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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 220 di giovedì 24 settembre 2009

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,05.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Cirielli e De Biasi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza, con lettera in data 23 settembre 2009, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze):
S. 1749 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009» (Approvato dal Senato) (2714) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), VIII e X.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea per la prossima settimana, ai sensi del comma 5 dell'articolo 96-bis del Regolamento, il termine di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo si intendono conseguentemente adeguati.

Convalida di deputati.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta odierna, ha verificato non essere contestabile l'elezione del deputato Antonio Mereu, proclamato nella seduta del 9 giugno 2009 in sostituzione del deputato Sergio Milia per la lista n. 18 - Unione di Centro nella XXVI Circoscrizione Sardegna, e, concorrendo nell'eletto le qualità richieste dalla legge, ha deliberato di proporne la convalida. Do atto alla Giunta di questa proposta e dichiaro convalidata la suddetta elezione.
Comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta odierna, ha verificato non essere contestabile l'elezione del deputato Marco Desiderati, proclamato nella seduta Pag. 2del 13 luglio 2009 in sostituzione del deputato Matteo Salvini per la lista n. 6 - Lega Nord nella III Circoscrizione Lombardia 1, e, concorrendo nell'eletto le qualità richieste dalla legge, ha deliberato di proporne la convalida. Do atto alla Giunta di questa proposta e dichiaro convalidata la suddetta elezione.
Molte congratulazioni e un cordiale benvenuto ai due colleghi.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,10).

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, mi scuso con i colleghi, ma intervengo solo e affinché quest'Aula, prima di cominciare i lavori di oggi, sia almeno testimone che in questo Paese si continua a morire nei cantieri italiani. Quella di ieri è stata una giornata che ha contato tre morti sul lavoro, uno in Lombardia, uno in Trentino e uno in Sardegna, e numerosi feriti.
A Brescia due operai sono caduti da 15 metri: uno è morto sul colpo e l'altro è in fin di vita. Ad Arco, in provincia di Trento, un extracomunitario è stato decapitato dalla lama di un escavatore con cui stava lavorando e a Olbia altri due operai sono caduti mentre stavano costruendo un capannone: uno è morto e l'altro è in prognosi riservata.
Volevo dire questo perché rimanesse agli atti e perché in quest'Aula si torni ad essere impegnati affinché la battaglia per la vita rimanga un impegno e perché non si muoia sui luoghi di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vico. La battaglia per la vita e per il rispetto della vita è un valore costituzionale fondamentale in tutte le sue dimensioni e penso che tutti i membri di questa Camera si uniscono al dolore per questi drammatici incidenti.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per la modifica della circolare del dipartimento della funzione pubblica n. 12 del 2000 in materia di pensioni ordinarie per i funzionari direttivi dello Stato - n. 2-00478)

PRESIDENTE. L'onorevole Favia ha facoltà di illustrare l'interpellanza Di Pietro n. 2-00478, concernente iniziative per la modifica della circolare del Dipartimento della Funzione pubblica n. 12 del 2000 in materia di pensioni ordinarie per funzionari direttivi dello Stato (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anzitutto mi sia consentito di dolermi del fatto che, con tutto il rispetto, vedo in Aula un rappresentante del Governo poco attinente con la materia di cui stiamo parlando. Presumo che sia stata delegata ed abbia, oltre che probabilmente le competenze, anche un documento scritto da leggere: non credo che sia un atteggiamento opportuno e corretto del Governo nei confronti del Parlamento, questo di delegare componenti del Governo trattanti materie aventi delega non attinente con quelle dell'interpellanza.
Ciò detto, l'interpellanza che sottoponiamo all'Aula e al Governo tratta una di quelle materie, e lo dico anche memore della mia professione di avvocato, in cui tante volte lo Stato si incaponisce su di una interpretazione che alle volte serve più per far cassa che per far giustizia: quelle situazioni in cui confliggono provvedimenti amministrativi aventi interpretazioni diverse sulla stessa materia, provvedimenti sui quali poi il cittadino è costretto a rivolgersi all'autorità giudiziaria. Pag. 3Come in questo caso l'autorità giudiziaria concordemente dà ragione al cittadino, ma l'amministrazione pubblica non ne fa tesoro mutando il proprio orientamento erga omnes, ma continua a «maltrattare» la generalità dei cittadini aventi quel diritto qualora non adiscano l'autorità giudiziaria. E credo che sarebbe opportuno (e mi auguro che nella risposta ciò sia contenuto) che venga cambiato questo tipo orientamento, che allontana sempre di più il cittadino dallo Stato e fa sentire lo Stato «nemico».
L'articolo 73, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972 dispone che le pensioni ordinarie per i funzionari direttivi dello Stato già appartenenti alle qualifiche di ispettore generale e di direttore di divisione, o equiparate a dei cosiddetti ruoli ad esaurimento, vanno liquidate sulla base del trattamento economico che sarebbe ad essi spettato se all'atto della cessazione dal servizio avessero conseguito l'inquadramento a primo dirigente, che ora si chiama dirigente di seconda fascia. È chiaro che si tratta di una norma speciale, che vuole garantire un risarcimento morale e materiale a quei soggetti che non hanno potuto essere inquadrati nella qualifica di primo dirigente soltanto per una carenza di posti, e non anche per una carenza delle loro capacità; c'è quindi una sorta di conservazione ad personam delle qualifiche nei confronti dei rispettivi titolari.
È del tutto ovvio che nel computare la pensione spettante debbono essere ricomprese nel calcolo tutte le voci della retribuzione che sarebbe spettata; nella fattispecie segnalo anche, come è stato detto da più parti, la retribuzione di posizione. Accade invece che, con una circolare del 24 ottobre 2000, la n. 12 del Dipartimento della Funzione pubblica, vengano escluse dal predetto trattamento economico la parte fissa o minima della cosiddetta retribuzione di posizione dell'ex primo dirigente, come dicevo prima, che pure rappresenta una delle sue componenti essenziali. La giustezza di quanto noi sosteniamo deriva dalle norme di contrattazione collettiva vigente in materia, dalla deliberazione n. 2/2004/P adottata il 26 febbraio 2004 dalla Sezione centrale di controllo di legittimità della Corte dei conti, ed anche da alcune lettere ufficiali particolarmente significative facenti parte di una corrispondenza intercorsa in ordine alla materia tra lo stesso Dipartimento della Funzione pubblica e la Ragioneria Generale dello Stato.
