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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 350 di giovedì 8 luglio 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 10,10.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bongiorno, Buttiglione, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, De Biasi, Donadi, Franceschini, Giro, Mazzocchi, Migliavacca, Mussolini, Leoluca Orlando, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Tabacci, Urso, Vitali e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,15).

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono oggi qui in Aula innanzitutto non avvalendomi della convalescenza che pure mi è stata data nella misura di 15 giorni, come da prognosi del Policlinico Gemelli di Roma, perché intendo immediatamente continuare il mio lavoro, senza lasciarmi affatto intimidire, e anzi lo farò in modo ancora più convinto e determinato. Esibirò la certificazione per la mia assenza nel pomeriggio di ieri dove non ho partecipato ad una serie di votazioni, solo perché mi dispiace di essere stato assente.
La preghiera che le rivolgo, Signor Presidente, è che gradirei farle richiesta della videoregistrazione che è avvenuta nella giornata di ieri. Vero è che già il capogruppo dell'Italia dei Valori, l'onorevole Donadi ne ha fatto richiesta, ma intendo acquisirla anche personalmente per la seguente ragione: umanamente, da cristiano ho già perdonato quelli che ieri hanno avuto nei miei confronti comportamenti violenti, prepotenti e ingiusti e ho già cancellato quegli episodi dalla mia mente; però istituzionalmente mi corre l'obbligo di svolgere un percorso. Ogni giorno mi batto in questo Parlamento e nel Paese per contrastare ogni forma di violenza, di criminalità e di mafia. Allora bisogna dare degli esempi, dare coraggio ai cittadini, è necessario reagire quando ci sono fatti violenti a cui si partecipa o di cui si è testimoni, e per questa ragione, io personalmente, ho il dovere, da deputato della Repubblica, di denunciare i fatti violenti e criminosi che si sono svolti purtroppo ieri in quest'Aula in mio danno, a parte il fatto che già ieri i medici, che hanno steso il referto, d'ufficio hanno Pag. 2trasmesso al drappello di pubblica sicurezza presente presso l'ospedale Gemelli di Roma il rapporto.
Signor Presidente, registro poi che nel resoconto stenografico della seduta di ieri risulta, ad esempio, che vi sia stato «scambio di apostrofi tra i deputati Dima e Zazzera che entrano in contatto fisico». Per la verità l'onorevole Zazzera, che era al mio fianco, si è visto arrivare addosso, dopo aver scavalcato gli altri parlamentari (poiché Zazzera si trova al quarto posto) l'onorevole Dima, quindi non c'è stato uno scontro tra Zazzera e Dima, bensì un assalto da parte non solo di Dima ma anche di tanti altri parlamentari - che tra l'altro non vedo riportati nel resoconto di ieri, come non vedo riportate tutte le dichiarazioni violente e offensive che sono state rivolte nei miei confronti - perché il tentativo di un gruppo di una decina di parlamentari era quello di aggredire il sottoscritto. Tentativo che oggi viene riportato come se ci fosse stata una rissa.
Rissa non c'è stata, signor Presidente, perché vi sono stati una decina di parlamentari che si sono avventati contro di me: in parte sono stati frenati dai commessi e dai deputati dell'Italia dei Valori. Qualcuno, addirittura, mi ha anche colpito con un cazzotto - concludo, signor Presidente - e neanche viene riportato nel resoconto chi mi ha aggredito, come non vengono riportate tutte le frasi che sono state rivolte nei miei confronti. Ciò nonostante, signor Presidente, io non ho alzato un dito, non ho reagito, perché un deputato deve avere sempre rispetto delle istituzioni e dev'essere di esempio. Ho cercato di fare così anche in quella triste occasione.

PRESIDENTE. La ringrazio per l'intervento. In merito al richiamo sul resoconto stenografico della seduta di ieri, molte delle cose che lei ha richiamato, evidentemente sono avvenute dopo la sospensione della seduta. Quando la seduta viene sospesa, non si dà più luogo alla resocontazione stenografica, per cui può darsi che molte cose siano avvenute dopo e non risultino pertanto nel resoconto stenografico.
Comunque, come lei ben sa, vi è un'istruttoria approntata in maniera molto rapida affidata nelle mani dei Questori da parte del Presidente Fini, per poi riportarla all'Ufficio di Presidenza. In quella sede, naturalmente, tutte le decisioni saranno prese in seguito alla visione del filmato. Per quanto attiene all'altra sua richiesta, sarà riportata al Presidente della Camera.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito a finanziamenti da parte del Governo italiano relativi ad un progetto di realizzazione di un impianto idroelettrico in Etiopia - n. 2-00786)

PRESIDENTE. L'onorevole Mogherini Rebesani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00786, concernente chiarimenti in merito a finanziamenti da parte del Governo italiano relativi ad un progetto di realizzazione di un impianto idroelettrico in Etiopia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, questa interpellanza urgente riguarda il progetto di costruzione della diga Gibe III in Etiopia, sul bacino del fiume Omo. Si tratta di un progetto sul quale il Governo etiope ha avanzato al Governo italiano una richiesta formale di finanziamento, accolta - secondo quanto riportato da informazioni di stampa - con una previsione di stanziamento di circa 250 milioni di euro a copertura parziale dei costi dell'opera, i cui lavori sono già iniziati nel 2006 e la cui percentuale di realizzazione risulta essere ad oggi del 30 per cento. Pag. 3
La realizzazione dell'impianto Gibe III segue, a breve distanza di tempo, il completamento di un'altra centrale idroelettrica - la Gibe II - la cui inaugurazione è avvenuta il 13 gennaio scorso alla presenza del Ministro Frattini, trattandosi di un progetto realizzato anch'esso con un ingente contributo del nostro Paese, pari a circa 220 milioni di euro, stanziati con un credito di aiuto, nonostante il parere nettamente contrario della direzione rapporti finanziari internazionali del Ministero dell'economia e delle finanze.
Tale parere contestava, tra le altre cose, l'eccessiva grandezza dell'ammontare del credito in rapporto alla consistenza del Fondo rotativo, tale da far scendere la disponibilità di impegno del Fondo a soli 375 milioni di euro e, conseguentemente, rischiando la mancanza di copertura economica per altri progetti già assunti in precedenza. Il credito di aiuto di 220 milioni di euro per il progetto Gibe II ha rappresentato, infatti, il più grande credito d'aiuto mai erogato dal nostro Paese: una somma pari a due terzi dello stanziamento complessivo previsto dalla legge finanziaria per il 2010 per interventi di cooperazione in tutte le aree del mondo, che ammonta a soli 323 milioni di euro.
Il Dipartimento del tesoro aveva, altresì, rilevato l'inopportunità di rilasciare un credito di aiuto all'Etiopia - in assoluto il Paese più povero del mondo - con un tasso di concessionalità così basso (pari al 42,29 per cento) e che avrebbe determinato una violazione di fatto della delibera n. 139 del 29 luglio 2003, sull'eleggibilità dei Paesi in via di sviluppo ai crediti di aiuto.
Tale delibera, infatti, conformemente agli orientamenti e alle deliberazioni assunte dal G7 e dal G8 sull'assistenza finanziaria ai Paesi poveri altamente indebitati, prevede nei confronti di Paesi in condizioni di estrema povertà e indebitamento, tra i quali appunto l'Etiopia, crediti di aiuto erogati con tassi di concessionalità al 90 e non certo al 42 per cento. Infatti, quanto più si abbassa il tasso di concessionalità, tanto più si accresce l'indebitamento del Paese beneficiario.
Pertanto, il Governo italiano ha già erogato, per il progetto Gibe II, un ingente credito di aiuto, con un tasso che ha indebitato seriamente un Paese già poverissimo e seriamente indebitato, e, paradossalmente, ciò è avvenuto proprio nel momento in cui veniva sottoscritta l'intesa multilaterale presso il Club di Parigi ed era in via di finalizzazione l'accordo di cancellazione del debito bilaterale, di circa 300 milioni di euro, tra Italia ed Etiopia.
Sulla concessione del titolo di aiuto per il progetto Gibe II anche il nucleo di valutazione tecnica della direzione generale della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli esteri aveva presentato un parere nel quale si rilevava, da un lato l'anomalia dell'affidamento del contratto di realizzazione delle opere alla Salini costruttori Spa attraverso trattativa diretta, ovvero con una procedura che non trova riscontro - per la fattispecie di riferimento di general contractor - né nelle procedure vigenti interne alla direzione generale della cooperazione allo sviluppo, né nella normativa italiana, né nelle procedure delle organizzazioni internazionali, né dell'Unione europea.
Dall'altro lato si lamentava l'assenza di uno studio di fattibilità preventivo alla stipula del contratto, l'insufficienza dello studio di impatto ambientale che fosse tale da escludere che l'invaso possa mettere a rischio la sicurezza e la sopravvivenza dei villaggi e della popolazione della bassa valle del fiume Omo, ed infine, l'inadeguatezza delle garanzie sulle modalità di monitoraggio del progetto.
Il Governo italiano ha ritenuto, nonostante queste indicazioni così puntuali e di chiaro segno negativo, di procedere comunque all'erogazione del credito di aiuto per il progetto Gibe II che è stato realizzato. Il 25 gennaio scorso, a soli dodici giorni dall'inaugurazione dell'impianto alla presenza del Ministro Frattini, il funzionamento della centrale elettrica si è interrotto a causa del crollo di un tunnel lungo 26 chilometri - infrastruttura principale della centrale idroelettrica, come è stato anche testimoniato da un servizio del TG3 del 3 febbraio scorso - e da allora Pag. 4l'impianto non è più stato riavviato. Su questa vicenda, nonostante ripetuti solleciti, stiamo ancora attendendo una risposta del Governo all'interrogazione presentata dall'onorevole Realacci lo scorso 8 febbraio; siamo a luglio e ancora il Governo, su questo, non si è degnato di rispondere.
Oggi il Governo italiano sarebbe in procinto - e con questa interpellanza urgente chiediamo di sapere se questo sia vero - di stanziare ulteriori 250 milioni di euro per il progetto Gibe III per il quale permangono, evidentemente, molte delle obiezioni avanzate già in occasione del finanziamento del Gibe II.
Di fronte a questi fatti voglio sottolineare in particolare due questioni: innanzitutto si pone un'enorme problema di trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche, e questo proprio in un momento in cui si chiedono sacrifici agli italiani; un problema di trasparenza nelle procedure di assegnazione di crediti di aiuto così ingenti, erogati senza gare di appalto, con trattative e affidamenti diretti che pongono una seria questione di legalità e di responsabilità pubblica nella gestione delle risorse dello Stato e, in fin dei conti, dei contribuenti.
Gli italiani hanno il diritto di capire se le procedure di affidamento diretto, l'assenza di gare d'appalto ad evidenza pubblica, la logica del potere di ordinanza che «bypassa» ogni verifica amministrativa - metodo purtroppo già maldestramente sperimentato con le iniziative della Protezione civile - stiano dilagando in altri settori per diventare, nella logica del Governo, uno standard procedurale al di sopra delle leggi, delle regole di gestione degli appalti pubblici e finanche delle più elementari regole di mercato sulla concorrenza.
È in discussione la qualità dell'attività di Governo, sempre più discrezionale perché basata sulla pratica della chiamata diretta, senza definizione di procedure rigorose di qualità perché trasparenti, verificabili, in grado di selezionare i progetti migliori, con serie verifiche preventive di fattibilità, di impatto ambientale, di rispetto di standard di qualità e di legalità, di monitoraggio in corso d'opera sull'effettiva finalizzazione delle risorse erogate, sul ruolo delle imprese impegnate nella realizzazione dei progetti. Questa opacità nella gestione delle risorse pubbliche è oggi tanto più intollerabile, non solo perché avviene nel pieno di una dura crisi economica, ma anche perché tocca un settore come quello della cooperazione allo sviluppo.
La seconda questione che voglio porre, infatti, è che tipo di cooperazione allo sviluppo intende realizzare il Governo italiano - se intende realizzarne alcuna - nel piano di una grave crisi economica internazionale, con quali priorità, con quali obiettivi concreti, con quali scelte di bilancio.
La crisi economica che stiamo attraversando impone sacrifici durissimi; sarebbe comprensibile in questo scenario se il Governo invocasse uno sforzo di razionalizzazione e di maggiore efficienza nell'impiego delle risorse pubbliche in tutti i settori, e quindi anche in quello della cooperazione allo sviluppo definendo meglio le priorità, dando più trasparenza alle procedure di assegnazione dei finanziamenti e favorendo maggiormente progetti di cooperazione europea.
Il ragionamento del Governo è invece di tutt'altro genere: tagli lineari, alla cieca, senza criteri e senza indicazioni di priorità, tagli senza precedenti per la cooperazione allo sviluppo iniziati già dal 2008, ovvero prima dell'inizio della crisi economica internazionale e che stanno mortificando le tante ottime esperienze italiane, di qualità, presenti sul campo in aree di crisi, e che mettono a rischio la sopravvivenza di progetti importanti, non solo per lo sviluppo dei Paesi in estrema difficoltà, ma anche per il ruolo internazionale e la credibilità della politica estera italiana.
Negli ultimi due anni l'Italia ha invertito la rotta rispetto agli sforzi compiuti dal Governo Prodi tra il 2006 e il 2008 di avvicinarsi al traguardo europeo dello 0,51 per cento di rapporto tra aiuti pubblici allo sviluppo e PIL. Oggi sappiamo che Pag. 5l'Italia non rispetterà gli impegni presi e sarà tra i Paesi responsabili del mancato raggiungimento dell'obiettivo complessivo dell'Europa, lo 0,56 per cento di rapporto tra aiuti pubblici allo sviluppo e PIL. Abbiamo messo a sistema la progressiva riduzione degli aiuti pubblici allo sviluppo, per cui siamo giunti allo 0,21 per cento del PIL nel 2009, ossia la metà della media dei Paesi industrializzati, e ci avviamo, nel 2010, ad un ulteriore peggioramento, giungendo ad un vergognoso 0,15 per cento del PIL. Allo stesso modo, registriamo gravi tagli anche alle risorse per la cooperazione civile prevista nelle missioni militari all'estero.
Accanto a questa scelta drastica di tagli indiscriminati, cui ci stiamo opponendo da due anni senza incontrare alcun ripensamento da parte del Governo, ecco emergere dalla vicenda del progetto Gibe II ed eventualmente Gibe III l'altra faccia della medaglia, ossia un'assegnazione diretta di ingenti risorse per finanziare un progetto realizzato da una specifica azienda italiana senza alcuna gara ad evidenza pubblica, senza alcuna trasparenza procedurale e in contrasto con i pareri tecnici di due direzioni ministeriali, svuotando così per parte significativa il Fondo rotativo per la cooperazione allo sviluppo. Insomma, per il Governo italiano la cooperazione allo sviluppo non è una priorità, non è uno strumento di politica estera, non va sostenuta e finanziata. Tuttavia, allo stesso tempo vi sono risorse e disponibilità per finanziamenti a chiamata diretta, senza controlli e, tra l'altro, con efficacia ed impatto ambientale assai dubbi.
Per questo la vicenda del Gibe III è tanto significativa per il fatto in sé che riteniamo segnato da troppe opacità e scelte discutibili, ma anche perché svela una logica più generale che muove il Governo nella gestione della cosa pubblica e, nello specifico, nella promozione di un chiaro indirizzo discrezionale nel campo della cooperazione allo sviluppo. Altrimenti perché non accogliere, ad esempio, la raccomandazione dell'OCSE-DAC in merito all'aiuto pubblico allo sviluppo ai Paesi non avanzati che indica l'obiettivo della riduzione del cosiddetto aiuto legato? È ovvio che non lo si accoglie quando si eroga, come eventualmente avverrebbe in questo caso e come è già avvenuto nel caso del Gibe II, un credito di aiuto finalizzato a supportare la parte di progetto realizzato interamente da soggetti italiani ad eccezione soltanto del 10,7 per cento del suo valore.
Chiediamo, pertanto, al Governo se conferma la decisione di stanziare ulteriori 250 milioni di euro per la costruzione della diga Gibe III e, in caso affermativo, se sia stato adeguatamente valutato il rischio che tale credito di aiuto possa non avere un'efficace finalizzazione, rischiando di veder vanificato lo sforzo finanziario italiano anche alla luce dell'esperienza, obiettivamente disastrosa, del Gibe II. Inoltre, chiediamo al Governo italiano se tale procedura, oltre che inopportuna rispetto alle indicazioni dell'ultimo rapporto OCSE-DAC che chiedeva, come già ricordato, la riduzione del cosiddetto aiuto legato, sia conforme alle norme nazionali e comunitarie in materia di appalti pubblici e alle deliberazioni assunte in ambito internazionale sull'assistenza finanziaria ai Paesi in via di sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Craxi, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, l'Etiopia è un Paese prioritario per la cooperazione italiana ed è prioritario per l'Etiopia, come per gli altri Paesi dell'area, il potenziamento delle infrastrutture energetiche. Ciò spiega il ruolo che l'Italia svolge in questo settore, rivolto a dare un contributo allo sviluppo di una regione da cui da sempre riserviamo grande attenzione.
Nel merito della specifica questione relativa alla costruzione della diga Gibe III in Etiopia, oggetto dell'interpellanza dell'onorevole Mogherini Rebesani, si conferma l'esistenza di una richiesta, avanzata Pag. 6dal Governo etiope a quello italiano, di un credito d'aiuto di 250 milioni di euro per il cofinanziamento del progetto. Al momento il Governo italiano non ha ancora adottato una decisione sulla richiesta. Sono, infatti, tuttora in corso i necessari approfondimenti dell'iniziativa sul piano tecnico, socio-ambientale, finanziario e giuridico.
In via più generale, si ricorda che è possibile concedere crediti ai Paesi HIPC (quelli più poveri e indebitati) a condizione che gli stessi abbiano raggiunto determinati parametri economico-finanziari fissati dal Fondo monetario internazionale e abbiano ottenuto la cancellazione del debito. L'Etiopia si trova in questa condizione.
Per quel che concerne l'impianto Gilgel Gibe II, la cooperazione italiana ha accordato nel 2004 un credito di 220 milioni per la copertura parziale dei costi di costruzione di questa centrale idroelettrica etiopica.
Al finanziamento italiano si sono aggiunti fondi del Governo etiopico e di altri donatori internazionali, tra i quali la Banca europea per gli investimenti. Il finanziamento è stato oggetto di un accordo intergovernativo tra Italia ed Etiopia.
Tutte le iniziative finanziate (a credito o a dono) della cooperazione italiana sono oggetto di attività di verifica e di controllo sulla loro corretta esecuzione da parte dei Governi stranieri beneficiari. Le verifiche in corso d'opera e il collaudo spettano alle autorità etiopiche, con le quali l'ambasciata d'Italia ad Addis Abeba - nel quadro delle procedure previste dall'accordo intergovernativo e dal diritto internazionale generale - mantiene un costante contatto, anche per mezzo dell'unità tecnica della cooperazione italiana presente in loco.
L'interpellanza cita, infine, l'iniziativa del bacino del Nilo, e le possibili ripercussioni della vicenda delle dighe in Etiopia su questa organizzazione regionale, che riunisce gli Stati rivieraschi per favorire un approccio cooperativo nella gestione delle acque. Ne approfitto per ricordare che l'Italia ha effettuato passi bilaterali per favorire il raggiungimento di un accordo multilaterale riconosciuto da tutti, dal momento che il negoziato in materia ha registrato una battuta d'arresto.
Il Ministro Frattini ha sollecitato un accresciuto ruolo dell'Unione europea sulla questione, ricevendo assicurazioni in tal senso dall'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, signora Ashton. È quindi materia cui il nostro Paese attribuisce grande attenzione. Va però precisato che nessuna delle due dighe menzionate nell'interpellanza ha un impatto sul bacino idrografico del Nilo: i fiumi Gilgel Gibe e Gibe, sui quali insistono le due infrastrutture, sono infatti rispettivamente subaffluente e affluente del fiume Omo, il quale scorre verso sud, per confluire nel Turkana, un lago privo di emissari.

