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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 374 di martedì 28 settembre 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 10,35.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 23 settembre 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Duilio, Fassino, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, La Malfa, La Russa, Lamorte, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tempestini, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 23 settembre 2010, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite V (Bilancio) e IX (Trasporti):
S. 2323. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, recante misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria. Proroga del termine di esercizio della delega legislativa in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di amministrazioni pubbliche» (Approvato dal Senato) (3725) - Parere delle Commissioni I, II, III (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IV, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, X, XI, XII, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Modifiche nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 23 settembre 2010, il deputato Deodato Scanderebech, già iscritto al gruppo parlamentare Popolo della Libertà, Pag. 2ha aderito al gruppo parlamentare Unione di Centro, avendo la presidenza di tale gruppo accolto la relativa richiesta con lettera in pari data.
Comunico che, con lettera in data 23 settembre 2010, il deputato Giampiero Catone, già iscritto al gruppo parlamentare Popolo della Libertà, ha aderito al gruppo parlamentare Futuro e Libertà per l'Italia, avendo la presidenza di tale gruppo accolto la relativa richiesta con lettera in pari data.
Comunico che, con lettera in data 27 settembre 2010, la deputata Souad Sbai, già iscritta al gruppo parlamentare Futuro e Libertà per l'Italia, ha aderito al gruppo parlamentare Popolo della Libertà, avendo la presidenza di tale gruppo accolto la relativa richiesta con lettera in pari data.
Comunico, infine, che il deputato Michele Pisacane, con lettera pervenuta in data 27 settembre 2010, ha reso noto di essersi dimesso dal gruppo parlamentare Unione di Centro.
Il deputato Michele Pisacane risulta pertanto iscritto al gruppo parlamentare Misto.

Discussione del disegno di legge: S. 2323 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, recante misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria. Proroga del termine di esercizio della delega legislativa in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di amministrazioni pubbliche (Approvato dal Senato) (A.C. 3725) (ore 10,37).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, recante misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria. Proroga del termine di esercizio della delega legislativa in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di amministrazioni pubbliche.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3725)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e IX (Trasporti) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la Commissione bilancio, onorevole De Angelis, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARCELLO DE ANGELIS, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, il decreto-legge del quale oggi si avvia l'esame è stato emanato lo scorso 5 agosto al fine di adottare interventi urgenti ed indifferibili in favore di imprese operanti nel settore dei trasporti, nonché ulteriori interventi di rilievo economico e finanziario, quali la proroga del termine per l'emissione dei cosiddetti Tremonti bonds e di quello per la stipulazione dell'accordo comprensivo del piano di rientro dal disavanzo sanitario tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la regione Puglia e il finanziamento della partecipazione italiana a due esposizioni internazionali.
Nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, il provvedimento si è arricchito di ulteriori disposizioni che hanno modificato sia il disegno di legge di conversione sia il testo del decreto-legge. Il quadro che ne risulta è quindi sensibilmente cambiato e contempla interventi di carattere piuttosto variegato che investono diversi settori.
In alcuni casi si tratta di interventi di manutenzione normativa, volti a superare incertezze interpretative sorte nell'applicazione di disposizioni recentemente introdotte.
Come sapete, i termini per l'esame del decreto-legge sono estremamente ristretti, Pag. 3dal momento che la conversione in legge dovrà intervenire entro il prossimo 5 ottobre.
Nel corso dell'esame in sede referente sono state oggetto di rilievi sia l'eterogeneità del provvedimento sia la scelta della maggioranza di non modificare il testo approvato dal Senato.
Riguardo alla prima questione, mi sembra vada sottolineato come, in mancanza della garanzia di tempi certi per l'approvazione dei progetti di legge, inevitabilmente i decreti-legge divengono l'occasione per interventi normativi di portata limitata, ma spesso assolutamente necessari per l'attuazione di determinate politiche.
Rispetto alla seconda problematica va osservato come l'esame del decreto-legge sia stato compresso soprattutto a causa della data di emanazione, cioè il 5 agosto. A questo punto l'opportunità di non modificare il testo va vista non solo alla luce del limitato tempo disponibile, ma anche dei rilevanti interventi di modifica operati dall'altro ramo del Parlamento, con il quale occorrerebbe preventivamente condividere ulteriori correzioni, relative peraltro ad argomenti complessi e controversi, al fine di consentire la conclusione del procedimento legislativo entro il termine costituzionale.
Nella mia relazione non affronterò le disposizioni che interessano più specificatamente la materia dei trasporti e delle comunicazioni, che verranno illustrate dal relatore per la IX Commissione (Trasporti).
In primo luogo, considerando le competenze della V Commissione (Bilancio), mi pare doveroso segnalare che il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, reca una modifica all'articolo 2 della legge di contabilità e finanza pubblica, recante la delega al Governo per l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche diverse dagli enti territoriali, nonché per l'armonizzazione della relativa tempistica di presentazione e approvazione.
In particolare, la norma differisce al 31 maggio 2011 il termine per l'adozione dei decreti legislativi attuativi della delega fissato dalla norma originaria al 1o gennaio 2011. Si tratta di una modifica che mi sembra opportuna perché consente l'adozione del decreto in un termine sostanzialmente coincidente con quello previsto per l'adozione del decreto legislativo relativo all'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali che dovrà essere adottato il 21 maggio 2010.
L'avvicinamento dei termini per l'esercizio delle due deleghe dovrebbe in particolare consentire una maggiore armonizzazione tra i contenuti dei decreti legislativi, per i quali sono previsti principi e criteri di delega sostanzialmente identici, e favorire un maggiore approfondimento dei profili tecnici del decreto previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica da parte del Comitato per i principi contabili delle amministrazioni pubbliche, che agisce in reciproco raccordo con la Commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale chiamata a partecipare all'elaborazione del decreto legislativo in materia di armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali.
L'esercizio della delega in questione appare, tra l'altro, fondamentale al fine della complessiva attuazione di due leggi approvate a larga maggioranza dal Parlamento: la legge di riforma della contabilità e della finanza pubblica e la legge sul federalismo fiscale.
Per tali ragioni credo che possano ritenersi superabili i rilievi, in linea di principio condivisibili, contenuti nel parere del Comitato per la legislazione. Il comma 1 dell'articolo 2 novella il comma 1 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 185 del 2008 ai fini della riapertura dei termini (dal 31 dicembre 2009 al 31 dicembre 2010) per la sottoscrizione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di strumenti finanziari compatibili nel patrimonio di vigilanza ed emessi da banche italiane le cui azioni sono negoziate su mercati regolamentati o da società capogruppo di gruppi bancari italiani le azioni Pag. 4delle quali sono negoziati su mercati regolamentati convertibili in azioni ordinarie su richiesta dell'emittente.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato chiesto al Governo di chiarire se tale misura autorizzi a ritenere che la crisi non possa ancora dirsi conclusa. Personalmente ritengo che mantenere tale strumento nella disponibilità degli istituti di credito non possa assolutamente ritenersi la cartina di tornasole di una crisi ancora aperta, ma esprima esclusivamente la volontà di confermare ancora per qualche tempo un'opportunità, dando ai mercati un segnale di fiducia e di stabilità.
Il comma 2 dell'articolo 2 reca una riapertura dei termini per la stipulazione dell'accordo comprensivo del piano di rientro del disavanzo sanitario tra i Ministri dell'economia e delle finanze e della salute e la regione Puglia. La disposizione consente che la suddetta regione integri entro il 30 settembre 2010 la documentazione già trasmessa al fine di procedere alla stipulazione dell'accordo medesimo entro il 15 ottobre 2010. La stessa disposizione prevede altresì che la stipulazione entro il suddetto termine faccia salvo il riconoscimento della quota di maggior finanziamento della spesa sanitaria subordinata alla conclusione dell'accordo. Tale quota, in caso di mancata conclusione dell'accordo entro il termine, si intende invece definitivamente sottratta alla competenza della regione.
Segnalo che, nel corso dell'esame presso il Senato, al medesimo comma 2 è stato aggiunto un ulteriore periodo che introduce la possibilità di differire, fino al 15 dicembre 2010, i due termini del 30 settembre e del 15 ottobre 2010, al fine di consentire una compita definizione degli adempimenti previsti.
Tale disposizione sarà attuata con un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale.
Sempre sullo stesso argomento faccio presente che è stato aggiunto un ulteriore comma, il 2-bis, all'articolo 2 in esame, che prevede, per le regioni sottoposte ai piani di rientro dei disavanzi sanitari, la non applicazione di taluni provvedimenti disposti per l'anno 2010. Si tratta, in particolare, degli incrementi automatici, nella misura dello 0,15 per cento e dello 0,30 per cento, rispettivamente per l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive e per l'addizionale regionale all'IRPEF, nonché del blocco automatico del turnover del personale e il divieto di effettuare spese non obbligatorie.
Tale disposizione prevede, altresì, che la disapplicazione delle richiamate misure sia condizionata alla verifica positiva dei piani di rientro, effettuata entro il 31 ottobre 2010 dai tavoli tecnici. Un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, dispone la non applicazione delle misure di penalizzazione citate.
Passo, quindi, alle ulteriori modifiche apportate dal Senato della Repubblica all'articolo in esame. Il comma 1-ter reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 45, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che ha disposto la soppressione del servizio consultivo ed ispettivo tributario, altrimenti noto come Secit. Segnalo che tale disposizione precisa che l'incarico onorario di esperto del Secit si intende in ogni caso cessato ad ogni effetto, sia giuridico sia economico, a decorrere dal 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del predetto articolo 45.
Il comma 1-quater reca modifiche alla disciplina della rateizzazione delle somme dovute al fisco a seguito di accertamento con adesione di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, escludendo, per il contribuente, l'obbligo di prestazione di idonea garanzia per ottenere il beneficio della dilazione del pagamento ove il debito sia inferiore a 50 mila euro.
Il comma 1-quinquies, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, prevede l'esclusione di tutte le attività economiche a prevalente carattere finanziario dall'ambito di applicazione della disciplina relativa Pag. 5alla segnalazione certificata di inizio attività, altrimenti nota come SCIA, di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990. Tale disposizione ripristina una previsione inserita, nell'ambito del comma 5 dell'articolo 19, dal decreto-legge n. 78 del 2010. Successivamente, l'intero articolo 19, comma 5, è stato abrogato dall'articolo 4 dell'allegato 4 al Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, entrato in vigore il 16 settembre 2010.
Il comma 1-sexies, attraverso una novella all'articolo 20 della legge n. 241 del 1990, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di silenzio-assenso dell'amministrazione disciplinate dal medesimo articolo. La novella è volta a superare taluni dubbi interpretativi sorti con riferimento al sopra richiamato articolo 19, comma 5, della legge n. 241 del 1990, abrogato dal Codice del processo amministrativo.
Segnalo, infine, che con la disposizione di cui al comma 2-ter, l'onere derivante dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto ai pagamenti relativi ad operazioni cofinanziate per il periodo 2007-2013 dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e dal Fondo europeo per la pesca (FEP), nonché dai regolamenti comunitari n. 1543/2000 e n. 861/2006, inserite nell'ambito di interventi a titolarità del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, pari a 25,5 milioni di euro, fa carico sulle disponibilità del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183.
La norma in esame riproduce pressoché integralmente il contenuto dell'articolo 2 del nuovo testo della proposta di legge C. 3472 sul quale la Commissione bilancio della Camera, nella seduta del 21 settembre 2010, ha già espresso parere favorevole, formulando una condizione volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Ricordo che la condizione era volta a configurare l'onere in termini di limite massimo di spesa, anziché in termini di previsione della stessa ed a specificare, inoltre, che il profilo temporale dell'onere è costituito dagli anni 2010-2015. La disposizione in esame configura l'onere in termini di limite massimo di spesa, come richiesto nel parere espresso dalla Commissione bilancio sulla proposta di legge C. 3472, senza, tuttavia, specificare l'ambito temporale nel quale si manifesta l'onere.
L'articolo 3 reca disposizioni in ordine alla partecipazione italiana a due esposizioni internazionali riconosciute da parte della 144o Assemblea generale del Bureau International des Expositions che si tenne a Parigi il 2 dicembre 2008.
Si tratta dell'esposizione internazionale «L'Oceano vivo e la Costa», che si terrà a Yeosu (Corea del Sud) nel 2012, e dell'esposizione internazionale orticola «Be part of the theatre in nature; get closer to the quality of life», che si terrà a Venlo (Paesi Bassi) nel 2012.
In particolare, si prevede l'istituzione presso il Ministero degli affari esteri del Commissariato generale del Governo italiano per la partecipazione alle due esposizioni del 2012, per l'espletamento dei compiti di carattere organizzativo, conferendo ad un decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, delle politiche agricole, alimentari e forestali, per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per il turismo, sia la nomina del Commissario generale di Governo per entrambe le esposizioni, sia la durata, l'articolazione e le modalità di funzionamento della struttura, diversamente da quanto avvenuto in passato, quando la regolamentazione della struttura amministrativa era generalmente affidata ad una disciplina di rango primario.
Il comma 2 individua gli oneri complessivi derivanti dalla partecipazione alle due manifestazioni, pari a 1,5 milioni di euro per il 2010, 2,5 milioni per il 2011 e 9,8 milioni per il 2012, prevedendo che ad essi si faccia fronte con le risorse iscritte nell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il triennio 2010-2012. Pag. 6
Analogamente, l'articolo 3-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, autorizza la spesa, per il 2010, di 125.000 euro quale contributo al funzionamento del Segretariato generale dell'Unione per il Mediterraneo, con sede a Barcellona.
In proposito, ricordo che l'Unione per il Mediterraneo (UPM) è nata ufficialmente per impulso del Presidente francese Sarkozy nel Vertice di Parigi del luglio 2008, con lo scopo di superare le difficoltà esistenti nello sviluppo del processo di cooperazione euromediterranea, lanciato a Barcellona nel novembre 1995, attraverso un maggior ruolo degli Stati nazionali. Il comma 2 reca la norma di copertura finanziaria, che anche in questo caso è reperita mediante parziale utilizzo dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri del fondo speciale di parte corrente.
Il successivo articolo 3-ter reca un'interpretazione autentica delle disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge n. 39 del 2009, in materia di interventi in favore delle popolazioni colpite dal sisma verificatosi il 6 aprile 2009 nella regione Abruzzo. In particolare, si precisa che i contributi a fondo perduto previsti dalle lettere a), e) ed e-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 39 destinati alla ricostruzione, alla riparazione o all'acquisto di immobili concessi ai privati o ai condomini debbono intendersi concessi a titolo di indennizzo, anche parziale, dei danni subiti e pertanto, ai contratti stipulati per l'esecuzione dei lavori e l'acquisizione dei beni e servizi necessari non si applicano le disposizioni dell'articolo 32 del codice dei contratti pubblici, che sottopongono alla disciplina contenuta in tale codice i lavori per la cui realizzazione sia previsto un contributo pubblico diretto e specifico che superi il 50 per cento dell'importo dei lavori.
Si tratta di una precisazione doverosa, dal momento che ovviamente le disposizioni sui contratti pubblici si applicano alla realizzazione di opere di interesse pubblico e non alla ricostruzione di edifici abitativi privati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il relatore per la Commissione trasporti, onorevole Terranova, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIACOMO TERRANOVA, Relatore per la IX Commissione. Signor Presidente, prima di illustrare le disposizioni del decreto-legge n. 125 del 2010, concernente il settore dei trasporti, ritengo utile sottolineare che il dibattito svoltosi presso le Commissioni V e IX si è particolarmente soffermato sulla questione dei pedaggi autostradali, che sono oggetto dell'articolo 1, commi 4 e 5.
Nel corso della discussione è emersa, da parte di tutti i gruppi, l'esigenza di un approfondimento della questione relativa all'introduzione di pedaggi sui raccordi autostradali gestiti da ANAS, anche alla luce delle recenti disposizioni del giudice amministrativo che, com'è noto, ha sospeso l'applicazione del DPCM del 25 giugno 2010, attuativo delle nuove disposizioni.
Sono stati altresì sollecitati chiarimenti in relazione al processo di privatizzazione di Tirrenia, in particolare per quanto concerne i crediti vantati dalle società di navigazione regionali.
In questa fase, tuttavia, considerando che l'approvazione di eventuali modifiche comporterebbe un nuovo esame del provvedimento al Senato, appare necessario privilegiare la necessità della conversione del decreto-legge in tempo utile, al fine di garantire l'entrata in vigore di norme di rilevante importanza, specialmente quelle relative alla privatizzazione del gruppo Tirrenia.
Passando alla sintetica illustrazione delle disposizioni in materia di trasporto, vanno in primo luogo evidenziate proprio le norme in tema di privatizzazione di Tirrenia Spa. In particolare, l'articolo 1, comma 1, autorizza le società del gruppo (Tirrenia Spa, Caremar, Siremar, Saremar e Toremar) ad utilizzare, per far fronte ad indifferibili esigenze di cassa, le risorse finanziarie destinate all'ammodernamento e all'adeguamento della flotta, di cui all'articolo 19, comma 13-bis, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge Pag. 7n. 102 del 2009 e quelle di cui all'articolo 19-ter, comma 19, del decreto-legge n. 135 del 2009, convertito dalla legge n. 166 del 2009.
Va ricordato in proposito che l'articolo 19, comma 13-bis, del decreto-legge n. 78 del 2009 ha previsto l'utilizzazione di risorse stanziate dalla legge finanziaria per il 2007, pari a 50 milioni di euro, iscritte in conto residui di stanziamento sul capitolo 7620 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e quelle di cui all'autorizzazione di spesa ex articolo 8, comma 4, del decreto-legge n. 159 del 2007, iscritte in conto residui di stanziamento sul capitolo 7255 dello stesso stato di previsione, pari a 14,5 milioni di euro, e ha destinato un importo pari a 49 milioni alla sovvenzione dei servizi di collegamento marittimi del gruppo Tirrenia e all'ammodernamento della flotta, e un importo pari a 9,5 milioni di euro all'adeguamento alle norme internazionali sulla sicurezza.
L'articolo 19-ter, comma 19, del citato decreto-legge n. 135 del 2009, ha a sua volta previsto di destinare la somma di 7 milioni di euro per l'anno 2009 all'ammodernamento e all'adeguamento alle norme internazionali in materia di sicurezza marittima della flotta del gruppo Tirrenia, reperibili tra le risorse iscritte in conto residui relative all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1046, della legge finanziaria per il 2007, somme non ancora impegnate al momento della entrata in vigore del decreto.
Il comma 1 in esame precisa che resta fermo il ripristino delle risorse in oggetto, al fine di consentire gli interventi di ammodernamento e adeguamento nel rispetto degli obblighi convenzionali. Il comma 5-bis interviene sul processo di dismissione di Tirrenia Spa e della controllata Siremar Spa, con la finalità di assicurare gli obiettivi di privatizzazione indicati dall'articolo 19-ter del decreto-legge n. 135 del 2009, convertito dalla legge n. 166 del 2009, garantendo la continuità del servizio pubblico di trasporto marittimo e la continuità territoriale con le isole.
Tenuto conto della già avvenuta ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle due società, disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 agosto 2010, si prevede, pertanto, in primo luogo la proroga, fino al termine della procedura di dismissione, delle convenzioni con la società di navigazione del gruppo Tirrenia, che il comma 6 del citato articolo 19-ter aveva, a sua volta, prorogato fino al 30 settembre 2010.
La norma prevede, inoltre, che: i complessi aziendali di Tirrenia e Siremar possano essere ceduti dal commissario straordinario anche separatamente; il commissario debba contenere nei tempi minimi consentiti la procedura competitiva trasparente e non discriminatoria relativa alle predette cessioni; le regioni Sardegna, Toscana, Lazio e Campania debbano completare le procedure di privatizzazione delle altre società del gruppo (Saremar, Toremar, Caremar) entro il termine di dismissione di Tirrenia e Siremar; fino al completamento delle procedure di dismissione, i finanziamenti attivati dal commissario straordinario saranno impiegati per fare fronte alle esigenze necessarie del servizio pubblico per assicurare la continuità territoriale; siano fatti salvi gli schemi di convenzione con Tirrenia e Siremar, approvati il 10 marzo 2010 con decreto interministeriale del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per consentire che le relative convenzioni vengano stipulate dal Ministero con i soggetti che risulteranno aggiudicatari a seguito della procedure di dismissione.
Si dispone, inoltre, l'esenzione fiscale per gli atti posti in essere ai fini dei trasferimenti a titolo gratuito del capitale delle società controllate del gruppo Tirrenia alle regioni, previsti dallo stesso articolo 19-ter.
Il comma 5-ter dispone infine che, per fare fronte alla gestione di criticità del settore del trasporto marittimo, connessa alle esigenze di continuità territoriale, e per favorire la conclusione dei processi di Pag. 8privatizzazione, le regioni possono utilizzare le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), relative ai programmi di interesse strategico regionale previste nella delibera del CIPE n. 1/2009 del 6 marzo 2009.
Come già accennato, l'articolo 1, comma 4, interviene sui pedaggi autostradali, prevedendo un'anticipazione al 30 aprile 2011 dell'applicazione del sistema di pedaggio su autostrade e raccordi autostradali gestiti dall'ANAS, che, secondo l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, avrebbe dovuto entrare in vigore entro il 31 dicembre 2011.
Il comma 5 dello stesso articolo 1 reca una disposizione finanziaria volta a garantire gli effetti di entrata previsti dall'articolo 15, comma 2, del citato decreto-legge n. 78 del 2010, effetti che non sono stati realizzati, a seguito della sospensione, disposta dal giudice amministrativo, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno 2010, attuativo della norma citata, con la quale si prevedeva una maggiorazione forfetaria per il pedaggio presso le stazioni delle autostrade in concessione che si interconnettono con autostrade e raccordi gestiti direttamente da ANAS.
Il comma 5 in esame prevede pertanto, per garantire la copertura delle suddette entrate, quantificate in 83 milioni di euro per l'anno 2010, una riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, della legge n. 196 del 2009 (Legge di contabilità e finanza pubblica).
Il comma 1-bis dell'articolo 2 interviene in materia di agevolazioni tariffarie per la spedizione di prodotti editoriali da parte di imprese editrici di quotidiani e di periodici. Si prevede che, nel periodo compreso fra il 1o settembre 2010 e il 31 dicembre 2012, venga sospesa l'applicazione della norma, di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 353 del 2003, che prevede il rimborso alla società Poste italiane delle somme corrispondenti alle riduzioni tariffarie applicate, e si dispone che le tariffe massime applicabili per le predette spedizioni saranno determinate con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro 15 giorni dalla data di conversione in legge del decreto, che non dovrà recare oneri per il bilancio dello Stato.
Infine, l'articolo 3-quater modifica l'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008 che, al comma 28, destina risorse finanziarie alle imprese di autotrasporto, con particolare riguardo alle aggregazioni imprenditoriali (9 milioni di euro) e alla formazione professionale (7 milioni di euro). L'articolo in esame introduce, nell'ambito di tale comma, una disposizione finalizzata a precisare che le risorse in oggetto potranno essere utilizzate indifferentemente sia per il completamento dei progetti di aggregazione o di formazione sia per l'avvio di ulteriori progetti, da attivare secondo modalità stabilite dai regolamenti già previsti dal comma 28 e con termini da fissare con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
In conclusione, riprendendo quanto già ho anticipato all'inizio della mia relazione, mi sembra opportuno riconoscere l'importanza delle questioni sollevate nel corso dell'esame da parte delle Commissioni. Come ho segnalato, si tratta in particolare delle questioni relative all'effettiva erogazione dei crediti vantati dalle società di navigazione regionali nei confronti di Tirrenia e alle modalità di applicazione degli aumenti dei pedaggi, per altro imposti da effettive esigenze finanziarie, in modo da escludere un impatto negativo sul traffico urbano e, soprattutto, su coloro che si muovono per esigenze di studio e di lavoro.
Come è stato evidenziato nel dibattito in sede referente, sono questioni di cui sia il Governo sia la maggioranza sono ben consapevoli. Per questo ritengo che si debba ribadire la volontà, già espressa di fronte alle Commissioni riunite, di affrontare questi problemi, nel primo caso, contestualmente alla gestione in amministrazione straordinaria di Tirrenia e, nel secondo caso, nella fase di definizione, per gli Pag. 9aspetti operativi, delle misure in materia di pedaggi dettate dal decreto-legge n. 78.
Rispetto al testo del decreto-legge in esame, tuttavia, non posso che sottolineare di nuovo l'esigenza di evitare modifiche per pervenire alla conversione in legge entro i termini stabiliti dalla Costituzione, in quanto il decreto-legge stesso reca disposizioni di indubitabile necessità e urgenza, quali quelle che consentono al gruppo Tirrenia di proseguire la propria attività, individuando e mettendo a disposizione le risorse necessarie, definendo le modalità della privatizzazione e prorogando le convenzioni in essere.
A quest'ultimo riguardo mi pare opportuno segnalare che l'urgenza non è dettata soltanto dalla ristrettezza dei tempi per la conversione, dovuta anche al fatto che, come è ben noto, entrambi i rami del Parlamento saranno impegnati questa settimana dalle comunicazioni che saranno rese dal Presidente del Consiglio. Occorre anche evidenziare che il testo del provvedimento in esame reca una disposizione, introdotta dall'emendamento approvato dal Senato con cui è stato definito il percorso della privatizzazione, per effetto della quale sono state prorogate le convenzioni in essere con la società Tirrenia e con le società di navigazione regionali, che sono in scadenza il 30 settembre. Come previsto da tale disposizione, la proroga decorre dal 1o ottobre 2010 e, trattandosi di un emendamento approvato in fase di conversione, avrà efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione nella Gazzetta Ufficiale. Anche per questo motivo, è necessario che si pervenga in tempi rapidi all'approvazione della legge di conversione del decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Gasbarra. Ne ha facoltà.