Come accennavo nella premessa al mio intervento, sul piano giurisdizionale tra il 2003 e il 2007 sono state emesse ben tredici sentenze da parte di diverse sezioni regionali della Corte dei conti, favorevoli alla tesi che sto illustrando; addirittura, una di queste sentenze, la n. 271 del 2003 della sezione dell'Abruzzo, è stata anche oggetto di positivo apprezzamento da parte dell'avvocatura generale dello Stato che, come noto, è organo consulente dell'apparato di Governo (che è lo stesso che invece nega agli aventi diritto questa corretta liquidazione pensionistica).
Di contro, con una recente circolare, la n. 7 del 17 luglio 2008, il dipartimento della funzione pubblica ha espressamente dichiarato che tra le voci del trattamento economico fondamentale dei dirigenti dell'area I rientra anche la retribuzione di posizione di parte fissa, contrariamente a quanto risulta dalla circolare del 2000 che citavo prima che invece la esclude, con conseguente riduzione, del tutto impropria, della base pensionabile dei rispettivi destinatari. Abbiamo quindi una contraddizione tra due circolari dello stesso ufficio e chiaramente riteniamo più adeguata (e lo sarebbe anche nell'analisi delle fonti indirette del diritto, essendo quella più recente) la circolare del 2008. Abbiamo tutta una serie di interpretazioni della contrattazione collettiva, pareri della sezione centrale di controllo di legittimità della Corte dei conti, dichiarazioni in corrispondenza e sentenze a iosa, come ho citato prima: non si capisce perché su questa materia si continui invece a negare i diritti agli aventi diritto - scusatemi la cacofonia - confidando, e questo è noto, sulla non volontà da parte di alcuni, se non di molti, di ottenere diritto davanti alla giustizia contabile. Pag. 4
È noto ovviamente che le sentenze fanno stato soltanto nei confronti delle parti, ma sarebbe opportuno che davanti a una giurisprudenza così costante lo Stato, anziché pensare alla cassa, pensasse alla giustizia e al diritto e si adeguasse correttamente nei comportamenti nei confronti di tutti.
L'Italia dei Valori interpella dunque il Governo per sapere se non intenda modificare ovvero annullare la circolare n. 12 del 2000 e quindi rendere valida soltanto quella del 2008, al fine di prevedere in favore degli aventi diritto un trattamento pensionistico da commisurare non solo alle voci retributive già indicate in quella circolare, ma anche a quella relativa alla retribuzione di posizione di parte fissa o minima: ciò, ribadiamo, sarebbe un bel gesto di correttezza da parte di uno Stato amico e non nemico, come spesso viene percepito dai cittadini.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Favia. Devo dire che la rappresentanza del Governo verso il Parlamento è generale e investe ciascuno dei membri del Governo (e quindi, legittimamente, il Governo manda a riferire chi ritiene opportuno); tuttavia, è giusto che questa Camera richieda la presenza di membri del Governo competenti per materia sulle questioni che vengono proposte. Ieri abbiamo avuto un buon esempio, oggi invece torniamo all'abitudine di inviare il sottosegretario più disponibile anche quando esso è competente, gentile e affascinante come l'onorevole Craxi, che siamo lieti di avere con noi. Rimane il fatto che sarebbe bene che venissero i Ministri, e i Ministri competenti. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Craxi, cui do il benvenuto, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, le confesso che lavoreremmo meglio anche noi.
L'articolo 73, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, come è noto, prevede un beneficio pensionistico in favore dei funzionari delle soppresse qualifiche ad esaurimento, disponendo che il relativo trattamento di quiescenza sia liquidato all'atto della cessazione dal servizio, sulla base del trattamento economico spettante alla qualifica di primo dirigente.
In applicazione del citato articolo 73, la circolare n. 12 del 24 ottobre 2000 riconosce come base pensionabile il trattamento economico fondamentale del dirigente, ma non il trattamento economico accessorio connesso all'incarico effettivamente conferito dall'amministrazione e concretamente esercitato dal dirigente, vale a dire la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato.
La questione ha costituito oggetto di ripetuti approfondimenti, anche in considerazione delle richieste del comitato rappresentativo dei pensionati costituitisi all'uopo, il quale ha, infatti, domandato a più riprese al Dipartimento della funzione pubblica di modificare la predetta circolare, nel senso di includere nella base di calcolo del trattamento pensionistico anche la retribuzione di posizione in parte fissa, in quanto ritenuta non strettamente correlata all'effettivo esercizio delle funzioni dirigenziali.
Il Dipartimento della funzione pubblica, in particolare, già nel gennaio del 2002 ha sottoposto alla Ragioneria generale dello Stato una proposta di modifica della citata circolare, intesa a riconoscere nella base pensionabile anche la retribuzione di posizione, nella parte fissa, in luogo del trattamento accessorio contrattualmente previsto per il personale delle soppresse qualifiche ad esaurimento.
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha espresso avviso sfavorevole in ordine all'inserimento della retribuzione di posizione parte fissa spettante ai dirigenti nella determinazione della base di calcolo del trattamento pensionistico del personale ad esaurimento, confermando sul punto l'orientamento della circolare n. 12 del 2000.
Più recentemente, il predetto Ministero ha confermato tale orientamento, precludendo a tal fine una possibile iniziativa di Pag. 5accoglimento delle istanze del citato comitato per via amministrativa, attraverso la modifica della circolare del 2000.
Si consideri poi che la terza sezione della Corte dei Conti, competente per materia, ha manifestato, a seguito dei numerosi ricorsi presentati dal personale interessato, un orientamento costante - non so se definirlo incaponimento - teso ad escludere la retribuzione di posizione, anche nella componente parte fissa, dalla base pensionabile. Si citano, al riguardo, le sentenze n. 466/2003, n. 212/2006, n. 335/2006, n. 97/2007, n. 98/2007.
Più in particolare, si richiama la sentenza n. 497/2005 (III Sez. giurisd.), secondo cui: «i funzionari de quibus, che non abbiano in concreto esercitato funzioni dirigenziali in virtù di un formale incarico, pur avendo diritto al calcolo della pensione sulla base dello status dirigenziale ex articolo 73, II comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, non possono vedersi computati anche l'elemento de quo, attenendo il medesimo alla preposizione ed all'effettiva gestione di una funzione dirigenziale. Né può ritenersi che l'effetto in parola possa discendere ex se dall'attribuzione figurativa della qualifica dirigenziale all'atto del collocamento a riposo, poiché tale circostanza non comporta la preposizione ad un ufficio riconducibile a tale funzione».
La medesima sezione, con la successiva sentenza n. 409/2006, ha concluso ritenendo che: «la richiesta di remissione alle sezioni unite di questa Corte della questione di massima attinente l'inclusione o meno nella base pensionabile della retribuzione di posizione deve essere respinta».