PRESIDENTE. L'onorevole Mogherini Rebesani ha facoltà di replicare.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, ringrazio il Governo per l'informazione che di fatto conferma la richiesta del Governo etiope, ma smentisce che il Governo italiano abbia già preso una decisione. Citando testualmente le parole che il sottosegretario ha riportato oggi in Aula il Governo non ha ancora adottato una decisione sulla richiesta e sono tuttora in corso necessari approfondimenti dell'iniziativa sul piano tecnico, socio-ambientale, finanziario e giuridico.
Ebbene, mi auguro che questi approfondimenti non solo siano fatti, ma siano fatti valutando l'esperienza precedente, perché soltanto sei mesi fa è stata inaugurata la prima parte del progetto Gibe II ed è stata immediatamente chiusa per un crollo. Quindi credo e spero che questo tipo di valutazione debba e possa essere inclusa tra gli approfondimenti che il Governo sta compiendo e tenuta in debito conto, perché la prima fase del progetto è obiettivamente fallita, tant'è che la centrale non è operativa al momento.
In secondo luogo, mi auguro che anche gli approfondimenti fatti dagli uffici (dalle Pag. 7direzioni dei Ministeri competenti, quello degli esteri e quello dell'economia) vengano questa volta presi in considerazione e non, come è avvenuto invece per il progetto Gibe II, inascoltati. Infatti, c'erano già degli approfondimenti fatti su tale progetto e pareri negativi delle direzioni competenti che sono stati però chiaramente inascoltati ed ignorati.
Va benissimo che il Governo compia degli approfondimenti, ma la cosa fondamentale non è questa, quanto prenderli in considerazione al momento in cui la decisione viene effettivamente presa. Rispetto all'altra precisazione è ovvio che qui non si discute della possibilità o dell'opportunità di erogare crediti di aiuto all'Etiopia, ma del tasso di concessionalità di questi ultimi.
È per decisione del G7 e del G8 - di cui l'Italia ovviamente fa parte insieme ad altri Paesi forse anche più autorevoli in materia di aiuti allo sviluppo - che il tasso di concessionalità non è dello 0,42, ma del 90 per cento (è più del doppio e fa una bella differenza) signor sottosegretario. Infine, due ultimi punti: la legge finanziaria del 2010 ha assegnato per il totale della cooperazione allo sviluppo 323 milioni di euro. Qui stiamo parlando di una cifra praticamente equivalente, ossia di 250 milioni di euro.
Progressivamente negli ultimi due anni la cooperazione allo sviluppo è stata messa in ginocchio da questo Governo. Si tratta di esperienze di qualità, si tratta di esperienze di grande qualità italiana, di grande professionalità e di grande dedizione al proprio mestiere e al proprio lavoro fatte con passione da tanti italiani in giro per il mondo che rappresentano il nostro Paese nel modo migliore, esattamente come i militari italiani lo rappresentano nelle missioni internazionali che compiono all'estero.
Attraverso la loro opera, e quindi attraverso la possibilità che il Governo ha di sostenere anche economicamente la loro opera, passa una parte della politica estera del nostro Paese. Passa anche l'interesse nazionale italiano, perché nel medio e lungo periodo la stabilità di aree di crisi e di aree altamente indebitate o molto povere è un nostro interesse nazionale diretto ed è evidente che continuando a tagliare fondi alla cooperazione allo sviluppo non si fa l'interesse nazionale dell'Italia.
A fronte di questi tagli, parlare di cifre del genere per assegnazioni dirette, senza gara d'appalto, su progetti che chiaramente si sono già dimostrati fallimentari è veramente una provocazione al limite della decenza.
Spero che davvero il Governo voglia considerare molto attentamente questa decisione e voglia prendere nella giusta considerazione le indicazioni tecniche che vengono dalle direzioni competenti del Ministero degli esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze. Spero, inoltre, che il Governo voglia anche ascoltare l'esperienza sul campo delle organizzazioni non governative e della cooperazione che opera nel Paese da tempo e che arrivi ad una decisione soprattutto valutando quello che è successo non anni fa, ma soltanto sei mesi fa, con riguardo alla centrale elettrica che in realtà, qualche giorno dopo essere inaugurata, è stata chiusa per un crollo.
Non dico che dobbiamo valutare le nostre scelte di investimento sulla base dell'impatto ambientale che hanno in altri Paesi - anche se forse non sarebbe male fare questo - ma almeno farlo nella visione di un investimento che abbia qualche senso, che non sia semplicemente quello di erogare una cifra enorme (perché 250 milioni di euro sono, di questi tempi, una cifra enorme) senza gara d'appalto, senza procedura trasparente, direttamente ad una ditta italiana già identificata, senza nessun tipo di controllo, su una valutazione che dovrebbe già essere negativa semplicemente per l'esperienza di qualche mese fa.

(Problematiche in ordine alla realizzazione della diga di Gimigliano sul fiume Melito in Calabria - n. 2-00763)

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Moro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 8n. 2-00763, riguardante problematiche in ordine alla realizzazione della diga di Gimigliano sul fiume Melito in Calabria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DORIS LO MORO. Signor Presidente, questa interpellanza è stata rinviata più volte e, da ultimo, la scorsa settimana per consentire al sottosegretario competente di essere presente e mi auguro che si stia realizzando questa circostanza.
Per me come parlamentare, anzi dico per noi come parlamentari calabresi perché ho vicino l'onorevole Oliverio, è un'interpellanza di grande rilevanza perché riguarda il cantiere che nel sud è l'opera più imponente in corso di realizzazione, se ancora possiamo parlare di corso di realizzazione.
Si tratta di un'opera pubblica che è stata programmata nel 1978 ed era destinata ad essere finanziata dalla Cassa per il Mezzogiorno. Il progetto è stato approvato nel 1982 e l'esecuzione dei lavori è stata affidata al consorzio di bonifica nel 1983. Elenco queste cifre per dire che stiamo parlando di un'opera antica dal punto di vista della programmazione, che però ciclicamente ritorna in Calabria di grande attualità soprattutto per gli aspetti negativi perché abbiamo visto ancora ben poco dell'opera. Sostanzialmente si è prodotto soltanto l'esproprio per la realizzazione di una parte del tutto irrisoria dell'opera pubblica.
Qual è il problema che sottoponiamo oggi all'attenzione del Governo? Vorremmo capire qual è l'obiettivo, se ci sono irregolarità nella realizzazione dell'opera. Perché poniamo oggi questo problema? Intanto devo dire che me ne sono occupata anche da sindaco, da amministratore calabrese perché ciclicamente di quest'opera si parla.
Se ne è parlato nel 1990, quando i lavori sono stati appaltati e sono stati consegnati, e in quella circostanza si dava già una data di ultimazione dell'opera che doveva essere il 1997. Se ne è parlato nel 2003, quando si è conclusa una lunga fase di sospensione iniziata nel 1993. Se ne è parlato nel 2004, quando sono cominciate le contestazioni dell'impresa. Se ne è parlato nel 2008, quando c'è stata una risoluzione in danno dell'impresa e in quell'anno la data di ultimazione dell'opera è stata spostata nel 2015. Se ne è riparlato proprio in questi mesi (nel mese di giugno) a seguito di una lettera accorata che il presidente del consorzio competente, che è anche presidente dell'Urbi Calabria, dottor Grazioso Manno, ha inviato innanzitutto al Ministero, ma anche ai parlamentari calabresi.
Il problema che denuncia il presidente Manno è la mancanza di comunicazione e di rapporto politico-istituzionale. Manno denuncia di avere scritto più volte al Ministero competente e di non avere mai avuto risposta. Quindi, denuncia una carenza di rapporti tra l'ente che ha l'incarico di esecuzione dell'opera e il Ministero. Chiarisce, inoltre, che queste lettere sono state inviate il 19 giugno 2008, poi di nuovo il 17 novembre 2008, poi ancora il 21 novembre 2008. Quindi, la sua accorata denuncia risale al 3 giugno 2010, mentre l'interpellanza da me presentata è del 16 giugno. Manno lamenta proprio questo silenzio durato oltre ogni limite consentito e calcola 559 giorni di attesa.
Colpisce un dato. Non sto a ripetere le cose già scritte nell'interpellanza: volutamente sono stata molto sintetica. Nell'interpellanza si fa presente in particolare che si tratta di un'opera finanziata totalmente per 260 milioni. Si tratta di una opera la cui incompiutezza è stata più volte anche oggetto di denuncia pubblica da parte dei giornali che hanno parlato di «opera incompiuta». Noi vogliamo, invece, lanciare la sfida che non si debba continuare a parlarne in questi termini. La lanciamo in un momento nel quale a livello nazionale abbiamo ascoltato ministri di questo Governo che, riferendosi alla Calabria e al meridione, hanno parlato soprattutto di incapacità di spesa e di amministratori incapaci.
La realizzazione di quest'opera non è affidata alla gestione della regione Calabria e, tanto meno, della provincia di Catanzaro o di enti istituzionali: è affidata ad un consorzio. Però anche tutte le Pag. 9disavventure che si sono registrate sull'opera dicono una cosa sola e pongono un interrogativo assai inquietante: è possibile ipotizzare che in Italia e nel Mezzogiorno in particolare si possa arrivare alla conclusione di un'opera? O dobbiamo ipotizzare che si debba programmare un'opera nel 1978 e poi registrare soltanto false partenze come è stato nel 1990, nel 2008 con riprogrammazione dei lavori senza mai arrivare alla conclusione?
Ovviamente l'obiettivo degli interpellanti è quello di stimolare positivamente e lo facciamo nei confronti del Governo che è il nostro interlocutore. Infatti, se i ritardi sono di oltre 30 anni, almeno nell'ultimo decennio l'Esecutivo presieduto da Berlusconi è stato il più presente. Quindi, una qualche responsabilità questo Governo ce l'ha. Pertanto, vorremmo capire quali sono gli intoppi reali. Non ci meravigliamo e riteniamo che anche il Ministro competente non si debba meravigliare delle lagnanze del dottor Manno, ma soprattutto ci sembra che non si possa evitare una interlocuzione istituzionale.
Anche nella risposta data al consorzio da parte del capo di gabinetto del Ministero si risponde in modo burocratico, mentre noi qui poniamo un problema politico. Non vogliamo uno «scaricabarile», non vogliamo sapere e capire se il direttore generale del Ministero è più responsabile del direttore dei lavori, quali sono le gradazioni di responsabilità. Vorremmo capire se la Calabria può contare sulla realizzazione di quest'opera.
Quindi, serve capire questo e da un certo punto di vista è anche positivo che il Ministero abbia chiesto questo breve rinvio e che l'interpellanza venga trattata oggi 8 luglio. Dico questo perché nella nota molto seccata che il Ministro ha inviato alla stampa si garantisce che nel mese di giugno il progetto della diga consegnato dal consorzio nell'aprile 2009 sarebbe stato presentato al Consiglio superiore dei lavori pubblici. Questa affermazione non è rilevabile soltanto dalla nota alla stampa: anche nella nota inviata dal Ministero al consorzio che ho prima citato (e che - ribadisco - è a firma del capo di gabinetto del Ministro e non direttamente del Ministro stesso) si parla di questa stessa data e si dice che entro il mese di giugno il progetto presentato dal consorzio sarà sottoposto al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Quindi, ai quesiti già posti dall'interpellanza se ne aggiunge anche un altro, ovvero capire se questa data è stata rispettata o se ci sono ulteriori intralci.
Non convince, invece, il tono finora utilizzato dal Ministero che afferma, ma non documenta, gli ottimi rapporti che ci sarebbero stati sempre tra il consorzio e il Ministero; infatti, quando si tratta di dimostrarlo, in realtà, ci si rifugia in aspetti del tutto burocratici, ossia nei rapporti eventualmente corretti o non corretti, ed è lo stesso Manno che impone questa riflessione, tra i tecnici del Ministero e i tecnici che hanno in mano la direzione dei lavori. Quindi è chiaro che noi immaginiamo, dobbiamo immaginare che vi sia un rapporto e che ci possa essere una richiesta di documenti, un'integrazione degli stessi, ma qui non è in discussione questo aspetto, non è in discussione soltanto il fatto se i rapporti tra la direzione generale e la direzione dei lavori siano corretti.
In questa vicenda è in discussione un altro elemento, lo ribadisco, di politica istituzionale: il Ministero, la politica del Governo ha a cuore l'esecuzione di quest'opera? Come la segue? E se la segue, come mai non ha risposto per così tanto tempo e non ha ritenuto un interlocutore valido il presidente del Consorzio, il presidente dell'Urbi Calabria? È utile porsi questo problema perché non si tratta di un'opera qualsiasi. Ho già detto dell'imponenza dei finanziamenti e preciso anche la rilevanza dal punto di vista del tipo di opera: si tratta, infatti, di un'opera che è finalizzata a realizzare un serbatoio che potrà contenere, se mai realizzato, 106 milioni di metri cubi di acqua. Ciò significa una cosa molto semplice: trattandosi di acqua non soltanto per uso potabile, ma anche per uso industriale, la realizzazione di quest'opera condiziona l'approvvigionamento idrico per questi usi di una parte imponente della Calabria. Pag. 10
Infine, senza tono polemico, sottolineo che il Governo parla continuamente del Ponte sullo stretto, o meglio ne parla quando si tratta di fare la politica degli annunci, mentre abbiamo infrastrutture già programmate e già finanziate che segnano il passo. Abbiamo l'autostrada del sole, rispetto alla quale noi per primi siamo seccati di dover parlare continuamente del ritardo nella realizzazione dei lavori di ammodernamento; abbiamo la strada statale 106 che persino noi siamo seccati di chiamare «la strada della morte» registrando le morti quotidiane che si verificano su di essa.
Ora siamo davanti ad un'altra opera, la terza, molto importante ed imponente e vorremmo capire se il Governo Berlusconi è in grado di garantire non solo la regolarità delle operazioni e dell'istruttoria, anche con riferimento a quanto ci stiamo lasciando alle spalle, ma se è in grado di garantire che quest'opera si realizzerà. Occorre considerare, infatti, che è un'opera interamente finanziata e per la quale in Calabria c'è forte attesa, quindi vorremmo capire se rimarrà incompiuta ad attestare incapacità di spesa e di realizzazione dell'opera, ma questa volta non più solo della Calabria ma dell'intero Governo, perché tutti siamo coinvolti nella sua realizzazione, o se, invece, possiamo ipotizzare che ci sia uno sblocco di questi lavori. Certamente sapere se nel frattempo il Consiglio superiore si è occupato dell'opera e se è stato espresso il parere che era stato annunciato, sarà anche un elemento per valutare la situazione attuale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Craxi, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, la diga di Gimigliano sul fiume Melito è costituita da uno sbarramento di materiali sciolti, di altezza di 108 metri e sviluppo del coronamento di circa 1.500 metri. La capacità utile del serbatoio è calcolata in 106 milioni di metri cubi e la regione Calabria nel suo piano acque del 2003 ha previsto una domanda annua di circa 80 milioni di metri cubi.
L'uso della risorsa è potabile, irriguo e industriale. Per il riempimento del serbatoio è necessario allacciare anche tre bacini contermini.
L'opera fu finanziata dalla Cassa per il Mezzogiorno che nel 1983 assentì la concessione per l'esecuzione dei lavori al consorzio di bonifica Alli - Punta di Copanello (ora Ionio Catanzarese). Successivamente, il comitato di gestione dell'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno deliberò nel 1988 il trasferimento di tutte le competenze per la realizzazione dell'opera allo stesso consorzio in uno al finanziamento del relativo importo di circa 500 milioni allora di lire.
I lavori furono appaltati nel luglio 1990 e consegnati nel febbraio 1991, con ultimazione prevista per il mese di agosto 1997.
Per problematiche connesse al procedimento di valutazione di impatto ambientale e a controversie con l'impresa, i lavori furono sospesi nel 1993. Risolte le questioni impeditive, nel settembre 2003 i lavori furono ripresi, con ultimazione prevista per il mese di dicembre 2009. L'importo dei lavori in appalto si elevò a complessivi 170 milioni di euro. Già dal 2004 insorsero numerose contestazioni da parte dell'impresa, sul piano tecnico ed amministrativo - peraltro, l'impresa contestava l'ineseguibilità del progetto del contratto -, che, infine, hanno portato ad un lodo arbitrale intentato dall'impresa e al provvedimento da parte del concessionario di risoluzione del contratto in danno.
Alla data del 30 aprile 2008 erano stati eseguiti espropri per circa 20 milioni di euro e lavori contrattuali netti per circa 14 milioni di euro (per lo scavo delle gallerie di scarico e della relativa vasca di dissipazione). Il Consorzio ha successivamente trasmesso, nell'aprile del 2009, ai fini del riappalto dell'opera, un aggiornamento Pag. 11progettuale, denominato: Riassetto ed adeguamento del progetto delle opere di completamento - perizia esecutiva.
La Direzione Generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero, che da sempre, in maniera anche informale, è stata vicino al Consorzio per ogni esigenza tecnica e supporto nella valutazione delle questioni tecniche emerse, già in data 26 febbraio 2009 aveva indicato gli elementi di cui il progetto in rielaborazione avrebbe dovuto tenere conto per un'oculata progettazione, sulla base delle maggiori conoscenze, nel frattempo acquisite, in particolare modo per gli aspetti geologici e geotecnici del sito e dei materiali da costruzione dello sbarramento (circa 20 milioni di metri cubi).
Contestualmente venivano, altresì, rappresentati forti dubbi sull'adeguatezza e sull'idoneità degli scavi di progetto per la zona della spalla destra della diga e, pertanto, si consigliava di riconsiderare le scelte progettuali.
Tanto veniva esaminato negli incontri tecnici che, nel frattempo, intervenivano con i rappresentanti del Consorzio.
Il progetto aggiornato, che ha recepito in parte le osservazioni del Ministero, fu inviato dal Consorzio nel mese di aprile 2009 perché venisse assoggettato all'iter istruttorio ed approvativo di legge.
Nel frattempo, il Consorzio ha ritenuto di dover dare corso all'affidamento di una perizia stralcio di estrema urgenza, relativa al completamento delle gallerie di scarico e della relativa vasca di dissipazione, che nel maggio 2009 il Ministero ha approvato, in linea tecnica, per gli aspetti di competenza.
Il presidente del Consorzio, con nota del maggio 2010, ha lamentato ritardi negli adempimenti del Ministero e chiesto un pronunciamento immediato sul progetto trasmesso.
Al riguardo, il Ministero ha dato riscontro, precisando che l'istruttoria è stata tempestivamente avviata e sviluppata e che il ritardo, se intervenuto, era da addebitarsi unicamente al Consorzio stesso, in quanto l'acquisizione di correzioni e di integrazioni richieste, per chiarire importanti contraddizioni degli elaborati progettuali presentati dal Consorzio, sono state trasmesse solo nel gennaio e nell'aprile del 2010.
Si vuole evidenziare che la delicata e complessa geologia dei luoghi ha già comportato nel passato, all'epoca dell'approvazione del progetto, la necessità di vari posizionamenti della diga (di dimensioni, per il suo genere, assolutamente imponenti), peraltro ubicata in un territorio caratterizzato, anche per legge, da valori di sismicità tra i più alti del territorio nazionale.
È bene rilevare che le strutture del Ministero sono sempre state vigili sul problema e massima è stata, in ogni momento, la collaborazione con il Consorzio.
Non può non evidenziarsi che il progetto contempla solo lo sbarramento, le opere di scarico e sicurezza e gli interventi complementari sul bacino, con delocalizzazione di zona abitativa.
Peraltro, a distanza di circa trenta anni dall'approvazione del progetto ad oggi, risultano realizzate solo le due gallerie di scarico e opere minori.
La costruzione dello sbarramento ancora non è avviata. Peraltro, è opinione della Direzione generale competente che, oggi, la tecnologia costruttiva, come prevista nel progetto originario, potrebbe essere ottimizzata.
Non risultano, allo stato, programmate le gallerie allaccianti al bacino né le opere di derivazione a valle per l'utilizzo delle acque, sia per gli aspetti progettuali sia per quelli finanziari.
La polemica sollevata dal presidente del Consorzio appare pretestuosa e fuori luogo, dovuta, forse, a incompleta conoscenza delle attività svolte.
Lo scorso 3 giugno è stato emesso il comunicato, con il quale si è precisato che nessuna omissione c'è stata da parte del Ministero e della direzione generale competente, che si è mossa e si muoverà con la doverosa cautela che l'intervento richiede ed ovviamente nel rispetto delle normative vigenti. Si rende, altresì, noto che il progetto presentato dal consorzio è stato, recentemente, sottoposto all'esame e Pag. 12al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che si esprimerà a breve nel merito.
Appare, comunque, opportuno, per i risvolti innanzi evidenziati, un coinvolgimento dell'ente regionale per una definizione complessiva dell'intervento territoriale, di cui l'opera di sbarramento in questione è solo una parte. Infatti, sia le difficoltà incontrate nel corso del pregresso appalto e sia soprattutto le maggiori conoscenze tecniche maturate negli oltre trenta anni trascorsi dalla progettazione originaria ad oggi, portano a ritenere che la costruzione di una diga caratterizzata da così rilevanti dimensioni e da peculiari complessità e particolarità del sito, con valori di sismicità locale tra i più alti del territorio nazionale, debba essere perseguita solo in un contesto tecnico-economico certo di eseguibilità e completamento dell'intero sistema idrico, comprese quindi le allaccianti in ingresso e le derivazioni in uscita.
Per quanto concerne infine la regolarità nella trattazione della pratica si evidenzia che tutti gli aspetti di affidamento e successiva gestione dei contratti rientrano nelle competenze del consorzio concessionario. Le competenze della direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche afferiscono, per legge, ai soli aspetti tecnici inerenti la sicurezza delle dighe e la salvaguardia della pubblica incolumità delle popolazioni a valle delle stesse.

