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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 441 di lunedì 28 febbraio 2011

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 16,10.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 febbraio 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brandolini, Brunetta, Burtone, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Fitto, Frattini, Fucci, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Stefani, Tremonti, Volontè e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto, i deputati in missione sono complessivamente quarantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,12).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, questa mattina a seguito di un attentato in Afghanistan è deceduto Massimo Ranzani, un alpino impiegato in Afghanistan, e altri quattro colleghi sono rimasti feriti, a quanto sembra, almeno sotto questo punto di vista fortunatamente, non in condizioni gravi e drammatiche. Purtroppo, a distanza di pochi giorni, si ripete un po' lo stesso scenario: un alpino salta in aria su un Lince durante un pattugliamento in Afghanistan. Cambia il teatro, questa volta dovrebbe essere un luogo a nord di Shindand, ma è un ripetersi di eventi che ovviamente non possiamo considerare come un drammatico rituale, che non solo scuotono sicuramente ancora una volta le nostre coscienze, ma probabilmente pongono anche l'esigenza di un nostro pensiero e di una nostra riflessione su quanto sta accadendo ai nostri militari in Afghanistan. A questo fine, sperando che questo possa accadere il prima possibile, le chiedo di farsi carico, attraverso la Presidenza di chiedere al Governo, immagino attraverso il Ministro La Russa, di venire a riferire qui in Aula - anche se purtroppo a distanza di pochi giorni da un altro episodio così drammatico - su quanto è accaduto e su cosa il Governo intenda fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sarà mia cura informare il Presidente della Camera della sua richiesta. Intanto, colgo l'occasione per esprimere, a nome dell'Assemblea, le condoglianze alla famiglia, il rammarico e il dolore di tutti noi e gli auguri di pronta guarigione a chi è stato ferito (Applausi).

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Discussione delle mozioni Bratti ed altri n. 1-00510 e Libè ed altri n. 1-00569 concernenti iniziative per la bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale (ore 16,18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Bratti ed altri n. 1-00510 e Libè ed altri n. 1-00569 concernenti iniziative per la bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Piffari ed altri n. 1-00571, Di Biagio ed altri n. 1-00572 e Lo Monte ed altri n. 1-00573 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Mozioni). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Bratti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00510. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, la gestione dei siti contaminati rappresenta oggi uno dei problemi ambientali più rilevanti in tanti Paesi europei, ma è anche un'interessante opportunità di riqualificazione industriale. Il risanamento di questi siti e la possibilità di coniugare lo sviluppo industriale con il risanamento ambientale è una sfida fondamentale per la società moderna, sfida che purtroppo nel nostro Paese è ben lontana dall'essere vinta. Uno degli elementi di maggiore rilevanza delle bonifiche è costituito dalla possibilità di risanare i siti a storica vocazione industriale per poter attrarre investimenti e industrie, che altrimenti dovrebbero insediarsi in altre località del territorio nazionale o che potrebbero addirittura preferire altre località all'estero. Considerata la particolare fragilità del nostro territorio da un punto di vista geografico ed ambientale e la carenza di aree adatte all'insediamento industriale, è evidente che il nostro Paese dovrebbe essere all'avanguardia nel riuso di questa tipologia di siti, cosa che purtroppo, come vedremo, non si è verificata. Paradossalmente, invece, da noi in Italia tale tematica è sempre più frequentemente connessa al tema delle ecomafie e del traffico illecito dei rifiuti.
Ad oggi non esiste una stima precisa di quale possa essere il mercato connesso alla bonifica dei siti contaminati; tuttavia, sulla base dei dati raccolti dall'ISPRA e riportati dall'annuario dei dati ambientali del 2008, in Italia i siti potenzialmente contaminati sono circa 15 mila.
Tra questi, 3.400 sono stati dichiarati già contaminati: si tratta di un numero impressionante, destinato a crescere ogni anno. A tale numero vanno aggiunti i 1.500 siti minerari abbandonati censiti e le aree comprese nei 57 siti di interesse nazionale ad oggi istituiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che corrispondono a circa il 3 per cento dell'intero territorio italiano.
I siti di interesse nazionale comprendono le aree maggiormente inquinate d'Italia: tra queste, i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Priolo, Gela, Taranto, le aree industriali di Pioltello Rodano, Bagnoli-Coroglio, Crotone, Trieste, il litorale domizio-flegreo e agro aversano, nonché le aree in Sardegna del Sulcis-Iglesiente-Guspinese, di Porto Torres e La Maddalena e, in Toscana, Massa Carrara e Livorno, fra i primi ad essere classificati siti di interesse nazionale, ma ancora in attesa dell'adozione definitiva dei provvedimenti.
Vi sono, inoltre, aree di particolare interesse naturalistico e paesaggistico, che hanno subito fenomeni di contaminazione, quali il Lago Maggiore, le lagune di Grado e Marano, Venezia e Orbetello. Spesso le Pag. 3problematiche relative all'inquinamento delle matrici ambientali si incrociano con quelle di carattere sanitario: è il caso di Priolo, Brindisi e Gela, ma anche della Campania, ove è stata riscontrata dalle autorità sanitarie una maggiore insorgenza di patologie collegate a specifici contaminanti.
La gestione amministrativa dei procedimenti di bonifica è sicuramente complessa ed è competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La gestione di tali procedimenti interessa 57 aree e le attività hanno ricadute socio-economiche e politiche molto rilevanti, che spesso rischiano di ostacolare l'avvio degli interventi. In questa ottica, quindi, deve essere anche analizzato il dato di fondo presentato da Confindustria nel rapporto bonifiche del 2009, a partire dall'analisi dei dati, che menzionavo in precedenza, dell'ISPRA.
Il fatto che ad oggi in nessun sito di interesse nazionale, inteso come intera area perimetrata, si sia arrivati alla certificazione di avvenuta bonifica, e quindi al risanamento definitivo delle aree e alla conseguente possibilità di riutilizzo, la dice lunga. Le aree bonificate o svincolate parzialmente non raggiungono il 2 per cento; diversa è la situazione relativa ai siti di interesse regionale, dove, secondo l'annuario ISPRA del 2008, sono circa il 30 per cento.
La giustificazione del Ministro Prestigiacomo, che, rispondendo ad una nostra interrogazione qualche settimana fa, sosteneva che le aree di interesse regionale sono più semplici, dal punto di vista tecnico, da bonificare, comprendendo tra queste, ad esempio, i distributori di benzina (su questo avrebbe ragione), non è condivisibile, perché petrolchimici come Ferrara o Ravenna o siti come Rosignano Solvay non sono sicuramente meno complicati di Mantova o Pioltello Rodano.
È necessario sottolineare che, ad oggi, manca un quadro aggiornato relativo alla situazione di questi 57 siti di interesse nazionale. Si deve evidenziare che gli evidenti ritardi nell'attuazione dei necessari interventi di bonifica non sono solo dovuti ad un'evidente difficoltà del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che questo Governo ha, di fatto, spogliato di risorse finanziarie e umane, ma anche al ruolo ambiguo giocato da molti privati, ENI su tutti, che, pur di ritardare l'esborso di somme considerevoli per gli interventi, ricorre alle vie legali, impugnando spesso gli atti amministrativi emessi.
È evidente che l'assenza di incentivi per le imprese virtuose, che invece scelgono di intervenire su queste aree in tempi brevi, e le procedure amministrative spesso farraginose sono tali da non favorire lo sviluppo di un mercato sano delle bonifiche. Al fine della reindustrializzazione di queste aree ricordo l'emanazione del famoso decreto legislativo n. 4 del 2008, il cosiddetto correttivo ambientale, che impiegava il Codice ambientale con l'articolo 252-bis, che prevedeva, a sua volta, l'emanazione di un decreto interministeriale per l'individuazione dei siti nei quali promuovere azioni di risanamento ambientale connesse con lo sviluppo produttivo e industriale.
Successivamente veniva emanata la delibera CIPE del 2 aprile del 2008, che stanziava 3 mila milioni di euro per i programmi indicati in questo articolo, che dovevano servire a reindustrializzare numerose di quelle aree: erano stati individuati, in prima battuta, circa 26 siti, alcuni di interesse nazionale e altri no.
Sappiamo come sono andati a finire, purtroppo, quei 3.000 milioni di euro, nel senso che neppure un euro è stato investito su questo programma. Ci piacerebbe, inoltre, sapere se i suddetti fondi saranno nuovamente stanziati o, comunque, come si intende procedere a tale riguardo.
È pur vero che un po' di risorse sono state messe a disposizione dal Governo attraverso accordi di programma, circa undici, così riferisce il Ministro, per un totale di 70 milioni di euro, più 86 milioni di euro per Pioltello ed altri siti, e 10 milioni di euro recentemente per Crotone, nonché, all'interno del recente decreto Pag. 4milleproroghe, per il sito di Bussi sul Tirino, ove rimane un forte contenzioso con Edison.
Questi finanziamenti sono però finanziamenti spot che, tra l'altro, speriamo non vengano utilizzati solamente per studi ed analisi che sono sicuramente indispensabili, ma non risolutivi del problema e che, comunque, non rappresentano neppure il 10 per cento dei 3.000 milioni di euro citati.