L'orientamento manifestato dalla Corte dei Conti con le sopra citate sentenze consente anche di escludere la presunta contraddizione, lamentata nell'interpellanza, tra la circolare n. 12 del 2000 e la circolare n. 7 del 2008, emanata dal Dipartimento della funzione pubblica in materia di assenze per malattia dei pubblici dipendenti in attuazione dell'articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 2008.
Gli ambiti considerati dalle due circolari sono infatti distinti, in quanto la n. 12 riguarda funzionari che non hanno in concreto esercitato funzioni dirigenziali in virtù di un formale incarico e che quindi, mutuando le parole della Corte dei Conti, non possono vedersi computati nella base pensionabile anche l'elemento de quo, attenendo il medesimo alla preposizione ed all'effettiva gestione della funzione dirigenziale.
Diversamente, la circolare n. 7 del 2008, emanata in ordine alle modalità applicative del nuovo regime delle assenze per malattia di cui all'articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008, impartisce indicazioni, tra l'altro, relativamente alla retribuzione di posizione del personale preposto e formalmente incaricato dell'effettiva e concreta gestione di una funzione dirigenziale. La soluzione della problematica in esame, oggetto di numerosi approfondimenti congiunti tra il Dipartimento della funzione pubblica e la Ragioneria generale dello Stato, non è pertanto percorribile in via amministrativa mediante la modifica della vigente circolare - anche in considerazione dei più stringenti vincoli e criteri di copertura e monitoraggio della spesa imposti dal decreto-legge n. 194 del 2002, convertito dalla legge n. 246 del 2002 - bensì richiede una precisa prescrizione normativa.
L'eventuale accoglimento dell'istanza in esame, unitamente alle altre avanzate dal personale interessato, pertanto, non può che trovare soluzione in sede legislativa, mediante una modifica normativa del citato articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972 previa adeguata individuazione delle fonti di copertura finanziaria, come prescritto dalle recenti norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio, di cui alla legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni e integrazioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Favia, ha facoltà di replicare.

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DAVID FAVIA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta che ovviamente non ci lascia soddisfatti e la ringrazio soprattutto per la battuta sull'opportunità che il Governo sia rappresentato da sottosegretari attinenti alla materia, quindi questo le fa onore.

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, onorevole Favia: possibilmente Ministri.

DAVID FAVIA. Ci «accontentiamo» anche di rappresentanti del Dicastero, comunque lei, signor Presidente, è una persona che guarda più in alto di me evidentemente. Ha ragione. Ieri avevamo il Ministro Maroni e abbiamo esempi adeguati.
Ciò detto, non sono soddisfatto per una serie di motivi. Il primo è che nella risposta viene dichiarato che questa retribuzione di posizione sarebbe una parte accessoria della retribuzione. In realtà non è una parte accessoria la retribuzione di posizione di parte fissa, come è abbastanza ovvio e noto. L'altro fatto che è assolutamente sconcertante, e che si presta a questo punto ad un'interpretazione d'incostituzionalità, è il sostenere che la circolare del 2000 riguarda funzionari che non hanno in realtà esercitato la funzione, nel mentre la circolare del 2008 riguarda funzionari che hanno esercitato la funzione.
Ora, quando una norma dispone che determinati soggetti vengono posti in quiescenza con una pensione sulla base del trattamento economico che sarebbe ad essi spettato se all'atto della cessazione del servizio avessero conseguito l'inquadramento a primo dirigente, è chiaro che (pur nella virtualità del concetto) è come se costoro avessero esercitato questa funzione, quindi rientrerebbero pienamente nella circolare del 2008, altrimenti ictu oculi vi sarebbe un'evidente disparità di trattamento tra due figure che - lo ripeto - solo virtualmente (ma la legge così prescrive) hanno la stessa situazione.
Da ultimo - ovviamente non sto a ripetere tutte le motivazioni che ho esplicato nella mia introduzione e che debbono essere qui ritenute richiamate - accolgo favorevolmente la proposta che mi pare di intravedere nella risposta del Governo, ovverosia che sarebbe opportuno, per sistemare questa vicenda, intervenire in sede legislativa.
Non so se questa sia la volontà del Governo o se sia soltanto un parere di chi ha redatto la risposta alla nostra interpellanza. Da parte nostra, come Italia dei Valori, ci renderemo eventualmente proponenti di questa modifica legislativa. Sarebbe più opportuno che l'iniziativa venisse assunta dal Governo.

(Iniziative relative all'emergenza incendi in Sardegna - n. 2-00437)

PRESIDENTE. L'onorevole Melis ha facoltà di illustrare l'interpellanza Soro n. 2-00437 riguardante iniziative relative all'emergenza incendi in Sardegna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, questa interpellanza urgente del Partito Democratico porta la data del 27 luglio scorso essendo stata presentata all'indomani delle tragiche giornate del 23 e 24 luglio quando praticamente l'intera Sardegna fu percorsa e devastata dalle fiamme. In quelle tragiche ore sono morti due uomini, due allevatori che lottavano per strappare al fuoco le proprie bestie. Sono stati devastati quasi ventimila ettari di macchia, coltivazioni e boschi in zone talvolta di irripetibile originalità per quanto riguarda la flora e la fauna, distrutte diverse costruzioni, isolati e minacciati dalle fiamme gli ovili e interi Paesi. Sulla costa, dov'era in pieno svolgimento la stagione turistica, alcuni villaggi avevano dovuto essere drammaticamente e rapidamente evacuati e i loro abitanti ricoverati alla bell'e meglio in alloggi di fortuna. Decine di persone sono rimaste intossicate compresi molti vigili del fuoco, che qui voglio menzionare per la loro abnegazione dimostratasi non soltanto in questa circostanza, e i volontari accorsi a Pag. 7difendere praticamente a mani nude la propria e l'altrui proprietà. Si è trattato - riprendo le parole dell'assessore alla difesa dell'ambiente della regione sarda, Giorgio Oppi - della peggiore giornata dal 1983 quando nei pressi di Tempio Pausania morirono tra le fiamme nove persone.
Signor Presidente, gli incendi, anche se non di questa drammatica proporzione e tragicità, com'è noto sono un'antica costante negativa delle estati sarde. Secondo una diffusa letteratura storiografica rappresentavano in origine la manifestazione di quella specie di lotta di classe che in Sardegna come altrove contrappose nei secoli contadini e pastori: i primi interessati a difendere le terre coltivate, i secondi pronti ad incendiarle per ridurle a terreno da pascolo. Si usa dire in Sardegna che dopo le fiamme, l'erba cresce più folta.
