6 per cento -, arrivi a pareggiare i conti Pag. 35è fatto di cui essere lieti, naturalmente, ma rispetto al quale non manifestare poi tutto l'entusiasmo che ho avvertito da componenti della maggioranza.
In secondo luogo, visto che si è fatto riferimento a Pompei, colgo l'occasione anche per dire che 80 milioni di euro per Pompei sono davvero ben poca cosa. Certamente questa cifra consentirà, almeno, di cominciare i lavori, ma in quale contesto? È bene che lo sappiamo. In un contesto che vede una separazione, direi, tra l'altro, delicata, delle competenze e un affidamento delle stesse a soggetti che non le hanno. Penso, ad esempio, ai lavoratori della società ALES Spa. Inoltre, penso alla possibilità di derogare alle norme urbanistiche nel perimetro al di fuori dell'area archeologica, con qualche rischio non indifferente. Non vi è proprio nulla di cui gioire.
Il Governo ha svolto una piccola parte del suo dovere che, però, non è bilanciata da una diversa concezione dell'intervento sulla cultura e sullo spettacolo; si comprende che la somma erogata è concepita come una sorta di sussidio. Non vi è un investimento sul sistema dello spettacolo, prova ne è che la legge di sistema sullo spettacolo dal vivo - oggi questo provvedimento serve inevitabilmente per far sì che questi finanziamenti non si perdano solo nella spesa corrente, ma diventino un elemento virtuoso insieme alla collaborazione e agli interventi dei privati di cui parliamo in un altro ordine del giorno - continua a non essere finanziata, malgrado sia una delle poche leggi bipartisan di riforma del sistema, votata all'unanimità dalla Commissione cultura. È vero che è stata approvata una copertura finanziaria, ma la copertura finanziaria sulla benzina fa il paio con il tentativo che è stato fatto, e per fortuna poi eliminato, di fare pagare agli utenti il costo della cultura attraverso, voglio ricordarlo, l'aumento di un euro del biglietto del cinema, fortunatamente cancellato dal provvedimento successivo. La stessa cosa succede con la benzina.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,35)

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Perché dobbiamo contrapporre ciò che è un investimento con un elemento che riguarda la vita non soltanto dei cittadini e delle famiglie, ma, insisto su questo punto, soprattutto delle imprese? Non vi è alcuna deroga per quel che riguarda le piccole imprese di commercio. Questo è un altro elemento gravissimo. Lo si fa per gli autotrasportatori, ma non per le piccole imprese. Quindi, in realtà, è un odioso balzello che, per di più, ricade, a sua volta, sul sistema produttivo.
Credo quindi che il Governo dovrebbe fare un passo avanti e decidersi, finalmente, a finanziare la legge sullo spettacolo se non vogliamo, ripeto, che il Fondo unico per lo spettacolo sia un finanziamento che, per quanto possiamo definire cautelare e non sottoporlo ai tagli, rischia di diventare una cifra che non serve a sancire che il mondo dello spettacolo è un sistema, molto particolare, d'impresa. Di impresa culturale, ma pur sempre di impresa e che, di conseguenza, produce. Che cosa produce?

PRESIDENTE. Onorevole De Biasi, la prego di concludere.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Concludo, signor Presidente.
Si tratta di un'impresa che produce non soltanto il bello, l'arte, che pure sarebbe un elemento molto importante assieme alla produzione del pensiero, ma anche un indotto. Consente a centinaia di migliaia di persone di questo Paese di lavorare e di concorrere alla crescita economica del Paese.
È per questo che con l'ordine del giorno in esame chiediamo tre cose: l'attuazione del sostegno al settore dello spettacolo come elemento produttivo, il finanziamento della legge sullo spettacolo dal vivo voluta unanimemente dalla Commissione cultura e l'individuazione di nuove e diverse modalità di copertura. Pag. 36
La cultura è importante e la guerra fra poveri in questo Paese mi pare, come potete vedere in questi giorni, non abbia portato ad alcun risultato positivo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Levi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/49.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, pochi minuti fa l'onorevole Lulli ha ricordato a tutti noi l'intervento del maestro Muti il giorno 21 del mese di marzo in cui si festeggiava qui, in quest'Aula, il 150o anniversario dell'Unità d'Italia. Ricordiamo le note dell'inno nazionale suonate in modo rapinoso dall'orchestra dell'Opera di Roma sotto la bacchetta del maestro Muti, ma ricordiamo anche le parole che egli rivolse all'Aula, invocando il sostegno convinto di tutto il Paese e di tutta la comunità nazionale alla cultura, intesa come ricchezza della «Patria», parola che quel giorno fu a proposito usata. Ebbene con questo mio intervento e con il mio ordine del giorno io vorrei invitare il Governo e tutti coloro che hanno responsabilità sulla materia a far sì che quegli impegni, quelle affermazioni e quell'eco suscitati dalle parole del maestro Muti non cadono nel vuoto.
Vorrei invitare in modo particolare il Governo ad essere coerente con se stesso. L'onorevole Di Biasi che è intervenuta prima di me - e in qualche modo il mio intervento completa, come l'altra faccia della medaglia, il suo - interveniva in quest'Aula circa un anno fa, quando si discuteva allora, come il sottosegretario e il Presidente ricorderanno, di fondazioni lirico-sinfoniche. In occasione della discussione degli ordini del giorno proprio l'onorevole De Biasi presentò un ordine del giorno che impegnava il Governo ad intervenire con misure che aiutassero i privati a fare la loro parte nel sostegno della cultura, sotto forma sostanzialmente di interventi in campo fiscale. Quell'ordine del giorno fu approvato dal Governo. Sono trascorsi più o meno 12 mesi (quasi esattamente in questi giorni), ma non c'è stato seguito concreto a quell'impegno e a quell'ordine del giorno approvato.
Ora vorrei evitare che si ripetesse quella brutta espressione che fa dire che «un ordine del giorno non si nega a nessuno, perché tanto, poi, non impegna nessuno». Vorrei che il Governo oggi riprendesse l'impegno che assunse allora a sostegno dell'intervento dei privati nella cultura, perché voi stessi, maggioranza e Governo, ci raccontate e ci illustrate con dovizia di particolari e di impegno, giorno dopo giorno, quanto anche la mano privata debba intervenire nel campo della cultura e quanto non si possa attendere solo dalla mano pubblica il sostegno alla cultura.
Sappiamo però bene che, se non vi sono le condizioni perché ciò avvenga, la mano privata, soprattutto in momenti di difficoltà economiche come questo, è inevitabilmente meno aperta e meno generosa. I numeri stanno qui per dirlo: le sponsorizzazioni di parte privata nel 2010 sono scese quasi del 10 per cento, attestandosi a quasi un miliardo e mezzo, di cui poco meno di 200 milioni (180 milioni per l'esattezza) sono andati alla cultura, ma in questo caso il taglio è stato ancora maggiore, perché è risultato addirittura di un terzo; le fondazioni bancarie, che sono il maggiore finanziatore del mondo della cultura, hanno offerto oltre 400 milioni (408 milioni), ma questo a sua volta rappresenta un taglio del 20 per cento. E sì che per le fondazioni bancarie la cultura è quasi un terzo delle erogazioni complessive!

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Levi.