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Moro ha facoltà di replicare.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, devo dire che sono sconcertata. Mi chiedevo - o meglio ci chiedevamo io ed il collega Oliverio - se la secessione in Italia sia già avvenuta. Infatti, prima abbiamo parlato dell'Etiopia, adesso stiamo parlando della Calabria, tuttavia le risposte sono state affidate entrambe al sottosegretario Craxi, il quale, evidentemente, ritiene di avere competenza anche sulla Calabria, per questi aspetti.
La verità, signor sottosegretario, è che non le hanno fatto un bel servizio questa mattina, affidandole la lettura di una nota, anche perché questa è la nota a cui io stessa ho fatto riferimento. Tranne che nella parte finale - e non poteva che essere così - la nota che lei ha letto è esattamente quella che è stata inviata al presidente del consorzio di bonifica jonio-catanzarese, con protocollo n. 11110 del 23 giugno 2010.
Penso che bisognerebbe avere più rispetto del Parlamento e dei parlamentari, oltre che del presidente del consorzio. Ciò è tanto vero che bisognerebbe anche valutare - quando si risponde al presidente del consorzio o agli interpellanti in Aula - la coerenza di quello che si scrive. Infatti, nella nota di cui lei ha dato lettura, signor sottosegretario, è chiaro che lei non si dimostra il mio interlocutore. Guardi che io ho aspettato ad avere un interlocutore, mi è stato chiesto tempo perché doveva esserci l'interlocutore giusto. La questione era così rilevante e l'atteggiamento del Governo, la sua volontà di essere presente attraverso il sottosegretario o il Ministro competente, mi è sembrato talmente serio, che sono stata assolutamente disponibile ad attendere, pure avendo presentato un'interpellanza urgente e voi sapete bene qual è l'iter che si affronta e quali sono i limiti nella nostra attività di parlamentari.
Nella nota non sono nemmeno state risolte questioni, contraddizioni palesi già alla prima lettura. Da una parte si dice - lei oggi lo ribadisce - che il progetto è stato già presentato al Consiglio superiore dei lavori pubblici, salvo poi a dirci - siccome il 30 giugno è già trascorso - che il Consiglio superiore si esprimerà a breve. Pertanto c'è coerenza nella genericità con cui si risponde, sempre proiettata verso il futuro.
Dall'altra parte, non si risolve un altro problema: ma insomma questo Ministero ha un'idea di quello che sta facendo? Non stiamo parlando della gestione del contratto, siamo parlando dell'opera. È possibile dire, da una parte, che la direzione generale ipotizza che la tecnologia costruttiva, come prevista nel progetto originario, possa essere ottimizzata e quindi che addirittura il progetto debba essere rivisto, Pag. 13perché oggi potrebbe non essere attuale, e dire contestualmente - pensando che chi ascolta evidentemente non capisce - che sul progetto, quello presentato, elaborato, eseguito dalla direzione generale che avrebbe chiesto anche dei chiarimenti, ottenuti anche da ultimo (a gennaio e aprile del 2010), si sta valutando? Qual è la mente? Chi sta pensando alla diga sul Melito, una mente o tante menti?
State pensando sul serio di farla o state pensando di tamponare anche le attese della popolazione, scrivendo nella stessa lettera due cose che sono in aperta contraddizione? Penso che questo atteggiamento sia veramente poco serio e che il gruppo del Partito Democratico e noi, come parlamentari calabresi del gruppo, abbiamo visto bene nella scelta di presentare un'interpellanza urgente, perché ci siamo resi conto che quello di Manno, del presidente del consorzio, era un grido di allarme che non poteva restare inascoltato. Ciò soprattutto perché la direzione generale, che qui tanto si difende, rispetto alla quale si dice in burocratese che è sempre stata collaborativa e che ha sempre avuto buoni rapporti con il consorzio, è la stessa direzione generale che è stata affidata - ora non so a chi è affidata - a tristi personaggi che oggi sono oggetto di cronaca giudiziaria. Allora, ci si chiede se sia possibile presentarsi qui con una lettera dattiloscritta da non sappiamo bene chi, dicendo cose trite e ritrite, che non sono state sufficienti per l'opinione pubblica e per il presidente del consorzio e che, ancora meno, possono essere sufficienti per un parlamentare che ha il compito di acquisire chiarimenti che devono essere veritieri. Oggi noi siamo ancora più preoccupati della realizzabilità di quest'opera pubblica e siamo ancora più convinti che il Governo Berlusconi continui a millantare e ad utilizzare la tecnica dello slogan, per cui si continua a parlare e si continuerà a parlare di opere fattibili nel futuro, del Ponte dello stretto e di chi sa quali opere. Quando, però, ci sono opere progettate e finanziate che attendono di essere realizzate, questo Governo non ci sente. Ne parlavo con il collega, che si occupa di agricoltura, ma con il quale seguiamo ovviamente le questioni calabresi: non potete interloquire con Bertolaso - o è ormai già fuori uso - per avere contezza di cosa significhino in Calabria il rischio idrogeologico e oggi, alla vigilia dell'estate, la carenza dell'acqua per l'agricoltura calabrese? Si può dare una risposta di questo genere ad una terra che viene definita, quando si tratta di difendere i tagli, in maniera indicibile e, quando si tratta, invece, di averne rispetto, viene liquidata con tre fogli dattiloscritti, che qualcuno ha messo insieme, senza pensare neanche alle contraddizioni che contiene e senza pensare che è vergognoso, dopo trent'anni, di cui circa dieci di questo Governo, dire all'opinione pubblica e ai parlamentari, di destra e di sinistra, che rappresentano la Calabria in questo Parlamento, che di questa opera pubblica e della Calabria non si conosce assolutamente niente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati Tassone e Misiti).

(Iniziative per la cura e la prevenzione della sensibilità chimica multipla - n. 2-00782)

PRESIDENTE. L'onorevole Mattesini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00782, concernente iniziative per la cura e la prevenzione della sensibilità chimica multipla (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, con questa interpellanza intendiamo porre un tema di grande importanza, ma sottovalutato, quale quello della sensibilità chimica multipla, una sindrome organica complessa che si sviluppa in seguito ad un'esposizione acuta o cronica a sostanze tossiche che scatenano una sensibilizzazione alle sostanze chimiche. La MCS si presenta, tra l'altro, con vari livelli di gravità. Alcuni soggetti ne soffrono solo occasionalmente con sintomi lievi e, ad esempio, ipersensibilità olfattiva, mentre altri sono resi da essa completamente Pag. 14disabili, al punto da dover bonificare il proprio ambiente di vita e dover ridurre la loro vita sociale ad incontri solo con persone adeguatamente decontaminate.
I sintomi della MCS sono molto vari: i più frequenti sono asma, mal di testa, stanchezza cronica, perdita della memoria a breve termine, dolori muscolari od articolari, problemi della pelle, disfunzioni sensoriali, ma con il tempo la MCS può produrre uno stato infiammatorio cronico che determina un danno organico irreversibile. Parliamo di ischemia, artrite, patologie autoimmuni, cancro. In Italia, le prime diagnosi di questa malattia e le ricerche risalgono al 1995, ma ad oggi la MCS è riconosciuta come malattia rara solo da alcune regioni: la Toscana, l'Emilia Romagna, l'Abruzzo ed il Lazio. La MCS è citata come problema emergente nelle linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati di cui all'accordo del 27 settembre 2001, tra il Ministro delle salute, le regioni e le province autonome, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 276 del 27 novembre 2001.
Diciamo che, da quel momento, alcuni malati hanno ottenuto l'invalidità civile al 100 per cento per la MCS, ma molti altri malati, meno gravi, ma ancora in grado di muoversi e viaggiare, non avendo cure e luoghi dove essere curati in Italia, si rivolgono all'estero a centri altamente specializzati, per ottenere cure specifiche.
In alcuni casi, queste cure sono state rimborsate dalle ASL, ma, purtroppo, la gran parte dei malati stenta ad ottenere qualsiasi assistenza medica oppure si rivolge a più specialisti, incorrendo in tentativi diagnostici e terapeutici spesso inutili, e comunque, in ogni caso, con un pesante aggravio economico e ricadute lavorative, perché ho elencato prima quali sono le conseguenze di questa malattia.
Tra l'altro, negli USA, per fare alcuni esempi, la MCS è riconosciuta come malattia invalidante, mentre in Italia la stessa incidenza della MCS non è attualmente nota. Mi riferisco soltanto ad alcuni esempi, poche centinaia di casi riferiti dall'Istituto superiore di sanità, che potrebbero, però, rappresentare la punta di un iceberg.
Anche qui, faccio un esempio, raffrontandomi con i dati emersi dall'Osservatorio del Ministero della salute della Danimarca, che ha stimato in 50 mila il numero dei malati. Un altro dato: le statistiche americane indicano che oltre il 15 per cento della popolazione americana soffre di una qualche forma di sensibilità chimica e stabilisce che una percentuale tra l'1,5 per cento e il 3 per cento della popolazione americana ha una forma di MCS grave.
In Italia, la sottovalutazione e anche il non riconoscimento di questo problema, e quindi il non riconoscimento della MCS come malattia rara e invalidante, crea serie difficoltà di accesso dei malati ai servizi sanitari, sia pubblici sia privati, proprio a causa della mancanza di unità ambientali controllate, cioè luoghi privi di sostanze tossiche, rendendo ulteriormente difficile la valutazione del fenomeno, che, peraltro, impone la necessità di adeguare la normativa vigente sulla tutela della salute pubblica a questo nuovo tipo di invalidità.
Con questa interpellanza, chiediamo al Governo se sia a conoscenza dell'incidenza della suddetta malattia nel nostro Paese o se abbia in atto programmi di questo tipo; se, altresì, non ritenga necessario, proprio ai fini della diagnosi precoce e della prevenzione della sensibilità chimica multipla, promuovere, in collaborazione con le regioni, la definizione di indirizzi, affinché, attraverso i rispettivi piani sanitari, possa essere definito un programma articolato, che permetta di assicurare l'adeguata formazione e l'aggiornamento professionale del personale medico, proprio per facilitare l'individuazione dei soggetti affetti da sensibilità chimica multipla, nonché la diagnosi precoce, e, nel contempo, se si sia adottato e si possa adottare presso le unità di pronto soccorso un protocollo di ospedalizzazione proprio per la sensibilità chimica multipla, da attuare nei casi di necessità ed urgenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 15

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Francesca Martini, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, la condizione nota come sindrome di sensibilità chimica multipla, ovvero ipersensibilità idiopatica ambientale da agenti chimici, è da tempo all'attenzione di questo Ministero, che, al fine di individuare gli interventi più appropriati, ha richiesto formalmente al Centro nazionale per le malattie rare dell'Istituto superiore di sanità di istituire un gruppo di lavoro, con l'obiettivo di identificare criteri diagnostici e prestazioni rispondenti ai principi di appropriatezza ed efficacia e di definire, altresì, eventuali tutele assistenziali in favore di pazienti con sintomi riferibili a detta sindrome in maniera omogenea sul territorio nazionale.
Una definizione che rende possibile una diagnosi di sensibilità chimica multipla è stata data da Cullen nel 1987, che ha definito tale patologia come: «Disordine acquisito caratterizzato da sintomi ricorrenti a carico di più organi ed apparati, che insorgono in risposta ad un'esposizione dimostrabile a sostanze chimiche, anche a concentrazioni molto inferiori a quelle che sono in grado di causare effetti sulle condizioni di salute nei soggetti appartenenti alla popolazione generale».
D'altro canto, l'allergologo Theron Randolph, a cui è attribuita la prima identificazione della patologia, ha teorizzato che il corpo umano possa venire nel tempo saturato dalla continua esposizione a piccole dosi di prodotti chimici, fino a quando la sua tolleranza ad essi viene annullata, creando una condizione in cui anche una minima ulteriore traccia di sostanza è in grado di scatenare una reazione allergica. Per contro, da altri autori è stato anche ipotizzato un meccanismo alternativo di sensibilizzazione, che hanno proposto in termini di disturbi soggettivi della persona.
Secondo tali autori i disturbi sarebbero basati su sensazioni che per la maggior parte delle persone rientrano tra i normali processi fisiologici, mentre per alcuni individui queste sensazioni diventano intollerabili, manifestandosi in alcuni casi per via psicosomatica e in altri non per via psicosomatica.
In conclusione, tale patologia, come argomentato nel 2008 dal Consiglio superiore di sanità, non presenta al momento riferimenti eziopatogenetici e procedure di riconoscimento nosologico certi ed accertati, per cui la stessa, allo stato delle conoscenze attuali, non appare connotabile come entità nosologicamente individuabile, come confortato anche dalle affermazioni degli interpellanti che ipotizzano una non meglio identificata e ridotta capacità di metabolizzazione delle sostanze, a causa di una imprecisata carenza genetica o anche della rottura di meccanismi enzimatici di metabolizzazione, quale causa della malattia.
Vorrei sottolineare che il gruppo di lavoro istituito presso il Consiglio superiore di sanità è stato istituito nel 2005 ed il panel di esperti che ne ha fatto parte ha affermato una revisione sistematica della letteratura scientifica più recente su questa condizione sulla base documentale per la definizione di un protocollo diagnostico terapeutico.
È stato quindi prodotto nel 2007 un documento di sintesi sull'attività del gruppo di lavoro concernente la intolleranza idiopatica ambientale da agenti chimici, denominata appunto anche sensibilità chimica multipla, volto a definire un possibile inquadramento diagnostico ed eventuali indicazioni terapeutiche.
I risultati del tavolo sono stati che le origini e i sintomi della condizione in parola, nonché la sua eziologia, risultano al momento incerti e l'unico trattamento raccomandato, perché senza dubbio appropriato, risulta quello sintomatico, associato, eventualmente e per quanto possibile, all'allontanamento dall'agente o dagli agenti coinvolti, se identificati.
Qualsiasi altro approccio terapeutico deve essere considerato sperimentale e, quindi, sottoposto ad adeguati trial clinici per accertare l'efficacia e gli eventuali effetti collaterali. Pag. 16
Nel 2008 poi il documento di sintesi è stato ulteriormente oggetto della valutazione del Consiglio superiore di sanità che, in tale occasione, stante l'indisponibilità di nuove evidenze nella letteratura scientifica internazionale, ha espresso il parere che la sensibilità chimica multipla non presenta riferimenti eziopatogenetici a procedure di riconoscimento nosologico, per cui la stessa non appare connotabile in maniera certa allo stato delle conoscenze.
Resta il fatto che il Servizio sanitario nazionale, attraverso le sue articolazioni, fornisce massima assistenza a tutti coloro che mostrano intolleranza all'esposizione di sostanze chimiche, con una presa in carico dei pazienti.
Le incertezze purtroppo permangono nella comunità scientifica internazionale e non ci inducono ad adottare le misure sollecitate nella interpellanza in esame, in particolare in merito all'individuazione di soggetti non sintomatici, appartenenti a categorie a rischio di contrarre la MCS.
In relazione alle stime di incidenza dei sintomi riferibili alla MCS, si può comunque ipotizzare una stima che va dal 2 al 10 per cento della popolazione generale, nelle forme di variabilità soggettiva della patologia, che può essere da lievissima, da occasionale, fino a grave.
Anche se non vi sono criteri diagnostici univoci, il dato epidemiologico permane incerto.
È indubbiamente necessario - e per questo ringrazio gli interpellanti - un approfondimento delle conoscenze scientifiche ed al riguardo questo Ministero intende investire ulteriormente il Consiglio superiore di sanità dell'approfondimento e aggiornamento della tematica.
In termini generali si fa presente che un possibile orientamento volto a ridurre l'esposizione agli inquinamenti ambientali, nonché un protocollo di ospedalizzazione per la MCS, al momento risulta potenzialmente inappropriato, in quanto legato ad una standardizzazione che non esiste nella patologia perché, come già rilevato, non sono del tutto chiari i meccanismi di tale sindrome.
Segnalo, altresì, che l'accordo tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome del 27 settembre 2001, concernente le linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati, fornisce linee tecniche di indirizzo volte a migliorare la qualità dell'aria negli ambienti confinati e a ridurre l'incidenza degli effetti sulla salute.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,20)

FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per la salute. Tali linee guida offrono indirizzi operativi utili ai soggetti istituzionali, locali ed alle ASL per il contenimento delle patologie correlate appunto agli ambienti indoor.
Le iniziative più efficaci, cari colleghi - e spero concorderete - per venire incontro alla richiesta dei pazienti con sindrome riferibile alla MCS, non possono esulare dalla promozione di studi e ricerche che possono colmare le significative lacune nella conoscenza della condizione in argomento e che devono rapportarsi anche e soprattutto a livello internazionale.
Un contributo risolutivo potrà quindi giungere dalla realizzazione di progetti di ricerca nazionali ed internazionali che includano trial clinici controllati, i quali contribuiscano a definire l'eziologia e la patogenesi, a produrre stime epidemiologiche più affidabili, a produrre convalidati schemi di trattamento.
A tale proposito, mi preme ribadire l'impegno del Ministero della salute a creare un apposito tavolo di valutazione per individuare le possibili iniziative nei confronti della MCS, in attesa che siano sciolti i dubbi scientifici relativamente al suo riconoscimento come entità nosologica definita e a identificare un rapporto con le regioni al fine di ottenere un trattamento omogeneo per tutti i cittadini sul territorio nazionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PD), cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

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MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, ringrazio la sottosegretaria perché ha dato una risposta complessa e significativa anche se non rispondente del tutto all'interpellanza urgente. Anche lei ha riconosciuto che essa ha toccato una patologia essenziale, sia pure non nota nella sua entità nosologica, per cui tutte le ricerche affidate all'eziologia medica sono da sostenere ed incoraggiare, anche se riconosciamo che sono impari, inadeguate ed insufficienti rispetto alla necessità di definire nella sua inseità la patologia per adottare protocolli di intervento adeguati.
Ritengo però che la risposta della sottosegretaria, al di là della condivisione e, quindi, anche dell'auspicio finale che si consolida in un tavolo di ascolto ed approfondimento delle ricerche finora acquisite, debba essere meglio articolata a livello di impegno ministeriale, perché la risposta che dobbiamo dare non è soltanto di carattere gnoseologico (conosciamo l'eziologia, la patogenesi e quindi gli interventi nosologici che occorre realizzare).
Ritengo che sul tema di questa sindrome è possibile, con interventi da parte del Ministero, dare alle regioni indirizzi anche al di fuori del piano sanitario affinché mettano a fuoco tale patologia, così come hanno già fatto talune regioni.
Ritengo che il tavolo interlocutorio istituzionale con le regioni debba essere un tavolo sostanziale perché lei sa meglio di me che l'attuazione e la storicizzazione dei piani avviene all'interno dei contesti ospedalieri regionali attraverso le aziende (e dobbiamo quindi tener ferma questa linea strategica di interlocuzione con gli organismi regionali).
La prima cosa che si richiede ad un sottosegretario - so che lei è persona attiva e pronta - è di dare un indirizzo in tal senso alle regioni perché questo (come hanno fatto le altre regioni) significa affrontare e mettere a fuoco tra le varie patologie anche questa.
In secondo luogo, occorre dare un ulteriore segno alle aziende sanitarie - soprattutto ospedaliere - ai fini della creazione di opportuni ambienti per le preoccupazioni che anche lei ha menzionato e che la collega Mattesini ha illustrato, in modo da creare ambienti sani ed asetticamente accoglibili per coloro i quali sono affetti da questa sindrome per evitare acutezze nei momenti della vita di questa patologia da parte dei soggetti.
Un terzo elemento è poi costituito dalla necessità di dare un maggiore rilievo normativo a questa patologia e lei lo può fare benissimo. La collega Mattesini assieme ad altre ha già presentato una proposta di legge, ma non sappiamo se essa è destinata all'approvazione finale o a far parte dei documenti storici del Parlamento italiano.
Non sarà possibile individuare al più presto, sottosegretario, all'interno di un provvedimento normativo afferente alla sanità l'introduzione - fatta propria questa proposta di legge - di misure tali che essa possa essere normata e possa diventare più vincolante non solo per il Ministero ma soprattutto per le strutture che operano sul territorio?
La invito a muoverci in questo senso, a lavorare in questo senso, per dare una risposta a tantissimi giovani, ragazzi, donne e uomini che soffrono veramente, perché non sanno dove vivere: un ambiente sano per definizione è possibile codificarlo, ma concretamente è difficile attuarlo. Si tratta veramente di una grande azione di bene e, se volete, di buona legislazione che possiamo compiere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Espressione del concerto da parte del Ministro dell'economia e delle finanze in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, recante i nuovi livelli essenziali di assistenza - n. 2-00777)

PRESIDENTE. L'onorevole Farina Coscioni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00777, concernente espressione del concerto da parte del Ministro dell'economia e delle finanze in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, recante i nuovi livelli essenziali di assistenza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