In ogni caso sugli incendi esiste nella lunga storia giuridica sarda una plurisecolare produzione di norme, a cominciare da quelle emanate alla fine del Trecento nella Carta de Logu di Eleonora d'Arborea che sono straordinariamente moderne - vorrei notare - perché già allora fissavano i periodi nei quali era lecito oppure severamente vietato bruciare in campagna e stabilivano un adeguato sistema di sanzioni. Può darsi, come è stato sostenuto, che questo passato leghi indissolubilmente gli incendi alla questione sarda, ne spieghi in parte la virulenta continuità nei secoli, ne faccia un dato realisticamente stabile del problema della Sardegna. Tuttavia non ritengo che sia così. Penso che, arrivati al 2009, dobbiamo cominciare a pensare agli incendi, a questo annuale tributo alle fiamme, come ad una tragedia che si può e si deve prevenire ed evitare.
Ricordo che secondo una stima attendibile agli inizi degli anni 2000 gli incendi sardi erano circa il 30 per cento di quelli nazionali e la Sardegna rappresenta una delle regioni più bruciate di Italia.
Negli ultimi anni la situazione è andata, se possibile, ancora più peggiorando, sia per il numero annuale degli incidenti (ben oltre i 3.000 all'anno ormai) sia per la superficie interessata (siamo largamente sopra i 40.000 ettari all'anno), secondo dati del Corpo forestale di questi ultimi anni, con varietà di cause: il 65 per cento è doloso, l'11 per cento è colposo, il 23 per cento è dovuto a fattori indefiniti e solo poco più dell'1 per cento è legato ad eventi naturali.
In merito alla simultaneità degli incendi dolosi, in molti casi, anche nel luglio scorso, si sono ritrovati fra le ceneri raffreddate gli inneschi dei piromani, in altri sono stati arrestati gli autori rei confessi. Verrebbe da pensare a chissà quali piani criminosi coordinati. In realtà, stando ai nomi dei cosiddetti piromani e alle loro inesistenti connessioni reciproche, resta a mio giudizio avvalorata l'antica tesi della pluralità convergente delle cause più svariate: fuoco che scappa di mano in pochi casi, divertimento di piromani annoiati in altri, intenti speculativi (in molte zone di pregio ambientale cominciamo ad averne le prove), vendette, dispetti legati ad antichi contenziosi che covano nella comunità rurale in molte zone, perfino estrema risorsa criminosa di operai forestali stagionali disoccupati cronici in cerca, nella disperazione, di sempre nuove occasioni di occupazione; insomma, si tratta di un complesso di motivazioni che la giornata propizia, il vento di scirocco, il gran caldo, l'assenza di controlli preventivi e la presunzione di un'impunità pressoché assoluta rendono e hanno reso anche in quest'ultimo caso coincidenti.
Ho parlato di impunità, signor Presidente, perché statisticamente la gran parte degli autori del reato la fa franca: quando vengono arrestati (in una percentuale minore di casi) se ne perdono, dal punto di vista mediatico perlomeno, le tracce; i processi si celebrano - con molto ritardo naturalmente rispetto agli eventi - al riparo dai riflettori; le condanne forse non sono propriamente esemplari; è raro che le comunità danneggiate si costituiscano nel giudizio come parti civili.
Esiste - a noi pare - uno sconcertante disinteresse nell'opinione pubblica (ma naturalmente dei media) nei confronti di questo reato, le cui conseguenze sociali sono invece di portata enorme, toccando non solo gli interessi dei privati, ma quel Pag. 8supremo bene pubblico che è costituito dalla conservazione della natura e dalla sua perpetrazione dall'una all'altra generazione.
Tuttavia è un dato che nel precedente periodo, specialmente l'anno scorso, nel 2008, il numero e l'intensità degli incendi calò in Sardegna in modo significativo. Ciò si dovette - mi permetto di dire - all'impegno della giunta regionale guidata da Renato Soru, che investì allora una cifra ragguardevole nella campagna pubblicitaria antincendi e che allestì per tempo un sistema di avvisatori efficace, collocato in punti nevralgici della campagna sarda. Il fenomeno degli incendi dolosi infatti si combatte con un mix di misure preventive e repressive, rimediando all'isolamento di vaste zone rurali (la campagna sarda è ancora una terra spesso isolata, dove può capitare di percorrere chilometri senza incontrare anima viva), con mobilitazione di pattuglie ben orientate sul territorio (che devono conoscere a menadito) e con l'utilizzo di elicotteri per la sorveglianza dall'alto, elicotteri più aerei per lo spegnimento delle fiamme, con un serio potenziamento del lavoro dell'amministrazione forestale, con l'incremento e la mantenuta in efficienza di queste reti di avvistamento nelle campagne: queste sono solo alcune misure che si devono e si possono prendere e che purtroppo - mi permetto di dire - sembra non siano state prese quest'anno con la dovuta tempestività.
Ma tutto ciò, signor Presidente, richiede una forte consapevolezza del problema naturalmente e una guida coerente delle politiche da utilizzare per la sua soluzione. Tutto ciò richiede risorse finanziarie, oculatezza di spesa al centro come in periferia.
Faccio riferimento qui ad una fonte del Governo, non dell'opposizione, alle dichiarazioni in quest'aula dello stesso sottosegretario Bertolaso, il quale a luglio ebbe a denunciare, se non ricordo male - io però ero presente in aula - la sottovalutazione degli «allerta» ed i ritardi negli allarmi da parte della struttura regionale sarda gestita da qualche mese dalla giunta di centrodestra, aggiungendo subito dopo: «Le difficoltà in Sardegna derivano anche da un processo di riorganizzazione della protezione civile che è tuttora in corso».
La reazione che quelle critiche di Bertolaso hanno suscitato a Cagliari, dove il presidente della regione Cappellacci e l'assessore Oppi hanno replicato con fin troppa veemenza, non può cancellare la realtà, colta giustamente nelle dichiarazioni del sottosegretario, di una prevenzione che non si è fatta o non si è fatta come negli altri anni, di un cambio della guardia al vertice del Corpo forestale regionale che è stato incautamente effettuato in corso d'opera, in prossimità della stagione degli incendi e di un generale atteggiamento di distrazione da parte delle autorità regionali in questo caso, che ha certamente inciso nella non tempestività della reazione.
È passato troppo tempo prima che il sistema fosse messo in allarme, troppo tempo prima che i primi Canadair decollassero per le zone dell'intervento, troppo tempo prima che si comprendesse appieno l'entità e la pericolosità del fenomeno in atto, troppo tempo, mentre la gente moriva.