RICARDO FRANCO LEVI. Pertanto, rispettare l'impegno, che voi stessi avete preso, di consentire ai privati di far tutto ciò che è in loro possesso, rappresenta non solo una dovuta dimostrazione di coerenza, ma anche un buon investimento, che mi auguro davvero il Governo voglia fare, approvando non solo questo ordine del giorno, ma facendo poi seguire, alle Pag. 37parole e all'impegno contenuto in questo ordine del giorno, finalmente dei fatti concreti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Coscia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/50.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di impegnarsi affinché, con successivi provvedimenti, si possa affrontare seriamente il tema della compartecipazione, sia di competenze, ma, ovviamente, anche di risorse, tra lo Stato e le regioni. Purtroppo di questo tema nel provvedimento in esame non c'è traccia, come non c'è traccia nei provvedimenti che hanno riguardato e riguardano il federalismo fiscale. Tutto questo nonostante l'articolo 117 della Costituzione stabilisca come la materia della cultura e, in modo particolare, la promozione e l'organizzazione di attività culturali, tra cui lo spettacolo, sia materia concorrente, tant'è che la Corte costituzionale ha stabilito, con varie sentenze, che, per la ripartizione del Fondo unico per lo spettacolo, occorre un'intesa con la Conferenza unificata. Anche la recente sentenza n. 153 della Corte costituzionale dell'aprile di quest'anno, pur ribadendo le competenze dello Stato in materia di fondazioni liriche, tuttavia ridefinisce di nuovo e rimette all'attenzione il tema, appunto, del principio della compartecipazione di competenze tra lo Stato e le regioni.
Sarebbe, quindi, stato probabilmente questo il provvedimento opportuno dove affrontare tale questione, tenuto conto che, appunto, con il presente provvedimento, si avvia un tentativo di inversione di tendenza e - come ricordava poco fa la collega De Biasi - di un parziale ripristino dei fondi per la cultura (si tratta di 236 milioni), parziale, però, perché, in realtà, ci troviamo di fronte ad un taglio, nei tre anni precedenti di questo Governo, di circa 600 milioni di euro. Sarebbe stato opportuno, dunque, in questo provvedimento affrontare il suddetto tema anche per evidenziare tutta l'attività molto importante che nei territori si realizza con iniziative di valorizzazione di identità e di crescita. La cultura, infatti, come ricordava la collega De Biasi, non è solo, come è importante che sia, coltivare la mente e coltivare il bello, ma la cultura promuove anche crescita e sviluppo e, in un Paese come il nostro che detiene la gran parte del patrimonio artistico e culturale di tutto il mondo, non c'è dubbio che la cultura è una leva per lo sviluppo. Pensiamo anche alla promozione del turismo e di tanto altro ancora. E, allora, per questo, ancora una volta è importante che ci sia l'impegno di tutte le istituzioni in modo sereno, con il principio della collaborazione tra istituzioni. Ecco perché noi riproponiamo, quindi, con questo ordine del giorno, tale questione; ci auguriamo che sia approvato e che questo tema sia oggetto del prossimo provvedimento utile che mi auguro, come la collega De Biasi e gli altri interventi, sia quello sullo spettacolo dal vivo che, finalmente, può costituire quel provvedimento di sistema di cui ha bisogno la cultura nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzarella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/56.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, l'ordine del giorno che presentiamo e che illustro riguarda un fatto che, in questo contesto, ha una sua peculiarità. In realtà, sembra poca cosa la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti ed istituzioni culturali rispetto a quello di cui sicuramente ci sarebbe bisogno. Metterebbe, per parvità di materia, quasi conto di non intervenire su un tema del genere, però, invece, diventa molto importante intervenire per la destinazione di questi spiccioli, perché di ciò si tratta.
Infatti, l'impegno che il Governo si assume nel provvedimento in esame, accogliendo l'ordine del giorno che è stato avanzato in sede di prima lettura al Senato, è quello di assegnare 7 milioni «prioritariamente a quegli enti e istituti Pag. 38che attuano ricerca nell'ambito delle specificità linguistiche, culturali e storico-geografiche territoriali e regionali». Questa previsione in realtà contrasta con la previsione dell'articolo 2 del disegno di legge del Ministro Biondi: «Disposizioni in materia di attività cinematografiche ed istituzioni culturali» che, in applicazione del citato articolo 7, comma 24, del decreto-legge n. 78 del 2010, dispone in effetti nuove modalità di contribuzione statale a sostegno delle istituzioni culturali di rilievo nazionale - questo è il punto - in grado di rappresentare gli indirizzi e la storia della cultura italiana. Noi chiediamo al Governo di impegnarsi a rispettare l'indirizzo di Bondi, perché se ciò non accadrà, emergerà ancora una volta il segno ideologico della previsione di spesa del provvedimento in approvazione, che è un segno ideologico divisivo, a «trazione leghista», che continua nella perversa secessione materiale del Paese non solo nelle strategie territoriali socio-economiche di più ampio quadro e respiro, ma anche in quelle settoriali, cioè le strategie che riguardano il settore dei beni culturali e persino ideologiche.
Vorrei ricordare che il 14 dicembre scorso, in sede di fiducia, sono sbucati dal cappello del Ministro Tremonti 750 milioni per il parco dello Stelvio e qualcosa di ciò connesso nel Trentino Alto Adige, mentre si lasciavano e persino si negavano spiccioli a Pompei, che crollava, e per i beni culturali, che hanno il solo difetto di essere in gran parte in Italia - non per colpa certamente delle regioni che li ospitano - fuori dal lombardo veneto e dall'arco alpino e delle Prealpi.
Credo oggi di poter dire che nella decisione, amara certo per lui sul piano personale, del Ministro Biondi di dimettersi da Ministro dei beni culturali abbia anche pesato questo fatto, cioè il fatto che il Governo l'abbia per anni mandato a fare il Ministro dei beni culturali senza avere in cassa praticamente nulla; poi inopinatamente, mentre erano in discussione proprio anche le sue dimissioni, per l'astensione di due eccellenti colleghi altoatesini, uscivano fuori 750 milioni.
Ora ancora una volta, qui vediamo una strategia di spesa del Governo di questo tipo, perché, per quanto pochi siano questi euro e per quanto scarse siano queste previsioni di spesa, dovrebbero andare ad istituzioni culturali di rilievo nazionale: servirebbero a ristabilire almeno un dignitoso marketing culturale del Paese, legato alla sua italianità e non a specificità regionali. Possibile che il Governo non si renda conto che la trazione leghista del Paese sta crollando nelle urne? Almeno non la tenga viva nelle sue previsioni di spesa: almeno questo sia risparmiato al Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Tullo ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Giachetti n. 9/4307/104, di cui è cofirmatario.