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MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto far presente che mi sarei augurata che non fosse necessaria oggi, 8 luglio 2010, l'iniziativa di un'interpellanza urgente; che non fosse neppure necessaria l'iniziativa di dialogo e non violenta del mio digiuno, che - lo ricordo affinché resti agli atti - è cominciato il 20 giugno scorso. Uno sciopero della fame di dialogo con il Ministro Tremonti, perché è importante che sulla vicenda per la quale stiamo lottando il Ministro dica una parola definitiva: di mezze verità, per non dire di vere e proprie bugie, ne sono state dette troppe.
Da quanto si apprende dai giornali, in questi giorni il Ministro sembra essere particolarmente impegnato e su più fronti: quello del Governo e quello della compagine di cui fa parte. Ciò nonostante, mi attendevo dunque che il Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Giulio Tremonti, non foss'altro per un elementare dato di cortesia, rispondesse alla lettera che gli ho inviato il 25 giugno scorso; invece, è seguito uno sconcertante silenzio.
Signor Presidente e onorevoli colleghi, vorrei fosse chiaro che in quanto dirò non vi è alcun sentimento di personale ostilità nei confronti della collega sottosegretario onorevole Sonia Viale. Tuttavia, non posso non rilevare che il signor Ministro ha ritenuto di inviare a rispondere alla mia interpellanza urgente, tra i vari sottosegretari, quella di più fresca nomina: poco più di un mese. Ne prendo atto; non credo, tuttavia, sfugga a nessuno il significato politico di questa scelta.
Non posso fare a meno di farle presente che è per senso di responsabilità che abbiamo accettato di partecipare all'illustrazione dell'interpellanza urgente in esame anche in assenza del Ministro Tremonti: senso di responsabilità non tanto nei confronti delle istituzioni, che sono su ciò assenti, ma dei malati, dei disabili, a cui tale assenza pesa tanto, troppo e da molto tempo.
Tuttavia, la questione che solleviamo non è secondaria. Il problema che noi poniamo, quello dei livelli essenziali di assistenza, e quindi del nomenclatore degli ausili e delle protesi, è un problema sociale: un problema che riguarda almeno un milione di famiglie, cioè tra i 3 e i 4 milioni di persone, ed altri 4 milioni di malati che, in un modo o nell'altro, possono almeno parzialmente arrangiarsi senza l'aiuto di terzi.
Tale problema sociale, che contraddistingue il nostro Paese, non è per la verità un problema nuovo: è piuttosto un problema vecchio, che è stato occultato da decenni; un problema a cui si è fatto fronte con interventi parziali ed inadeguati, rispetto ai quali si è sopperito con il silenzioso, ma indispensabile apporto delle famiglie.
Per decenni questa piaga si è accettata, ed oggi è una metastasi. Noi lottiamo con e per i malati e le loro famiglie, per restituire quanto è stato loro negato; e quanto è stato loro negato è un diritto fondamentale, che lo Stato deve riconoscere.
Ringrazio invece (ed è un ringraziamento non formale) il Presidente della Camera, onorevole Fini, per la sensibilità e la disponibilità che ha mostrato. Ringrazio il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico Dario Franceschini, che ieri si è pubblicamente speso e pronunciato affinché il Ministro Tremonti venga a riferire; il presidente della Commissione affari sociali, onorevole Palumbo, per come si è impegnato; le colleghe ed i colleghi di maggioranza e di opposizione, che in questi giorni mi hanno espresso la loro solidarietà ed il loro appoggio.
Tengo a sottolineare che la mia è una lotta «silenziata», ma non solitaria, e che centinaia di persone in diversi momenti hanno digiunato con me: proprio perché stiamo sollevando una questione che è sociale, che sconvolge e travolge la vita di milioni di persone, e che come tale deve essere trattata.
Signor Presidente, onorevoli colleghi e sottosegretaria Viale, l'azione di digiuno e di dialogo con il Governo - che, come ripeto, è iniziata dalla mezzanotte del 20 Pag. 19giugno del 2010 - è in realtà il prosieguo dell'iniziativa del 7 novembre scorso, sette mesi fa dunque, quando, con alcuni malati di sclerosi laterale amiotrofica, intrapresi uno sciopero della fame per denunciare come erano costretti a vivere: una situazione al limite della disperazione, senza aiuti economici adeguati, senza assistenza di cui hanno pur diritto.
Gli obiettivi erano quelli di rendere noto l'effettivo utilizzo dei finanziamenti stanziati nel 2007-2008 per i comunicatori di nuova generazione, per fare uscire dal silenzio e dall'immobilità della malattia tantissimi malati, per rendere effettiva ed operativa l'approvazione della nuova versione dell'assistenza protesica del nuovo nomenclatore, in modo che sia garantita una fornitura adeguata ad ogni persona con disabilità e l'adozione delle linee guida, a cui le regioni si conformano nell'assicurare un'assistenza domiciliare adeguata per i soggetti malati, a partire da quelli di sclerosi laterale amiotrofica.
Signor Presidente e onorevoli colleghi, i livelli essenziali di assistenza non sono un capriccio né devono e possono essere dei privilegi per pochi. I livelli essenziali di assistenza possono essere definiti come le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale deve garantire a tutti i cittadini su tutto il territorio italiano, gratuitamente o dietro il pagamento di ticket sanitari.
Ricordo che la loro introduzione è stata ritenuta un passo indispensabile nell'ottica dell'adozione di una nuova politica in ambito sanitario, che tenga conto delle reali esigenze dei cittadini pazienti e garantisca prestazioni quantitativamente e qualitativamente omogenee su tutto il territorio.
La loro prima definizione risale all'accordo stipulato tra il Governo e le regioni in materia sanitaria l'8 agosto 2001, occasione in cui viene peraltro sottolineata la necessità che i livelli di assistenza siano sempre misurabili. A tal fine, occorre ovviamente disporre di indicatori di misurazione efficaci, anche per poter stabilire se le prestazioni offerte siano realmente essenziali, cioè appropriate alla patologia individuata.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 ha stabilito quali patologie rientrano fra i LEA, fornendo anche indicazioni circa l'organizzazione dei vari servizi sanitari regionali, i quali dovrebbero puntare alla prevenzione, più che alla cura delle patologie, in accordo con una politica di riduzione degli sprechi in ambito sanitario. La loro introduzione ha, dunque, significato per il sistema sanitario il tentativo di ridefinire in modo più preciso i diritti sanitari dei cittadini.
La definizione dei livelli è il passo più importante di un percorso, che porterà inoltre il Servizio sanitario nazionale a verificare quale sia l'effettiva erogazione delle prestazioni e i relativi costi su tutto il territorio nazionale, ma anche il rispetto del diritto fondamentale alla salute, nonché l'equità dei metodi di erogazione del servizio sanitario e l'efficienza del sistema.
Assicurare i livelli essenziali di assistenza, insomma, vuol dire prendersi cura del paziente fin oltre la sua dimissione dall'ospedale, per esempio attraverso i servizi di assistenza domiciliare integrata o all'interno delle residenze sanitarie assistite, che danno modo di gestire i soggetti che hanno necessità di degenza a lungo termine o di assistenza al proprio domicilio.
Ci sono state fornite rassicurazioni, sono state fatte promesse, ci è stato detto che il provvedimento relativo ai LEA e al nomenclatore era in dirittura di arrivo: parole, parole, parole.
In realtà, poco o nulla è accaduto fino al 23 giugno, quando si è avuta la comunicazione ufficiale dal Ministro della salute Fazio, che proprio in quest'Aula ha fatto sapere che tutti gli adempimenti di sua competenza sono stati espletati e che la cosa ora è arenata presso il Ministero dell'economia e delle finanze, dove si starebbe valutando la congruità degli stanziamenti previsti per l'attuazione dei nuovi LEA. Per questo abbiamo chiesto che il Ministro Tremonti riferisca sulla situazione.
Signor Presidente e onorevoli colleghi, il 18 gennaio 2010, rispondendo ad una Pag. 20mia interrogazione presentata un anno prima, il 4 febbraio 2009, il sottosegretario Francesca Martini affermava che l'effettiva realizzazione degli interventi correttivi in programma è condizionata dall'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi LEA che, ormai definito e condiviso in sede tecnica, è tuttora al vaglio delle autorità di governo centrali e regionali per gli aspetti di natura economico-finanziaria, da valutare in concomitanza con i contenuti del nuovo patto per la salute, che rappresenterà la cornice delle principali dinamiche del Servizio sanitario nazionale nei prossimi anni.
Esattamente due anni fa, il 10 luglio 2008, illustravo un'analoga interpellanza urgente concernente i nuovi livelli esistenziali di assistenza e il nuovo nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili, e ricordavo la battaglia intrapresa, permettetemi di ribadirlo, fin dai primi anni 2000 da Luca Coscioni, fondatore e presidente dell'associazione Luca Coscioni per le libertà di ricerca scientifica, per ripristinare che cosa? La legalità sull'aggiornamento del nomenclatore degli ausili e delle protesi e in particolare per inserire nuovi sistemi per la comunicazione, una battaglia a sostegno del diritto costituzionale di parola e di espressione anche per i disabili gravi.
La lotta per la libertà di parola si è resa necessaria perché il decreto ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999 inserisce nel nomenclatore relativo a questi ausili i prodotti che sono in commercio dagli anni Novanta. Esso dunque nasce già vecchio; si stabilisce inoltre in quel decreto che l'aggiornamento debba avvenire entro e non oltre il 2001. Nel frattempo il mercato ha già reso disponibili nuovi sistemi messi a punto dall'innovazione tecnologica ma questi restano sconosciuti per il sistema sanitario nazionale. Sono così assenti tutte le strumentazioni, tutte le interfacce informatiche per la comunicazione sono escluse per i soggetti affetti da gravi disabilità di origine neuromuscolare e impossibilitati a parlare.
A partire dal 2003 l'associazione Luca Coscioni registra significativi successi nei confronti di molte regioni - cito solo Lazio, Campania, Lombardia, Liguria - e, sempre nel 2007, grazie all'intervento dell'allora Ministro della salute Livia Turco, stanzia 10 milioni di euro per i nuovi comunicatori suddivisi tra le regioni. Nei primi mesi del 2008 l'associazione Luca Coscioni promuove nuove iniziative e il 23 aprile 2008 viene firmato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sul rinnovo dei livelli essenziali di assistenza, ripeto grazie al lavoro del Ministro Livia Turco, contenente il nuovo nomenclatore, perché l'articolo 17 di quel decreto contiene i nuovi sistemi di comunicazione.
Ma nel giugno scorso per voce del Ministro Sacconi, che interviene alla prima conferenza nazionale della professione medica, viene dichiarato che la Ragioneria generale dello Stato non ha «bollinato» il documento di definizione dei nuovi LEA ed è quindi possibile che la Corte dei conti ci chieda il perché di questa mancata approvazione.
Signora Presidente, onorevoli colleghi, indipendentemente dai livelli essenziali di assistenza, non è comprensibile che il nomenclatore non venga aggiornato. Tutto questo lo impone il decreto n. 332 del 1999 che è stato violato da quasi dieci anni, non aggiornando il nomenclatore. Viene violata la Costituzione della Repubblica, che assicura libertà di parola e di espressione a tutti i cittadini, disabili gravi compresi, e la decenza in campo di spesa e di organizzazione sanitaria perché non si può continuare a ripianare i deficit per decine di migliaia di euro, dovuti all'incapacità gestionale, e rifiutare pochi milioni di euro, per i disabili gravi, alcuni dei quali peraltro già stanziati. Le questioni di copertura, se esistono, riguardano i livelli essenziali di assistenza ovvero l'insieme di tutte le prestazioni sanitarie, certamente non riguardano l'aggiornamento del nomenclatore e meno che meno i nuovi sistemi di comunicazione per i disabili.
Molti urlano di non staccare la spina a chi lo chiede o a chi è già clinicamente morto, mentre nei fatti si impedisce di attaccare la spina della parola e della comunicazione a chi, muto, disperatamente Pag. 21lo chiede. Rilevavo allora, come ora, che i tempi della politica non coincidono con i tempi delle istanze e della vita dei malati e dei disabili; ribadivo allora e ribadisco ora che, indipendentemente dai livelli essenziali di assistenza, non è comprensibile che il nomenclatore non venga aggiornato ed ancora meno comprensibile è che i comunicatori previsti nel nuovo nomenclatore non siano disponibili subito per i disabili che ne hanno bisogno.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. È sufficiente leggere il contenuto di questa interpellanza urgente. Non credo sia necessario dilungarsi in modo particolare per illustrarla. Si sta parlando del dramma che ogni giorno - da giorni, settimane, anni - vivono centinaia di malati e le loro famiglie. Sono persone condannate ad una sofferenza che non ha giustificazione e che non è in alcun modo giustificabile.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la domanda che pongo a voi e alla vostra coscienza di legislatori e di cittadini è la seguente: se non ora, quando, se non così, come e soprattutto perché finora non si è saputo, voluto o potuto fare nulla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Sonia Viale, ha facoltà di rispondere.

SONIA VIALE, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-00777, l'onorevole Farina Coscioni ed altri chiedono se si stia valutando la congruità della spesa connessa alla revisione dei livelli essenziali di assistenza e, in particolare, cosa ostacoli l'espressione del concerto sul relativo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Al riguardo, si fa presente che il Ministero della Salute ha trasmesso lo schema completo di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza, al fine di acquisire il preventivo assenso tecnico del Ministero dell'economia e delle finanze, a seguito della richiesta pervenutagli, con nota del 23 dicembre 2009, da parte del presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni. Pertanto, la questione risale al periodo antecedente alla predisposizione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, concernente la manovra di finanza pubblica, che, comunque, non introduce nello specifico modifiche nel quadro finanziario di riferimento del settore sanitario.
In proposito, in via generale, l'Italia, sulla scia di altri Paesi, ha avviato un programma di analisi e valutazione della spesa. Al Ministero dell'economia e delle finanze è stato affidato, a partire dal 2007, il compito di effettuare un esame sistematico dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali, per individuare le possibili criticità, le opzioni di riallocazione delle risorse e le strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate sul piano della qualità e dell'economicità.
Nel corso del 2009 è stato svolto un lavoro di analisi sul bilancio dello Stato e sulle procedure di spesa, che ha natura preliminare e propedeutica per una più completa attività di valutazione della spesa.
Il tema del controllo della spesa pubblica coinvolge due aspetti principali: quello della quantità e quello della qualità. Il primo dei due è in genere legato all'esigenza di predisporre le risorse necessarie per i bisogni della collettività, mantenendo l'equilibrio finanziario dei conti pubblici. Il secondo aspetto è, invece, relativo alle modalità di impiego delle risorse pubbliche, all'allocazione della spesa tra i diversi obiettivi che con l'intervento pubblico si intendono perseguire, al miglioramento del livello di efficienza con cui le risorse sono utilizzate e all'efficacia delle politiche adottate.
Per conseguire risultati concreti, il controllo della spesa deve poter intervenire sui meccanismi che la generano e fornire le informazioni necessarie a rivedere le Pag. 22priorità in ciascun settore e a riconsiderare l'organizzazione della produzione dei servizi. Si assicura, pertanto, che l'attività del Ministero dell'economia e delle finanze si è svolta e continuerà a svolgersi coerentemente con tali obiettivi, finalizzati alla ricerca di maggiore efficienza e razionalità.
Per quanto riguarda, in particolare, lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza, si precisa che sotto il profilo tecnico il provvedimento richiede una verifica dei suoi contenuti con l'attuale scenario di carattere finanziario e, comunque, assicuro l'impegno, anche personale, ad ultimare quanto sopra entro breve tempo.

PRESIDENTE. L'onorevole Lenzi, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

DONATA LENZI. Signor Presidente, la domanda in realtà era semplice, ossia: il Ministero della salute - e lei ne ha dato conferma - ha trasmesso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la «bollinatura» al Ministero dell'economia e delle finanze; a noi risulta che questo sia avvenuto a febbraio; lei nella sua risposta non ci ha dato una data, ma fa riferimento alla lettera di sollecitazione della Conferenza Stato-regioni di dicembre; ebbene, da allora ad oggi, perché il Ministro dell'economia e delle finanze non ha trovato il tempo - dopo tutte le verifiche, gli studi e i controlli della spesa che lei ci ha elencato - di mettere questa firma?
Avevamo immaginato, nel tentativo di trovare una ragione istituzionale, che la manovra, con il decreto legge n. 78 del 2010 in arrivo, avesse, in qualche modo, costretto ad un riesame anche di questo punto. Ciò non ci avrebbe meravigliato considerato che tante sono state le cose, dopo solo sei mesi, oggetto di una nuova valutazione. Tuttavia, lei ci dice che il decreto legge n. 78 non ha nulla a che fare con i livelli essenziali di assistenza e possiamo stare tranquilli (e ne siamo lieti), ma, a maggior ragione, perché non firma?
Possiamo andare avanti a costruire un federalismo basato solo sui costi standard, che si preoccupa soltanto del lato della spesa e non garantisce nulla ai cittadini sul piano dei diritti? Infatti, i livelli essenziali di assistenza questo devono fare: dire cosa viene garantito in termini di diritti nell'erogazione dei servizi sanitari, possibilmente omogeneamente su tutto il territorio nazionale.
Se si lavora solo sul piano dei costi, ci si preoccupa solo di standardizzarli e nulla si dice sul lato dell'erogazione dei servizi; la nostra preoccupazione - così ben rappresentata dalla collega Farina Coscioni, e che riguarda la vita costretta di tanti malati, di tanti disabili e di tante persone che hanno assolutamente necessità di trovare adeguate risposte, sussidi sanitari, farmaci e cure - trova un'altra volta una risposta soltanto negativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Zamparutti ed altri 2-00781, concernente elementi e iniziative di competenza in relazione all'omicidio del giornalista Walter Tobagi ma constato l'assenza del rappresentante del Governo.
Passerei all'esame dell'interpellanza urgente successiva, ma non è presente neanche il rappresentante del Governo incaricato di rispondere a questa interpellanza e quindi dovremmo sospendere la seduta.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (11,50).

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione presentata il 6 maggio scorso, anche alla luce di un comunicato del Consiglio dei ministri che recita: il dottor Pasquale De Lise, presidente aggiunto del Pag. 23Consiglio di Stato, e già presidente del TAR Lazio, è stato nominato presidente del Consiglio di Stato al posto di Paolo Salvatore; la nomina è stata deliberata il 18 giugno dal Consiglio dei ministri su proposta del Presidente Berlusconi.
In passato il dottor Pasquale De Lise ha presieduto la Commissione che ha redatto il codice dei contratti pubblici e, più di recente, ha coordinato i lavori della Commissione per la redazione del nuovo codice del processo amministrativo. Ho voluto citare anche queste caratteristiche del dottor De Lise perché non sono in discussione le sue capacità. Il dottor De Lise ha, tra le altre sue caratteristiche, quella di essere consultore della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, che è un dicastero della Curia romana della Santa Sede. Tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sono in essere un Trattato ed un Concordato. Nel Trattato è specificato che per assicurare alla Santa Sede l'assoluta e visibile indipendenza le è garantita una sovranità indiscutibile, anche in campo internazionale.
Si è quindi ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo alla Santa Sede, sulla medesima, la piena proprietà e l'esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana.
Quello che chiediamo al Governo, e che avremmo voluto avesse verificato prima di nominare il dottor De Lise a presidente del Consiglio di Stato, è se il dottor De Lise abbia comunicato, ovvero abbia chiesto l'autorizzazione per far parte di un dicastero della Curia romana della Santa Sede, che è uno Stato estero con il quale abbiamo dei rapporti diplomatici formali sanciti da un Concordato e da un Trattato. Inoltre, chiediamo se risulti al Governo che il dottor De Lise nell'espletamento dei doveri di ufficio non si sia occupato di questioni inerenti alla Santa Sede o a enti dipendenti e collegati alla stessa.
Questa interrogazione era stata presentata nell'ambito di alcune attività della società Arcus in favore della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli per il famoso progetto di piazza di Spagna, per il restauro del palazzo di Propaganda Fide e la realizzazione di una pinacoteca, che non si è realizzata, ma il cui costo di 5 milioni di euro è stato comunque pagato.
Abbiamo bisogno di sapere se un alto funzionario di questo Paese, che è stato presidente del TAR del Lazio e che oggi è presidente del Consiglio di Stato, mantenga la necessaria autonomia e sia rispettoso della necessaria separazione dei poteri tra lo Stato e la Chiesa.

PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, data anche la preannunciata sospensione della seduta, ho consentito che lei parlasse. Tuttavia, la sede che lei ha utilizzato serve a sollecitare le interrogazioni e non ad illustrarne il contenuto, come lei ha fatto oggi.

MAURIZIO TURCO. Ma è una prassi costante.

PRESIDENTE. Comunque, resta sicuramente l'impegno della Presidenza a sollecitare la risposta del Governo.

Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti (ore 11,54).

PRESIDENTE. Non essendo ancora arrivato il rappresentante del Governo, sospendo la seduta per dieci minuti.

La seduta, sospesa alle 11,55 è ripresa alle 12.

(Elementi e iniziative di competenza in relazione all'omicidio del giornalista Walter Tobagi - n. 2-00781)