Prendiamo atto, se questo è il punto, che vi sono responsabilità della regione sarda e della sua nuova giunta, ma siamo anche qui a chiedere, signor Presidente, e a domandare espressamente, signora sottosegretario, se il Governo abbia maturato o no la stessa nostra consapevolezza che il problema degli incendi sardi non può essere sottovalutato con fatalismo. Non può essere un problema annuale dei mesi estivi, accantonato alla stregua di una fastidiosa ricorrenza, che sempre vi è stata e sempre vi sarà, qualunque cosa si faccia o si dica. Non è così.
Molto può essere fatto, soprattutto nei mesi non estivi, potenziando i finanziamenti dedicati a prevenzione ed intervento, assicurando un miglior collegamento con le autorità regionali - specificatamente, con il Corpo forestale sardo, che ha delle grandi doti di professionalità - perseguendo, con maggiore determinazione, gli incendiari una volta che siano identificati e arrestati, promuovendo opportune Pag. 9campagne di sensibilizzazione delle popolazioni, in particolare nelle zone rurali, preparando meglio gli uomini già impegnati sul terreno e formandone di nuovi. L'ambiente della Sardegna, con le sue originali peculiarità, è un bene prezioso, non soltanto per noi sardi, ma ritengo per l'intero Paese.
Chiediamo qui al Governo quali misure intenda promuovere per evitare il ripetersi di simili drammatici eventi e se, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, non intenda predisporre un piano di intervento specifico in vista della prossima estate, impegnando, in relazione ad esso, risorse anche governative. Comprendiamo che esistono in materia competenze dello Stato e competenze, certo maggiori, della regione. Chiediamo, però, un più stretto e fruttuoso coordinamento.
Le polemiche postume, quando per di più vi sono dei morti, non servono. Serve la capacità di antivedere i problemi e di risolverli tempestivamente col concorso di tutti i soggetti interessati. Facciamo in modo, signora sottosegretario, di non dover più leggere, l'estate prossima, cronache drammatiche come quelle che abbiamo letto in luglio. La Sardegna ha già tante disgrazie e ha subito, ultimamente, tanti torti anche da parte di questo Governo. Cerchiamo di evitare, almeno, che sia, obbligatoriamente, puntualmente, ogni anno, bruciata in tutta la sua superficie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Craxi, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, per quanto concerne le cause dei roghi sviluppatisi in Sardegna nei giorni 22, 23 e 24 luglio 2009, dalle prime risultanze è emerso - e il dato è più alto di quello segnalato - che oltre il 70 per cento dei roghi sembrerebbe di natura dolosa.
Inoltre, va evidenziata anche una situazione meteorologica particolarmente sfavorevole caratterizzata da un campo di alta pressione di matrice africana, che ha coinvolto gran parte del bacino mediterraneo centro-occidentale con alte temperature e forti venti di scirocco, che hanno favorito la propagazione di focolai e reso difficoltosa l'opera di spegnimento per il verificarsi di condizioni di forti turbolenze che, in alcune ore, hanno ostacolato l'attività dei mezzi aerei antincendio presenti.
Relativamente alle competenze attribuite in materia dalla normativa vigente, le legge 21 novembre 2000, n. 353, legge quadro in materia di incendi boschivi, ha affidato alle regioni la realizzazione dell'attività di previsione e prevenzione del rischio e di lotta attiva contro gli incendi boschivi, così come previsto dall'articolo 3, comma 1, della predetta legge.
Lo svolgimento di detti compiti trova attuazione nella programmazione delle suddette attività di previsione e prevenzione, realizzate attraverso le province, i comuni e le comunità montane (articolo 4, comma 5); nell'impiego del volontariato, per il quale l'articolo 7, comma 3, ha previsto, così come in genere, per tutti gli operatori antincendio, un certificato di idoneità fisica e un'adeguata preparazione professionale; nell'istituzione presso le regioni di un unico luogo: la sala operativa unificata permanente, nella quale far concorrere, oltre alle informazioni, le capacità operative delle amministrazioni territoriali e statali, quali regioni, prefetture-uffici territoriali del Governo, Corpi forestali e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Inoltre, lo stesso articolo 7, al comma 5, ha previsto un unico coordinamento delle operazioni a terra da parte delle regioni, al fine di assicurare una maggiore efficacia dell'intervento dei mezzi aerei per lo spegnimento degli incendi.
Tra le citate attività sono incluse anche le reti di avvistamento nelle campagne e la sorveglianza del territorio con velivoli ed elicotteri.
La regione Sardegna ha attualmente una disponibilità di circa undici elicotteri che gestisce direttamente e autonomamente per tutte le tipologie di attività, che includono sia i compiti di ricognizione e di avvistamento, sia di spegnimento, mentre il Dipartimento della protezione civile, Pag. 10tramite il Centro operativo aereo unificato (COUA), è chiamato a garantire il coordinamento dell'impiego della flotta aerea dello Stato per fornire, qualora richiesto, supporto alle squadre che operano a terra e alla flotta aerea regionale, laddove esistente.
In particolare, si fa presente il fortissimo impegno della flotta dell'Attività incendi boschivi dello Stato (AIB), che nei tre giorni di criticità di luglio ha volato circa 700 ore, equivalenti alla metà del totale delle ore di volo effettuate dall'inizio della campagna Attività incendi boschivi.
Per quanto riguarda l'attività svolta dal Dipartimento della protezione civile prima dell'inizio della campagna estiva 2009, i rappresentanti del Dipartimento hanno visitato le regioni Sardegna, Calabria, Puglia, Lazio, Basilicata, Campania e Sicilia, al fine di verificare la piena funzionalità dei sistemi regionali e l'effettiva attivazione e funzionamento delle Sale operative unificate permanenti (SOUP).
In data 24 marzo 2009, nella sede dello stesso dipartimento, ha avuto luogo una riunione alla quale hanno partecipato tutte le regioni per analizzare le criticità emerse nel corso della campagna estiva 2008 e invernale 2009, in vista dell'apertura della campagna estiva 2009. Successivamente, a fronte di alcune criticità riscontrate, il capo del Dipartimento ha indirizzato una specifica nota ai presidenti delle regioni Calabria, Sardegna e Campania per evidenziare le anomalie che avrebbero potuto causare una non adeguata risposta del sistema regionale all'ordinaria attività di allertamento e di lotta attiva.
Infine, in data 11 giugno 2009, le regioni sono state nuovamente convocate per illustrare il contenuto degli indirizzi operativi per fronteggiare gli incendi boschivi e di interfaccia e i rischi conseguenti per la stagione estiva 2009 emanati dal Presidente del Consiglio dei ministri.