Voglio ricordare inoltre, come da dichiarazione del ministro stesso Prestigiacomo, che ben 38 milioni, quasi 39 milioni di euro sono stati erogati alla società Sogesid Spa su sei siti di interesse nazionale per attività - si dice - di supporto tecnico-specialistico. A nostro avviso, sull'utilizzo di questa società in house da parte del Ministero, molte sono le ombre che ne caratterizzano l'operato. Più volte abbiamo chiesto quali sono i rapporti tra ISPRA e Sogesid Spa, perché il capo della segreteria tecnica del Ministro è nel consiglio di amministrazione della Sogesid Spa ed è, addirittura, commissario straordinario per il SIN di Pioltello e se è opportuno che il dirigente che si occupava di bonifiche al Ministero abbia immediatamente un incarico, una volta in pensione, appunto, da Sogesid Spa. Questo, si badi bene, non lucrando su vicende giudiziarie in atto, ma, semplicemente, nel nome della trasparenza e del funzionamento corretto degli organismi pubblici.
Vorrei poi soffermarmi, signor Presidente, sul tema delle transazioni, modificato con l'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008 chiamato anche, in maniera forse semplicistica e di parte, decreto «salva ENI». ENI, attraverso le sue società, è presente in numerosi SIN e non solo. La linea sostenuta, anche in Commissione bicamerale, dal suo Amministratore delegato è stata, spesso, quella di parte lesa, come, ad esempio, nella vicenda relativa a Crotone. Questo, francamente, lo trovo abbastanza paradossale.
Il tema del danno ambientale è sicuramente complesso e di non facile soluzione, ma così come impostato dall'articolo 2 del decreto-legge citato - ricordo che abbiamo presentato emendamenti e poi votato contro il suddetto provvedimento, in quanto nessuno di questi emendamenti è stato accolto - esclude, di fatto, il sistema degli enti locali, facilita enormemente le imprese a non farsi carico del danno ambientale arrecato al territorio e, soprattutto, fatto ancor più grave, non destina le risorse che dovessero essere messe a disposizione nella transazione ai siti oggetto del contenzioso.
Sempre rispondendo ad un'interrogazione, il Ministro Prestigiacomo ha ricordato che negli ultimi due anni sono state sottoscritte ben quindici transazioni, per un importo complessivo di 115 milioni di euro. Si parla poi di decine di atti in corso di stipula e, anche a questo proposito, ci piacerebbe sapere quali, come sono state investite queste risorse e, soprattutto, se hanno contribuito o contribuiranno a mobilitare risorse private per industrializzate e bonificare queste aree.
Anche riguardo al tema delle risorse private abbiamo più volte chiesto di sapere, in materia di bonifiche, nonostante gli scarsi risultati, quante e quali risorse i privati hanno investito.
Vi sono poi altre situazioni importanti che non consentono di affrontare in maniera adeguata questo problema. In particolare, occorre osservare che nella maggior parte degli altri Paesi europei le procedure amministrative e gli adempimenti in tema di gestione dei terreni provenienti da siti oggetto di bonifica o rifiuti vengono snellite a fronte di un rafforzamento del sistema dei controlli ambientali e del regime sanzionatorio. Questa è la strada che dovrebbe essere perseguita anche in Italia.
Di fatto, invece, si sta progressivamente assistendo nel Paese ad uno smantellamento degli organismi di controllo: dall'ISPRA, che da agenzia è diventata una struttura a servizio del Ministero, perdendo la propria autonomia, ad alcune agenzie regionali, tra cui quella lombarda (ARPA Lombardia), che, grazie ad una delibera regionale che toglie la facoltà al direttore generale di nominare ufficiali di polizia giudiziaria, ha perso nella maggioranza Pag. 5dei suoi operatori territoriali questa qualifica, indebolendo il controllo del territorio. Questo in una regione che sulla questione delle bonifiche - si badi bene - vede meccanismi noti nelle regioni cosiddette a tradizionale presenza mafiosa. Mi riferisco all'intreccio tra rami dell'amministrazione pubblica e della politica con imprenditori spregiudicati e associazioni 'ndranghetiste. Ricordo, a tale proposito, la vicenda che ha caratterizzato le bonifiche in località Santa Giulia, la cosiddetta Montecity.
Altre situazioni particolari sono emerse nei recenti sopralluoghi effettuati nel mantovano dalla Commissione bicamerale sulle ecomafie. In generale, in Lombardia abbiamo potuto constatare che quasi tutte le bonifiche più importanti sono state eseguite dalla stessa impresa, la Sadi, appartenente al gruppo Green holding, società di cui alcuni amministratori sono coinvolti in importanti vicende giudiziarie.
In merito, poi, alla gestione dei terreni provenienti dai siti oggetto di bonifica, si rileva la frequente difficoltà delle aziende a rincorrere a soluzioni alternative al conferimento in discarica, con il conseguente potenziale innesto, nella gestione, di società collegate con la malavita. L'apertura, nei limiti concessi dalla normativa comunitaria, al riuso dei terreni come sottoprodotto e l'incentivazione dell'uso di tecnologie in sito, potrebbe ridurre il ricorso al conferimento in discarica ma, ovviamente, a tale soluzione bisognerebbe accompagnare efficienti controlli.
In ultimo occorre menzionare il problema relativo ai costi di bonifica. Ad oggi, non esiste un riferimento nazionale per i costi relativi a tali attività. Comunemente, i soggetti obbligati per la definizione di tali costi fanno riferimento ai prezzari regionali che, però, non comprendono gran parte delle tipologie di trattamento che possono essere utilizzate nelle relative operazioni. Ne deriva un quadro disomogeneo a livello nazionale: la stessa tipologia di bonifica applicata ai medesimi contaminanti può costare anche cento volte di più in una regione rispetto ad un'altra.
Come evidenziato anche nel rapporto di Confindustria, i costi delle bonifiche sono oggettivamente alti, anche a causa della ridotta capacità impiantistica di trattamento dei terreni sul territorio nazionale. Una quantità ingente di questi terreni viene tutt'oggi inviata in Germania, con costi molto elevati. L'assenza di un quadro di riferimento oggettivo per la determinazione dei costi può dar luogo a illeciti nella gestione degli appalti, come testimoniano i recenti fatti di cronaca.
Signor Presidente, con la mozione in oggetto abbiamo voluto chiedere un impegno al Governo, cercando anche di non esasperare eccessivamente le richieste, per capire se c'è la possibilità di condividere un percorso. Innanzitutto impegniamo il Governo a valutare se non sia giunto il momento di procedere - sia sul piano normativo che organizzativo e anche su quello delle risorse, ripristinando almeno i 3 miliardi di euro precedentemente stanziati - a una profonda revisione della strategia dell'intervento pubblico...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Bratti.

ALESSANDRO BRATTI. ...a individuare un'efficace strategia in tema di siti contaminati di interesse nazionale e a informare il Parlamento riguardo lo stato dell'arte, perché troppe cifre continuano a girare a tale proposito; a valutare l'opportunità - ci rendiamo conto che si tratta di una richiesta molto forte - di affidare la regia delle operazioni di bonifica e di messa in sicurezza alle regioni, visto il clamoroso insuccesso delle politiche ministeriali, anche promuovendo una profonda modifica legislativa, sulla falsariga di ciò che succede già oggi in Germania; a garantire in tempi certi la bonifica e la riqualificazione dei territori che hanno subito negli ultimi decenni le conseguenze di un'intensa attività industriale, che ne ha compromesso gravemente gli equilibri ambientali e ad accertare che le procedure transattive con le società attuali proprietarie non determinino ulteriori penalizzazioni per la popolazione residente, che da troppo Pag. 6tempo sta attendendo una soluzione definitiva; a coinvolgere - nell'elaborazione della proposta di transazione - la regione, la provincia ed i comuni interessati, con particolare riguardo alla regione per le fasi attuative...

PRESIDENTE. Onorevole Bratti, deve concludere.

ALESSANDRO BRATTI. ...in coerenza con il principio di sussidiarietà - sto per concludere, Signor Presidente; a stabilire che le risorse finanziarie che provengono dalle transazioni - questa è una richiesta a cui invece non possiamo rinunciare - siano stanziate per gli interventi in loco o legati comunque a forme di investimento locale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto, che illustrerà la mozione Libè ed altri n. 1-00569, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo proprio per illustrare la mozione n. 1-00569, che reca le firme degli onorevoli Libè, dell'onorevole Tassone, la mia e quella di altri colleghi dell'Unione di Centro e lo faccio richiamando intanto un dato già menzionato nell'intervento dell'onorevole Bratti quando, facendo riferimento ad un rapporto di Confindustria, ha ricordato che su 57 siti inquinati di interesse nazionale, non ce n'è uno per il quale sia stata già rilasciata la certificazione attestante la avvenuta e completata opera di bonifica.
Questo dato di per sé, al di là delle altre considerazioni contenute nelle mozioni, sarebbe sufficientemente utile a giustificare la ragione di queste mozioni che vogliono, per l'appunto, invitare il Parlamento ad impegnare il Governo affinché ci possa essere una politica più incisiva in ordine alla bonifica di tali siti che - vorrei ricordarlo - sono distribuiti egualmente tra le diverse parti del Paese. Si tratta, infatti, di 57 siti, dei quali 34 ubicati nel centro-nord del Paese e 20 nel sud.
Con questa mozione, chiediamo che vi sia maggiore attenzione, intanto dal punto di vista finanziario, perché, come ricordiamo nelle premesse, nel 2011 lo stanziamento complessivo, iscritto nel bilancio dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, era di circa 513 milioni di euro. Rispetto al dato assestato, quindi, vi è una diminuzione di ben 232 milioni di euro. Questo dato, forse, indica che non c'è stata sufficiente attenzione su questo tema pur evidenziando noi, nella nostra mozione, che il problema non è solo di disponibilità di risorse economiche. Anche laddove, infatti, le risorse economiche ci sono, sono state individuate, il processo di bonifica di questi siti procede con grande e straordinaria lentezza. C'è qualcosa che non funziona.