ENRICO GASBARRA. Signor Presidente, credo che la richiesta di conversione in legge del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, non possa essere accolta in quanto il disegno di legge di conversione - come ha ricordato il relatore - contiene elementi di grande criticità e di forte preoccupazione. Si tratta di elementi che già erano contenuti nella manovra finanziaria - il decreto-legge n. 78 del 2010 - la quale, in un momento così difficile per il nostro Paese a causa della crisi economica, consentiva all'ANAS di applicare, nei raccordi e nelle linee gestite dall'ANAS, l'aumento dei pedaggi.
In virtù di questo provvedimento, prima fra tutte le amministrazioni locali, la provincia di Roma è intervenuta facendo ricorso ai tribunali amministrativi per impedirne l'applicazione. Avendo ottenuto giustizia e avendo impedito l'applicazione dell'aumento della tariffazione, il Governo è stato costretto, il 5 agosto, ad emanare un provvedimento essenzialmente rivolto alla Tirrenia, ma anche a ripristinare gli aumenti che i tribunali amministrativi, su iniziativa dei rappresentanti delle istituzioni locali e dei cittadini, avevano impedito.
Dunque, mi sembra che si voglia far «rientrare dalla finestra» ciò che il tribunale aveva, ovviamente, impedito. Come lo si fa rientrare? Autorizzando l'ANAS - con questo decreto-legge, in pieno agosto, in pieno silenzio - ad anticipare ad aprile 2011 la possibilità di applicare il pedaggio su circa 1.300 chilometri di strade. Si interviene nei raccordi autostradali, nelle diramazioni e nelle autostrade, quali: il grande raccordo anulare di Roma, la Roma-Fiumicino, la Firenze-Siena, la Salerno-Avellino, la A18 diramazione di Catania, la A19 Palermo-Catania, la A19 diramazione per via Giafar, la A29 Palermo-Mazara del Vallo, la A29 diramazione Alcamo-Trapani, la diramazione per Birgi, per Punta Raisi e il raccordo per via Belgio, la Catania-Siracusa, la tangenziale ovest di Catania e i raccordi autostradali di Reggio-Calabria, Scalo Sicignano-Potenza, Bettolle-Perugia, Ferrara-Porto Garibaldi, Benevento, Torino-Aeroporto di Pag. 10Caselle, Ascoli-Porto d'Ascoli, Chieti-Pescara, Trieste e Trieste-diramazione Fernetti.
Credo che le scelte contenute nella finanziaria - tra l'altro, scelte drastiche che hanno privato gli enti locali di importanti trasferimenti - abbiano una duplice valenza negativa: al Lazio sono stati tolti circa 400 milioni di euro per investimenti sul trasporto e in più si è autorizzata l'ANAS ad intervenire per l'applicazione del pedaggio.
A mio avviso, la vita dei pendolari è già molto difficile e vessata: con la conversione del decreto-legge al nostro esame si andrà ad autorizzare un intervento che vesserà ancora di più i milioni di cittadini che sono costretti ad usare l'auto in mancanza di una politica forte delle infrastrutture, in particolare nel centro Italia.
Abbiamo visto come tra le opere indicate dal CIPE nella torta la parte maggiore la facciano Lombardia e Veneto, cui vanno circa il 35 per cento degli interventi, mentre alle rimanenti regioni spetta solo il 70 per cento. Si chiede, inoltre, la tassazione dei raccordi autostradali come il GRA, per il quale non è stata ancora completata la terza corsia più volte annunciata (l'ultimo annuncio sanciva, come data ultima imprescindibile, il mese di marzo di quest'anno, ma ancora tale corsia non è stata completata).
L'ANAS stessa ha addirittura parlato dell'esigenza - per la mobilità dell'area romana - dell'intervento di un secondo anello del raccordo autostradale intorno a Roma, ma ciò rimane lettera morta, perché non vi è alcuna notizia di questa opera infrastrutturale, se non nel libro dei sogni delle 398 opere contenute nel piano di investimenti infrastrutturali e che sono ferme perché in gran parte non finanziate.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il relatore Terranova ha detto - a seguito del dibattito avvenuto nelle Commissioni - che i punti posti sul tema dei pedaggi dovranno essere affrontati ancora e meglio delineati. Tuttavia, si va avanti: si è andato avanti nell'approvazione della legge finanziaria, che consentiva l'applicazione dei pedaggi, e si va avanti oggi con la conversione di questo decreto-legge, che anticiperà l'applicazione dei pedaggi ad aprile.
Credo, invece, che bisogna cogliere l'occasione per intervenire nella conversione di questo decreto-legge, per modificarlo e per fermare l'applicazione dei pedaggi, anche perché a settembre l'ANAS ha emanato un bando di gara per la realizzazione dei sistemi tecnologici per l'applicazione dei pedaggi.
Come si potrà tornare indietro rispetto all'applicazione dei pedaggi? Come si potrà consentire che questa vessazione non venga messa in atto? Con un ordine del giorno, come propongono alcuni colleghi del Popolo del Libertà? A fronte di due approvazioni, un ordine del giorno può essere un'iniziativa, a volte disperata, delle opposizioni, ma da parte della maggioranza, se veramente si volesse impedire che ancora una volta i pendolari paghino il prezzo di queste scelte, si dovrebbe intervenire bloccando il provvedimento che autorizza l'ANAS all'applicazione dei pedaggi.
A tale proposito il gruppo del Partito Democratico ha presentato alcuni emendamenti all'articolo 1, commi 4 e 5, per bloccare l'anticipazione dell'applicazione del pedaggio da dicembre ad aprile: in tal modo si consentirebbe di ridiscutere l'applicazione dell'installazione dei caselli tecnologici per il pagamento dei pedaggi.
Questo è l'unico intervento necessario, il resto sono chiacchiere, che credo abbiano portato a non raccontare la verità ai cittadini sui 1.300 chilometri per i quali l'ANAS applicherà il pedaggio. In particolare, essendo un deputato di Roma, credo che si siano ingannati i cittadini romani, rassicurati dalle parole del sindaco di Roma.
Quest'ultimo più volte ha detto che non ci sarà mai l'applicazione di un pedaggio sul raccordo anulare e, addirittura, aveva usato parole forti affermando che qualora fosse stato installato un casello per il pedaggio sul raccordo di Roma avrebbe preso la macchina e lo avrebbe demolito. Ecco, invece, il casello, che presenta anche delle nuove e importanti applicazioni tecnologiche. Infatti, non vi sarà materialmente Pag. 11un casello, come si può dedurre dal bando che è stato pubblicato dall'ANAS, ma vi saranno dei sofisticati mezzi tecnologici che consentiranno l'applicazione del pedaggio attraverso le nuove applicazioni, appunto, tecnologiche. A partire da aprile questo meccanismo sarà applicato sulla rete di 1.300 chilometri. Allora delle due l'una: o il sindaco ha ingannato i romani o i romani e il sindaco sono stati ingannati dal Governo.
Credo che per fare chiarezza rispetto a questo passaggio si debba intervenire per modificare questa parte contenuta nel provvedimento di conversione del decreto-legge e impedire, quindi, l'applicazione di questa norma. Onorevoli colleghi, non si tratta di giocare alla demagogia. Il Governo, con la legge finanziaria, ha detto stop al finanziamento dell'ANAS e ha chiesto all'ANAS di dotarsi di risorse proprie e di riuscire, attraverso un nuovo piano industriale, ad ottimizzare la sua rete stradale per non ricorrere più al sostegno finanziario del Governo.
Credo, dunque, che questa scelta sia sbagliata, che avviene proprio in un momento di difficoltà e di crisi. Arterie così importanti sono utili ai pendolari e all'economia che grava intorno alle città. È utile all'economia di questa città, che vede un'azione rivolta alla mobilità che è ridotta nelle infrastrutture ma forte nei numeri. A Roma vi sono circa 7 milioni e mezzo di spostamenti a fronte della mancanza di grandi infrastrutture. A questo la legge finanziaria ha risposto detraendo sostegno alle infrastrutture ferroviarie. Pertanto, il 70 per cento degli spostamenti avviene su gomma.
Credo che dovremmo sentirci capitale del Paese e far sentire Roma patrimonio dell'intera nazione. Certamente, stando agli ultimi eventi, riceviamo costantemente offese da parte non solo degli esponenti di alcune formazioni politiche - e questo potrebbe rientrare nell'ambito della dialettica politica - ma addirittura offese da parte dei ministri che, con battute o non battute, hanno sempre come punto di riferimento l'antipatia verso Roma. Ma l'antipatia, in questo caso, si trasforma in un'ulteriore vessazione. Far pagare ai pendolari romani e all'economia romana un ulteriore gabello a uno Stato che, francamente, gli è abbastanza «matrigno» credo che sia l'ulteriore e più pesante offesa che anche oggi avrà il suo corso nell'approvazione della conversione di questo decreto-legge.
In altri Paesi d'Europa si vuole più bene alle proprie capitali e se ne riconosce il ruolo centrale ed importante e anche negli interventi che si fanno in materia di trasporto vengono riconosciute alla capitale e agli snodi delle grandi arterie cittadine la capacità e la forza di una comunità che sviluppa economia e lavoro.
Non esiste nessuna capitale europea in Europa che applica il pedaggio all'interno dei propri raccordi autostradali di collegamento da e per la città. Non esiste a Berlino sull'autostrada 10; non esiste a Parigi sui 35 chilometri e i 34 svincoli attorno alla capitale, non esiste a Londra con i suoi 188 chilometri e le sue 31 uscite, non esiste a Madrid nei suoi 32 chilometri e gli altri 62 chilometri anulari che sono completamente gratuiti. Da aprile esisterebbe nei 1300 chilometri di Roma e delle altre città che sono elencate e contenute in questo provvedimento. Credo quindi che questo decreto-legge debba essere emendato e corretto se veramente c'è la volontà di correggere e non applicare il pedaggio autostradale sulla rete dei 1300 chilometri.
Lo si può fare tranquillamente, al di là della scadenza del 5 ottobre, prevedendo una corsia preferenziale per il ritorno immediato in Senato, oppure lo si può fare emanando un nuovo decreto-legge. Quindi non ci si nasconda dietro a un dito: se si vuole impedire l'applicazione di questi pedaggi che andrebbero a gravare fortemente su gran parte dei lavoratori e delle famiglie italiane si intervenga nella modifica e si emendi il provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il Pag. 12gruppo dell'Italia dei Valori affronta la discussione di questo provvedimento con forte criticità perché, se da una parte è convinto della necessità di dare risposte alle migliaia di lavoratori interessati dalla vicenda della privatizzazione della Tirrenia navigazione Spa e delle società collegate, e che sia comunque imprescindibile garantire il servizio di cabotaggio marittimo e la continuità territoriale delle isole con la terraferma, dall'altra è del tutto critico sul modo con il quale il Governo e la maggioranza abbiano inteso approntare questo delicato passaggio.
È una vicenda lunga che vede l'Unione europea regolare il trasporto marittimo con il regolamento 3577 del 1992 nel quale il Paese italiano è effettivamente in mora dal 1o gennaio del 1999, epoca in cui doveva adeguarsi al principio secondo il quale per i suoi trasporti marittimi doveva garantire la possibilità di convenzionarsi con società di navigazione, ma nella logica della non discriminazione e del pari trattamento tra armatori, siano essi pubblici o privati.
Qui, invece, abbiamo avuto una vicenda di proroghe successive non sempre imputabili al Governo di centrodestra. Tuttavia siete riusciti a demolire nel giro di un mese e mezzo una storia di navigazione così blasonata, che per quasi cent'anni ha rafforzato la sua presenza sul Mediterraneo garantendo lavoro e sviluppo a questo settore trasportistico. Cent'anni di storia buttati nella pattumiera dal 13 luglio, ossia da quando abbiamo assistito in Commissione trasporti all'audizione del Viceministro Vegas, il quale ci ha in qualche modo rassicurato rispetto alle preoccupazioni che già in quell'occasione avevamo rappresentato sulla delicatezza della privatizzazione affiancata ad un provvedimento, come quello che discutevamo allora, che garantiva uno scudo giudiziario a tutte le componenti societarie (amministratori delegati, collegio sindacale, consiglio di amministrazione) in una logica di garanzia e di trasparenza di un'operazione così delicata su un mercato che si affacciava timidamente, cautelativamente e cautamente a questo appuntamento.
Siete riusciti a far scappare tutti! Con queste norme così insidiose e con questa sorta di zona d'ombra sui bilanci e sulla gestione di queste società, siete stati capaci di far scappare tutti quelli che erano potenzialmente interessati all'acquisto di queste società. A gennaio vi erano 16 cordate di armatori interessate a rilevare queste società, a luglio ne era rimasta solo una anche se di dubbia privatizzazione vista la partecipazione preponderante della regione Sicilia in quel contesto di Mediterranea holding e anche lì, alla fine, non siete riusciti a chiudere l'operazione.
Ci siamo lasciati in quest'Aula il 4 agosto con le notizie che rimbalzavano sulla stampa di imminente sottoscrizione di questo accordo di cessione delle quote, ci siamo salutati per le ferie agognate, e il giorno dopo il Governo ha disposto l'amministrazione straordinaria e messo in insolvenza le società che qualche settimana più tardi venivano dichiarate insolventi dal tribunale di Roma.
Vi è stato un precipitare di eventi che lascia interdetti e mette in forte discussione la capacità gestionale, da parte del Governo e da parte di Fintecna, rispetto ad un meccanismo che aveva un suo disegno anche abbastanza ordinato e che siete stati capaci di stralciare e dilapidare mettendo a rischio migliaia di lavoratori e mettendo così anche in ambascia quelle società regionali e quelle regioni che, nel frattempo, fidandosi di voi, del Governo, avevano acquisito gratuitamente queste società con la buona fede e la buona volontà di privatizzarle a loro volta.
Non mi capacito di come la leggerezza con cui il Governo sta gestendo questa vicenda non abbia avuto ancora oggi una eco forte e significativa nel parco mediatico. Altro che Alitalia, questa forse è una vicenda ancora più deteriore di quella di Alitalia che ha creato la socializzazione delle perdite, l'indebitamento statale, il licenziamento e la cassa integrazione straordinaria per migliaia di dipendenti e la perdita di quei crediti che lo Stato aveva concesso ad Alitalia con il feticcio del prestito temporaneo a breve scadenza. Sono stati bruciati 300 milioni di euro in Pag. 13un batter di cinghia. Questa vicenda è ancora più grave perché, di fatto, ha una potenzialità di ricaduta negativa a catena sia sui compendi aziendali già ceduti alle regioni sia su quello che era il progetto industriale di Fincantieri, che è un'altra delle società partecipate dalla Fintecna.
È di questi giorni la notizia di tagli per migliaia di dipendenti del gruppo Fincantieri, che è insediato in tante parti della nostra costa italiana. Io sono del Friuli-Venezia Giulia, e abbiamo una sede a Monfalcone, ma penso anche a Genova, Palermo, Napoli e quant'altre. Si tratta di migliaia di dipendenti che evidentemente oggi non potranno più lavorare visto che, con il fallimento di Tirrenia e delle società collegate e controllate, tutto il piano industriale che il Governo Prodi aveva finanziato (mettendo quei soldi che oggi voi dilapidate per le spese correnti) adesso si mette in discussione. Non ci saranno più le commesse, né i rinnovamenti di flotte ipotizzati e noi stiamo assistendo a questa sorta di sfacelo complessivo di un patrimonio aziendale nazionale costruito per decenni, per quasi un secolo. Nel giro di un mese e mezzo siete stati capaci di dissolvere questo patrimonio e di metterlo comunque in ginocchio con una prospettiva di un orizzonte buio e tempestoso come quello che le navi della Tirrenia mai hanno affrontato nel pur pacifico mar Mediterraneo.
Il fatto che questa insolvenza sia stata dichiarata, signor sottosegretario Giachino, ha già determinato la paralisi sostanziale dei processi di privatizzazione regionale. Ho qui la deliberazione della regione Sardegna del 15 settembre 2010 con la quale l'assessore regionale ai trasporti (di una giunta che dovrebbe essere amica del Governo visto che è comandata dal presidente Cappellacci) prende atto che con questo fallimento i crediti vantati da Saremar presso Tirrenia (e non si parla di «bruscolini», ma di 11,5 milioni di euro) passano in cavalleria.
La regione Sardegna invita alla calma, dal momento che hanno fatto tutta una serie di passaggi: dalla cessione delle quote delle azioni il 26 novembre 2009 (il giorno successivo all'entrata in vigore della legge n. 166 del 2009). Il 12 maggio 2010 hanno proceduto alla nuova nomina del consiglio di amministrazione interamente nominato dalla regione con la revoca del vecchio. Il 21 luglio 2010 hanno adottato il nuovo piano industriale, il nuovo statuto, l'aumento di capitale sociale. Il 31 luglio 2010 l'assessorato ai trasporti regionale dà atto di aver predisposto tutti gli atti amministrativi per la pubblicazione del bando di gara per privatizzare Saremar. Adesso il 15 settembre prende atto che con questa situazione di incertezza sul recupero di 11,5 milioni di euro tutto questo procedimento rimane in stand by.
Infatti, giustamente la regione ha richiesto al tavolo tecnico della conferenza Stato-regioni del 23 settembre al Governo di pagare questi debiti, di farsene carico e di garantire che queste società alle quali avete regalato questi patrimoni non trovino nell'uovo di Pasqua un boccone avvelenato. In Commissione noi dell'Italia dei Valori abbiamo predisposto e proposto un emendamento teso quanto meno a garantire pari dignità di privilegio a questi crediti rispetto a quelli delle banche. Non eravate voi quelli delle tasse alle banche e ai petrolieri? Di fronte a questi provvedimenti vediamo, invece, quanta indulgenza voi abbiate verso il sistema bancario e anche in questo provvedimento c'è la proroga dei Tremonti bond, anche se questa iniziativa non ha avuto grande successo con buona pace del Ministro Tremonti, ma tant'è. Abbiamo proposto in Commissione la possibilità di dare il privilegio anche a questi crediti. L'avete bocciata e avete sbattuto la porta in faccia non ad un emendamento dell'Italia dei Valori, ma a tutte le regioni a cui avete ceduto i pacchetti azionari che vi tirano per la giacca, vi chiedono di mantenere fede a questi impegni, di non giocare con le tre carte come siete soliti fare in troppe occasioni.
Questa vicenda della Saremar e della Sardegna non è isolata: la stessa cosa sta accadendo in Toscana, nel Lazio e in Campania.
C'è questo momento di grande trepidazione, di grande difficoltà, di grande Pag. 14incertezza che il fallimento di Tirrenia navigazione Spa e di Siremar ha in qualche modo fatto deflagrare e di questa situazione voi che siete al Governo dovete assumervi la responsabilità e la maggioranza, a sua volta, non può fare lo struzzo.
Vi sono poi altre criticità sulle quali vogliamo puntare il nostro dito. In particolare, stabilite l'utilizzo dei fondi FAS per garantire la continuità territoriale delle società regionali che avete ceduto alle regioni, e in questa situazione esplicitate, una volta di più, la vostra poca programmazione, la poca capacità di gestione, perché questi fondi FAS avevano già avuto una loro destinazione con delibera del CIPE, avevano una loro finalità, che è tipica dei Fondi strutturali per le aree sottosviluppate, tesa a rafforzare l'aspetto industriale, ad incentivare lo sviluppo strategico alle regioni.
Qui, invece, voi trasformate dei fondi strutturali che dovevano avere per loro natura una valenza di competenza pluriennale e, ricordo per incidens, che i fondi FAS hanno una minima capacità di spesa per i primi anni e una implementazione di spesa per gli anni successivi. Ebbene, voi avete piegato tutto questo ai vostri interessi emergenziali consentendo che questi fondi vengano dilapidati per la spesa corrente della continuità territoriale delle società regionali.
I fondi FAS non sono un bancomat, sono una cosa un pochino più seria, eppure sembra che di questo non abbiate molta consapevolezza. Ci saranno forse anche delle ripercussioni a livello comunitario: non so se questi fondi FAS così spesi, o diciamo non investiti in opere strutturali, ma per la spesa corrente, un domani non vengano forse anche richiesti indietro dalla Commissione europea, dall'Unione europea, perché non possono essere spesi a Tremonti piacendo!
Inoltre vi è un'altra criticità che concerne tutte quelle risorse che abbiamo destinato per il rinnovamento della flotta, per l'adeguamento alla sicurezza internazionale dei trasporti, che non sono bazzecole, mi pare, perché se l'altro ieri abbiamo assistito all'incidente di Genova per un disguido tecnico, evidentemente il tema della sicurezza deve sempre essere ben presente ed è imperativo considerarlo prioritario; ebbene, voi oggi utilizzate tutti questi soldi per la spesa corrente.
Vi è una norma che non ho capito in cosa consista perché voi stabilite il principio che questi soldi oggi si spendono, pure velocemente, ma che in realtà dovranno essere ripristinati quanto prima e nella relazione tecnica ci dite che tale norma non ha alcuna influenza sul bilancio statale perché è destinata alla società Tirrenia che dovrà ripristinare questi fondi che oggi voi autorizzate a deviare sulla spesa corrente.
Non ho capito questo meccanismo normativo, perché la società Tirrenia l'avete appena messa voi in amministrazione straordinaria, è insolvente e per essa è in corso l'opera di privatizzazione dei rami d'azienda, dei compendi aziendali; dunque non ho capito bene chi, come e a favore di chi è stabilita questa disposizione.
Mi spieghi il sottosegretario Giachino se questi fondi li metterà Tirrenia, magari giocando al Totocalcio o all'Enalotto, perché non vedo come una società insolvente possa inventarsi milioni di euro che oggi è costretta a spendere per pagare il gasolio o i marinai, o li metterà lo Stato, attraverso Fintecna, magari quando saranno già privatizzate.
I bandi che verranno enunciati per la cessione di questi compendi aziendali lasceranno nel vuoto e nell'incertezza questa posta creditoria di ripristino dei fondi? Non ho capito bene. Si tratta, secondo me, di una foglia di fico al fine di nascondere le vergogne di questo Governo, che non sa come giustificare nella legge di bilancio lo sperpero di questi soldi strutturali e allora si inventa una norma manifesto secondo la quale prima o poi bisognerà ripristinare tali fondi. È una barzelletta di fronte alla quale penso che pochi rideranno, soprattutto i dipendenti di Tirrenia e noi stessi qui in Parlamento.
Affronto un'ultima questione che non mi quadra: stabilite il rinnovo e la proroga Pag. 15delle convenzioni fino al momento in cui verranno privatizzate Tirrenia e Siremar. Quindi, a differenza di quanto avveniva nel passato, in cui le proroghe erano a data certa, stabilite una sorta di proroga sine die, con un dies incertus: non si sa se sarà il 31 gennaio, il 28 febbraio o il 31 marzo (chi lo sa? Potrebbe essere anche il 10 dicembre del 2011). Il termine è rappresentato dal momento in cui queste società, Tirrenia e Siremar, verranno privatizzate.
Ma ciò che diventa ancora più kafkiano è il fatto che voi imponete questo stesso termine - che forse il dottor D'Andrea, che è l'amministratore straordinario di queste due società e in qualche modo ha in mano le redini della procedura di privatizzazione, potrebbe anche conoscere con qualche approssimazione - anche alle regioni, stabilendo il principio che anche le regioni dovranno procedere con la privatizzazione, entro un termine (che non dipende da loro, ma da meccanismi esterni), che nessuno, oggi, può dire in quale giorno cadrà.
Questa norma diventa ancor più amletica di fronte alle criticità di cui abbiamo parlato prima: se oggi, infatti, le società regionali si trovano con il piede sospeso, non sapendo se, oltre il passo, vi sia il baratro o il terreno sicuro, voi, a questo punto, costringete le regioni a fare un qualcosa che esse stesse volevano fare e per il quale avevano già avviato il percorso, mentre oggi si trovano nell'impossibilità di capire come procedere.
Non è questione solo di buonafede o malafede delle regioni o di bilanci regionali, ma è anche questione di affidamento dei terzi. Come volete che un terzo, un armatore possa essere interessato ad acquistare questi compendi aziendali, se venti-trenta milioni di euro sono affidati a qualcosa che rappresenta un punto interrogativo (che può diventare «cinque» o «zero» o qualunque cifra diversa da quella iscritta in bilancio)?
Quindi, il provvedimento in esame porta con sé un problema di oggettiva criticità, che vorremmo venisse chiarito ed evitato: siamo i primi ad essere interessati al fatto che queste società vengano privatizzate o che vengano garantiti il mantenimento dei livelli occupazionali e la continuità territoriale, oppure al fatto che sia anche predisposto un piano aziendale per potenziare le flotte. Siamo i primi ad essere interessati a ciò, ma stiamo anche assistendo ad una manovra confusa, opaca e contraddittoria, in merito alla quale abbiamo cercato di segnalare possibili vie di uscita, senza trovare, in Commissione, alcun tipo di sensibilità.
È giusto, quindi, che in quest'Aula - e magari anche all'esterno - si sappia di tali problemi, in modo che se ne facciano carico coloro che fanno orecchie da mercante e continuano a perseverare in queste situazioni.
Affronto ora un altro aspetto che il provvedimento al nostro esame porta con sé, che riguarda la Commissione trasporti, di cui faccio parte, ossia i pedaggi autostradali.
Anche a questo riguardo, il Governo ha poco da lamentarsi con il sottosegretario Castelli, annunciando la sua critica alla magistratura, che non garantisce le decisioni del Governo, affermando che basta un qualunque giudice per mettere tutto in discussione, e così via.
Siamo in uno Stato di diritto, nel quale anche il Governo deve rispettare, esso per primo, le norme che il Parlamento si dà. Se il Governo adotta dei provvedimenti illegittimi - come quello di stabilire dei pedaggi autostradali per delle tratte che non hanno nessuna afferenza al servizio autostradale, ma sono estrinsecazione di una viabilità urbana di servizio per i pendolari, per gli studenti, per i lavoratori, che transitano su queste tratte, non con una logica di collegamento autostradale, ma con una logica di percorrenza nella cinta urbana, o in zone non servite da strade alternative - questo pedaggio autostradale si trasforma in una misura fiscale, in un balzello, odioso quanto volete, che voi imponete, tradendo le stesse finalità del concetto di pedaggio, che è il Pag. 16corrispettivo per la prestazione di un servizio.
Che servizio si configura in questo caso? Spesse volte, sul raccordo anulare di Roma - cito questo caso perché è il più vicino a quest'Aula, all'esperienza di tutti noi - ci fermiamo, incolonnati per chilometri ad aspettare che qualcosa succeda. Che pedaggio devo pagare per un servizio così deleterio, così asfittico?
Quindi, bene hanno fatto il TAR del Lazio e - nonostante il vostro ricorso - il Consiglio di Stato a confermare l'annullamento e la sospensione di questi provvedimenti, perché sono provvedimenti inconsulti, che non hanno correttezza nel loro impianto amministrativo e provvedimentale e che avete approvato in una maniera, che potremmo definire approssimativa, come spesso fatte, senza considerare l'impatto dei vostri provvedimenti, con un'esigenza di fare cassa, per eliminare il vuoto che avete determinato nei piani industriali dell'ANAS.
Certo è che anche questo provvedimento, di cui oggi discutiamo, si distingue per essere altrettanto pasticciato. Tutti i gruppi chiedono approfondimenti, l'ha ricordato l'onorevole Terranova. Occorre necessariamente distinguere il trasporto urbano pendolare da quello della viabilità autostradale. Tuttavia, nonostante tutti i gruppi avessero chiesto un approfondimento e ci sia questa consapevolezza che attraversa tutta l'Aula, si piega tutto all'esigenza contingente di arrivare all'approvazione, presto e male, di questo provvedimento.
Altro punto: con la sospensione di questi pedaggi, che erano scattati all'inizio di luglio, avete cercato di fare cassa con 89 milioni di euro, tagliando sugli altri Ministeri, ma i tagli che avete effettuato sono, a dir poco, contraddittori, rispetto ai proclami che fate in campagna elettorale o sui media, ogni volta che viene arrestato un latitante, per la solerzia della magistratura o della polizia giudiziaria.
Infatti, l'ordine pubblico o la sicurezza - a cui tanto siete votati - prendono le bastonate più forti: 6,5 milioni di euro in meno sulle missioni riferite all'ordine pubblico e alla sicurezza, al soccorso civile un altro milione e 200 mila euro in meno, all'immigrazione, all'accoglienza e alla garanzia dei diritti un milione e centomila euro in meno, non parliamo poi della scuola e dell'università.
Questa riforma Gelmini di fatto è stata una sforbiciata ai bilanci dedicati alla scuola, oltre al grembiulino e alla discussione simbolica sul crocifisso nelle scuole e nelle classi, quando poi abbiamo visto ad Adro scuole che avevano ben altri simboli, senza che il Ministro facesse una piega, ritenendo di intervenire solo dopo che è stata incalzata dalle nostre interrogazioni. Come dicevo, sulla scuola e sull'istruzione universitaria avete tagliato: circa 5,6 milioni per la scuola e 2,5 milioni per l'università; per la giustizia 3,100 milioni.
Se dovete dare fondi all'ANAS per le sue esigenze, che poi sono esigenze di tutti, di miglioramento del nostro parco stradale, trovate altre risorse. Abbiamo appena varato la riforma del codice della strada e tra le varie disposizioni vi è quella per cui il 50 per cento delle sanzioni può essere destinato all'ANAS quale proprietaria delle strade. Fate in modo che l'ANAS acquisti degli autovelox e sanzioni gli automobilisti indisciplinati. Su questi fondi penso che si possano avere significativi risultati. Ma tagliare così, penalizzando ancora di più settori strategici del nostro Paese, con l'ipotesi di vedere poi un'ANAS che spende 150 milioni di euro per il bando di gara per individuare questi nuovi dispositivi telepass, quando le risorse che verranno saranno di 300 milioni, mi pare sia veramente un'operazione dissennata, che dimostra il vostro pressappochismo e i vostri secondi fini. In queste operazioni, vedo non tanto la logica e il buonsenso quanto l'obiettivo di favorire qualche altra cordata, qualche altro gruppo di interessi, certamente non quello di favorire gli utenti e i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il Pag. 12gruppo dell'Italia dei Valori affronta la discussione di questo provvedimento con forte criticità perché, se da una parte è convinto della necessità di dare risposte alle migliaia di lavoratori interessati dalla vicenda della privatizzazione della Tirrenia navigazione Spa e delle società collegate, e che sia comunque imprescindibile garantire il servizio di cabotaggio marittimo e la continuità territoriale delle isole con la terraferma, dall'altra è del tutto critico sul modo con il quale il Governo e la maggioranza abbiano inteso approntare questo delicato passaggio.
È una vicenda lunga che vede l'Unione europea regolare il trasporto marittimo con il regolamento 3577 del 1992 nel quale il Paese italiano è effettivamente in mora dal 1o gennaio del 1999, epoca in cui doveva adeguarsi al principio secondo il quale per i suoi trasporti marittimi doveva garantire la possibilità di convenzionarsi con società di navigazione, ma nella logica della non discriminazione e del pari trattamento tra armatori, siano essi pubblici o privati.
Qui, invece, abbiamo avuto una vicenda di proroghe successive non sempre imputabili al Governo di centrodestra. Tuttavia siete riusciti a demolire nel giro di un mese e mezzo una storia di navigazione così blasonata, che per quasi cent'anni ha rafforzato la sua presenza sul Mediterraneo garantendo lavoro e sviluppo a questo settore trasportistico. Cent'anni di storia buttati nella pattumiera dal 13 luglio, ossia da quando abbiamo assistito in Commissione trasporti all'audizione del Viceministro Vegas, il quale ci ha in qualche modo rassicurato rispetto alle preoccupazioni che già in quell'occasione avevamo rappresentato sulla delicatezza della privatizzazione affiancata ad un provvedimento, come quello che discutevamo allora, che garantiva uno scudo giudiziario a tutte le componenti societarie (amministratori delegati, collegio sindacale, consiglio di amministrazione) in una logica di garanzia e di trasparenza di un'operazione così delicata su un mercato che si affacciava timidamente, cautelativamente e cautamente a questo appuntamento.
Siete riusciti a far scappare tutti! Con queste norme così insidiose e con questa sorta di zona d'ombra sui bilanci e sulla gestione di queste società, siete stati capaci di far scappare tutti quelli che erano potenzialmente interessati all'acquisto di queste società. A gennaio vi erano 16 cordate di armatori interessate a rilevare queste società, a luglio ne era rimasta solo una anche se di dubbia privatizzazione vista la partecipazione preponderante della regione Sicilia in quel contesto di Mediterranea holding e anche lì, alla fine, non siete riusciti a chiudere l'operazione.
Ci siamo lasciati in quest'Aula il 4 agosto con le notizie che rimbalzavano sulla stampa di imminente sottoscrizione di questo accordo di cessione delle quote, ci siamo salutati per le ferie agognate, e il giorno dopo il Governo ha disposto l'amministrazione straordinaria e messo in insolvenza le società che qualche settimana più tardi venivano dichiarate insolventi dal tribunale di Roma.
Vi è stato un precipitare di eventi che lascia interdetti e mette in forte discussione la capacità gestionale, da parte del Governo e da parte di Fintecna, rispetto ad un meccanismo che aveva un suo disegno anche abbastanza ordinato e che siete stati capaci di stracciare e dilapidare mettendo a rischio migliaia di lavoratori e mettendo così anche in ambascia quelle società regionali e quelle regioni che, nel frattempo, fidandosi di voi, del Governo, avevano acquisito gratuitamente queste società con la buona fede e la buona volontà di privatizzarle a loro volta.
Non mi capacito di come la leggerezza con cui il Governo sta gestendo questa vicenda non abbia avuto ancora oggi una eco forte e significativa nel parco mediatico. Altro che Alitalia, questa forse è una vicenda ancora più deteriore di quella di Alitalia che ha creato la socializzazione delle perdite, l'indebitamento statale, il licenziamento e la cassa integrazione straordinaria per migliaia di dipendenti e la perdita di quei crediti che lo Stato aveva concesso ad Alitalia con il feticcio del prestito temporaneo a breve scadenza. Sono stati bruciati 300 milioni di euro in Pag. 13un batter di ciglia. Questa vicenda è ancora più grave perché, di fatto, ha una potenzialità di ricaduta negativa a catena sia sui compendi aziendali già ceduti alle regioni sia su quello che era il progetto industriale di Fincantieri, che è un'altra delle società partecipate dalla Fintecna.
È di questi giorni la notizia di tagli per migliaia di dipendenti del gruppo Fincantieri, che è insediato in tante parti della nostra costa italiana. Io sono del Friuli-Venezia Giulia, e abbiamo una sede a Monfalcone, ma penso anche a Genova, Palermo, Napoli e quant'altre. Si tratta di migliaia di dipendenti che evidentemente oggi non potranno più lavorare visto che, con il fallimento di Tirrenia e delle società collegate e controllate, tutto il piano industriale che il Governo Prodi aveva finanziato (mettendo quei soldi che oggi voi dilapidate per le spese correnti) adesso si mette in discussione. Non ci saranno più le commesse, né i rinnovamenti di flotte ipotizzati e noi stiamo assistendo a questa sorta di sfacelo complessivo di un patrimonio aziendale nazionale costruito per decenni, per quasi un secolo. Nel giro di un mese e mezzo siete stati capaci di dissolvere questo patrimonio e di metterlo comunque in ginocchio con una prospettiva di un orizzonte buio e tempestoso come quello che le navi della Tirrenia mai hanno affrontato nel pur pacifico mar Mediterraneo.
Il fatto che questa insolvenza sia stata dichiarata, signor sottosegretario Giachino, ha già determinato la paralisi sostanziale dei processi di privatizzazione regionale. Ho qui la deliberazione della regione Sardegna del 15 settembre 2010 con la quale l'assessore regionale ai trasporti (di una giunta che dovrebbe essere amica del Governo visto che è comandata dal presidente Cappellacci) prende atto che con questo fallimento i crediti vantati da Saremar presso Tirrenia (e non si parla di «bruscolini», ma di 11,5 milioni di euro) passano in cavalleria.
La regione Sardegna invita alla calma, dal momento che hanno fatto tutta una serie di passaggi: dalla cessione delle quote delle azioni il 26 novembre 2009 (il giorno successivo all'entrata in vigore della legge n. 166 del 2009). Il 12 maggio 2010 hanno proceduto alla nuova nomina del consiglio di amministrazione interamente nominato dalla regione con la revoca del vecchio. Il 21 luglio 2010 hanno adottato il nuovo piano industriale, il nuovo statuto, l'aumento di capitale sociale. Il 31 luglio 2010 l'assessorato ai trasporti regionale dà atto di aver predisposto tutti gli atti amministrativi per la pubblicazione del bando di gara per privatizzare Saremar. Adesso il 15 settembre prende atto che con questa situazione di incertezza sul recupero di 11,5 milioni di euro tutto questo procedimento rimane in stand by.
Infatti, giustamente la regione ha richiesto al tavolo tecnico della conferenza Stato-regioni del 23 settembre al Governo di pagare questi debiti, di farsene carico e di garantire che queste società alle quali avete regalato questi patrimoni non trovino nell'uovo di Pasqua un boccone avvelenato. In Commissione noi dell'Italia dei Valori abbiamo predisposto e proposto un emendamento teso quanto meno a garantire pari dignità di privilegio a questi crediti rispetto a quelli delle banche. Non eravate voi quelli delle tasse alle banche e ai petrolieri? Di fronte a questi provvedimenti vediamo, invece, quanta indulgenza voi abbiate verso il sistema bancario e anche in questo provvedimento c'è la proroga dei Tremonti bond, anche se questa iniziativa non ha avuto grande successo con buona pace del Ministro Tremonti, ma tant'è. Abbiamo proposto in Commissione la possibilità di dare il privilegio anche a questi crediti. L'avete bocciata e avete sbattuto la porta in faccia non ad un emendamento dell'Italia dei Valori, ma a tutte le regioni a cui avete ceduto i pacchetti azionari che vi tirano per la giacca, vi chiedono di mantenere fede a questi impegni, di non giocare con le tre carte come siete soliti fare in troppe occasioni.
Questa vicenda della Saremar e della Sardegna non è isolata: la stessa cosa sta accadendo in Toscana, nel Lazio e in Campania.
C'è questo momento di grande trepidazione, di grande difficoltà, di grande Pag. 14incertezza che il fallimento di Tirrenia navigazione Spa e di Siremar ha in qualche modo fatto deflagrare e di questa situazione voi che siete al Governo dovete assumervi la responsabilità e la maggioranza, a sua volta, non può fare lo struzzo.
Vi sono poi altre criticità sulle quali vogliamo puntare il nostro dito. In particolare, stabilite l'utilizzo dei fondi FAS per garantire la continuità territoriale delle società regionali che avete ceduto alle regioni, e in questa situazione esplicitate, una volta di più, la vostra poca programmazione, la poca capacità di gestione, perché questi fondi FAS avevano già avuto una loro destinazione con delibera del CIPE, avevano una loro finalità, che è tipica dei Fondi strutturali per le aree sottosviluppate, tesa a rafforzare l'aspetto industriale, ad incentivare lo sviluppo strategico alle regioni.
Qui, invece, voi trasformate dei fondi strutturali che dovevano avere per loro natura una valenza di competenza pluriennale e, ricordo per incidens, che i fondi FAS hanno una minima capacità di spesa per i primi anni e una implementazione di spesa per gli anni successivi. Ebbene, voi avete piegato tutto questo ai vostri interessi emergenziali consentendo che questi fondi vengano dilapidati per la spesa corrente della continuità territoriale delle società regionali.
I fondi FAS non sono un bancomat, sono una cosa un pochino più seria, eppure sembra che di questo non abbiate molta consapevolezza. Ci saranno forse anche delle ripercussioni a livello comunitario: non so se questi fondi FAS così spesi, o diciamo non investiti in opere strutturali, ma per la spesa corrente, un domani non vengano forse anche richiesti indietro dalla Commissione europea, dall'Unione europea, perché non possono essere spesi a Tremonti piacendo!
Inoltre vi è un'altra criticità che concerne tutte quelle risorse che abbiamo destinato per il rinnovamento della flotta, per l'adeguamento alla sicurezza internazionale dei trasporti, che non sono bazzecole, mi pare, perché se l'altro ieri abbiamo assistito all'incidente di Genova per un disguido tecnico, evidentemente il tema della sicurezza deve sempre essere ben presente ed è imperativo considerarlo prioritario; ebbene, voi oggi utilizzate tutti questi soldi per la spesa corrente.
Vi è una norma che non ho capito in cosa consista perché voi stabilite il principio che questi soldi oggi si spendono, pure velocemente, ma che in realtà dovranno essere ripristinati quanto prima e nella relazione tecnica ci dite che tale norma non ha alcuna influenza sul bilancio statale perché è destinata alla società Tirrenia che dovrà ripristinare questi fondi che oggi voi autorizzate a deviare sulla spesa corrente.
Non ho capito questo meccanismo normativo, perché la società Tirrenia l'avete appena messa voi in amministrazione straordinaria, è insolvente e per essa è in corso l'opera di privatizzazione dei rami d'azienda, dei compendi aziendali; dunque non ho capito bene chi, come e a favore di chi è stabilita questa disposizione.
Mi spieghi il sottosegretario Giachino se questi fondi li metterà Tirrenia, magari giocando al Totocalcio o all'Enalotto, perché non vedo come una società insolvente possa inventarsi milioni di euro che oggi è costretta a spendere per pagare il gasolio o i marinai, o li metterà lo Stato, attraverso Fintecna, magari quando saranno già privatizzate.
I bandi che verranno enunciati per la cessione di questi compendi aziendali lasceranno nel vuoto e nell'incertezza questa posta creditoria di ripristino dei fondi? Non ho capito bene. Si tratta, secondo me, di una foglia di fico al fine di nascondere le vergogne di questo Governo, che non sa come giustificare nella legge di bilancio lo sperpero di questi soldi strutturali e allora si inventa una norma manifesto secondo la quale prima o poi bisognerà ripristinare tali fondi. È una barzelletta di fronte alla quale penso che pochi rideranno, soprattutto i dipendenti di Tirrenia e noi stessi qui in Parlamento.
Affronto un'ultima questione che non mi quadra: stabilite il rinnovo e la proroga Pag. 15delle convenzioni fino al momento in cui verranno privatizzate Tirrenia e Siremar. Quindi, a differenza di quanto avveniva nel passato, in cui le proroghe erano a data certa, stabilite una sorta di proroga sine die, con un dies incertus: non si sa se sarà il 31 gennaio, il 28 febbraio o il 31 marzo (chi lo sa? Potrebbe essere anche il 10 dicembre del 2011). Il termine è rappresentato dal momento in cui queste società, Tirrenia e Siremar, verranno privatizzate.
Ma ciò che diventa ancora più kafkiano è il fatto che voi imponete questo stesso termine - che forse il dottor D'Andrea, che è l'amministratore straordinario di queste due società e in qualche modo ha in mano le redini della procedura di privatizzazione, potrebbe anche conoscere con qualche approssimazione - anche alle regioni, stabilendo il principio che anche le regioni dovranno procedere con la privatizzazione, entro un termine (che non dipende da loro, ma da meccanismi esterni), che nessuno, oggi, può dire in quale giorno cadrà.
Questa norma diventa ancor più amletica di fronte alle criticità di cui abbiamo parlato prima: se oggi, infatti, le società regionali si trovano con il piede sospeso, non sapendo se, oltre il passo, vi sia il baratro o il terreno sicuro, voi, a questo punto, costringete le regioni a fare un qualcosa che esse stesse volevano fare e per il quale avevano già avviato il percorso, mentre oggi si trovano nell'impossibilità di capire come procedere.
Non è questione solo di buonafede o malafede delle regioni o di bilanci regionali, ma è anche questione di affidamento dei terzi. Come volete che un terzo, un armatore possa essere interessato ad acquistare questi compendi aziendali, se venti-trenta milioni di euro sono affidati a qualcosa che rappresenta un punto interrogativo (che può diventare «cinque» o «zero» o qualunque cifra diversa da quella iscritta in bilancio)?
Quindi, il provvedimento in esame porta con sé un problema di oggettiva criticità, che vorremmo venisse chiarito ed evitato: siamo i primi ad essere interessati al fatto che queste società vengano privatizzate o che vengano garantiti il mantenimento dei livelli occupazionali e la continuità territoriale, oppure al fatto che sia anche predisposto un piano aziendale per potenziare le flotte. Siamo i primi ad essere interessati a ciò, ma stiamo anche assistendo ad una manovra confusa, opaca e contraddittoria, in merito alla quale abbiamo cercato di segnalare possibili vie di uscita, senza trovare, in Commissione, alcun tipo di sensibilità.
È giusto, quindi, che in quest'Aula - e magari anche all'esterno - si sappia di tali problemi, in modo che se ne facciano carico coloro che fanno orecchie da mercante e continuano a perseverare in queste situazioni.
Affronto ora un altro aspetto che il provvedimento al nostro esame porta con sé, che riguarda la Commissione trasporti, di cui faccio parte, ossia i pedaggi autostradali.
Anche a questo riguardo, il Governo ha poco da lamentarsi con il sottosegretario Castelli, annunciando la sua critica alla magistratura, che non garantisce le decisioni del Governo, affermando che basta un qualunque giudice per mettere tutto in discussione, e così via.
Siamo in uno Stato di diritto, nel quale anche il Governo deve rispettare, esso per primo, le norme che il Parlamento si dà. Se il Governo adotta dei provvedimenti illegittimi - come quello di stabilire dei pedaggi autostradali per delle tratte che non hanno nessuna afferenza al servizio autostradale, ma sono estrinsecazione di una viabilità urbana di servizio per i pendolari, per gli studenti, per i lavoratori, che transitano su queste tratte, non con una logica di collegamento autostradale, ma con una logica di percorrenza nella cinta urbana, o in zone non servite da strade alternative - questo pedaggio autostradale si trasforma in una misura fiscale, in un balzello, odioso quanto volete, che voi imponete, tradendo le stesse finalità del concetto di pedaggio, che è il Pag. 16corrispettivo per la prestazione di un servizio.
Che servizio si configura in questo caso? Spesse volte, sul raccordo anulare di Roma - cito questo caso perché è il più vicino a quest'Aula, all'esperienza di tutti noi - ci fermiamo, incolonnati per chilometri ad aspettare che qualcosa succeda. Che pedaggio devo pagare per un servizio così deleterio, così asfittico?
Quindi, bene hanno fatto il TAR del Lazio e - nonostante il vostro ricorso - il Consiglio di Stato a confermare l'annullamento e la sospensione di questi provvedimenti, perché sono provvedimenti inconsulti, che non hanno correttezza nel loro impianto amministrativo e provvedimentale e che avete approvato in una maniera, che potremmo definire approssimativa, come spesso fatte, senza considerare l'impatto dei vostri provvedimenti, con un'esigenza di fare cassa, per eliminare il vuoto che avete determinato nei piani industriali dell'ANAS.
Certo è che anche questo provvedimento, di cui oggi discutiamo, si distingue per essere altrettanto pasticciato. Tutti i gruppi chiedono approfondimenti, l'ha ricordato l'onorevole Terranova. Occorre necessariamente distinguere il trasporto urbano pendolare da quello della viabilità autostradale. Tuttavia, nonostante tutti i gruppi avessero chiesto un approfondimento e ci sia questa consapevolezza che attraversa tutta l'Aula, si piega tutto all'esigenza contingente di arrivare all'approvazione, presto e male, di questo provvedimento.
Altro punto: con la sospensione di questi pedaggi, che erano scattati all'inizio di luglio, avete cercato di fare cassa con 89 milioni di euro, tagliando sugli altri Ministeri, ma i tagli che avete effettuato sono, a dir poco, contraddittori, rispetto ai proclami che fate in campagna elettorale o sui media, ogni volta che viene arrestato un latitante, per la solerzia della magistratura o della polizia giudiziaria.
Infatti, l'ordine pubblico o la sicurezza - a cui tanto siete votati - prendono le bastonate più forti: 6,5 milioni di euro in meno sulle missioni riferite all'ordine pubblico e alla sicurezza, al soccorso civile un altro milione e 200 mila euro in meno, all'immigrazione, all'accoglienza e alla garanzia dei diritti un milione e centomila euro in meno, non parliamo poi della scuola e dell'università.
Questa riforma Gelmini di fatto è stata una sforbiciata ai bilanci dedicati alla scuola, oltre al grembiulino e alla discussione simbolica sul crocifisso nelle scuole e nelle classi, quando poi abbiamo visto ad Adro scuole che avevano ben altri simboli, senza che il Ministro facesse una piega, ritenendo di intervenire solo dopo che è stata incalzata dalle nostre interrogazioni. Come dicevo, sulla scuola e sull'istruzione universitaria avete tagliato: circa 5,6 milioni per la scuola e 2,5 milioni per l'università; per la giustizia 3,100 milioni.
Se dovete dare fondi all'ANAS per le sue esigenze, che poi sono esigenze di tutti, di miglioramento del nostro parco stradale, trovate altre risorse. Abbiamo appena varato la riforma del codice della strada e tra le varie disposizioni vi è quella per cui il 50 per cento delle sanzioni può essere destinato all'ANAS quale proprietaria delle strade. Fate in modo che l'ANAS acquisti degli autovelox e sanzioni gli automobilisti indisciplinati. Su questi fondi penso che si possano avere significativi risultati. Ma tagliare così, penalizzando ancora di più settori strategici del nostro Paese, con l'ipotesi di vedere poi un'ANAS che spende 150 milioni di euro per il bando di gara per individuare questi nuovi dispositivi telepass, quando le risorse che verranno saranno di 300 milioni, mi pare sia veramente un'operazione dissennata, che dimostra il vostro pressappochismo e i vostri secondi fini. In queste operazioni, vedo non tanto la logica e il buonsenso quanto l'obiettivo di favorire qualche altra cordata, qualche altro gruppo di interessi, certamente non quello di favorire gli utenti e i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

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PRESIDENTE. Per ragioni tecniche, sospendo la seduta per qualche minuto.

La seduta, sospesa alle 11,50, è ripresa alle 12.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, sembra di essere tornati indietro nel tempo, in un tempo neanche tanto lontano, quando nell'agosto di questo anno si discuteva ancora e sempre di Tirrenia e della sua privatizzazione con il decreto-legge n. 103 del 2010, che recava disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo e il sostegno della produttività nel settore del trasporto, a cui - nella fase di conversione in legge - erano state aggiunte delle norme che riguardavano misure urgenti in materia di trasporto stradale ed aereo.
Nel nostro intervento di allora ponevamo quindi l'accento su come fosse impossibile affrontare problematiche completamente diverse, con interessi e soluzioni differenti, che si concludono poi con un unico voto. Abbiamo messo in evidenza come nel nostro Paese manchi la certezza degli adempimenti di legge, proprio perché è difficile individuarne le norme, proprio per questo modo di legiferare: norme su argomenti diversi in un unico provvedimento.
Ebbene, sono passati neanche due mesi e siamo qui a ripetere le stesse osservazioni. Il testo del provvedimento in esame affronta un problema importantissimo, che riguarda la privatizzazione della Tirrenia, a cui vengono affiancati altri argomenti, come disposizioni in materia finanziaria, partecipazione italiana ad esposizioni internazionali, nonché risorse per incentivi nel settore autotrasporto ed altro.
Stando così le cose, è veramente difficile - come dicevo - esprimere un voto finale con la necessaria obiettività. Questo modo di fare non aiuta certo il lavoro di chi il Governo ha posto per semplificare le leggi. Da una parte semplifichiamo, dall'altra complichiamo.
Ritorniamo alla privatizzazione della Tirrenia. Come ho già detto, ci siamo già interessati del problema nello scorso agosto, quando eravamo convinti che la soluzione proposta, che vedeva la messa in vendita di Tirrenia e Siremar, fosse quella giusta. Così, purtroppo, non è stato. Ora siamo qui a ripetere quanto abbiamo già detto precedentemente contro l'iter fin qui seguito.
Pensiamo perciò al futuro, e per farlo, però, non possiamo non trarre insegnamenti da quello che il passato ci ha offerto. Queste preoccupazioni per noi permangono. Oggi si parte da un presupposto diverso, che Tirrenia e Siremar possano essere vendute separatamente, e lo riteniamo giusto, considerando che creerà i presupposti per trovare diversi acquirenti. Ma questo non basta. Crediamo che così non si risolva un problema.
Abbiamo sempre detto - lo confermiamo anche oggi - che l'operazione non è tra le più semplici e va impostata in maniera che non sia solo un'operazione finanziaria, il cui risultato farà sicuramente alleggerire i debiti dello Stato (per i quali comunque è necessario trovare delle soluzioni), ma va soprattutto tenuto conto che questa vendita, questa privatizzazione, andrà ad influenzare lo sviluppo socio economico di quelle regioni e di quei territori - ma non solo loro - interessati ai collegamenti marittimi di persone e merci.
Si tratta quindi di un vero atto programmatorio che il Governo dovrà eseguire, con grande attenzione, perseguendo come obiettivo quel bene comune di cui tutti parlano, ma che spesso in nome e per conto di una semplice contabilità ragionieristica non perseguiamo. Ancora una volta riteniamo inutile ripetere che l'obiettivo principale deve essere la garanzia per le nostre comunità della continuità dei servizi sino ad oggi esistenti e che per la Sardegna, ad esempio, rappresentano la garanzia del mantenimento della continuità territoriale, senza la quale ogni volontà di sviluppo è mortificata.
È inutile dire che oggi soffriamo di questi servizi, e quindi la privatizzazione Pag. 18non è solo quella di riconfermarli, ma - noi ce lo auguriamo - quella di migliorarli e di renderli competitivi nel mercato nazionale ed internazionale.
Queste perplessità non sono solo nostre, ma vengono riprese anche dalla stampa, quella regionale soprattutto, che è più vicina al problema e ne conosce i diversi aspetti. Nel dare atto dell'impegno profuso dal nostro presidente della IX Commissione trasporti, l'onorevole Valducci, che ha programmato delle audizioni informali con i soggetti interessati, a cominciare dallo stesso amministratore straordinario D'Andrea, debbo far presente che da quelle associazioni che sono state sottoposte ad audizione sono pervenuti ancora dubbi e perplessità.
Come tutelare, quindi, la flotta? Come tutelare i diritti degli utenti? Come tutelare i diritti dei lavoratori? Se, per esempio, si vendono separatamente le sedi di Tirrenia, quale fine faranno gli impiegati? Se dovessero separare la società dalle convenzioni, come garantire i diritti degli utenti?
Da qui la necessità di chiarezza del bene da vendere e di tutto ciò che esso rappresenta e può rappresentare. Il Governo non può guardare, ma deve essere il garante delle aspettative, in primis degli utenti.
È un problema, quindi, di grande importanza e il porre ancora una volta l'attenzione sui dubbi, che ci hanno accompagnato fino a ieri, ma che, come dicevo, restano, non deve essere presa come ostilità; siamo d'accordo che la Tirrenia e le società che collegano le regioni vengano privatizzate, ma la privatizzazione deve essere, come è stato detto sempre, a costo zero, per cui anche i debiti di quelle società devono essere comunque eliminati prima che esse possano diventare società di Sardegna, Campania e Toscana.
Per quanto concerne, invece, l'articolo 1, comma 3, del provvedimento, che prevede l'innalzamento del limite della garanzia che può essere prestata dallo Stato a fronte di finanziamenti erogati alle imprese ammesse a procedura di amministrazione straordinaria, esso viene coperto con i FAS. È vero che si interviene a sostegno delle imprese in crisi, ma, ancora una volta, a spese del sud che, tra l'altro, attende di attingere dai fondi FAS per la realizzazione di opere strategiche come, appunto, aspetta da tanto tempo la Sardegna.
Cogliamo l'occasione per ricordare al Governo che l'ultimo rapporto Svimez sullo stato dell'economia meridionale ha evidenziato un Mezzogiorno in recessione. Le piccole e medie imprese sono più deboli rispetto a quelle del nord, risultando penalizzate da infrastrutture insufficienti e di scarsa qualità, per cui l'incertezza della disponibilità finanziaria per l'attuazione delle politiche a favore delle aree sottosviluppate ne impedisce la crescita. Ancora una volta invece il Governo attinge da quei fondi che servono esclusivamente per poter sollevare l'economia delle aree sottoutilizzate e che, invece, oggi sono usati per risolvere qualsiasi problema che a livello nazionale venga rappresentato.
Un'ultima osservazione riguarda i pedaggi sui raccordi autostradali: siamo stati contrari all'introduzione di questo nuovo pedaggio in sede di esame dell'ultima manovra economica al fine di evitare nuovi balzelli a carico dei cittadini e, soprattutto, dei lavoratori pendolari. Con riferimento alle autostrade e ai raccordi autostradali gestiti direttamente dall'ANAS, si introduce, quindi, un pedaggiamento, dapprima utilizzando i caselli delle concessionarie e, successivamente, attraverso un sistema di esazione a flusso libero. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo di tale disposizione è stato, peraltro, annullato dal TAR Lazio con una sentenza successivamente confermata dal Consiglio di Stato.
Con il comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 125 del 2010 viene previsto che l'applicazione del pedaggiamento avvenga entro il 30 aprile 2011.
Il successivo comma 5 disciplina la copertura finanziaria, pari a 83 milioni di euro per l'anno 2010, necessaria a compensare il venir meno delle maggiorazioni tariffarie previste dal comma 2 dell'articolo 15 Pag. 19del decreto-legge n. 78 del 2010. Come dicevo prima, siamo contrari all'introduzione di questo nuovo pedaggio e, in particolare, in questa occasione creano perplessità i tagli lineari che serviranno a garantire la copertura finanziaria di 83 milioni di euro, come ho già sottolineato.
Per quanto concerne le riduzioni lineari, che tra l'altro vanno a diminuire risorse importanti, che interessano il fondo ordinario dell'università, la ricerca, l'informatica, nonché le risorse relative al 5 per mille delle imposte sui redditi delle persone fisiche, occorre segnalare, riprendendo in parte valutazioni metodologiche di analogo tenore, già espresse in passato, che l'adozione di misure di riduzioni lineari degli stanziamenti non appare rispondente con l'esigenza di assicurare piena trasparenza all'esame della copertura, non offrendosi all'esame parlamentare un quadro completo degli effetti attesi dal dispositivo, sia sul piano normativo sia su quello gestionale, in riferimento appunto all'aggregato programma.
Oltretutto il suddetto metodo non appare in linea con quanto previsto dall'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge di contabilità, il quale impone, come modalità di copertura di nuovi oneri interni al bilancio, l'esplicita riduzione delle precedenti autorizzazioni legislative di spesa sottese agli altri stanziamenti, dovendosi intendere pertanto che è da tali riduzioni che discendono ordinativamente i tagli sugli stanziamenti in bilancio e non viceversa. Si pone perciò implicitamente un preciso onere nell'illustrazione del quadro dettagliato dei fattori legislativi incisi dalla riduzione della spesa, che rappresenta l'aspetto precipuo dello scrutinio parlamentare.
In tal senso, dal punto di vista metodologico è senz'altro opportuno segnalare che l'allegato 1 al provvedimento reca l'analitica indicazione distribuita per discutere delle sole missioni interessate dalle riduzioni di cui trattasi, senza l'indicazione dei programmi effettivamente incisi, non ottemperando peraltro a quanto invece stabilito dall'articolo 17, comma 14, della legge di contabilità. In tal senso, appare evidente che il metodo di rappresentazione della riduzione, così come predisposta, rende difficoltosa, quando non impossibile, la puntuale ricostruzione sia della corrispondenza tra le riduzioni di cui trattasi e lo scrutinio ex ante delle autorizzazioni legislative incise nelle medesime, sia conseguentemente anche la ricognizione delle ricadute sul piano gestionale ed amministrativo che le medesime hanno sull'esercizio 2010, in base allo stato di avanzamento dei programmi e agli obiettivi preventivati per l'esercizio da ciascuna amministrazione, in relazione ai singoli programmi di opera.
Ad oggi, il bilancio si propone come un documento leggibile e tale da consentire la verifica dell'attività svolta dai soggetti responsabili mediante l'analisi del conto consuntivo, che assumerà, in tale prospettiva, un notevole peso. Proprio in tale quadro ed alla luce del nuovo assetto, non appare condivisibile un intervento di taglio lineare realizzato a metà esercizio finanziario, come quello previsto dal provvedimento in esame.
Per concludere, signor Presidente, riteniamo che sul problema dei pedaggi, anche a seguito della sentenza emanata dal TAR Lazio, si pone l'urgenza di affrontarlo in maniera più organica con gli enti interessati ed i territori, per trovare una soluzione più adeguata e meno punitiva, soprattutto per coloro che usano l'autostrada per lavorare. Occorre trovare nel mercato risorse per un rilancio infrastrutturale che ponga fine ad un problema la cui attuale soluzione non è davvero condivisibile.
Quindi noi riteniamo che per affrontare le problematiche di cui questo provvedimento si interessa sia necessario un impegno supplementare del Governo.
Riteniamo che non basti - anche se è necessario - che l'amministratore straordinario svolga la sua opera, sicuramente, libera da influenze. Ciò che conta è che il Governo, comunque, lo accompagni, affinché possa realizzarsi il vero obiettivo che, ancora una volta, lo ripetiamo, non può e non potrà essere quello di risolvere un problema finanziario. Accanto a questo, Pag. 20infatti, vanno posti gli interessi delle varie regioni che, dalla soluzione di questo problema, si aspettano un rilancio socio-economico dell'intero territorio. Ciò riguarda Tirrenia e le privatizzazioni, soprattutto, da parte delle regioni competenti, come, ad esempio, il caso della Saremar in Sardegna, con riferimento a cui tutti quanti ci aspettiamo una soluzione positiva (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Desiderati. Ne ha facoltà.