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00781, concernente elementi e iniziative di competenza in relazione all'omicidio del giornalista Walter Tobagi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, intanto voglio premettere che Pag. 24questa è un'interpellanza urgente che attende risposta da due anni, una risposta che in questi due anni ho più volte sollecitato e che oggi mi auguro finalmente possa arrivare. Ringrazio per questo i colleghi che da parte di vari gruppi parlamentari hanno voluto sottoscrivere questa interpellanza per consentire di avere una risposta e ringrazio il Governo dal quale mi aspetto, però, una risposta adeguata, perché quella dell'omicidio Tobagi è una vicenda tra le più oscure nella già buia e in molti casi ancora irrisolta stagione dei cosidetti anni di piombo della storia del nostro Paese.
Stiamo parlando della vicenda di Walter Tobagi il giornalista del Corriere della Sera ucciso nel maggio 1980 dalla brigata 28 marzo, un gruppo capeggiato dal terrorista Marco Barbone che, a distanza di trent'anni, continua a suscitare interrogativi. Penso, ad esempio, ai numerosi articoli di Franco Corleone e alle inchieste giornalistiche come quella di Renzo Magosso e anche alle interrogazioni ed interpellanze parlamentari alle quali in passato (penso ad esempio a quelle presentate da Marco Boato) non sono state mai date risposte soddisfacenti.
Spero che oggi questo Governo cambi registro rispetto all'unica reticente e francamente indecente risposta alle numerose interpellanze fin qui presentate. Mi riferisco alla risposta del Governo in Aula alla Camera il 16 giugno del 2004 quando l'allora Ministro Giovanardi ebbe ad affermare che nessuno ha mai indicato alle forze di polizia ed ai carabinieri i nomi degli assassini per poi ammettere di essersi limitato a chiedere lumi alla procura di Milano per conto della quale aveva risposto proprio Armando Spataro che aveva liquidato la questione con un laconico «tutto è già nelle carte processuali».
Vediamole allora queste carte processuali che, di per sé, sarebbero sufficienti a sostenere invece la tesi che il delitto Tobagi si poteva evitare e che diventano ancora più eloquenti alla luce delle novità più recenti. Nel suo recentissimo libro intitolato «Ne valeva la pena» Armando Spataro, da una parte, afferma (a pagina 80) che non è vero che un confidente avesse preannunciato ai carabinieri il progetto di uccidere Tobagi, rivelando persino i nomi di chi l'avrebbe eseguito e, dall'altra (a pagina 94) Spataro aggiunge che Ricciardi (il confidente dei carabinieri) riferì ai carabinieri da confidente quanto appreso da Franzetti, ipotizzando che il piano potesse essere quello di un attentato, aggiungendo che in passato le formazioni comuniste combattenti avevano pensato a Walter Tobagi.
Parlò, in particolare, di un progetto di sequestro del giornalista risalente al febbraio o all'inizio del 1978 elaborato e poi abbandonato dalle formazioni comuniste combattenti di Corrado Alunni. Nel 1978 (continua Spataro) il gruppo di Barbone non esisteva ancora e non esisteva neppure nel 1979 quando Ricciardi rivelò questa storia. Spataro non fa nessun altro riferimento; invece negli atti del processo, dallo stesso Spataro depositati a suo tempo, risulta che Marco Barbone era nella direzione delle formazioni comuniste combattenti già nel 1978, che fu lui con Rocco Ricciardi e con Caterina Rosenzweig a mettere a punto il progetto di rapimento di Tobagi e che Alunni lo allontanò dalle formazioni comuniste combattenti anche per questo motivo.
Barbone stesso lo ammetterà dopo l'arresto e le relative confessioni. Dunque, ecco il punto cruciale che se ne deduce per evidenti motivi: quando Ricciardi, nel dicembre 1979, dice a Covolo che il gruppo sta operando in via Solari, dove abita Tobagi, e lo informa - l'affermazione di Spataro è inequivocabile - del precedente tentativo di rapire il giornalista, è scontato che Covolo gli domandi chi lo voleva rapire. A quel punto l'informatore Ricciardi non ha nessuna difficoltà ad ammettere che lo stava organizzando quando era nelle Formazioni Comuniste Combattenti con Barbone e la sua fidanzata Rosenzweig, che conosceva bene Tobagi.
Spataro, quindi, non poteva ignorare il fatto che fossero Ricciardi, Barbone e Rosenzweig i personaggi che volevano rapire Tobagi nel 1978. Tuttavia Spataro prosegue con una ulteriore e strumentale Pag. 25bugia, perché scrive che nel dicembre 1979 Barbone non aveva ancora un suo gruppo di fuoco. Questo è falso, quantomeno dimentica che nei suoi stessi atti del processo Rosso-Tobagi ci sono precisissimi riferimenti all'attività del gruppo Guerriglia Rossa che operava già nella primavera del 1979 sotto la guida di Barbone.
Di questo gruppo facevano già parte molti terroristi che parteciparono all'assassinio di Tobagi. Certo, all'epoca non potevano chiamarsi Brigata 28 marzo soltanto perché i fatti del 28 marzo 1980 non erano ancora accaduti. Altro che contro Tobagi agì tutt'altro gruppo di fuoco, come cerca di accreditare Spataro!
Veniamo ora agli altri fatti nuovi che riguardano direttamente l'oggetto di questa interpellanza che già cita un fatto clamoroso emerso durante un processo per diffamazione davanti al tribunale di Monza contro l'ex sottufficiale dell'antiterrorismo Dario Covolo, che aveva rivelato in un'intervista al settimanale Gente di essere stato l'autore dell'informativa con la quale riferiva in anticipo di mesi ai suoi superiori, i generali Alessandro Ruffino e Bonaventura, anche i nomi dei terroristi che stavano progettando l'attentato a Tobagi e che poi effettivamente lo uccisero.
Nel corso dell'udienza del 16 gennaio 2008, è stato interrogato come teste il generale Nicolò Bozzo, all'epoca dei fatti diretto collaboratore del generale Dalla Chiesa, il quale ha presentato - ed è stato messo agli atti - un documento riservato che era stato preparato proprio dal generale Bonaventura. Nel dattiloscritto venivano date indicazioni al generale Bozzo per fornire, se interrogato dalla magistratura, la versione concordata sulle indagini e anche in relazione alle dichiarazioni dell'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi che stavano provocando forti polemiche.
Il direttore della settimanale Gente, Umberto Brindani, e il giornalista Renzo Magosso, amico di Walter Tobagi, responsabili di aver pubblicato l'intervista, sono stati già condannati. Il fatto è paradossale se si considera che hanno tentato di far luce sulla vicenda.
Una delle motivazioni della sentenza di condanna riguarda il fatto che in aula il generale Alessandro Ruffino ha giurato che Tobagi venne puntualmente messo al corrente dell'informativa di Rocco Ricciardi e che rifiutò la scorta. Ha anche aggiunto, sempre in aula, che non c'erano notizie così certe sull'eventualità che Tobagi fosse davvero nel mirino dei terroristi, avallando così la tesi che non si trattava di delitto che si potesse evitare. Ebbene, Ruffino è stato smentito dal documento prodotto dal generale Nicolò Bozzo.
Più recentemente, il 28 maggio 2010, Benedetta Tobagi, che fino a quel momento aveva suffragato anche nel suo libro «Come mi batte forte il tuo cuore» le tesi di Spataro e negato che l'informativa fosse cosa seria, ha dichiarato a l'Unità: «Posso dire con certezza che mio padre era stato avvisato del pericolo dell'omicidio del giudice Alessandrini nel gennaio 1979.
Di sicuro non è stato informato della nota informativa dei carabinieri del dicembre 1979». Il giorno seguente Stella Tobagi, la vedova, ha dichiarato a La Stampa: «Penso che furono loro» - cioè i terroristi di Barbone - «a decidere di uccidere Walter, ma ho il sospetto che qualcuno li abbia lasciati fare». E aggiunge: «Erano in molti a sapere che Walter era sotto tiro. Avevano già tentato di rapirlo. Persino io mi era accorta che lo pedinavano. Non mi fate dire di più».
C'è anche una morte misteriosa in tutta questa vicenda e riguarda uno dei protagonisti del caso Tobagi: Benedetta Tobagi nel libro Come mi batte forte il tuo cuore ha scritto che il giudice Giorgio Caimmi le ha confessato il fatto che uno dei terroristi della brigata 28 marzo, Manfredi De Stefano, non morì in carcere per aneurisma, come da referto medico del 1984, a ridosso del processo d'appello Tobagi. In realtà, si è trattato di un suicidio, peraltro mai ammesso e del quale non si trova traccia in nessun atto ufficiale.
Su questa morte misteriosa il 2 novembre scorso ho depositato un'interrogazione al Ministro della giustizia alla quale non ho ancora ricevuto risposta. Non vorrei Pag. 26aspettare, come per questa interpellanza, altri due anni (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Lehner).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, la presente interpellanza trae spunto da supposte nuove rivelazioni sull'omicidio di Walter Tobagi pubblicate dal giornalista Renzo Magosso in un suo libro ed in un articolo di stampa riportante, tra le altre, alcune dichiarazioni dell'ex brigadiere dei Carabinieri Dario Covolo in merito alle informazioni ottenute dall'ex terrorista Rocco Ricciardi detto «il postino», inizialmente sentito come fonte confidenziale ed in seguito come collaboratore di giustizia.
A fronte delle numerosissime implicazioni connesse alla vicenda in disamina e alle molteplici perplessità rappresentate dagli onorevoli interpellanti sull'effettività dei riscontri compiuti dalle competenti autorità su dichiarazioni di informatori, testi ed imputati, ritengo sia ragionevole affermare che chiarezza è stata fatta sicuramente sotto il profilo giudiziario. Si deve, infatti, dare atto non solo delle sentenze di primo e secondo grado intervenute in materia, ma anche dei profili motivazionali in esse enunciati a conferma della raggiunta verità processuale, anche con specifico riferimento all'ipotizzato coinvolgimento delle forze dell'ordine.
In proposito, ritengo opportuno evidenziare che sia il giornalista Magosso che l'ex sottoufficiale dei Carabinieri Dario Covolo sono stati condannati dal Tribunale di Monza per diffamazione nei confronti dei generali dei carabinieri Alessandro Ruffino e Umberto Bonaventura, i quali condussero le indagini sull'omicidio Tobagi. I procedimenti, sebbene decisi da due diversi collegi giudicanti, in ragione della separata trattazione della posizione processuale dell'imputato Covolo rispetto a quella del menzionato giornalista, si sono entrambi conclusi con la condanna di Magosso e di Covolo, rispettivamente il 20 settembre 2007 e il 22 settembre 2008.
Entrambe le condanne per diffamazione, così come evidenziato dall'autorità requirente milanese, hanno sostanzialmente smentito la veridicità degli assunti presenti nel libro di Magosso e, impugnate dinanzi alla Corte d'appello di Milano, sono state confermate sia per il Covolo che per il Magosso, con sentenza del 3 novembre 2009, depositata il 30 dicembre 2009.
Peraltro, in linea con l'esposizione dei fatti processuali rinvenibili nelle decisioni di merito, appare anche la ricostruzione del Procuratore della Repubblica di Monza.
Quest'ultimo, infatti, non si è limitato a chiarire l'evidente errore materiale riferente all'anno 2010 la testimonianza del generale Bozzo e non, come corretto, all'anno 2008, ma ha principalmente esplicitato la massima attenzione riservata da inquirenti e giudicanti agli aspetti storici e processuali connessi all'omicidio del giornalista Tobagi, nei limiti dell'accertamento afferente il reato contestato.
Puntuale e dirimente, infatti, il riferimento del predetto procuratore all'appunto informativo redatto, nel dicembre del 1979, dall'allora brigadiere Dario Covolo e dallo stesso riferito dinanzi al tribunale di Monza in fase dibattimentale. Sulla scorta di quanto accertato nei due processi, tale appunto - ha rimarcato il procuratore - risulta l'unico depositato dal Covolo sull'argomento e, sebbene riportante un'ipotesi di attentato nei confronti del giornalista Tobagi, non contiene menzione alcuna ai nomi di coloro che, nel successivo mese di maggio, avrebbero effettivamente commesso quel deprecabile omicidio. L'appunto, invero - così come specificato dal medesimo procuratore alla luce degli atti processuali - non appare segnalare alcunché di nuovo, diverso o rilevante in ordine agli accertamenti compiuti dalle forze dell'ordine, né tantomeno in merito alla responsabilità dei singoli imputati. Piuttosto, come evidenziato dalla parte motiva della sentenza di primo Pag. 27grado e da quella di appello, il predetto documento riveste forma e sostanza generiche e «non contiene alcun elemento preciso circa l'attentato in danno del Tobagi di cui, anzi, viene ipotizzata come incerta persino la programmazione e, ancor prima, addirittura la preparazione di un'azione terroristica in Milano».
A ciò si aggiunga il fatto che, conformemente a quanto dichiarato dallo stesso autore materiale dell'omicidio, l'assassinio di Walter Tobagi venne eseguito da soggetti diversi da quelli indicati nella nota informativa del Covolo, mentre l'attentato venne concretamente ideato e progettato da alcuni componenti della formazione terroristica denominata «Brigata 28 marzo» soltanto dopo il marzo 1980 e, quindi, in epoca successiva al cosiddetto «appunto informativo» del Covolo risalente, invece, al 13 dicembre 1979.
Per di più, così come segnalato dalla competente autorità giudiziaria, nel periodo in cui l'informativa venne consegnata dal brigadiere Covolo ai suoi superiori, era già ampiamente nota la circostanza che il giornalista Tobagi fosse uno dei possibili obbiettivi dei terroristi: invero, documenti relativi alla preparazione di un attentato contro il giornalista erano stati sequestrati ad un brigatista (ed a Walter Tobagi, in quella occasione, era stata offerta anche la protezione di una scorta, rifiutata dall'interessato). In ogni caso, da entrambi i processi è emerso l'impegno speso dalle forze dell'ordine, ed in particolare dai carabinieri, che «svolsero indagini adeguate al fine di verificare la fondatezza della notizia, sia pure meramente ipotetica, fornita al Covolo dall'informatore denominato Postino».
Oltre a ciò, va segnalata la netta smentita fatta dagli altri protagonisti della vicenda processuale (sempre risultante dagli atti processuali) alle ricostruzioni che furono effettuate da Covolo, sia con riguardo alle notizie ricevute dall'informatore, che con riferimento alla preparazione di un attentato contro il giornalista Tobagi.
Con riferimento, invece, alla nota acquisita dal tribunale di Monza nel corso della testimonianza resa nelle udienze dibattimentali del gennaio e dell'aprile 2008 dal generale in congedo Bozzo Nicolò, comunico quanto espressamente riferito dal procuratore di Monza, in quanto riscontrato dagli atti processuali. La suddetta nota, per diretta ammissione del generale, era stata fornita dall'allora capitano Bonaventura e conteneva indicazioni utili alla ricostruzione dei fatti in vista della deposizione che il Bozzo avrebbe dovuto rendere in giudizio davanti alla II corte di assise di Milano, nel processo a carico degli autori dell'omicidio Tobagi. Tale nota, lungi dall'essere una versione «concordata» da ripetere in dibattimento, sarebbe servita al generale esclusivamente per documentarsi su circostanze di cui - nonostante il suo ruolo apicale - non aveva diretta conoscenza, anche perché investito di un diverso incarico in Liguria, appena pochi mesi dopo l'omicidio.
In buona sostanza, il documento presentato al giudice di Monza dal generale in congedo doveva rispondere ad una personale esigenza mnemonica dell'ufficiale, il quale, nel 1984, era stato chiamato a testimoniare su attività investigative delle quali era informato in parte e marginalmente.
Venendo, infine, agli ulteriori punti menzionati nell'interpellanza, rappresento, così come espressamente segnalato dal procuratore della Repubblica di Milano, in primo luogo, che nessuna responsabilità per l'omicidio di Walter Tobagi è emersa a carico della donna che, all'epoca dei fatti, era fidanzata con Marco Barbone, esecutore dell'omicidio.
In secondo luogo, gli atti interni dei carabinieri di Milano, acquisiti anche a Monza nei citati processi per diffamazione, hanno confermato la falsità delle dichiarazioni del Covolo e l'inattendibilità della sua ricostruzione.
In terzo luogo, Ugo Finetti fu sentito come testimone nel dibattimento di primo grado (conclusosi con sentenza del 28 novembre 1983 della seconda corte d'assise di Milano), senza essere in grado di addurre alcun elemento a sostegno delle tesi sull'esistenza di mandanti dell'omicidio Pag. 28Tobagi e delle coperture che sarebbero state assicurate alla fidanzata del Barbone.
Inoltre, Ugo Intini, all'epoca deputato, fu querelato dal sostituto procuratore incaricato delle indagini per diffamazione, sia in relazione alle tesi da lui enunciate, sia in relazione alle accuse di illegali trattative intercorse tra il sostituto procuratore ed il Barbone, affinché quest'ultimo nascondesse l'identità dei mandanti.
Il Parlamento concesse l'autorizzazione a procedere ed il tribunale di Roma, alla fine del 1985, lo condannò, insieme ad altri imputati, al risarcimento dei danni nei confronti del magistrato querelante, mentre il reato di diffamazione - che ne era il presupposto logico e giuridico - fu dichiarato estinto per l'amnistia, nel frattempo approvata dal Parlamento.
Da ultimo, sempre secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica di Milano, rappresento che per quanto attiene alle conclusioni del Magosso menzionate nell'interpellanza, ovvero alle dichiarazioni rilasciate, nell'ambito delle loro attività professionali, dagli ex parlamentari Ugo Intini ed Ugo Finetti o da altri commentatori e giornalisti (Franco Corleone, Daniele Bianchessi, Giovanni Minoli) citati nell'interpellanza, l'intera vicenda è stata trattata ed analizzata dalle corti d'assise di Milano, che hanno emesso sentenze definitive su tutti i punti oggetto dell'interpellanza, in nulla contraddette dalle ulteriori risultanze che hanno, poi, portato alla condanna per diffamazione del giornalista Magosso e dell'ex brigadiere Covolo.

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di replicare.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, mi rendo conto che è un dialogo tra sordi. Credo che il sottosegretario non abbia neppure ascoltato l'illustrazione dell'interpellanza, rispetto ad una vicenda che ha suscitato polemiche che non si sono mai sopite e che questa risposta, certamente, non contribuisce a chiarire, perché si appiglia ad una verità processuale per nascondere e celare quella che, invece, è una verità storica, fatto legato non solo a questa vicenda, ma anche a molte altre che riguardano la storia del nostro Paese.
La questione se Tobagi potesse essere salvato e se vi fossero responsabilità nel non aver impedito il suo omicidio, pure essendo noti, sei mesi prima dell'atto criminoso, sia gli esecutori sia il loro progetto criminale, fu sollevata nel 1983 dall'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, che rese nota un'informativa dei carabinieri di Milano, la cui autenticità venne confermata dall'allora Ministro dell'interno Oscar Luigi Scalfaro.
Il 28 maggio 2004, in occasione della cerimonia di commemorazione di Tobagi, Stefano Folli, allora direttore del Corriere della Sera, affermò: «Noi pensiamo che si debba approfondire la vicenda in tutti i suoi aspetti e nello stesso momento noi rispettiamo le acquisizioni fatte dalla magistratura che ha fatto indagini in tutte le direzioni. Ma riteniamo che non si tratti di una storia che possa considerarsi completamente chiusa».
Nel 2003 il giornalista Magosso, amico di Tobagi, aveva già pubblicato il libro Le carte di Moro, perché Tobagi, in cui, per la prima volta, l'ex sottoufficiale dell'antiterrorismo, Dario Covolo, rivelava di essere stato l'autore dell'informativa che aveva scatenato enormi polemiche, aggiungendo di aver riferito ai suoi superiori anche i nomi dei terroristi che sei mesi dopo compirono il delitto.
Il 17 giugno 2004, in una successiva intervista pubblicata dal settimanale Gente, Covolo confermava a Magosso quella grave circostanza, dichiarando di aver presentato l'informativa ai suoi superiori, il capitano Umberto Bonaventura ed il capitano Alessandro Ruffino.
Nel 2008 infine il documento, depositato in aula dal generale Bozzo, ha rivelato fatti oggettivamente nuovi e, peraltro, totalmente ignorati dai giudici in primo e secondo grado.
A ben vedere, la sentenza di condanna per diffamazione nei confronti dell'ex direttore di Gente Umberto Brindani, del giornalista Renzo Magosso e dell'ex appuntato Pag. 29dei carabinieri Dario Covolo è una sentenza di condanna del giornalismo di inchiesta, ma è anche un tentativo di porre una pietra tombale sulla verità del caso Tobagi.
Credo che il risultato auspicabile sia un Governo che si impegni a lavorare per vederci più chiaro in tutta la vicenda, con l'acquisizione di nuovi documenti, da richiedere al comando generale dell'Arma, in particolare gli originali del fascicolo relativo alle attività operative di Dario Covolo. In questo faldone ci sono evidenti riferimenti alle sue relazioni, anche a quelle che finora Armando Spataro dice che non esistono.
A distanza di quasi trent'anni dal suo assassinio, la vicenda di Walter Tobagi non può considerarsi chiusa, tanti e talmente gravi sono gli interrogativi che continua a suscitare.
Il fatto più grave è che, invece di fare piena luce giudiziaria sulla vicenda, secondo le regole di un normale Stato di diritto, si perseguono quelli che hanno tentato di ricostruirla e documentarla, secondo le regole di un onesto giornalismo di inchiesta.
Con un libro Le carte di Moro, perché Tobagi e con un articolo sul settimanale Gente diretto da Brindani, Magosso ha tentato di illuminare una delle pagine buie degli anni di piombo. L'autore del libro e il direttore del settimanale ne hanno avuto in cambio incriminazioni e condanne giudiziarie per aver raccontato di un progetto di attentato contro Tobagi, probabilmente noto sei mesi prima che si verificasse, senza che, nel dubbio, venissero presi adeguati provvedimenti per salvare la vita al giornalista del Corriere della Sera.
A trent'anni dalla morte di Tobagi non mi pare si voglia restituire alla memoria del giornalista ucciso e alla storia di questo Paese una verità senza l'ombra del dubbio e quindi una giustizia giusta. Il silenzio e l'arenamento continuano a perdurare e questo è un fatto gravissimo, significativo di una ragion di Stato che deve prevalere sulla giustizia e sul diritto dei cittadini ad essere informati e a conoscere la verità su uno dei più inquietanti casi degli anni terribili della storia d'Italia.

(Iniziative per la stabilizzazione dei 650 lavoratori assunti con contratto a tempo determinato con decreto del Ministero dell'interno dell'11 settembre 2007 - n. 2-00783)

PRESIDENTE. L'onorevole Sbrollini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00783 concernente iniziative per la stabilizzazione dei 650 lavoratori del Ministero dell'interno dell'11 settembre 2007 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DANIELA SBROLLINI. Signora Presidente, ringrazio il sottosegretario per essere qui. Con la mia interpellanza vorrei chiedere quali iniziative si intendano adottare per la stabilizzazione dei 650 lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, con decreto del Ministero dell'interno dell'11 settembre 2007 che - come sappiamo - sono vincitori di un concorso per titoli ed esami.
Al concorso erano ammessi i profili professionali di coadiutori amministrativi contabili, che dovevano essere assegnati - come poi è accaduto - agli uffici delle questure e allo sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture.
Il contratto a tempo determinato, della durata totale di trentasei mesi, costituiva il requisito necessario per la stabilizzazione definitiva dei 650 precari, secondo la legge allora vigente e successivamente abrogata. Il 2 gennaio 2008 si è proceduto all'assunzione a tempo determinato delle 650 unità, attraverso il concorso pubblico. I 650 coadiutori amministrativi contabili hanno sottoscritto un primo contratto individuale della durata in realtà solo di un biennio (2008-2009), cui agganciare il 2010 con una proroga contrattuale di un ulteriore anno, in quanto, come riportato da una circolare urgentissima dello stesso Ministero dell'interno, 31 dicembre 2008, si diceva che sarebbe arrivata, con il Pag. 30sussistere della piena copertura finanziaria, una proroga dei contratti per ulteriori dodici mesi.
Con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 novembre 2009, concernente «Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per il contrasto e la gestione dell'eccezionale afflusso di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 dicembre 2009, è stata autorizzata la proroga della durata dei contratti a tempo determinato del personale assunto presso gli sportelli unici fino al 31 dicembre 2010.
Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Nitto Francesco Palma, in risposta all'interrogazione presentata il 1o dicembre 2009 dal mio collega, onorevole Marco Minniti, ha dichiarato che la stessa ordinanza autorizzava il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad utilizzare, per un periodo non superiore a sei mesi, per il tramite di una o più agenzie di somministrazione di lavoro interinale, rispettivamente 650 e 300 unità, da destinare alle sedi interessate. Secondo le stesse pubbliche amministrazioni interessate, le 650 persone vincitrici di detto concorso (con contratto in scadenza a fine 2010), prestano servizio presso gli sportelli unici per l'immigrazione delle prefetture e presso gli uffici immigrazione delle questure, dove risultano essere indispensabili per espletare l'ordinaria attività degli uffici territoriali del Governo.
L'importanza, la serietà e la professionalità con cui questi lavoratori quotidianamente operano sono rilevate dalle diverse note di merito che sono state indirizzate loro da parte di diversi questori e prefetti, i quali hanno anche comunicato alle autorità del Ministero dell'interno di mantenere le 650 unità ancora in servizio ben oltre il 2010, dunque con una richiesta implicita di stabilizzazione di queste figure.
Non si spiegherebbe, quindi, ad oggi il motivo per cui queste persone non abbiano ancora ottenuto una risposta in merito. Si fa anche presente che queste persone hanno accesso ad archivi contenenti documentazione ed atti coperti dal segreto d'ufficio, nonché ad atti sensibili cui precedentemente avevano esclusivo accesso soltanto gli agenti di pubblica sicurezza. Vorrei anche ricordare che queste persone utilizzano quotidianamente strumenti e sistemi informatici ministeriali di grande importanza, che prima venivano utilizzati solo ed esclusivamente da organi di polizia.
È chiaro che la loro stabilizzazione, in primo luogo, per la professionalità e l'esperienza che hanno maturato sul campo e anche per non disperdere un patrimonio di conoscenza e di nozioni davvero particolari, sarebbe assolutamente auspicabile. Ciò anche perché vorrei ricordare che in questo Paese concorsi non se ne fanno più e non si capisce perché, una volta che se ne fa uno e ci sono dei vincitori, poi non si procede di conseguenza alla stabilizzazione di queste persone che sono già formate.
Ecco, allora, che la nostra domanda, contenuta nell'interpellanza, che oggi abbiamo posto al sottosegretario Palma, è proprio questa: se, finalmente, queste persone potranno essere utilizzate e, soprattutto, potranno ricevere questa stabilizzazione definitiva, che aspettano da tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Nitto Francesco Palma, ha facoltà di rispondere.