MARIO TULLO. Signor Presidente, nel condividere e sperare che il Governo approvi l'ordine del giorno presentato a prima firma dal collega Giachetti, in cui riconosciamo un lavoro e un'attenzione per Pompei, seppur tardiva, vogliamo un'attenzione anche verso altre aree di interesse archeologico, a partire dal santuario del Gianicolo. Mi interessa però tornare su un ordine del giorno - che avevo presentato e che è motivo di cronaca in queste ore: è stato anche occasione di un intervento del collega Vico - riguardante la crisi della cantieristica e della Fincantieri.
Mi rendo conto anche delle forzature che ho fatto con la presentazione di questo ordine del giorno, ma, del resto, quando assistiamo a ciò - da quando, cioè, avete iniziato a governare - mi riesce difficile dirlo, provarci. In altri termini, presentate dei «decreti omnibus» in cui si parla di tutto: in questo si parla del nucleare e si arriva al sistema sanitario dell'Abruzzo, passando per la cultura e i musei.
Quindi, anche io, preso dal tentativo di cogliere la disperazione delle famiglie di quei 2.500 lavoratori che sono stati dichiarati in esubero da Fincantieri - rispetto ad un piano che non rilancia il sistema della cantieristica nel nostro Paese, ma che, invece, lo ridimensiona Pag. 39fortemente, prevedendo, in particolar modo, la chiusura di due cantieri - ho cercato di presentare un ordine del giorno nello stile omnibus. Pensavo ad una maggiore attenzione e sensibilità.
Del resto, con il nostro ordine del giorno non si chiedevano cose particolari, ma, prima di tutto, rispetto del Parlamento. Penso che il sottosegretario sappia che, il 25 gennaio, la Commissione attività produttive della Camera ha approvato all'unanimità una risoluzione in cui si chiedeva al Governo di fare come altri Paesi hanno fatto in momenti in cui la cantieristica è colpita da una grave crisi: penso alla Germania, alla Spagna e alla Francia in particolar modo.
Si chiedeva, cioè, di sostenere l'attività di Fincantieri, che è un'azienda partecipata al 100 per cento dal Tesoro, da Fintecna, con una serie di commesse pubbliche, e collegarci all'Europa e alla comunità europea per trovare sgravi fiscali ed aiuti nel rinnovamento della flotta. Si chiedeva di predisporre delle politiche di sostegno in un momento di emergenza, per poi arrivare al rilancio della cantieristica. Lunedì, Fincantieri ha presentato un piano che, invece, ridimensiona fortemente l'attività di cantieristica e prevede la chiusura dei citati cantieri.
Noi chiedevamo il rispetto della risoluzione approvata. Non sarà possibile votare l'ordine del giorno in oggetto, ma continueremo questa battaglia, sperando, prima di tutto, che il Governo non voglia umiliare la volontà del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole De Torre ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/61.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, l'ordine del giorno in oggetto è un po' provocatorio e intende dire al Governo che questa politica della coperta tirata da una parte e dall'altra, lasciando sempre scoperto il finanziamento con riferimento ad una parte delle realtà culturali, non può essere una politica con cui si costruisce la cultura nel nostro Paese.
Non è solamente una questione di soldi, come è stato detto e ridetto nella presentazione del rapporto di Federcultura: è anche una questione di identità, di consapevolezza del nostro patrimonio culturale, di cura che ne dobbiamo avere. La non cura con cui il Governo taglia e prende i soldi da una parte per metterli dall'altra, questo senso di non consapevolezza del grande patrimonio che abbiamo si riproduce anche in tutti coloro che vi devono lavorare.
Qui si chiede provocatoriamente che, nel prossimo provvedimento, si trovino dei soldi per le manifestazioni culturali delle Marche. Ovviamente, ciò dovrebbe essere chiesto non solo per le Marche, ma per tutto il Paese, ma facciamo l'esempio di questa regione bellissima dove d'estate il mare si confonde con i girasoli, d'inverno con la neve e in primavera con il verde dei prati.
Ebbene, questa regione sta attraversando un momento particolarmente delicato del suo sviluppo: migliaia e migliaia di persone stanno perdendo il posto di lavoro, eppure è una regione ricchissima. Ha 75 teatri storici, siti bellissimi e paesi meravigliosi da visitare, ma non ha ancora uno sviluppo turistico ed una capacità di sfruttare tutto questo patrimonio come si vorrebbe.
È una regione che cerca di fare la sua parte. Quest'anno è stato aumentato il budget della cultura, esattamente, da 7 a 12 milioni di euro, ma fatica moltissimo, perché tutti questi tagli del Governo, a catena, provocano un impegno ancora minore da parte dei privati e, quindi, non riesce a fare fronte alla situazione e a dare un colpo d'ala allo sviluppo turistico e culturale come si dovrebbe.
Pertanto, con questo ordine del giorno, vogliamo dire di fare attenzione, perché tutta la ricchezza che vi è all'interno delle nostre regioni va curata.
Non si possono fare questi strappi e non dare certezze in termini di risorse, anche sotto il profilo dell'«accompagnamento» competente di un Governo per tutto quello che può avvenire all'interno di ciascuna regione, in modo che il patrimonio Pag. 40culturale, artistico, archeologico, dei teatri e dello spettacolo dal vivo, del Rossini Opera Festival, del Festival internazionale del teatro per ragazzi di Sant'Elpidio, dei bronzi dorati di Gerace, di tutte le bellezze che questa regione, ad esempio, ha, venga reso fruibile e appetibile, diventando un volano di sviluppo per quella regione, come per tante altre regioni del Paese. Lo ripeto: tirare la coperta, con strappi, da una parte e dall'altra, fare finta di finanziare delle cose perché si tolgono dall'altra parte, non serve; non serve per lo sviluppo che la cultura italiana necessita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Carella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/72.

RENZO CARELLA. Signor Presidente, il provvedimento in esame dispone, all'articolo 1, comma 1, lettera c), la spesa di 7 milioni di euro a favore di enti ed istituzioni culturali. Al fine della suddetta autorizzazione di spesa risultano decurtati i finanziamenti a favore dei comitati nazionali di cui alla legge n. 420 del 1o dicembre 1997, che individuano le celebrazioni e le manifestazioni culturali di particolare rilevanza, nonché le edizioni nazionali da realizzare nell'intero territorio nazionale.
Noi chiediamo un impegno al Governo a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive al fine di assicurare l'organizzazione di celebrazioni e manifestazioni culturali nella regione Lazio e nella città di Roma.
Qui mi pare che altri colleghi abbiano fatto considerazioni che vanno nella stessa direzione. Purtroppo, assistiamo ormai da anni ad una politica di questo Governo tutta indirizzata al taglio di spese nei confronti della cultura, della scuola, della ricerca e dell'innovazione. Tutto ciò sottovalutando come i settori della cultura e delle manifestazioni e la valorizzazione del nostro patrimonio, possono rappresentare per il nostro Paese, per la nostra città, per la nostra regione, parlando di Roma e del Lazio, un volano straordinario per la ripresa economica. Qui ci sono istituzioni culturali conosciute nel mondo che oggi attraversano una crisi strutturale per mancanza di finanziamenti e di sostegno; istituzioni culturali che possono aiutare la ripresa, non solo della città di Roma e della regione Lazio, ma dell'intero Paese. Parlo del Teatro dell'Opera, dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, dell'Auditorium Parco della Musica, delle Terme di Caracalla che, negli anni Settanta e negli anni Ottanta, erano conosciute nel mondo perché lì venivano rappresentate manifestazioni culturali in luoghi suggestivi come le Terme; non c'era pacchetto turistico che non comprendesse questo appuntamento. A Roma milioni di turisti venivano, anche, per assistere a queste straordinarie manifestazioni. Oggi nel mondo ci sono milioni di persone che hanno interesse, hanno la curiosità di venire a Roma, nel Lazio, in Italia, non solo per conoscere le straordinarie bellezze di questo Paese ma anche per assistere ad eventi culturali che nel passato hanno dato lustro al nostro Paese. Oggi abbiamo un Governo che mortifica queste potenzialità, che mortifica queste possibilità; non lo possiamo accettare. Anche in questo provvedimento c'è una «coerenza sbagliata» da parte di questo Governo e soprattutto del superministro all'economia e alle finanze Tremonti che lo ha affermato quando ha detto che con la cultura non si mangia. No, con la cultura non solo si soddisfano bisogni essenziali dell'uomo, ma soprattutto per il nostro Paese questi diventano momenti di occasione di sviluppo. Con la cultura possiamo ritrovare una nuova possibilità di sviluppo, possiamo far conoscere e valorizzare il nostro patrimonio. Noi vogliamo che, anche attraverso questo provvedimento, in cui purtroppo si parla di tutto, dal nucleare alla gente in crisi, dalla cultura alle manifestazioni culturali, esca fuori una tendenza che cambi strada, che cambi direzione.
Si parla, infatti, di mancanza di possibilità e di risorse che non vi sono, ma occorrerebbero pochi milioni a sostegno di queste attività per avere dei ritorni straordinari, Pag. 41che possono rimettere in cammino intere regioni, intere città, intere attività e un settore come quello turistico, al di là dei proclami del Ministro Brambilla, quando vorrebbe creare nuovi distretti turistici e vorrebbe mortificare attività che, nel corso degli anni, hanno dimostrato di essere un volano straordinario della nostra economia, come le manifestazioni di Roma e nel Lazio, che sono state lustro per tutto il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Laganà Fortugno ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/81.

MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, con questo ordine del giorno vorrei portare la vostra attenzione sull'area della Calabria sud orientale, la Locride, e in particolare sul sito archeologico di Locri Epizefiri. Fra le grandi polis greche della Calabria il sito di Locri Epizefiri è forse quello maggiormente noto, noto per le numerose notizie storiche trasmesse dalle fonti letterarie antiche e per le testimonianze archeologiche di eccezionale risalto e completezza.
In questa sede mi piace ricordare a tutti noi, che ci occupiamo di attività legislativa, che l'antica Locride diede i natali ad una delle figure più apprezzate del tempo, Zaleuco, primo legislatore occidentale, il quale decise che le leggi dovevano essere scritte per non essere più sottoposte all'arbitrarietà delle parti, e scrisse così il primo codice europeo delle leggi scritte, che pare sia rimasto in vigore per oltre 200 anni.
La cura e la manutenzione di tali beni, però, oggi costano moltissima fatica. La difficile congiuntura economica nazionale, che nelle regioni del sud sta assumendo tratti drammatici, legata ad una situazione di precarietà economica locale sempre maggiore, ad un contesto ambientale fortemente carente di deficit infrastrutturale, l'illegalità e la dispersione del migliore capitale umano fanno sì che la Locride non riesca a valorizzare a pieno le potenzialità che detiene.
È noto a ciascuno di noi come l'esperienza culturale sia fattore di accrescimento umano e una delle risorse più importanti per contribuire al benessere sociale, così come è ormai indiscusso che il patrimonio culturale sia un settore trainante dell'economia, sia direttamente che in quanto fattore fondamentale dell'offerta turistica. Infatti, si pensi all'effetto prodotto nel mercato della ristorazione, degli albergatori e a tutto il sistema dell'accoglienza, con la conseguente ricaduta occupazionale.
Ogni intervento che riguardi il sistema archeologico-museale locrideo, sia esso di semplice manutenzione, di restauro o di valorizzazione, è un valore aggiunto, anche ai fini di una corretta fruizione, che tenga conto della sua unicità di testimonianza della cultura materiale del nostro territorio, nei confronti di un pubblico sempre più attento e consapevole delle grandi potenzialità.
Solo migliorando la conoscenza del proprio patrimonio culturale si può imparare ad amarlo, rispettarlo e valorizzarlo. Per questo, educare i cittadini alla conoscenza, al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio artistico - che è una ricchezza di tutti - significa, in qualche modo, prevenire la possibilità che esso venga trascurato.
Disporre di adeguati finanziamenti in grado di sostenere politiche mirate nel campo della valorizzazione delle aree archeologiche di Locri Epizefiri potrà non solo assolvere alla primaria funzione di tutela del sito archeologico, ma esso si porrà nel contempo quale polo culturale di aggregazione e attrazione turistica, che per il tema storico-archeologico trattato e il fascino del sito potrà assumere, se opportunamente valorizzato, importanza di livello nazionale.
Si tratta di un territorio che, di fatto, ogni giorno combatte contro la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, e la criminalità. Deve poter contare su risorse certe, che gli permettano di cogliere ogni occasione di crescita economica e sociale. Pag. 42È, quindi, questo che chiedo: assegnare le risorse di cui alle lettere b) e c), comma 1, dell'articolo 1, prioritariamente a favore di coloro che attuano ricerca e conservazione nell'ambito delle specificità storico-archeologico territoriali dell'area Locri Epizefiri.
È con questa convinzione che, sottosegretario, mi auguro che l'ordine del giorno da me presentato venga accolto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Argentin ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/101.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, sottosegretario, la voglia di illustrare questo ordine del giorno nasce dal fatto che effettivamente l'articolo 2, in molti suoi commi, tratta questioni importanti concernenti Pompei che riguardano un programma straordinario di gestione, di manutenzione e di prevenzione, con la possibilità di aumentare il personale e di incrementare al meglio tale area, dando ad essa delle risposte dignitose sia culturalmente che eticamente, nel rispetto della storia. Ciò ha un grande significato politico che va riconosciuto.
Come sappiamo, i soldi investiti non saranno sufficienti per tutto quanto ci venite a raccontare, però l'idea, e comunque la voglia, di cambiare un sistema culturalmente messo da parte fino ad oggi, a mio avviso, va riconosciuta.
Va riconosciuta, inoltre, l'importanza di valutare non soltanto la gestione di un'area culturale al fine dell'immagine del nostro Paese, ma proprio nel rispetto, come ho detto poc'anzi, della storia.
Quello che noi del Partito Democratico chiediamo al Governo è la possibilità di riconoscere nei primi atti, sia economici che finanziari che ci saranno, la possibilità di avere lo stesso tipo di atteggiamento e di attenzione verso l'area archeologica Necropoli di via Portuense a Roma. Credo che dobbiamo darci delle priorità, ma che queste ultime non possano essere rappresentate soltanto da un riconoscimento di immagine dovuto ai mass media o comunque a quello che più porta ad un Paese rispetto a un discorso di comunicazione.
Credo che ci siano delle zone del nostro Paese bellissime e importantissime che molte volte vengono sottovalutate. La via Portuense, con la sua necropoli, potrebbe essere per noi non una Pompei, ma anche qualcosa di più importante, se è possibile dirlo. Non voglio dire che la via Portuense sia migliore o peggiore di Pompei, ma credo sia necessario ricordarci anche di zone che non sono ottimizzate al meglio, come invece si dovrebbe.
Il turismo ha senz'altro un'importanza fondamentale nel nostro Paese, sia per quanto riguarda il lavoro, sia per quanto riguarda l'avvicinamento alla nostra cultura, però, è pur vero che, al di là del turismo, l'arte e la cultura non possono essere divise in zone dal Governo o comunque valorizzate solo in alcuni territori rispetto ad altri.
Mi permetto di dire con grande umiltà, ma con grande convinzione, che Roma, da quando è governata dal sindaco Alemanno, ha avuto una serie di situazioni dal punto di vista culturale che l'hanno penalizzata fortemente e questa è una cosa grave. Lo è non soltanto per la città di Roma, ma proprio per la politica, perché non si può dire che ci si occupa di più o di meno di un'area culturale se c'è un sindaco o un altro.
Credo che il principio di dare risposte sempre e comunque ai beni importanti di un Paese e di una città non possa essere messo a repentaglio da un partito o da un altro. Questo lo dico perché, ad esempio, l'ordine del giorno da me presentato nasce proprio dalla volontà di cambiare e di strutturare fortemente l'idea di una Roma che non sia soltanto il Colosseo o la Santa Sede.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ILEANA ARGENTIN. Con ciò non voglio dire che devono essere messi all'angolo (ovviamente vengono turisti da tutto il mondo per simili patrimoni), però perché non cominciare a pensare che in zone Pag. 43periferiche dell'Urbe ci sono monumenti e testimonianze architettoniche che debbono in qualche modo essere tutelate?
Per questo, chiediamo che al vostro primo atto economico e finanziario vengano messi gli stessi soldi o, comunque, venga utilizzata la stessa attenzione per quanto concerne Roma e la via Portuense (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Tocci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/110.