MARCO DESIDERATI. Signor Presidente, non farò fatica ad essere più breve di chi mi ha preceduto. Infatti, non ho preparato un intervento scritto, perché ritengo che di molte di tali questioni abbiamo dibattuto lungamente anche prima della chiusura estiva del Parlamento.
In particolare, con riferimento a Tirrenia, per onestà, devo dire che ho sempre ritenuto un fatto negativo lo spacchettamento tra Tirrenia e Siremar. È vero, però, che lo svolgimento della gara senza lo spacchettamento, nonostante le oltre quindici manifestazioni di interesse, non ha portato ad un risultato.
Pertanto, chiedo al Governo - e sono sicuro che sarà così - di tenere la barra dritta, e nel caso di Tirrenia lo si può ben dire. Dobbiamo avere obiettivi molto chiari, come, ad esempio, la salvaguardia dei posti di lavoro. Non parlo del salvataggio dell'azienda perché è evidente che Tirrenia non esiste più come azienda e che deve diventare qualcos'altro: essa deve essere privatizzata e deve adottare logiche di mercato che, fino ad ora, probabilmente, non ha avuto. Quindi, certamente, è necessario garantire i posti di lavoro, i servizi e la continuità territoriale: al riguardo, il Governo ha già fatto un grande sforzo, garantendo gli stanziamenti per i prossimi anni. Chiedo, dunque, al Governo di vigilare su questo aspetto, perché tali società svolgono un servizio che per i nostri concittadini isolani è assolutamente necessario.
Successivamente, signor Presidente, se mi permette, vorrei fare una piccola digressione. Infatti, è facile strumentalizzare ciò che si dice, magari, in un incontro pubblico di fronte alle persone, tuttavia, in questi giorni - caratterizzati da una tensione politica un po' alta e da dichiarazioni un po' forti pronunciate anche da membri autorevoli del partito di cui faccio parte, cioè della Lega Nord - mi piaceva ricordare la lealtà istituzionale che la Lega Nord ha sempre avuto all'interno del Parlamento e nei confronti del Governo. La Lega, infatti, ha votato a favore del provvedimento per Roma capitale e lo ha fatto convintamente, portando l'Italia al livello delle altre nazioni europee: da oggi la capitale e l'assise capitolina godono di poteri straordinari.
Nel provvedimento in oggetto, inoltre, è prevista la riapertura dei termini per il rientro del disavanzo sanitario di alcune regioni e, in particolare, della Puglia. Ricordiamo che ciò significa dire «no» agli incrementi automatici su IRPEF e IRAP e al blocco automatico del turnover. Questo rappresenta un grande aiuto per le regioni in difficoltà e - lo ribadisco - in particolare per la Puglia. E in Puglia, non vi è un presidente della Lega Nord - perlomeno, non ancora, non si può mai dire - e nemmeno del Popolo della Libertà.
Pertanto, quando la Lega deve rispondere a livello istituzionale e farsi carico delle responsabilità istituzionali, lo fa da sempre. Questo mi porta a parlare della questione degli ormai famosi, più o meno tristemente, pedaggi autostradali. È una questione che in altri posti del mondo non è stata nemmeno messa in discussione: chi usufruisce di un servizio, lo paga.
Molte volte, in modo anche un po' «peloso», qualcuno si appella all'unità d'Italia e al dettato costituzionale, affermando che l'Italia è una e indivisibile. Ma non basta che sia scritto nella Costituzione: bisogna realizzare un'Italia una e indivisibile.
Me lo dite voi come posso, proprio io che sono stato eletto in Brianza - area metropolitana, quella della metropoli milanese, di 4 milioni di abitanti -, spiegare Pag. 21che i cittadini di Roma non devono pagare il pedaggio per la loro tangenziale mentre noi lo paghiamo da quarant'anni? Cominciamo allora a farla quest'Italia una e indivisibile, cominciamo a dire che poiché andiamo verso un'economia di mercato, chi usufruisce di un servizio lo deve pagare. Non è più possibile, è antistorico che ci sia una parte dell'Italia che paga per dare servizi all'altra parte e si paga pure privatamente i propri servizi.
Dico ciò a beneficio di tutti i colleghi, in particolare di quelli di Roma, questa non è una vessazione, a Milano i pedaggi li paghiamo da sempre e, per onestà, non trovo neanche appassionante la questione tecnica sul perché il TAR abbia consentito la sospensiva, francamente non mi interessa, i decreti si possono riscrivere, le sospensive si possono superare, si può fare quello che si vuole, siamo in Parlamento. Dobbiamo però chiarirci su quello che dobbiamo fare. Ad esempio sul pedaggio a barriera fissa, scusate se entro un po' nel dettaglio, chi entra sulla tangenziale est di Milano e passa la barriera di Vimercate, che esca un chilometro dopo o trenta chilometri dopo, paga una cifra fissa. Siamo fuorilegge? Forse sì, ma non è questo il tema, se siamo fuorilegge ci adegueremo. Quello su cui dobbiamo essere chiari, e chiarirlo tra di noi, è se è giusto che tutti i cittadini in Italia che usufruiscono di un certo servizio debbano pagare oppure no.
Mi sento quindi di rassicurare tutti gli amici, a nome della Lega Nord Padania. Ieri in Commissione vi è stato un emendamento che non è passato ma che è un brutto segnale. Ribadisco, non si tratta di vessazione né contro Roma, né contro i romani, né contro i residenti di Torino, perché ci sarà tra Torino e Caselle la tangenziale a pagamento, non c'è nessuna vessazione, ma semplicemente un ritorno all'equità.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garofalo. Ne ha facoltà.

VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, questo decreto-legge solo apparentemente di limitata importanza, si integra perfettamente nel quadro delle azioni portate avanti con coerenza e determinazione dal quarto Governo Berlusconi per sostenere il sistema Italia in questa fase di difficoltà dell'economia di cui finalmente si comincia ad intravedere il superamento. Il provvedimento reca in particolare una serie di misure dirette a fronteggiare urgenti problematiche nel settore dei trasporti, specie marittimi, e affronta inoltre questioni finanziarie di varia natura riferite in particolare alle risorse da destinare al sostegno delle grandi imprese in crisi, nonché alla proroga del termine per il finanziamento dell'economia attraverso la sottoscrizione pubblica di obbligazioni bancarie speciali, i cosiddetti Tremonti bond.
In particolare per i trasporti marittimi, l'intervento riguarda la particolare situazione della società Tirrenia e delle sue controllate. La società Tirrenia è considerata un asset assolutamente indispensabile e vitale per il Paese, soprattutto per il collegamento con le isole minori oltre che per le dimensioni dei livelli occupazionali. Pertanto, il Governo ha giustamente emanato un decreto-legge per sostenere, nelle more di un riavvio della procedura di privatizzazione, gli oneri relativi al suo mantenimento in vita in questo periodo. Il Governo ha quindi confermato l'amministrazione e l'amministratore straordinario e ha consentito l'uso delle risorse destinate all'ammodernamento della flotta. Si tratta pertanto di un provvedimento di natura tecnica che preclude ad una fase nuova fase di privatizzazione assolutamente condivisibile nel momento in cui è stato assunto per coprire il tempo necessario per gli ulteriori passaggi.
Il provvedimento quindi ha natura emergenziale che deriva, a valle, dal fallimento di una procedura iniziata con diciotto manifestazioni di interesse e conclusa con una sola manifestazione. I concorrenti finali non sono stati in grado di presentare le garanzie per l'acquisizione di Tirrenia e della Siremar per cui la gara non ha avuto un esito positivo. Pag. 22
È necessario, quindi, che con questo «prestito ponte», che consente alla società di utilizzare fondi in conto capitale per la gestione ordinaria e con l'impegno a reintegrarli, si completi la privatizzazione della Tirrenia, per arrivare ad una gestione più efficiente e meno onerosa per lo Stato.
Tirrenia rappresenta un problema certamente non recente e, quindi, è perlomeno ingeneroso addossare a questo Governo tutte le responsabilità. Il Governo sta facendo tutto il possibile per affrontare questa situazione che, per troppi anni, è stata trascurata. Questa misura è chiaramente diretta ad assicurare la continuità del servizio pubblico di trasporto alla stessa Tirrenia e alle controllate, la cui paralisi, in questa difficile situazione, avrebbe comportato disagi gravissimi per la popolazione e per l'economia delle isole, sia maggiori, che minori, disagi che si sarebbero accentuati nella stagione estiva a causa dei gravi danni apportati al turismo, che rappresenta una delle maggiori risorse economiche per le nostre isole, grandi e piccole.
Nel corso dell'esame al Senato sono state introdotte alcune norme volte a favorire la privatizzazione della Tirrenia e della Siremar. Tali norme tengono conto di quanto richiesto dall'amministratore straordinario e dai sindacati, i quali, anche durante l'audizione in Commissione trasporti, hanno sottolineato la necessità di evitare il cosiddetto spezzatino, che consisterebbe nel mettere a gara le singole linee di collegamento.
Con l'emendamento presentato e inserito al Senato, si ribadisce la necessità di garantire la continuità territoriale con le isole, si prevede la proroga delle convenzioni fino al termine della procedura di dismissione di Tirrenia e Siremar, i cui complessi aziendali - quindi, non le singole linee, ma i complessi aziendali - possono essere ceduti anche separatamente; inoltre, cosa ancora più importante da sottolineare, si prevede che le attuali convenzioni (quelle, anzi, in vigore al 31 ottobre 2010, prorogate oggi grazie a questo decreto-legge) saranno stipulate anche con i soggetti che risulteranno aggiudicatari a seguito delle procedure di dismissione.
Con questo decreto-legge, interveniamo proprio per superare quei problemi e quelle diffidenze che sono state rappresentate dalle organizzazioni sindacali, dall'amministratore straordinario, dalla Confitarma e dagli utenti, che chiedono se lo Stato si farà carico della continuità territoriale, se, al contrario, vorrà disimpegnarsi, se continuerà a finanziare le tratte sociali.
Con questo decreto-legge, con quanto è stato inserito al Senato e che sottolinea, invece, il contrario, questo Governo (il quale ha già affrontato un problema difficile per il Paese e che alcuni colleghi dell'opposizione, ahimé, dimenticano, ossia il problema Alitalia), anche per Tirrenia sta adottando lo stesso sistema: sta affrontando il problema, sta cercando di risolverlo, non si sta limitando a fare un tentativo, ma persegue nel volere approvare tentativi, affinché la questione venga risolta e si eviti di andare allo scontro con l'Unione europea, la quale, come sapete, da anni censura l'azione del Governo italiano nei confronti di questo settore.
Con il provvedimento in esame, alle regioni - grazie all'azione già messa in atto - è consentito, inoltre, di ricorrere alle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di loro competenza, al fine di garantire il servizio di trasporto marittimo e, quindi, la continuità territoriale. Qualche collega ha censurato l'utilizzo del FAS, tuttavia io - non da parlamentare, ma da cittadino - osservo che per quanto concerne l'utilizzo delle risorse, quando la finalità è quella giusta, non mi preoccupa che siano prelevate da un fondo o da un altro. Invece di tenere fondi che, tante volte, vengono richiesti ma non sono impiegati, meglio utilizzarli per le cose che servono, soprattutto per eliminare problemi che il Paese da anni trascura e si trascina dietro.
È da ricordare, inoltre, che l'Italia è l'unico Paese in Europa - spesso lo dimentichiamo - che, nei due anni dalla crisi economica peggiore del dopoguerra, Pag. 23non ha avuto un solo giorno di blocco dei TIR, laddove ogni giorno ciò ci costerebbe una perdita di produzione di un miliardo e mezzo di euro. Questo è un fatto assolutamente incontestabile. Sono trascorsi più di due anni dall'inizio di questo Governo e non vi è stato un blocco dei TIR. Ogni anno, in prossimità delle festività natalizie, ricordate bene quello che rischiava il nostro Paese: autostrade bloccate (altro che problema di pedaggi), merci che non arrivavano, combustibile che non si trovava e la gente esasperata, scontri sociali. È giusto ricordarlo e questa è l'occasione per farlo.
In questi anni di crisi, siamo l'unico Paese ad aver gestito il sistema dell'autotrasporto al meglio, nell'interesse del Paese e senza pesare sulla situazione economica dell'Italia, anzi.
Tornando alla problematica relativa al caso di Tirrenia: con questo provvedimento - che è un atto dovuto - si vuole garantire la salvezza di questa società che costituisce un importante punto di riferimento per i nostri concittadini. Non è possibile addebitare al Governo una situazione che si trascina da anni e sulla quale lo stesso Esecutivo è intervenuto con tutta la tempestività del caso. La carenza di risorse pubbliche, infatti, con cui il Governo si trova a fare i conti nell'affrontare i due anni della crisi economica, che sta cambiando gli equilibri economici e sociali del mondo, non è certamente colpa dell'attuale Esecutivo, ma deriva dagli anni in cui si forma il debito pubblico.
Il provvedimento, quindi, risulta essere necessario ed urgente proprio perché, attraverso questo decreto-legge, si permetterà all'Esecutivo di perseguire quegli obiettivi necessari al risanamento della società che - come precedentemente detto - costituisce un importante e fondamentale punto di riferimento per i cittadini del nostro Paese.
Di grande importanza ai fini della politica di sostegno dell'economia è l'aumento del limite massimo delle garanzie che può prestare il Ministero dell'economia e finanze nell'ambito delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Tale aumento, che per il 2010 è di 140 milioni di euro, consentirà di sostenere in modo adeguato il sistema delle imprese nell'attuale difficile situazione economica, attenuando anche gli effetti negativi in termini di occupazione delle crisi aziendali in atto.
In tale logica si inserisce anche la proroga del termine per il finanziamento del sistema bancario attraverso la sottoscrizione di obbligazioni bancarie speciali; il tutto al fine di accrescere la consistenza patrimoniale delle maggiori banche italiane, anche se va ricordato che le nostre banche hanno risposto meglio di quelle europee allo stress test disposto dalle autorità comunitarie, al fine di verificare lo stato di salute delle maggiori banche europee dopo la crisi finanziaria mondiale esplosa circa due anni fa, e dalla quale non siamo ancora completamente usciti. Va, infatti, considerata positivamente la proroga dei cosiddetti Tremonti bond, che consentirà alle banche di dare maggiore credito all'economia e alle famiglie.
È da sottolineare, inoltre, che il comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge dà facoltà al Governo di prorogare oltre il 31 dicembre 2010 questo speciale intervento a favore degli istituti di credito che, ricordiamo, non reca oneri per la finanza pubblica, e non è a favore degli interessi specifici delle banche che su quei titoli devono pagare interessi allo Stato, bensì a favore delle imprese e di tutto il sistema Italia nel suo complesso, che trarrà benefici dalla maggiore liquidità a disposizione del nostro sistema creditizio.
Altri interventi minori riguardano la proroga fino al 31 maggio 2011 del termine per l'esercizio della delega per l'armonizzazione dei sistemi contabili e di bilancio di pubbliche amministrazioni, e la compensazione finanziaria del mancato pagamento dei pedaggi autostradali nei tratti di competenza dell'ANAS determinato da varie sentenze della giustizia amministrativa; ciò ha comportato minori entrate per 83 milioni di euro nel 2010, compensati con una corrispondente riduzione lineare di dotazione finanziaria dei Ministeri per il corrente anno. Pag. 24
A tale proposito è da rilevare che importanti decisioni di politica economica che hanno comportato sacrifici per tutti i settori non possono essere sottoposte - a mio giudizio - all'alea delle decisioni della giustizia amministrativa, in quanto dovrebbe essere chiaro a tutti che gli interessi generali di risanamento della finanza pubblica devono essere considerati in modo diverso dagli interessi particolari.
Tuttavia, è anche vero - come già detto dall'onorevole Terranova - che nel corso della discussione in Commissione è emersa, da parte tutti i gruppi, l'esigenza di un approfondimento sulla questione dei pedaggi nei raccordi autostradali gestiti dall'ANAS, così come sono stati sollecitati chiarimenti assolutamente necessari per quanto concerne i crediti vantati dalle società di navigazione regionale nei confronti della capogruppo Tirrenia.
Come già detto dal relatore, considerando che l'approvazione di eventuali modifiche comporterebbe un nuovo esame del provvedimento al Senato, pregiudicandone la conversione, utile a garantire l'entrata in vigore di norme di rilevante importanza per la società Tirrenia, crediamo sia necessario rimandare a dopo l'approvazione di questo decreto-legge la discussione sui due temi importanti, in modo da dover ragionare meglio sia sul «pedaggiamento» - non solo come diceva l'onorevole Desiderati, del grande raccordo anulare di Roma, o di altre infrastrutture presenti in Italia - sia per garantire un'omogeneità di comportamenti e di azioni da parte dell'ANAS in tutto il territorio nazionale.
Allo stesso modo non è roba da poco intervenire sui crediti che vantano le società regionali al fine di potere completare il processo di privatizzazione che è stato già intrapreso dalle regioni che hanno scelto da tempo l'acquisizione gratuita, nei confronti dello Stato, delle società di navigazione regionali completando così il loro iter di privatizzazione.
Altro aspetto importante di questo provvedimento riguarda le norme per facilitare i piani di rientro dei disavanzi sanitari delle regioni e il finanziamento della partecipazione italiana all'Esposizione internazionale di Yeosu, che si svolgerà nel 2012 in Corea del Sud, e all'Esposizione orticola di Venlo, nei Paesi Bassi, che si svolgerà nello stesso anno.
È evidente che per un'economia largamente orientata all'esportazione, come quella italiana, è di particolare importanza la piena partecipazione alle esposizioni internazionali, al fine di promuovere le produzioni industriali, artigianali e agricole del nostro Paese che rappresentano, per la loro qualità, un nostro punto di forza nell'ambito del commercio mondiale.
Non è di minore importanza la riapertura dei termini per la stipulazione dell'accordo sul piano di rientro del disavanzo sanitario tra il Ministro dell'economia e delle finanze, quello della salute e la regione Puglia, a condizione che quest'ultima rientri dal disavanzo entro il 30 settembre 2010 e che la documentazione sia trasmessa, al fine di raggiungere un accordo, entro il 15 ottobre. Il Senato, tra l'altro, ha spostato entrambi i termini al 15 dicembre aggiungendo, però, un'ulteriore norma molto importante con la quale viene esclusa l'automaticità degli incrementi IRAP e dell'addizionale IRPEF per le regioni Lazio, Campania, Molise e Calabria, condizionandone l'applicazione alla verifica positiva dei piani di rientro da effettuare entro il 31 ottobre.
È chiaro che ci troviamo di fronte a un provvedimento che tocca diversi aspetti del nostro sistema economico e delle nostre infrastrutture. Va, però, sottolineato che tutte le misure contenute sono dirette a sostenere l'economia e a favorire la ripresa della produzione e, quindi, dell'occupazione. Per tali ragioni auspichiamo che il decreto-legge, che corrisponde pienamente ai requisiti di necessità e di urgenza previsti dall'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, sia convertito in legge nei termini prescritti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest'oggi ci troviamo a Pag. 25discutere di un provvedimento dal portato vasto e interessante sul quale vale la pena riflettere. Il decreto-legge è stato predisposto al fine di attuare interventi urgenti e indifferibili in favore di imprese operanti nel settore dei trasporti e, nello specifico, nei confronti della Tirrenia. Alla luce proprio di questo ambito di intervento sarebbe stato opportuno intervenire per far fronte a un grave errore, proprio nel comparto marittimo, operato con la legge n. 122 dello scorso luglio. Infatti, la confluenza delle funzioni dell'Ipsema nell'INAIL sta comportando pesanti criticità che verranno amplificate nel momento in cui saranno adottati gli ultimi provvedimenti riorganizzativi.
Molte sono state le proteste dei lavoratori unite alle realtà rappresentative degli armatori. In realtà, non è stato mai aperto un margine di discussione per analizzare i danni dell'articolo 7 della citata legge. Questo provvedimento poteva essere l'occasione per ratificare questa svista amministrativa, sebbene sia stato perlomeno opportuno prevedere l'organizzazione, la gestione e il funzionamento, nell'ambito dell'INAIL, dell'organismo denominato Ufficio italiano navigazioni, dotato di autonomia in considerazione della peculiarità e specificità del servizio espletato. L'obiettivo prioritario sarebbe rimasto quello di garantire la salvaguardia della specificità e dell'efficienza operativa dell'Ipsema, dimostrata in maniera chiara e indiscussa in questi anni di attività, senza comportare alcun tipo di svantaggio verso i lavoratori ed esorcizzando, nel contempo, le difficoltà amministrative dei datori di lavoro. Voglio augurarmi nell'interesse del comparto, che rappresenta una voce indiscussa della nostra economia, che questo tema ritorni a essere predominante nell'agenda politica, poiché l'impegno di modifica dell'articolo 7 della legge n. 122 del 2010 è stato già accolto dal Governo proprio nel corso della discussione della stessa legge.
Inoltre, il decreto-legge reca ulteriori interventi di rilievo economico e finanziario. Nel corso dell'esame in Senato il testo del provvedimento si è arricchito di ulteriori disposizioni che hanno modificato sia il testo del disegno di legge di conversione sia il testo del decreto-legge. Ne emerge, quindi, un provvedimento sensibilmente modificato che contempla interventi di carattere piuttosto variegato che investono diversi settori.
In particolare, intendo porre in evidenza una delle modifiche operate nel settore dall'altro ramo del Parlamento: faccio riferimento al comma 4 dell'articolo 1 che introduce modifiche alla disciplina prevista dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con la legge n. 122 del 2010, che disciplina l'applicazione dei pedaggi sulle autostrade affidati alla gestione diretta di ANAS Spa e l'introduzione di forme di pedaggio per i raccordi autostradali gestiti dalla medesima società.
Tale orientamento ha destato molteplici perplessità e merita una riflessione diversa rispetto alle decisioni operate in prima lettura e che abbiamo inteso, come gruppo Futuro e Libertà, emendare con maturità sia in Commissione sia in Assemblea senza atteggiamenti pretestuosi né tanto meno demagogici.
Introdurre i pedaggi per i raccordi autostradali dovrebbe essere oggetto di una seria riflessione tecnica che coinvolga tutti gli attori e che tenga conto dell'importanza di queste vie in città come Roma che sono utilizzate prevalentemente da pendolari. In ragione di tali aspetti ho ritenuto importante poter intervenire con una proposta emendativa che miri a ratificare le disposizioni vigenti.
Sarebbe auspicabile, perlomeno, che fossero esclusi dal pedaggio i raccordi autostradali e le tangenziali a diretta gestione dell'ANAS interessate dal traffico prevalentemente urbano con caratteristiche pendolari. Sono certo che questa proposta trovi condivisione e supporto in molti colleghi, considerando i profili di illiceità e il malcontento che questa disposizione sta scatenando.
Ci stiamo battendo strenuamente affinché possa realizzarsi nelle opportune sedi almeno la modifica normativa che consenta di evitare che dal prossimo anno sulle famiglie di Roma e del Lazio cada la scure Pag. 26del sostegno finanziario alle infrastrutture che sappiamo bene spetterebbero ad altri attori.
In questo raccogliamo la piena disponibilità del sindaco di Roma Alemanno e del presidente della regione Lazio Renata Polverini che in più occasioni hanno dimostrato la loro ferma intenzione di intervenire sulla norma di questo provvedimento.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Biagio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, cercherò di svolgere alcune considerazioni politiche in questo intervento. La prima considerazione è questa: il fatto che siamo qui di nuovo dopo la discussione già fatta a luglio ci dice una cosa molto semplice, ossia che è fallito l'obiettivo di privatizzazione della società madre Tirrenia e delle società regionali entro il 30 settembre.
Ci si era posti tale obiettivo al fine di evitare le sanzioni a seguito della procedura di infrazione dell'Unione europea perché il nostro Stato, come sappiamo, è stato accusato di aiuti di Stato, indebito monopolio, discriminazione tra gli armatori comunitari, oltre al fatto che naturalmente è stata chiesta la privatizzazione in virtù dello spreco di denaro pubblico che comportava la gestione della società Tirrenia nel trasporto da e per le isole maggiori, ma anche per le isole minori.
Questo era il senso del processo di privatizzazione iniziato in questo Paese, come richiesto dall'Unione europea che invitava sostanzialmente il nostro Paese ad ottemperare al regolamento comunitario n. 3577 del 1992. Voglio partire da qui perché noi siamo a questo punto.
La seconda considerazione è che dubito sinceramente che il primo decreto-legge che abbiamo discusso ed esaminato a luglio (concluso, mi pare, nella giornata del 4 agosto) riesca ad evitare una sanzione pesante nei confronti del nostro Paese da parte dell'Unione europea.
Ciò non solo perché non abbiamo rispettato i tempi della privatizzazione, ma perché - a mio giudizio - abbiamo sbagliato tutto come Paese non solo negli ultimi mesi, ma per come questo Governo ha visto il problema Tirrenia, ha guardato alle esigenze che poneva l'Europa e ha cercato di intervenire riguardo ai problemi che via via emergevano dall'analisi della situazione reale.
Ad oggi - lo voglio dire al Governo - è in pericolo il capitale sociale di Tirrenia che ha giustificato l'emanazione del provvedimento, è in pericolo il personale nonché un efficiente servizio di garanzia dei trasporti e della continuità territoriale delle persone e delle merci.
È chiaro che il Governo si è messo in una situazione difficile, questo non lo nego assolutamente. Per usare un'espressione che usano i giuristi, il Governo doveva tutelare alcuni beni e non era facile riuscire a tutelare tutti i beni che l'analisi della situazione poneva di fronte a chi cercava di intervenire con un provvedimento di legge. Bisognava, infatti, tutelare il capitale sociale sia della casa madre sia delle società regionali, tenere conto delle esigenze del personale, garantire la continuità territoriale per i residenti ed il diritto al trasporto e naturalmente bisognava venire incontro alle esigenze e alle aspettative che l'Unione europea ci poneva.
Si poteva fare diversamente? Penso di sì visto che, ad oggi, nessuno di questi beni da tutelare è stato messo al riparo. Non è che voi avete salvato il capitale sociale e magari avete creato difficoltà ai lavoratori in modo che si possa dire che almeno una cosa l'avete salvata. Non è che voi avete salvato, anzi avete migliorato la continuità territoriale delle persone e delle merci e magari non siete venuti incontro alle esigenze del personale in modo che si possa dire che avete fatto una scelta, seppur coraggiosa e dolorosa, ma almeno una scelta. Ad oggi nessuno di questi beni è Pag. 27tutelato: questo è il punto da cui bisogna partire. Mi rendo conto naturalmente che la situazione è difficile e che sarebbe stato difficile per qualsiasi Governo, di qualsiasi colore politico, risolvere questi problemi. Tuttavia a questo siamo.
Pertanto, si poteva fare diversamente? Forse qualcosa di diverso si poteva fare. Quando parliamo di Tirrenia, dobbiamo partire da quella che è stata la storia di Tirrenia perché altrimenti faremmo un discorso monco e non di verità, assumeremmo delle scelte non basate su un discorso di verità che invece abbiamo il dovere di fare agli italiani su una vicenda molto delicata.
Quando parliamo di Tirrenia, signor Presidente, di cosa parliamo? Se osserviamo la vicenda da Roma, dalla capitale, dico che parliamo di una società pubblica mal gestita (si è detto l'Alitalia del mare), una società in perdita non perché garantisce continuità territoriale, servizi efficienti, prezzi calmierati ed equi, non perché è esempio di eccellenza che garantisce servizi che costano un po' di più però sono servizi straordinari per cui lo Stato, ad un certo punto, si trova costretto a dire ai cittadini che quei servizi straordinari non possono essere più garantiti perché effettivamente costano troppo. No! Tirrenia nella sua gestione e nella sua storia è stato luogo di inefficienza, di spreco, di commistione tra affari e politica, di assistenzialismo pubblico e di assoluta mancanza di trasparenza nella gestione.
Ricordo, a tal proposito, che ad oggi noi parlamentari non sappiamo alcuni dati fondamentali (non so se lo sa il Governo e non so neanche se lo sa il commissario straordinario) perché manca una contabilità pubblica analitica separata in grado di dirci quanto la società Tirrenia spende per il trasporto nelle singole regioni, quanto per la continuità territoriale, quanto per il personale, quanto per assicurare trasporto estivo da e per le isole maggiori e quanto per le isole minori e quanto, invece, spende per il trasporto invernale.
Parliamo, quindi, di una società pubblica che opera nel trasporto marittimo con queste caratteristiche, che nell'operare contravviene al regolamento comunitario del 1992 che ricordavo in precedenza e che contravviene al principio di non discriminazione tra armatori europei.
Parliamo di una società pubblica con un costo eccessivo del personale. Il piano industriale di Tirrenia 2009-2014 ci dice che il personale di Tirrenia costa il 24 per cento in più rispetto ad altre compagnie di navigazione e che quello delle società regionali costa quasi il doppio. Attenzione, è così non solo perché c'è un eccessivo numero di personale navigante o perché ci sono diritti e garanzie per i lavoratori che rendono migliore la condizione rispetto ad altri lavoratori che operano in questo mondo, ma perché in questi decenni si è gonfiato a dismisura il numero di personale amministrativo impiegato per altre mansioni rispetto a quelle a cui dovrebbe essere preposto chi opera e lavora nel settore del trasporto marittimo.
Parliamo di una società che senza soldi pubblici avrebbe chiuso nel 2008 e anche prima, che ha funzionato con sovvenzioni di riequilibrio quando nell'operare produceva disavanzo. Tutto il deficit di cassa viene coperto dalla sovvenzione dello Stato. Lo stesso Viceministro Vegas dice che, a fronte di 600 milioni guadagnati l'anno, lo Stato gli ha dato 200 milioni. Noi abbiamo calcoli diversi un po' peggiori. A noi risulta che nel 2007 i ricavi di Tirrenia sono stati poco inferiori ai 300 milioni, a fronte di quasi 70 milioni di euro di contributi pubblici e che nel 2008, a fronte di 279 milioni di euro di ricavo, la sovvenzione è stata di oltre 100 milioni di euro. Si tratta di sovvenzioni che coprono il disavanzo di gestione di oggi e si potrebbe pensare che il Governo interviene per coprire questo disavanzo, visto che gestire Tirrenia costa. Però, attenzione: queste sovvenzioni coprono anche gli sprechi e gli errori nella gestione del passato.
Voglio ricordare che Tirrenia è la società pubblica che negli anni Novanta ha ordinato la costruzione di sei navi dal costo di 300 miliardi di euro. Le prime tre che furono costruite (Guizzo e Scatto: a qualcuno di voi sarà capitato di sentirne parlare) Pag. 28erano fantastiche, potevano andare sul mare ad una velocità incredibile, ma avevano un problema: non potevano navigare con il mare mosso. Quindi, sono state messe da parte e adesso sono in qualche cantiere d'Italia a svernare con qualcuno che gli fa la guardia.
Poi ne sono state acquistate delle altre: Scorpio e Capricorno (nomi da Atlas Ufo Robot, insomma). Queste navi erano bellissime lo stesso. Peccato che avevano un problema: consumavano 290 chilogrammi di gasolio al minuto, a fronte dei 41 di media del normale utilizzo delle navi che coprono analoghe rotte, anche dello stesso gruppo Tirrenia. A questo servono le sovvenzioni pubbliche!
Allora è chiaro che, se guardiamo da Roma capitale, Tirrenia è l'Alitalia del mare, anzi peggio. Se la guardiamo dalla Sardegna, che io rappresento in questo Parlamento, voglio dire una cosa: Tirrenia esiste perché esiste la Sardegna, che quotidianamente ha bisogno di un collegamento con i principali porti nazionali. Noi non la definiamo l'Alitalia del mare, ma la Compagnia delle Indie.
Cito i dati che ci fece conoscere l'ex assessore regionale ai trasporti, Sandro Broccia, quando la giunta regionale precedente capeggiata da Renato Soru aveva in mente un processo di riorganizzazione di tutto il collegamento dalla Sardegna alla penisola e del collegamento tra la Sardegna e le isole minori: dei 14 collegamenti nazionali 11 sono gestiti da e per la Sardegna; su un milione e 200 mila miglia che ogni anno la Tirrenia percorre, un milione sono dalla penisola alla Sardegna; ad oggi gli unici collegamenti esistenti da Arbatax e da Cagliari verso la penisola sono garantiti a regime di monopolio da Tirrenia. La traversata da Cagliari a Civitavecchia dura dalle 14 alle 16 ore e ogni giorno 800 veicoli commerciali percorrono la strada statale 131 da Cagliari a Sassari e da Cagliari ad Olbia per imbarcarsi in quei porti, perché non è conveniente partire da Cagliari.
I trasporti delle società regionali da e per le isole minori non assicurano la piena continuità territoriale. Faccio l'esempio de La Maddalena, perché sono di Olbia, quindi a un tiro di schioppo da La Maddalena, e dunque più volte mi è capitato di andare a La Maddalena, di prendere il traghetto e ho registrato quanto segue. Il servizio non funzionava prima, non funzionava bene ed è molto peggiorato in questi anni: informo il Governo che dopo le sette di sera non è possibile prendere un traghetto della Tirrenia, della Saremar; un residente in Sardegna per andare a La Maddalena da Palau paga quanto un cittadino della penisola, e andare a La Maddalena alcune volte costa più che andare da Olbia a Livorno, perché non ci sono le offerte della Tirrenia, mentre altri vettori le propongono. Per non parlare del fatto che se un cittadino de La Maddalena vuole prendere un aereo la mattina per Roma o Milano non esiste alcun tipo di continuità territoriale, nel senso che si deve organizzare il giorno prima, deve andare in albergo e poi prendere l'aereo per Roma o Milano, qualsiasi sia la destinazione. Questa è la continuità territoriale che oggi viene garantita alle isole minori della Sardegna.
Abbiamo scoperto oggi - lo sapevamo, ma lo voglio ribadire, e l'ha detto prima il collega Monai nel suo intervento - che la procedura di privatizzazione della Saremar è sospesa, perché era creditrice di 11,5 milioni di euro nei confronti della Tirrenia e con questo decreto-legge, in pratica, si sa che la Tirrenia non restituirà mai più quei soldi e alla regione Sardegna viene detto: se vuoi puoi attingere dai fondi FAS già dilapidati per altre vie, per altri motivi.
Peraltro, questo processo di privatizzazione viene rimandato sine die, ho visto la lettera dell'assessore Lorettu al Ministro dei trasporti ed è chiaro che ad oggi è sospeso il processo di privatizzazione della società regionale.
Non voglio parlare poi dei collegamenti della Sardegna da e per la penisola. Voglio solo ricordare che noi come parlamentari sardi un anno e mezzo fa siamo intervenuti in Aula chiedendo al Ministro di riferire subito in Assemblea perché nel periodo invernale si volevano sopprimere i Pag. 29collegamenti Genova-Olbia e Genova-Porto Torres. Poi la questione è rientrata perché insomma il costo di questa operazione sarebbe stato politicamente insostenibile, però si era arrivati a questo. D'estate poi non ne parliamo: è chiaro che i porti sardi vengono presi d'assalto, ma le assicuro, signor sottosegretario, che i biglietti in continuità territoriale spesso non si trovano e molti sardi pagano il prezzo pieno, il prezzo che pagano tutti gli altri, altro che continuità territoriale garantita ai residenti!
Non voglio dilungarmi poi sulla vicenda del personale, però è evidente che, sebbene la società viva interamente per il fatto che c'è un forte collegamento con la Sardegna, non posso dire sicuramente che molti sono i sardi occupati nella casa madre di Tirrenia.
Questa quindi è la situazione, e dunque trovo appropriata la definizione «Alitalia del mare» se guardiamo alla Tirrenia da Roma, «Compagnia delle Indie» se guardiamo alla Tirrenia da Cagliari o da Olbia.
Cosa avrebbe dovuto fare allora il Governo, lo Stato? Signor sottosegretario, probabilmente il Governo avrebbe dovuto compiere delle scelte coraggiose, che invece non ha compiuto.
Qualcuno dice che una scelta coraggiosa, in particolare, sarebbe stata quella di privatizzare e, nel contempo, mettere a gara le rotte, come chiede l'Unione europea. Qualcuno si spinge ad affermare che addirittura bisognava fare prima la gara e poi la privatizzazione. Qualcun altro obietta - si tratta di obiezioni avanzate sia dal Governo, sia da qualcuno all'interno del mio partito e del mio gruppo - che queste, forse, sarebbero state due soluzioni troppo ardue, che avrebbero creato le condizioni per la distruzione del capitale sociale di Tirrenia o la perdita quasi sicura di molti posti di lavoro, mettendo a repentaglio la condizione dei lavoratori (cui pure noi teniamo, anche se siamo sardi: non è che non ci preoccupiamo della condizione dei lavoratori), o la vendita di una flotta importante per il sistema-Paese con i saldi di fine stagione. Si tratta di obiezioni che, beninteso, hanno una loro logica.
È anche logico sostenere, signor sottosegretario, che per qualsiasi Governo, di qualsiasi colore politico, sarebbe stato difficile tenere insieme la tutela del capitale sociale e la salvaguardia dei posti di lavoro, evitare le procedure di infrazione dell'Unione europea, gestire i diritti dei cittadini al trasporto, produrre un risparmio di risorse pubbliche per lo Stato e, quindi, porre fine a questo spreco di risorse pubbliche che comporta la gestione di Tirrenia.
Però (non voglio dilungarmi in merito ai particolari tecnici del provvedimento in esame: altri meglio di me lo hanno fatto in Commissione), voglio richiamare la vostra attenzione su un punto politico: il provvedimento in esame e quello che avete approvato in precedenza non mettono al riparo neanche uno di questi aspetti. Lo spezzatino non è evitato (checché se ne dica), i posti di lavoro sono a rischio e, sullo sfondo, vedo un peggioramento dei servizi al cittadino e del diritto alla mobilità dei cittadini.
Il punto, anche a tale riguardo, è che, dopo che non siete arrivati in tempo alla scadenza del 30 settembre, dovevate fare qualche cosa: ve lo ha detto anche il nostro capogruppo Meta. Avete completato le procedure di privatizzazione, ma qualcosa andava fatto: attenzione, per onore di verità dobbiamo dire ai sindacati, ai lavoratori e ai cittadini sardi, campani, siciliani e della Toscana, che è sbagliato continuare a pensare di poter parlare solo di privatizzazione della Tirrenia, dimenticando che le osservazioni dell'Unione europea non sono riferite alla titolarità della proprietà. All'Unione europea non importa nulla se titolare è il pubblico, mentre le importa qualcosa se si agisce in regime di monopolio. Questo è il punto che mette sotto osservazione l'Unione europea: non la titolarità della proprietà, ma l'agire in regime di monopolio.
La situazione è questa: le convenzioni stipulate da Tirrenia sono state assegnate impropriamente a suo tempo e sono state Pag. 30prorogate ancora più impropriamente. Su tale aspetto non si è intervenuti e si continua a non intervenire. Penso che stiamo prendendo in giro gli italiani su questo punto: l'equivoco di fondo del provvedimento in esame continua ad essere questo.
L'errore, sì, è stato compiuto a luglio, secondo noi. Ve lo abbiamo detto in Commissione trasporti - ho parlato con i colleghi - e in Commissione bilancio, alla quale appartengo: come sapete, la Commissione bilancio si è pronunciata in sede referente sul provvedimento in esame: è stato sbagliato tenere legate Siremar e Tirrenia per affrontare il processo della privatizzazione. Oggi si compie un passo avanti, o perlomeno si prevede un'opzione in più: slegare i destini di Tirrenia da quelli di Siremar. L'errore di fondo, però, è pensare che la vendita di Tirrenia preveda anche la vendita e la sopravvivenza delle convenzioni. Guardate che le convenzioni sono scadute! L'Unione europea avanza obiezioni proprio in merito a questo punto: quelle convenzioni violano infatti il regolamento comunitario di cui abbiamo parlato, perché creano discriminazioni fra gli armatori europei.
Questo è il grande equivoco. Non voglio entrare nel merito e nel tecnicismo delle singole norme, tuttavia il provvedimento non risolve questa questione politica.
Mi auguro che le questioni si risolvano nei rapporti con l'Unione europea, tuttavia, signor sottosegretario, affinché rimanga agli atti voglio esprimere un dubbio su questo punto. Andate avanti, vedete cosa vi dice l'Unione europea, però, prima o poi, lì dovete andare a cozzare.
I contratti di servizio sono scaduti ed è un'illusione pensare che chi compra Tirrenia, compri anche le convenzioni. Prima o poi qualcuno, su questo profilo, vi chiederà di rendere conto.
Quanto detto riguarda la visione di Tirrenia dalla capitale, da Roma. Per quanto riguarda, invece, la visione di Tirrenia da Cagliari, ritengo, molto semplicemente, che, prima o poi, la Sardegna debba essere liberata da Tirrenia. Fate tutti i passaggi che dovete fare, contemperate tutte le esigenze che volete, tuttavia, prima o poi, si dovrà arrivare a questo risultato. Occorre liberare la Sardegna da questa Tirrenia.
La prima necessità, in Sardegna, è quella, prima ricordata dal collega Mereu, nel suo intervento: tutelare le esigenze di mobilità e il diritto al trasporto dei cittadini, dalla Sardegna per la penisola e dalla Sardegna per le isole minori e viceversa. Occorre garantire la mobilità delle persone, i servizi efficienti e i prezzi contenuti.
Penso, signor sottosegretario, che le cose vadano fatte subito. Il problema delle gare, in Sardegna, è più importante che a livello nazionale: le gare vanno fatte subito. Spero che riprenda il processo di privatizzazione della Siremar, che non si interrompa il processo di approvazione del bando da parte della regione Sardegna e che, prima o poi, venga affrontato il problema della continuità territoriale della Sardegna con la penisola.
Questa è la questione politica fondamentale.
Per riprendere la similitudine con Alitalia, grande operatore nazionale e internazionale, dobbiamo sottolineare che, quando in Sardegna si sono tenute le gare per la continuità territoriale, Alitalia ha partecipato e ha vinto. Io non dico: «fuori Tirrenia, o fuori chi sostituirà Tirrenia, dalla Sardegna» dico, soltanto, che deve essere fatta una gara alle condizioni migliori per garantire servizi efficienti per i cittadini sardi e per assicurare la mobilità delle persone e delle merci. Ci saranno degli operatori privati, eredi o meno di Tirrenia, che parteciperanno, si aggiudicheranno le gare e così noi riusciamo a voltare pagina.
Ritenevo giusto sottolineare questo punto, perché penso che se anche la regione Sardegna superasse la propria inattività e ponesse fine al silenzio che ha caratterizzato l'operato dell'amministrazione regionale in tutta questa fase di privatizzazione della Tirrenia, noi, come regione Sardegna, potremmo impostare una proposta coerente che non smentisca gli obiettivi di salvaguardia del personale e Pag. 31del capitale sociale, che il Governo si pone a livello nazionale, ma che, nello stesso tempo, risponda con più efficacia a quelle esigenze di mobilità e di continuità territoriale per le persone e per le merci, di cui i sardi continuano ad avere un bisogno drammatico, che non può essere negato rimuovendo questo problema (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, non interverrò in modo puntuale, perché l'ha già fatto, ampiamente, il collega Monai. Mi limiterò a svolgere quattro riflessioni cui mi ha indotto questo decreto-legge.
La prima riguarda Tirrenia: non tanto la soluzione tecnica che si sta adottando, ma il fatto che in questo Paese chi porta alla rovina le aziende non paga mai.
Non paga nessuno per Alitalia e non paga nessuno per Tirrenia, o meglio, vi è sempre qualcuno che paga: i lavoratori, che, tutto sommato, sono i meno colpevoli nella vicenda, e i contribuenti italiani, che tirano fuori i soldi.
Anche qui, non ne faccio colpa a questo Governo, ma nessuno evoca il boiardo di Stato Pecorini in quest'Aula; eppure, è passato attraverso 17 Governi, che lo hanno sempre confermato e ha fatto delle scelte gestionali che fanno rabbrividire. Penso al famoso milione di euro speso per quattro navi che sono lì abbandonate, che stanno piano piano sfaldandosi e che costano ancora dei soldi, ma penso anche a tanti altri interventi sbagliati sul piano della gestione.
Penso anche a un altro boiardo, questa volta sindacale, peraltro dirigente di questa stessa società, che, insieme a Pecorini, trattava le questioni dei lavoratori in un evidente stato di conflitto di interessi, che nasce in situazioni come questa. Insieme non so se abbiano fatto gli interessi dei lavoratori, forse un pochino, ma certamente non hanno fatto quelli degli italiani e dei contribuenti, che hanno già pagato almeno un miliardo e mezzo di euro e che saranno costretti a pagarne altrettanti.
Per quanto riguarda i pedaggi, bisogna che iniziamo a chiamare le cose con il loro nome: questi non sono pedaggi, ma tasse: alla faccia di un Governo che dice che non aumenta le tasse e non mette le mani nelle tasche dei cittadini!
Vorrei che non sfuggisse e restasse agli atti che quelle tangenziali, sulle quali oggi si mettono i pedaggi, sono già state pagate una volta dai cittadini italiani, perché sono state pagate grazie ad aggiunte, a sovrapedaggi stabiliti in passato, che sono serviti esclusivamente e in modo preciso a dare denari a queste concessionarie autostradali perché costruissero le tangenziali e i raccordi.
Oggi diciamo: caro cittadino, non me ne importa niente, le hai pagate una volta, adesso le paghi un'altra volta. Allora, questa volta, chiamiamo le cose con il loro nome: diciamo che è una tassa, diciamo che il Governo mette le mani nelle tasche dei cittadini anche in questa forma.
Faccio una terza riflessione: sui meccanismi punitivi continuiamo a dire che dobbiamo trattare meglio chi si comporta in modo virtuoso rispetto a chi si comporta in modo non virtuoso, dopodiché stabiliamo dei meccanismi punitivi sulle questioni della sanità e, con un colpo di spugna, oggi li cancelliamo. Anche questa è una morale da tenere presente per un Governo che dice che vuole comportarsi in modo rigoroso e per la Lega, che non è in Aula, che dice che è ora di colpire chi si comporta male in modo automatico e poi è pronta a votare un colpo di spugna anche su alcuni meccanismi punitivi nella sanità.
Da ultimo, sollevo il tema delle coperture finanziarie, solamente per segnalare che abbiamo approvato una nuova legge di contabilità dello Stato e, alle prime occasioni, non facciamo altro che fare finta che questa legge non esista. Le coperture, peraltro gravissime, perché sottraggono ulteriormente soldi a chi è già stato fortemente penalizzato, sono in contrasto con le coperture previste dall'articolo 17 della legge n. 196 del 2009, che è la nuova legge di contabilità dello Stato. Non solo quindi siamo in ritardo rispetto a quella legge, Pag. 32perché il Governo non ha ancora presentato lo schema di Decisione di finanza pubblica - cosa che avrebbe già dovuto fare -, ma si prevedono anche coperture che sono in contrasto con la legge che ci siamo appena dati.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, come ha segnalato il Comitato per la legislazione, il decreto-legge al nostro esame rappresenta, per quanto riguarda la situazione di Tirrenia, il settimo provvedimento urgente di questa legislatura. L'ultimo è stato il decreto-legge n. 103 del 2010, di cui ci siamo occupati fra luglio ed agosto.
È un decreto-legge che interviene sulla società Tirrenia e su quelle ad essa collegate. Si tratta di un provvedimento che cerca di porre rimedio al modo pasticciato con il quale è stato di recente affrontato, con il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, il tema del pedaggiamento delle autostrade e dei raccordi autostradali in gestione diretta ANAS.
Se si aggiunge che il decreto-legge presenta una pluralità di norme marcatamente eterogenee, che vanno (oltre a quelle citate) dai Tremonti bond alle tariffe postali agevolate per la spedizione di prodotti editoriali (introducendo un principio di tariffe postali massime applicabile di dubbia efficacia), alla proroga dei termini di esercizio di una delega legislativa (che viola il limite, posto dalla legge n. 400 del 1988, all'utilizzo in tale materia dei decreti legge), e se esaminiamo tutti i temi contenuti in questo provvedimento, è evidente che ci troviamo di fronte (per scelta del Governo e della maggioranza) ad un provvedimento che ancora una volta sfrutta lo strumento del decreto-legge, giustificato da circostanze contingibili ed urgenti, per varare norme che si sarebbero dovute approfondire in maniera più appropriata con provvedimenti specifici più idonei (come il Presidente della Repubblica ha avuto in più occasioni modo di rilevare).
Anche nella più recente discussione che è avvenuta in quest'Aula a fine luglio (quella sul decreto legge n. 103, che ho prima ricordato), il nostro gruppo ha avuto modo di sottolineare, in particolare, come nel settore dei trasporti cominci ad evidenziarsi in modo drammatico la mancanza di una strategia complessiva chiara di cui la gestione propagandistica della vicenda Alitalia e l'attuale approssimativa gestione della vicenda Tirrenia costituiscono gli esempi più evidenti. Inoltre, il definanziamento progressivo di un piano di infrastrutture coerente, sia per la rete stradale e autostradale, sia per le ferrovie, i porti e gli aeroporti, semina incertezza e confusione.
Mi sia consentito fare un esempio con una breve digressione rispetto all'oggetto del provvedimento in esame. Sono un esempio di incertezza e confusione le dichiarazioni estemporanee fatte a Genova la scorsa settimana dal presidente della Commissione lavori pubblici del Senato, il senatore Grillo, il quale considera ormai archiviata la pratica Torino-Lione a favore di una soluzione di transito lungo la Genova-Ventimiglia, che avrebbe il suo sbocco sulla Genova-Milano (per la quale a sua volta siamo tutt'oggi in presenza di un decimo dello stanziamento disponibile). Si leggano i giornali torinesi di oggi, che riferiscono del grido di allarme lanciato da Confindustria Torino, che assomiglia molto alla perdita della pazienza di cui si è fatta interprete la presidente Marcegaglia nei giorni scorsi, per capire a che punto siamo in materia infrastrutturale.
Non c'è coerenza, insomma, nella progettazione e cantierizzazione dei grandi corridoi europei. Si è perso tempo per una riforma coerente della legge n. 84 del 1994 sui porti. Si è in forte ritardo sulla presentazione di un piano nazionale dei trasporti e della mobilità e, al suo interno, di un piano nazionale della logistica. Sottolineo peraltro che va dato atto al sottosegretario Giachino, qui presente, del suo impegno dedicato in modo effettivo a questo settore.
Allo stesso modo non c'è coerenza nell'attuazione tempestiva e lineare delle Pag. 33direttive comunitarie, che portano il nostro Paese a dovere rispondere a procedure di infrazione che, oltre che nel caso di Tirrenia, anche nel caso delle ferrovie, hanno costretto ad adottare di continuo misure tampone, ostacolando così la crescita di una vera concorrenza sui binari (che sarebbe utile per gli utenti, ma anche per l'occupazione).
Mi chiedo, ad esempio, da questo punto di vista come ci comporteremo, dopo che avremo approvato il presente provvedimento, di fronte alla direttiva europea sul pedaggiamento del traffico pesante a partire dal 2012 che contiene indirizzi che dovranno essere pienamente recepiti nella nostra legislazione.
Così come, nel caso in esame, le incertezze di percorso stanno producendo conseguenze negative, non solo per la salvaguardia dei posti di lavoro nel trasporto marittimo, ma anche nella cantieristica, visto che le risorse destinate all'ammodernamento delle flotte e alla sostituzione delle unità navali non più conformi agli standard di sicurezza europei (stanziamento previsto dalla finanziaria 2007 del Governo Prodi) vengono destinate, con questo provvedimento, a far fronte ad indifferibili esigenze di cassa della società del gruppo Tirrenia di navigazione Spa. Anche di qui nascono le problematiche dei siti Fincantieri-Cantieri navali Spa per i quali si stanno mobilitando sindacati ed enti locali. Emerge clamorosamente la mancanza di una politica industriale con un Ministero dello sviluppo economico vacante ormai da molti mesi e con un settore, quello della cantieristica, che, se sono vere le notizie di oggi, forse evita il piano preannunciato nei giorni scorsi da Fincantieri-Cantieri navali Spa, ma si appresta, comunque, a portare ad un taglio progressivo di posti di lavoro e, entro l'anno, ad una cassa integrazione per 3.200 dipendenti.
Ecco perché ribadiamo la nostra contrarietà al modo in cui il Governo ha impostato una procedura di privatizzazione, nata male e gestita peggio, fino a far precipitare la situazione nei giorni stessi in cui, mentre si convertiva, in quest'Aula, il decreto-legge n. 103 del 2010, si affermava di volerla affrontare in modo risolutivo. Il risultato è che la vendita distinta di Tirrenia navigazione Spa e Siremar-Sicilia regionale marittima Spa, diventa oggi l'ultima spiaggia per le società commissariate le quali trascinano nel loro destino, appeso anche ad un'ulteriore proroga della procedura da parte dell'Europa, anche le società regionali che devono, a loro volta, completare le procedure di privatizzazione, con gravi preoccupazioni, tra l'altro, per i crediti congelati nei confronti della società madre che, nel caso di Toremar-Toscana regionale marittima Spa, come è stato rilevato in Commissione, da parte del gruppo del PD, ammontano a 9 milioni 700 mila euro e che, non essendo crediti privilegiati, possono mettere in crisi il bilancio societario e la stessa possibilità di effettiva privatizzazione di questa società.
Il gruppo del PD, naturalmente, si attiverà in tutti i modi, a cominciare dalle proposte emendative presentate, e con iniziative a sostegno di una procedura chiara e trasparente per la vendita della flotta che garantisca l'occupazione e favorisca una liberalizzazione del cabotaggio in linea con le direttive europee e nell'interesse dei cittadini, delle imprese e dei lavoratori. Una procedura, quindi, che non finisca solo per essere la liquidazione di un patrimonio di beni e di professionalità, che si è, comunque, costruito nell'arco di un secolo, pur in presenza di una gestione clientelare e affaristica, ben fotografata qua dal collega Calvisi, di cui stiamo pagando le conseguenze per l'incapacità che è stata dimostrata di affrontarla tempestivamente.
Questo è il quadro per quanto riguarda Tirrenia, che rappresenta uno dei punti principali del decreto-legge in esame.
Vi è poi l'aspetto che riguarda i pedaggi sui raccordi autostradali ANAS, rispetto ai quali la scelta fatta dal Governo con il decreto-legge in esame conferma e aggrava, a nostro giudizio, quanto previsto dall'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010. Infatti l'articolo 15 prevedeva una misura che, sostanzialmente, da una parte anticipava i futuri effetti di Pag. 34un rilevamento dei passaggi su queste tratte di strade attraverso meccanismi tecnologici e, dall'altra, stabiliva un termine entro il quale questa rilevazione automatica sarebbe dovuta avvenire, cioè il 31 dicembre 2011. Quella norma però, come è stato ampiamente ricordato dai colleghi e anche dal relatore, è stata messa in discussione dal TAR Lazio, dal TAR Piemonte e dal Consiglio di Stato, tanto da spingere la stessa ANAS, per non correre rischi ulteriori, a sospendere l'applicazione delle misure di aumento dei pedaggi previste dal 1o luglio di quest'anno.
Il decreto-legge in esame riprende in mano il tema, nello stesso momento in cui l'ANAS bandisce un bando di gara per la realizzazione di sistemi di pedaggiamento - con il sistema cosiddetto free flow - con una gara che vale 150 milioni e credo che vada rilevato come questa iniziativa dell'ANAS possa rappresentare un azzardo. Infatti, è vero che il decreto-legge anticipa al 30 aprile 2011 gli effetti dell'applicazione di misure di controllo tecnologico dei passaggi, ma è altrettanto vero che demanda le fasi attuative ad un decreto che dovrà essere approvato e che riguarderà sia l'individuazione delle tratte da sottoporre a pedaggio, sia l'individuazione di sistemi di pedaggiamento da utilizzare.
Quindi diciamo che siamo ulteriormente all'interno di una fase transitoria, che viene attuata a livello ministeriale e a livello di ANAS con provvedimenti che dovrebbero essere affrontati con molta maggiore cautela, anche perché sia l'individuazione delle strade, come ho detto, sia la verifica di eventuali provvedimenti alternativi come quelli da noi proposti meritavano una riflessione adeguata. D'altronde in Commissione trasporti, proprio nel dibattito che si è svolto ieri, questo tema è stato evidenziato e abbiamo sentito dire da colleghi della maggioranza che non si può rinviare l'approvazione e la conversione del decreto, perché prossimo alla scadenza e che si ripromettono di riprendere in mano in modo organico la questione, anche con una modifica della normativa che stiamo approvando, all'interno di provvedimenti successivi; oggi, a loro dire, vi è l'urgenza di non far decadere il decreto-legge. Penso che questa posizione sia inaccettabile e che debba essere riconsiderata nel corso del dibattito in Aula, anche perché se si riconoscesse che siamo di fronte ad una normativa discutibile è come se riconoscessimo il fatto che è una normativa che, ancora una volta, potrà essere oggetto di eventuali ricorsi in sede amministrativa.
Quindi, essa sottopone la materia ad una fase di fibrillazione che, a mio avviso, non dovrebbe più esistere. D'altronde, in questa sede, ho sentito il collega Desiderati argomentare, ad esempio, in merito ad una questione. Egli ha operato un raffronto tra la situazione che si determinerà sul grande raccordo anulare di Roma e quella che già si determina oggi con riferimento alle tangenziali milanesi.
Vorrei ricordare al collega Desiderati che, a Torino, il collegamento Torino-Caselle viene individuato come un tratto da sottoporre a pedaggiamento attraverso un bando di gara emesso dall'ANAS, cosa che a Milano - l'esempio che egli ha voluto citare -, certamente, non accade per il collegamento Milano-Linate. È evidente, quindi, che è necessario svolgere qualche considerazione, anche in relazione al fatto che, nelle grandi realtà metropolitane europee, a dire la verità, questo sistema non è all'ordine del giorno e viene affrontato in altro modo.
Pertanto, dovremmo riconoscere apertamente che si realizza una manovra con la quale si mettono le mani nelle tasche dei pendolari, e ciò nel momento in cui si penalizza un sistema di trasporto ferroviario già pessimo, che viene ridimensionato a causa dei tagli imposti ai trasferimenti alle regioni dal citato decreto-legge n. 78. Quindi, per il pendolare, l'alternativa è la seguente: o l'utilizzo di mezzi pubblici inefficienti, con riferimento ai quali, probabilmente, scatteranno aumenti tariffari a partire dal prossimo anno, oppure l'utilizzo dell'automobile su tratte stradali che saranno gravate da un pedaggio che prima non c'era. Pertanto, si opera una doppia beffa ai danni degli utenti Pag. 35pendolari e, di fatto, si istituisce una tassa per realizzare nuove entrate, che non si è pensato di risolvere diversamente.
A tale proposito, abbiamo presentato una proposta emendativa molto precisa, di cui oggi discuteremo in modo adeguato, nella quale è contenuta un'osservazione che vorrei sottoporre alla riflessione dell'Assemblea. L'ANAS si trova, di fatto, a non ricevere più un contributo da parte dello Stato e, pertanto, lo chiede indirettamente ricorrendo alle tasche dei cittadini, che pagheranno un pedaggio. Ebbene, l'ANAS è la stessa azienda che ha distribuito con il suo ultimo bilancio un dividendo, ed è la stessa azienda che si trova in una situazione di conflitto di interessi: infatti, da una parte, è concessionaria, e dall'altra parte, è concedente nei confronti del sistema autostradale. Rispetto a ciò, sarebbe utile una riflessione adeguata. Allo stesso modo, poiché abbiamo appena approvato una riforma del codice della strada, che inasprisce le sanzioni per il superamento dei limiti di velocità e per altri comportamenti riguardanti il superamento dei limiti su tutte le strade italiane; poiché abbiamo introdotto una norma che destina il 50 per cento delle risorse derivanti dalle entrate accertate attraverso l'autovelox agli enti gestori delle strade, sarebbe utile capire dove andranno tali risorse e come verranno utilizzate dagli enti concessionari. Inoltre, sarebbe utile poter quantificare una previsione che, a nostro avviso, potrebbe essere anche alternativa alla misura che qui viene individuata, perché, certamente, le risorse che perverranno attraverso quella disposizione di legge saranno molto rilevanti.
Per concludere, signor Presidente, ci troviamo di fronte ad un provvedimento che presenta molti punti critici, molti punti oscuri. Non ho citato, non ho il tempo di farlo ma lo riprenderemo, il tema delle tariffe postali agevolate a favore delle società editrici per la spedizione di giornali e di periodici. Qui viene istituito un meccanismo di tariffe postali massime al posto del meccanismo del contributo che va a compensare Poste italiane per le spedizioni agevolate. È un meccanismo tutto da verificare e da vedere se funzionerà, ma ci porta ad una considerazione che riguarda in modo particolare il settore postale; siamo ormai a settembre, a tre mesi dall'entrata in vigore della piena liberalizzazione del servizio postale e noi ci stiamo arrivando con misure approssimative che riguardano il Governo e la regolazione della sistema postale italiano e con il nostro monopolista di fatto, Poste italiane, che oggi viene indirizzato dal Ministro Tremonti in ben altre direzioni con l'obiettivo dell'acquisizione del Mediocredito Centrale per far decollare la Banca del Sud. Siamo di fronte alla riacquisizione al cento per cento in carico al Ministero dell'economia e delle finanze della proprietà di Poste italiane. È una discussione che va fatta in modo chiaro, perché chiediamo al Governo di mettersi in condizioni di governare un mercato che richiede nel settore dei servizi e nel settore dei trasporti più concorrenza, e di questo ne siamo convinti, ma che richiede anche più tutela degli utenti, tutela dei lavoratori impegnati nei servizi - è di oggi, su tutti i giornali la notizia che tra l'altro, negli ultimi dieci anni i lavoratori dipendenti hanno perso 5 mila 500 euro di potere di acquisto - e tutela delle imprese che vogliono rischiare in un mercato che si apre. Tutto questo è possibile solo se adottiamo misure coerenti, organiche, una delle quali è senz'altro quella di istituire nel settore dei trasporti, delle poste, autorità di regolazione terze, indipendenti, che siano di garanzia per le imprese, per gli utenti e per tutti i lavoratori dei settori interessati. Pensiamo che con questo provvedimento voi continuiate a produrre interventi tampone, pasticciati, sui quali non vi seguiremo ma continueremo, invece, a lavorare perché prevalgano gli interessi dei cittadini e la volontà di tanti lavoratori e di tanti imprenditori di far funzionare i servizi e di far crescere l'economia e insieme all'economia l'occupazione e il lavoro di tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, siccome vi è stata una relazione ampia da parte del gruppo di Italia dei Valori attraverso il suo rappresentante in Commissione, il collega Monai, cercherò di utilizzare cinque minuti e non di più del tempo a nostra disposizione per evidenziare alcuni aspetti particolari di questo provvedimento. Lo chiamiamo «misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria», e dovremmo probabilmente discutere di trasporti in Italia, potremmo dire tante cose.
In realtà, noi affrontiamo: il problema della Tirrenia; un problema di pedaggi ANAS che, in realtà, è un problema di finanziamento ad un'azienda strategica per la mobilità in Italia quale è ANAS; un problema per l'editoria, in quanto per esigenze di cassa si è deciso di tagliare e poi ci si rende conto che si tagliano risorse indispensabili e, quindi, occorre fare marcia indietro; provvedimenti necessari, sicuramente, per chiarire alcune situazioni sul terremoto dell'Abruzzo; provvedimenti urgenti per gli istituti di credito, pensando che avessimo già affrontato ormai, oltre un anno fa, le questioni di urgenza in questo settore; infine, una questione di riposizionamento di strade già tracciate sulla sanità, nel caso specifico il rientro del deficit della regione Puglia.
Si tratta di argomenti molto ampi, che avrebbero l'esigenza di essere discussi nel loro complesso, per singolo argomento. Noi, invece, infiliamo tutte queste cose in un decreto-legge, che naturalmente ha una scadenza e, quindi, non ci dà molto tempo di discussione.
Tuttavia, vorrei evidenziare che, per risolvere qualcosa di urgente, andiamo, di fatto, a «rompere» quel poco che c'è di programmato, quel poco che si cerca di programmare. Mi riferisco, in particolare, ai fondi FAS, i quali vengono sempre tagliati - come anche in questo caso - quando c'è bisogno di risorse. I fondi FAS dovrebbero riferirsi ad una programmazione 2007-2013, che costruiamo insieme a progetti-quadro con le regioni su tutto il territorio nazionale (e non solo, quindi, nelle regioni del sud) e insieme all'Europa (perché questi piani naturalmente vengono condivisi, anche attraverso risorse europee).
Ebbene noi, ogni volta, accediamo a quei fondi, stravolgiamo quello che vorremmo fare (in questo caso, si trattava di fondi destinati allo sviluppo dell'attività della piccola e media impresa) e li riposizioniamo. Essi erano rivolti a finanziare interventi strutturali (quindi, non di spesa corrente), a consolidare e sviluppare la piccola e media impresa sul territorio italiano, a vincere, magari, alcune scommesse sull'Europa e, quindi, ad aiutare quel mondo del lavoro oggi molto in crisi.
Al contrario, noi riposizioniamo queste risorse su spese correnti, senza accelerare ed entrare nel merito, con coraggio, sull'esigenza di questi settori, i quali devono necessariamente adeguarsi alle esigenze di mercato, di concorrenza e, quindi, di efficienza anche nell'erogare i relativi servizi.
In questo caso, per quanto riguarda Tirrenia, si tratta di servizi indispensabili, che non possono essere sospesi neanche per qualche giorno o per qualche ora, perché creeremmo, naturalmente, una situazione di disagio tremenda per buona parte del territorio italiano, dei suoi cittadini e delle sue imprese.
Tuttavia, ciò avviene con tranquillità, non c'è problema: il Governo delibera tranquillamente perché tanto, dal 13 maggio, manca il Ministro dello sviluppo economico e, quindi, che problema c'è a pensare alle imprese? Ci pensa il Presidente del Consiglio: ha già fatto 300 provvedimenti, a fronte di 1.700 imprese, che sono lì, a «bussare» per una mediazione da parte del Governo. E anche in questo caso si rincorre un qualcosa, si va a potenziare un capitolo per imprese che vanno in crisi, su cui già abbiamo un buon elenco - non sto qui a leggerlo - che va da Eutelia, ad Omnia, al gruppo Merloni e quant'altro; ci eravamo anche assunti alcuni impegni con il gruppo FIAT di Termini-Imerese. In quel caso, quel progetto Pag. 37di sviluppo alternativo, in un mondo di micro e piccole imprese, come si è letto sui giornali, qualcuno ce lo vuole portare?
Vogliamo discutere anche di questo o continueremo ad utilizzare questi fondi - che sono lì, sul piatto - come cassaforte per tamponare buchi di spesa corrente e, quindi, violando, ancora una volta, tutte le norme di concorrenza e le norme che vorremmo e ci siamo dati a livello europeo?
Vogliamo entrare effettivamente in Europa e considerarci europei, non solo per difendere le banche ma anche le imprese, oppure continuiamo il massacro, togliendo risorse a un settore che ne ha altrettanto bisogno? E la stessa cosa succede ad ANAS: abbiamo fatto una finanziaria e ANAS aveva zero risorse per interventi futuri. Come nel 2006 (un altro Governo Berlusconi) di fatto ANAS rimase allora, e rimane oggi, senza risorse per interventi futuri. Sta lavorando, naturalmente, perché ci sono opere approvate e finanziate che non si realizzano dalla mattina alla sera ma richiedono alcuni anni, ma non ha risorse per programmare quello che si farà dopo questi 2 o 3 anni di lavoro.
Si arriva, quindi, a fine anno, a settembre - o agosto, come si vuol leggere - a decidere che bisogna trovare delle risorse per ANAS, e le troviamo inventando un sistema di pedaggiamento che non sappiamo dove o come collocare - al di là del grande raccordo di Roma e delle altre strade che individueremo dopo - ma di sicuro sappiamo che ANAS utilizza 150 milioni delle proprie risorse per acquistare queste macchine.
Vi sono quindi due questioni: o abbiamo già individuato quali sono i caselli dove posizionare queste macchine - e allora è un falso dire che sceglieremo successivamente, con un decreto, quali sono questi caselli - oppure vi è una programmazione occulta; qui facciamo finta di programmare ma qualcuno poi decide indipendente dagli atti che il Parlamento approva.
Questo però è gravissimo, perché in una situazione dove ANAS ha a disposizione - ripeto - zero euro per programmare i futuri interventi (e quindi si approvano solo dei progetti in linea di principio, ma mai con le relative competenze), noi autorizziamo di fatto ANAS a procedere con le gare in attesa della copertura finanziaria, senza che intervengano il Governo, o il Ministro. Forse è bene anche capire a cosa servono questi servizi, così come accade quando si dà priorità ad alcuni interventi infrastrutturali.
Queste sono alcune delle questioni che vanno viste come rovescio della medaglia. Credo che il Governo debba riflettere prima di proporci questi provvedimenti «multicolorati» e multiformi, che mettono un cerotto a breve, ma che continuano a mantenere vivo il male, a far avanzare questo cancro di malagestione nei servizi pubblici e a togliere continuamente risorse a quello che dovrebbe essere il futuro per l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 3725)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la Commissione bilancio, onorevole De Angelis e il relatore per la Commissione trasporti, onorevole Terranova, rinunciano alle repliche.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'urgenza e l'importanza dei provvedimenti illustrati molto bene dai relatori De Angelis e Terranova, dagli onorevoli Desiderati, Garofalo e Di Biagio, sono relativi alle esigenze di cassa della Tirrenia, alle esigenze importanti dell'ANAS per il sistema autostradale e alle iniziative del Ministero dell'economia per la salvaguardia del sistema bancario. Pag. 38
I rilievi dell'opposizione - espressi autorevolmente dagli onorevoli Gasbarra, Monai, Mereu, Calvisi, Borghesi, Lovelli e Piffari - sono comprensibili ma non convincenti.
Anche dai parlamentari è onestamente venuta l'ammissione che su Tirrenia le responsabilità appartengono ai Governi che si sono succeduti negli ultimi vent'anni e, quindi, non possono essere addossate solo a quello attuale. Rimangono agli atti gli impegni autorevolmente assunti su Tirrenia dal Ministro Matteoli e ribaditi alle parti sociali nella trattativa in corso.
All'onorevole Gasbarra faccio notare che in Spagna le tariffe autostradali sono più alte del 40 per cento rispetto a quelle italiane, e che in Italia abbiamo avuto meno sviluppo. Ci accorgiamo, man mano che andiamo avanti, quanto ci è costato questo mancato sviluppo dovuto alle scelte sbagliate sull'energia (nel referendum del 1987) e al blocco della costruzione delle infrastrutture di trasporto stradale e ferroviario durato per oltre 25 anni.
Il dato recente della Confindustria indica che abbiamo perso negli ultimi 20 anni, a causa di quelle due scelte sbagliate, oltre 500 miliardi di euro di PIL. Lì vi sarebbero state le risorse che ci mancano e sulle quali ci stiamo scontrando quest'oggi per resistere alla crisi e per rimettere in moto lo sviluppo del Paese. La differenza è che noi siamo consapevoli che da quelle due scelte è scaturita la minore crescita degli ultimi 20 anni. Pertanto, stiamo lavorando per recuperare le conseguenze di quelle scelte in ordine all'energia e al sistema delle infrastrutture.
Abbiamo bisogno di uscire dalla crisi, avendo nuovi motori di spinta, e di ritornare a crescere di più di quanto non siamo cresciuti negli ultimi 15 o 20 anni. Questa è la consapevolezza che abbiamo e che, invece, sovente non vediamo nell'altra metà del Parlamento. In questa consapevolezza sta la forza del discorso che farà il Presidente del Consiglio domani in Parlamento sulle proposte per il proseguimento della legislatura.
L'onorevole Lovelli ha svolto un bellissimo intervento, delineando la politica dei trasporti dell'opposizione. Rilevo l'ingenerosità per non aver colto, in questi due anni e mezzo, la crisi economica pesantissima che ha cambiato tutto. I provvedimenti di finanziamento di tre o quattro anni fa non ci sono più. Ora è cambiato completamente il quadro. La crisi ci ha cambiato, ha cambiato il mondo e le condizioni del nostro Paese. Il ragionamento deve adeguarsi. Eppure, il Governo ha saputo, in questi due anni, difendere il Paese dalla crisi come nessuno avrebbe previsto due anni fa e anche meglio di altri Paesi importanti della nostra Europa.
Premesso che il giudizio lo dà la gente, il mercato e il Paese, ringrazio dei complimenti e faccio presente, sulla politica dell'autotrasporto, che siamo l'unico Paese in Europa che in questi due anni di crisi pesantissima non ha subito un solo giorno di blocco dei TIR. Ebbene, ci sarà qualche motivo. Questo vuol dire che il Governo ha difeso questo settore e l'economia di questo Paese come nessun altro e che non abbiamo caricato il Paese delle difficoltà che scaturiscono dai blocchi della circolazione dei mezzi pesanti.
Il giudizio sulle autostrade e sull'Alitalia è radicalmente diverso. L'Alitalia oggi funziona e siamo nelle condizioni di immaginarne il futuro. Abbiamo sbloccato e corretto la politica autostradale del precedente Governo, che non ci convinceva e che non condividevamo. Stiamo lavorando al piano degli aeroporti, come bene sanno i membri della Commissione trasporti della Camera. Stiamo lavorando, inoltre, al piano della logistica che sarà importante per la ripresa dello sviluppo di questo Paese. Abbiamo effettuato un lavoro importante - maggioranza, opposizione e Governo - sul codice della strada, per garantire la mobilità in sicurezza.
Insomma, in questi due anni e mezzo di crisi gravissima abbiamo gestito, grazie al lavoro del mio Ministro Matteoli, il settore dei trasporti cercando di difenderlo, affrontando alcuni nodi e preparandoci ad affrontarne degli altri con le risorse che la ripresa ci metterà a disposizione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Pag. 39