I suddetti indirizzi operativi hanno evidenziato, come nell'anno precedente, la necessità di mantenere attivo, a tutti livelli, il coordinamento delle varie componenti e strutture di protezione civile. Inoltre, è stata evidenziata la trasversalità del fenomeno degli incendi boschivi e di interfaccia, al quale è necessario far fronte contemporaneamente, sia con la pianificazione dell'Attività incendi boschivi (AIB), nell'ottica della tutela del patrimonio ambientale, sia con un'apposita pianificazione di protezione civile, a tutela dei cittadini e dei sistemi antropizzati.
In previsione dell'avvio della campagna AIB 2009, il Dipartimento della protezione civile, insieme alle regioni e alle province autonome, ha coordinato la mobilitazione del volontariato specializzato. Infatti, mentre tutti i volontari della Protezione civile possono concorrere all'attività di previsione e avvistamento degli incendi, solo le squadre specializzate adeguatamente equipaggiate e addestrate possono intervenire nelle operazioni di lotta attiva contro gli incendi boschivi, a supporto e in concorso con le squadre dei Vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato.
Per queste ragioni, la mobilitazione delle organizzazioni di volontariato è stata, in questa attività, massiccia e, in virtù della competenza primaria di cui sono investite, molte regioni hanno mobilitato autonomamente le squadre volontarie, anche sulla base di apposite convenzioni. In altri casi, invece, è stato richiesto un supporto del Dipartimento.
Già da qualche anno, il Dipartimento ha, inoltre, proposto la realizzazione di gemellaggi tra regioni del nord e del centro-sud particolarmente esposte al rischio incendio durante i mesi estivi. Quest'anno sono stati realizzati gemellaggi in Puglia e in Sicilia, con il concorso di volontari provenienti da Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Lombardia.
La campagna estiva 2009, che è iniziata il 15 giugno, come stabilito dagli indirizzi operativi del Presidente del Consiglio dei ministri, e che viene a concludersi il 30 settembre, è stata caratterizzata da un andamento climatico che l'ha accomunata alla passata campagna antincendi boschivi 2008 e, al di là dei gravi recenti eventi accaduti nella regione Sardegna, negli ultimi due anni ha manifestato un riallineamento alla norma. Pag. 11
È stato confermato così il virtuoso andamento decrescente del numero di incendi e degli ettari percorsi dal fuoco che annualmente interessano il territorio nazionale fin dal 1990, dimostrando inequivocabilmente l'anomalia rappresentata dagli eventi del 2007 e confermando il buon risultato ottenuto nel 2008. In particolare, il confronto del periodo 1o gennaio - 13 agosto degli anni 2008 e 2009 evidenzia una riduzione di circa il 40 per cento degli incendi occorsi e una riduzione delle aree percorse dal fuoco di circa il 70 per cento, se si esclude il dato relativo alla Sardegna.
Questo risultato lo si può attribuire in parte alla favorevole situazione climatica, meteorologica e della vegetazione, che si è rivelata meno favorevole per quanto riguarda gli eventi dolosi all'azione degli incendiari rispetto al 2007, e in parte all'azione di supporto del Dipartimento della Protezione civile alle regioni, in collaborazione con gli altri soggetti competenti in materia nell'ambito dell'attività commissariale voluta dal Presidente del Consiglio dei Ministri. In particolare, si fa presente che il 30 settembre 2008 si è concluso lo stato di emergenza dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 27 luglio 2007 relativo agli incendi e ai fenomeni di combustione sui territori dell'Italia centro-meridionale verificatisi nell'estate 2007.
L'attività commissariale prevista ha affiancato le regioni in maggiore difficoltà, rendendo più continua ed efficace l'applicazione di strumenti di previsione, di pianificazione e di risposta all'emergenza proposti dal capo del Dipartimento in qualità di commissario delegato; ha promosso l'attività di gemellaggio tra le regioni e le organizzazioni di volontariato e di protezione civile in attività extra regionale e di vigilanza, avvistamento e nei compiti di spegnimento a terra a fianco delle strutture operative statali e regionali preposte, realizzando un'attività di informazione e di formazione finalizzata a migliorare le conoscenze e le capacità operative dei direttori delle operazioni di spegnimento o, più in generale, dei soggetti preposti al coordinamento delle operazioni a terra. Infine, ha organizzato l'attività di addestramento, anche di livello europeo ed internazionale, per migliorare e armonizzare la complessiva capacità di risposta operativa volta a fronteggiare gli incendi boschivi e di interfaccia, i rischi e i danni ad essi conseguenti.
Relativamente ai mezzi aerei impiegati dalla flotta aerea di Stato, lo schieramento di inizio campagna AIB estiva consisteva in tre velivoli Canadair CL-415 sulla base di Olbia, un elicottero S-64 sulla base di Fenosu, Oristano, e un elicottero AB-205 sulla base di Elmas. A seguito delle previsioni meteo e dei bollettini di suscettività all'innesco di incendio emersi dal Centro funzionale del Dipartimento il 22 luglio 2009, il COAU ha definito sulla base della disponibilità dei mezzi statali, delle caratteristiche tecniche e della capacità di contrasto dei singoli velivoli, uno schieramento più idoneo a fronteggiare la situazione attesa per la giornata successiva. Ciò è avvenuto anche nelle giornate del 24 e del 25 luglio.
In particolare, il giorno 23 luglio, a fronte di 19 incendi totali, con relative richieste di intervento della flotta aerea dello Stato, 14 di questi sono stati localizzati in Sardegna e sono stati impiegati 9 Canadair; il 24 luglio, su un totale di 23 incendi con relative richieste di intervento da parte dello Stato, 15 sono stati localizzati in Sardegna e sono stati utilizzati 12 Canadair e un AB-205 estinguente che hanno effettuato 61 missioni per un totale di 124 ore di volo e 2.292.000 litri di estinguente; il giorno 25 luglio, su 40 incendi con relative richieste di intervento, 13 sono stati localizzati in Sardegna con l'ausilio di 12 Canadair, un S-64 ed un AB-205. Complessivamente, in Sardegna nei tre giorni critici il Dipartimento della Protezione civile ha impiegato mediamente il 70 per cento della flotta di Stato di Canadair ulteriormente rinforzata dai due Canadair CL-205 forniti della Comunità europea nell'ambito del meccanismo di supporto di protezione civile.