WALTER TOCCI. Signor Presidente, mi corre innanzitutto l'obbligo di rivolgere una critica circa il modo di lavorare di questa Assemblea: ancora una volta siamo costretti ad affrontare un importante dibattito nel quale è stata posta la questione di fiducia e affrontiamo questo dibattito in assenza del Governo, o meglio in assenza di esponenti delle forze politiche che hanno ricevuto il mandato di governare nelle elezioni del 2008. L'assenza di esponenti del centrodestra è una ennesima scorrettezza nel dibattito parlamentare, ma la voglio leggere anche come un auspicio e cioè che stiano pensando davvero di finirla qui e di tornare alle elezioni vista la inconsistenza e l'incapacità di governare il Paese.
Venendo al merito dell'ordine del giorno, noi proponiamo un intervento che si può così riassumere: fare di più per fare meglio per i beni culturali. L'ordine del giorno si aggancia all'articolo 2 che tratta, come noto, il caso di Pompei, prevedendo delle risorse finanziarie per affrontare la delicata situazione che si è venuta a creare dopo i crolli dei reperti archeologici di Pompei. Questo articolo, quindi, già smentisce tutta la tesi difensiva dell'ex Ministro Bondi che sosteneva che non vi era nessun problema finanziario. Evidentemente, invece, questi problemi c'erano, tanto è vero che oggi si interviene con decreto-legge.
L'articolo 2, come al solito, prevede una serie di interventi in deroga nell'assunzione del personale, negli affidamenti diretti, nelle regole degli appalti e, ancora una volta, in materia urbanistica. Ancora una volta, quindi, siamo in presenza di un approccio emergenziale, come se i beni culturali fossero una sciagura o una tegola che ci cade in testa e, invece, sono una grande fortuna di questo Paese, che dovremmo curare e tutelare.
Noi, quindi, dovremmo trovarci di fronte non ad interventi spot o a norme improvvisate, ma ad un programma organico di tutela e di valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Invece, siamo costretti ad esaminare caso per caso e allora - se questo è il modo di affrontare la questione - non ci rimane altro che anche noi proporre altri casi e altri esempi, giusto così per tenere bene a mente la complessità e la ricchezza del nostro patrimonio culturale.
Nell'ordine del giorno si cita a mo' di esempio il caso della Villa dei Volusii, che si trova alle porte di Roma all'altezza del casello autostradale di Fiano Romano. Si tratta di una villa romana di grande importanza edificata nel 50 a.C. da Quinto Volusio, che poi ha subito importanti trasformazioni fino al tardo impero. Si tratta di una testimonianza archeologica di grande rilevanza, perché da un lato ci restituisce la storia di una lussuosa abitazione di campagna e, allo stesso tempo, però anche di un complesso rurale molto importante che ci dice molte cose di come si svolgeva l'organizzazione dell'agricoltura. Quest'area archeologica è stata scoperta ed è tornata alla luce in seguito ai cantieri autostradali degli anni Sessanta.
L'autostrada è stata un po' la croce e la delizia di questo bene culturale, perché si deve a quei lavori la scoperta, ma poi quell'infrastruttura ne ha in qualche modo condizionato la funzione e anche la tutela ingabbiandola all'interno degli svincoli autostradali di Fiano Romano.

PRESIDENTE. Onorevole Tocci, la prego di concludere.

WALTER TOCCI. Ora poi la Società Autostrade ha elaborato un progetto molto importante per valorizzare e tutelare quell'area e soprattutto per ritrovare la continuità Pag. 44con l'area archeologica più vasta di Lucus Feroniae.
Fortunatamente questo progetto fu affrontato negli anni Novanta, quando era in carica un Governo molto più attento a questi argomenti. Pertanto, il progetto fu approvato nel 1998 e siamo qui a tornare a sollecitare il finanziamento e, comunque, la gestione di questo progetto con le stesse modalità che l'articolo 2 detta per il caso di Pompei.
Questo darebbe la possibilità - un'ultima battuta, signor Presidente - di avere alle porte di Roma un'importante area archeologica, che sarebbe un biglietto da visita per la città - e aggiungo anche per il Paese - nei confronti di tutti i turisti che arrivano a Roma. Sarebbe l'occasione per fermarsi, fare una sosta e, allo stesso tempo, avere già un impatto con questa grande ricchezza dei beni culturali che poi trova nella città eterna la massima rappresentazione. Sarebbe, quindi, un modo per dare, in un certo senso, una sorta di porta di ingresso alla città che anticipa, appunto, la ricchezza dei beni culturali della capitale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Tocci, dal rilievo che ha mosso prima poteva sembrare che non vi fosse il rappresentante del Governo che, invece, è legittimamente presente nella persona del sottosegretario Cesario.
Mi sono allarmato pensando che non vi fosse nessuno, ma era legittimamente presente il rappresentante del Governo, al di là di tutte le considerazioni politiche che non spetta assolutamente a me fare. Il Governo è presente così come deve essere.
L'onorevole Bratti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/152.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, ascoltando le dichiarazioni dell'onorevole Calderisi, riguardo al decreto-legge omnibus e in maniera particolare riguardo al tema del nucleare, ci si dovrebbe in teoria sentire un po' più rassicurati rispetto alle reali intenzioni della maggioranza e del Governo, nel senso che di fatto oggi ha più volte ripetuto che quel provvedimento significa, in concreto, l'abbandono dell'opzione nucleare da parte di questo Governo.
In realtà sappiamo, purtroppo, che non è così. Non siamo assolutamente sicuri che le intenzioni dell'onorevole Calderisi corrispondano poi alle intenzioni del Presidente del Consiglio e dei suoi ministri. Abbiamo assistito, purtroppo, subito dopo il disastro di Fukushima a dichiarazioni poco avvedute da parte dei ministri in carica. Da un lato, il Ministro Romani diceva «andremo avanti lo stesso»; dall'altro, il Ministro Prestigiacomo affermava che «non ci possiamo giocare le amministrative sui referendum». Dopo di che abbiamo sentito «il capo in testa» dichiarare, durante il vertice italo-francese, che non si poteva decidere sotto l'onda emotiva e che, quindi, il nucleare veniva al momento accantonato.
Di conseguenza, siamo molto preoccupati. Riteniamo e speriamo che la Cassazione decida in modo che si possa consentire agli italiani, il 12 e il 13 giugno, di esprimere la propria opinione in maniera definitiva sulla scelta di questo nucleare, perché oggi non possiamo discutere di quello che avverrà fra centinaia di anni. In realtà, abbiamo sempre espresso nel Partito Democratico forti riserve, come ricordava l'onorevole Realacci, ancora prima del disastro di Fukushima. La proposta del rientro al nucleare ci sembrava e ci è sembrata molto debole, anche perché fuori contesto rispetto a una pianificazione energetica che è sempre stata promessa - ricordo fin dai primi provvedimenti di questo Governo, nel 2008 - ma che in realtà non si è mai concretizzata.
Siamo arrivati all'assurdo che in questo provvedimento si cassa la proposta di piano energetico mai attuata del vecchio provvedimento Tremonti e si propone una nuova pianificazione energetica. In sostanza, dopo cinque anni, dopo una legislatura questo Governo non ci ha spiegato quali sono la strategia energetica e - mi permetto di dire - industriale che questo Governo pensa di attuare in questa legislatura. Pag. 45Non c'è stata, si è andati zigzagando, lavorando sotto le pressioni di lobby molto potenti fino ad arrivare a questa proposta del nucleare che si era concretizzata, a chiacchiere, nella costruzione forse di quattro centrali nucleari con tecnologia EPR, tecnologia che sappiamo avere seri problemi.
Le ragioni per cui non eravamo d'accordo sulla scelta del nucleare erano e sono tante, signor Presidente. In primo luogo, vi è il tema della scarsità del combustibile, dell'uranio.
Il secondo problema mai risolto è quello delle scorie. Ricordo l'unico deposito, il famoso deposito Yucca Mountain negli Stati Uniti, il cui progetto è stato dichiarato dallo stesso Presidente degli Stati Uniti definitivamente fallito nel 2009. Ricordo la pericolosità testimoniata purtroppo dalle gravi ripercussioni dell'incidente di Chernobyl: anche se c'è chi minimizza - vi sono stati all'incirca cinquantuno morti diretti e migliaia di morti successivamente - riteniamo che vi siano state conseguenze allarmanti, da tenere assolutamente in conto. Ricordo il tema dello smantellamento delle centrali, che per essere completato ha bisogno di quasi centomila anni, ossia di un periodo di tempo assolutamente fuori dalle nostre scale e il tema dei costi, richiamato prima dall'onorevole Realacci. In definitiva, a differenza del referendum del 1987, in cui ha vinto il «no» sotto l'onda emotiva del disastro di Chernobyl, quando sembrava che non ci fossero delle alternative percorribili, oggi queste alternative alla richiesta energetica nel nostro Paese e nel mondo occidentale non solo ci sono, ma afferiscono al tema delle energie rinnovabili, dell'efficienza energetica e delle nuove tecnologie sui fossili. Abbiamo quindi la possibilità di scegliere in maniera definitiva e precisa.