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta anche per consentire al Comitato dei diciotto di esaminare gli emendamenti.

Modifiche nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 28 settembre 2010, i deputati Giuseppe Drago, Calogero Mannino, Francesco Saverio Romano e Giuseppe Ruvolo, già iscritti al gruppo parlamentare Unione di Centro, hanno aderito al gruppo parlamentare Misto.
A questo punto, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Gregorio Fontana, Jannone, Lucà e Palumbo sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Su un lutto del deputato Amalia Schirru.

PRESIDENTE. Comunico che la collega Amalia Schirru è stata colpita da un grave lutto: la perdita del fratello. Alla collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Modifiche nella composizione di una componente politica del Gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 28 settembre 2010, i deputati Massimo Calearo Ciman e Bruno Cesario hanno dichiarato di dimettersi dalla componente Alleanza per l'Italia, continuando ad aderire al Gruppo parlamentare Misto.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunciato.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 3725)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 3725), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 3725).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 3725).
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 3725).
Avverto, inoltre, che, prima dell'inizio della seduta, gli emendamenti Mereu 1.2, Di Biagio 1.15 e Girlanda 3-quater.01 sono stati ritirati dai presentatori. Comunico altresì che tutti gli emendamenti a prima firma dell'onorevole Di Biagio sono stati ritirati.
Avverto, infine, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, la proposta emendativa, già dichiarata inammissibile Pag. 40in sede referente, Ferrari 3-quater.02, che dispone la soppressione del Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,08).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,30.