Riteniamo che la discussione di oggi debba servire a porre all'attenzione del Governo la necessità di promuovere un adeguamento legislativo, se c'è qualcosa che non funziona nelle norme che riguardano la bonifica di questi siti, e la necessità di intervenire per snellire, velocizzare, le procedure amministrative, se, invece, queste lentezze dovessero essere riferite - come noi riteniamo - a problemi organizzativi in seno al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per verificare in che modo si possa, inoltre, potenziare l'attività di controllo e di vigilanza. Infatti, come evidenziamo nella nostra mozione, vi è il problema delle risorse, della lentezza delle procedure amministrative, ma c'è anche il problema delle garanzie in ordine alla qualità delle bonifiche, alla qualità del lavoro svolto su questi terreni che vanno bonificati.
Nella nostra mozione, poi, indichiamo al Governo alcune priorità. È vero che si tratta di 57 siti, ma alcuni di questi versano, secondo noi, in una condizione ancora più grave degli altri. Mi riferisco - e a questo si riferisce la mozione - al sito di Crotone, un'area ubicata al centro della città che, a volte, assurge agli onori della cronaca quando, per esempio, si scopre che persino degli asili e delle scuole elementari sono stati costruiti con terreni di Pag. 7risulta e con terreni che hanno esposto, poi, anche la salute dei bambini a gravi pericoli e rischi. Quest'area è, appunto, al centro della città di Crotone ed è interessata da fenomeni di inquinamento ambientale profondi, sia derivanti direttamente dalle attività industriali delle fabbriche Pertusola sud e Montedison, sia connessi proprio allo smaltimento dei relativi rifiuti in discariche abusive o a mare.
La necessità di interventi di risanamento ambientale su quest'area è dovuta alla contaminazione da metalli pesanti che, ormai, è assolutamente certificata. Mi riferisco, soprattutto, alla contaminazione da cadmio, piombo, mercurio, zinco, arsenico e altri materiali cancerogeni, nel suolo e nel sottosuolo. Le scorie tossiche hanno, infatti, prodotto gravissime ripercussioni sull'ecosistema delle aree vicine al sito industriale, con l'interessamento anche delle falde acquifere.
Secondo uno studio commissionato ad esempio dalla provincia di Crotone all'università della Calabria, in particolar modo al consorzio costituito dall'università per le tecnologie biomediche, si è verificata in questa zona una grave compromissione della falda acquifera con penetrazione di zinco, cadmio, rame e metalli pesanti nell'area industriale fino a dodici chilometri dal perimetro esterno.
Peraltro gli effetti di questa catastrofe ambientale erano in qualche modo già rintracciabili nel 2001. Ricordavo che nel 2001 questo sito fu indicato come sito inquinato di interesse nazionale, ma proprio nel 2001 il rapporto annuale su salute e ambiente in Italia redatto dall'Organizzazione mondiale della sanità aveva evidenziato l'aumento della mortalità nel territorio di Crotone per patologie respiratorie, per tumori polmonari, per carcinomi alla laringe tanto da determinare un eccesso di mortalità totale intorno al 10 per cento. Sono dati di una gravità straordinaria che testimoniano la situazione di compromissione dal punto di vista ambientale che è presente in quella regione; ve lo ricordate che è la stessa regione dove qualche mese fa la cronaca nazionale si è occupata ad esempio di un altro episodio, quello della «nave dei veleni». Anche su questo nella nostra mozione diciamo che, al di là dell'episodio specifico, forse la discussione di oggi dovrebbe servire perché il Parlamento inviti il Governo ad intervenire in un'opera di maggiore ricognizione di quelli che possono essere i fenomeni legati alle navi che risulterebbero affondate tra gli anni Ottanta e Novanta cariche di rifiuti tossici che, per la verità, interessano probabilmente tutte le regioni costiere del nostro Paese con delle punte specifiche appena indicate.
Nella mozione inoltre facciamo riferimento ad un altro sito inquinato d'interesse nazionale che è quello del Sulcis-Iglesiente comprendente i comuni di Portoscuro, Gonnesa, Carbonia, S. Antioco e San Giovanni Suergiu dove con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel 1993 è stato approvato il piano di disinquinamento ma per il quale vi sono ancora notevolissimi ritardi.
Nella parte dispositiva chiediamo al Parlamento di impegnare il Governo a procedere in tempi rapidi alla definizione del processo di bonifica, di risanamento ambientale e di messa in sicurezza dei siti inquinati di interesse nazionale anche individuando specifici impegni di risorse da destinare al rilancio del tessuto industriale ed economico presenti sul territorio, perché è di tutta evidenza che i danni dei disastri ambientali sono danni in primo luogo per la salute dei cittadini ma sono danni anche in ordine alle prospettive e al futuro di questi territori dal punto di vista dello sviluppo economico dei territori stessi.
Chiediamo al Governo di adottare nel più breve tempo possibile misure volte a realizzare un'accelerazione nell'esecuzione dei progetti di bonifica ambientale, valutando anche la possibilità di proporre revisioni normative, intervenendo sulle procedure organizzative all'interno del Ministero ma valutando anche la possibilità di fare quello che in altre realtà d'Europa si fa quando, ad esempio, si incentivano le imprese private che vogliono svolgere un ruolo più attivo nei processi di bonifica affinché evitino di fare ciò che spesso le imprese, Pag. 8anche le più grosse, in Italia fanno producendo ricorsi che servono soltanto a sospendere e a differire nel tempo il pagamento degli oneri a loro carico per le bonifiche.
Chiediamo ancora al Governo di individuare maggiori risorse per finanziare il piano di intervento di bonifica dei siti di interesse nazionale e di trasmettere alle Camere una relazione dettagliata che dia riscontro delle risorse complessivamente investite dagli operatori pubblici e privati, dei risultati raggiunti relativamente ai processi di bonifica.
Infatti non è giusto che noi dobbiamo sapere certe cose appunto dal rapporto di Confindustria e il Parlamento non sia nella condizione di avere dal Governo un dato in ordine allo stato delle bonifiche nel Paese.
Chiediamo ancora che il Governo esegua un'azione di rilevamento e di verifica sul territorio italiano di siti inquinati analoghi a quelli interessati dalla vicenda delle «navi dei veleni» e che proceda alla formulazione di un'intesa con le regioni e con gli enti locali interessati, finalizzata alla loro bonifica ed alla loro messa in sicurezza.
Chiediamo di avviare un ampio programma di monitoraggio dei siti di tutti i naufragi sospetti, con le coste e le aree limitrofe, al fine di accertare l'esistenza di carichi nocivi nei relitti e di provvedere immediatamente a porre in essere gli eventuali interventi di messa in sicurezza e bonifica che si rendessero necessari. Chiediamo di inquadrare tale attività di monitoraggio in una strategia di lotta, ma di lotta fatta con grande decisione alle ecomafie, per assicurare, attraverso questo intervento di lotta, il coordinamento anche tra le diverse forze operanti nell'attività di contrasto ai reati ambientali.
Chiediamo ancora con la massima urgenza le procedure e le risorse adeguate per favorire l'immediata rimozione di ogni rischio per la salute dei cittadini nella provincia di Crotone e chiediamo di procedere alla completa bonifica dei siti inquinati, al ripristino dell'intera area compromessa ed alla riparazione dei gravi danni inferti alla popolazione residente nelle aree contaminate e all'ambiente; inoltre chiediamo di destinare le risorse al completamento di interventi di risanamento, di bonifica e di ripristino ambientale.
Infine, invitiamo il Parlamento ad impegnare il Governo a prevedere idonee forme di concertazione nello svolgimento dei processi regolatori nei contenziosi riguardanti le bonifiche dei siti di interesse nazionale, anche per esempio facendo ricorso ad una politica che invece incentivi appunto le aziende che svolgono un ruolo attivo e vogliono svolgere un ruolo attivo, invece di produrre ricorsi.
Questo in sintesi è il testo della mozione che noi abbiamo proposto. L'auspicio è che su questo argomento, che è un argomento che riguarda la salute e quindi la vita dei cittadini, il Parlamento non si limiti al rituale che spesso si celebra sulle mozioni, ma abbia la forza, il coraggio e l'autorevolezza - che sicuramente ha come istituzione - per impegnare davvero il Governo ad intervenire e ad intervenire incisivamente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Donadi, che illustrerà anche la mozione Piffari ed altri n. 1-00571, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, il tema delle bonifiche dei siti inquinati e quindi del risanamento di aree fortemente compromesse sotto il profilo ambientale rappresenta uno dei temi più importanti in materia di politica ambientale ed è evidente che questa valenza è duplice, sia perché questi interventi rappresentano un'emergenza non più rinviabile sotto il piano della tutela ambientale e sanitaria, sia perché questi interventi hanno una straordinaria valenza sociale e produttiva, in quanto la bonifica consente di riacquistare e rimettere nel ciclo produttivo aree a volte anche straordinariamente importanti e strategiche.
I dati forniti dal Ministero dell'ambiente risultano tuttavia abbastanza preoccupanti: i siti di interesse nazionale ricomprendono aree, a terra e a mare, Pag. 9per complessivi 700.000 ettari di terreno o di mare appunto pesantemente inquinati, quasi il 3 per cento dell'intero territorio nazionale. A complicare ulteriormente la situazione incide anche il fatto che sono più di 3.000 i soggetti privati proprietari delle aree appunto situate all'interno di questa definizione e su cui insistono quasi esclusivamente alcune tra le più importanti realtà industriali italiane ed estere, soprattutto nel campo chimico e petrolifero.