NITTO FRANCESCO PALMA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, le questioni sollevate dagli interpellanti vanno inquadrate nel più ampio contesto delle diverse iniziative che, su molteplici versanti, sono state adottate proprio per garantire la migliore funzionalità degli uffici delle prefetture e delle questure che si occupano di immigrazione.
Si tratta di misure imposte da esigenze temporalmente definite, adottate per attuare in maniera temporanea ed eccezionale specifiche strategie organizzative. La stabilizzazione invocata dagli onorevoli interpellanti Pag. 31non è al momento consentita dalle esigenze di contenimento del disavanzo pubblico, che ha portato ad interventi di eccezionale rigore. Peraltro, le misure di razionalizzazione e di contenimento dei costi delle pubbliche amministrazioni, adottate con il decreto-legge cosiddetto «milleproroghe», hanno imposto al Ministero dell'interno un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche del personale.
D'altra parte, gli uffici di prefetture e questure fanno fronte ai relativi compiti d'istituto avvalendosi delle altre misure organizzative e di sistema che, a partire dal 2009, sono state adottate per la velocizzazione delle istruttorie e lo smaltimento dell'arretrato, facendo ricorso soprattutto all'implementazione della tecnologia degli uffici.
Sono state, infatti, assegnate agli uffici immigrazione delle questure 300 nuove postazioni di lavoro, anche al fine di consentire l'apertura di nuovi sportelli al pubblico. Sono state, altresì, distribuite 70 nuove apparecchiature visascan di ultima generazione, per il più rapido rilevamento delle impronte digitali.
Si è provveduto, inoltre, ad affrontare situazioni di forte criticità degli uffici maggiormente impegnati, con l'invio in loco di un'apposita unità di intervento rapido, istituita presso la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere; una vera e propria task force specializzata per risolvere le problematiche via via emergenti.
Le iniziative adottate hanno fatto registrare significativi risultati nella concessione dei titoli di primo soggiorno, nei rinnovi dei permessi e nei tempi medi di conclusione del procedimento. Questi i dati: nel 2008 sono stati rilasciati 169 mila permessi di soggiorno e nel 2009 ne sono stati rilasciati 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda invece i rinnovi, nel 2008 sono stati 386 mila, a fronte dei 528 mila del 2009, con un incremento di oltre il 50 per cento.
Dal 1o gennaio al 31 maggio 2010 sono stati definiti complessivamente 597.253 procedimenti relativi a titoli di soggiorno, comprendendo sia i rinnovi che i rilasci. Si sono, inoltre, progressivamente ridotti i tempi medi assoluti di conclusione dei procedimenti: si è passati dai 303 giorni del 2007 ai 271 giorni del 2008, sino ai 101 giorni del 2009, con una riduzione del 67 per cento rispetto al 2007 e del 63 per cento rispetto al 2008.
Il trend di questi dati è suscettibile di progressivi ulteriori miglioramenti, fino al raggiungimento dell'obiettivo dei venti giorni, previsto dalla legge, che il Governo intende raggiungere entro la fine della legislatura. L'attività degli uffici, pertanto, non subirà né pause né soluzioni di continuità, e ciò grazie all'implementazione delle tecnologie e alle misure organizzative adottate che ho sinteticamente illustrato.

PRESIDENTE. L'onorevole Sbrollini ha facoltà di replicare.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, ovviamente ringrazio il sottosegretario Palma, ma non posso assolutamente ritenermi soddisfatta della risposta, perché ogni volta che siamo qui - credo che la crisi economica e le manifestazioni quotidiane davanti a Montecitorio e anche in giro per l'Italia dimostrino le problematiche urgenti che ci sono in questo Paese - si risponde che non c'è la possibilità di stabilizzare i lavoratori e le lavoratrici, che, continuo a sostenere, sono già formati, capaci e di grande professionalità, perché non vi sono i soldi.
Infatti, la manovra finanziaria continua a tagliare sempre sugli stessi settori e a colpire sempre i più deboli. Sono veramente sconcertata da questa risposta, e peraltro, purtroppo, non è la prima volta. Considero davvero grave quello che sta succedendo, perché vuol dire non valutare le ricadute negative sul tessuto sociale del Paese e vuol dire interrompere l'erogazione di un servizio fondamentale, come quello garantito da questi lavoratori.
Significa anche non riconoscere a queste persone il lavoro e l'esperienza che hanno costruito finora sul campo e non mi spiego come si possa fare un concorso, investendo dunque anche dei soldi, e poi Pag. 32però annullarlo di fatto con la mancata assunzione del personale.
A tal punto mi chiedo: si sostituiranno tali persone, ovvero del personale civile, con personale di polizia? Il Governo come può pensare di garantire la sicurezza nel nostro Paese, se poi dovrà dislocare poliziotti - che già sono pochi - anche per lo svolgimento del lavoro amministrativo?
Siamo veramente di fronte a una situazione che io definisco non solo grave, ma drammatica e che ci porterà di conseguenza a interloquire ancora, prima di tutto con queste persone che non lasceremo da sole, ma anche nuovamente con il Ministero dell'interno, perché nel modo più assoluto non ci possiamo ritenere soddisfatti di tale risposta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Intendimenti del Governo circa il finanziamento dei progetti a favore della città di Catanzaro nell'ambito del programma operativo nazionale sicurezza 2000/2006 - n. 2-00784)

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00784, concernente intendimenti del Governo circa il finanziamento dei progetti a favore della città di Catanzaro nell'ambito del programma operativo nazionale sicurezza 2000/2006 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, illustrerò brevemente la mia interpellanza.
Intanto ho molto piacere che sia proprio il sottosegretario Nitto Palma - lo dico con sincerità - ad essere qui in Aula a rispondere a questo nostro atto di sindacato ispettivo, anche perché il precedente appuntamento, proprio sullo stesso argomento, risale al 24 marzo 2009, presente lo stesso sottosegretario Palma.
Nella nostra interpellanza, signor Presidente, facciamo riferimento alla situazione dell'ordine pubblico della nostra regione, soprattutto nella città di Catanzaro. Si tratta di vicende certamente ben note al Governo, per cui abbiamo evitato un'illustrazione ampia nella nostra interpellanza, perché credo che i dati e soprattutto gli aspetti di maggiore difficoltà e di crisi siano sotto gli occhi di tutti.
In quella interpellanza del 24 marzo 2009, proprio facendo riferimento al PON sicurezza che riguardava il progetto portato avanti dal comune di Catanzaro, il sottosegretario Palma ebbe a fare una lunga illustrazione delle fasi e dei procedimenti che dovevano portare all'approvazione del PON sicurezza.
La situazione nella città di Catanzaro allora era drammatica e attualmente si è aggravata: oltre ai delitti a suo tempo indicati e denunciati, vi sono stati anche altri delitti, ma vi è soprattutto una organizzazione sempre più fitta e sempre più attiva nello spaccio di droga.
Catanzaro, e in particolare il sud della città, è diventata la logistica della grande criminalità organizzata, sia del crotonese sia del vibonese. Sono soprattutto gli strati e le realtà rom gli strumenti dei quali la criminalità organizzata si serve per lo spaccio di droga e anche per molti altri fatti criminosi che vengono a ricadere pesantemente sulla realtà della città di Catanzaro.
In questi ultimi tempi, tuttavia, signor Presidente e signor sottosegretario, si è aperto un confronto sul suddetto PON sicurezza. Non sappiamo se abbia un valore di 700 mila o 900 mila euro.
Il 24 marzo si parlava di meno di 900 mila euro e credo che dopo tanto tempo le procedure siano state ormai portate a termine, altrimenti non sapremmo che farcene dei PON sicurezza se devono passare lustri. Vi è stata una polemica proprio all'interno della parte politica della maggioranza sul fatto se questi fondi vi siano o non vi siano, ovvero se siano stati spostati altrove.
Ritengo che questo quesito interessi moltissimo non perché attribuiamo ai PON sicurezza una valenza quasi messianica e risolutrice (ciò sarebbe veramente assurdo); piuttosto, credo che vi debba essere, accanto ai PON sicurezza, tutta una grande presa di coscienza senza dubbio sia sul piano sociale sia su quello della mobilitazione, Pag. 33nonché un'attività che a dire il vero da parte delle forze dell'ordine già vi è stata.
I PON sicurezza servono tuttavia in questo momento come messaggio, come fatto di sollecitazione, di attenzione e di presenza dello Stato nella città di Catanzaro.
Signor Presidente, mi fermerei qui proprio per addivenire anche ad una sua sollecitazione ad essere parchi di argomentazioni attendendo certamente la risposta del sottosegretario, che ha capito che la situazione di Catanzaro non è facile.
Quando si arriva alla polemica tra parlamentari della stessa maggioranza sul fatto che i fondi vi siano o non vi siano ciò significa - credo - che ci troviamo in grande difficoltà, soprattutto rispetto ad un argomento che riguarda l'ordine pubblico.
Lei ricorderà, sottosegretario, che denunciai alcune carenze ed alcune situazioni anche gestionali: praticamente rimasi solo perché tutti i parlamentari allora, di qualsiasi colore politico, mi lasciarono solo così come tutti i miei colleghi rispetto ad una battaglia che non facevo in polemica nei confronti di nessuno, ma soprattutto sollecitando il Governo e certamente anche le realtà locali e sociali del volontariato ad una grande mobilitazione.
Non fui compreso e non fui capito: mi auguro che questo nostro atto di sindacato ispettivo e questa sua risposta avvengano nel clima migliore, soprattutto nel rispetto di quella che è una grande attesa da parte della città di Catanzaro, in parte molto frustrata.
Vediamo se possiamo recuperare il tempo perduto per dare il senso di una presenza dello Stato, altrimenti quella richiesta non verrà intercettata da nessun punto di vista e sarebbe questa la vera crisi delle istituzioni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Nitto Francesco Palma, ha facoltà di rispondere.

NITTO FRANCESCO PALMA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'erogazione dei fondi comunitari PON non ha subito rallentamenti o sospensioni e tuttora, nell'ambito di ciascun obiettivo operativo, risultano disponibili risorse finanziarie in attesa di essere impegnate in conformità alle linee guida per la presentazione dei progetti.
Ciò detto in via preliminare, desidero chiarire immediatamente che non è intenzione del Governo sottrarre al comune di Catanzaro i finanziamenti del PON sicurezza. A tutt'oggi infatti risultano pendenti e in fase di elaborazione tre proposte progettuali non ancora pervenute alla segreteria tecnica del PON sicurezza, di cui una per la ristrutturazione e l'adeguamento a casa famiglia dell'immobile confiscato alla criminalità organizzata nel quartiere Gagliano del capoluogo e due per i quartieri a rischio per la presenza di nuclei rom ad alta densità delinquenziale nella città di Catanzaro.
I progetti si trovano in fase istruttoria. Più in particolare, il primo è stato già oggetto di esame il 7 giugno scorso presso la prefettura di Reggio Calabria ove opera il laboratorio territoriale che ha il compito di coordinamento delle istruttorie concernenti i progetti del PON sicurezza, che dopo averlo esaminato lo ha ritrasmesso alla prefettura di Catanzaro con l'indicazione delle modifiche necessarie per renderlo coerente con le esigenze del territorio regionale.
Il 16 giugno il progetto è stato ritrasmesso alla prefettura di Reggio Calabria opportunamente rimodulato sulla base delle indicazioni del laboratorio territoriale. Nella stessa situazione si trovano anche gli altri due progetti per i quali la prefettura di Reggio Calabria, a seguito dell'esame compiuto in una riunione del laboratorio territoriale del 7 giugno scorso, ha richiesto al comune di Catanzaro un'ulteriore rimodulazione che, definita lo scorso luglio, è stata lo stesso giorno ritrasmessa alla prefettura di Reggio Calabria.
L'istruttoria quindi è tuttora in corso e le riformulazioni chieste dalla prefettura Pag. 34di Reggio Calabria dimostrano che non è stata assunta alcuna decisione negativa, contrariamente a quanto paventato.
Vanno inoltre chiariti alcuni equivoci che potrebbero sorgere anche da altre questioni sollevate con l'interpellanza.
In primo luogo, intendo segnalare che il progetto relativo ai lavori di completamento dei sistemi di videosorveglianza per la città di Catanzaro è già stato approvato nell'ambito del Programma operativo nazionale «Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d'Italia» - Programmazione 2007-2013.
Preciso poi che fin dal 2009, con il decreto ministeriale del 24 settembre di quell'anno, alla questura di Catanzaro è stato preposto un dirigente generale di pubblica sicurezza.
Per quanto riguarda la richiesta di assegnazione di parte del personale del reparto mobile della Polizia di Stato di Reggio Calabria, va sottolineato che, a norma dell'articolo 33 della legge n. 121 del 1981, il relativo personale è chiamato ad operare ovunque si verifichino esigenze di tutela dell'ordine pubblico, e per le necessità di pubblico soccorso su tutto il territorio nazionale: pertanto, anche in località diverse da quelle della sede del reparto, e quindi anche a Catanzaro.
Quanto poi alle specifiche richieste riguardo al commissariato di polizia Catanzaro Lido, sottolineo che l'organico ammonta a 28 unità, supportate da 2 dipendenti dell'amministrazione civile, ed è stato recentemente potenziato con ulteriori 4 unità.
Il dispositivo di sicurezza nella provincia di Catanzaro ha consentito di ottenere significativi risultati. Ciò trova conferma nelle molteplici operazioni di polizia giudiziaria portate a termine proprio nei quartieri a sud del capoluogo, con numerosi arresti ed il sequestro di consistenti quantitativi di armi e droga; tra queste, va segnalata l'importante operazione «Revenge», focalizzata proprio sull'inserimento delle comunità dei nomadi stanziali nella criminalità organizzata. Anche gli autori dei due omicidi segnalati dagli onorevoli interpellanti sono stati assicurati alla giustizia.
Giacché l'onorevole Tassone, nella sua illustrazione orale, ha fatto riferimento a talune polemiche politiche insorte, e nel testo della sua interpellanza urgente vi è riferimento all'eventuale distoglimento di fondi per l'emergenza rom, desidero aggiungere che i Fondi PON 2007-2013 sono destinati alla risoluzione delle problematiche connesse all'affermazione della legalità nelle quattro regioni convergenti, e cioè Campania, Calabria, Puglia e Sicilia; e, conseguentemente, non possono essere distolti, né lo sono stati, per fronteggiare l'emergenza nomadi in altre regioni.
Ritengo, altresì, che debba essere chiarito che del tutto diverso dal Fondo PON è il fondo di 100 milioni di euro previsto dall'articolo 61, comma 18, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, per le iniziative urgenti occorrenti per il potenziamento della sicurezza urbana e la tutela dell'ordine pubblico. Ai sensi dell'articolo 1 del decreto interministeriale del 3 febbraio 2009, detto Fondo, che non subisce restrizioni rispetto alle regioni del territorio nazionale, era finalizzato a fronteggiare le situazioni di emergenza relative ai campi nomadi, che insistono nei territori di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 maggio 2008, a proseguire nell'attuazione degli obiettivi fissati nei patti per la sicurezza, ad intervenire sul fenomeno dell'immigrazione clandestina, e a realizzare interventi in materia di sicurezza urbana.
Ai sensi del successivo articolo 2, la quota parte di detto Fondo, da destinare all'emergenza nomadi, non poteva essere inferiore al 30 per cento, e cioè sostanzialmente a 30 milioni di euro. I progetti presentati dai vari comuni interessati sono stati 1.238, e la loro valutazione è stata affidata ad una commissione nominata dal Ministro dell'interno, come previsto dall'articolo 8 del citato decreto interministeriale.
Con riferimento alla regione Calabria, di interesse dell'onorevole interpellante, Pag. 35sono stati valutati in posizione utile in graduatoria sei progetti, per un ammontare complessivo di euro 4 milioni 653 mila circa. Di tali progetti, uno riguarda il comune di Catanzaro, progetto «Soli... mai più» per euro 100 mila, ed un altro il comune di Lamezia Terme, progetto «Recupero e risanamento campo nomadi in località Scordovillo», per euro 300 mila.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con doverosa attenzione quanto testé esposto dal sottosegretario Palma.
Devo ripetere una mia considerazione, che ho esposto in quest'Aula in altre occasioni ma anche altrove: vi sono fatti e momenti in cui abbiamo difficoltà a vedere accelerate le procedure, soprattutto quando si parla di sicurezza. Questo è un punto interrogativo che mi pongo, fra le angustie che noi abbiamo quotidianamente (non parlo di crisi esistenziali, perché abbiamo sempre una spinta di impegno al servizio delle comunità che rappresentiamo).
Ma che cosa si deve fare di più anche per le bonifiche, quindi dove vi è anche un problema di criminalità? Mi riferisco ai rifiuti e ne abbiamo parlato l'altro giorno. Questi non possono essere considerati grandi eventi, visto che poi i grandi eventi hanno avuto procedure accelerate. Non sono grandi eventi. Quali sono i grandi eventi? Questo è un interrogativo che mi pongo. Signor Presidente, lo dico senza polemica con nessuno, ma forse è un quesito e un interrogativo che deve un po' attraversare tutti noi.
Signor sottosegretario, gli aspetti e i dati che lei ci ha fornito - e di cui prendo atto, per carità - fanno riferimento a procedure lunghissime. Noi parliamo di un PON sicurezza di due o tre anni fa e lei mi ha parlato di tre progetti: il primo progetto del 7 giugno, va avanti, poi indietro, poi ritorna alla prefettura di Reggio Calabria; poi ci sono gli altri due progetti per quanto riguarda i rom; poi si fa differenza per quanto riguarda il fondo di 100 milioni di euro.
Io credo che nessuno dei colleghi parlamentari abbia sbagliato, perché forse l'accentuazione che vi è stata rispetto ad alcuni fondi che non sono stati utilizzati nell'immediato ha ingenerato qualche perplessità, qualche sospetto, anche perché molte volte, non so come avviene, anche il suo stesso Ministero, signor sottosegretario - non dico a lei - dà qualche notizia non veritiera, che può anche distaccarsi dalla verità, dal percorso giusto (ma questo accade perché non si risponde con grande coerenza e soprattutto con grande rigore rispetto agli aspetti dati).
Ma il fatto vero è che sono procedure lunghissime: sono procedure lunghe due, tre, quattro anni, per cui manca anche la ratio per quanto riguarda la vicenda, la storia e la funzione degli stessi PON sicurezza.
Il ragionamento che faccio non è relativo ad un'opera per cui vi è il finanziamento: il problema è il raccordo e l'aggancio con le realtà e con le autonomie locali. Infatti, ad esempio, nella città di Catanzaro, in quel consesso comunale, sono venuti meno lo slancio e soprattutto la fiducia, non dico semplicemente in alcuni settori, ma in quasi tutti i settori. Dopo un impegno, dopo un'attenzione, dopo una sollecitazione sembra che le autonomie locali siano disarmate rispetto all'incalzare di una criminalità organizzata sempre più pericolosa e sempre più minacciosa.
Nell'hinterland di Catanzaro abbiamo situazioni gravissime: l'altro giorno il dottor Procopio, sindaco di Montauro, è stato oggetto di atti di criminalità; la stessa cosa per il sindaco e il vicesindaco di Isola Capo Rizzuto e anche per un sacerdote, il parroco Giovinazzo, a Cittanova. Abbiamo una situazione veramente incandescente, ma soprattutto vi è un fatto drammatico a sud di Catanzaro.
Signor sottosegretario lei lo sa: Catanzaro è stata sempre definita un'oasi di pace e di tranquillità, anzi la provincia più «babba» della regione calabrese, e di tutto questo oggi non vi è alcuna traccia. Vi Pag. 36sono vicende e storie dove certamente alcuni obiettivi - ne ho dato sempre atto alle forze dell'ordine, agli inquirenti e ai magistrati, per carità - sono stati raggiunti, però non hanno capovolto la situazione.
In altre parole, vi è una parte di quel territorio che è off- limits, non si può entrare, vi è una situazione di criminalità diffusa. I rom prima facevano altre cose, rubavano le macchine, adesso spacciano droga, sono lì e vi sono delle connivenze.
Signor Presidente, ci sono delle connivenze, perché per cinquanta voti, cento voti anche nelle ultime elezioni regionali la gente è andata a chiedere voti e quindi, indirettamente, a dare protezione. Questo certo può riguardare il Governo, riguarda le istituzioni, siamo qui in una sede parlamentare e di questa realtà dobbiamo prendere atto, dobbiamo prenderne atto con forza, senza che in questo modo io possa indicare quella forza politica o quel candidato. Ma questo fenomeno c'è stato, perché se non ci fossero protezione e connivenze non ci sarebbe nemmeno la grande criminalità organizzata; senza i lasciapassare e i salvacondotti non ci sarebbe ovviamente questa situazione pericolosa che corrode anche la nostra realtà regionale. Per cui, signor Presidente, prendo atto della risposta del sottosegretario, della sua cortesia, però se questo è il quadro, noi stiamo giocando sulle procedure, ci saranno anche gli elementi, per carità, sono stato anch'io nel Governo, so quali sono i problemi sui quali molte volte bisogna confrontarsi però, in questi interventi, manca lo spirito dell'immediatezza e dell'urgenza. Come se fosse una pratica qualsiasi, come se fosse una ricognizione di una documentazione relativa ad altre vicende, non per quanto riguarda l'ordine pubblico. Non è vero, signor sottosegretario, che si è rafforzato il commissariato di Catanzaro Lido, sì sulla carta certamente, ma c'è sempre una situazione un po' rarefatta dove l'assenza di un coordinamento prevale su ogni cosa e soprattutto crea delle disfunzioni, malgrado ci sia l'impegno personale di uomini e cose. Io ritengo che questa sia una realtà, visto e considerato che lei poi è stato eletto in Calabria, una presa di coscienza bisogna pur averla, ottenerla attraverso un lavoro assiduo e forte. Non mi riferisco semplicemente alla città di Catanzaro ma a tutta la regione calabrese perché sono tutte concatenate, è tutta una situazione concatenata, è tutta una realtà, una vicenda, una storia lunghissima. Mi auguro che l'istituto regionale, l'ente regione, possa affrontare in termini ovviamente di forza tutta la problematica attuando il suo programma. E al primo punto, il mio partito, che ha partecipato, ha voluto e preteso che ci fosse la lotta alla criminalità organizzata. Questo è il primo punto, il più significativo, mettendo ordine, moralizzando la vita della regione, nel suo interno, perché altrimenti i PON sicurezza, i finanziamenti, le case sociali e così via valgono poco se non c'è una grande presa di coscienza. La cosa che più mi sconvolge, signor Presidente, signor sottosegretario, non sono le procedure lunghissime, ma il fatto che questa vicenda defatigante delle procedure mostra l'assenza dello Stato e della tempestività della presenza dello Stato. Questa è la cosa più drammatica, forse non ce ne siamo accorti perché dobbiamo muoverci tra la prefettura di Catanzaro e la prefettura di Reggio Calabria che ha il coordinamento. Ritengo che qualcosa non abbia funzionato, certamente tutto si può dire fuorché che si opera nella logica dell'urgenza, se vogliamo anche dell'emergenza, e nella logica ovviamente dell'ordine pubblico. La criminalità non attende le pratiche, la criminalità va avanti ma soprattutto va avanti nel momento in cui vi è una debolezza all'interno delle istituzioni. L'ultima battuta perché vedo la collega Lo Moro in quest'Aula in questo momento...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO TASSONE. Lei è stata anche protagonista di uno strumento del sindacato ispettivo sul Melito. Ho finito signor Presidente, le vicende sono collegate: un'opera pubblica manca alle attese sociali per procedure e soprattutto per i tentativi Pag. 37di mortificare ulteriormente la regione calabrese. Ritengo che tutto sia collegato, tutto ovviamente fa parte di un disegno; in questo momento il disegno non dà grandi e soverchie speranze o illusioni, e soprattutto enfasi. Pur ringraziando il sottosegretario, purtroppo non mi posso dire soddisfatto.