La seduta, sospesa alle 15,10, è ripresa alle 15,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 3725)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, in sede di discussione sulle linee generali, questa mattina, abbiamo evidenziato le incongruenze di un provvedimento che viene alla nostra attenzione a poco più di due mesi da una discussione che già abbiamo svolto su questa stessa materia, in particolare per quanto riguarda la società Tirrenia e le scelte che il Governo ha voluto proporre al Parlamento per la procedura di privatizzazione di questa società pubblica e delle sue controllate.
In base ad una procedura di infrazione aperta dall'Europa, si sarebbe dovuta concludere la privatizzazione entro il 30 settembre prossimo, ma, proprio mentre si svolgeva in quest'Aula, ai primi di agosto, la discussione sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 103 del 2010, la società è stata posta in amministrazione straordinaria e commissariata. Inoltre, è stato approvato un provvedimento che ha avviato una nuova procedura di dismissione, basata essenzialmente sulla separazione dei complessi aziendali di Tirrenia e Siremar, dando per acquisito il fatto che, nel caso delle altre società che hanno caratteristiche regionali - la Caremar, la Toremar e la Sarimar -, già era avvenuto il passaggio alle regioni competenti e già, anche in quel caso, erano state avviate procedure di privatizzazione.
Quindi, mentre esaminavamo il disegno di legge di conversione del decreto-legge citato, la situazione è precipitata e gli effetti di quel provvedimento sono rimasti sulla carta, tant'è vero che il Governo ha dovuto approvare subito un altro decreto-legge (quello che oggi è portato alla nostra attenzione), che prende atto della nuova realtà e imposta una procedura diversa, che ricordavo: quella della separazione dei destini dei complessi aziendali di Tirrenia e Siremar e quella che, oltre a fotografare questa nuova realtà, riavvia una contrattazione in sede comunitaria. L'Europa, infatti, ci aveva dato l'autorizzazione, di fatto, a temporeggiare fino al 30 settembre, in relazione al fatto che entro quella data era previsto che si concludesse la procedura di privatizzazione. Poiché ciò non è avvenuto, adesso in sede europea bisogna contrattare una nuova autorizzazione a questa procedura, che, fra l'altro, viene aperta e sancita nel provvedimento in esame senza che venga specificata una scadenza precisa.
Quindi, siamo in una situazione che è sotto osservazione da parte dell'Unione europea e a forte rischio, perché riguarda una società pubblica delle dimensioni di Tirrenia, che ha un patrimonio importante, ma anche una storia di perdite societarie e di una gestione fallimentare Pag. 41che, per la prima volta, forse, per una società pubblica, viene dichiarata fallita. Si tratta, veramente, di una situazione mai vista, che mette di fronte a responsabilità enormi il Governo, che non ha saputo gestire questa fase, l'ha gestita in modo approssimativo e queste sono le conseguenze.
Quindi, con gli emendamenti che presentiamo all'attenzione dell'Aula vogliamo fare in modo che gli effetti più negativi degli errori del Governo non ricadano su alcuni dei protagonisti di questa vicenda.
In primo luogo, voglio ricordare il fatto che le società regionali e, cioè, per capirci, le società attribuite alle regioni Sardegna (Saremar), Toscana (Toremar) e Campania (Caremar), si trovano - pur avendo accettato il trasferimento delle flotte ed essendosi assunte l'onere di avviare la procedura di privatizzazione - in grossa difficoltà, perché tra i valori iscritti in bilancio vi sono i crediti nei confronti della società madre (per esempio, nel caso di Toremar parliamo di 9 milioni 700 mila euro) che, non essendo crediti privilegiati ai sensi delle leggi fallimentari, rischiano di non poter essere riscossi in tempo utile e di incrinare la stessa procedura di privatizzazione avviata.
Perciò, con i nostri emendamenti, proponiamo che, su questo aspetto della vicenda, intervenga una garanzia dello Stato per fare in modo che, perlomeno, quella procedura di privatizzazione prosegua con le regioni impegnate su quel terreno, che vengano garantite affinché possano, da una parte mantenere in vita servizi fondamentali per la continuità territoriale delle isole - pensiamo all'isola d'Elba e, in modo particolare, alla Sardegna - e, dall'altra, possano anche loro arrivare nei tempi dovuti ad una privatizzazione trasparente e chiara, che sia fatta nell'interesse degli utenti, dei contribuenti, della collettività in generale, di chi deve fruire di servizi che sono stati realizzati, fino adesso, con una società a gestione interamente pubblica e che adesso devono passare ad una nuova fase.
Il secondo aspetto degli emendamenti, che riguarda questa partita, interessa la cassa integrazione per i dipendenti delle società coinvolte. Infatti, un conto è se, in questo caso, si utilizzano procedure di cassa integrazione ordinaria che, naturalmente, vengono messe in discussione dal fatto che le società sono commissariate, altro conto è se si utilizzano le procedure di cassa integrazione della legge Marzano, che fornisce più garanzie per il personale e lo rende anche più partecipe, in un processo avviato, che deve vedere una forte coesione, anche dal punto di vista sociale e istituzionale, perché i risultati si possano ottenere. Questo è ciò che noi proponiamo per quanto riguarda, in particolare, Tirrenia e le società collegate.
Poi c'è la questione che concerne principalmente la vicenda dei pedaggi sui raccordi autostradali ANAS, sulla quale noi sin dall'inizio - in particolare quando si è discusso il decreto-legge n. 78 del 2010, che ha previsto questa possibilità, che poi è diventata operativa dal 1o luglio di quest'anno con decreti attuativi da parte del Governo - dicemmo che si trattava di un'operazione sbagliata, prima di tutto per un motivo di equità fiscale nei confronti di tutti i cittadini italiani.
Con quell'operazione, nel momento in cui si faceva propaganda sul fatto che questo Governo non metteva le mani nelle tasche degli italiani, in realtà si realizzava un'operazione di prelievo molto facile dalle tasche degli italiani. Qualunque cittadino uscisse da un casello autostradale per immettersi su un raccordo ANAS subiva un prelievo obbligatorio, senza che a questo corrispondesse né un servizio, perché utilizzava un tratto di strada che non era gestito come un'autostrada, né un intervento comunque garantito e programmato di ANAS, per quanto riguarda la manutenzione, la gestione e il miglioramento della sicurezza di quel pezzo di strada. Fra l'altro, è una manovra che per i pendolari è stata una beffa duplice. Ricordiamo, infatti, che il decreto-legge n. 78 del 2010, cioè la cosiddetta manovra correttiva estiva, ha previsto tra l'altro di tagliare le risorse per le regioni a partire dal 2011 per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, quindi anche il trasporto ferroviario Pag. 42regionale, con la conseguenza che, a partire dal prossimo anno, o le regioni toglieranno i servizi oppure saranno costrette ad aumentare le tariffe.
Quindi, i pendolari sono colpiti due volte: subiscono da subito, cioè dal 1o luglio, un aumento delle tariffe sulle strade e subiranno un nuovo prelievo a partire da gennaio. Come i colleghi sanno, su questa vicenda ci sono state pronunce del TAR Lazio, del TAR Piemonte e del Consiglio di Stato, a seguito dei ricorsi presentati dalla provincia di Roma, da una parte, e dalla provincia di Torino, dall'altra. Tant'è vero che rispetto alle pronunce a favore dei ricorrenti, enti locali e associazioni dei consumatori, l'ANAS ha già preso la decisione di sospendere l'esazione di questo sovrapedaggio in tutta Italia, in quanto il rischio sarebbe di avere di fronte una fase di continui ricorsi in sede amministrativa.
Quindi, anche per questo non si capisce la cocciutaggine del Governo nell'imporre con un nuovo decreto-legge la riproposizione di questa misura, che oltretutto porta ad una conseguenza immediata. Da una parte, le entrate previste, un po' più di 80 milioni nel 2010, vengono ottenute spalmando i cosiddetti tagli lineari sui vari ministeri, quindi andando a diminuire il portafoglio già decurtato di molti ministeri e dello stesso Ministero delle infrastrutture.
Dall'altra parte, ha dato di fatto il via libera perché ANAS anticipi entro l'aprile del 2011 il pedaggiamento con il sistema del cosiddetto free flow, anticipando, fra l'altro, l'identificazione di 25 tratte di raccordi autostradali che saranno assoggettati a questo nuovo sistema, con ciò contraddicendo una previsione di legge che demandava la misura ad un decreto apposito e rendendo di difficile previsione l'effettiva entrata, a differenza di quanto vi è scritto nel decreto.
Quindi, proponiamo un emendamento soppressivo, sostitutivo dal punto di vista della copertura finanziaria, che è stato valutato nelle Commissioni trasporti e bilancio, che chiediamo a questa Assemblea di prendere seriamente in considerazione, per porre rimedio agli effetti più negativi di un decreto-legge che viene presentato all'ultimo momento alla nostra attenzione e che ci viene presentato come inemendabile.
Vogliamo che possa essere emendato nell'interesse dei cittadini e anche di un migliore e più coerente sviluppo economico del Paese, di cui il sistema dei trasporti è un elemento fondamentale di prospettiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, questa mattina sono già intervenuto in sede di discussione sulle linee generali e alcune considerazioni sul caso Tirrenia le ho già svolte in quella occasione. Ne riprendo solo alcune in sede di intervento sul complesso degli emendamenti, che mi sembra mantengano tutta la loro attualità, alla luce degli emendamenti che abbiamo presentato come Partito Democratico, che l'Assemblea si accinge a votare, e anche alla luce delle risposte che ho ascoltato dal rappresentante del Governo questa mattina.
Signor Presidente, a me pare che non sia stato fugato il dubbio di fondo che noi, come opposizione, abbiamo riguardo a questo provvedimento. La nostra considerazione di fondo è molto semplice: siamo ancora qui, dopo che, a luglio e all'inizio di agosto, abbiamo discusso e votato l'ennesimo decreto di salvataggio della Tirrenia e delle sue consorelle regionali.
Il fatto che siamo qui, a poco più di un mese di distanza, ci dice una cosa molto semplice: l'obiettivo del Governo di privatizzazione della Tirrenia e delle società regionali entro il 30 settembre è fallito. È un obiettivo che ci si era posti per evitare le sanzioni che l'Unione europea ci potrà irrogare dopo avere attivato una procedura di infrazione per violazione delle regole comunitarie che va avanti da tempo, perché il nostro Paese è accusato di praticare aiuti impropri di Stato attraverso Tirrenia e le società regionali, di Pag. 43praticare un indebito monopolio, di discriminare tra tutti gli armatori comunitari, che, ai sensi del regolamento CE n. 3577 del 1992, devono essere messi nelle stesse condizioni per garantire il trasporto da e per le isole in tutti i Paesi membri dell'Unione europea.
Da qui bisogna partire! Poi sappiamo anche che la vicenda di Tirrenia è legata ad una storia di sprechi, di inefficienze, di sovvenzioni senza fine, ed è legata anche ad una possibilità di operare un risparmio di spesa per i conti dello Stato che male non farebbe.
Signor Presidente, potremmo dire che va bene così, che il processo di privatizzazione da realizzarsi entro il 30 settembre è fallito, però adesso marciamo spediti, e che, comunque, questo provvedimento che ci accingiamo ad approvare sicuramente metterà le cose a posto, sia per il processo di privatizzazione che riguarda la società madre, sia per quanto riguarda il processo di privatizzazione che riguarda le società regionali.
Voglio informare quest'Aula, riprendendo un'argomentazione che ha svolto questa mattina il collega Monai, che, per quanto riguarda, per esempio, la privatizzazione di una società regionale, la Saremar in Sardegna, questo provvedimento - lo voglio mettere in evidenza - non facilita, non accelera, ma sospende le procedure di privatizzazione già avviate in Sardegna. Per dichiarazione della giunta regionale tutto era pronto: era stato aumentato il capitale sociale di Saremar, era stato predisposto un piano industriale, era stato nominato il nuovo consiglio di amministrazione.
In Sardegna, insomma, con un'amministrazione regionale che non è del nostro segno e colore politico, erano pronti a fare quello che era già stato previsto, ovvero privatizzare la società regionale. Invece, che cosa succede? Succede che, per i crediti che le società regionali vantavano nei confronti di Tirrenia e che prima erano in qualche modo garantiti, perché Tirrenia era obbligata a corrispondere quanto dovuto alle società regionali, dopo l'approvazione di questo provvedimento non vi è più alcun obbligo e non vi è alcuna garanzia. Nel caso specifico della Sardegna, la Saremar era creditrice di quasi 12 milioni di euro verso Tirrenia e ora, probabilmente, questi 12 milioni di euro non saranno mai restituiti. La giunta regionale ha quindi comunicato al Governo, in data 15 settembre, che non è in grado di portare avanti il processo di privatizzazione.
Ma c'è di più! La giunta regionale della Campania, sollevando il problema della Caremar, quella della Sardegna, con il problema della Saremar, e la giunta della Toscana, sollevando il problema della Toremar, hanno detto alla Stato di prendere atto della situazione e, in sede di Conferenza Stato-regioni, hanno proposto un emendamento molto semplice, che abbiamo riproposto in questa sede; mi riferisco all'emendamento Velo 1.9 presentato all'articolo 1 (il primo emendamento del fascicolo che ci è stato consegnato), che propone una cosa molto semplice: i crediti delle società Caremar, Saremar e Toremar sono garantiti dallo Stato. Fintecna Spa provvede, a prima richiesta, al pagamento dei suddetti crediti entro il 30 giugno 2011 ed è surrogata nei medesimi nei confronti di Tirrenia di navigazione Spa.
Questo emendamento, proposto dal Partito democratico, a prima firma della collega Velo, ripropone gli stessi contenuti dell'emendamento che le regioni Campania, Lazio, Sardegna e Toscana hanno proposto al Governo in sede di Conferenza unificata. La risposta di questo Governo è negativa, come abbiamo visto in Commissione bilancio, che è referente insieme alla Commissione Trasporti.
Oggi, dunque, non solo non abbiamo certezze sul processo di privatizzazione della casa madre, ma addirittura vi è il rischio concreto che venga rallentato il processo di privatizzazione delle società regionali che era già in corso, perché, ancora una volta, anche se questo Governo è specializzato nel fare polemica contro gli enti locali, le regioni hanno dimostrato di saper agire meglio e con più efficienza rispetto al Governo. Questa è la verità! Pag. 44
Dico ciò, a prescindere dal colore politico: la giunta del Lazio non è infatti sicuramente di centro-sinistra, così come non lo è la giunta della Sardegna, né lo è la giunta della Campania. Ci troviamo in questa situazione, signor Presidente, che si incrocia con un problema di fondo che dobbiamo saper cogliere nell'accingerci a discutere e votare tale provvedimento. Penso una cosa con molta chiarezza, signor Presidente: il Governo si doveva muovere in una situazione molto difficile, non facile.
Vi era il problema di come salvare il capitale sociale dell'impresa ed i suoi asset perché comunque parliamo di un'impresa pubblica che ha una flotta consistente ed asset importanti (e, in qualche modo, bisognava tutelare questo capitale sociale). Occorreva poi tutelare i diritti dei lavoratori evitando che il processo di privatizzazione comportasse una perdita di migliaia di posti di lavoro ed occorreva inoltre assicurare l'efficienza nei trasporti, garantire efficacemente il diritto di mobilità delle persone ed assicurare la continuità delle persone e delle merci.
Bisognava infine rispondere alle esigenze dell'Unione europea che affermava una cosa molto semplice, ossia la necessità di mettere a bando le tratte che oggi gestisce la Tirrenia. Mi rendo quindi conto che non era facile per il Governo muoversi in questa situazione, però dico: con questo provvedimento voi lasciate aperte tutte le questioni e di quei beni che la politica avrebbe dovuto salvaguardare (il capitale sociale, il lavoro, la continuità territoriale, il diritto alla mobilità, le esigenze dell'Unione europea) voi non ne garantite neanche uno!
Avremmo apprezzato una scelta di coraggio ma in questo caso assistiamo ad un rinvio dei problemi e a scelte che non sono scelte mentre la situazione rimane la stessa senza garanzia per i lavoratori e senza garanzia per i cittadini, soprattutto quelli della Sardegna.
Voglio infatti ricordare che, quando parliamo di Tirrenia, parliamo soprattutto di Sardegna: undici delle quattordici tratte nazionali riguardano infatti i collegamenti da e per la Sardegna e del milione e 200 mila miglia che ogni anno Tirrenia percorre un milione sono percorse da e per la Sardegna.
Bisognava quindi assicurare tutti questi aspetti ma oggi il Governo non è in grado di assicurarne neanche uno. Lo voglio dire con molta chiarezza, signor Presidente, come ho già detto ancora questa mattina, intervenendo nel corso della discussione sulle linee generali: la storia della Tirrenia - se la guardiamo da Roma - giustifica la definizione di «Alitalia del mare» perché è la storia di una società pubblica inefficiente ed assistenzialista, di una società pubblica che ha sperperato il denaro dei contribuenti e non ha assicurato quei collegamenti e quel diritto alla mobilità che avrebbe dovuto assicurare.
Non si tratta quindi sicuramente di una storia di efficienza e dunque riguardo a tale aspetto giusta è la definizione di «Alitalia del mare», se guardiamo a questa vicenda da Roma; ma in Sardegna è ancora peggio perché noi parliamo della Tirrenia come della Compagnia delle Indie, di un qualche cosa di estraneo che ha occupato quello che doveva essere un diritto dei sardi di poter gestire il collegamento con la penisola.
Come ho già ricordato questa mattina, quando si dice che occorre assicurare il collegamento con le isole minori occorre anche ricordare a quest'Aula che, se prendiamo ad esempio il collegamento della Sardegna con La Maddalena (isola che tutti conoscete e in cui molti di voi sono stati), dopo le sette di sera non vi è più un traghetto della Saremar e nessun abitante de La Maddalena può prendere un traghetto la mattina in tempo per poter prendere poi un aereo che lo colleghi con la penisola o con altre mete: questa è la verità!
Vi voglio anche dire che un cittadino sardo per andare a La Maddalena paga quanto il cittadino di un'altra regione e che oggi andare a La Maddalena in molti casi costa più che andare da Olbia a Livorno (in ragione delle offerte proposte Pag. 45dalle varie compagnie): questa è la verità, questa è la continuità territoriale che oggi garantisce la Tirrenia in Sardegna!
Allora, noi diciamo che bisognava fare qualcos'altro. Certo, mi rendo conto di tutte le esigenze che bisognava contemperare e noi, con l'onorevole Velo e con il capogruppo, onorevole Meta, abbiamo avanzato delle proposte per superare questo stato di cose in sede di Commissione trasporti. Tuttavia, dico al Governo: attenzione, non pensate di aver risolto il problema con questo provvedimento, non dite bugie ai sardi, ai campani, ai laziali e ai siciliani perché voi il problema non lo avete risolto e non avete risolto neppure le procedure di infrazione con l'Unione europea, perché l'Unione europea ha sollevato sicuramente il tema del monopolio da parte della proprietà pubblica delle tratte esercitate dalla Tirrenia ma ha sollevato anche una questione ben precisa, quella relativa al problema delle gare.
Le tratte che oggi copre Tirrenia in regime di monopolio prima o poi dovranno essere sottoposte a gara internazionale, perché è su tale aspetto che l'Unione europea ci ha accusato, ed ha avviato per l'Italia una procedura di infrazione.
Le osservazioni, quindi, che noi abbiamo avanzato, signor Presidente, signor sottosegretario, sono molto chiare e molto semplici. Penso che vi siano le condizioni affinché questo non sia un dibattito chiuso, affinché gli emendamenti che abbiamo presentato possano trovare accoglimento e affinché, per l'ennesima volta, non vi sia un sottrarsi da parte del Governo al dibattito in Aula.
Vi è poi il tema complessivo della Sardegna e di quelli che devono essere i futuri collegamenti tra la Sardegna e la penisola e viceversa, e dei collegamenti tra la Sardegna e le isole minori, che meriterebbe un capitolo a parte. Mi rendo conto però di aver esaurito il mio tempo e, pertanto, rinvio all'intervento che ho svolto questa mattina nel corso della discussione sulle linee generali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasbarra. Ne ha facoltà.

ENRICO GASBARRA. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il tentativo che compiamo con la proposizione dei nostri emendamenti è quello di tentare di correggere gli effetti devastanti e le incongruenze contenute nel decreto-legge che oggi ci si chiede di convertire. Esso, come hanno già rilevato i colleghi che mi hanno preceduto, contiene evidenti incongruenze e rischia di causare problematicità ancora più gravi rispetto alla Tirrenia. Nel nuovo provvedimento si cerca di correggere quelle incongruenze e quei fallimenti che il Governo ha registrato anche in merito alla vicenda Tirrenia.
Si tratta, in realtà, di ripetere in peggio quanto è stato fatto con Alitalia: la Tirrenia difatti oggi si trova commissariata, e l'avvio di una procedura di privatizzazione sicuramente sfocerà nella creazione di una good company e di una bad company, mettendo in difficoltà il richiamo che il Partito Democratico con i suoi emendamenti cerca di rivolgere ai colleghi. Esso tende all'obiettivo di attenuare i danni, di rassicurare quanto meno i lavoratori, affinché la cassa integrazione si avvii sulla base delle procedure previste dalla legge Marzano, più che su quelle ordinarie, e soprattutto vi sia una scadenza, onde non incorrere in una condizione di infrazione europea.
Gli altri elementi che cerchiamo di correggere con la proposizione dei nostri emendamenti sono quelli relativi al pedaggio. Già con la manovra finanziaria, il decreto-legge n. 78 del 2010 poi convertito dalla legge n. 122 dello stesso anno, il Governo aveva compiuto la magia negativa di dire a parole di non mettere le mani in tasca agli italiani, ma nei fatti di metterle solo a quelli che lavorano e hanno difficoltà economiche, giammai a coloro che hanno patrimoni importanti: anzi, coloro che possedevano patrimoni importanti e li avevano portati fuori hanno avuto i tappeti rossi per il rientro, con un atteggiamento sicuramente molto accogliente, e Pag. 46non si è applicata quasi nessuna pressione fiscale.
Noi chiediamo, signor Presidente, onorevoli colleghi, un sussulto d'orgoglio ai colleghi del PdL, ai colleghi che sono stati eletti nelle varie regioni toccate dall'intervento, che investe con forza in base al decreto-legge in esame tali territori: sono circa 1.300 chilometri, ai quali l'ANAS applicherà il pedaggio.
Come dicevo, si fa rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta, perché in sede di conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante la manovra finanziaria, il Governo aveva detto due cose estremamente negative: anzitutto, rivolgendosi alle regioni, aveva detto che non c'erano soldi, non più trasferimenti per il trasporto pubblico, e quindi molte regioni per mantenere l'esercizio avrebbero dovuto ricorrere all'aumento dei costi del trasporto (e ancora una volta pagherà il cittadino); inoltre aveva detto all'ANAS che avrebbe potuto applicare, da subito, i pedaggi nelle arterie di collegamento, nei raccordi, accordandogli la possibilità di applicare - in attesa appunto del pedaggio successivo sugli altri 1.300 chilometri - un aumento dei pedaggi fino a un massimo di un euro per le autovetture e due euro per i mezzi pesanti. Grazie alla difesa piena degli enti locali (primo tra tutti il presidente della provincia di Roma), che hanno avviato un ricorso presso i tribunali amministrativi, si è impedita l'applicazione di questo aumento, ma proprio perché si è impedita l'applicazione di questo aumento il Governo, il 5 agosto, nell'approntare questo decreto - che comprende, come dicevamo, la Tirrenia i Tremonti bond ed altro - ha previsto la possibilità di anticipare il pedaggio su quella rete di 1.300 chilometri. Quindi anziché a dicembre del 2011, adesso (ad aprile) l'ANAS potrà applicare il pedaggio su quella rete di 1.300 chilometri, e quindi (per chi lavora e vive nel Lazio) anche sul raccordo anulare e sulla Roma-Fiumicino. Questo intervento è stato fatto passare sotto silenzio; anzi da parte degli esponenti locali, delle amministrazioni a guida del PdL, erano state date ampie rassicurazioni. Addirittura si erano usate parole forti: si sarebbero prese le macchine per far saltare i tornelli nei punti di raccordo qualora qualcuno avesse voluto realizzare i caselli con i pedaggi. Da quelle grandi dichiarazioni si è passati all'approvazione della conversione in legge di questo decreto al Senato, senza colpo ferire, solo con il contrasto delle forze di opposizione (ma non erano maggioranza sufficiente per bloccare il provvedimento). Si arriva oggi, in questa sede, a stabilire che questa procedura è ormai avviata e che questo decreto è inemendabile perché altrimenti scadrebbero i tempi. Ebbene, credo che i colleghi del PdL siano stati ingannati dal loro Governo. È un Governo che non si sofferma più di tanto a prestare attenzione alla vita dei cittadini lavoratori. È un Governo che non perde occasione (quando può, attraverso alcuni suoi rappresentanti) di offendere parte di questo popolo. Quindi si è passati dagli insulti di ieri ai romani, resi in battuta, agli oltraggi di oggi (oltraggiati e pedaggiati). Credo che a questo debba corrispondere un intervento concreto. Se si vuole impedire che 1.300 chilometri di tasse si sviluppino da aprile in poi bisogna emendare questo decreto.
Nella nostra proposta emendativa ci sono anche le indicazioni su come reperire i fondi, fermo restando che rimane un tema che dovrebbe essere affrontato, in presenza di una crisi economica, di una difficoltà dello Stato, non tagliando e mettendo pedaggi, ma, probabilmente, ritornando in Aula, correggendo la manovra finanziaria e chiedendo il 5 per mille di più di applicazione al rientro di quei patrimoni portati all'estero e riportati qua senza pagare tasse. Credo che intorno a questo ci siano le condizioni - se veramente si vogliono difendere le famiglie italiane e i lavoratori - per poter bloccare un'applicazione di un pedaggio che, al di là delle chiacchiere, cari colleghi del PdL, verrà applicato e non lo potrà fermare un ordine del giorno. Poco fa l'amministratore dell'ANAS, Ciucci, ha dichiarato che la gara sarà espletata entro ottobre e affidata entro l'anno e che il GRA è di difficile declassamento. Anche l'idea, perciò, Pag. 47di un ordine del giorno che consenta di declassare il GRA a percorso cittadino affinché sia preso in carico dalla regione, viene ritenuta difficile e, quindi, impossibile dall'amministratore dell'ANAS. Ma d'altra parte, perché viene ritenuta difficile e, quindi, impossibile? Perché, onorevoli colleghi, il Governo ha il bisogno di succhiare queste economie dai cittadini. Intorno al GRA vi sono passaggi di traffico giornalieri su gomma di circa 7 milioni di veicoli; immaginate l'introito che avrebbe l'ANAS da questo provvedimento. E non vi è nessuno strumento, come qualcuno vuole chiedere, che consenta a quegli introiti di essere poi oggetto di reinvestimenti nel territorio perché ciò non è previsto dalla finanziaria. L'incasso dei pedaggi sarà per la gestione ANAS. D'altra parte, nel campo delle infrastrutture, il centro Italia ha avuto sempre un occhio di riguardo in negativo se si pensa che, nell'individuazione delle opere del CIPE, al di là di quello che comunemente si dice, il 38 per cento è relativo alla Lombardia ed al Veneto e il residuo al resto d'Italia. Credo che i colleghi debbano reagire se veramente vogliono impedire ai romani un'ulteriore vessazione. Non ci si nasconda, quindi, dietro un dito o dietro un ordine del giorno, ma ci si metta in campo tutti senza demagogia perché il tentativo di applicare i pedaggi su questa rete di 1.300 Km (GRA compreso) ci fu anche durante il Governo Prodi, ma fu respinto con un'azione che gli enti locali seppero fare, convincendo la maggioranza di allora, e che vide al loro fianco il Ministro delle infrastrutture, sempre di allora, l'onorevole Di Pietro. Oggi abbiamo il Ministro Matteoli assente, gli enti locali rassicurati ed ingannati. Non so se sono stati ingannati veramente o se erano complici dell'inganno, so che oggi c'è l'occasione per poter fermare questo provvedimento senza creare nessun danno. Ho sentito dire che si possono creare danni occupazionali; no, il decreto-legge può essere modificato - magari varando per le emergenze un nuovo decreto-legge - togliendo la parte relativa ai pedaggi, modificando la parte relativa alle articolazioni, dette prima dai colleghi, su Tirrenia e, quindi, reiterato. In questo quadro, peraltro, onorevoli colleghi, signor Presidente, otterremo, proprio nei giorni in cui, con gioia unanime, si è celebrato l'incontro del Presidente della Repubblica che sancisce, con il varo del Consiglio dei Ministri, le funzioni di Roma capitale che i romani con orgoglio attendevano da tempo sentendosi patrimonio dell'intera nazione, un ulteriore primato in negativo.
Saremo l'unica capitale d'Europa che per essere visitata ha bisogno di un pedaggio. Infatti negli altri Paesi europei vi è una difesa della nazione e con orgoglio si difende la propria capitale: a Berlino vi sono 36 uscite per 196 chilometri e non è prevista l'applicazione di nessun pedaggio; a Parigi vi sono 34 chilometri e altrettanti svincoli gratuiti; a Londra ve ne sono 188 attorno alla città, con 31 uscite, anch'esse gratuite; a Madrid 40,62 chilometri, con altrettanti accessi gratuiti. Avremo ancora una volta offeso il nostro Paese e danneggiato i cittadini, i lavoratori della Tirrenia, i cittadini che si servono di quel servizio e i pendolari, a cui altro che le mani in tasca: io credo che con il provvedimento in esame si renderà ancora di più la vita difficile a chi questa crisi la sta subendo ogni giorno, a differenza di chi la crisi invece la vive dall'alto delle sue tranquillità, ed è la parte più ricca del Paese, magari quella che ha gabbato la legge e che poi, attraverso il condono dei rientri, ha avuto gli applausi e sicuramente non ha contribuito a nulla in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tullo. Ne ha facoltà.

MARIO TULLO. Signor Presidente, ancora una volta ci troviamo di fronte ad un decreto-legge di cui non condividiamo il merito né tanto meno il metodo. Recentemente ho incontrato una persona che mi ha detto: «Avete in discussione il decreto Tirrenia». A ben guardare, il decreto-legge in esame contiene sì misure per Tirrenia, ma anche le misure più diversificate, al Pag. 48punto tale che azzarderei anche qualche limite di costituzionalità. È un decreto omnibus, ogni tanto ci inserite diverse esigenze perché il Governo del fare di cui tanto parlate non riesce a fare e quindi, lo ripeto, inserite su alcuni provvedimenti diverse questioni.
Non è il parere solo di un deputato, di un vostro collega dell'opposizione, poiché anche il contenuto del parere del Comitato per la legislazione va in questa direzione. In esso si afferma: «Il Comitato per la legislazione, esaminato il disegno di legge n. 3725, [ha] rilevato che esso presenta una pluralità di norme, marcatamente eterogenee, il cui elemento prevalente ma non esclusivo, già nel testo originario ed ancor più a seguito delle nuove norme inserite al Senato, appare risiedere nella natura finanziaria delle disposizioni». Si parte appunto dal differimento dei termini di scadenza della facoltà di emettere i cosiddetti Tremonti bond, per andare al termine entro il quale la regione Puglia può sottoscrivere l'accordo per il piano del disavanzo sanitario e ancora a norme rispetto al piano sanitario di alcune regioni; vi sono poi oneri connessi all'erogazione del FESR (fondo europeo per lo sviluppo rurale); si parla del finanziamento della partecipazione italiana alle esposizioni internazionali di Yeuso e di Venlo, nonché del finanziamento del Segretariato generale dell'unione per il Mediterraneo, provvedimenti molti dei quali anche condivisibili, che danno il senso però della confusione del vostro modo di lavorare, che poi diventa anche il nostro modo di lavorare.
E poi ancora nel parere il Comitato per la legislazione dice: «Il provvedimento modifica, sia in modo testuale che implicitamente, disposizioni di recentissima approvazione, intervenendo in particolar modo sulla società Tirrenia (e su quelle da essa scaturite) che è già stata oggetto di ben sette provvedimenti urgenti in questa legislatura, da ultimo con il decreto-legge n. 103 del 6 luglio 2010». Sette provvedimenti nell'ultima legislatura: in due anni e mezzo siete intervenuti con urgenza rispetto alle vicende Tirrenia, per poi affrontare - cercherò di spiegarlo successivamente - la gestione pericolosa e azzardata di una gara che è finita nel nulla e che vi costringe anche a correre il rischio forte di incappare in provvedimenti della Comunità europea nei nostri confronti e nei confronti del nostro Paese e sicuramente avete generato incertezze per i lavoratori e per i passeggeri che usano le navi Tirrenia.
Il parere espresso dal Comitato per la legislazione prosegue: «Il provvedimento incide altresì, all'articolo 2, comma 1, su una disposizione che, in origine configurava un potere del Ministero dell'economia di carattere eccezionale e straordinario, funzionale all'esigenza di dotare il soggetto pubblico di poteri e strumenti operativi, anche atipici (i cosiddetti «Tremonti bonds»), adeguati ad affrontare e superare situazioni di riconosciuta gravità in campo economico per un periodo limitato (fino al 2009), termine che adesso non solo viene differito al 31 dicembre 2010, ma di cui si consente, a regime, l'ulteriore prorogabilità con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, venendosi a configurare dunque una sorta di delegificazione spuria». In altri termini, in ciò che ci proponete, vi è un'accusa di manifesta confusione.
Come dicevo, il nostro voto sarà contrario: già i colleghi che mi hanno preceduto sono intervenuti sugli emendamenti che vi abbiamo proposto. In questa sede, vorrei riassumere le nostre posizioni rispetto alla vicenda di Tirrenia. Da parte di quest'Assemblea, vi era un consenso a procedere con il processo di privatizzazione di Tirrenia, così come vi era un consenso da parte dei lavoratori attraverso le organizzazioni sindacali. Si è andati verso una gara che ha visto, inizialmente, sedici concorrenti che, via via, si sono sfilati; è rimasta così un'unica proposta.
Recentemente, anche in Commissione trasporti, i colleghi della maggioranza ci hanno chiesto: cosa accade quando si svolge una gara? Non vi è ombra di dubbio: quando si svolge una gara, vi sono offerte economiche e parametri da rispettare. Noi abbiamo contestato una operazione Pag. 49in maniera molto chiara, netta e in tempi non sospetti: a differenza di Toscana, Lazio, Sardegna e Campania, la regione Sicilia aveva deciso di non aderire a quel processo, che facilitava anche lo scorporamento della vicenda di Tirrenia dalle società regionali, al fine di favorire la privatizzazione di Tirrenia.
Non si parla di un soggetto privato, ma della regione Sicilia, con cui per questa maggioranza era possibile, politicamente, interloquire: ebbene, non abbiamo compreso e non si è capito bene perché, ad un certo punto, si sono tenute strette le sorti di Tirrenia con quelle della società Siremar. Quel processo, in un certo periodo, ha portato addirittura la regione Sicilia a concorrere, non solo, con oltre il 30 per cento del proprio investimento: in un primo tempo, nella cordata, vi è stato anche l'intervento della finanziaria regionale siciliana. Quest'ultima, in seguito, si è sfilata perché, altrimenti, la proposta non sarebbe stata in piedi anche rispetto all'Unione europea. Pertanto, si è cercato un soggetto privato straniero, cioè un armatore greco che, tra l'altro, già è presente sul territorio nazionale.
Si è arrivati, quindi, ai giorni in cui avete presentato il primo provvedimento, in cui si prevedeva di nominare - la nomina è avvenuta successivamente - un commissario straordinario per la gestione di questa vicenda. In quei giorni, il Viceministro Vegas venne in Commissione a darci ragione del processo dinanzi alle nostre perplessità. Devo riconoscere anche che il Viceministro ci disse che il provvedimento sarebbe servito anche nel caso in cui la gara non fosse andata a buon fine.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 16,30)

MARIO TULLO. In quei giorni di luglio, il provvedimento è stato difeso in Aula dal sottosegretario Giachino, che vedo nuovamente qui presente questo pomeriggio. In quelle ore, la gara era stata aggiudicata o si stava aggiudicando; poi, vi è stato l'intervento del collega Biasotti, che ha parlato a nome del Popolo della Libertà. In seguito, è accaduto qualcosa che, ancora oggi, sottosegretario Giachino, chiedo a quest'Assemblea di farci capire meglio. Infatti, avete festeggiato - non lo dico in modo ironico - perché privatizzare la società Tirrenia, tenere insieme le esigenze dei lavoratori con quelle del servizio ed evitare così uno «spezzatino» era un'operazione difficile. Si è rivendicato, giustamente, un risultato.
Dopo quindici giorni scarsi, Fintecna ha valutato negativamente l'offerta di Mediterranea holding, la quale, poi, si è ritirata. In questo modo, ci siamo trovati in piena estate, con il pieno del traffico per i traghetti della Tirrenia, in una situazione di assoluta incertezza.
Potete anche dirci, bene o male, che avevamo previsto quel decreto, abbiamo garantito alle navi il rifornimento, perché ormai ci trovavamo in quella situazione in cui non c'era nemmeno chi fosse disponibile a rifornire di gasolio le navi della Tirrenia, ma si è passato il mese di agosto con il rischio di uno sciopero annunciato da un sindacato, la Uiltrasporti, e su cui fortunatamente, in extremis, c'è stata una convocazione da parte del commissario di Tirrenia, dottor D'Andrea, che ha evitato lo sciopero. Vorrei comunque segnalarvi che in quei giorni sono stati compiuti danni a Tirrenia perché, nell'incertezza in cui il Governo ha lasciato il commissario, Tirrenia e i lavoratori della compagnia, almeno 18 mila passeggeri hanno deciso di non navigare più con la stessa, ma di scegliere altre compagnie di navigazione per andare e tornare dalle isole.
In questi giorni, grazie alle nostre richieste e alla disponibilità del presidente Valducci, abbiamo ascoltato diversi soggetti in Commissione trasporti, a partire dal commissario straordinario D'Andrea che, devo dire la verità, è stato puntuale per quanto di sua competenza, ma non può certo parlare a nome del Governo; abbiamo ascoltato con attenzione Confitarma, il cui presidente è venuto a dirci di non essere stato ascoltato, di non essere mai stato udito nei mesi che hanno preceduto la gara; abbiamo ascoltato i sindacati Pag. 50e, alla fine di queste consultazioni, una cosa possiamo dire, lo abbiamo detto già in Commissione ma lo riaffermiamo in questa sede, perché sicuramente una delle cose che ha aleggiato, ed è veramente antipatica, è che tra le condizioni che hanno portato a saltare la gara vi sarebbe quella dei costi del personale Tirrenia, mentre già esponenti di altre compagnie di navigazione, penso al dottor Onorato e allo stesso presidente di Confitarma, ci sono venuti a dire in Commissione che non vi è una differenza di costi per quanto riguarda i lavoratori impegnati in Tirrenia e i lavoratori impegnati in altre compagnie di navigazione.
Tutto questo accade in un contesto in cui altre regioni, a differenza della regione Sicilia, hanno deciso di accollarsi la responsabilità, l'onere di affrontare la questione del collegamento regionale, lo hanno fatto sapendo che il Governo si sarebbe impegnato, restituendo a queste regioni risorse, che dentro un contesto di passaggio delle linee gli erano già riconosciute. Non voglio fare polemiche su questo ma, di quattro regioni che dovevano procedere alla gara - della Sicilia abbiamo detto i danni che sono stati fatti, è di questi giorni la portata dei libri in tribunale della società siciliana - per quanto riguarda le regioni Toscana, Lazio, Sardegna e Campania, a nostra conoscenza, da questo punto di vista non ci sono pervenute risposte né dal commissario d'Andrea, il quale ha detto che non è di sua competenza, né dal sottosegretario che era presente in Commissione, solo la regione Toscana si trova nelle condizioni di chiudere, e praticamente ha chiuso, il processo di liberalizzazione.
Vi siete candidati al Governo di questo Paese dicendo che sareste stati quelli che avrebbero portato avanti le liberalizzazioni, sta di fatto che consegnate le quattro società regionali alle regioni interessate e solo la regione Toscana, governata dal centrosinistra arriva in fondo al processo di privatizzazione. Però a tutte queste regioni, anche a quelle che spero recupereranno il tempo perso, Lazio, Sardegna e Campania, voglio dire che gli impegni assunti da questo Governo devono essere rispettati, perché diversamente si rompe un patto con quelle regioni, ma, soprattutto per la regione Toscana che è arrivata al dunque della sua gara, potrebbero variare anche i valori che nella gara sono stati messi in campo rispetto a quei soggetti privati che hanno deciso di assumersi oneri e onori di gestire le linee di collegamento delle isole toscane con la terraferma.
Dentro questo decreto-legge vi è poi tutta la questione dei pedaggi autostradali su cui sono intervenuti già i miei colleghi precedentemente e vi saranno altri interventi in seguito.
Conferma questa difficoltà in cui si trascina la privatizzazione di Tirrenia un giudizio negativo più complessivo nei confronti di questo Governo che abbiamo già dato e che riconfermiamo sulle politiche del mare: stiamo parlando di Tirrenia. Ci avete proposto un decreto omnibus anche questa volta, pregherei il sottosegretario Giachino di ascoltare solo un momento. Giachino è stato liberato dal collega Napoli e...
Dal momento che ci proponete un decreto-legge omnibus, consentiteci almeno di presentare degli ordini del giorno che, magari, non saranno appropriati rispetto alla vicenda Tirrenia, ma hanno a che fare con le politiche del mare. Questo Governo ha bisticciato con le politiche del mare. Ha bisticciato. Ve l'hanno detto non i democratici, il Partito Democratico, gli ex comunisti, in questa stanza, o nei convegni organizzati, o alle feste del Partito Democratico, o alle feste de l'Unità; ve l'anno detto, lo scorso anno, il presidente uscente-entrante di Confitarma; ve l'hanno detto questa mattina l'assemblea dei porti, la portualità e il cluster marittimo, riunito intorno all'assemblea nazionale di Assoporti. Avete bisticciato con le politiche del mare.
Vi è un ristagno della situazione, non solo della portualità, dovuto alla crisi internazionale. Tremonti ci dice che non dà autonomia finanziaria ai porti, perché è un momento molto difficile. Che vi sia una crisi internazionale che ha colpito la Pag. 51portualità, non vi è ombra di dubbio. Che vi siano difficoltà da affrontare per il Paese, non vi è ombra di dubbio. Tuttavia, nel quinquennio 1996-2001, vi sono stati investimenti sull'economia del mare, portualità e cantieristica, e sono stati gli ultimi provvedimenti. Quella classe dirigente, quel centrosinistra aveva affrontato, anch'esso, un momento difficile, perché riuscì a rientrare nei parametri di Maastricht e portare in Europa l'Italia, eppure trovò un modo di finanziare le politiche del mare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TULLO. Concludo, dicendo: dal momento che si tratta di un decreto-legge omnibus, noi presentiamo un ordine del giorno - mi rivolgo ai colleghi liguri - a questo decreto-legge, legato al tema della cantieristica e, in particolar modo, di Fincantieri. Ieri, l'amministratore delegato di Fincantieri ha detto che, per quanto lo riguarda, vi è la necessità che il Governo dia conseguenza agli accordi presi. Non veniteci a dire che è fuori materia. Quest'ordine del giorno è proprio collegato ad un settore del mare, così come recita una parte di questo decreto-legge, e vi chiediamo di votarlo e sostenerlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonavitacola. Ne ha facoltà.