Rimane il fatto - e questa, purtroppo, è un'ulteriore poco confortevole considerazione - che ad oggi, in nessun sito di interesse nazionale, come è stato ricordato anche da chi è intervenuto prima di me, si sia potuta ancora certificare la conclusione definitiva degli interventi di bonifica e di ripristino: non un solo sito in tutta Italia.
A questa difficoltà, certamente, contribuiscono varie cause. Sicuramente vi sono - e su questo noi speriamo che il Governo, adeguatamente sollecitato, possa intervenire - la farraginosità delle attuali procedure e la loro centralizzazione: tutto, troppo, è rimesso all'iniziativa del Governo; la carenza di risorse finanziarie e i numerosi contenziosi, che conseguono dal fatto che, all'interno di ciascun sito di interesse nazionale, ricadono interessi e proprietà di soggetti sia pubblici che privati.
La legge prescrive che i lavori di bonifica debbano essere a carico degli effettivi responsabili, secondo un principio non solo condiviso a livello comunitario, ma anche di buonsenso, per cui «chi inquina paga»; tuttavia, è evidente che, troppo spesso, le cose non funzionano o non funzionano come dovrebbero. Troppo spesso, infatti, per cercare in ogni modo di non farsi carico degli oneri di bonifica dei luoghi, si assiste ad interminabili contenziosi e ricorsi ai TAR e, successivamente, al Consiglio di Stato, da parte di soggetti privati che, tentando di contestare le decisioni e i decreti assunti in conferenza dei servizi, cercano di rinviare sine die il momento dell'adempimento dei propri oneri.
Crediamo che, da questo punto di vista, potrebbe essere utile individuare forme di incentivazione per cui i soggetti privati possano in qualche modo essere invogliati e spinti a dare attuazione a tali prescrizioni e, nell'ambito del contenzioso e della prevista procedura stragiudiziale con il soggetto pubblico, possano essere incentivati a farsi carico, in tempi brevi, dei suddetti interventi di bonifica.
Un ulteriore elemento che incide pesantemente nella mancata soluzione di questi problemi, a nostro avviso, è la non sempre efficiente gestione, da parte del Ministero dell'ambiente, delle conferenze dei servizi per la valutazione dell'iter e dell'autorizzazione dei piani e dei progetti per la bonifica. Infatti, a nostro avviso, andrebbe valutata la possibilità di spostare parti sempre più importanti e qualificanti dell'iter di bonifica in capo alle regioni, alle province e ai comuni. Noi crediamo che il centralismo eccessivo della gestione burocratica di queste procedure non giovi e, anzi, che sarebbe opportuno sotto ogni punto di vista che gli enti territoriali possano diventare effettivamente protagonisti di una fase così delicata, che riguarda non solo la soluzione di criticità, ma anche la possibilità di determinare pienamente il futuro del loro territorio e dei cittadini che vi risiedono.
A nostro avviso, andrebbe anche valutata la possibilità di prevedere importanti snellimenti e semplificazioni nelle procedure burocratiche ed amministrative. Vorrei che questo fosse molto chiaro: ciò non deve essere in alcun modo confuso o frainteso con un maggiore lassismo nei controlli ambientali. Anzi, noi crediamo che, da questo punto di vista, si debba intervenire intensificando i controlli ambientali in tutte le fasi relative al processo di bonifica di siti, ma che, al tempo stesso - e di questo siamo fermamente convinti -, le attuali procedure possano essere ampiamente snellite di tutta quella parte burocratica che ne rallenta pesantemente lo svolgimento e l'avanzamento.
Riteniamo, inoltre che, parallelamente, vada affrontato con convinzione da parte del Governo un altro aspetto, che è stato troppo Pag. 10spesso sottostimato e, comunque, mai inserito realmente nell'agenda del Ministero dell'ambiente. Ci riferiamo alla necessità di avviare un piano nazionale per procedere all'individuazione e al censimento - anche questo è stato ricordato da chi è intervenuto prima di me - di quelle tante aree che non rientrano nei siti dei quali ci stiamo occupando oggi, ma che, comunque, hanno costituito oggetto di sversamenti abusivi e di depositi illegali di rifiuti nocivi e pericolosi per la salute pubblica.
Oggi, la quantificazione di queste aree non esiste in termini precisi e svariate fonti ritengono che sia sottostimata da parte delle strutture pubbliche, anche se si tratta di un fenomeno ormai ben diffuso e conosciuto. All'interno di tale fenomeno, vale la pena sottolineare come rimanga più aperto e drammaticamente attuale che mai il capitolo relativo al fenomeno dei traffici illegali dei rifiuti, con particolare riferimento alle cosiddette «navi dei veleni».
Su quest'ultimo punto, la cronologia di affondamenti sospetti nelle nostre acque in questi anni è certificato e a dir poco inquietante. Nel corso della XIII legislatura, infatti, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti approvò un documento sui traffici illeciti e sulle ecomafie, che disegnava un quadro inquietante sulla questione delle «carrette del mare» colate a picco: probabili mezzi di smaltimento di rifiuti tossici o radioattivi. Trentanove furono gli affondamenti di navi accertati tra il 1979 e il 1995 con la finalità, appunto, di consentire questi smaltimenti illeciti. Tuttavia, si tratta, come rileva la stessa Commissione, di un dato assolutamente privo di oggettività e sottostimato in quanto, sicuramente, molto superiori sono i casi concreti.
Tale allarme sul deposito incontrollato dei rifiuti e i conseguenti gravi rischi di inquinamento non riguarda soltanto l'ambito marino e costiero, ma vale ormai anche per gran parte del nostro territorio nazionale. In seguito, infatti, a sversamenti di queste discariche, gestite con precisi intenti criminali, e purtroppo ben conosciuti, il Ministero, finora, non ha mai realmente predisposto - con l'inevitabile coinvolgimento degli enti locali - alcuna strategia efficace e credibile finalizzata ad avviare una più seria e capillare indagine e un monitoraggio dei nostri territori, dei fiumi e delle coste più a rischio, per individuare le aree più contaminate e incrociando, a tal fine, informazioni di tipo sanitario, quali, per esempio, la presenza in determinate aree territoriali di picchi di forme tumorali o di altre patologie collegabili a eventuali livelli di inquinamento dell'ecosistema.
Concludo, con un ultimo aspetto, che è quello purtroppo sempre dolente della carenza delle risorse finanziarie. È del tutto evidente che, a monte di una qualsiasi ma seria politica di salvaguardia ambientale e di tutela del nostro territorio, della salute pubblica, nei confronti dell'inquinamento, e di conseguenti efficaci interventi di monitoraggio e di bonifica delle aree maggiormente inquinate, rimane inevitabilmente la questione legata alle risorse finanziarie che vengono effettivamente messe a disposizione dal Governo per tali finalità. Purtroppo, in questi ultimi tre anni, abbiamo assistito, sotto questo aspetto, a una costante e pesante riduzione delle risorse assegnate dall'ultima legge finanziaria al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, di conseguenza, alle stesse politiche di bonifica dei siti.
La dotazione complessiva del Ministero dell'ambiente ha subìto un taglio secco, in tre anni, pari a un miliardo di euro, e l'ultima legge di bilancio per il 2011 ha stanziato, per il programma specificamente destinato alle bonifiche dei siti, poco più di 164 milioni di euro, con una riduzione di oltre 81 milioni di euro rispetto soltanto all'anno precedente. Si tratta quindi di un taglio, da un anno all'altro, pari al 33 per cento delle risorse. Tra l'altro, la maggior parte della consistente riduzione di questi stanziamenti è dovuta all'azzeramento proprio della dotazione del capitolo relativo al finanziamento di interventi urgenti di perimetrazione Pag. 11e messa in sicurezza, bonifica, disinquinamento e ripristino ambientale.
Signor Presidente, è evidente, quindi, che una seria politica di risanamento di queste aree contaminate del nostro territorio nazionale, al di là delle tanto spesso declamate buone intenzioni di un Governo piuttosto che di un altro, non potrà mai dare risultati seri e duraturi, se non si prende consapevolezza che il risanamento ambientale del nostro Paese passa, anche e soprattutto, attraverso lo stanziamento di adeguate risorse pubbliche (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00572 . Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la questione relativa all'esistenza di siti contaminati nel nostro Paese rappresenta un problema grave e pericoloso sotto il profilo ambientale, ma bisogna ben comprendere che cosa si intende per contaminazione e, dunque, per aree contaminate.
La contaminazione ambientale è una forma di inquinamento diffuso del suolo causata dall'immissione nell'ecosistema di quantità ingenti di elementi chimici organici e inorganici derivanti da attività industriali, civili e agricole.
Tale presenza nell'ambiente rappresenta un non trascurabile fattore di rischio per la salute dell'uomo e per la salubrità dell'intero ecosistema. Purtroppo, malgrado l'oggettiva criticità della questione, ci troviamo spesso dinanzi al silenzio delle istituzioni e al completo disinteresse dei media se non per sporadici approfondimenti di inascoltati reportage di giornalismo investigativo. Sulla base dei dati elaborati dall'annuario Ispra 2008, in Italia i siti potenzialmente contaminati ammontano ad oltre 13 mila unità, dei quali 12.943 risultano di competenza regionale, mentre sarebbero 57 quelli di interesse nazionale. I siti di interesse nazionale comprendono aree contaminate con elevati rischi sanitari oltre che ambientali per un'area approssimativa di circa 700 mila ettari, corrispondenti al 3 per cento del territorio nazionale.
La competenza in materia di gestione della procedura di bonifica dei siti di interesse nazionale spetta al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Questa procedura prevede l'indizione, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, di una conferenza di servizi per l'approvazione del piano di caratterizzazione del documento di analisi del rischio del progetto di bonifica. Purtroppo, ad oggi, i risultati non si vedono, non esistono. L'augurio è che queste mozioni provochino nel Governo quel senso di responsabilità che fino ad ora è stato carente.