(Problematiche concernenti l'organizzazione dell'Expo 2015 - n. 2-00778)

PRESIDENTE. L'onorevole Fiano ha facoltà di illustrare l'interpellanza Peluffo n. 2-00778, riguardante problematiche concernenti l'organizzazione dell'Expo 2015 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

EMANUELE FIANO. Signora Presidente, dell'interpellanza Peluffo ed altri n. 2-0778, io sono, come si suol dire in questi casi, «altri». Desidero, innanzitutto, ringraziare il rappresentante del Governo, il sottosegretario.
I quotidiani di oggi - non solo nelle cronache milanesi - indicano con chiarezza il fatto che sino alla data di ieri - fino a ieri sera - era ancora totalmente aperta la questione relativa all'Expo 2015: drammaticamente - per lo sviluppo dell'area metropolitana milanese e non solo - ed incredibilmente (visto il copioso effluvio di parole che sono state spese in questi anni su questo tema, da parte di chi oggi governa il Paese, la regione Lombardia, la provincia di Milano e la città di Milano). Drammaticamente ed incredibilmente non vi è ancora alcuna soluzione - né sotto il profilo amministrativo, né sotto quello politico, tema sul quale tornerò - circa il fatto che, nella proposta originaria presentata al BIE (Bureau international des expositions), al momento della nostra candidatura, dell'Italia e di Milano, come sede dell'esposizione universale del 2015, si sarebbe dovuti essere in possesso delle aree sulle quali il progetto dava indicazione per la realizzazione delle opere e della sede dell'Expo. A circa 28 mesi dalla data - cioè, il 31 marzo 2008 - in cui il comitato del BIE scelse Milano quale sede dell'esposizione universale 2015, questa certezza della proprietà dello Stato delle aree sulle quali realizzare l'Expo 2015 non c'è.
E questa incertezza - che oggi è testimoniata dai titoli dei principali quotidiani italiani nelle proprie edizioni milanesi - è la cornice politica nella quale il collega Peluffo - che è primo firmatario e che da molti mesi segue con intelligenza e dedizione il tema del futuro dell'Expo - e noi altri firmatari inseriamo il tema di questa interpellanza urgente. Con essa, ci rivolgiamo ancora una volta al Governo per avere certezza sulle innumerevoli domande - recate anche in atti parlamentari concreti che abbiamo portato al voto e che in alcune occasioni sono stati accolti in quest'Aula - sul futuro delle varie vicende connesse alla realizzazione dell'Expo 2015.
Va fatta innanzitutto chiarezza per il gruppo parlamentare e per il partito che noi in questa sede rappresentiamo: apparteniamo ad un partito che considera uno straordinario risultato la realizzazione dell'Expo 2015. È uno straordinario risultato essere arrivati - con il lavoro d'appoggio importante che fornirono l'allora Governo Prodi, l'allora Ministro degli affari esteri D'Alema e gli altri Ministri di quel Governo - a vedere Milano designata quale sede dell'Expo 2015.
Facciamo parte di un gruppo parlamentare e di un partito che vuole la realizzazione dell'Expo 2015, ma non per questo smetteremo un minuto di fare domande a questo Governo circa i problemi irrisolti che sono sotto gli occhi di tutti.
Ci troviamo oggi in una situazione per cui si è da pochi giorni insediato il terzo amministratore delegato della società di gestione dell'Expo - SoGe - e nonostante questo andirivieni di autorevolissimi professionisti dell'amministrazione di società private e pubbliche, questo Expo non decolla e innumerevoli sono i problemi ancora rimasti aperti.
Come dicevo all'inizio dell'illustrazione dell'interpellanza, vi sono questioni tecniche aperte e questioni politiche. Credo che il Governo dovrebbe porre un'attenzione Pag. 38diversa rispetto a quella che - perlomeno a giudicare dai risultati - ha posto sino ad ora, circa anche le questioni di dissidio politico interne alla gestione della vicenda dell'Expo, ad opera soprattutto dei vertici della regione Lombardia, del comune e della provincia di Milano.
Le notizie a cui facevo riferimento e che, peraltro, sono oggetto anche delle domande che nell'interpellanza urgente abbiamo posto al Governo, riguardano il futuro delle aree che dovranno essere sede di Expo e il dissidio - che si svolge sotto gli occhi di tutti - tra le posizioni assunte sino ad oggi dalla regione Lombardia, dal governatore Formigoni e dal comune di Milano, circa le seguenti ipotesi: da una parte, vi è quella del governatore Formigoni di acquisizione delle aree ad opera delle amministrazioni pubbliche, per un prezzo - come diciamo nel testo dell'interpellanza - che si aggira intorno ai 150-160 milioni di euro.
Dall'altra parte, invece, vi è l'ipotesi avanzata dal comune di Milano, nella persona del sindaco Moratti, di ricevere in comodato d'uso, ad un prezzo simbolico, questi terreni che sono di proprietà sia del gruppo Cabassi sia della Fondazione Fiera, con l'impegno dei proprietari - nella realizzazione delle infrastrutture per un valore stimato cospicuo - di ricevere in cambio il ritorno di queste aree dopo lo svolgimento dell'esposizione universale 2015. Tali aree, però, ritornerebbero indietro, ai privati proprietari, dotate, a questo punto, di diritti edificatori volumetrici cospicui.
Queste due diverse visioni di possibili soluzioni per il possesso di queste aree si stanno ancora, in queste ore, scontrando.
A tutt'oggi i quotidiani e le notizie di stampa riportano il fatto che una soluzione non c'è. Siamo di fronte ad un Expo 2015 che ancora, sostanzialmente, non ha mosso un passo e alla stasi completa dell'inaugurazione dei progetti e della gestione amministrativa, considerato, se è vero com'è vero, che un terzo amministratore delegato ha preso possesso, da pochi giorni, del suo ufficio. La società di gestione Expo, quindi - lo abbiamo già indicato in un altro atto parlamentare, e lo ribadiamo oggi - avrebbe già avuto la possibilità di gestire l'acquisizione delle aree. Tuttavia, allo scopo si è voluto costituire un'altra area e, nonostante il terzo amministratore delegato, le proposte degli enti locali e il tempo di quasi 28 mesi passato inutilmente, di quelle aree ancora non si sa quale sarà il futuro.
Inoltre, non sono chiare le forme per l'acquisizione o, comunque, per il possesso di quelle aree dato che - come è evidente, senza il bisogno che lo spieghi - senza una soluzione per il possesso di quelle stesse aree risulta difficile capire come si potrà lì svolgere l'esposizione universale.
Con questa interpellanza chiediamo di nuovo, dopo averlo chiesto già molte volte, quali siano le risorse statali, degli enti locali e dei privati - dei quali abbiamo scarse notizie disponibili - per le opere essenziali e necessarie connesse al raggiungimento della realizzazione dell'esposizione universale; nello specifico, quali risorse risultino ancora da reperire e quali siano le motivazioni per il mancato reperimento sino ad oggi.
Chiediamo, inoltre, se il Governo abbia predisposto, in ordine a questi problemi, e insieme ovviamente agli enti locali, un piano di avvio e di chiusura dei cantieri di cui noi non abbiamo ancora notizia, e per quale ragione non sappiamo ancora dire se i ritardi sin qui accumulati rendano impossibile o meno la realizzazione di quali e quante opere (o eventualmente la loro non realizzazione) per l'Expo 2015.
Chiediamo altresì se siano stati messi in moto dei meccanismi, o quali meccanismi il Governo intenda mettere in moto, per il reperimento dei capitali privati che, sin dall'inizio della gestione e della presentazione del progetto dell'Expo 2015 al BIE, e nella successiva scelta di Milano quale sede di Expo, erano stati indicati come parte sostanziale e fondamentale per la realizzazione delle opere necessarie per l'Expo.
In un'ulteriore domanda chiediamo se il Governo abbia provveduto ad assumere iniziative volte a derogare il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, appalti, Pag. 39servizi e forniture, in attuazione delle varie direttive europee e nazionali per accelerare le procedure per la realizzazione delle opere.
Infine, vogliamo sapere se la sezione specializzata del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere e il gruppo interforze centrale per l'Expo 2015, di cui più volte si è parlato, siano già operativi e se i materiali e i mezzi a disposizione siano sufficienti per il contrasto all'infiltrazione mafiosa. Ovviamente, diciamo queste cose anche alla luce delle recentissime notizie delle attività investigative di prevenzione e di repressione che le forze di polizia e la magistratura hanno messo in atto su alcune infiltrazioni già presenti circa l'intera vicenda dell'Expo.
Signor Presidente, signor sottosegretario, mi avvio a concludere; siamo qui a svolgere domande che abbiamo sostanzialmente già svolto, e a lamentarci del fatto che alcuni voti di quest'Assemblea avevano già portato all'approvazione, in parte o in toto, di nostri ordini del giorno, che impegnavano il Governo ad atti concreti e prese di posizione circa problemi ancora aperti.
Siamo qui, parlamentari della Repubblica e rappresentanti di un'area del Paese che è interessata all'evento di Expo 2015 e che ha lavorato insieme al Governo del tempo e lavora, a tutt'oggi, insieme a chi governa il Paese perché questo risultato sia conseguito.
Siamo qui molto, molto e molto preoccupati per le notizie che ogni giorno arrivano invece, circa le difficoltà di realizzazione di questo evento e siamo qui, infine, perché vorremmo, una volta per tutte, ascoltare dal Governo parole di verità circa la possibilità o meno e le modalità con cui questo evento così importante per Milano e per il Paese potrà svolgersi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Nitto Francesco Palma, ha facoltà di rispondere.

NITTO FRANCESCO PALMA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, in attuazione degli obblighi internazionali assunti dal Governo italiano nei confronti del BIE reca disposizioni per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento della manifestazione Expo 2015. L'Expo Milano 2015 permetterà di concepire, in modo innovativo, l'esposizione universale. Infatti, l'evento non sarà limitato ai sei mesi di svolgimento, ma consisterà in un percorso che si concretizzerà in molteplici iniziative ed eventi, coinvolgendo le eccellenze italiane e quelle dei 157 Paesi aderenti al BIE.
Sono stati predisposti un piano di comunicazione e promozione nazionale e internazionale affinché i partecipanti possano anche visitare le città d'arte italiane e un piano commerciale per implementare il made in Italy. Sono stati, inoltre, stipulati numerosi accordi territoriali con città e province italiane e joint statements con alcuni Stati e con organizzazioni internazionali, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e il Ministero dello sviluppo economico.
Il 22 aprile ultimo scorso, nel rispetto dei tempi richiesti dal BIE, è stato ufficialmente presentato, unitamente a una lettera di impegno firmata dal Presidente del Consiglio dei ministri, il dossier di registrazione dell'Expo Milano 2015 Italia, con il quale vengono garantite le risorse occorrenti per la realizzazione di questo grande progetto.
Il commissario straordinario di Governo ha, altresì, rappresentato che malgrado la crisi economica internazionale il Governo, con la manovra finanziaria attualmente in discussione in Parlamento, pur provvedendo a un taglio complessivo di 25 miliardi ha salvaguardato gli impegni assunti anche a livello internazionale, confermando i finanziamenti per la realizzazione di Expo 2015 e per l'adeguamento infrastrutturale della città di Milano e della regione Lombardia.
La scelta di investire sul progetto dell'esposizione universale di Milano 2015 e Pag. 40sul tema di «nutrire il pianeta, energia per la vita» è uno strumento di contrasto alla crisi economica internazionale ed offrirà una grande opportunità anche per l'intera comunità internazionale e, in particolare, per gli Stati membri del BIE. L'evento consentirà la crescita di grandi settori quali la filiera eno-gastronomica, agro-alimentare, il turismo, l'energia, il mondo produttivo legato alle tematiche ambientali e, comunque, le imprese italiane che potranno diffondere il sistema delle eccellenze e le implementazioni di relazioni internazionali. Ciò premesso per inquadrare l'evento in questione, il commissario straordinario ha sviluppato le comunicazioni di cui sopra.
Per quanto concerne la richiesta degli interpellanti di sapere con quali modalità il Governo intenda dare seguito agli ordini del giorno e alle mozioni di cui in premessa, si ricorda che la V Commissione di questa Camera ha rappresentato come la richiesta di escludere dal Patto di stabilità tutte le spese dei comuni per la realizzazione degli eventi legati all'Expo Milano 2015 non possa essere condivisa, atteso che il suo accoglimento comporterebbe un peggioramento dei saldi di finanza pubblica e la necessità di individuare le adeguate risorse compensative.
Relativamente a quale sia, allo stato, la situazione della proprietà delle aree, come intendano procedere e quale sia la motivazione della costituzione di una nuova società, dal momento che la società Expo 2015 ha possibilità di acquisire immobili, si fa presente che, come riferito dal commissario straordinario e dal presidente della società Expo 2015 nel corso dell'assemblea generale del BIE il 1o luglio ultimo scorso, sono in corso di definizione le trattative con i privati proprietari (Fondazione Fiera Milano e Belgioioso Srl) finalizzate ad acquisire, entro il 31 ottobre 2010, la disponibilità delle aree. Ad oggi l'ipotizzata nuova società non è ancora stata costituita e la sua effettiva ed eventuale costituzione resta condizionata dagli esiti delle negoziazioni in corso con i proprietari privati.
In merito a quali siano le risorse statali degli enti locali e dei privati disponibili per le opere essenziali necessarie e connesse al raggiungimento di Expo 2015, quali risorse risultino ancora da reperire, quali siano le motivazioni e se il Governo abbia predisposto, insieme agli enti locali e alle società di gestione, un piano di avvio e di chiusura di cantieri e se questi siano e saranno rispettati o, comunque, conclusi per l'inaugurazione di Expo 2015, si fa presente quanto segue.
Relativamente alle opere essenziali di competenza della società Expo 2015, come indicato nel dossier di registrazione di Expo 2015 presentato al BIE il 22 aprile ultimo scorso, le risorse finanziarie ammontano a 1 miliardo 746 milioni di euro (di cui 1 miliardo 486 milioni di euro a carico delle pubbliche finanze). Di questi: 833 milioni di euro a carico dello Stato, 653 milioni di euro a carico della regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Milano, Camera di commercio di Milano, e 260 milioni di euro a carico di privati.
Lo Stato italiano, come espresso dalla lettera del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 aprile ultimo scorso che ha accompagnato il dossier di registrazione, ha garantito l'adempimento degli obblighi di Expo 2015 in conformità con l'articolo 10, comma 2, della convenzione BIE e come previsto nel regolamento generale Expo Milano 2015.
Pertanto, gli obblighi posti a carico dello Stato italiano in relazione allo svolgimento di Expo Milano 2015 sono assunti entro il limite globale di autorizzazione di spesa stabilito dalla legislazione nazionale (si veda l'articolo 14 del decreto-legge n. 112 del 2008). Lo stanziamento delle risorse poste a carico degli enti locali, pari a 653 milioni di euro, è in corso di deliberazione da parte dei rispettivi organi istituzionali.
Le risorse poste a carico dei privati (imprese, istituzioni finanziarie, operatori mobiliari, eccetera), pari a 260 milioni di euro, sono da reperire da parte di Expo 2015 mediante attività di project financing, Pag. 41concessioni, operazioni finanziarie di partnership pubbliche e private, e altri strumenti finanziari.
Con riferimento al cronoprogramma dei lavori, già definito da Expo 2015 in coerenza con la data di apertura dell'esposizione universale, non si registrano ritardi. Relativamente alle opere essenziali, la cui competenza è passata al tavolo Lombardia, le amministrazioni pubbliche garantiscono, per quanto di competenza, la relativa copertura finanziaria.
Per i parcheggi sono in corso approfondimenti volti ad individuare la migliore localizzazione e le modalità di attuazione, fermi restando i tempi di realizzazione compatibili con le necessità di Expo 2015. Si fa, altresì, presente che nell'ultima seduta del tavolo Lombardia del 19 aprile 2010 è stato confermato e ribadito che tutto il complesso delle opere infrastrutturali procede nei tempi stabiliti.
In particolare, si elencano gli avanzamenti avvenuti rispetto al tavolo Lombardia del 30 novembre 2009: infrastrutture Lombardia Spa, per conto della regione Lombardia, ha dato avvio alle procedure per la realizzazione del collegamento viario Molino-Dorino-autostrada A8. Ad oggi sono in fase di verifica le domande di partecipazione pervenute a seguito del bando di prequalifica ed è in corso la procedura regionale di verifica di assoggettabilità a VIA (valutazione di impatto ambientale).
Il 6 febbraio 2010 sono stati avviati i lavori per la realizzazione della pedemontana, opera fondamentale per l'intero sistema infrastrutturale della Lombardia insieme all'autostrada Brescia-Bergamo-Milano i cui lavori sono in corso dal luglio 2009.
Il 23 gennaio 2010 sono stati avviati i lavori sulla rete ferroviaria Saronno-Seregno. Il 30 gennaio 2010 è stato attivato il raddoppio della linea ferroviaria da Saronno a Malpensa e Castellanza. Il 9 dicembre 2009 è stato firmato l'accordo per la copertura finanziaria dell'estensione della linea metropolitana M1 a Monza, condividendo altresì l'esigenza di prolungare la rete metropolitana sulla direttrice Milano-Monza sino a Rondò dei Pini e l'impegno a verificare le modalità e le fattibilità tecniche.
Il 10 febbraio 2010 è stato firmato l'accordo per la copertura finanziaria alla realizzazione della metro tramvia Milano-Seregno. Il 6 novembre 2009 il CIPE ha approvato i progetti definitivi della linea metropolitana M5 lotto Garibaldi-San Siro e della linea M4, lotto Policlinico-Linate. Il 12 maggio 2010 le deliberazioni sono state pubblicate sulla Gazzetta ufficiale.
Si è pertanto proceduto, per quanto attiene alla linea M4, all'inoltro della lettera di invito per la presentazione delle offerte da parte di soggetti qualificati nella prima fase della gara. Per ciò che invece attiene alla linea M5 si sta provvedendo all'affidamento dei lavori della tratta Garibaldi-San Siro al concessionario della prima tratta Bignami-Garibaldi.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o marzo 2010 sono state modificate le tabelle delle opere Expo allegate al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2008 relativamente alla realizzazione della linea metropolitana M4 secondo lotto Sforza-Policlinico-Linate che risulta essere quindi inserita nell'elenco delle opere essenziali.
Il CIPE, nella seduta del 13 maggio 2010, ha approvato il progetto definitivo del primo lotto funzionale al potenziamento della linea ferroviaria Rho-Gallarate e i progetti preliminari dei prolungamenti della metropolitana M2 a Vimercate e della metropolitana M3 a Paullo.
Circa il quesito su quali iniziative il Governo ha intrapreso o intende intraprendere affinché vengano attratti capitali privati per la realizzazione delle infrastrutture e se non si ritenga opportuno avviare una campagna di adesione dei privati per le opere di Expo 2015 vista la congiuntura sfavorevole del mondo economico dovuta a una crisi globale, si rappresenta che, relativamente alle suddette iniziative, nel dossier di registrazione è prevista l'adozione da parte dello Stato italiano di misure legislative speciali anche di natura fiscale tese a favorire l'attrattività del capitale privato nella iniziativa, Pag. 42come ad esempio le misure di defiscalizzazione per le imprese che investiranno nell'esposizione universale.
Tali infrastrutture potranno essere realizzate attraverso la procedura di gara ad evidenza bandita da Expo 2015.
Riguardo al quesito relativo a quali iniziative siano state predisposte per il piano strategico di sviluppo turistico e come si intende intervenire per le infrastrutture turistico-ricettive, si rappresenta quanto segue. Nel corso del 2009 sono stati attivati tavoli tematici della Camera di commercio di Milano e di Confindustria approfondendo delle strategie di sviluppo in vista dell'esposizione universale anche per quanto concerne le infrastrutture turistico-ricettive.
Inoltre, con il protocollo di collaborazione sottoscritto in data 3 marzo 2009 dal commissario delegato del Governo, dal comune di Milano, dalla regione Lombardia, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri tramite il sottosegretario al turismo, sono state rafforzate le relazioni reciproche e create sinergie per lo sviluppo di sistemi di accoglienza turistica e di promozione culturale e territoriale in vista di Expo Milano 2015.
Il dossier di registrazione ha previsto una strategia turistica di lungo periodo che includerà sinergie tra gli operatori e gli organizzatori dei flussi turistici, l'utilizzo dell'evento quale catalizzatore dei miglioramenti infrastrutturali e dei trasporti, incentivi ai turisti per il prolungamento del soggiorno attraverso la promozione di iniziative culturali della città. Sono stati altresì previsti un piano di rinnovamento urbano per rafforzare l'immagine di Milano, investimenti su specifiche azioni di Polizia in favore del paesaggio urbano e della sicurezza, progetti educativi nelle scuole e nelle università.
In merito al quesito concernente l'opportunità di potenziare l'organico degli ispettori del lavoro nelle province su cui ricadono le opere previste, si evidenzia che, tenuto conto della massima attenzione prestata dal Governo nella lotta all'illegalità rispetto all'incolumità e alla sicurezza dei lavoratori, verranno attivati tutti gli strumenti che si riterranno necessari coinvolgendo le amministrazioni centrali e territoriali competenti per un'efficace azione di prevenzione e controllo.
Riguardo al quesito se sia intenzione del Governo assumere iniziative volte a derogare al Codice dei contratti pubblici, si rende noto che il Governo, consapevole della complessità delle opere da realizzare per l'esposizione universale, in considerazione della dichiarazione di grande evento attribuita all'Expo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 agosto 2007, n. 27605, ha emanato l'OPCM 18 ottobre 2007, n. 3623, e l'OPCM 19 gennaio 2010, n. 3840.
Le citate ordinanze si pongono come finalità il rendere possibile una più celere realizzazione delle opere pubbliche, derogando ad alcune disposizioni normative concernenti le procedure di affidamento, esecuzione e vigilanza, nel rispetto della normativa comunitaria di riferimento.
Circa quali iniziative il Governo abbia intrapreso affinché venga realizzato l'obiettivo dell'Expo 2015, ossia «nutrire il pianeta, energia per la vita», si rappresenta quanto segue. Il dossier di registrazione contiene un intero capitolo, il numero 8, dedicato al piano di comunicazione e promozione, da realizzarsi sia sul versante nazionale sia a livello internazionale. A livello nazionale, le attività di promozione saranno orientate a coinvolgere un'utenza sensibile al tema allargando la rete di relazioni con le imprese, le aziende, le eccellenze culturali e queste saranno finalizzate a rinforzare i rapporti di collaborazione con le istituzioni locali. A livello internazionale, è stato previsto di sfruttare gli eventi tipicamente italiani per organizzare una serie di attività di comunicazione presso le realtà straniere, coinvolgendo testimonial e figure istituzionali.
Con riferimento alle attività da sviluppare nell'ambito internazionale, è da sottolineare l'importanza del centro di sviluppo sostenibile, snodo di una rete in cui si realizza una strategia di cooperazione internazionale, di diffusione di conoscenze e di formazione di capitale umano, di capacità professionali nonché di trasferimento Pag. 43di know how a favore di processi di rinnovamento sia tecnologico sia organizzativo e gestionale. Il centro di sviluppo sostenibile costituirà il centro motore per la realizzazione dei progetti di cooperazione internazionale di Expo 2015, elemento propulsivo della progettualità internazionale e di cooperazione che nei prossimi anni si realizzerà sui temi dell'Expo.
Si chiede poi se la sezione specializzata del comitato di coordinamento di alta sorveglianza delle grandi opere e il gruppo interforze centrale per l'Expo 2015 siano già operativi e se i materiali e i mezzi a disposizione siano sufficienti per il contrasto alla infiltrazione mafiosa. Il gruppo interforze centrale per l'Expo Milano 2015, in virtù della natura dei compiti ad esso assegnati, è stato inserito presso il servizio analisi criminali della direzione centrale della Polizia criminale del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
Il gruppo è coordinato da un primo dirigente della Polizia di Stato. A seguito di due riunioni tecniche svolte alla presenza dei rappresentanti delle forze di polizia indicate nel decreto del Ministro dell'interno del 23 dicembre 2009, è stato individuato il personale interforze ad esso preposto.
Nel frattempo sono stati individuati e allestiti i locali, gli archivi, gli strumenti informatici di analisi che permettono al gruppo di operare in vista della vera e propria fase di realizzazione delle opere previste per lo svolgimento dell'esposizione universale sia per ciò che concerne la costruzione del sito che per la realizzazione delle opere connesse. Intanto, il coordinatore del gruppo ha avviato una serie di contatti informali con le forze di polizia territoriali e con l'autorità giudiziaria nella prospettiva di un concreto avvio dell'attività e dei compiti assegnati al gruppo relativamente al monitoraggio e all'analisi delle informazioni concernenti le verifiche antimafia e i risultati dei controlli effettuati presso i cantieri, nonché l'attività di movimentazione ed escavazione terra, smaltimento rifiuti, bonifica ambientale, trasferimenti di proprietà di immobili e beni aziendali al fine di verificare eventuali attività di riciclaggio ovvero concentrazioni o controlli da parte di organizzazioni criminali.
Infine, il medesimo coordinatore del gruppo ha mantenuto anche i contatti con la prefettura di Milano e con la sezione specializzata del comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, insediatosi lo scorso 15 marzo presso la stessa prefettura, che ha già tenuto una prima riunione ed è pronto ad essere operativo con l'avvio concreto delle attività. Per il funzionamento della struttura è prevista l'assegnazione delle risorse strumentali, finanziarie e umane individuate nel decreto istitutivo del 23 aprile scorso. Presso la prefettura di Milano sarà comunque insediata una cellula del gruppo interforze.
Su un piano più generale il contrasto e i tentativi di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali nel settore degli appalti pubblici rappresenta uno dei capisaldi dell'intero pacchetto di misure adottate dal Governo con il piano straordinario contro le mafie approvato dal Consiglio dei ministri del 28 gennaio 2010. La direzione investigativa antimafia del Dipartimento di pubblica sicurezza svolge anch'essa un costante monitoraggio mediante il proprio osservatorio centrale sugli appalti e le dipendenti articolazioni territoriali per prevenire e contrastare i tentativi delle organizzazioni criminali di stampo mafioso finalizzate ad inserirsi nella gestione degli appalti pubblici.
Tale attività si sviluppa attraverso approfondite verifiche sugli aspetti gestionali delle ditte interessate agli appalti, nonché nell'ambito dei gruppi interforze che operano a livello provinciale presso gli uffici territoriali del Governo attraverso lo strumento ispettivo dell'accesso ai cantieri che consente di acquisire informazioni e documentazioni in loco delle ditte sospette. Sull'argomento si richiamano le disposizioni introdotte dalla legge n. 94 della 15 luglio 2009 che consentono, da un lato, ai prefetti la possibilità di controllo dei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione dei lavori pubblici e, dall'altro, di Pag. 44ampliare la categoria dei soggetti presso i quali è possibile procedere ad accertamenti per verificare la sussistenza del pericolo di infiltrazioni mafiose.

PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo ha facoltà di replicare.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati, intendo utilizzare il tempo a disposizione per motivare le ragioni della insoddisfazione per la risposta che ha fornito il rappresentante del Governo, comunque ringraziandolo per la risposta stessa. L'interpellanza che abbiamo presentato è stata depositata all'indomani delle dimissioni da amministratore delegato della società Expo del collega onorevole Lucio Stanca. C'è da dire che con le dimissioni dell'onorevole Stanca i problemi che riguardavano Expo sono rimasti intatti ed è confermato anche dalla comunicazione che ci è appena stata letta.
Pertanto, siamo arrivati al terzo amministratore delegato. Al dottor Sala vanno i nostri auguri di buon lavoro. Egli arriva dopo Glisenti, dopo Stanca e dopo 14 mesi di immobilismo in cui i problemi si presentano esattamente come prima. Voglio segnalare anche un paradosso, visto che l'anno scorso nella campagna elettorale per le elezioni provinciali di Milano veniva indicato come il problema dell'Expo il fatto che ci fosse la provincia di Milano guidata dal centrosinistra e, quindi, non dello stesso colore del Governo nazionale, della regione Lombardia e del comune di Milano. Avevamo indicato allora come questo fosse un argomento sbagliato e fuorviante. Dopo un anno c'e la certificazione che il problema non era quello. I problemi continuano ad esserci ed è mancato il gioco di squadra innanzitutto.
Voglio segnalare, inoltre, le inutili rassicurazioni venute in questi 14 mesi da esponenti del Governo nazionale e locale del centrodestra. Più volte hanno detto che andava tutto bene e oggi ci troviamo, invece, di fronte ad una situazione diversa. Da questo punto di vista potremmo anche fornire un'ampia e dettagliata rassegna stampa.
Signor sottosegretario, credo che sia giunto il momento di usare parole di verità rispetto all'Expo. Questo bisogna fare.
C'è un impatto della crisi economica? Bene, valutiamo i numeri. C'è la necessità di cambiare in parte, come parzialmente è stato fatto, lei lo ha detto nella sua risposta ed è la prima volta che viene riferito al Parlamento, tra il dossier di candidature e il dossier di registrazione? Discutiamone. Di sicuro penso, come è stato detto anche dall'onorevole Fiano, ed è opinione dei firmatari di questa interpellanza tra i quali vi è anche l'onorevole Farinone, non possiamo e non dobbiamo rinunciare all'Expo, ma l'unico modo per rilanciarlo è dire parole di verità.
Signor sottosegretario, questo ramo del Parlamento ha impegnato il Governo nel corso dei mesi passati ad una serie di impegni. Il 14 gennaio 2009 il Governo si era impegnato a reperire la totalità dei fondi riferiti al dossier di candidatura: questo era quanto si richiedeva al Governo; oggi, invece, con il dossier di registrazione vediamo che l'impegno riguardo ai fondi è diverso. Il 21 aprile 2009 veniva chiesto l'impegno al Governo a relazionare in Parlamento, cosa che non è stata fatta dal 21 aprile, tanto che noi oggi apprendiamo, per la prima volta, dell'esistenza di una serie di modifiche rispetto al dossier di candidatura. Il 16 dicembre 2009 il Governo ha accolto un ordine del giorno che conteneva l'impegno alla deroga al Patto di stabilità per gli enti locali in relazione agli investimenti che dovevano effettuare; ebbene, lei prima ha letto la risposta che è stata data dal Viceministro Vegas in Commissione bilancio in base alla quale il Governo non consente la deroga al Patto di stabilità, mentre era un impegno contenuto proprio nell'ordine del giorno in parola. Inoltre, il 24 febbraio, abbiamo presentato un ordine del giorno per la stazione unica appaltante presso la prefettura: su questo non c'è stata una risposta.
Per quanto riguarda le aree dove dovrebbe sorgere l'Expo, cito alcuni dati almeno ci capiamo: si tratta di una superficie di un milione 100 mila metri Pag. 45quadrati, il 70 per cento di proprietà della fondazione fiera, il 30 per cento della famiglia Cabassi. Innanzitutto, domando perché non è stata preso in considerazione l'acquisto delle aree da subito, cioè dal 2008, soprattutto da parte della società Expo 2015 che prevede nel proprio statuto la possibilità di fare operazioni immobiliari per la realizzazione dell'Expo, quindi anche l'acquisto delle aree? Considerato che tra l'altro il Ministero dell'economia ha il 40 per cento delle quote della società Expo 2015 non c'era quindi bisogno di questa newco di cui si parla, che dovrebbe essere essenzialmente costruita in tutta la regione.
Come segnalava il collega Fiano la questione è ancora irrisolta per il solito scontro tra regione e comune di Milano. La regione sostiene l'acquisto, il comune sostiene il comodato d'uso gratuito che significherebbe, in buona sostanza, almeno nella proposta dei proprietari, che la ripartizione dei terreni dopo l'evento sarebbe la seguente: il 56 per cento dei terreni resterà in mano pubblica, mentre il 44 per cento tornerà nelle mani dei proprietari all'indomani dell'Expo. Su questi terreni, che dovranno essere restituiti liberi da persone e cose, dovranno essere adibite superfici fondiarie su una SLP pari a 400 mila metri quadrati con un mix funzionale a prevalenza residenziale, per un valore di centinaia e centinaia di milioni di euro. È vero che i privati si impegnano a realizzare le opere di infrastrutturazione e urbanizzazione fino a 135 milioni di euro, ma a scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Allora, sottosegretario, rispetto a questo dov'è l'interesse pubblico? Nella proposta di comodato l'interesse pubblico semplicemente non è rintracciabile, nell'ipotesi di acquisto delle aree l'interesse pubblico sarà rintracciabile nel momento in cui si dice però anche qual è la destinazione finale di quelle aree. In sostanza, dopo l'Expo cosa si farà su quelle aree? Lo dico anche perché questa è una delle richieste del Bureau internazionale delle esposizioni per concedere la registrazione della candidatura. Infatti, entro aprile di quest'anno, l'Expo Milano 2015 doveva dimostrare di avere il pieno possesso delle aree, cosa che non è in grado di fare neppure oggi, e la destinazione successiva delle stesse; ha ottenuto una deroga fino a fine ottobre di quest'anno, però entro fine ottobre bisognerà sciogliere questi due nodi, cioè avere la piena proprietà delle aree, risolvere il conflitto tutto interno al centrodestra tra comune e regione e dire soprattutto cosa si farà su quelle aree.
Per quanto riguarda le risorse, lei oggi ci ha fornito un'indicazione relativa ad esse diversa da quella contenuta nella precedente comunicazione del Governo, perché fra il dossier di candidatura e il dossier di registrazione sono state operate alcune modifiche: è rimasto intatto il valore dell'impegno dello Stato (1 miliardo e 486 milioni di euro), mentre sono diminuite, in base a quanto lei ha affermato, sia, in piccola parte, la quota spettante agli enti locali - soprattutto alla regione -, sia i fondi di cui dovrebbero disporre i privati (891 milioni di euro era la quota prevista dal dossier di candidatura, mentre 260 milioni quella prevista dal dossier di registrazione).
Rimane, però, un problema: come vengono trovati questi fondi? Non vorremmo che, alla fine, se non vengono trovati (pur non essendo più 891, ma 260), alla fine, li debba comunque mettere a disposizione la parte pubblica, anche perché, finora, non vi sono state dimostrazioni di interesse da parte di privati. Anzi, ve n'è stata una, da parte del Presidente del Consiglio, che, nella conferenza stampa con il Commissario straordinario, parlando di Expo, ha affermato che sarebbe interessato ad investimenti su quell'area (a proposito di conflitti di interesse).
Il punto, però, è questo: se non vi sono dimostrazioni di interesse da parte di privati, alla fine i soldi ricadono di nuovo sul pubblico. Per questo motivo, abbiamo proposto una campagna di adesione dei privati, con un bando pubblico internazionale, soprattutto al fine di arrivare, sulla base di ciò, ad una valutazione di fattibilità, altrimenti bisognerà fare nuovamente i conti. Pag. 46
Per quanto riguarda i tempi, voglio sottolineare nuovamente un'osservazione, che abbiamo già espresso come Partito Democratico: non può succedere che, ad un certo punto, si dica che, poiché si è in ritardo e non si fa in tempo, allora bisogna procedere con la decretazione d'urgenza, perché il tempo è quello che è stato sprecato per i dissidi all'interno del centrodestra, per l'immobilismo di questi quattordici mesi. Ciò che non si può fare, pertanto, è utilizzare le ordinanze di protezione civile.
Lei ha fatto riferimento al fatto che Expo è un grande evento: di sicuro non si può pensare che un grande investimento come l'Expo venga effettuato in deroga al controllo della Corte dei conti e alla normativa vigente, a partire dal codice degli appalti, perché l'Expo deve essere il massimo della trasparenza.
In merito alle altre questioni, signor Presidente, ho esaurito il mio tempo?

PRESIDENTE. Ha ancora trenta secondi.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Utilizzo gli ultimi trenta secondi che mi concede per parlare del tema dell'Expo: «Nutrire il pianeta. Energia per la vita». Con riferimento a tale tema Milano ha vinto la possibilità di ospitare l'Expo, convincendo moltissimi altri Paesi: su tale aspetto Milano e l'Italia si sono impegnati per campagne di cooperazione allo sviluppo.
Ho visto sul sito dell'Expo 2015 che è stata rilanciata la campagna delle Nazioni Unite «1 billion hungry», che prevede la raccolta di un miliardo di firme a sostegno dei programmi delle Nazioni Unite per la lotta alla fame. I dati OCSE dicono che il nostro Governo è l'ultimo, in termini di fondi stanziati per la cooperazione allo sviluppo. Allora, delle due l'una: o il Governo fa qualcosa in più sulla cooperazione allo sviluppo (e, quindi, anche in maniera credibile svolgiamo campagne a sostegno dell'Expo) o, altrimenti, si elimina questa campagna, magari approntando qualcosa di più piccolo e che potrebbe essere più utile, come, ad esempio, un tavolo Governo-enti locali-ONG, per provare a fare quanto è possibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo, prevista per le 17.
Ricordo che il Parlamento in seduta comune è convocato per oggi alle 14,30 per l'elezione di otto componenti del Consiglio superiore della magistratura e che la chiama avrà inizio dai senatori.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 18,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Colucci, Fallica, Lusetti e Pescante sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che, in relazione ai tempi di presentazione da parte del Governo, la discussione generale del disegno di legge n. 3610 - Conversione in legge del decreto legge 6 luglio 2010, n. 102, recante proroga degli interventi di Pag. 47cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace, di stabilizzazione e delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia (da inviare al Senato - scadenza: 5 settembre 2010), già prevista per lunedì 12 luglio, sarà iscritta con la formula «ove concluso dalle Commissioni» martedì 20 luglio (pomeridiana, al termine delle votazioni); il seguito dell'esame avrà luogo nelle giornate di mercoledì 21, giovedì 22 e venerdì 23 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni), con priorità rispetto agli altri argomenti.
È stato altresì stabilito che la discussione generale del Doc. XVIII, n. 24 - Relazione della XIV Commissione sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2010 e sul Programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea presentato dalle presidenze spagnola, belga e ungherese e della mozione Franceschini ed altri n. 1-00407 recante misure volte al sostegno e al rilancio del settore del trasporto ferroviario avrà luogo martedì 13 luglio, alle ore 9.
Nella stessa giornata, dalle ore 15, con votazioni non prima delle ore 16 (con eventuale prosecuzione notturna) e nelle giornate di mercoledì 14 e giovedì 15 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 16 luglio) avrà luogo l'esame dei Doc. XXII, nn. 12 e 16 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale ed il seguito dell'esame del Doc. XVIII, n. 24 e della mozione Franceschini ed altri n. 1-00407.
Non avrà luogo, invece, l'esame della proposta di legge n. 1257 - Nuova disciplina del prezzo dei libri, già previsto a partire da lunedì 12 luglio, essendo stato comunicato dalla Commissione competente l'avvenuto perfezionamento dei presupposti per il trasferimento in sede legislativa, che sarà sottoposto alla deliberazione dell'Assemblea martedì 13 luglio (pomeridiana).
In considerazione dai tempi stabiliti dal Senato per la conclusione dell'esame del disegno di legge S. 2228 - Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (scadenza: 30 luglio 2010), l'esame in Assemblea è previsto a partire da lunedì 26 luglio.
L'organizzazione dei tempia per la discussione della mozione Franceschini ed altri n. 1-00407 sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge (ore 18,32).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di martedì 13 luglio 2010 l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla VII Commissione (Cultura):

LEVI ed altri: «Nuova disciplina del prezzo dei libri» (1257).

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 13 luglio 2010, alle 9:

1. - Discussione della relazione della XIV Commissione sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2010 e sul programma di 18 mesi del Pag. 48Consiglio dell'Unione europea presentato dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese (Doc. XVIII, n. 24).
- Relatore: Pescante.

2. - Discussione della mozione Franceschini ed altri n. 1-00407 recante misure volte al sostegno e al rilancio del settore del trasporto ferroviario (per la discussione sulle linee generali).

(ore 15, con votazioni a partire dalle ore 16)

3. - Discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:
REGUZZONI ed altri; LULLI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale (Doc. XXII, nn. 12-16-A).
- Relatore: Vignali.

4. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge C. 1257.

5. - Seguito della discussione della relazione della XIV Commissione sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2010 e sul programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea presentato dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese (per l'esame e la votazione delle eventuali risoluzioni presentate) (Doc. XVIII, n. 24).
- Relatore: Pescante.

6. - Seguito della discussione della mozione Franceschini ed altri n. 1-00407 recante misure volte al sostegno e al rilancio del settore del trasporto ferroviario.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla VII Commissione (Cultura):
LEVI ed altri: «Nuova disciplina del prezzo dei libri» (C. 1257).
(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

La seduta termina alle 18,35.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA MOZIONE N. 1-00407

Mozione n. 1-00407 - Sostegno e rilancio del settore del trasporto ferroviario

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 58 minuti (con il limite massimo di 14 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 22 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 16 minuti
Partito Democratico 1 ora e 3 minuti
Lega Nord Padania 35 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 28 minuti
Misto: 29 minuti
Alleanza per l'Italia 8 minuti
Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti
Repubblicani, Regionalisti, Popolari 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.