FULVIO BONAVITACOLA. Signor Presidente, normalmente con i debuttanti vi è una certa generosità e voi siete al debutto su un tema delicato che, spesso, avete enunciato come un cavallo di battaglia: il tema delle privatizzazioni. Ebbene, questo debutto è piuttosto deludente: come ricordavano i colleghi, avete dato una prima prova che è finita male (e su cui vorrei tornare più avanti); vi accingete a celebrare una nuova procedura di dismissione nella confusione più totale.
Ricapitoliamo in breve la vicenda: stiamo parlando di una società che è, al 100 per cento, Fintecna; Fintecna è, al 100 per cento, Ministero dell'economia e delle finanze; il Ministero dell'economia e delle finanze è, per tabulas, l'Italia, lo Stato; e questo Parlamento, quindi - come ricordavo scherzosamente in altra occasione - è un po' come l'assemblea degli azionisti. Ebbene, avete impiegato quasi due anni per celebrare una procedura di dismissione che si è conclusa con la rinuncia dell'unico aggiudicatario, dopo che avevano manifestato interesse a partecipare all'acquisto di Tirrenia e della controllata Siremar, dapprima diciotto società, poi dodici, e poi vi è stata un'estinzione lenta e graduale sino a che anche l'ultima offerta è venuta meno.
La cosa curiosa è che si tratta di una procedura che ha un valore, se si tiene conto dei debiti che Tirrenia vanta, per così dire, nei confronti dei creditori, di 520 milioni di euro. Chi comprava questa società, assumeva a proprio carico 520 milioni di debiti. Da ciò, si deduce che - poiché non ha partecipato qualche associazione di volontariato o del «buon samaritano» - chi intendeva acquistare questa società, intendeva mettere in campo un investimento rilevante, per centinaia e centinaia di milioni di euro.
Ebbene, non si è capito quasi nulla di questa procedura.
In primo luogo perché coloro che hanno dichiarato, nella prima fase, un interesse a partecipare, poi si sono chiamati fuori. Soprattutto, non si è capito perché la Mediterranea holding, che aveva presentato un'unica offerta, il 29 di luglio era aggiudicataria e ai primi di agosto è sparita.
Né l'amministratore straordinario, né Fintecna, né il Ministro dell'economia e delle finanze, né il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti hanno avuto il pudore di dire agli italiani una parola di chiarezza e spiegare per quale ragione una gara di tale rilevanza il 29 luglio era aggiudicata e i primi di agosto era morta. Questo ce lo dovete, lo dovete al Parlamento, all'assemblea degli azionisti e agli italiani. Non è possibile che una procedura di tale rilevanza si estingua nel nulla e diventi Pag. 52qualcosa che appartiene all'ignoto, alla metafisica: avete il dovere morale di dire per quali motivi si sono ritirati.
Questo perché dobbiamo capire se avete sbagliato voi a impostare la gara o se questi erano degli impostori. Anche in un condominio, quando si richiede una fornitura e si fa una gara, chi partecipa deve fare un'offerta della quale si assume la responsabilità; per questo motivo chi si ritira all'ultimo momento paga una penale, o in termini di cauzione, o in altre forme. Non è normale che si possa avere una procedura che dura mesi e mesi e poi, all'ultimo minuto, un contraente dica, come se nulla fosse: sapete cosa c'è di nuovo? Ci ho ripensato, non mi interessa più.
Vi fu un contributo teorico rilevante del Ministro Matteoli, il quale alla obiezione sul come mai, dopo tante manifestazioni di interesse, fosse rimasta una sola offerta, rispose brillantemente: a cosa serve che ci siano troppo offerte, alla fine se la deve aggiudicare uno solo. Un'intuizione che ha del geniale e che, naturalmente, dovrebbe portarci a ritenere che le gare, le procedure comparative, competitive, la trasparenza e l'evidenza siano perfettamente inutili perché, alla fine, se le deve aggiudicare uno solo. Le cose, però, non stavano così, e la dimostrazione di ciò è venuta con l'abbandono dell'unica partecipante. Siamo ancora in religiosa attesa di sapere dal Governo, da Fintecna e dal Ministro dell'economia e delle finanze per quali ragioni questa gara è andata deserta.
Veniamo alla seconda procedura. Vi è stata qui una trovata, e non sappiamo se questa sarà risolutiva o meno. Probabilmente si ritiene che la divisione dei compendi di Tirrenia da quelli della Siremar possa rendere più appetibile la partecipazione alla gara, anche attraverso offerte separate.
Alla fine, questa è la ragione per la quale l'amministratore straordinario ha chiesto questo provvedimento; era sicuramente nei suoi poteri, infatti, espletare le procedure di evidenza pubblica per alienare il compendio, così come aveva avviato precedentemente il gruppo Fintecna.
Noi non sappiamo se questa trovata sia da considerarsi risolutiva, se avremo offerte per Tirrenia e non per Siremar, o viceversa. Quello che è curioso è che ai primi di settembre è apparso sui giornali un singolare avviso, firmato dall'amministratore straordinario, il quale invita coloro che hanno interesse, a manifestarsi, a venire allo scoperto, anche separatamente, in relazione alle due società.
Mi auguro che quando sarà fatto un bando serio, si scrivano cose serie, perché non si può espletare una gara nella quale un soggetto può presentare un'offerta soltanto per le mele e un altro può formularla per le mele e le patate, perché diventa una gara non gestibile, poiché sono offerte non comparabili in quanto disomogenee. Allora, o dite chiaramente che sono due procedure distinte, escludendo che si possa formulare un'offerta per entrambe ovvero per una sola nell'ambito della stessa procedura, altrimenti state facendo un altro papocchio e il secondo debutto sarebbe ancor peggiore del primo.
Ora vi chiedo, e mi chiedo a voce alta, senza polemiche e senza ironia: l'altra volta la gara è andata deserta perché evidentemente 520 milioni di debiti facevano paura; adesso sono sottoposte a gara soltanto le attività, cioè i compendi che servono a garantire il servizio; ebbene, che fine fanno i debiti di Tirrenia e di Siremar? I creditori assisteranno compiacenti, indifferenti all'alienazione di questi compendi che evidentemente farà venire meno anche la garanzia di soddisfacimento dei loro crediti? A me sembra una cosa davvero incredibile o perlomeno tale da suscitare legittimi interrogativi; quindi questo è sicuramente un elemento su cui andrebbe fatta maggiore chiarezza.
Inoltre, ci auguriamo che quando si predisporrà il secondo bando si stabiliscano delle regole precise sui requisiti di partecipazione, sui criteri di valutazione delle offerte, sugli impegni vincolanti di chi viene e non può ad un certo punto tirarsi fuori dicendo: ah, mi sono sbagliato. Volete garantire una procedura di tale delicatezza e di tale importanza con Pag. 53delle norme rigorose ed adeguate? In alternativa, è abbastanza prevedibile che rischiamo di andare verso un secondo fallimento.
Sono queste le preoccupazioni che ci hanno animato, naturalmente noi non siamo per una demagogia propagandistica che tende a semplificare il problema. La questione che riguarda Tirrenia, infatti, è complessa, i debiti sono stati accumulati, si sono accresciuti nel corso di molti anni e le relative vicende hanno attraversato diverse fasi politiche e di governo; quindi la problematica ci è ben nota nella sua complessità, non siamo per ridurla ad argomento di propaganda politica. Tuttavia, proprio perché si tratta di un tema importante, sarebbe auspicabile che ci facciate capire qualcosa in più, perché se anche la seconda procedura dovesse essere avvolta in una cortina fumogena di omertà e di cose non dette, come la prima, ci sarebbe un po' da alzare la voce, più di quello che le forze di opposizione e le organizzazioni sindacali hanno fatto fin qui.
Vi è poi anche il tema non trascurabile, anzi diciamo decisivo, del piano industriale. Noi dobbiamo capire cosa dovrà fare chi verrà, qual è il piano industriale per garantire la qualità e la continuità del servizio di collegamento, perché stiamo parlando di collegamenti che riguardano una quota significativa della nostra popolazione. Il diritto alla mobilità, alla mobilità in sicurezza, e alla garanzia di continuità del servizio è da considerarsi uno dei diritti fondamentali del nostro ordinamento, uno dei diritti di rango addirittura costituzionale.
In merito a questi collegamenti, che sono destinati a transitare nelle mani di un soggetto privato - non abbiamo alcuna remora ideologica né questa eventualità, di per sé, ci fa paura -, ciò che riteniamo legittimo è avere adeguate garanzie sul piano industriale, che riguarderanno la gestione del servizio: chi verrà, cosa pensa di fare in termini di adeguamento della flotta, di rispetto delle convenzioni in essere e di rispetto dei livelli occupazionali (che rappresentano uno degli elementi ai quali bisogna guardare con attenzione e con sensibilità)?
Questi sono i punti interrogativi che rimangono e sui quali chiediamo che venga data una risposta, mediante l'approvazione delle nostre proposte emendative (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, vorrei soffermarmi sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, soprattutto nella parte che riguarda il pedaggio sulle strade di collegamento, raccordi autostradali e tangenziali a gestione dell'ANAS.
In merito a questo argomento, come gruppo Unione di Centro, abbiamo presentato un emendamento per cercare di richiamare l'attenzione del Governo, ma anche per richiamare a un sussulto di responsabilità tanti colleghi, anche della maggioranza, al fine di evitare che si introduca nel nostro Paese un vero e proprio balzello su 1.300 chilometri di strade, soprattutto di quelle che hanno una funzione prevalentemente urbana e sono percorse ogni giorno da migliaia di pendolari.
Ricordo che il decreto-legge in esame è stato approvato il 5 agosto 2010, quando si era già in ferie, nonostante già fosse stato emesso sul tema un pronunciamento da parte del TAR, che riguardava solo le strade del grande raccordo anulare e della Roma-Fiumicino (la sentenza del TAR è stata confermata poi dal Consiglio di Stato). Non contenti di questo, però, nel mese di agosto si è voluto reintrodurre questo balzello.
Ritengo che si tratti di un fatto estremamente grave e che non si possa affrontare e risolvere la questione con un ordine del giorno. Capisco lo sforzo di alcuni colleghi del centrodestra, che hanno tentato di presentare un ordine del giorno per superare una norma di legge che impone a tutti coloro che percorrono queste strade Pag. 54- mi soffermo soprattutto sul grande raccordo anulare e sulla Roma-Fiumicino - di essere sottoposti a un vero e proprio balzello da sopportare ogni giorno.
Alla capitale vengono oggi riconosciuti, con decreto del Consiglio dei ministri, il ruolo e la funzione di capitale d'Italia.
In questi giorni assistiamo anche ad offese da parte di ministri di questa Repubblica a questa città, che svolge il ruolo di capitale. Peraltro, la capitale viene presa di mira - e non vorrei che fosse, anche questo, un atteggiamento negativo del Governo nei confronti della capitale - a causa della previsione di questo balzello, che non viene più introdotto attraverso i caselli, che il sindaco Alemanno aveva promesso sarebbe andato lui a sfasciare, ma attraverso una gara d'appalto che l'ANAS ha già indetto, pubblicando il bando, attraverso uno strumento di tipo elettronico, che farà pagare i pendolari.
Credo che le strade che abbiamo davanti non siano tante. L'unica strada percorribile è quella di sostenere questo emendamento, che noi, come gruppo dell'Unione di centro, abbiamo presentato e che, sostanzialmente, va incontro alle migliaia di pendolari che si sottopongono, ogni giorno, a vessazioni di ogni tipo, con l'impossibilità, spesso, di raggiungere le città, e Roma in particolare, per il traffico e che sono costrette a pagare, in un momento di grave crisi economica, addirittura 50 euro in più al mese per accedere al posto di lavoro, per andare a studiare, per recarsi nella grande città, o per uscirne. Credo che questo non sia sopportabile, in un momento di grande crisi, come quello che stiamo vivendo.
Mi pare che anche l'atteggiamento dell'ANAS sia estremamente negativo. Infatti, lo stesso tentativo perpetrato dalla presidente della regione Lazio, Renata Polverini, volto a declassare il raccordo anulare e l'autostrada di collegamento Roma-Fiumicino a strade regionali è fallito. Infatti, ho letto, qualche minuto fa, sull'agenzia di stampa, la risposta di Ciucci, in virtù della quale, essendo il raccordo anulare una strada strategica della rete nazionale, non può essere declassata.
Credo che serva un sussulto di orgoglio e responsabilità dei tanti colleghi - che conoscono la situazione generale del Paese, ma anche la situazione di Roma, le difficoltà del pendolarismo, che, ogni giorno, è costretto a sopportare disagi notevoli - per approvare questo emendamento, per evitare che i pendolari, cioè le tante migliaia di persone che, ogni giorno, si recano a Roma o escono da Roma, per motivi di lavoro, siano costrette a pagare un balzello anacronistico e antistorico.
Mi sembra di ritornare a quando tanti anni fa, per le consolari di accesso a Roma si pagava il dazio, per accedere alla grande città.
Non basta un ordine del giorno, non basta dire: «declassiamo il raccordo anulare e l'autostrada di Fiumicino a strade regionali». Non è sufficiente!
Credo che serva un sussulto di grande responsabilità da parte di tanti colleghi: non soltanto di quelli laziali e romani, ma di tutto il Paese, per evitare che i raccordi autostradali e le tangenziali siano sottoposti a questa vessazione, a questo balzello (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, già nella discussione sulle linee generali abbiamo cercato di evidenziare le criticità di questo provvedimento. Una parte del mio intervento lo consegnerò, collega, ma adesso interverrò brevemente.
Questo provvedimento è uno dei tanti decreti-legge - ormai non li contiamo più - nei quali si richiama sempre qualcosa di urgente, nella specie: «misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria». È chiaro che la materia dei trasporti è un argomento molto più complesso e qui stiamo affrontando come emergenza un fenomeno che, purtroppo, emergenza non è, ma è una degenerazione, giorno dopo giorno, del trasporto marittimo, che ormai dura da anni.
Non siamo riusciti a correggere il difetto di questo sistema, anzi ormai la Pag. 55degenerazione sta creando seri danni a tutto il sistema, non solo dei trasporti, ma al sistema economico italiano e, in particolare, al mondo delle imprese. Poi cercherò di evidenziare questi aspetti.
Certo è un decreto-legge che ha preso in esame e ha cercato di correggere alcune questioni. La prima sicuramente è quella della Tirrenia, che è il vero nocciolo della questione. Vi è poi la questione dei pedaggi ANAS e, quindi, un problema di finanziamento di ANAS, sul quale né nella finanziaria né nella manovra economica, che abbiamo varato nei mesi di luglio e agosto, di fatto abbiamo messo una pezza. Non abbiamo trovato le risorse ad una grande azienda come questa, strategica per la mobilità stradale e autostradale in Italia e non solo. Abbiamo trovato una pezza per il settore dell'editoria, che corregge qualcosa di innovativo. Abbiamo tagliato le risorse. Abbiamo detto che non era più necessario investire in una certa maniera. Oggi dobbiamo ripristinare le risorse per le tariffe agevolate all'editoria, perché ci siamo accorti che così avremmo affondato sane imprese che comunque in questo settore hanno bisogno di questo sostegno. Mentre non abbiamo avuto il coraggio di tagliare quelle risorse che vanno ad un'editoria falsa, quella dei giornali di partito, che girano solo come carte, per produrre profitti per qualche cooperativa o per qualche azienda che si nasconde dietro, ma in realtà non produce né editoria né qualcosa di utile al Paese. Siamo intervenuti per il terremoto in Abruzzo. È sicuramente necessario precisare come vediamo queste risorse, ma sarebbe urgente invece sistemare, cioè trovare le risorse per tutto quel complesso di interventi di cui i terremotati abruzzesi hanno bisogno, per ripristinare il centro storico de L'Aquila, per ripristinare le proprie abitazioni e non vedersele recintate in queste gabbie che mummificano nel tempo questi nostri paesi.
Poi sono state trovate risorse o comunque il provvedimento proroga alcuni benefici agli istituti di credito, anche qui nel dubbio, non sapendo se poi questi istituti di credito effettivamente hanno bisogno di questo tipo di beneficio o se, invece, il Ministero dell'economia e delle finanze pensa di fare la cresta su alcuni provvedimenti a sostegno, così come si dice, degli istituti di credito.
Ci sono provvedimenti relativi alla sanità sul rientro del deficit della Puglia. Anche qui vi è un'ulteriore proroga e non un sano confronto su queste situazioni di criticità della finanza pubblica.
Abbiamo trovato il sistema per inserire misure urgenti anche per il settore del commercio, in particolare andando a sostenere fiere internazionali in Corea e nei Paesi Bassi, che non si terranno la settimana prossima, ma potrebbero essere benissimo pianificate nell'ordinaria gestione dell'attività del Governo. Invece, continuiamo, a seconda dei bisogni giornalieri, a dare una dose di un qualcosa che rende solo confusione e nient'altro. Come dicevo, in assenza dal 13 maggio del Ministro dello sviluppo economico in questo Governo, probabilmente viene facile a questo Governo pescare fondi destinati a questo Ministero per mettere una «pezza» da questa parte.
Mi riferisco ad esempio all'utilizzo del FAS, un fondo strategico, non solo italiano, ma anche europeo, che dovrebbero essere utilizzato per investimenti, nel caso specifico già destinati, anche attraverso delibere del CIPE, a settori della piccola e media impresa, non solo nelle aree del sud, ma su tutto il territorio italiano. Ebbene, a questo fondo, che deve essere utilizzato attraverso una sana programmazione con accordi quadro sul territorio, gestiti e indirizzati dalle regioni, noi continuiamo a togliere soldi, azzerando un lavoro che di fatto, da due o tre anni a questa parte, le regioni italiane stanno svolgendo, mettendo, quindi, nell'incertezza anche il lavoro svolto dalle regioni a sostegno di questi settori.
È inutile, quindi, rivendicare 100 milioni di euro per rilanciare la rottamazione delle due ruote o delle biciclette, quando poi togliamo al settore della piccola e media impresa altri 140 milioni. Il gioco delle tre carte non serve; bisogna prendere, come si dice, il toro per le corna Pag. 56e risolvere il problema. Qui, invece, mettiamo delle pezze che non fanno altro che assorbire sempre di più per spese correnti risorse che, invece, dovrebbero essere utilizzate per investimenti.
L'altra questione grave, credo, che oramai si sta evolvendo è quella dei pedaggi ANAS. Preso atto che non abbiamo messo un euro di risorse sulla programmazione futura dell'ANAS e non abbiamo messo risorse sulla gestione straordinaria nella manutenzione di ANAS, abbiamo spinto - il Governo, per lo meno - ANAS in modo strano. Dico strano e dico anche che tipo di spinta, perché ANAS, comunque, ha fatto una gara del valore di 150 milioni di euro per acquistare della strumentazione, un meccanismo per il governo di questi nuovi pedaggi.
Però, diciamo che dove e quali sono le tratte indicate per mettere i nuovi pedaggi sarà stabilito in un successivo decreto. Credo che non serva un successivo decreto: probabilmente, qualcuno ha già individuato quali, dove e come, perché, altrimenti, non si spiegherebbe il motivo per cui la società Autostrade decida comunque di comprare queste strumentazioni.
Non credo che sia una «marchetta» a qualche settore dell'industria italiana; credo, purtroppo, che vi sia la volontà di non rispettare quello che il Parlamento e le Commissioni parlamentari cercano di correggere in questo provvedimento. L'ultima occasione che abbiamo è valutare attentamente gli emendamenti. Non sono tanti, ma sono molto precisi: cercano di salvaguardare alcuni settori specifici, in particolare la Tirrenia.
Mi auguro che i colleghi prestino un po' di attenzione a questi emendamenti e che, laddove un ragionamento e un concreto confronto ce lo permettano - me lo auguro -, si possano votare insieme così da correggere questo decreto-legge, che nel suo insieme, purtroppo, è un esempio di malgoverno, perché ci porta a utilizzare giorno per giorno le risorse cercando di non annegare o non affogare, senza avere una strategia futura in comparti, come questi, che sono fondamentali per l'attività e la vita del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marantelli. Ne ha facoltà.

DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, gli interventi dei colleghi del Partito Democratico sull'insieme del provvedimento mi permetteranno di volare basso. Mi limiterò ad occuparmi degli aumenti dei pedaggi sull'Autostrada dei laghi, la prima autostrada costruita in Italia negli anni Venti.
Il Partito Democratico chiede con i suoi emendamenti di abrogare l'aumento dei pedaggi, aumenti ingiustificati, decisi non in cambio di maggiori investimenti, ma solo per ridare ossigeno all'ANAS, falcidiata di un miliardo e mezzo di euro e rapinata per garantire la realizzazione del ponte sullo Stretto. Sono aumenti penalizzanti non solo per i pendolari, ma per l'intero sistema economico e produttivo.
Lo stillicidio di questi aumenti, infatti, costituisce una zavorra per migliaia di artigiani e piccole imprese alle prese con i morsi di una crisi economica tutt'altro che superata. Sappiamo bene che questo ultimo aumento, che riguarda i caselli di Gallarate e Besnate, non finisce nelle casse della società Autostrade. La stessa si limita a fare da esattore, ma per i cittadini la sostanza non cambia.
Come possono i colleghi lombardi del PdL e i colleghi della Lega ignorare il ruolo prezioso che quella comunità svolge per l'intero Paese? Avete idea dei formidabili risultati ottenuti in questi anni nell'export? Andiamo a vedere i saldi import-export degli ultimi cinque anni: non vi dice nulla che, solo pochi mesi fa, il presidente di Confindustria, Marcegaglia, abbia elogiato il lavoro del Governo, dei Ministri Tremonti e Maroni, proprio a Malpensa fiere, e oggi ci faccia sapere, due giorni fa, che la pazienza è finita?
Perché è avvenuto questo cambio di rotta? Perché la ricreazione è finita e la spinta della base si fa sentire. È ben vero che vi sono settori - penso per esempio Pag. 57all'impiantistica - che, trainati dalla locomotiva tedesca, stanno andando bene, ma molti settori sono in obiettiva difficoltà e l'autunno si presenta fosco. Chi non vede i problemi occupazionali in questo campo, o è in malafede o vive sulla luna.
La provincia di Varese non chiede assistenzialismo. Lì sta il cuore dell'industria aerospaziale, due università, di cui una privata, il centro di ricerche di Ispra e decine di migliaia di imprese. È una delle comunità più moderne e sviluppate del Paese, grazie alla diffusa cultura del lavoro, manuale e intellettuale, dipendente (oltre 300 mila lavoratori su 850 mila abitanti) e autonomo. Questa provincia chiede solo che non si metta piombo nelle ali allo sforzo che sta facendo per reagire alla crisi. Qui si fa l'opposto: si favorisce platealmente la rendita e si colpisce il valore di chi crea valore aggiunto e di chi crea ricchezza.
Non ne siamo sorpresi. Quando due anni fa sono state rinnovate le concessioni, avevamo previsto che il Governo stava firmando una cambiale, in cambio della partecipazione di quei soggetti alla cosiddetta cordata salva-Alitalia. Ciò è puntualmente accaduto: mentre artigiani e piccoli imprenditori stanno facendo miracoli, il Governo consente ai poteri forti di continuare indisturbati al riparo delle loro rendite, molto ben remunerate e prive di alcun rischio; non ci sono investimenti, il costo del personale è ormai ridottissimo e gli incassi cash sono strepitosi, quotidianamente. Tra i pendolari e i poteri forti prendiamo atto che il Governo ha scelto di penalizzare i pendolari.
Durante l'audizione del presidente dell'ANAS Ciucci di fronte alle Commissioni riunite trasporti e lavori pubblici, prima della pausa estiva, abbiamo appreso due cose: la prima è che la Salerno-Reggio Calabria è un vanto per l'Italia (un inedito assoluto); la seconda è che in Lombardia esiste il maggior numero di gallerie (tale rivelazione mi è parsa meno folgorante della prima).
In effetti, in Lombardia, a differenza del deserto libico, madre natura ci ha consegnato delle bellissime montagne. È chiaro che, per collegarsi, per esempio, con il cuore dell'Europa la regione più sviluppata del Paese ha dovuto dotarsi di gallerie. Tuttavia, oltre ad annoverare il maggior numero di gallerie, i lombardi versano oltre 2 mila e 300 euro pro capite di tasse, le più alte d'Italia. Per questo motivo, gli aumenti che i pedaggi hanno assunto qualche mese fa presentano davvero il sapore della beffa.
Il 1o luglio 2010 il Governo, come hanno detto altri colleghi, ha deciso di aumentare il pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione ANAS; il 29 luglio il TAR del Lazio, su ricorso delle province di Roma e Rieti, sospende il decreto-legge del Governo e anche il TAR del Piemonte boccia lo stesso decreto (bene ha fatto il Presidente Zingaretti a difendere la sua comunità); il 1o settembre, la IV sezione del Consiglio di Stato respinge il ricorso, presentato contro la sospensiva dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dall'ANAS, confermando lo stop agli aumenti dei pedaggi autostradali limitatamente ai singoli segmenti stradali nel territorio degli enti che hanno presentato ricorso.
Il risultato è che, in un momento di grande crisi economica, rimane in vigore, come ricordavo, l'aumento di 0,10 centesimi (circa 100 euro all'anno) ai caselli di Gallarate e Besnate, un aumento che beffa e penalizza le famiglie e le imprese di una provincia molto importante nel contesto lombardo. I nostri pendolari continueranno a finanziare, con gli aumenti sull'Autolaghi, altre realtà assolutamente non prioritarie per il Paese.
Il Presidente della provincia di Varese, Galli, e il sindaco Fontana prima sono rimasti zitti, poi hanno giustificato i rincari. Solo in un secondo momento il Presidente della provincia si è deciso, tardivamente, a presentare ricorso, anche se in maniera poco convinta. Aveva sostenuto infatti che esisteva una sorta di discriminazione verso gli enti locali del nord e sostenuto che la provincia avrebbe presentato volentieri ricorso al TAR, se non fosse che le persone che siedono in quei tribunali danno ragione ben volentieri Pag. 58alle richieste che provengono da una certa area geografica (mi sembra questa una argomentazione alquanto fragile).
Qualche settimana dopo il sindaco invece ha dichiarato addirittura di voler imitare il sindaco di Roma, Alemanno, e cioè di voler sfasciare i caselli della barriera di Gallarate (realtà simbolica che diciannove anni fa vide Maroni e Bossi presenti per chiedere appunto l'eliminazione di quelle barriere).
Vorrei dire ai colleghi che l'Autostrada dei laghi costituisce un'arteria fondamentale al servizio di un'infrastruttura come Malpensa e che diventerà decisiva per l'Expo 2015, ammesso che il centrodestra metta una pietra sulle lotte di potere furibonde che sono in corso tra il presidente della regione Lombardia e il sindaco Moratti (tuttavia non rimane molto tempo per mettere fine a questa diatriba che rischia di penalizzare pesantemente l'intero Paese).
Noi ci auguriamo che il collasso quotidiano dell'Autostrada dei laghi possa essere in parte risolto anche con la realizzazione della Pedemontana, la più grande opera autostradale del nord finanziata dal Governo di centrosinistra che, nella scorsa legislatura, ha dato vita al primo esperimento italiano di federalismo infrastrutturale.
In questa legislatura, invece, attendiamo che venga completato il finanziamento dei secondi lotti delle tangenziali di Varese e Como che costituiscono parte integrante del sistema autostradale pedemontano (finanziamenti che, ad oggi, sono fermi alle chiacchiere).
Cari colleghi, ho l'abitudine di rispettare chi ha idee diverse - anche radicalmente diverse - dalle mie ma quando questa mattina ho letto sul quotidiano della mia provincia, la Prealpina, che Umberto Bossi lamenta il fatto che «ci hanno portato via l'aeroporto di Malpensa», mi viene da dire: ci hanno portato via, chi? Chi ha approvato il piano industriale di Alitalia? Caro Bossi, devi sapere che, in forza delle scelte sconsiderate condivise dal Governo, al nord sono stati sottratti i collegamenti diretti con le più importanti business community del mondo e questo lo stiamo soffrendo tremendamente in questo ultimo anno (in Lombardia nel 2009 si sono persi 100 mila posti di lavoro).
Lo sa, la Lega Nord, che tra qualche giorno la compagnia Livingston rischia il tracollo e che oltre 500 lavoratori rischiano il posto di lavoro? Allora mi viene da dire: ma dove andate, da dove venite? Magari l'aumento fosse solo di un fiorino! Qui invece vi è dell'altro: con gli insulti e le offese non si risolvono i problemi, serve serietà, sobrietà e concretezza.
Nel mentre mi sento di esprimere la solidarietà ai tanti lavoratori che fanno parte del popolo romano che - a partire da quelli che lavorano qui alla Camera o nel mio albergo - lavorano con serietà ed onestà e mi sento di dire che il tempo del partito di lotta e di Governo anche per la Lega è scaduto. Noi chiediamo che l'aumento dei pedaggi sia abrogato: questo dovete chiedere, questo dovete ottenere. Se non ci riuscite cercate di porre fine a questa maggioranza di Governo che non è stata in grado di rispondere alle attese e alle speranze dell'intero Paese ma soprattutto del nord. Questo Governo rappresenta il Governo a maggior trazione lombarda della storia repubblicana. Berlusconi, Tremonti, Gelmini, La Russa, Brambilla, Bossi, Calderoli, Maroni: otto Ministri, eppure mi sembra che i risultati siano inversamente proporzionali alla diffusa occupazione del potere centrale e romano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, credo che ormai sia stato detto tutto e forse ancora di più sulla conversione in legge di questo decreto-legge che definirei - come già qualcuno l'ha definito - una toppa peggiore del buco, dopo aver preso atto che è miseramente fallito il tentativo di privatizzare la Tirrenia e le società di navigazione ad essa collegate.
Nello stesso decreto-legge si aggiunge ovviamente - dobbiamo sottolinearlo - il tentativo Pag. 59anche in questo caso di far rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta: mi riferisco al tentativo cioè di imporre nuovamente - anticipandone in questo caso i tempi - l'imposizione di un balzello autostradale su 1.300 chilometri di strade statali.
Vengo quindi al primo punto, quello del fallito tentativo di privatizzazione della Tirrenia, mentre sul secondo ritornerò tra breve.
Partirei intanto, come forse anche qualcuno ha fatto nel dibattito di questa mattina, dalla data del 1992, cioè dal regolamento comunitario n. CE 3577: già da allora, nel 1992, il nostro Paese, onde evitare procedure di infrazione, aveva l'obbligo di eliminare aiuti di Stato, e quindi di procedere a ciò che in Europa è poi andato avanti in maniera più o meno celere.
Da allora sono passati 18 anni, e ci troviamo ancora al «punto zero», cioè al punto di partenza, con una situazione che si è tuttavia nel frattempo drammatizzata: sono cresciuti i debiti, ci stiamo quasi divorando il capitale sociale della società madre, vi sono addirittura crediti che le società controllate vantano nei confronti della società Tirrenia, che probabilmente non riscuoteranno mai; e addirittura, appunto per questo, la regione Sardegna è stata costretta a bloccare il processo di privatizzazione della Saremar, che sarebbe stato celermente e responsabilmente attuato se non vi fosse stata la certezza che essa probabilmente non avrebbe mai acquisito quegli 11,5 milioni di euro. In tale situazione non tanto di incertezza, quanto di sicurezza di non poter percepire, e quindi rendere liquidi ed esigibili i crediti che vantava la società madre, è evidente che non si può procedere.
Signor Presidente, ho avuto modo di ricoprire per molti anni la carica di sindaco di Civitavecchia, una città che ha legato la propria storia anche alla storia della Tirrenia, una città che (lo possiamo dire) è nata con i collegamenti con la Sardegna. Oggi Civitavecchia è un punto di snodo in tutto il Mediterraneo: è il primo porto crocieristico di tutto il Mediterraneo, è un importante porto passeggeri, è un importante porto merci, è un'importante sede di autostrade del mare. Si tratta di questioni affrontate dai Governi del centrosinistra che hanno avuto a loro tempo l'intelligenza, la preveggenza soprattutto, e l'intuizione di puntare sul cabotaggio, sul sistema del trasporto marittimo e mi riferisco non solo alle persone (in parte veniva superato), ma soprattutto a quelle merci che creano ricchezza, sviluppo e occupazione, soprattutto là dove esse vengono manipolate, vengono trasportate, e si creano quindi sistemi intermodali che consentono di realizzare in quell'area non solo un approdo ma un centro di trasformazione delle merci, e quindi un centro di ricchezza.
Dobbiamo dire che oggi questa città, questo territorio e l'intera regione Lazio vivranno drammaticamente il problema della mancata privatizzazione, ma soprattutto il problema drammatico di quella che sarà la sorte dei lavoratori. In Aula tutti lo sottovalutano, ma chi vive sulla pelle quotidianamente il dramma della disoccupazione e dell'incertezza del proprio futuro, non può che partire da tale questione: che fine faranno i lavoratori della Tirrenia e delle società collegate, ma soprattutto quale sarà il futuro di quelle centinaia di piccole aziende, di tour operator, di quelle aziende commerciali che hanno lavorato sul traffico da e per la Sardegna, che in un momento del genere vivranno sicuramente una grande incertezza.
Ritengo allora che vi sia in questo caso una grave responsabilità del Governo, un Governo che per due anni e mezzo ha «fatto chiacchiere», come chiacchiere le ha fatte precedentemente, non investendo sul cabotaggio, sulla politica trasportistica dei porti, sull'intermodalità, e soprattutto sul futuro di aziende che già allora apparivano decotte, e sulle quali bisognava allora compiere scelte coraggiose. Tutto questo non si è fatto. Oggi si parla del Governo del fare; un Governo che tuttavia anziché fare, ha lasciato incancrenire e marcire una situazione rispetto alla quale oggi stiamo mettendo una toppa, che però Pag. 60non risolve niente, perché rinvia ciò che doveva essere fatto in 18 anni, visto che il Governo oggi dirà: la situazione rimane così fino a quando non verrà giudicata, fino a quando non sarà terminato il processo di privatizzazione, e quindi niente.
Noi abbiamo ovviamente presentato alcuni emendamenti che tendono a migliorare questo decreto, anche se - come diceva giustamente il collega Gasbarra - forse è opportuno che lo ritiriate, che lo modifichiate, perché forse fate in tempo a farlo ritornare in Senato, e perché forse facciamo in tempo a ottenere ciò che non avete voluto ottenere con questo provvedimento. Dobbiamo però dire che in una situazione del genere, non solo diventa drammatico il futuro di molti lavoratori, non solo diventa drammatico e incerto il futuro della Tirrenia e delle società collegate, ma diventa anche drammatico il sistema dei trasporti da e per la Sardegna, e non solo. Voglio fare solo alcuni esempi per capire e per far capire la miopia di un Governo che poteva intervenire per tempo e non lo ha fatto, e che anche qui ha lasciato incancrenire una situazione, forse a favore di privati, a favore di qualche consorteria di furbi per danneggiare in sintesi le casse dello Stato. Il problema dei carri ferroviari: avevamo in alcuni porti italiani i carri ferroviari che andavano in Sardegna, ed era il cosiddetto settore di navigazione delle Ferrovie dello Stato, un settore per certi versi ricco, ma anche un settore sfasciato sulla stessa falsariga di come è stata gestita la Tirrenia (quindi era diventato col tempo un grande carrozzone). Ma nel frattempo avevamo il settore dei carri merci che poteva costituire una grande ricchezza per le stesse Ferrovie dello Stato, quindi per lo Stato. Anche in questo caso si è abbandonato questo settore, lo si è lasciato incancrenire, e centinaia e centinaia di lavoratori sono finiti sul lastrico (perché di questo si è trattato), e si è arrivati ad una mobilità pazzesca, a trasporti di massa di lavoratori che sono dovuti andare da Civitavecchia forse in tutte le parti d'Italia. Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo arricchito probabilmente coloro che di fatto da tale situazione hanno tratto un grande vantaggio.
Possiamo dire lo stesso per le rotte. La Tirrenia si è imposta e voglio spendere due parole a favore della Tirrenia. È vero che siamo di fronte ad una gestione fallimentare e molto spesso allegra. È vero che si sono acquistate delle navi che poi non sono servite, o delle navi che probabilmente avevano dei difetti strutturali, e che sono state lasciate poi in qualche bacino di carenaggio a marcire. Ma è altrettanto vero che la Tirrenia ha svolto in questi anni un servizio essenziale, che era quello di garantire la continuità territoriale tra la Sardegna e il continente, quello soprattutto di farsi carico nei mesi invernali di muovere, quasi a vuoto, centinaia di navi che evidentemente d'inverno trasportavano poco. Poi ovviamente, viceversa, sulle tratte ricche estive si è lasciata poi a decine e decine di armatori privati la possibilità di ingrassare le proprie casse.
Voglio aggiungere soltanto pochissime cose. Credo oggi che giustamente noi dobbiamo adempiere agli indirizzi e rispettare i regolamenti comunitari. Dobbiamo però prendere atto che su questa vicenda - come su tutte le vicende del trasporto italiano - oggi non vi è stata una strategia del Governo, e non solo perché non abbiamo da molti mesi il Ministro competente per le attività produttive, ma perché anche nel settore dei trasporti siamo andati alla rinfusa. Il settore dei porti (visto che il nostro Paese, con le sue migliaia di chilometri di coste, potrebbe rappresentare nel Mediterraneo il ponte verso l'Africa e verso il Medio Oriente) è un sistema che oggi è profondamente in crisi, perché, a differenza delle altre nazioni, oggi non si è investito, non si vuole investire e si sottraggono risorse. Come? Qui vengo al secondo punto, che è quello che riguarda l'imposizione di un balzello su 1.300 chilometri di strade, quando sappiamo che su questo terreno oggi, soprattutto nell'area romana (mi riferisco all'area romana che è quella che conosco meglio), si determineranno certi effetti e Pag. 61chi ha posto in essere il decreto in esame probabilmente non conosce di che cosa sta parlando.
Pensate che - questo lo dicono le statistiche, non lo dice nessun altro - gran parte (Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania) - vedo che lì c'è un deputato che ogni tanto «baccaja», puoi prendere la parola e parlare quando vuoi - del traffico merci, e non solo, che transita sulla rotta appenninica oggi si è riversato, ovviamente per condizioni climatiche e di percorribilità migliori, sulla tratta tirrenica. Molta parte di questa tratta, quindi di questo traffico, va, poi, a confluire su Roma e sul Meridione passando sia sulla Roma-Fiumicino sia sul Grande Raccordo Anulare. Queste due tratte sono oggetto di imposizione di un balzello che, evidentemente, danneggerà tutte le merci che vengono dal nord; infatti, per andare al sud, si dovranno pagare altri tratti autostradali che tratti autostradali non erano. Passando da sotto si disincentiverà la percorribilità sulla rotta tirrenica e, probabilmente, si ritornerà su quella appenninica, anche lì intasando ancora di più, soprattutto d'inverno, quella parte di tratto autostradale che già è intasata. Non pensate solo alle merci, ma a tutta l'area metropolitana. Ogni mattina su Roma transitano 500 mila pendolari provenienti dal resto della regione e dal nord e che, per entrare a Roma ed evitare di trovarsi negli incastri della via consolare Aurelia, si immettono sulla Roma-Fiumicino e sul Grande Raccordo Anulare. Ma voi togliete 400 milioni di euro all'ANAS e impedite un processo di infrastrutturazione serio che è quello di migliorare, non solo la percorribilità, ma anche la qualità della vita dei cittadini, perché per un pendolare che si alza la mattina e percorre con la propria macchina un'ora, un'ora e mezza di strada, essere costretto a pagare un ennesimo balzello, sia sulla Roma-Fiumicino sia sul GRA, significa un peggioramento della vita, sia in termini economici che in termini di qualità. Ritengo che anche questo è profondamente sbagliato e, qui, mi sia consentita una critica al sindaco Alemanno che, ormai, fa la doppia faccia, come la Polverini. Alemanno sostiene di incatenarsi, sfasciare i caselli, minaccia guerre da tutte le parti e, poi, guarda caso, l'unico che fa un'azione concreta è il presidente della provincia di Roma Zingaretti che segue l'unica strada possibile, quella del ricorso al TAR, affermando che questo decreto-legge era illegittimo e, quindi, non era in grado di produrre effetti. La seconda questione è quella della Polverini: anche qui la neogovernatrice minaccia declassamenti ed altro e, a distanza di pochi minuti, il presidente dell'ANAS le dice che questo non è possibile. Assistiamo ad esibizioni demagogiche e dichiarazioni di esponenti del centrodestra che dovrebbero difendere non Roma dalle accuse di un tal Bossi che la definisce «ladrona» e ne definisce «porci» gli abitanti, ma i propri cittadini, sia della regione che del comune, cercando di tutelarli nella propria qualità della vita, nel proprio reddito e nelle proprie risorse finanziarie. Oggi - e concludo, signor Presidente - viceversa, ci troviamo, ancora una volta, di fronte al fatto che Roma e il Lazio vengono svenduti alla Lega Nord Padania e questo non possiamo consentirlo perché siamo cittadini italiani, Roma è la capitale d'Italia e non può essere assolutamente svenduta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il decreto-legge che stiamo discutendo, il n. 125 del 5 agosto 2010, a nostro avviso, come hanno già detto i colleghi del mio gruppo che mi hanno preceduto, per diversi aspetti andrebbe modificato e per questo abbiamo presentato emendamenti importanti sui quali chiediamo al Governo, alla maggioranza, a tutta l'Aula, di riflettere e di confrontarci costruttivamente.
Se ciò non fosse ci troveremmo di fronte all'ennesimo decreto-legge confezionato Pag. 62a scatola chiusa, che il Governo impone al Parlamento senza dare la possibilità ai deputati, a tutti noi deputati, di fare il nostro dovere, di esercitare la nostra funzione e cioè di poter legiferare in un confronto aperto, nell'interesse generale del Paese e dei nostri cittadini.
In particolare mi voglio soffermare sulle proposte emendative relative alla soppressione delle norme che prevedono l'aumento dei pedaggi autostradali, compreso il raccordo autostradale di Roma e l'autostrada Roma-Fiumicino. La norma di cui si sta parlando, come già è stato detto più volte, era già contenuta nella manovra finanziaria di luglio, il decreto-legge n. 78 del 2010. Era una norma che consentiva all'ANAS di applicare, nei raccordi e nelle reti autostradali gestite dall'ANAS, l'aumento dei pedaggi. È una norma, come è stato detto e ripetuto, che è stata bocciata dal TAR e dal Consiglio di Stato su iniziativa di diversi enti locali, in modo particolare della provincia di Roma e del suo presidente Nicola Zingaretti. Si tratta di una norma che colpisce milioni di utenti automobilisti, già purtroppo colpiti e tartassati dalla crisi economica. Sappiamo che si tratta in massima parte di quei cittadini che in modo particolare devono utilizzare l'automobile spesso perché non hanno la possibilità di accedere ad un trasporto pubblico efficiente ed efficace: penso alle periferie della nostra città, della città di Roma, ai tanti pendolari che abitano in comuni da cui è difficilissimo raggiungere reti ferroviarie o di trasporto pubblico. Certamente questo balzello dà un ulteriore colpo alla possibilità di sopravvivenza quotidiana relativamente a cittadini, spessissimo lavoratori pendolari, che devono raggiungere la città e il posto di lavoro con tanti sacrifici: tutto ciò si va ad aggiungere ad un già complesso quadro legato alla crisi economica, alla difficoltà di far quadrare i bilanci familiari e di arrivare a fine mese,. Quindi parliamo di cittadini che appartengono alle fasce più deboli, la cui vita si è fatta ogni giorno sempre più complicata e sempre più difficile, e che sono costretti a recarsi nella capitale, a Roma, per lavoro o a cui capita anche, spesso giornalmente, di andare nella capitale per usufruire di alcuni servizi essenziali (penso ai tanti malati e ai tanti utenti deboli).
Il Governo, che purtroppo l'opinione pubblica è costretta quasi giornalmente a sentire, annuncia che non aumenta le tasse, ma che cos'è questo balzello se non un aumento surrettizio di tasse che penalizzano lavoratori e famiglie che già vivono una condizione così difficile?
Come ricordava poco fa il mio collega Tidei, il sindaco Alemanno, di fronte a questa scelta durissima che il Governo aveva fatto, questa estate ha addirittura minacciato di sfondare con una macchina i caselli che bisognerebbe costruire. Poi gradualmente è arretrato e si è allineato alle scelte del Governo, per fare di necessità virtù, ma come dicevo prima in realtà l'unica iniziativa concreta che è stata presa è stata quella di alcuni enti locali, in modo particolare della provincia di Roma, a cui il TAR ha dato ragione, giudicando illegittima questa norma. Il Governo ha tentato di opporsi a questa sentenza con un ricorso al Consiglio di Stato, il quale ha respinto le motivazioni del Governo e ancora una volta ha dato ragione alla provincia di Roma. Dunque è stata fatta giustizia nei confronti dei cittadini che hanno visto tutelati i loro interessi.
Ci troviamo di fronte ad una norma che, insieme all'aumento del pedaggio autostradale che riguarda il GRA di Roma, propone anche l'aumento del pedaggio su circa 1.300 chilometri di autostrade. L'aumento riguarda: il GRA di Roma, la Roma-Fiumicino, la Firenze-Siena, la Salerno-Avellino, la A18 diramazione Catania, la A19 Palermo-Catania, la A19 diramazione per via Giafar, la A29 Palermo-Mazara del Vallo, la A29 diramazione Alcamo-Trapani, la diramazione di Birgi, per Punta Raisi, il raccordo per via Belgio, la Catania-Siracusa, i raccordi autostradali di Reggio Calabria, Scalo Sicignano-Potenza, Bettolle-Perugia, Ferrara-Porto Garibaldi, il raccordo di Benevento, quello tra Torino e l'aeroporto di Caselle, quello tra Ascoli e Porto d'Ascoli, tra Chieti e Pescara, il raccordo di Trieste e quello tra Pag. 63Trieste e la diramazione Fernetti. Dunque, è un tema che non riguarda solo noi, ma milioni di cittadini del nostro Paese.
Di fronte al fatto che la norma contenuta nella finanziaria è stata bocciata dalla giustizia amministrativa, cosa fa il Governo? Il Governo inserisce nel provvedimento di cui stiamo discutendo, che riguarderebbe, in gran parte, il problema drammatico della Tirrenia, una norma con cui si vuole far rientrare dalla finestra ciò che gli organi di giustizia amministrativa hanno cacciato dalla porta. In altri termini, si prevede - come dicevo - che sui citati 1.300 chilometri di autostrade e di raccordi autostradali sia consentito all'ANAS - anticipando una norma che prevede in seguito la possibilità di aumentare i pedaggi - di anticipare al 2011 l'aumento dei pedaggi autostradali.
In sostanza, si vuole confermare una norma profondamente ingiusta che, peraltro, non garantisce un introito tale da alleviare significativamente i problemi del bilancio dello Stato. Anzi, se consideriamo tale norma insieme alle altre che sono contenute nella finanziaria - cioè, quelle relative al taglio dei trasferimenti dello Stato agli enti locali e alle regioni - si nota che, ad esempio, il taglio operato nei confronti della regione Lazio, con particolare riferimento ai trasferimenti sul capitolo dei trasporti, è pari a circa 500 milioni di euro per gli investimenti. Ciò significa, in sostanza, impedire alle regioni, agli enti locali e, in particolare, alla nostra regione, di portare avanti i progetti e i programmi di potenziamento della rete del trasporto pubblico, che sappiamo costituiscono la misura e la chiave per consentire ai cittadini di rinunciare all'automobile privata.
Infatti, se il trasporto pubblico funziona, credo che nessuno voglia sottoporsi alla difficoltà, alla via crucis in alcuni momenti quotidiani, di trovarsi infognati nel traffico e nelle difficoltà della rete autostradale. Tuttavia, i cittadini, molto spesso, sono costretti a utilizzare l'automobile per raggiungere il posto di lavoro. Pertanto, non può esserci questa ricetta assurda: niente potenziamento del trasporto pubblico e aumento dei pedaggi autostradali. È un'ingiustizia che non trova alcuna giustificazione.
Insieme a questo, l'ANAS, ed anche il Governo, spesso, hanno dichiarato che si voleva anche procedere a potenziare le infrastrutture autostradali. Penso sempre al raccordo di Roma, dove ancora, purtroppo, da un paio d'anni a questa parte, non si conclude l'ultimo tratto della terza corsia. Questo crea quotidianamente moltissime difficoltà. Il presidente dell'ANAS ha, addirittura, più volte dichiarato che, per migliorare il sistema autostradale e il traffico della città, sarebbe necessario un secondo anello autostradale.
È una fantasia che non trova alcun riscontro nella realtà. E allora, cari colleghi della maggioranza, sappiamo che avete presentato anche un ordine del giorno che tenta di dare una risposta a questo problema. In realtà, come è stato già detto dai colleghi che mi hanno preceduto, quell'ordine del giorno non ha i presupposti giuridici e concreti per dare una risposta. Non ce la possiamo cavare con un ordine del giorno che non ha nessun ancoraggio normativo, peraltro, come veniva ricordato è già stato sconfessato, come possibilità di essere poi portato avanti, dalle dichiarazioni del presidente dell'ANAS. Possiamo e dobbiamo ora correggere questa norma perché ora possiamo dare una risposta concreta, possiamo fare quello che dobbiamo fare e cioè gli interessi dei cittadini, non gli interessi corporativi o individuali ma i veri e propri diritti, diritti ad avere delle risposte chiare e soprattutto i diritti di quei cittadini che sono sempre quelli più penalizzati, più penalizzati dalla crisi, più penalizzati perché magari abitano nelle periferie più lontane e sono costretti ogni giorno a subire e a moltiplicare i sacrifici quotidiani che non gli consentono di spendere il loro tempo in modo adeguato e sereno. Questo problema che forse viene sottovalutato dal Governo è invece un problema grandissimo, un problema che tocca la vita quotidiana di centinaia e centinaia di migliaia di cittadini romani e della nostra regione ma anche di milioni e Pag. 64milioni di italiani. Per questo lanciamo un appello accorato, se così posso dire, ai colleghi della maggioranza di operare in modo coerente con le prese di posizione, con le dichiarazioni anche forti che sono state fatte sia dal sindaco di Roma che dalla presidente Polverini. Non è possibile, cari colleghi, fare solo dichiarazioni, altrimenti diventa demagogia e non azione concreta, l'azione concreta è quella che è stata portata avanti dalla provincia di Roma con il suo presidente Nicola Zingaretti, che aveva ottenuto un risultato. Penso che sia assolutamente importante fare in modo che quel risultato non vada disperso e che invece si dia una risposta positiva ai cittadini accogliendo le nostre proposte o comunque modificando questa norma profondamente ingiusta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,49)

Sull'ordine dei lavori (ore 17,50).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per segnalare che nel pomeriggio di oggi, con qualche ora di ritardo, il Presidente del Consiglio ha informato la stampa e anche i diretti interessati, presumo i romani, di aver parlato con il Ministro Bossi a proposito della simpatica battuta che il Ministro ha fatto nella giornata di ieri e in cui ci ha definito «porci», a noi che siamo romani, io personalmente mi vanto di questo. Il Ministro Bossi avrebbe garantito che era solo una battuta e il Presidente del Consiglio ha anche fatto un invito ai ministri a tenere un comportamento sempre e doverosamente istituzionale. Sono passati solo cinquanta minuti da questa simpatica dichiarazione del Presidente del Consiglio che ci tranquillizzava sul comportamento istituzionale del Ministro Bossi. Quest'ultimo, con parole diverse (ma un Ministro è comunque un Ministro della Repubblica, non della Padania fino a prova contraria) sostanzialmente continua a tirare bordate virulente nei confronti di Roma, dicendo che vogliono essere i padroni, parlando di uno sfoggio di potere, dicendo: «loro vogliono tenersi tutto»...,

MASSIMO POLLEDRI. Questo è un comizio! Non è un intervento sull'ordine dei lavori!