L'Arpa ha evidenziato non poche criticità per quanto riguarda questi aspetti amministrativi. Infatti, per esempio, nelle stesse aree possono ricadere proprietà di diversi soggetti, sia privati che pubblici, tali da rendere complessa la gestione delle procedure fino ad arrivare a bloccare o a limitare lo stato di avanzamento delle bonifiche stesse. Secondo i dati Ispra, attualmente le aree completamente bonificate o svincolate a seguito di procedura ammontano appena all'1,50 per cento, mentre la percentuale delle aree ancora da caratterizzare ammonta al 70 per cento. Esistono pertanto delle ragioni chiare alla base del mancato decollo o completamento delle bonifiche. Da un lato, l'incertezza dei tempi autorizzativi da parte dell'amministrazione e le difficoltà di tipo organizzativo e procedurale da parte dello stesso dicastero; a queste si aggiungono le resistenze dei privati, i cui interessi ricadono nell'area nel caso in cui non vi sia diretta responsabilità da parte degli stessi nelle contaminazioni, con la conseguenza del moltiplicarsi di conflittualità e contenziosi tra privati e autorità pubbliche, senza sottovalutare il dato finanziario.
Per l'anno 2011 il capitolo del Ministero dell'ambiente relativo alla tutela e conservazione del territorio, trattamento e smaltimento di rifiuti e bonifiche risulta ridotto del 33 per cento. I fondi sono sempre di meno e, dati alla mano, anche mal spesi, particolare che certamente non giova Pag. 12ad un'implementazione della tutela dei territori a rischio. È opportuno ricordare a quest'Aula che attualmente in Italia non esiste un quadro completo e aggiornato a livello nazionale dello stato di attuazione degli interventi di bonifica. Inoltre, esiste un quadro normativo particolarmente vasto e farraginoso, per il quale sarebbe il caso di avviare un processo di semplificazione proprio per accelerare le attuali procedure amministrative, la cui lentezza sta provvedendo a rallentare ulteriormente l'attuazione degli interventi stessi.
Ricordiamo però che, nel quadro dell'esigenza di riordino della materia della legge 27 febbraio 2009, n. 13, è stata introdotta nuovamente una procedura alternativa in materia di copertura e di oneri di bonifica e risarcimento del danno ambientale nei siti di bonifica, al fine di superare i frequenti contenziosi in materia. Tale procedura si attua attraverso la stipula di contratti di transazione con le imprese direttamente interessate in ordine al rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino e di ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale.
I passi fatti sotto il profilo normativo e amministrativo sono pochi e scarsamente fattivi, per cui appare prioritario che si proceda ad un alleggerimento delle normative, nonché alle dinamiche amministrative, oltre all'identificazione delle criticità, senza però trascurare la necessità di garantire che le attività di vigilanza e di controllo sulle operazioni di bonifica dei siti siano svolte da strutture e da realtà adeguate e competenti.
Il Governo ha la priorità di predisporre un inderogabile processo di risanamento di aree fondamentali non solo per l'economia del nostro Paese. Deve dare prova di concretezza e lungimiranza operativa, consentendo uno sviluppo industriale che sia anche ecosostenibile perché - ed è proprio opportuno partire da questo - non si può svincolare il risanamento ambientale dalla piena valorizzazione del territorio e del suo potenziale, soprattutto in termini economici. Il risanamento di questa porzione di territorio italiano deve servire per rilanciare anche le economie locali, soprattutto in quelle regioni dove il danno ambientale è accompagnato dalle criticità di tipo strutturale.
Tale orientamento deve anche partire da un rinnovato approccio normativo in materia di responsabilità con annesse sanzioni, perché l'Italia ha il triste primato di avere un numero impressionante di eco-orrori con responsabilità di ignoti. In questo è necessario un coinvolgimento, oltre che della società civile, anche dell'università, per far sì che tali propositi possano diventare concreti con appositi progetti e ricerche.
Proprio per questo, il gruppo di Futuro e Libertà chiede al Governo di procedere ad una profonda revisione delle dinamiche sottese ai procedimenti di bonifica; di consentire un meccanismo di informazione istituzionale in materia, coinvolgendo il Parlamento attraverso la comunicazione di accordi di programma compiuti, di risultati conseguiti e delle risorse finanziarie impiegate; di garantire un maggiore coinvolgimento degli enti locali direttamente interessati alle aree, valorizzando il principio di sussidiarietà costituzionalmente sancito, nonché di indirizzare nel migliore dei modi le risorse provenienti dai contratti di transazione di cui alla legge n. 13 del 2009, nella speranza che non finiscano nel calderone delle consulenze e dei progetti inconcludenti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, i siti industriali inquinati, attraverso il loro risanamento finalizzato ad interventi di reindustrializzazione, accrescono, come noto, la competitività del sistema economico produttivo e la capacità di attrazione degli investimenti, agendo sulla qualità e l'efficienza. In altre parole, si tratta di un patrimonio ineguagliabile per la crescita economica, lo sviluppo economico ecosostenibile e per l'attrazione di nuovi investimenti. L'iniziativa del Governo in carica non va in questa Pag. 13direzione e, quindi, ho il dovere di scorrere la più recente memoria che spesso svanisce.
Nel dicembre 2007 la delibera CIPE n. 166 (Governo Prodi II), che riguardava l'attuazione di politica regionale comunitaria e nazionale definita nel quadro strategico nazionale 2007-2013, definisce e prevede il programma straordinario nazionale per il recupero produttivo dei siti industriali inquinati. A quel progetto furono assegnati 2 miliardi e 149 milioni per la realizzazione di interventi nelle regioni del Mezzogiorno ai quali si sommarono 409 milioni per le risorse di interesse strategico (priorità 3). Infine, con la stessa delibera, per realizzare nel centro-nord furono, inoltre, aggiunte - sempre per il progetto strategico speciale - altri 450 milioni di euro.
Sono numeri non a caso, il cui totale fu - con quella delibera - tre miliardi e 9 milioni. Di quei tre miliardi e 9 milioni due terzi degli interventi previsti erano riferiti al Mezzogiorno per le bonifiche dei siti inquinati. Onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo stiamo parlando di una bonifica che insiste, che dovrebbe insistere e che speriamo insisterà su 405 mila ettari, di cui 107 mila ettari di mare e 18 mila ettari di aree industriali, a cui si sommano gli otto siti di interesse nazionale nei porti e nelle infrastrutture del sud (8 su 13: Brindisi, Taranto, Manfredonia, Napoli, Priolo, Porto Torres, Portovesme). Per venire a quale prima considerazione, signor rappresentante del Governo? Quelle risorse finanziarie, deliberate nel dicembre del 2007, a un certo punto nel 2008 vengono distratte e spostate. Si trattava di fondi FAS. Quei fondi FAS sono stati - userò un termine che non esiste ancora - «bancomatizzati» dal conto corrente del Mezzogiorno in favore del Fondo Letta, Fondo della Presidenza del Consiglio, in direzione del Fondo infrastrutture (Fondo in capo al Ministro Matteoli), del Fondo per ammortizzatori sociali. Desidero segnalare qui, signor rappresentante del Governo, che precisamente da quei tre miliardi, due (di quei miliardi) d'un tratto nel decreto-legge n. 112 furono distratti a favore del Fondo Letta, gli altri per la loro metà al Fondo ammortizzatori e la restante parte al Fondo infrastrutture. Mi sia consentito un appunto ancora sul cosiddetto Fondo Letta che complessivamente è poi diventato un fondo di 9 miliardi da fondi FAS, alimentato esclusivamente per l'unico obiettivo della decretazione del Governo a scapito delle leggi di iniziativa parlamentare che - come sappiamo - soffrono di copertura finanziaria. Si comprende allora oggi (per tutti e spero per tutti) che questo Parlamento non produce leggi perché non c'è copertura finanziaria e i fondi sono tutti lì a Palazzo Chigi, a due passi, e a questo Parlamento gli viene semplicemente consentito di svolgere le seguenti attività: decreti-legge, voti di fiducia, mozioni, ratifiche internazionali. Allora, è poco gratificante leggere il resoconto stenografico della Ministra Prestigiacomo, quando, recentemente (il 20 ottobre scorso), in VIII Commissione sulla materia ha detto: in questi ultimi due anni sono stati sottoscritti 11 accordi per uno stanziamento complessivo di 71 milioni di euro e altri sono stati stanziati - circa 86 come detto dal collega Bratti - per le bonifiche di Pioltello, di Manfredonia, di Taranto, di Giuliano, dei laghetti di Castelvolturno, dieci - aggiungerei forse - a Crotone. Sempre in quell'audizione, la Ministra ha detto: negli ultimi due anni sono state sottoscritte 15 transazioni per un importo di oltre 110 milioni di euro. Come se le transazioni fossero il sostituto di imposta dell'intervento diretto del Governo e non l'integrazione più adatta che nella struttura legislativa e quella normativa abbiamo ancora. Allora, signora Ministra, signor rappresentante del Governo, sono cifre e realizzazioni simboliche (ovvio).
Siamo al minimalismo culturale e governativo. Perché non chiamarlo «il clamoroso insuccesso delle politiche del Ministero» o, come lo chiamano altri, «il mero certificato di esistenza in vita del Ministero dell'ambiente»?