PRESIDENTE. Onorevole Bratti, la prego di concludere.

ALESSANDRO BRATTI. Quindi - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - con questo ordine del giorno chiediamo di fatto una posizione ancora più netta a questo Governo affinché abbandoni definitivamente l'opzione del nucleare e affinché si butti veramente in questa nuova avventura interessante, importante e sicuramente ricca di soddisfazioni, quale quella concernente l'energia rinnovabile e l'efficienza energetica.

PRESIDENTE. L'onorevole Lovelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/156.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, la coincidenza del dibattito parlamentare con alcune vicende di grande rilievo sociale riportate oggi dai giornali consente di fotografare la distanza tra l'azione di Governo e i problemi del Paese, una distanza che appare ormai incolmabile e che, del resto, viene evidenziata dall'affannoso tentativo di recupero che il Governo sta tentando in vista dei ballottaggi di domenica prossima. Mentre ad esempio con questo decreto-legge si esalta il ruolo che la Cassa depositi e prestiti dovrebbe assumere per partecipare ad operazioni societarie in imprese private di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività - così sta scritto - e per fare questo si apre alla possibilità di utilizzare risorse provenienti dalla raccolta postale, con possibili rischi per i risparmiatori, assistiamo ad operazioni preoccupanti che concernono gruppi industriali pubblici, come Fincantieri, che prevedono pesanti ricadute occupazionali: 2.551 esuberi su 8.200 dipendenti e la chiusura di cantieri a Castellammare di Stabbia (Napoli), a Sestri Ponente (Genova), oltre al ridimensionamento di Riva Trigoso (Genova), con le conseguenti ricadute negative sui territori interessati. Così come assistiamo al via libera del Ministro Romani alla privatizzazione di Tirrenia, con il rischio di passare da una situazione monopolistica pubblica per le rotte coperte da sovvenzioni statali ad un monopolio privato, che si affianca alla gestione del complesso dei collegamenti marittimi da e verso le isole, con la conseguenza, già verificatasi, di un aumento abnorme delle Pag. 46tariffe a danno degli utenti, soprattutto verso la Sardegna, dovuto ad un'intesa di cartello su cui l'Antitrust ha avviato un'indagine.
Ci sono poi le impietose analisi economico-sociali che l'ISTAT e la Corte dei Conti hanno consegnato alla nostra attenzione e che fotografano un Paese immobile, dove l'ascensore sociale funziona alla rovescia, dove la crescita è insoddisfatta, dove la perdita di lavoro colpisce soprattutto i giovani e le donne e dove un italiano su quattro è a rischio povertà.
Ecco dunque che la posizione della questione di fiducia ci impedisce un'azione emendativa adeguata e non ci consente né di contrastare il tentativo di scippo del referendum, che viene attuato con l'articolo aggiuntivo sul nucleare, né di porre rimedio alla decisione di mettere le mani nelle tasche dei cittadini, che il Governo attua con l'aumento delle accise sui carburanti.
Non è neanche motivo di conforto il fatto che il Governo accolga adesso quello che il Partito Democratico aveva chiesto chiaramente già durante l'esame del decreto-legge milleproroghe e che Autorità antitrust e Agcom avevano sollecitato, cioè l'estensione al 2012 del divieto di incroci proprietari tra televisione e quotidiani. Il fatto che il Governo avesse pensato allora ad una data antecedente alle elezioni amministrative e ai referendum la dice lunga sulla volontà vera della maggioranza che era quella di condizionare pesantemente, più di quanto non stia già avvenendo, il panorama informativo del Paese, così come è necessario che quanto previsto dall'articolo 4 per la razionalizzazione e lo spettro radioelettrico e per la transizione alla tecnica digitale avvenga senza penalizzare alcuna area del Paese - come purtroppo è già successo in buona parte del Piemonte per il digitale terrestre - e garantendo l'introito delle risorse finanziarie attese per lo Stato e senza alcuna discriminazione fra le diverse piattaforme diffusive e i relativi standard tecnici.
È quello che chiediamo con questo ordine del giorno a mia firma, con il quale sollecitiamo il Governo a favorire un rapido avvio e sviluppo delle diffusioni radiofoniche in tecnica digitale procedendo al sollecito rilascio dei diritti d'uso definitivi agli operatori di rete autorizzati alle condizioni previste dal regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Velo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/162.

SILVIA VELO. Signor Presidente, in questo decreto-legge si parla di alcune politiche fondamentali per il Paese: l'energia, la finanza, la cultura, l'industria, il pluralismo del sistema radiotelevisivo. Questo provvedimento però ci restituisce in maniera chiara e plastica quello che questo Governo intende per gestione della cosa pubblica e per interesse generale, e soprattutto rende ancora una volta evidente il macroscopico conflitto di interesse che sta alla base delle scelte più importanti che si stanno facendo. Ancora una volta si coglie l'occasione per privilegiare i soggetti più forti a scapito di quelli più deboli.
In particolare, mi riferisco all'articolo 4 del decreto in questione che proroga al 30 novembre 2011 il termine per stabilire il calendario definitivo del passaggio alle trasmissioni televisive in digitale terrestre. Questo articolo detta le nuove regole per l'assegnazione delle frequenze radiotelevisive e per l'espletamento della gara per il servizio di comunicazione elettronica mobile in banda larga. In base all'articolo suddetto, entro il 30 giugno 2012 il Ministro dello sviluppo economico dovrà provvedere all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive in base alla legge 13 dicembre 2010, n. 220.
Il problema è come verrà fatta questa assegnazione, a nostro avviso al contrario di come si dovrebbe. Ripeto, siamo in presenza del più grande conflitto di interessi che è impersonato dal Presidente del Consiglio e dalla sua più importante attività, quella radiotelevisiva, Mediaset. Il rischio che si corre con questo provvedimento e con le misure che si stanno Pag. 47portando avanti è che nella definizione degli spazi per la frequenza del digitale terrestre si vada, al fine di non intaccare il duopolio RAI-Mediaset e i loro spazi, verso il restringimento degli spazi a disposizione delle televisioni locali e poi successivamente per compensare queste ultime ci si vada a rivalere sugli spazi a disposizioni delle frequenze radiofoniche.
Si agisce quindi come una sorta di Robin Hood al contrario, si privilegiano i forti a danno dei più deboli, come ho detto il duopolio RAI-Mediaset a scapito di tv locali e radio.
Con la presentazione di questo ordine del giorno tentiamo di correggere ciò che non siamo riusciti a fare per via legislativa, perché con l'adozione di un decreto-legge e la posizione della questione di fiducia è stato impossibile discutere e porre all'attenzione dell'Assemblea questo tema così rilevante.
Con questo ordine del giorno proviamo a far riflettere il Governo, impegnandolo ad operare entro il 30 giugno 2012 all'assegnazione dei diritti d'uso relativi alle frequenze radiotelevisive, lasciando a disposizione del sistema radiofonico almeno un terzo delle frequenze disponibili.