Per quanto riguarda poi la composizione della flotta aerea della regione Sardegna che si compone di ben 11 Pag. 12elicotteri, si evidenzia che la stessa sarebbe molto più flessibile ed efficace se si prevedesse l'inserimento in linea di aeromobili ad ala fissa. Per quanto riguarda l'opportunità di avviare attività di monitoraggio in Sardegna finalizzata a verificare gli interventi di prevenzione nei confronti degli incendi boschivi e inerenti la tutela dell'incolumità delle persone e la sicurezza delle comunità, si evidenzia quanto previsto dal piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi 2008-2010.
Come sancito dall'articolo 4, comma 2, della legge n. 353 del 2000, l'attività di prevenzione consiste nel porre in essere azioni mirate a ridurre le cause e il potenziale innesco d'incendio, nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti.
La regione Sardegna ha attuato, in aderenza a tale disposizione di legge, le prescrizioni regionali antincendi al fine di disciplinare l'uso del fuoco, non solo durante il periodo di maggiore pericolosità, ma durante l'intero anno solare. Per soddisfare una più adeguata e tempestiva comunicazione e informazione dei cittadini, le predette prescrizioni sono state approvate ed elaborate dalla giunta regionale con delibere n. 26 e n. 13 del 6 maggio 2008. Le prescrizioni regionali antincendio sono parte integrante del piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi e restano in vigore per tutto il periodo di validità di detto piano, salvo revisione annuale.
Nell'ambito dell'attività di prevenzione, la regione provvede alla pianificazione e realizzazione d'interventi strutturali e infrastrutturali, in base alla priorità di difesa delle aree a maggior rischio d'incendio e ai criteri di ottimizzazione operativa e gestionale dell'attività di prevenzione e lotta agli incendi. Detti interventi trovano tuttora sostegno finanziario nell'ambito del Programma operativo regionale (POR) 2000-2006, misura 1.9: «Prevenzione e sorveglianza degli incendi e ricostruzione boschiva» - Asse I - Risorse naturali. Il piano regionale antincendio rappresenta lo strumento settoriale attraverso il quale l'insieme delle azioni e degli interventi assumono carattere organico e coerente al proseguimento degli obiettivi della misura appena illustrata.
Le opere antincendio sono previste ad autorizzate dal «Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi 2008-2010», ai sensi e per gli effetti del comma 1, lettera c) dell'articolo 149 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni ed integrazioni, in conformità a quanto disposto dal comma l, lettera d) dell'articolo 12 del piano paesaggistico regionale e, pertanto, non sono soggette all'autorizzazione di cui all'articolo 146 del medesimo decreto legislativo n. 42 del 2004.
I sistemi fissi terrestri di avvistamento, che fino ad oggi hanno dimostrato essere i più efficienti nell'avvistamento di incendi boschivi, sono rappresentati dalla rete di punti di avvistamento - postazioni di vedetta - costituita da manufatti edili ubicati su siti dominanti il territorio circostante. L'adeguamento e il potenziamento del sistema fisso di avvistamento è stato avviato mediante procedura di selezione pubblica con bando o avviso rivolto ai comuni e unioni di comuni.
Attualmente sono stati conclusi lavori per circa venti postazioni e la maggior parte dei comuni ha appaltato lavori per la realizzazione dei manufatti. La spesa complessivamente prevista è di circa un milione di euro. Inoltre, è stata stipulata una specifica convenzione con l'Ente forestale della Sardegna al fine di realizzare gli interventi all'interno dei parametri forestali gestiti, per un totale di ventisei postazioni da finanziare, per un importo pari a 522.500 euro. Attualmente sono stati approvati quattordici progetti in fase di inizio lavori.
Allo stato attuale, il servizio regionale antincendio si avvale di undici strutture, di tipo logistico operativo, costituite da un edificio e da una annessa elisuperficie. Le basi operative di Marganai, Villasalto, Fenosu, San Cosimo, Anela e Limbara sono dotate anche di un hangar per il ricovero dei velivoli. Pag. 13
Al fine di adeguare e potenziare la rete di basi, è stato appaltato e al momento è in fase di attuazione l'intervento di adeguamento della base operativa di Pula. La rete di attingimento idrico esistente è stata tarata in funzione del prelievo aereo mediante velivoli di piccola capacità - 800-1.000 litri - ma non risulta adeguata per il prelievo di velivoli a grande capacità quali gli helitanker. Inoltre, l'incremento dei punti di attingimento (vasconi), si rende indispensabile nelle aree attualmente carenti, al fine di ridurre i tempi di rotazione degli elicotteri sugli incendi con conseguente aumento della efficienza sullo spegnimento.
Il potenziamento della rete dei punti di attingimento idrico è stato avviato mediante procedura di selezione pubblica, con bando o avviso ai comuni e unioni di comuni. Attualmente sono stati ammessi a finanziamento cinquanta interventi, di cui quaranta hanno ricevuto delega per la realizzazione; in questa fase sono stati completati cinque vasconi e dieci sono in ultimazione. La maggior parte dei comuni sta procedendo ad attivare le procedure di appalto dei lavori, nove comuni sono in attesa di perfezionare il progetto, uno ha rinunciato al finanziamento.
La spesa complessivamente prevista è 3 milioni di euro. È stata stipulata una specifica convenzione con l'Ente forestale della Sardegna al fine di realizzare gli interventi all'interno dei perimetri forestali gestiti, per un totale di ventotto punti di attingimento, per un importo di 1.820.000 euro, attualmente sono stati approvati sette progetti in fase di inizio lavori.
Nello specifico per quanto riguarda la regione Sardegna e in particolare l'area della Gallura, nelle giornate dal 23 al 26 luglio, questa ha rappresentato il bilancio più gravoso di tutta la stagione estiva. La regione era interessata da condizioni meteorologiche, preannunciate dal Dipartimento della protezione civile con bollettini che evidenziavano una suscettività di alta pressione di matrice africana nella regione, di un marcato rinforzo dei venti dai quadranti meridionali e di un relativo innalzamento delle temperature, con valori massimi oltre i 40 gradi nella giornata di venerdì 24 luglio.