Pertanto, signor rappresentante del Governo, occorre snellire, accelerare, investire, affidare alle regioni e, se mi è permesso, Pag. 14restituire o destinare i fondi del sud al sud per questa missione. Così tornerà la possibilità, signor rappresentante del Ministro, di coniugare, da parte sua, la prima persona del presente indicativo del verbo fare: io faccio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, nell'intervenire come deputato della Sardegna su questa importante mozione vorrei, prima di tutto, ripercorrere la lunga lista dei siti gravemente contaminati della mia regione, già oggetto di nostre denunce e di interrogazioni specifiche, come quelle dell'onorevole Schirru sui siti della Sardegna meridionale, da Portovesme all'intera zona mineraria, delle mie e dell'onorevole Calvisi sulla Sardegna del nord, da Porto Torres a La Maddalena.
Secondo una recente rilevazione di Sardegna Industriale, un bimestrale di informazione economica molto autorevole che opera da più di sessant'anni (ora anche on line), i siti inquinati e potenzialmente inquinati censiti in Sardegna sarebbero rispettivamente 261 e 486. Secondo questa classifica, per effetto di attività industriali ve ne sarebbero 43 inquinati e 42 potenzialmente inquinati; per discariche dismesse di rifiuti urbani 59 e 345; per stoccaggio idrocarburi 83; per contaminati da amianto 6; per attività minerarie dismesse 73 e 96. Vi risparmio la divisione per province e per aree geografiche, che pure è interessante e meriterebbe un'attenta valutazione da parte del Governo.
Inoltre, i dati Ispra sulla produzione totale e pro capite di rifiuti speciali in Italia ci dicono che la Sardegna ha prodotto (i dati sono del 2008) 507 chilogrammi di rifiuti non pericolosi per abitante all'anno - e questo è un dato per fortuna inferiore ai 540 della media nazionale - ma 53 chilogrammi di rifiuti pericolosi all'anno, collocandosi in quest'ultima triste classifica al top tra le regioni meridionali. È un panorama allarmante, che presenta al suo interno situazioni giunte ormai oltre i limiti del tollerabile, con gravi conseguenze sulla salute pubblica.
La Sardegna, signor Presidente, è secondo i dépliant turistici una terra felice e incontaminata, alla pari di certi paradisi esotici. Ora se, da un lato, possono confortarci i risultati raggiunti per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, dall'altro ci preoccupano molto i dati allarmanti dei rifiuti pericolosi, che fanno, invece, della Sardegna una specie di pattumiera nella quale quarant'anni di attività industriali, praticate cinicamente e al riparo da ogni controllo e spesso in disprezzo anche delle poche leggi allora vigenti, hanno prodotto un vero e proprio disastro ambientale.
L'intero sottosuolo delle aree industriali - aree spesso situate vicino al mare, in prossimità di corsi d'acqua o prossime a località turistiche di inestimabile pregio - è infarcito di sostanze inquinanti, il cui spostamento sotterraneo ha contagiato via via i territori circostanti, penetrando nelle falde acquifere e generando ulteriori avvelenamenti, dei quali spesso si ignora la portata e l'estensione.
Ricordo episodi gravissimi come quello registratosi a gennaio a Porto Torres, dove una petroliera, all'atto dello scarico, ha rovesciato in mare una grande quantità di petrolio, compromettendo un'area vastissima che giunge fino alla Gallura e all'arcipelago de La Maddalena. È notizia di ieri, apparsa sui giornali sardi, che il catrame ha raggiunto Baia Sardinia ed è già trascorso un mese e mezzo. Purtroppo, in questi decenni simili incidenti sono stati all'ordine del giorno e sono stati fronteggiati alla meno peggio da sistemi di sicurezza pieni di falle e da un'autorità pubblica che solo di recente dimostra un sufficiente grado di consapevolezza del problema e un'adeguata capacità di reazione.
Intere zone circostanti i siti industriali hanno subìto, negli anni e senza che nessuno reagisse, pesanti condizionamenti e indubitabili danni ambientali. Vi faccio qualche esempio: la miniera aurifera di Santu Miali a Furtei, dove la chiusura dell'attività ha lasciato una situazione ad Pag. 15altissimo rischio ambientale. Infatti, qui la presenza di fanghi di lavorazione in soluzione di cianuro e le incalcolabili infiltrazioni nel terreno hanno creato una vera e propria bomba ecologica.
Ricordo, altresì, i 113 i siti da recuperare tra il Sulcis Iglesiente e il Guspinese, la zona più interessata dalla vecchia attività mineraria, pari ad un'area di 13 milioni di metri quadri di superficie, con una sofferenza di 65 milioni di metri cubi di volumi residui. Ricordo ancora le mille discariche minerarie censite, occupanti 5,8 milioni di metri quadri di territorio, i 47 bacini con fanghi di flottazione e gli oltre 30 milioni di metri quadri di polveri fini disperse nei bacini idrogeografici del sud-ovest sardo.
A Porto Torres l'area interessata alle bonifiche è di 17 chilometri quadrati, quasi un quinto dell'intera superficie di quel comune. Ma la zona di Porto Torres - lo ricordo, l'ha ribadito qualcuno prima - fa parte di un sito di interesse nazionale per bonificare il quale, se si tiene conto di una media di 200 metri quadrati per le bonifiche già effettuate, occorrerebbero circa 3 miliardi e mezzo di euro.
Qui a Porto Torres la Syndial, società del gruppo ENI, ha da tempo contratto l'obbligo di realizzare la bonifica, che - stando a dichiarazioni recenti dell'amministratore delegato di tale azienda, Sergio Ippolito - prevedrebbe un investimento di 530 milioni e un programma di 13 interventi da portare a termine in un periodo compreso tra i 7 e i 10 anni. Tuttavia, ad onta delle assicurazioni ripetutamente date dall'ENI, vive preoccupazioni desta in noi il «Protocollo di intesa per la determinazione degli obiettivi di riparazione, ai fini della sottoscrizione di atti transattivi in materia di danno ambientale» - i titoli dei documenti spesso celano con la loro verbosità contenuti che divengono illegibili - un documento che, ritengo in ottemperanza al decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, sarebbe stato firmato dal Ministero dell'ambiente e che riguarda siti di interesse nazionale quali Priolo Gargallo, Brindisi, Napoli orientale, Pieve Vergonte, Crotone, Cengio, Avenza, Mantova, Gela e - appunto - Porto Torres.
Secondo le indiscrezioni apparse sul sito Indymedia e mai smentite - e ora anzi confermate dalle dichiarazioni di alcuni dirigenti ENI e dal preconsuntivo del gruppo ENI 2010 - l'accordo mirerebbe a porre l'ENI e le sue consociate al riparo da sentenze onerose, quali quella recentemente inflitta dalla corte d'appello di Torino, che ha condannato la Syndial, controllata ENI, a risarcire il Ministero dell'ambiente per un miliardo e 800 milioni di euro in riparazione dei danni causati con l'inquinamento del lago Maggiore, provocato dal sito di Pieve Vergonte. Sul tema, esiste uno studio puntuale, al quale mi riferisco e del quale ringrazio un esperto studioso di Sassari, il dottor Mario Pingerna, ed è stata da noi deputati sardi presentata un'altrettanto puntuale interrogazione, che puntualmente non ha ancora ricevuto risposta, come molte delle interrogazioni che presentiamo sopratutto su questi temi.
Leggiamo ora, da fonti ufficiali, che l'ENI quantifica in 600 milioni gli investimenti a carattere ambientale previsti nel Piano industriale 2011-2014 (nell'intero Piano per tutti i siti previsti a livello nazionale), che ribadisce il suo impegno alla realizzazione di progetti di bonifica nelle aree di sua proprietà, per un valore complessivo di 1.250 milioni, che si rende disponibile al versamento al Ministero dell'ambiente di 450 milioni di contributo per gli interventi di bonifica delle aree di proprietà pubbliche esterne alle aree di proprietà ENI e delle controllate.
È troppo poco. Appare chiaro che si tratta di cifre che valgono per l'intero territorio nazionale - lo sottolineo - largamente al di sotto di quelle che sarebbero le entità reali dei risarcimenti in relazione ai danni provocati nel tempo anche nella sola zona di Porto Torres.
Peraltro, vorrei osservare, riprendendo un'autorevole obiezione espressa dall'ANCI qualche giorno fa, nella Conferenza unificata dello scorso 5 febbraio: una transazione che chiude con un accordo tombale Pag. 16l'intero contenzioso è davvero la soluzione più equa? Non rischia, ad esempio, di escludere da ogni futura pretesa tutti quei territori che ancora non hanno avuto sentenze a favore, ma pure hanno dei diritti di fatto? E, restando alle obiezioni proposte dall'ANCI, qual è la reale possibilità di incidere delle amministrazioni locali, rappresentanti del territorio, quando l'intero risarcimento transiterà dal Ministero dell'ambiente, che poi deciderà per decreto, sia pure sentita la conferenza di servizi, peraltro priva di poteri, se e come ridistribuire quelle cifre alle parti lese? È un meccanismo che non ci piace, signora Presidente, e - come ha detto l'onorevole Bratti - abbiamo presentato degli emendamenti per cambiarlo.
Strano Paese l'Italia: si fa tanto strepito sul federalismo e poi, quando si parla di soldi, spunta sempre il centro, il superiore ministero, a fare la parte dell'asso piglia tutto e a requisire il danaro, prima che venga distribuito alla periferia.
Peraltro, le preoccupazioni circa lo stato delle bonifiche in Sardegna sono avvalorate da altri e inquietanti segnali. Nel 2009, un importante accordo di programma sulle bonifiche era stato firmato negli uffici romani del Ministero dell'ambiente. Prevedeva un finanziamento di 8 milioni e 200 mila euro per avviare la messa in sicurezza di diverse aree del sito di interesse nazionale di Porto Torres. Ma di quella somma a Porto Torres non si è visto neanche un centesimo.