PRESIDENTE. L'onorevole Ghizzoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/54.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, l'ordine del giorno a mia firma interviene su una disposizione prevista all'articolo 1, comma 1, lettera c) del provvedimento in parola. Si tratta di un'autorizzazione di spesa di 7 milioni in favore di enti e istituzioni culturali. Quindi, è una buona notizia, non siamo abituati in questo senso. Infatti, è il primo provvedimento che distribuisce risorse alla cultura e non le sottrae. Però, c'è un problema: la norma è così laconica da prestarsi ad interpretazioni incerte e, quindi, diventerà di difficile attuazione, perché non reca alcuna indicazione circa le modalità applicative. Signor Presidente, traduco: non si sa quali e quanti enti potranno beneficiare di questo finanziamento. Questa assenza di specifiche rappresenta un vulnus della norma che è stato segnalato anche dal Comitato per la legislazione che, sotto il profilo della corretta formulazione del testo, rileva che l'assenza delle modalità attuative genera incertezza sull'effettivo significato tecnico-normativo e sull'effettiva assegnazione dei fondi. Signor Presidente, c'è quindi un evidente problema che è stato segnalato durante la discussione in Commissione, che andava ovviamente risolto, intervenendo sul testo, modificandolo. Ma la decisione di blindare questo testo, di renderlo intangibile già durante la discussione in Commissione, che è stata poi preludio della questione di fiducia che è stata posta ieri, ha fatto sì che tutti i nostri emendamenti, che andavano nel senso di specificare la norma, siano stati respinti, non senza l'imbarazzo - lo voglio ricordare - della relatrice Carlucci, relatrice per la VII Commissione, che ha perfettamente compreso la debolezza del testo e la necessità di intervenire. Proviamo a farlo ora con un ordine del giorno, sapendo ovviamente che si tratta di un'arma assolutamente spuntata, che ci vorrebbe ben altro che un impegno del Governo. Lo sappiamo infatti tutti - io, lei, signor Presidente, e tutti gli altri colleghi - che di ordini del giorno non ottemperati sono pieni gli atti della Camera, ma vogliamo percorrere anche questa strada più per senso di responsabilità, per non lasciare nulla di intentato. Nel nostro ordine del giorno, pertanto, impegniamo il Governo a destinare le risorse previste, questi sette milioni, a quegli enti e istituzioni che sono stati particolarmente danneggiati nella loro attività dai tagli dei contributi statali, previsti in particolare da quel deleterio articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2010, la manovra estiva di qualche mese fa, che - forse lo ricorderete, ma lo ricordo io, perché credo sia importante - ha tagliato del 50 per cento i contributi statali ad enti e istituzioni. Per quanto riguarda l'ambito di intervento del Ministero per i beni culturali, questo ha significato una riduzione di 10 milioni di euro soprattutto a quegli enti, istituzioni, associazioni e fondazioni Pag. 48che sono previsti in due leggi in modo particolare: la legge n. 448 del 2001 - sto parlando di istituzioni quali il Fondo ambiente italiano, il Reggio-Parma festival, il Festival pucciniano, il Rossini Opera festival, l'Associazione Ferrara musica e tutti gli archivi privati che godevano di contributi per la loro riorganizzazione e reinventariazione. Poi vi è quel centinaio di istituzioni che godono dei benefici della legge n. 534 del 1996, che non riprendo e che sono state oggetto di molti miei interventi precedenti.
Ma possiamo dire che si tratta di istituzioni di carattere nazionale che rappresentano gli indirizzi culturali del nostro Paese. Ciononostante, pur essendo istituzioni prestigiose, non sono mai state risparmiate nel corso di questa legislatura...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MANUELA GHIZZONI. ...dagli attacchi perpetrati dal Governo in termini di riduzione dei contributi.
Pertanto, vi sono - e concludo - altri due impegni in questo ordine del giorno: il primo è quello dell'abrogazione dell'articolo 7, comma 24, del decreto-legge n. 78 del 2010, che prevede la riduzione del 50 per cento di questi contributi, che di fatto annullano l'effetto della norma in parola; con una mano stiamo dando, ma con l'altra avete tagliato molto di più.
L'ultimo impegno è quello di recuperare in futuro ulteriori risorse per consentire lo svolgimento della propria attività, a questi soggetti che sono senso e corpo della nostra identità culturale nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Cuomo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/13.

ANTONIO CUOMO. Signor Presidente, per la verità mi sarei aspettato in materia di nucleare che il Governo, alla luce di tutto quello che è successo in questi mesi, soprattutto davanti alla terribile tragedia giapponese e allo sviluppo del ragionamento che si è avuto nei Paesi occidentali, avesse avuto un atteggiamento più convinto e più forte e avesse definitivamente abbandonato il progetto nucleare.
Invece, vediamo che con questo decreto-legge il Governo, anziché prendere una decisione forte, chiudere il progetto nucleare ed aprire una strada nuova, quella più suggestiva delle energie rinnovabili, ha solamente posto il problema della sospensione del progetto nucleare.
Questo decreto-legge mi dà, in questo momento, l'occasione di presentare un ordine del giorno con riferimento ad un territorio della mia regione, la piana del Sele, nella provincia di Salerno, per porre una domanda al Governo, che sia strumento di una riflessione, di una sorta di ragionamento, spiegando fino in fondo le ragioni di questo ordine del giorno e del perché attraverso di esso si chieda al Governo, quando riprenderà il progetto nucleare, di escludere in maniera irrevocabile la foce del Sele tra i siti possibili per la localizzazione di una centrale nucleare o anche di un deposito nazionale di scorie radioattive.
Quando negli anni Ottanta, prima di tutto quello è successo, prima di Chernobyl, prima del terremoto dell'Irpinia, prima del Giappone, vi era la suggestione del nucleare e i Governi di allora immaginavano di mettere in piedi anche nel nostro Paese un forte progetto nucleare, il CNEN, oggi Enea, decise di individuare dei siti. Al riguardo, previde dei requisiti importanti, ma, paradossalmente, incompatibili con il sito della foce del Sele. Infatti, tra le caratteristiche e i requisiti principali si disse che bisognava trovare un territorio sicuro, cioè un luogo in cui si evitassero rischi sismici. Invece, il territorio in questione, in Campania, in provincia di Salerno, purtroppo è considerato zona sismica.
Si disse che bisognava scegliere luoghi a bassa densità demografica, e in quel posto vi è una popolazione che supera abbondantemente i 150 mila abitanti. Si disse che bisognava scegliere un posto in cui vi era molta acqua, quindi vicino al mare, ma anche vicino a grandi fiumi. Pag. 49Invece, si è scelta una zona che soprattutto negli ultimi decenni ha dimostrato essere a forte rischio di alluvioni.
Basta vedere ciò che è successo lo scorso anno o sette anni fa o quattordici anni fa, quando il fiume Sele è esondato più di una volta.
In più, vi è un altro dato che metto a disposizione del Governo. Non dimentichiamo che in questi anni, da 30 anni a questa parte, ossia da quando si è scelta la foce del Sele quale luogo per una possibile localizzazione di un sito, Paestum, che tra l'altro è conosciuta in tutto il mondo, è diventata patrimonio dell'UNESCO, dell'umanità. In quella zona si è sviluppata una forte propensione all'agricoltura con prodotti di eccellenza, cito la famosissima mozzarella di bufala. È proprio questo il luogo in cui essa si produce.