ROBERTO GIACHETTI. Un Ministro della Repubblica italiana che sta in una maggioranza non solo con i suoi deputati della Padania, ma anche con deputati che magari sono eletti in questa circoscrizione - e queste affermazioni cambiano il metodo, non cambiano la sostanza - ritiene di trattare in tal modo la capitale. Complimenti, Presidente Berlusconi, la sentiremo domani.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 3725)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, sono uno di quei «porci romani» che in questa città lavora e vive (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il provvedimento che stiamo per discutere reca il seguente titolo: misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria. Da questo titolo già si evince quello che possiamo chiamare un difetto di cultura normativa, reiterato da parte di questo Governo: ossia, la violazione della natura di quello che i padri costituenti avevano configurato essere la qualità del decreto-legge, ossia i caratteri di necessità e di urgenza. Pag. 65
Ancora una volta, il Comitato per la legislazione richiama la nostra Assemblea a questo carattere specifico del decreto-legge e lo fa nella seduta del 27 settembre. Vorrei riportare all'Aula le parole pronunciate, in quella sede, dal professor Zaccaria, il quale ha detto che il decreto-legge in esame si configurava come un insieme di norme di cui nemmeno adottando un criterio superficiale potrebbe constatarsi la rispondenza al parametro ordinamentale dell'omogeneità.
Non è un decreto-legge, ancora una volta, omogeneo, perché mette insieme materie che riguardano il sistema dei trasporti e la finanza, in una specie di «insalata russa» a cui questo Governo ci ha abituato. Si evince, pertanto, un difetto di cultura legislativa, attraverso un uso improprio - direi quasi anticostituzionale - dello strumento della decretazione d'urgenza.
La questione è talmente palese, che si applica alla materia del trasporto: la questione del trasporto e della mobilità, soprattutto quella urbana, a mio avviso dev'essere affrontata in maniera organica, programmatica e concertata.
Tale materia dev'essere affrontata in maniera organica, perché ormai la mobilità, il trasporto, nelle città e fuori di esse, diventa un fattore importante per la nostra economia e per coloro che producono, e potrebbe costituire - se non venisse affrontato nei debiti modi - un'occasione di svantaggio competitivo per le nostre aziende e per il sistema Paese nel suo insieme. Invece noi lo affrontiamo in un decreto-legge, in mezzo a tanti altri provvedimenti che concernono materie di altra natura.
Come dicevo, quindi, si tratta di una materia da affrontare in modo organico, mentre questo provvedimento non è organico, non è una mappa delle infrastrutture di cui il nostro Paese avrebbe bisogno. Qualcuno ricorda che fine hanno fatto quelle infrastrutture disegnate nello studio di Bruno Vespa, durante la campagna elettorale, che dovevano dare al nostro Paese una rete ferroviaria e una rete stradale all'altezza di un Paese che vuole essere competitivo a livello europeo e a livello mondiale? Non è, dunque, un provvedimento organico e, soprattutto, non è un provvedimento che si inserisce nella cultura della programmazione, la quale dovrebbe essere un punto qualificante del governo del territorio in materia di trasporto e mobilità.
Ma soprattutto, non è un provvedimento concertato: non è stato concertato con gli enti locali, con le regioni, con le province, con i comuni. Quindi, chiedo: dov'è il federalismo? Il federalismo, infatti, non è solo quello fiscale. Il federalismo, a mio avviso, è quel rispetto del principio costituzionale di sussidiarietà - sia orizzontale, che verticale - in base al quale i territori e le comunità devono avere parte nella deliberazione e nella decisione di problemi che riguardano la loro vita quotidiana.
Non si è pensato a fare questo, nonostante il federalismo proclamato teoricamente: hanno sorvolato le competenze, le richieste e le istanze dei territori e delle comunità perché il Governo attraverso questo provvedimento - così come ha fatto con la scuola, e così come ha fatto per altri ambiti - vuole semplicemente fare cassa.
Bisogna quindi svelare la vera natura di questo provvedimento che, in realtà, non parla di trasporti e non parla di tante altre cose che sono impropriamente inserite in maniera non omogenea in questo provvedimento, perché è un provvedimento di natura meramente finanziaria: il Governo vuole fare cassa, sulla pelle dei cittadini e sulla pelle dei pendolari che sono decine e decine di lavoratori dipendenti che, tra l'altro, in questi ultimi dieci anni, hanno anche perso - ci informa il rapporto della CGIL - 5 mila euro del loro potere d'acquisto (e tale potere continua a scendere), nonostante questo Governo abbia promesso di non mettere le mani nelle tasche degli italiani, mentre continua - quotidianamente, direi - a mettere le mani in quelle tasche che si stanno svuotando sempre più per via della perdita del potere di acquisto. Pag. 66
In una città come Roma si impedisce agli studenti di usufruire a pieno del diritto allo studio attraverso una mobilità agevolata: il raccordo anulare, che secondo questo provvedimento rappresenta una di quelle tratte stradali soggette a pagamento, è infatti percorso da migliaia e migliaia di studenti che dall'hinterland romano si recano nella nostra città per studiare. Il Governo continua a fare cassa, quindi, sulla pelle dei lavoratori, sulla pelle delle famiglie e sulla pelle delle forze produttive.
Ci troviamo, quindi, ad affrontare questo provvedimento tanto annunciato - e già approvato dal Senato - in un momento in cui il sindaco di Roma, Alemanno, ha annunciato sfaceli, e, con un'espressione che rasenta il bullismo istituzionale, ha annunciato di voler sfondare con la propria macchina i caselli autostradali soggetti a pagamento. Oggi la presidente della regione Lazio propone al Governo una misura che mira al declassamento e alla regionalizzazione del grande raccordo anulare che - ricordo al presidente dell'ANAS - non è un tratto strategico per la rete stradale nazionale. Pochi anni fa, infatti, è stata realizzata una bretella che da Roma nord porta verso l'Autostrada del sole e Napoli: non vi è più la necessità di passare attraverso il raccordo anulare, il quale, per l'evoluzione che ha avuto la città - non è più la città di Ernesto Nathan - si è sviluppata tutta al di fuori del raccordo anulare, sino a far configurare questa rete autostradale come una strada interna, non suscettibile di essere assoggettata al pagamento come tutti gli altri raccordi stradali di questo tipo.
La verità è che questa tassa - come ha detto l'onorevole Gasbarra - è una tassa di ingresso e di uscita da Roma. Noi del Partito Democratico ci siamo opposti a questa misura: è stato ricordato il ricorso del presidente Zingaretti, vinto sia al TAR che presso il Consiglio di Stato, ma, nonostante questa decisione della magistratura, questo Governo va avanti con arroganza, e impone ai cittadini di Roma, del Lazio e di altre regioni d'Italia l'ennesimo balzello.
Chiediamo oggi il rispetto delle decisioni della magistratura, il rispetto dell'autonomia degli enti locali, delle regioni, dei comuni e delle province, il rispetto per i cittadini impotenti davanti alla bulimia di una maggioranza e del Governo che passa sopra il diritto dei cittadini di Roma e di altre province della nostra regione.
Chiedo quindi ai deputati eletti a Roma e nel Lazio della maggioranza di non partorire il topolino di un ordine del giorno, ma di votare gli emendamenti soppressivi di questi pedaggi che non solo sono iniqui, ma che rappresentano per i nostri cittadini e per il sistema Paese in generale un peso, un macigno che gli impedisce, grazie alla mobilità impedita, di diventare competitivo anche nelle transazioni economiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, mi permetta di iniziare facendo un riepilogo della situazione, perché stiamo intervenendo in molti e ci stiamo concentrando su aspetti diversi del provvedimento. Quello che stiamo esaminando doveva essere in origine solo un decreto-legge per salvare Tirrenia, ma la maggioranza vi ha inserito i nuovi pedaggi sul Grande raccordo anulare. La questione sembrava già chiusa il 29 luglio, quando il TAR aveva accolto il ricorso della provincia di Roma, di quella di Rieti, di quarantuno comuni e del Codacons: i giudici amministrativi del Lazio avevano respinto chiaramente un'ipotesi del genere, con la motivazione che «il pedaggio non può essere una mera tassa, ma al pagamento deve corrispondere un servizio». Uno potrebbe pensare: vabbè, era il 29 luglio, il Pdl quel giorno aveva altri problemi per la testa - tipo trovare il modo di cacciare Fini - e non se n'era accorto. Invece no, il centrodestra romano e laziale se ne era accorto benissimo e addirittura esultava per la decisione Pag. 67del TAR, saltando sul carro del vincitore.
Cito il governatore del Lazio, Renata Polverini: «Il ricorso avrei voluto farlo io, ma non volevo allungare i tempi della sospensiva del TAR. Ho sostenuto comunque quello della provincia, perché il pedaggio sul raccordo sarebbe stato un ulteriore balzello per tanti pendolari e famiglie». Sul carro di Nicola Zingaretti era salito anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che - cito testualmente - giudicava la sentenza del TAR «un importante segnale, che consente di rivedere il provvedimento in modo da scaricare le necessità finanziarie del Governo sui margini di profitto della società Autostrade e non sugli utenti, e in particolare i pendolari».
Una parola su Gianni Alemanno, signor Presidente, la devo aggiungere. Perché in quel periodo si era calato così bene nella parte che, ad un certo punto, aveva minacciato un atto clamoroso, lo cito testualmente: «Il pedaggio sul raccordo è una cosa impossibile. Se qualcuno mette qualcosa sul raccordo per far pagare il pedaggio, vado io con la macchina e la sfondo» (dichiarazione del 30 giugno). E lì tutti a dibattere, perché lo avevano preso sul serio: è giusto che il sindaco di Roma sfondi il casello con la macchina? E sarà la macchina sua o quella del comune? Poi, però, alle parole non sono seguiti i fatti: dopo aver tanto sbraitato, l'amministrazione comunale di Roma ha tenuto la schiena così dritta che, nella votazione di giovedì scorso al Senato, il vicesindaco Mauro Cutrufo ha votato contro il nostro emendamento. Un emendamento che escludeva chiaramente l'ipotesi di tassare il Raccordo, e che il vicesindaco di Roma non ha votato perché - ha detto - è troppo generico: «ne presenteremo uno noi alla Camera, la settimana prossima!».
Ecco, signor Presidente, la «settimana prossima» è arrivata, ma quell'emendamento del Pdl nel fascicolo non c'è. Ce n'è uno dell'Italia dei Valori, uno del Partito Democratico - l'emendamento Meta 1.13, al quale chiedo di poter apporre anche la mia firma - che trova pure la copertura necessaria, perché non ci diciate che siamo solo capaci di dire dei «no»...ce n'è uno dell'Unione di Centro, e ce n'è addirittura un quarto, bipartisan, firmato dai colleghi di Futuro e Libertà per l'Italia, dell'Italia dei Valori e del Partito Democratico, che esclude dal pedaggio «i raccordi autostradali e le tangenziali, a diretta gestione dell'Anas, interessati da traffico prevalentemente urbano e con caratteristiche pendolari».
Proprio il termine «pendolari» è il centro di questa discussione, e merita almeno una breve riflessione da parte nostra, con una premessa, però, perché certe cose non vanno dimenticate. Quando il PD presentò in Aula il progetto di legge «mille treni», come avevamo chiamato quella nostra idea di potenziare e migliorare il trasporto su ferro dei pendolari, finanziandolo con una tassa sui petrolieri, la maggioranza, questa maggioranza, votò contro.
Tra i pendolari ed i petrolieri, vale la pena ricordarlo, il centrodestra scelse i secondi. In questo decreto-legge i petrolieri non c'entrano, ma ci troviamo di fronte allo stesso errore, quello di fare cassa con le tasche dei più deboli, e quando si ripete lo stesso errore per due volte di fila è difficile pensare che non vi sia dietro un pensiero politico, una strategia.
Perché pagheranno i più deboli è piuttosto semplice da spiegare, ma siccome qui dentro c'è qualcuno che crede ancora che i romani vadano in giro con la biga, forse vale la pena essere chiari. Le case a Roma costano molto, gli affitti dentro il raccordo sono altissimi, le nuove costruzioni sono praticamente tutte al di fuori, perché i terreni edificabili non sono certamente in via del Corso e quindi una famiglia giovane media - giovane o meno giovane -, se deve cercare casa va facilmente a vivere fuori: a Formello sulla Cassia, a Santa Maria delle Mole sull'Appia, a Malafede sulla Colombo, alle stesse Fregene o Maccarese sull'Aurelia, fino a Lunghezza o Castel Madama sull'A24. Due euro al giorno fanno 50-55 euro al mese: se togliamo qualche giorno di vacanza, arriviamo Pag. 68comunque a 600 euro l'anno, che per il Presidente del Consiglio, magari, non è nulla, ma per una famiglia media è parecchio: è circa il doppio di quell'ICI che avete abolito, tanto per fare un esempio. L'equivalente di due ICI l'anno, sulle spalle dei meno abbienti: è questo che intendeva il centrodestra, quando prometteva una politica a difesa della famiglia?
Fuori di qui, in piazza Montecitorio, c'è una folla che sta manifestando per porre esattamente queste domande. Aspettano tutti - lo aspettiamo pure noi, con una certa impazienza - uno scatto d'orgoglio dei colleghi romani della maggioranza, che tra poco dovranno votare questi emendamenti. Temo, però, che dovremo rassegnarci, visto come è finita la vicenda Bossi: il Presidente del Consiglio ha chiamato il sindaco di Roma, gli ha spiegato che dare dei porci ai romani era solo una battuta ironica e il gladiatore, che minacciava di sfondare il casello del raccordo con la sua macchina, ha rimesso la biga in garage.
Noi, invece, siamo molto meno malleabili e nelle prossime ore la maggioranza se ne renderà conto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, mi sembra che tutti gli interventi che si sono svolti questo pomeriggio non abbiano fatto che confermare un'abitudine brutta, una brutta piega che stiamo prendendo.
Mi sembra che il Governo, sempre più spesso, cerchi soluzioni a problemi effettivi traslandoli sulle spalle dei cittadini. Questa volta ce la stiamo prendendo con i cittadini costretti ad usare l'auto.
Mi aggiungo a quanti sono intervenuti prima di me nel ricordare che molte persone che usano la macchina, nel nostro Paese in generale, ma nella nostra città in particolare, cioè Roma, non lo fanno per libera scelta: usano la macchina perché manca una vera politica di sostegno alle infrastrutture, sia per la mobilità cittadina (con riferimento a tutto ciò che succede sopra il Grande raccordo anulare: chi è intervenuto prima di me ha ricordato quante sono le persone e le famiglie che abitano fuori dalla ristretta cinta cittadina), sia in tutti i percorsi quotidiani riguardanti i trasferimenti da e per l'aeroporto (faccio riferimento alla Roma-Fiumicino: credo che siamo l'unica città che non ha un buon sistema di comunicazione per favorire anche il turismo nel nostro Paese).
In questo provvedimento, che eufemisticamente possiamo chiamare omnibus (ma che bisogna qualificare: si tratta di un omnibus pasticciato), di tutto ciò che non si riusciva a risolvere e che non si voleva risolvere e affrontare in modo organico, si è fatto un bel pacchetto. Leggendolo qua e là, esso evoca sempre i soliti proverbi: una storia di porte e di finestre e una storia di danni e di beffe.
«Porte e finestre» perché è stato detto - e lo ripeto - si tenta di far rientrare per una strada secondaria, per una finestra, ciò che, tempestivamente, i tribunali erano riusciti a sospendere e una storia di «danni e di beffe», perché è una beffa per i cittadini - ripeto - molti dei quali non usano la vettura per scelta ed è una beffa anche per gli enti locali. Alcuni amministratori sono stati ingannati, altri amministratori non so se siano stati veramente ingannati ma, certamente, vivono in una situazione di imbarazzo, penso al sindaco della mia città.
Per quanto riguarda la vicenda dei pedaggi, il Partito Democratico ha presentato una proposta emendativa: mi sembra che sia una proposta ragionevole, equilibrata, che, temporaneamente, ha la funzione di bloccare l'aumento di tali pedaggi e di tutelare i lavoratori, avendo, successivamente, il tempo di lavorare in modo organico. Tra l'altro, nei nostri emendamenti, è indicata la copertura finanziaria. Aggiungo qui - per memoria, più che altro mia - che il codice della strada ha previsto che parte delle multe e dei proventi, che derivano dall'autovelox, siano destinati anche all'ANAS e quindi si configurano come soldi per la manutenzione e per la gestione in sicurezza della strada. Pag. 69
Quindi, esorto anche i relatori ed il Governo a prendere coraggio. Ovviamente noi lo abbiamo. Prendiamo coraggio e accogliete questi emendamenti, cerchiamo anche di correggere - nella parte in cui è possibile - questa norma e non sostituiamo questi emendamenti con dei riduttivi ordini del giorno. Sappiamo tutti, infatti, molto bene che essi non hanno un ancoraggio normativo, conosciamo gli effetti degli ordini del giorno. Penso sempre che se il Governo avesse dato effettivamente seguito anche solo alla metà degli ordini del giorno, che sono stati approvati in quest'Aula, almeno la metà dei problemi che continuano ad affliggere questo Paese sarebbe stata risolta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, in questa discussione si introducono alcune questioni fondamentali, che avevamo sollevato riguardo alla capacità di investimento dell'ANAS, rispetto alle scelte che il Governo avrebbe dovuto rendere più chiare nei provvedimenti che abbiamo visto negli ultimi mesi, in riferimento, soprattutto, alla vicenda dei pedaggi autostradali.
A me occorre sottolineare, per la competenza della Commissione a cui appartengo, alcune questioni che avevamo già sollevato nei mesi passati, che riguardano una pianificazione, con riferimento agli investimenti autostradali, alle principali infrastrutture del nostro Paese, che non scorgiamo in nessuna delle azioni che il Governo ha messo in atto.
In riferimento, infatti, all'ultima legge finanziaria, votata nel dicembre scorso, si ebbe già modo di evidenziare quante risorse (circa un miliardo e mezzo) erano state sottratte alla pianificazione dell'ANAS e, in relazione a ciò, quanto fosse diventato pericoloso sottrarre, a tutti i territori dell'intero stivale, le risorse e le infrastrutture per la manutenzione ordinaria e straordinaria e per gli investimenti che ANAS avrebbe dovuto effettuare e che, invece, non hanno trovato, neanche nel piano dei primi mesi di quest'anno, puntuale attuazione.
Ci siamo trovati quindi di fronte ad un'emergenza molto forte, che riguarda il piano delle infrastrutture e non solo le autostrade, ma anche tutto il sistema viario e della mobilità del nostro Paese. Rispetto a questo, le uniche soluzioni che il Governo è stato in grado di mettere in atto, prima con il decreto-legge n. 78 del 2010, poi con il decreto-legge n. 125 del 2010, di cui stiamo discutendo oggi, sono state l'aumento tariffario indiscriminato su alcuni pedaggi e l'inserimento del pedaggiamento per alcune tratte che fino ad oggi non avevano trovato l'esazione diretta autostradale.
Noi troviamo questo modo di procedere molto irresponsabile. Anche la chiarezza della pianificazione è molto discutibile, tant'è che poi, nell'urgenza di trovare la copertura per provvedimenti legislativi discutibili, si riesce anche a fare errori nella stesura di questi provvedimenti, fino al punto che, mentre da un lato si proclama la semplificazione legislativa e anche la chiarezza e la trasparenza degli atti, ogni provvedimento viene poi ovviamente messo in discussione dai soggetti coinvolti, in questo caso da circa dieci, tra province, regioni e comitati dei consumatori. Sul piano amministrativo si ha poi lo spettacolo cui stiamo assistendo, con la sospensione anche transitoria dell'applicazione di questi provvedimenti, con l'aggiunta di un caos normativo che certo non depone a favore dell'amministrazione dello Stato che legifera in questo modo.
Questo voglio dirlo a tutti quei ministri che proclamano la semplificazione della legislazione ogni giorno. Faccio riferimento al Ministro Calderoli. Vorremmo chiedere anche qual è l'attenzione riposta nelle leggi che si fanno in questo momento, perché possiamo continuare a discutere della necessità di abrogare molta della normativa esistente - su molta parte siamo anche d'accordo - ma vorremmo anche che venisse inaugurato un nuovo metodo di fare le norme, tenendo anche conto del parere delle altre amministrazioni competenti, cominciando intanto a Pag. 70coniugare il federalismo come si dovrebbe fare, considerando anche il parere delle regioni, delle province e di tutti gli enti competenti in materia e poi facendole in una maniera che non produca ricorsi.
Stiamo producendo materia per ricorsi, per avvocati, e non stiamo semplificando la vita agli italiani, tanto meno alle amministrazioni che dovranno applicare queste norme. Detto questo, noi oggi ci troviamo di fronte a due problemi che riguardano l'applicazione di questo decreto-legge, soprattutto rispetto agli articoli che fanno riferimento al pedaggiamento, che riguardano in parte la sostituzione di una copertura, ormai data per scontata, che lo Stato ha deciso di sottrarre ad ANAS riguardo alla gestione ordinaria e straordinaria e ai contratti di servizio, e anche la sostituzione della copertura per gli investimenti. Ad un certo punto, il Governo ha deciso di non trasferire più nessuna risorsa ad ANAS per questi capitoli e da ciò deriverà la tassazione per quei cittadini che ancora non stavano pagando i tributi per i tratti interessati.
Oltre a considerare questo meccanismo molto ingiusto, noi vorremmo sottolineare, signor Presidente, che non abbiamo fatto a monte un'analisi dello stato di questa viabilità né della percorrenza di questi tratti soprattutto da parte dei pendolari e dei lavoratori delle imprese. Vorremmo far capire al Ministro delle infrastrutture, ma anche al Presidente del Consiglio, che le autostrade non si attraversano solo per andare in vacanza. Noi ci siamo sentiti ripetere più volte, anche quest'estate, che nonostante la crisi le autostrade erano piene di vacanzieri. Le autostrade si percorrono anche per motivi di lavoro, per raggiungere il posto di lavoro. Soprattutto, chi lo fa più volte durante l'arco della giornata verrà vessato di una tassa in più, che non è il sostitutivo di un altro totale di tassazione cui viene sottoposto, ma è un'aggiunta.
Questo è il primo elemento che vogliamo far rilevare, anche perché alle prime richieste di chiarimenti, anche della stampa, rispetto al fatto che molti cittadini e molti lavoratori percorressero le nostre autostrade più volte in quelle tratte, il Ministro delle infrastrutture ha risposto che i suoi tecnici gli avevano spiegato che forse qualcuno pagherà solo una volta al giorno.
Questo per dire la genericità e anche l'improvvisazione con cui abbiamo scelto di applicare un provvedimento che prevede una quantificazione forfettaria e non tiene conto neanche della reale percorrenza.
La seconda questione che dovremmo tenere ben presente è che, rispetto alla tariffazione di alcune tratte, che riguardano non solo il raccordo anulare di Roma, ma molte altre tratte che nelle nostre regioni oggi non erano sottoposte a pedaggio - penso al riferimento che tocca direttamente la mia regione, la Toscana, cioè il tratto Siena-Firenze, oggi in diretta gestione ANAS, senza pedaggiamento - consegniamo alla tariffazione e all'esazione di tariffe a danno dei cittadini delle tratte di aree, oggi di competenza ANAS, sulle quali non sono stati fatti investimenti da molti anni, riguardo alle quali, ancora oggi, ci si domanda quale organismo istituzionale abbia la competenza, rispetto alle quali dovremmo cominciare a discutere di investimenti, così come stiamo facendo per altre tratte autostradali, rispetto alle quali si pagano pedaggi da molti anni e sulle quali gli investimenti ancora tardano ad arrivare.
Uno Stato serio, intanto, se scegliesse di unificare nel nostro Paese una decisione che non è stata certo condivisa, pianificata e presa in concomitanza con le esigenze delle regioni e delle amministrazioni locali, potrebbe prevedere anche che, unitamente al pedaggiamento e all'improvvisa richiesta di una tassazione ulteriore a scapito dei cittadini e dei lavoratori, vi fosse anche un adeguamento di quelle tratte autostradali, che, ad oggi, sono delle strade che poco hanno a che vedere con la manutenzione minima, sottolineo minima, che molte delle nostre principali autostrade hanno.
Ritengo, quindi, che, prima di fare ogni scelta, dovremmo almeno elevare alla dignità di strade sicure e con tutti i crismi Pag. 71delle autostrade del nostro Paese anche quelle tratte - faccio riferimento proprio alla Siena-Firenze - che non hanno avuto una manutenzione degna di questo nome da molti anni.
Detto questo, voglio far rilevare anche che per questa sperimentazione, che è stata di circa un mese prima che ricorsi amministrativi producessero l'effetto della sospensione temporanea, per questa tassazione che un per un mese ha interessato le tratte indicate dal decreto-legge n. 78, l'ANAS ha introitato - oggi ce lo ribadito il presidente Ciucci in un'audizione presso la nostra Commissione - circa 15 milioni di euro.
Questo per chiarire, anche a coloro che dovevano trovare le coperture e le hanno trovate rispetto ai tagli lineari presso gli altri Ministeri che hanno subito un taglio in riferimento al mancato introito di questo provvedimento, che in un solo mese ANAS ha potuto acquisire 15 milioni di euro da un provvedimento che ha, d'emblée, inserito una tassazione ulteriore per i cittadini.
Quello che ci ha colpito, anche nella discussione che molte volte è stata fatta riguardo alla riorganizzazione delle concessioni autostradali, è stata una lettura a senso unico del Governo. Negli ultimi due o tre anni questo Governo ha trattato il tema delle concessioni autostradali, dell'aumento delle tariffe e della valutazione degli investimenti sempre tenendo conto soltanto degli interessi di una parte in gioco, quella più forte.
Se ci ricordiamo bene, anche nel primo decreto anticrisi la richiesta di sospensione dell'aumento delle tariffe per un periodo di tre mesi ebbe come riscontro il rientro immediato, dopo questo breve periodo, rispetto al quale i cittadini ebbero un aggravio improvviso tutto nei mesi successivi alla sospensione. Quella parte, cioè le concessionarie autostradali, è la stessa parte che ha avuto, se ricordiamo bene, dopo una discussione molto accesa in quest'Aula, anche l'approvazione ex lege, senza riferimento all'applicazione della normativa sulle concessionarie, del rinnovo per 20-30 anni delle concessioni, senza i passaggi necessari al CIPE o presso tutti gli organismi che dovevano verificare.
Oggi allo stesso modo, con la stessa fretta, con la stessa superficialità tutta a sfavore dei cittadini, dei pendolari e dei lavoratori, ci viene chiesto di applicare un meccanismo di tassazione e di esazione di tariffe, che non ha nessuna motivazione, se non quella di sostituirsi ai trasferimenti dello Stato per gli investimenti per la gestione ordinaria. Questo viene fatto però senza nessuna garanzia in cambio, ad oggi, per quanti tutti i giorni percorrono quelle tratte autostradali e stradali. Credo sia un meccanismo molto irresponsabile, che comunque, come dire, aggiunge alle tassazioni già presenti nel nostro Paese anche quest'ulteriore incremento di tariffe, che non trova eguali da nessuna altra parte del nostro Paese. L'ANAS ci ha informati che è stato già avviato un sistema di gara di appalto per inserire questo nuovo meccanismo, chiamato free flow, ovvero di pedaggiamento senza la necessità di caselli autostradali. Congiuntamente a questo tempismo per l'applicazione di nuovi sistemi di esazione ovvero di prelievo di risorse, direttamente dalle tasche dei cittadini, vorremmo vi fosse lo stesso tempismo anche per la definizione di quel minimo di provvedimenti per investimenti e per la messa in sicurezza delle nostre tratte.
Se qualcuno ha avuto modo di confrontarsi con i propri amministratori locali, non solo con Alemanno che un giorno dice una cosa e il giorno dopo dice il contrario, ma con tutti i nostri amministratori locali, sindaci e presidenti delle province, avrà sicuramente avuto la risposta che non vi sono risorse neanche per la messa in sicurezza di tratte, che oggi appartengono alla responsabilità di ANAS e rispetto alle quali corriamo spesso il rischio di vedere consumarsi tragedie, perché vi è la necessità di una messa in sicurezza rispetto al rischio idrogeologico o rispetto all'adeguamento di alcuni ponti. Ma di tutto questo non stiamo parlando: stiamo soltanto parlando di sostituire un Pag. 72capitolo di bilancio e di provvedere quindi all'urgenza di trovare e approvare una copertura economica.
Quando discutemmo sul miliardo e mezzo, sottratto ad ANAS, dicemmo anche che, dal nostro punto di vista, dal momento che quelle risorse erano state destinate al ponte sullo stretto di Messina, vi era un problema di priorità. Oggi, a maggior ragione, lo ribadiamo: le priorità nel nostro Paese dovrebbero essere altre. Molte, anzi moltissime delle infrastrutture promesse - è cronaca quotidiana -, rispetto alle quali le nostre regioni hanno siglato accordi di programma con la Presidenza del Consiglio, non trovano la copertura economico-finanziaria neanche quando sono passate dalle delibere CIPE.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RAFFAELLA MARIANI. Abbiamo diverse sollecitazioni, in molti casi addirittura da parte dei commissari europei, che minacciano di sospendere i finanziamenti già destinati. Mi domando se il meccanismo di una tassazione che grava direttamente sui cittadini sia quello più giusto per affrontare il problema e lo chiedo alla Lega che, badate, nell'ultimo mese ha avanzato due proposte di legge sul federalismo autostradale, una in contraddizione con l'altra, le quali credo dovrebbero essere valutate anche alla luce di una discussione seria sui decreti sul federalismo, che niente hanno a che vedere con quello che sta facendo il Governo e la maggioranza in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, il Governo della libertà dimostra ancora una volta di non saper assicurare la libertà economica, di non saper privatizzare, di non sapere fare i conti con l'Unione europea, dimostra cioè di non sapere governare.
Vi sono poi alcune date e passaggi che in prospettiva dobbiamo ricordare, attorno ai quali si snoda la vicenda in particolare di Tirrenia Spa che ci vede in profonda difficoltà rispetto all'Unione europea anche con il ricorso della Corsica Ferries, presentato ieri alla Commissione europea. Queste sono le date: il 1992, con la direttiva relativa al trasporto marittimo; il gennaio 2010, quando addirittura sedici gruppi di imprenditori si erano manifestati per partecipare ad un'eventuale privatizzazione di Tirrenia Spa; il 13 luglio scorso, giorno in cui il Viceministro Vegas rassicurava sulla trasparenza, sulla regolarità e sull'efficacia dei processi di privatizzazione di Tirrenia; il 4 agosto, quando abbiamo di nuovo esaminato in quest'Aula lo stesso tema e il 5 agosto, giorno in cui il Governo metteva in insolvenza questa società.
È una vicenda che, purtroppo, da un punto di vista della politica economica (o meglio, della non politica economica) e della politica europea dell'Italia, ci ricorda troppo da vicino la vicenda di Alitalia: la musica che questo Governo fa suonare è sempre la stessa, è un canto molto stonato che diventa ancora più stonato all'interno del concerto europeo.
Tutto ciò avviene in un contesto in cui è già stata avviata una procedura di infrazione dalla Commissione europea, per la quale tutto questo processo era iniziato ed ovviamente proseguirà in ragione di situazioni di monopolio e di una discriminazione tra i reali concorrenti e i potenziali acquirenti della società Tirrenia. Tutto ciò provoca un danno doppio, anzi triplo: doppio per i contribuenti italiani che vedono ancora una volta andare in fumo inutilmente i soldi pubblici, triplo in quanto alcuni di questi contribuenti sono anche quei lavoratori i cui posti di lavoro oggi a cascata - a causa dell'incapacità del Governo - per quanto riguarda la Tirrenia e tutte le altre società della cantieristica vengono messi profondamente a rischio.
In tutto ciò, un problema resta ancora aperto, quello della trasparenza delle gare, che il Governo neppure con questo provvedimento riesce a risolvere. Ma vediamo Pag. 73di ritornare quindi indietro e di vedere gli errori che in una questione certamente complessa sono stati compiuti.
La vicenda in effetti è lunga e prende le mosse con il regolamento CEE n. 3577 del 1992. L'Italia nella vicenda del trasporto marittimo è messa in mora già dal 1999, anno a partire dal quale il nostro Paese stava cercando progressivamente (e ci stava riuscendo con alcuni piani che ricorderò) di garantire in sostanza la possibilità di convenzionarsi con società di navigazione, in una logica che deve essere tuttavia quella del libero mercato che dovrebbe costituire la bandiera di qualsiasi azione economica di una destra che si richiama alla libertà (ma forse è la libertà solo di un singolo, il Presidente del Consiglio, e non una libertà economica o degli operatori economici), alla non discriminazione, al pari trattamento tra armatori a prescindere dal loro carattere pubblico o privato e ovviamente dalla loro nazionalità, italiana o meno.
In questo caso invece abbiamo avuto una serie di proroghe successive, alcune che andavano nella buona direzione altre invece che si muovevano in una direzione del tutto sbagliata.
Certamente, queste proroghe dimostrano che effettivamente la questione del trasporto marittimo - come dicevo - è complessa, però voi, nel giro di un mese e mezzo, siete riusciti a distruggere tutto: veramente tanto lenti siete nel trovare soluzioni nell'interesse dei lavoratori e di una buona politica italiana in Europa, quanto rapidi siete nel distruggere qualsiasi ipotesi di soluzione positiva che poteva essere adottata.
Nel giro di un mese e mezzo avete praticamente distrutto una società che, da cento anni, è stata presente nel Mediterraneo e nel mar Tirreno. Ciò, nonostante le rassicurazioni - e vengo alla seconda data che avevo ricordato all'inizio del mio intervento - sulla trasparenza dell'operazione e sulla necessità di affacciarsi comunque, sia pure in maniera timida e cautelativa, al mercato di cui ci aveva parlato in Parlamento presso la Commissione competente il Viceministro Vegas.
Voi siete riusciti a far scappare proprio tutti: dal mese di gennaio, in cui erano presenti più di una decina di operatori interessati, ad oggi siete riusciti con la vostra improvvisazione e con la vostra incapacità a creare il deserto attorno alla situazione della Tirrenia.
L'unica cosa che avete cominciato ad avviare è una privatizzazione che non è tale perché, considerata la partecipazione maggioritaria decisamente dominante della regione Sicilia nel contesto della Mediterranea holding, è evidente che nella vostra confusione di politica economica avete scambiato una regionalizzazione con una privatizzazione.
È strano che sia proprio il Partito Democratico, il centrosinistra (anzi, in realtà non lo è) a rilevarlo: ancora una volta confermate che predicate libertà economica, ma non siete capaci e non la volete praticare. Non si tratta infatti di una privatizzazione: l'operazione della Mediterranea Holding è una regionalizzazione, semmai così può essere definita.
Il precipitare degli eventi ha portato ad una situazione che - anche questo lo ricordavo nella mia introduzione - si avvicina molto, purtroppo per gli italiani e per i contribuenti, alla vicenda Alitalia. L'unica differenza è la seguente: anche in Alitalia avete socializzato le perdite, ma almeno avete privatizzato i profitti; in questo caso, non si parla proprio di profitti, non vi è nulla da distribuire a livello di profitti. Si tratta quindi di una vicenda ancora più negativa, se possibile, ancora deteriore rispetto alla vicenda Alitalia: molto negativa a livello di rischi relativi ai posti di lavoro, licenziamenti, cassa integrazione. Nella vicenda Alitalia avete bruciato 300 milioni di euro: in questa vicenda, il costo sociale, oltre al costo economico, che voi rischiate di farci pagare può essere ancora più grave; vi è infatti una ricaduta a catena, perché possono subire delle gravi perdite sociali ed economiche sia le regioni interessate sia tutte quelle società che sono collegate alle attività della Tirrenia. Il fallimento, cioè, della Tirrenia e delle società collegate mette in discussione la sopravvivenza di Pag. 74altre aziende; soprattutto, in sostanza, mettete completamente in discussione quel piano industriale che il Governo Prodi aveva finanziato, e che voi invece, con i soldi che prevedete per la spesa corrente della società in questione, avete rinnegato e state completamente distruggendo.
Continuiamo quindi a navigare a vista: purtroppo, si tratta di navigazione; come del resto in generale a livello politico stiamo navigando a vista: ci fate navigare a vista continuamente! Non sappiamo quale sarà la fine che farà la legislatura, quale fine farà il Governo; e anche sulla questione Tirrenia l'orizzonte è totalmente buio, perché nel provvedimento in esame non è contenuta alcuna prospettiva di piano industriale. Nulla!
Avete quindi provocato una paralisi sostanziale dei processi di privatizzazione, anche regionali, senza offrire in cambio un'alternativa a quanto avete bloccato. È evidente che i nostri concorrenti non stanno a guardare: di fronte al silenzio e all'inerzia del Governo, cominciano ovviamente a reagire.
Vengo al terzo punto che avevo annunciato, l'esposto della Corsica Ferries alla Commissione europea: un ricorso presentato ieri contro l'assenza di risposte da parte del Governo italiano sull'interesse manifestato dalla Corsica Ferries, in maniera legittima nell'ambito di un mercato interno, per le due linee operate da Tirrenia. Non solo, quindi, una serie di decreti-legge che sin dall'inizio dovevano aiutarci a chiudere un contenzioso con la Commissione europea non sono serviti a ciò, perché il contenzioso procede, continua, è ancora aperto, ma addirittura, a causa del vostro silenzio, della vostra inerzia abbiamo un nuovo ricorso che un concorrente della Tirrenia presenta ora alla Commissione europea.
Emerge in maniera clamorosa non solo il vostro assordante silenzio, ma anche la mancanza di una politica industriale; e del resto, anche l'assenza di un Ministro dello sviluppo economico non aiuta il nostro Paese ad affrontare in maniera economicamente efficace e socialmente giusta la questione che stiamo esaminando.
Le notizie che arrivano in merito alla cassa integrazione per 3 mila e 200 dipendenti della Fincantieri, nell'ambito di questo effetto domino negativo che deriva dalla procedura di insolvenza relativa alla società Tirrenia, certamente non possono che rafforzare la nostra già fortissima preoccupazione.
Il collega Calvisi ha peraltro indicato più volte - sia in discussione sulle linee generali sia oggi - le conseguenze che stiamo pagando per l'incapacità di affrontare in maniera tempestiva la questione. Per questo il nostro gruppo, il gruppo del Partito Democratico, si sta attivando, a partire proprio dagli emendamenti presentati che stiamo discutendo, e con iniziative a sostegno di una procedura chiara e trasparente per la vendita della flotta, per garantire l'occupazione e per favorire una vera liberalizzazione delle attività di cabotaggio, in linea con le direttive europee e nell'interesse dei cittadini, delle imprese e dei lavoratori. Tale procedura quindi non deve finire per essere solo la liquidazione di un patrimonio di beni e di professionalità (che, al di là delle difficoltà e di alcuni aspetti clientelari e affaristici giustamente ricordati dal collega Calvisi, ha comunque costituito un grande patrimonio aziendale nell'arco di un secolo). Vi sono altre criticità, altri errori che state compiendo, altri sbagli della vostra politica economica e della vostra politica europea nella vicenda. Perché? Perché fate ricorso all'utilizzo dei fondi FAS. Utilizzate i fondi FAS per garantire la continuità territoriale delle società regionali che avete ceduto alle regioni.
In sostanza cosa fate? Utilizzate dei fondi che sono stati concepiti per una programmazione mirante a favorire lo sviluppo economico di aree depresse. Prendete quei fondi, ne cambiate la destinazione e li utilizzate per la spesa corrente. Questo creerà un ulteriore problema (il terzo) con la Commissione europea. Il primo problema consiste nella procedura di infrazione che non chiudete; il secondo problema è il nuovo ricorso dei concorrenti della Tirrenia (Corsica Ferries); il terzo problema consiste in un uso Pag. 75quanto meno improprio che fate dei fondi FAS. Anche qui predicate bene e razzolate male. Predicate sviluppo del sud ma poi utilizzate quei fondi - previsti per il sud e per le isole - per gestire un'emergenza, il che in sostanza vuol dire dilapidare i fondi per la spesa corrente.
Credo che anche di questo dovremmo dare conto, e anche di questo in tale circostanza sarà il Ministro Tremonti a dover dare conto dinanzi alla Commissione europea, anche perché a Bruxelles il nostro Ministro dell'economia e delle finanze non può fare il gioco delle tre carte che fa qui, né può far credere di avere le soluzioni, attraverso i fondi FAS, per tutto. I nodi verranno al pettine per i fondi FAS anche per quanto riguarda questa questione, perché è inutile, da una parte, negoziare (rispetto al Patto di stabilità) una nuova condizionalità che deve legare l'attribuzione dei fondi all'Italia al raggiungimento degli obiettivi (cosa che Tremonti, a parole dice di voler sostenere) e, dall'altra, utilizzare i Fondi FAS che abbiamo già (quelli del 2007) per destinarli ad un uso totalmente diverso da quello per cui sono stati attribuiti, cioè per la spesa corrente. Tra l'altro, voi ci dite che questa copertura della spesa corrente non ha alcuna influenza sul bilancio, che questa operazione (è quanto ci diceste all'epoca dell'Alitalia) non avrà influenza sul bilancio e sarà in pareggio. Noi vorremmo capire dove reperite queste risorse, perché, se affermate che le risorse che oggi sottraete ai fondi FAS e che utilizzate per la spesa corrente e per il rosso delle società in questione non avranno incidenza sul bilancio perché vi sarà il pareggio, allora mi chiedo dove inventate questi milioni di euro che alla fine mancheranno nel conto del dare e dell'avere. Anche su questo aspetto nel provvedimento non c'è alcuna indicazione. Tra l'altro - è l'ultimo aspetto - so che è veramente assurdo...