Il fatto è, signora Presidente, che sulla questione delle bonifiche industriali in Sardegna abbiamo da molti anni registrato molti impegni da parte del Governo Berlusconi, spesso assunti in forma solenne in genere in occasione di viaggi e campagne elettorali del Presidente del Consiglio, ma abbiamo sempre dovuto constatare la pressoché totale assenza di risultati. La storia è lunga, forse non c'è più il tempo per ripercorrerla, voglio solo ricordare l'accordo tra la regione, all'epoca governata dal centrosinistra - c'era la giunta di Renato Soru - e il Governo Prodi, che fruttò 25 milioni di euro di fonte statale da destinare ad un primo intervento, cui si sarebbero aggiunti poi gli stanziamenti della regione sarda. Non era certo la soluzione del problema, perché solo per il Sulcis e il Guspinese occorrerebbero, secondo calcoli attendibili, circa 500 milioni di euro, ma costituiva un accettabile inizio di intervento.
Ricordo, comunque, che secondo la delibera CIPE n. 166 del 2007 le risorse da ripartire su scala nazionale nelle bonifiche industriali sarebbero dovute essere pari a più di 3 milioni di euro, a valere sui fondi FAS. I fondi FAS appunto: la Sardegna, come altre regioni del sud del resto, ha un contenzioso aperto sui fondi FAS. Subentrata la giunta di centrodestra a Cagliari e il Governo Berlusconi a Roma, i fondi FAS, assegnati alla Sardegna per questo fine come per altre importantissime opere, sono stati praticamente svuotati, sono letteralmente spariti, direi addirittura - se mi si consente il termine - sono stati saccheggiati. Sono diventati portafoglio corrente, bancomat del Governo.
Nello specifico, con delibera del CIPE del marzo 2009 - lo denunciamo espressamente nella nostra mozione - avete letteralmente cancellato le risorse per le bonifiche, esautorato i ministeri competenti e ridotto a 26 le 116 richieste di intervento urgente presentate. Fate la transazione con l'ENI, ma non garantite più i soldi per le bonifiche.
Noi siamo convinti, signor Presidente, che industria e ambiente possano, anzi debbano, convivere in Sardegna e altrove, a patto, però, che esista un quadro di regole chiaro, rigorosamente reso efficace, vigilato costantemente dall'autorità pubblica e dalla presenza attiva e partecipe delle amministrazioni locali, che in definitiva devono essere le vere garanti davanti ai cittadini.
Ci auguriamo anche, come gli sviluppi più recenti delle tecnologie produttive fanno sperare, che le forme più inquinanti di attività industriali, caratteristiche della fase storica che abbiamo alle spalle, possano essere superate da altre modalità produttive meno invasive e più rispettose dell'ambiente. Anche in Sardegna, specificamente nel nord Sardegna, in questi giorni Pag. 17si discute molto di un'iniziativa ventilata dall'ENI in consorzio con altri soggetti per radicare in quell'area la cosiddetta chimica verde. Vedremo quale sarà la proposta concreta, quali saranno le eventuali modalità esecutive e le conseguenze sull'occupazione e sull'ambiente. Certo, si segnala come una direzione interessante, forse strategica, in un futuro che ci auguriamo prossimo e al quale guardiamo con interesse.
Non si tratta però solo di riconvertire territori a lungo sfruttati dall'investimento industriale, impedendo che, con la dismissione dell'industria, siano ridotti a campi desolati di macerie. Non si tratta solo di risarcire chi ha subito il danno e di tutelare la salute dei cittadini, che è stata messa a repentaglio. Non è solo questo. Si tratta di avviare un rilancio economico e sociale di quei siti, pensando alle potenzialità che questi territori, nonostante tutto, conservano, perché hanno un intrinseco valore ambientale e potenzialmente un grande valore turistico, una volta che saranno restituiti ad un uso non più industriale.
Sotto questo profilo, signor Presidente, mi permetto di dire - e concludo - che la Sardegna, per l'immenso valore del suo insieme ambientale e per l'unicità del suo patrimonio naturalistico, va tutelata con particolare impegno e con molta maggiore consapevolezza di quanto non sia sin qui avvenuto e di quanto non abbia dimostrato di voler fare l'attuale Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il Partito Democratico, nel constatare la difficile situazione che caratterizza i territori dei siti di interesse nazionale e lo stato di pericolo che incombe sulla popolazione, ha presentato questa mozione per scuotere il Governo, affinché ponga fine alla farraginosità delle procedure di bonifica, finanziando con urgenza e con adeguate risorse gli indispensabili interventi in mancanza dei quali continueranno ad essere penalizzate le popolazioni e si rallenterà lo sviluppo economico del territorio. Siamo poi convinti che la presenza di sostanze potenzialmente pericolose nel suolo, nel sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee può produrre effetti negativi sulla salute dell'uomo e sugli ecosistemi.
Il collega Bratti, avendo ben illustrato la nostra mozione, mi esime da una riflessione complessiva sulla situazione dei 57 siti di interesse nazionale, consentendomi così di puntare esclusivamente sulla situazione che vive Crotone, che da anni aspetta l'avvio dei lavori di bonifica, recentemente finanziati con appena 10 milioni di euro.
Sito industriale e insediamento urbano a Crotone si intrecciano oggettivamente negli attesi interventi di bonifica post-produttiva. È evidente, inoltre, la plastica sovrapposizione tra soprassuolo inquinato e sottosuolo di una zona in cui sono presenti importanti siti archeologici del VII-VI secolo a.C., periodo in cui Crotone rappresentò un crocevia fondamentale per la Magna Grecia.
Dal punto di vista geologico l'area industriale sorgeva laddove sono frequenti piene fluviali improvvise e violente, che disseminano nel contesto ecologico i residui delle produzioni agricole e industriali. Per oltre mezzo secolo, fino al 1985, le acque reflue industriali sono state scaricate sulla costa marina senza alcun trattamento, provocando un processo di accumulo sui fondali di pericolose sostanze.
Ad essere contaminata sarebbe stata, in realtà, tutta l'area circostante, e non solo quella industriale delimitata dal territorio su cui sorgevano le fabbriche. Moltissimi lavoratori che hanno prestato servizio in quell'area e molti cittadini residenti vicino a tali insediamenti industriali, in cui si manipolava amianto, sarebbero tuttora esposti al rischio di contrarre gravi malattie, come confermano i dati epidemiologici.
Secondo il «Rapporto annuale su salute e ambiente in Italia» del 2001 dell'Organizzazione Pag. 18mondiale della sanità, gli eccessi osservati a Crotone, con particolare riferimento al tumore polmonare tra gli uomini, suggeriscono un possibile ruolo delle esposizioni legate alle attività industriali dell'area, soprattutto di carattere professionale. La situazione è veramente grave.
Eppure, lo smantellamento integrale delle fabbriche, programmato a partire dal 2003, attualmente non è stato ancora avviato. La sola attività di bonifica è stata quella di sarcofagare e cementare i rifiuti in una zona limitata. Gli evidenti ritardi nell'attuazione dei necessari interventi di bonifica sono dovuti ad un'inadeguatezza organizzativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma anche al ruolo giocato da molti privati, che, pur di ritardare l'esborso di somme considerevoli per gli interventi, si sono concentrati ad un'intensa attività di ricorsi.
L'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008 ha introdotto una procedura alternativa di risoluzione stragiudiziale del contenzioso. Il 23 luglio del 2009 la conferenza di servizi decisoria, istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha finalmente individuato gli interventi necessari per la bonifica del sito di Crotone, la cui esecuzione è stata affidata alla Syndial, che è titolare degli immobili dell'area. Il complesso dei lavori per il ripristino della situazione ambientale, tra l'altro, è tale da ritenere probabile un interesse sulla bonifica da parte di gruppi criminali, tesi ad infiltrarsi negli appalti per ottenere arricchimenti illeciti. È necessaria, pertanto, una straordinaria attenzione e vigilanza (so che la prefettura è molto sensibile su questo aspetto).
Nonostante la strumentazione operativa messa a disposizione dei titolari del programma di bonifica, manca comunque una definizione certa, trasparente e definitiva. Si ricava l'impressione che i titolari dell'azione agiscano con convinzione e clausole privatistiche, a carattere di step e stralci, e non in una logica di programmazione condivisa. Ciò che sembra mancare, oltre a una specifica e nuova perimetrazione del sito, che per i noti richiami epidemiologici dovrebbe assumere una configurazione più estesa, è un progetto, e con esso un approccio globale e integrale del programma di bonifica.
La bonifica industriale non può essere soggetta ad alcuna interpretazione o manomissione riduzionistica ai soli fini dell'impresa, poiché essa investe direttamente il principio costituzionale della salute e della sicurezza delle persone. Noi del Partito Democratico ci permettiamo di chiedere per il sito di Crotone, oltre ad una nuova riparametrazione, risorse adeguate per bonificare l'area e un necessario coinvolgimento della regione, della provincia e, soprattutto, del comune capoluogo, in coerenza con il principio di sussidiarietà e del rinnovato assetto istituzionale previsto dalla riforma del Titolo V della Costituzione.
La bandiera del federalismo non può essere sventolata ad ogni piè sospinto e rimessa nel cassetto ogni qual volta si tratti di valorizzare l'azione dei comuni e degli enti locali e di deresponsabilizzare gli amministratori, lasciandoli soli di fronte all'emergenza che altri hanno determinato e che la politica di questo Governo si trastulla ad affrontare.
L'esperienza ci ha dimostrato, come avvenuto in questi ultimi giorni con l'area archeologica dell'antica Kroton, che quando a gestire gli interventi sono direttamente gli enti territoriali locali i risultati si ottengono.