PRESIDENTE. Onorevole Cuomo, la prego di concludere.

ANTONIO CUOMO. Rispetto a tutto ciò, cogliendo l'occasione di questo rinvio e di questa sospensione, inviterei il Governo, attraverso il mio ordine del giorno n. 9/4307/13, a riflettere e ad avere un po' di buonsenso in più.
Quindi chiedo, ancora una volta, l'esclusione definitiva della foce del Sele da eventuali possibili siti individuati a fini nucleari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Duilio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4307/115.

LINO DUILIO. Signor Presidente, mi rivolgo a lei in particolare, intanto per argomentare il mio ordine del giorno che riguarda una materia diversa da quella che abbiamo trattato fino ad ora, ma, soprattutto, perché, come dirò tra poco, l'oggetto del mio intervento inerisce ad una questione che, con i tempi che corrono relativamente alla problematica della crescita complessiva del nostro Paese - lei è stato autorevole membro della Commissione bilancio della Camera, quindi potrà intendermi bene - credo assuma un rilievo e si connetta coerentemente con quanto il Governo intende realizzare e che emerge da un articolo che richiamerò e a cui ho ancorato il mio ordine del giorno.
Non vorrei che si dicesse, come è stato sottolineato, che non possiamo affidare ad un ordine del giorno considerazioni troppo ampie rispetto ad obiettivi ambiziosi che potrebbero rivelarsi anche velleitari.
Signor Presidente, lei prenderà atto che, come parlamentari, siamo oramai ridotti in questa condizione e cioè, visto che vengono poste questioni di fiducia, non possiamo più neppure soffermarci sugli emendamenti e dobbiamo affidare ad uno strumento come l'ordine del giorno un messaggio che spero venga recepito attraverso l'accoglimento con formula piena da parte del Governo.
Di che si tratta, signor Presidente? Immagino che lei si sia incuriosito rispetto al tema che costituisce l'oggetto del mio ordine del giorno. Si tratta dell'articolo 2, più precisamente dei commi dall'1 al 7 dello stesso, del provvedimento di cui stiamo discutendo. Tale articolo concerne l'adozione di un programma straordinario ed urgente, anche mediante ricorso all'assunzione di personale per interventi conservativi per Pompei e, a questo fine, dispone le modalità per l'adozione delle misure necessarie per la sua attuazione.
Lei sa, signor Presidente, che a Pompei, purtroppo, si è verificato quello che si è verificato: è crollata la Casa del gladiatore, un monumento d'importanza storica e culturale che stava a cuore non solo al nostro Paese.
Assumerei questo evento come fatto emblematico della scarsa cura di un patrimonio culturale che, invece, bisognerebbe curare molto di più, anche se il nostro Ministro dell'economia e delle finanze ha, secondo me con una gaffe, affermato che con la cultura non si mangia. Invece, io credo che con la cultura si mangi anche, perché potremmo valorizzarla molto di più. Abbiamo sentito affermazioni risibili come quella secondo cui la Casa del gladiatore è crollata perché ha piovuto troppo, come se non avesse mai piovuto nel nostro Paese, lo dico senza ironia. Pag. 50
Finalmente nel citato articolo 2 si prende atto della necessità di intervenire in modo serio, con un programma straordinario ed urgente, come peraltro è definito nella stessa lettera dell'articolo citato, per la realizzazione di interventi conservativi e di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela di queste aree. Meglio prevenire che curare. Finalmente, si è acquisito questo principio anche relativamente al patrimonio storico e culturale del nostro Paese. Quindi, con il richiamato articolo 2 si cerca di essere consequenziali per prevenire, mantenere, valorizzare e così via.
Ora quest'intendimento - che evidentemente condivido - lo connetto anche all'obiettivo più ampio, come dicevo prima, di assumere il patrimonio, in tal caso archeologico e culturale nel senso più lato del termine, come cespite sul quale potremmo investire affinché diventi, per così dire, uno dei veicoli di crescita dell'economia del nostro Paese.
Quindi, a mio modesto parere, oltre che prevedere questo programma straordinario per Pompei, sarebbe il caso di allargare la decisione ad altri siti archeologici molto importanti.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Duilio.

LINO DUILIO. Anche a tale riguardo, emblematicamente oltre che concretamente, visto che vivo in Lombardia, segnalo con il mio ordine del giorno - e concludo, signor Presidente - l'impegno che si possano prevedere, sin dal prossimo provvedimento in materia economico-finanziaria, analoghe misure in favore dell'area Museo archeologico nazionale della Lomellina, località Vigevano, in Lombardia, la quale credo potrebbe arricchire, insieme ad altri siti archeologici, il panorama culturale del nostro Paese, che può essere trattato molto meglio e valorizzato all'interno di una dimensione di crescita auspicabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che l'onorevole Benamati ha ritirato il suo ordine del giorno n. 9/4307/143.
Come da intese intercorse, gli ulteriori interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno proseguiranno nella seduta di domani, alle ore 10, con votazioni a partire dalle ore 16, laddove alle ore 18,30 è previsto lo svolgimento, con ripresa televisiva diretta, delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo misto.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 18,53).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, intervengo per sollecitare una risposta del Governo ad un'importante interrogazione parlamentare, che abbiamo presentato insieme ai colleghi Samperi e Berretta e che riguarda le problematiche legate ad una nota industria presente nel territorio catanese, la Wyeth Lederle Spa, che ultimamente è stata acquisita dalla Pfizer.
In quell'area vi sono preoccupazioni sulla tenuta occupazionale e già alcuni lavoratori sono stati messi per un periodo limitato in cassa integrazione guadagni. La preoccupazione maggiore, però, che abbiamo voluto evidenziare al Governo, riguarda la possibilità di una cessione del centro di ricerca, un importante centro di ricerca, presente nell'industria. Qualche settimana fa c'è stata una importante riunione con i lavoratori e il sindaco si era impegnato a promuovere subito un incontro con il Ministro dello sviluppo economico. Non ne abbiamo notizia, così come - e mi rivolgo al sottosegretario - non abbiamo notizia della risposta del Governo alla nostra interrogazione. Avvertiamo una latitanza del Governo nazionale su questo tema, ma anche del governo regionale. Ci permettiamo, quindi, una sollecitazione Pag. 51che le rivolgiamo, signor Presidente, perché possa chiedere al Governo di venire al più presto. Parliamo, infatti, di una problematica importante, legata all'occupazione e, quindi, al diritto di cittadinanza di tanti lavoratori.

PRESIDENTE. Onorevole Burtone, la sua sollecitazione sarà puntualmente rappresentata.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 25 maggio 2011, alle 10:

(ore 10 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 2665 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (Approvato dal Senato) (C. 4307).
- Relatori: Gioacchino Alfano, per la V Commissione; Carlucci, per la VII Commissione.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 18,55.