PRESIDENTE. Onorevole Gozi, il suo tempo è terminato.

SANDRO GOZI. Concludo, signor Presidente. È veramente assurdo che imponiate alle regioni un obbligo di privatizzare. Le costringete, in sostanza, a fare qualcosa che già volevano fare e per il quale avevano già avviato il percorso di privatizzazione mentre, oggi, sono nel buio completo e si trovano nell'impossibilità di capire come procedere verso una via che avevano già deciso di avviare, ma che voi, ancora una volta, avete reso impossibile da capire prima e da intraprendere dopo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, vorrei portare alla sua attenzione, e a quella dei colleghi e delle colleghe, un argomento che, finora, oggi pomeriggio, non è stato trattato in questa discussione sulle linee generali. L'argomento è quello relativo a cosa prescrive il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge che oggi discutiamo. In questo comma viene rimandato fino al 31 maggio del 2011 il termine per attuare la delega, prevista nella legge di riforma della contabilità e della finanza pubblica, relativa all'armonizzazione dei bilanci pubblici delle amministrazioni statali e centrali. Si tratta, per quanto riguarda questa partita, cioè quella dell'armonizzazione dei bilanci pubblici, del terzo momento in cui rimandiamo l'obiettivo. Vi ricorderete certamente che il 5 maggio dell'anno scorso questo Parlamento ha approvato la legge n. 42 sull'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, il cosiddetto federalismo fiscale: si poneva un primo obiettivo, entro un anno, di armonizzazione dei bilanci locali.
Il Governo e la maggioranza hanno deciso, poi, di procrastinare tale termine di un altro anno, al 5 maggio del 2011. Successivamente, in occasione dell'approvazione della nuova legge di contabilità e di finanza pubblica, avete deciso, Governo e maggioranza, con il nostro voto contrario, di separare i due processi; un processo, quindi, di armonizzazione dei bilanci degli enti locali e un altro processo Pag. 76di armonizzazione dei bilanci degli enti centrali e nazionali. Terzo passo: oggi, posponete ancora di ulteriori sei mesi l'arrivo di uno dei due processi, quello relativo all'armonizzazione dei bilanci delle amministrazioni centrali. Insomma, questo obiettivo che tutti abbiamo detto essere storico ed ineludibile per la trasparenza dell'azione pubblica e, cioè, di avere dei criteri con cui vengono redatti in modo armonizzato i bilanci degli enti pubblici locali e nazionali italiani, lo state rimandando sempre di più. A questo punto dovremo aspettare almeno altri 10 mesi. Questo punto, signora Presidente, non è soltanto un punto di mancata attuazione di previsioni di legge. Abbiamo molte previsioni di legge non attuate dal Governo in questa fase; pensiamo, ad esempio, sempre per restare nel campo della legge di contabilità e di finanza pubblica, al fatto che, nel dicembre dello scorso anno, il Parlamento ha approvato, con voto praticamente unanime, una nuova legge di contabilità della quale, fino ad oggi, il Governo non ha fatto altro che disattendere tutti gli obblighi. La legge prevedeva e prevede che, entro il 15 luglio di ogni anno e, quindi, in particolare per questo anno entro il 15 luglio passato, il Governo dovesse presentare al Parlamento e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica le linee guida per la ripartizione degli obiettivi di finanza pubblica. Questo non è avvenuto. Inoltre, la nuova legge prevede che, entro il 15 settembre di quest'anno, il Governo avrebbe dovuto presentare lo schema di decisione di finanza pubblica, quello che una volta si chiamava DPEF, Documento di programmazione economica e finanziaria. Il rispetto di questo termine è fondamentale, anche perché il suddetto documento deve essere approvato con risoluzione parlamentare in cui sono fissati gli indirizzi con cui il Governo dovrà poi redigere la legge di stabilità, l'ex legge finanziaria, che deve essere presentata alle Camere entro il 15 ottobre.
Quindi, il fatto che siamo al 27 settembre, anzi al 28, e non abbiamo ricevuto le linee guida né lo scherma di decisione di finanza pubblica, pone il Parlamento in una delicata e complicata situazione rispetto alla possibilità di procedere in maniera regolare ed ordinata nello svolgimento delle proprie funzioni.
Permettetemi però di dire che, al di là della questione di come non state facendo funzionare il nuovo processo di decisione di finanza pubblica, che pure era stato una riforma ampiamente condivisa e di cui pure il vostro Ministro dell'economia ha sempre menato un gran vanto, il Paese in questo momento è attonito: vi ascolta da mesi, cari signori della maggioranza, parlare di tutt'altro (di scudi legali, di case, di dossier, di ricatti, di trasformismi) e non vi ascolta parlare del Paese. Parlate di tutto, ma nulla riuscite a produrre (ad esempio non avete prodotto il documento di finanza pubblica) e quindi di tutto parlate, ma non riuscite a produrre nulla in termini di proposta di politica economica.
Parlate di tutto ma state producendo ben poco su una cosa che pure dovrebbe starvi a cuore, perché è contenuta nel vostro programma di Governo, cioè il federalismo fiscale. Parlate di tutto, ma non producete politica economica. Parlate di tutto, ma non lavorate sul federalismo fiscale. Si tratterebbe oggi, se aveste voi Governo e maggioranza applicato le norme vigenti, di avere alla discussione del Parlamento un documento di finanza pubblica in cui poter finalmente parlare e discutere dei problemi del Paese, della crisi occupazionale (930.000 posti di lavoro perduti dal secondo trimestre del 2008 ad oggi), della crisi industriale (decine e decine di imprese e di fabbriche in crisi); si potrebbe discutere finalmente di quali politiche mettere in atto per uscire più velocemente dalla crisi. Infatti, colleghe e colleghi, il secondo trimestre in Italia non è andato tanto bene: se lo compariamo con i secondi trimestri di tutti gli altri Paesi europei siamo in coda alla classifica. Non stiamo assumendo nessuna velocità di abbrivio per uscire dalla crisi e questo ci pone in un problema occupazionale e industriale che continua a restare drammatico. Pag. 77
Si tratterebbe oggi di parlare di investimenti pubblici e del ruolo che potrebbero avere sul piano congiunturale, ma non con le grandi opere, con le piccole opere e con un programma di manutenzione dei comuni e delle province, ma si tratterebbe anche di parlare degli investimenti pubblici sul piano strutturale, del ruolo che potrebbero avere per aiutare il Paese ad uscire dalla crisi le grandi reti, la logistica, i porti, la fibra ottica, la riconversione verde del sistema energetico, il trasporto ecocompatibile. Si tratterebbe di avere finalmente oggi, con questo documento di politica economica che non siete in grado di produrre, una discussione della finanza multilivello, che con legge n. 196 del 2009 abbiamo finalmente agganciato al processo di decisione di finanza pubblica.
Noi dovremmo oggi discutere di quali risorse e quante dare ai comuni e per fare cosa, di quali e quante risorse dare alle regioni e per fare cosa. Invece, signori del Governo, ci avete mandato un decreto attuativo della legge n. 42 del 2009 sui fabbisogni standard che non dice nulla, che è assolutamente vuoto, che non parla dei livelli essenziali delle prestazioni, che non parla di obiettivi di servizio, che non parla di sistemi perequativi, che non parla di metodologie e di innovazioni da apportare al nostro sistema di decisione della spesa pubblica locale. Ci state per mandare un decreto sull'autonomia impositiva degli enti locali che imposta soltanto una fase provvisoria e lascia i comuni italiani nell'incertezza su quale sarà l'attuazione a regime della legge n. 42 del 2009 sul federalismo.
Sarebbe, dunque, il momento, se foste in grado di produrre il Documento di finanza pubblica e qualche proposta di politica economica, di discutere davvero i numeri del federalismo fiscale e di smetterla di trattare tali numeri con semplicità, con approssimazione, con propaganda e con disinformazione. Infatti, fra le tante cose, emergerebbe che, per esempio, il Lazio è la regione che ha il maggior residuo fiscale d'Italia, secondo solo a quello della Lombardia.
Il residuo fiscale è un concetto tanto caro alle colleghe e ai colleghi della Lega, i quali, però, dimenticano che la seconda regione d'Italia per entità del residuo fiscale è proprio il Lazio e che tale residuo viene prodotto per l'83 per cento dalla sola città di Roma. La città di Roma è un motore economico e produttivo per tutta l'Italia. È sede di un motore produttivo in molti settori industriali: nell'aerospazio, nell'Information and communication technology, nell'industria del software, nell'audiovisivo. Ricordo a tutti che nella città di Roma vi sono ventimila piccole imprese industriali: nessun distretto industriale del nord ha una tale concentrazione di piccole e medie imprese industriali come Roma, e ciò è dimostrato, peraltro, anche dalla recente vicenda elettorale alla Camera di commercio della città.
La città di Roma è il motore dell'Italia e dell'intero Paese in molti settori avanzati di servizio: nelle comunicazioni, nell'energia, nel turismo, nella cultura, nella ricerca scientifica e tecnologica, nei servizi alle imprese e alle persone. Questa città, che produce l'83 per cento del secondo residuo fiscale d'Italia, è sempre stata sottofinanziata per le sue esigenze di servizio, di infrastrutturazione e di qualità dei servizi di prossimità.
Badate: i servizi e le infrastrutture, quando localizzati nella città di Roma, non servono solo a 2 milioni e 800 mila cittadini romani, ma anche a un milione e mezzo di cittadini residenti nell'hinterland; servono a 360 mila pendolari che, quotidianamente, entrano ed escono da Roma, e a più di 30 milioni di visitatori nazionali e stranieri che gravitano su Roma nell'arco dell'anno.
Capisco che un certo nordismo - che, a mio avviso, fa male al nord - riesca solo a pensare in piccolo, in scala ridotta e localistica, ma rendetevi conto che, invece, Roma è grande ed è dovere di chi governa il Paese saperla grande e pensarla in grande per tutto il Paese.
Il primo provvedimento relativo a Roma capitale, che abbiamo votato come Partito Democratico, ha permesso al Presidente della Repubblica, pochi giorni fa, Pag. 78di ricordare a tutto il Paese questioni importanti. Tuttavia, mi sembra che, con riferimento al secondo provvedimento - quello vero - su Roma capitale, le cose si mettano male. Si mettono male per colpa di un conflitto esploso tutto all'interno del centrodestra ed emerso pienamente nel corso delle audizioni presso la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale fra la visione del comune di Roma e la visione della regione Lazio; e lo dimostrano anche le ultime - e direi pessime - esternazioni del Ministro per le riforme per il federalismo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARCO CAUSI. Concludo, signor Presidente, ricordando ancora che questo ritardo nella presentazione del Documento di finanza pubblica non è un ritardo formale, regolamentare, è un ritardo sostanziale che ci dimostra come questo Governo e questa maggioranza siano entrati in uno stato davvero confusionale; non solo non hanno rispetto del Parlamento ma soprattutto non sono in grado di proporre oggi al Paese un progetto di politica economica, di proporre azioni su questioni decisive come il futuro dell'economia e dell'occupazione nazionale. Vi occupate di altro, non dell'economia e dell'occupazione, vi occupate di altro e non del federalismo, noi dell'opposizione abbiamo il dovere di denunciare al Paese che avete molto semplicemente smesso di governare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Carella avverto che, secondo le intese intercorse tra i gruppi, concluderemo i nostri lavori alle 19,30. Secondo quanto previsto dal calendario, il seguito dell'esame del provvedimento avrà luogo nella seduta di giovedì 30 settembre.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

RENZO CARELLA. Signor Presidente, credo che molti degli argomenti che sono stati usati in questa discussione saranno anche i miei, soprattutto per quanto riguarda le questioni relative a Roma, al grande raccordo anulare, alla viabilità, alle infrastrutture di questa città e di questa regione. Per quanto riguarda le disposizioni del decreto-legge n. 125 del 2010, concernente il settore dei trasporti, l'attenzione si è particolarmente soffermata sulla questione dei pedaggi autostradali che sono oggetto dell'articolo 1, commi 4 e 5. Nel corso della discussione è emersa da parte di tutti i gruppi l'esigenza di un approfondimento della questione relativa all'introduzione dei pedaggi sui raccordi autostradali gestiti dall'ANAS, anche alla luce delle recenti disposizioni del giudice amministrativo che, come noto, ha sospeso l'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno 2010, attuativo delle nuove disposizioni contenute in questo provvedimento. In questa battaglia istituzionale e amministrativa, nel Lazio un ruolo importante, è stato già ricordato, l'ha avuto la provincia di Roma e il suo presidente Nicola Zingaretti. I nostri emendamenti tentano di correggere le incongruenze contenute nel presente decreto-legge, relative ai pedaggi e alla vicenda della Tirrenia; voi vi vantate, e qui voglio fare una sottolineatura, di non mettere le mani nelle tasche degli italiani, ma voi le mani nelle tasche degli italiani le state mettendo perché purtroppo trasferite questa politica agli enti locali, soprattutto ai comuni, che sono costretti in questi giorni ad aumentare le tariffe dei servizi, della mensa, dello scuolabus e di tutto ciò che viene erogato alle famiglie, altro che difesa delle famiglie. Con questa politica, che mette in difficoltà gli enti locali, che crea difficoltà al lavoro, all'economia del nostro Paese, altro che balzelli ai 1.300 chilometri di autostrada, voi, qui nel Lazio, colpite il raccordo anulare e io mi permetterò di ricordare ai più la funzione non solo romana e laziale del raccordo anulare, ma la funzione nazionale di questa importante arteria. Soprattutto fate ciò anche nei confronti della Roma-Fiumicino cioè del raccordo con l'aeroporto più importante del nostro Paese e delle funzioni che quell'aeroporto svolge Pag. 79anche per l'economia, non solo di Roma, del Lazio ma dell'Italia intera perché transitano in quell'aeroporto milioni di turisti che vengono a Roma, che vengono in Italia e c'è un'industria turistica, fatta di pullman e di altri mezzi che ogni giorno dovrà pagare il balzello che il Governo impone con questo decreto-legge. E allora vorrei ricordare anche le affermazioni dei governanti laziali, a cominciare dal presidente della giunta regionale che arriva sempre in ritardo, che dice delle cose futili e insieme ad Alemanno hanno detto che declasseranno il raccordo anulare a strada cittadina.
Vorrei ricordare ai colleghi parlamentari che la giunta di Roma non solo non è in grado di garantire la manutenzione delle strade, figuriamoci se sarebbe in grado di garantire l'esercizio del GRA! E poi sono gli stessi dirigenti dell'ANAS che dicono al sindaco di non avventurarsi su questa strada e che non vi è alcun declassamento. Se passa questo decreto-legge, arriveremo a questo balzello, al di là delle minacce del sindaco Alemanno che vuole utilizzare la sua utilitaria per infrangere i caselli, i quali, certamente, oltre al balzello, renderanno ancora più difficoltoso il traffico sul GRA di Roma.
Vorrei ricordare alcuni elementi importanti di questa arteria, che forse molti colleghi e molti nostri Ministri non conoscono: questa arteria è fruita all'incirca da 7 milioni di passaggi giornalieri. Lo sapete che sul GRA di Roma vi sono tre ospedali? Si tratta degli ospedali più importanti di Roma, a cominciare dal Regina Elena, il Sant'Andrea e il Policlinico di Tor Vergata. Migliaia e migliaia di persone che lavorano oppure si recano negli ospedali per cura, dovranno sottostare a questo balzello per curarsi in questi importanti ospedali. Oppure lo sanno i colleghi padani, i colleghi del nord, che molti studenti fuori sede, ogni giorno, sono costretti a prendere il GRA per raggiungere l'università di Tor Vergata? Lo sanno che ogni giorno 500 mila persone (Commenti del deputato Torazzi)... ma lei strilla sempre, lei è un maleducato, tra le tante cose, e deve lasciar parlare i colleghi! Se ha da dire qualcosa, chieda la parola e lo faccia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti del deputato Polledri)!

PRESIDENTE. Onorevole Polledri, per cortesia. Onorevole Carella, lei continui il suo intervento senza interloquire con l'onorevole Polledri.

RENZO CARELLA. Molti devono sapere che migliaia e migliaia di imprese artigiane, di piccoli e medi imprenditori si recano ogni giorno a Roma per lavoro, dal sud e dal nord del Lazio, dall'Abruzzo, dal Molise, dalla provincia di Caserta, con mezzi che verranno penalizzati per 2 euro al giorno: fate i conti di cosa significa al mese per un artigiano, per una piccola e media impresa, in un momento di grande difficoltà.
Quanti pendolari, per arrivare a Roma e raggiungere il loro posto di lavoro, nel pubblico impiego, nei servizi, nell'industria turistica o nel terziario, sono costretti a venire con la propria utilitaria perché in questa regione, come nel centro Italia, non funzionano i mezzi pubblici! C'è una ferrovia che non è in grado di garantire - né per puntualità, né per modernità di servizio - collegamenti essenziali, da Napoli a Roma. Abbiamo il paradosso che tra Roma e Napoli c'è l'alta velocità e poi ci sono i treni Napoli-Roma che passano per Cassino e per Formia, i quali impiegano quattro ore. Tutti i giorni, questi treni dovrebbero trasportare in orario migliaia e migliaia di studenti e di lavoratori, ma non si trovano i soldi per modernizzare queste tratte - almeno da Frosinone a Roma, da Latina a Roma, da Viterbo a Roma, da Orte a Roma - affinché le strade si alleggeriscano del traffico e la gente più agevolmente possa raggiungere la capitale, per studio, per lavoro o per salute!
Ecco: questo dovrebbe prendere in considerazione il Governo, d'intesa con gli enti locali di questa regione. Questo dovrebbe contrattare la Presidente della regione Lazio con il Governo. Questo dovrebbe fare il sindaco di Roma, se vuole Pag. 80anche allentare un'asfissia che grava sulla capitale per il traffico.
Vediamo che questo balzello non servirà a niente di tutto questo perché non c'è un impegno per modernizzare la rete ferroviaria, e non c'è un impegno per modernizzare la qualità della vita intorno al raccordo anulare. Questo intervento mi consente di ricordare a tutti - soprattutto a chi in questi giorni approfitta per offendere Roma e i suoi abitanti - che chi non prende in considerazione tali progetti non prende in considerazione progetti che sono essenziali, non solo per questa regione, ma per l'intero Paese, perché fare interventi per questa città vuol dire aiutare l'Italia.
Voglio fare un esempio: questo Governo, fino ad oggi, ha definanziato l'ammodernamento del collegamento Roma-Latina e, soprattutto, la bretella Cisterna-Valmontone, che nei progetti della vecchia giunta regionale doveva servire a mettere in collegamento il Tirreno con l'Adriatico. Signor presidente della Commissione finanze, lei che è di Formia, questi problemi dovrebbe conoscerli e dovrebbe suggerire al suo Governo una diversa attenzione.
Dovete sapere che le merci dell'area industriale più importante della nostra regione - rappresentata da Pomezia e Latina - per giungere al nord devono percorrere la Pontina e andare sul GRA, per poi prendere la «A1» per Firenze o per Napoli. Fare questa importante arteria e mettere in collegamento il Tirreno con l'Adriatico è utile per Roma, è utile per il Lazio, o è utile per l'Italia? Ecco la vostra cecità: siete accecati dal fanatismo e dovete, per forza di cose, vendere qualche provvedimento che faccia contenta la Lega, la quale possa dire: abbiamo penalizzato Roma ladrona perché abbiamo costretto i romani a pagare il passaggio sul GRA.
Signor Presidente, voglio concludere ricordando che questo provvedimento porterebbe chiunque deve utilizzare, romano e non, l'aeroporto Leonardo da Vinci, o lo stesso aeroporto di Ciampino, ad attraversare il raccordo anulare di Roma, e sarà costretto a subire le conseguenze - soprattutto di intasamento, oltre che economiche - che eventuali opere, realizzate per riscuotere il balzello sul grande raccordo anulare, dovessero arrecare.
Credo, signor Presidente, che questo Governo non stia mettendo le tasche nelle mani degli italiani: voi siete entrati nelle case degli italiani e state rubando quei poveri risparmi che hanno nei loro già rotti salvadanai (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è del tutto evidente che ci troviamo di fronte ad un argomento che, oltre che ricco di spunti nel merito, investe problematiche di carattere politico.
E un ragionamento politico è quello che tenterò di fare per chiarire perché siamo, in questo momento della discussione, così critici sulla parte di questo decreto-legge che riguarda, ancora una volta il caso Tirrenia (ricordo che questa è la settima volta che con decretazione d'urgenza, in questa legislatura, ci occupiamo di tale caso); ragionamento che ci porti, inoltre, ad esplicitare le nostre posizioni sul caso in oggetto.
Alcuni di noi, e comunque tutto il Parlamento nel suo complesso, hanno già vissuto in questa legislatura, e nella coda della precedente, una vicenda per alcuni aspetti analoga: la vicenda della disastrosa gestione del caso Alitalia da parte di questo Governo.
In questo decreto-legge, che peraltro, come è accaduto in molti altri casi di utilizzo diciamo omnibus della decretazione d'urgenza da parte del Governo, contiene anche altri aspetti che riguardano le tariffe postali ed altro, si affronta, per l'ennesima volta, il caso Tirrenia, perché il caso Tirrenia va verso il disastro per responsabilità politica di questo Governo che, su questo caso specifico, come su tutto l'universo delle questioni riguardanti una strategia per il trasporto pubblico su gomma, su ferro, aereo e sull'acqua, non ha un progetto strategico.
Questo Governo non ha un progetto, non esiste una strategia, non è stato presentato Pag. 81un piano strategico della mobilità a questo Paese. È veramente incredibile che questo Paese che, anche se con posizioni purtroppo sempre peggiori nella classifica internazionale, partecipa della famiglia più ristretta dei Paesi più industrializzati del mondo, ancora in questa fase, in questa legislatura, ad opera di questo Governo non abbia la possibilità di discutere in queste Aule di un piano nazionale dei trasporti e della mobilità, che non abbia la possibilità di confrontarsi strategicamente su una questione che da qualsiasi altro grande Paese del mondo industrializzato è considerata strategica per qualsiasi progetto di sviluppo, ancor più nel momento in cui ci troviamo in una fase così difficile, diciamo di sedicente uscita dalla crisi, dell'economia mondiale.
Apro una parentesi, perché a questa clamorosa mancanza di capacità progettuale e strategica del Governo su una questione così chiaramente legata alle prospettive di sviluppo di un Paese si associa la mancanza, da circa centocinquanta giorni, del Ministro dello sviluppo economico, cioè dell'autorità che dovrebbe essere il tramite del Governo, il punto di riferimento per tutto il mondo economico ed industriale di questo Paese per le prospettive di rilancio, all'indomani di tre anni di crisi economica difficilissima, mentre aumenta la disoccupazione, mentre la disoccupazione giovanile nel nostro Paese raggiunge vette, mai raggiunte prima, del 29,7 per cento dei giovani tra i 15 e i 24 anni, e nel momento in cui nel Meridione del Paese questa percentuale diventa del 39,5 per cento per i maschi e del 40,5 per cento delle femmine, portandoci sì, questa volta, a vincere un trofeo, quello della massima disoccupazione giovanile femminile in Europa.
Tutto ciò accade mentre le industrie principali di questo Paese arrancano, e mentre la presidente dell'Associazione confindustriale di questo Paese dice, giustamente, che il Paese, e insieme al Paese gli imprenditori, da quelli piccoli a quelli piccoli e medi, a quelli medi, a quelli grandi, a quelli grandissimi, vedono un Governo ed una maggioranza che si occupano di questioni private, familiari, immobiliari, giudiziarie che riguardano singole persone, ma non l'insieme del Paese, mentre vedono un Governo che non ha un Ministro dello sviluppo economico, vedono anche un Paese che non ha, nello specifico, una capacità di progettazione strategica del proprio sistema infrastrutturale. Vedono questo Parlamento per la settima volta parlare della questione di Tirrenia, vedono un Parlamento che dopo avere discusso a luglio si ritrova qui, a settembre, di nuovo a dover parlare della questione di Tirrenia perché Tirrenia è vicina al disastro.
Quale altro giudizio potremmo dare noi dell'intera vicenda che riguarda Tirrenia, se non quello che già moltissimi colleghi che mi hanno preceduto hanno espresso? E quale giudizio si può dare di un Governo incapace di affrontare il tema che aveva affrontato a luglio, cioè quello della privatizzazione di Tirrenia, anche per rispondere alla direttiva europea che riguarda le caratteristiche di monopolio di questo mercato del trasporto marittimo che non riesce a compiere questa privatizzazione?
Cosa dovremmo dire noi di quello che sta succedendo, che potrebbe succedere al capitale sociale di questa società? Che cosa dovremmo dire, di fronte a questa situazione?
Intanto, la discussione di oggi è la fotografia di un fallimento, cioè di quello - come dicevo prima - del progetto di privatizzazione della Tirrenia e delle società regionali, entro la fine di questo mese.
Questo sostanziale fallimento di progetto comporta incertezza e vorrei dire anche - lo hanno già fatto, prima di me, altri colleghi, tra i quali il collega Lovelli, nelle ore scorse - che l'incertezza sul futuro del trasporto pubblico marittimo in questo Paese va legata anche, secondo noi, alla crisi grave che attraversa Fincantieri e alle ripercussioni che, sul mercato occupazionale - non solo quello direttamente impiegato nel trasporto, ma anche quello impiegato nella cantieristica - potranno aversi nei territori che sono sede degli stabilimenti di Fincantieri. Di ciò sono, Pag. 82ovviamente, molto preoccupati le organizzazioni sindacali dei lavoratori e gli amministratori locali delle sedi e dei luoghi in cui Fincantieri opera da molti anni.
Ricordiamo qual è il quadro che ci si presenta quando parliamo di Tirrenia? Diciamo alcune cose, che sono emerse nei giorni, nelle settimane e nei mesi scorsi. Ricordiamo che stiamo parlando di una società ancora pubblica, che ha un costo del personale che è del 24 per cento superiore all'analogo costo di altre compagnie di navigazione concorrenti, con una percentuale di costo del personale che, spesso, nelle società regionali raggiunge il doppio di altre concorrenti.
Ricordiamoci che parliamo - e per questo ho iniziato il mio intervento facendo un parallelo con Alitalia - di una società, i cui bilanci sono stati, tante volte, coperti da contributi dello Stato. Pertanto la discussione di oggi, la discussione lunga che abbiamo voluto dedicare a questo tema, la facciamo perché abbiamo - evidentemente al contrario della maggioranza e del Governo - contezza del fatto che siamo vicini ad una situazione disastrosa.
Si tratta di una situazione pericolosa per il tema della continuità territoriale delle isole che attraverso Tirrenia sono connesse alla penisola, pericolosa, grave e preoccupante per la questione degli operatori, delle maestranze, di coloro che lavorano su queste navi, che sono coinvolte evidentemente, il cui futuro è legato al futuro di questa azienda, preoccupante e pericolosa per la situazione di connessione con la vicenda che ho citato prima di Fincantieri, preoccupante perché non pensiamo - come diceva prima il collega Gozi - che, con il tema inserito in questo provvedimento, risolveremo l'eventuale contenzioso che deriverà da nuovi appelli e altri ricorsi alla Corte europea e non lo risolveremo con i provvedimenti che sono qui inseriti. Si tratta, infine, di una situazione preoccupante perché questa crisi di Tirrenia, questo problema di cui siamo oggi a dibattere, ha una rilevanza strategica generale per il Paese, in una situazione in cui - come dicevo iniziando questo intervento - non abbiamo di fronte un Governo capace di presentarci una qualche linea strategica sul tema dei trasporti, che saremmo disponibili a discutere, se ci fosse, ma che non c'è e che, pertanto, non possiamo discutere. Insomma, questa è l'ennesima fotografia della vostra incapacità di governare.
Vorrei dire - ho pensato, mentre preparavo l'intervento, alcune cose da dire che riguardano il tema specifico di Tirrenia - che non c'è giorno che passi, nel quale questa maggioranza - o le maggioranze analoghe a quella che guida questo Governo, che sono sul territorio del Paese e che guidano gli enti locali nelle sezioni locali - dimostri di non essere un Governo capace di una strategia di lunga durata.
Le notizie che arrivano oggi dalla Lombardia, da Milano, dicono che ancora oggi, a 19 giorni dalla data in cui dovrà essere fornita all'ufficio internazionale di Expo 2015 la certezza che l'ente che deve realizzare l'Expo sulle aree dietro Rho, sia in possesso di queste aree, a 900 giorni dalla nomina di Milano come sede dell'Expo, a millecinquecento giorni dall'apertura dell'Expo, nessuno dei presenti in quest'Aula, nessuno nel Paese, nessuno di questa maggioranza, che guida il Governo e, nella regione Lombardia, nella provincia di Milano, nel comune di Milano, quegli enti locali, può dirci che ne sarà dell'avventura dell'Expo che, con il sostegno del Governo di centrosinistra, siamo riusciti a ottenere per Milano.
Insomma, questa è l'ennesima immagine del vostro fallimento. Siccome abbiamo avuto esperienza di quello che siete stati capaci di fare con Alitalia, di chi ha pagato le scelte di Alitalia, sulla pelle di chi sono finite le scelte di Alitalia, speriamo che perlomeno il prezzo del vostro fallimento non sia troppo pesante per le persone che in Tirrenia e con Tirrenia lavorano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Come preannunciato, il seguito dell'esame del provvedimento, a partire dallo svolgimento dei residui interventi Pag. 83sul complesso degli emendamenti, è rinviato alla seduta di giovedì 30 settembre 2010.

Su un lutto del deputato Siro Marrocu.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Siro Marrocu è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,25).

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, prendo la parola per evidenziare e portare all'attenzione sua e dell'Aula una situazione che ha un po' del paradosso. Come si sa, il giorno 25 di questo mese si è svolta a Reggio Calabria, su iniziativa de il Quotidiano della Calabria, una grande manifestazione contro la criminalità organizzata, dopo i fatti che sono accaduti a Reggio Calabria, con le minacce e gli attentati nei confronti della procura generale. Il 3 gennaio i criminali, con delle bombe, hanno divelto il portone della procura della Repubblica, successivamente, a fine agosto, hanno divelto il portone della casa del procuratore generale. C'è stata una grandissima manifestazione, con una partecipazione massiccia, cui hanno aderito centinaia di associazioni, tutte le forze politiche, tutti i sindaci, tutti gli amministratori della regione calabrese. Questa doveva essere - come del resto poi è stata - una grande manifestazione di reazione ed una grande presa di coscienza da parte del popolo calabrese di fronte a questa morsa che sta stritolando la regione calabrese.
Ci saremmo attesi da parte dell'emittente pubblica, quindi di Rai Uno, Rai Due e Rai Tre, una diversa attenzione. Invece, questa manifestazione è passata quasi sotto silenzio. Sono stati dedicati pochi secondi, come se fosse un fatto di cronaca, mentre altre notizie hanno avuto la prevalenza, altre notizie non di grande importanza, altre notizie che poi si rivelano giorno per giorno diseducative e certamente non creano una grande passione e, soprattutto, non lanciano un grande ed esaltante messaggio.
Voglio denunciare questi fatti - preannuncio anche un atto di sindacato ispettivo - questa disattenzione da parte dell'emittente pubblica, che avrebbe dovuto certamente evidenziare questa grande presa di coscienza e questo tentativo, da parte della Calabria migliore, della parte sana, che è la stragrande maggioranza, di reagire ai disegni criminosi portati avanti con grande pervicacia, dirompente e lacerante rispetto alle vicende e alla situazione della regione calabrese. In questo modo, si bloccano anche energie che devono essere invece portate avanti, incoraggiate, esaltate, attuate e storicizzate nel divenire di questa regione.
L'emittente pubblica avrebbe dovuto diffondere queste notizie con maggiore ampiezza, con maggiore intelligenza. Invece sono mancate l'intelligenza e la professionalità da parte dell'emittente pubblica, che avrebbe dovuto, come dicevo, far circolare questa grande notizia nel nostro Paese, creando anche le condizioni della solidarietà. Invece, molte volte si evidenziano fatti tragici della Calabria, come se ci fosse il tentativo e il disegno di sospingerla sempre più ai margini e di dividere il destino di questa regione meridionale dal resto del nostro Paese. È un'occasione perduta, signor Presidente. Ho preso la parola per denunciare questo fatto proprio nella prima occasione utile dei lavori parlamentari, perché certamente è un fatto di grande gravità.
Diciamo continuamente - ho finito, signor Presidente - che la mafia e la criminalità organizzata vanno combattute. Anche la criminalità non organizzata è di uguale Pag. 84valore nel senso negativo; avrebbe dovuto avere una diversa collocazione e attenzione. Non c'è stata! Quando abbiamo approvato provvedimenti legislativi, li abbiamo sempre accompagnati con questi commenti: bisogna formare le coscienze, bisogna mettere in condizione il cittadino di reagire.
Quelle migliaia di persone che hanno partecipato - alcune hanno anche rischiato nel partecipare - e hanno manifestato fortemente a Reggio Calabria, certamente non hanno ottenuto conforto da parte dell'emittente pubblica, che sempre di più diventa grama nelle sue espressioni, povera nelle sue esplicitazioni, povera e miseranda anche nelle sue articolazioni, che, invece, dovevano avere un diverso momento di attenzione e di esaltazione sociale e culturale per quanto riguarda la regione calabrese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

RAFFAELLA MARIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare anche a quest'Assemblea che il 1o ottobre scade la seconda proroga sul sistema Sistri, che regola la tracciabilità dei rifiuti. È un provvedimento che dal Ministero dell'ambiente è stato costruito in maniera superficiale e che oggi mette in discussione la praticabilità di una sacrosanta metodologia che doveva verificare, con trasparenza e nel rispetto della legalità, tutto il sistema inerente al trattamento e al trasporto dei rifiuti.
Decine di migliaia di imprese hanno sollevato il problema della non attuabilità a partire dal 1o ottobre di questo meccanismo, con un danno economico e anche con una difficoltà operativa reale, che mettono il Governo di fronte alle sue responsabilità.
Nelle audizioni presso la Commissione ambiente della Camera abbiamo appreso dell'ancora scarsa organizzazione da parte del Ministero e questo ci crea una grande preoccupazione, soprattutto in un periodo di crisi economica che vede coinvolte molte imprese dalle dimensioni più disparate, dalle più piccole alle più grandi, che quindi sono fortemente interessate al sistema del trattamento dei rifiuti, con tutto quello che comporta, e che devono avere norme certe e linee guida molto chiare.
Chiediamo al Governo, attraverso la Presidenza della Camera, di voler attuare tutti i provvedimenti perché questo meccanismo possa finalmente partire con tutte le garanzie per i territori, nei rapporti anche con le istituzioni locali e le regioni, che anche oggi in Commissione hanno sollevato moltissime preoccupazioni, ma soprattutto rispetto anche all'efficienza e all'efficacia di meccanismi che per le imprese dovrebbero essere già rodati da alcuni mesi.
È una preoccupazione reale, che ha a che vedere molto anche con il nostro concetto di legalità e di tracciabilità del sistema dei rifiuti. Non vorremmo che il Governo, al di là dei proclami, mettesse in atto provvedimenti che poi non sono in definitiva attuabili. Questo vale per la tracciabilità dei rifiuti (sono molti mesi che ne parliamo); presto dovremo trattare anche della tracciabilità dei flussi finanziari. Sono questioni sulle quali non si scherza e vorremmo che, per una volta, il Governo provvedesse ad una definitiva chiarezza e trasparenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, come anche indicato in una interrogazione parlamentare che ho già presentato oggi, è in corso in Canton Ticino una strana, e anche preoccupante, campagna pubblicitaria, dal titolo Bala i rat. I «rat» sono i topi nel loro dialetto, che è anche il nostro, perché sono vicini alla frontiera, e si tratta degli italiani. Non si capisce bene di chi si tratti, perché tutti Pag. 85stanno dicendo che non sono loro i responsabili dell'iniziativa; qualcuno dice che il responsabile è il mondo bancario.
Il Canton Ticino è invaso da due giorni da manifesti, oltre che da filmati e interventi sul web, con la storia di tre ratti: uno è un piastrellista, Fabrizio, che vive a Verbania, ma fa il lavoratore frontaliere (io sono anche sindaco di Verbania), uno si chiama Giulio ed è l'impersonificazione del Ministro Tremonti, perché infatti è un avvocato italiano che lavora a Roma, e il terzo è un tale Bogdan, che non ha né domicilio né lavoro, ma è quello che, avendo approfittato di Schengen e passando dall'Italia, ha fatto presunti misfatti.
Si tratta di un giochino con questi topi, che però si presta a delle connotazioni prettamente razziste. Ora non voglio generalizzare, perché molto spesso, purtroppo, vedo in Italia manifesti che non sono molto diversi da questi.
Noto tuttavia che, in un momento di particolare tensione economica e sociale in Canton Ticino, vi sono qui 45 mila italiani frontalieri che in questi giorni stanno affrontando situazioni anche di difficoltà dal punto di vista economico e, in conclusione, chiedo alla Presidenza di sottolineare al Governo l'importanza di intervenire su tale situazione, chiarendo - e sintetizzo, il resto sono tutti dettagli - perché si sono sviluppate delle situazioni davvero di cattivo gusto - mi limito a dire questo - con slogan prettamente razzisti e anche un poco sciocchi.
L'integrazione infatti, grazie al cielo, nella regione insubrica sta andando bene. È vero che vi sono tantissimi frontalieri italiani in quella regione, ma essi lavorano in Ticino, pagano le tasse, ritornano in Italia; molti sono diventati cittadini svizzeri o cittadini svizzeri sono diventati cittadini italiani. Mi sembra che questi ritorni di revanscismo elvetico non abbiano alcun senso.
Parlo per gli altri, ma ricordo che spesso ciò avviene, purtroppo, anche in Italia.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 19,37).

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente, in fine di seduta, soltanto per sollecitare il Governo alla risposta a un'interrogazione parlamentare, che riguarda l'attribuzione a L'Aquila di capitale europea della cultura per il 2019.
Spetta appunto all'Italia ospitare la sede di questa manifestazione e vi è un'interrogazione parlamentare a riguardo, largamente condivisa in molti momenti e da molti soggetti. So che il Ministro Bondi si era già attivato per una risposta ben istruita per favorire questa finalità, che ritengo di grande rilievo, perché l'attribuzione di tale ruolo alla sede de L'Aquila, ovvero il riconoscimento a L'Aquila di capitale europea della cultura 2019, dovrebbe aiutare di molto il processo di ricostruzione all'insegna della qualità.
Mi permetto dunque di invitare la Presidenza affinché possa farsi tramite con il Governo per la risposta a tale interrogazione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 29 settembre 2010, alle 11:

Comunicazioni del Governo sulla situazione politica generale.

La seduta termina alle 19,40.

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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ALDO DI BIAGIO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3725

ALDO DI BIAGIO. Onorevoli colleghi, quest'oggi ci troviamo a discutere su un provvedimento dal portato vasto ed interessante sul quale vale la pena riflettere. Il decreto-legge è stato predisposto al fine di attuare interventi urgenti ed indifferibili in favore di imprese operanti nel settore dei trasporti, nella specificità Tirrenia. Alla luce proprio di questo ambito di intervento sarebbe stato opportuno intervenire per far fronte ad un grave errore proprio nel comparto marittimo, operato con la legge n. 122 dello scorso luglio. La confluenza delle funzioni di Ipsema nell'Inail sta comportando pesanti criticità, che verranno amplificate nel momento in cui verranno promulgati gli ultimi provvedimenti riorganizzativi.
Molte sono state le proteste dei lavoratori uniti alle realtà rappresentative degli armatori, ma in realtà non è stato mai aperto un margine di discussione per analizzare i danni dell'articolo 7 della citata legge. Questo provvedimento poteva essere l'occasione per rettificare questa svista amministrativa: sarebbe stato perlomeno auspicabile prevedere l'organizzazione, la gestione e il funzionamento nell'ambito dell'INAIL dell'organismo denominato Ufficio Italiano della Navigazione, dotato di autonomia in considerazione della peculiarità e specificità del servizio espletato. L'obbiettivo prioritario sarebbe rimasto quello di garantire la salvaguardia della specificità e dell'efficienza operativa dell'Ipsema dimostrata in maniera chiara ed indiscussa in questi anni di attività, senza comportare alcun tipo di svantaggio al lavoratore ed esorcizzando - nel contempo - difficoltà amministrative ai datori di lavoro. Voglio augurarmi, nell'interesse di un comparto che rappresenta una voce indiscussa della nostra economia, che questo tema ritorni ad essere predominante nell'agenda politica, poiché l'impegno di rettificare l'articolo 7 della legge n. 122 è stato già accolto dal Governo proprio nel corso della discussione della stessa legge. Inoltre il decreto-legge reca ulteriori interventi di rilievo economico e finanziario. Nel corso dell'esame in Senato il testo del provvedimento si è arricchito di ulteriori disposizioni, che hanno modificato sia il testo del disegno di legge di conversione che il testo del decreto. Ne emerge, quindi, un provvedimento sensibilmente modificato che contempla interventi di carattere piuttosto variegato, che investono diversi settori.
In particolare intendo porre un'evidenza su una delle modifiche operate nell'altro ramo del Parlamento. Faccio riferimento all'articolo 4 che introduce modifiche alla disciplina prevista dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 78, convertito con legge n. 122, che disciplina l'applicazione dei pedaggi sulle autostrade affidati alla gestione diretta di ANAS S.p.a. e l'introduzione di forme di pedaggio per i raccordi autostradali gestiti dalla medesima società.
Orientamento che ha destato molteplici perplessità e che merita una riflessione diversa rispetto alla decisione operata in prima lettura e che abbiamo inteso emendare. Introdurre i pedaggi per i raccordi autostradali dovrebbe essere oggetto di una seria riflessione tecnica che coinvolga tutti gli attori e che tenga conto dell'importanza di queste vie in città come Roma, che sono utilizzate prevalentemente da pendolari. In ragione di tali aspetti, ho ritenuto importante poter intervenire con una proposta emendativa che miri a rettificare le disposizioni vigenti. Sarebbe auspicabile, perlomeno, che fossero esclusi dal pedaggio i raccordi autostradali e le tangenziali, a diretta gestione dell'Anas, interessate da traffico prevalentemente urbano e con caratteristiche pendolari. Sono certo che questa proposta trovi condivisione e supporto in molti colleghi, considerando il malcontento ed i profili di illiceità che questa disposizione sta scatenando. Pag. 87
Ci stiamo battendo strenuamente affinché possa realizzarsi nelle opportune sedi, perlomeno la rettifica normativa che consenta di evitare che dal prossimo anno sulle famiglie di Roma e del Lazio cada la scure del sostegno finanziario alle infrastrutture che - sappiamo bene - spetterebbe ad altri attori. In questo raccogliamo la piena disponibilità del sindaco di Roma, Alemanno, e del Presidente della Regione Lazio Polverini che in più occasioni stanno dimostrando la loro ferma intenzione di intervenire sulla norma di questo provvedimento.