Per questo chiediamo che si valuti l'opportunità di individuare quale soggetto attuatore unico di tutte le prossime fasi di bonifica, conformemente a quanto è avvenuto in molte altre realtà d'Italia, il comune di Crotone.
Signor Presidente, è necessario, quindi, accelerare l'intervento di bonifica nell'area di Crotone, una delle aree con le problematiche ambientali più gravi a livello nazionale, anche per favorire opportunità di sviluppo economico, turistico e portuale, per una vera crescita del territorio.
L'emergenza ambientale di Crotone riguarda fatti già conclamati e circostanze che Pag. 19si teme possano produrre effetti ambientali ed igienico-sanitari ancora più gravi di quelli attuali. E questo vale, oltre che per la dismessa area industriale, anche per altre aree, in particolare per quelle compromesse dalla presenza di conglomerato idraulico catalizzato, messe sotto sequestro dalla magistratura circa diciotto mesi fa, per l'area archeologica il cui intervento è andato finalmente in gara e per la discarica di Tufolo-Farina, un sito tutto interno all'abitato cittadino che le caratterizzazioni hanno dimostrato essere contaminato.
Signor Presidente, è necessario che il Governo inchiodi Syndial alle proprie responsabilità.
Occorre invertire la prassi finora posta in essere e chiedere che vengano finalmente quantificate le risorse necessarie per bonificare l'intero territorio, danneggiato da ottant'anni di selvaggia industrializzazione. Per realizzare questi obiettivi bisogna coinvolgere dentro i processi gli enti territoriali interessati, a partire dal comune. Siamo sicuri che solo così si potrà avere certezza nell'attuazione e nel controllo delle operazioni di bonifica, garanzia per i tempi di esecuzione e per le modalità di espletamento degli interventi, alcuni dei quali, proprio questi giorni, sono stati interrotti da Syndial, come accaduto nella discarica di Farina di Trappeto.
Signor Presidente, per le suddette considerazioni, occorre fare presto e bene (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tortoli. Ne ha facoltà.

ROBERTO TORTOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi è dubbio che la bonifica dei siti di interesse nazionale rappresenta una problematica complessa sia per la loro estensione, oltre il 3 per cento del territorio nazionale, sia per la gravità della contaminazione e la correlata necessità di investire notevoli risorse private e pubbliche, sia, infine, per il fatto che si tratta spesso di una contaminazione storica, determinata in gran parte da imprese non più presenti sul sito e in epoche in cui era completamente assente una normativa ambientale, nonché la stessa consapevolezza degli effetti di determinate produzioni sulla salute dei cittadini e sull'ambiente.
D'altra parte, le bonifiche sono attività che richiedono tempi lunghi per la loro realizzazione, soprattutto privilegiando tecnologie in sito ed evitando, così, di trasportare all'estero o comunque in luoghi molto distanti enormi quantità di rifiuti.
È un problema che riguarda anche altri Paesi. L'EPA statunitense stima che oltre il 50 per cento dei progetti di bonifica delle falde è ancora in corso e gli Stati Uniti sono partiti almeno dieci anni prima di noi. Questo non vuol dire che non vi sia la necessità di migliorare e di rendere più veloci ed efficienti sia l'iter di approvazione dei progetti, sia le attività di realizzazione degli interventi, o che non sia necessario incrementare le risorse disponibili destinate alle bonifiche, ma sicuramente occorre evitare di lasciare passare messaggi strumentali e non corrispondenti alla realtà dei fatti, come, ad esempio, quelli che, in parte, emergono dalle mozioni presentate; basti ricordare che attraverso i siti nazionali si sta descrivendo un'Italia del passato e che, se questo Governo non ha ancora risolto il problema delle bonifiche, nessun Governo ha nemmeno mai affrontato questo problema nel nostro Paese.
La verità è che, sicuramente, vi è ancora molto da fare, ma che molti passaggi importanti sono stati comunque conclusi dall'inizio delle perimetrazioni. Sono, infatti, diverse centinaia i progetti di messa in sicurezza e di bonifica approvati ed avviati dopo un'attenta caratterizzazione delle matrici ambientali contaminate sia da parte di soggetti privati che da parte di soggetti pubblici. Non mi metto di elencare gli esempi. Ribadisco che vi è ancora molto da fare, ma che, comunque, va sottolineato che qualcosa è stato fatto. Pag. 20
Il problema non può essere rappresentato dall'asserita inadeguatezza organizzativa , a parer mio, del Ministero, ma dalla necessità di fare in modo che i soggetti privati titolari delle aree da bonificare presentino al medesimo Ministero progetti seri e tecnicamente validi. Ciò non sempre accade, sia perché tali soggetti non si ritengono responsabili della contaminazione, sia perché gli interventi di bonifica sono spesso assai costosi. Ciò può indurre a cercare di rinviare l'attività di bonifica, magari attivando un contenzioso ad oltranza rispetto alle prescrizioni impartite dai soggetti pubblici.
Tra l'altro, negli ultimi due anni si è andato ricostituendo un rapporto di confronto tra pubblica amministrazione e aziende che non ha tardato a produrre ottimi risultati, sia in termini di progetti presentati e approvati, sia in termini di transazioni stipulate sia, infine, in termini di contenzioso che si è andato, ovviamente, rapidamente riducendo. In un periodo di scarsità di risorse disponibili per la pubblica amministrazione è fondamentale puntare per il futuro allo strumento della transazione globale, che è in grado di dare certezza alle imprese, sia relativamente all'approvazione dei progetti di bonifica sia relativamente alla restituzione e agli usi legittimi delle aree di proprietà, consentendo in tal modo di riutilizzare quella parte del nostro territorio già infrastrutturata per la realizzazione di investimenti produttivi sostenibili in grado di attrarre il capitale privato. Si sottolinea, infine, che gli enti locali e in particolare le regioni sono già ampiamente coinvolti nelle procedure amministrative di gestione dei siti di interesse nazionale dal momento che partecipano alle conferenze di servizi convocate dal Ministero per l'approvazione dei progetti e che sono soggetti sottoscrittori di tutti gli accordi di programma in cui vengono stanziate le risorse per la bonifica delle aree pubbliche. Addirittura, la stessa individuazione del perimetro dei siti di interesse nazionale avviene su istanza e d'intesa con la regione stessa.
Per non parlare, poi, delle procedure transattive ed in particolare di quella prevista dall'articolo 2 della legge 27 febbraio 2009, n. 13, che in materia di transazione globale già prevede necessariamente un loro coinvolgimento all'interno di una specifica conferenza di servizi all'uopo convocata. Come dicevo, tanto occorre fare e ritengo sia necessario impegnare il Governo a dare ulteriore impulso alle operazioni di bonifica dei siti di interesse nazionale, in modo da completarne con maggiore celerità gli interventi di ripristino; a mantenere e a garantire un approccio alla bonifica ambientale uniforme su tutto il territorio nazionale; a rafforzare un effettivo e costruttivo contraddittorio tra pubblica amministrazione e privati destinatari dei provvedimenti evitando, nei limiti del possibile, l'imposizione di scelte tecniche e interventi precostituiti ma sviluppando gli stessi in relazione alla peculiarità ambientale del sito e tenendo altresì conto della loro sostenibilità; ad adeguare, se possibile, la normativa ambientale in materia, alla luce dell'esperienza maturata.
Ricordo, comunque, che, con il decreto-legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si sono modificate già sufficientemente rispetto al passato le problematiche di bonifica e credo sia giusto impegnare il Governo a promuovere lo strumento della transazione globale per reperire ulteriori fonti di finanziamento da impiegare per le bonifiche e per gli interventi di risanamento, ad agevolare i percorsi per consentire la più rapida utilizzabilità dei proventi derivanti dalle transazioni e ad assicurare comunque, al di là dei proventi derivanti dalle transazioni anzidette, la disponibilità di adeguate risorse finanziarie e strumentali da poter impiegare per l'attività di bonifica che, a parer mio, resta una delle problematiche primarie in campo ambientale nel nostro Paese e sul quale dovremmo in Parlamento misurarci da un punto di vista di priorità. Ribadisco da tempo che l'attività di bonifica e l'assetto del territorio sono i due veri, grandi problemi ambientali del nostro Paese che, invece, spesso è distratto da altre tematiche.

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PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Chiedo al Governo se intenda intervenire o si riservi di farlo successivamente.

GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire successivamente.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifiche nella composizione degli organi direttivi di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Benedetto Della Vedova ha reso noto che, in data 25 febbraio 2011, il gruppo parlamentare Futuro e Libertà per l'Italia ha proceduto al rinnovo dei suoi organi direttivi, che risultano così composti: presidente: Benedetto Della Vedova; vicepresidenti: Carmelo Briguglio, Giorgio Conte e Carmine Santo Patarino; membri del comitato direttivo: Chiara Moroni (tesoriere), Giuseppe Consolo, Aldo Di Biagio e Francesco Proietti Cosimi. Il presidente di tale gruppo si riserva di comunicare successivamente a quali deputati sarà affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico, altresì, che, con lettera in data 25 febbraio 2011, il deputato Carlo Nola, già iscritto al gruppo parlamentare Popolo della Libertà, ha chiesto di aderire al gruppo parlamentare Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà e Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-ADC, La Discussione). Il deputato Luciano Mario Sardelli, rappresentante di tale gruppo, con lettera in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 1o marzo 2011, alle 10:

Comunicazioni del Governo ai sensi dell'articolo 2, comma 4, secondo periodo, della legge n. 42 del 2009, in relazione allo schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale.

La seduta termina alle 17,45.