Sin dalla mattina del 23 luglio la Sala situazione Italia del Dipartimento della protezione civile ha monitorato le situazioni connesse ai quattordici incendi che hanno interessato le diverse province della Sardegna e per i quali è stata ricevuta la richiesta di intervento aereo della flotta AIB dello Stato a supporto delle attività delle squadre di spegnimento a terra e delle flotte aeree regionali. Nell'area centro-settentrionale della regione si è verificata la morte di un pastore, nel comune di Pozzomaggiore, sorpreso dalle fiamme mentre era intento a salvare il proprio bestiame, ed un decesso, per infarto, nel comune di Mores, centro non toccato, peraltro, direttamente dal fuoco. Nel comune di Loiri, inoltre, un privato cittadino che stava cercando di spegnere le fiamme ha riportato gravi ustioni. Nel corso della giornata, in diverse parti della regione, sono state disposte evacuazioni preventive di popolazione dai luoghi di residenza, villaggi o spiagge, minacciati dalle fiamme, come ad esempio nel comune di Arbus, dove è presente anche la colonia penale Is Arenas, o nei comuni di Loiri-Porto San Paolo e Padru. Si sono inoltre verificati casi di allontanamenti spontanei di persone, come i villeggianti del campeggio sito lungo la statale 48 in località Marina di Sorso. In tutte le diverse situazioni analoghe a quelle citate, l'emergenza è rientrata, senza ulteriori danni alle persone, a seguito dell'intervento delle squadre a terra e dei mezzi aerei. Contestualmente sono state chiuse al traffico svariate arterie di collegamento viario tra diversi centri abitati, prevalentemente nella provincia di Sassari.
Infatti, in via precauzionale è stata interrotta al traffico, per alcuni chilometri, la statale 131 Sassari-Cagliari per diverse ore e la tratta ferroviaria Macomer-Golfo Aranci e Porto Torres-Chilivani. Ciò ha generato forti difficoltà nel raggiungere i porti di partenza dei traghetti e causato ritardi nelle partenze. Pag. 14
Nel corso della serata alcuni incendi erano ancora attivi in Sardegna, e durante l'intera nottata la Sala situazione Italia ha mantenuto i contatti con la Sala operativa unificata permanente regionale e con le diverse strutture operative impegnate sul territorio al fine di seguire l'evoluzione degli eventi. Nel corso della nottata le condizioni climatiche hanno consentito di mantenere sotto controllo i focolai ancora attivi, che sono stati nuovamente oggetto di intervento. Nella giornata di sabato 24 luglio sono pervenute dalla Sardegna quindici richieste di soccorso aereo al Centro operativo aereo unificato.
Gli incendi hanno determinato, come nella giornata precedente, la necessità di preventivi allontanamenti della popolazione dai luoghi minacciati dalle fiamme. Nei comuni di Usellus e Pau della provincia di Oristano, alcune persone sono state evacuate dai centri abitati minacciati dalle fiamme e ricoverate nella palestra del comune di Usellus per alcune ore. L'intervento delle squadre a terra e dei mezzi aerei ha posto poi sotto controllo le fiamme, consentendo il rientro di tutta la popolazione nelle proprie abitazioni.
Il 25 luglio, il fenomeno degli incendi si è esteso, sin dalle prime ore della giornata, anche alle altre regioni del centro-sud che, nelle giornate precedenti, erano state solo marginalmente interessate da pochi eventi. In totale, le richieste di soccorso aereo pervenute al COAU sono state quaranta, di cui tredici in Sardegna. Il vento di maestrale, particolarmente sostenuto in alcune località, ha reso difficoltoso l'intervento dei mezzi aerei in quanto le particolari condizioni di turbolenza non permettevano uno sgancio ravvicinato dell'acqua.
In particolare, si segnala l'incendio verificatosi nel comune di Budoni che si è sviluppato per parecchie ore e che, nel pomeriggio inoltrato, ha determinato l'evacuazione della frazione di San Pietro. Nella serata la situazione è migliorata, dopo l'attenuazione del vento.
Nella giornata del 26 luglio, il fenomeno degli incendi ha continuato ad interessare le regioni meridionali e in particolare dalla Sardegna sono pervenute al Centro operativo aereo unificato (COAU) cinque richieste di concorso aereo. Si segnala, in particolare, l'evento verificatosi in località Montaverdu nel comune di Sant'Antioco dove, per alcune ore, le squadre a terra, con l'ausilio di motovedette della Capitaneria di porto, hanno fornito assistenza ai bagnanti su una spiaggia minacciata dalle fiamme. Nei quattro giorni compresi tra il 23 e il 26 luglio, il 50 per cento del totale delle richieste di concorso della flotta aerea statale giunte al Centro operativo aereo unificato del dipartimento della protezione civile sono pervenute dalla regione Sardegna.
Infine, si rende noto che, in merito agli eventi calamitosi in oggetto, è stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 con decreto del Presidente del Consiglio del 3 settembre 2009, e che il dipartimento della protezione civile sta attualmente elaborando un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri a riguardo.

PRESIDENTE. L'onorevole Melis ha facoltà di replicare.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, la lunghezza, l'articolazione e la puntualità della risposta testimoniano l'attenzione che viene prestata al problema, e di questo sono grato al Governo e anche alla sottosegretaria per la fatica fisica che ha fatto a leggere questa lunga nota.
Questo elenco di adempimenti virtuosi, nel quale è però contenuta qua e là tra le righe qualche ammissione di défaillance e di cose che non funzionano tanto bene, non mi soddisfa completamente, perché è evidente che siamo di fronte a un fenomeno ricorrente, drammatico, di grandissimo impatto sulla società sarda che, purtroppo, provoca anche dei morti, e non è questa la prima volta.
Nei confronti di questo fenomeno, evidentemente, le normali attività di prevenzione e di governo dello stesso non sono sufficienti; occorre forse un maggiore coordinamento tra le autorità sul territorio, un maggiore impegno anche finanziario - insisto su questo - nel campo della Pag. 15prevenzione. Occorre forse che il problema venga posto maggiormente all'ordine del giorno, al di là dell'emergenza che si ripete ogni estate e delle operazioni che si mettono in atto di fronte alla stessa.
Evidentemente ciò che si è fatto non basta. Esiste un dibattito su questo in Sardegna e altrove, esistono proposte di miglioramento delle attività di prevenzione, di maggiore puntualità, di maggiore dettaglio, di maggiore articolazione sul territorio, oltre al tema del coinvolgimento delle popolazioni nella difesa e nella prevenzione del fuoco.
Mi auguro che questa interpellanza, così come la mozione da noi presentata a luglio sullo stesso argomento, servano a segnalare il problema e convincano il Governo, ancora più di quanto non lo sia già, del fatto che quanto si è sin qui realizzato non è sufficiente. Anche con riferimento alla responsabilità regionale, che naturalmente io da convinto autonomista rivendico - non mi sognerei mai di pensare che la regione sarda non debba avere il timone di queste attività - ritengo che occorra un nesso, un collegamento più stabile con la Protezione civile. Le dichiarazioni del sottosegretario Bertolaso in questa sede a luglio hanno lasciato intuire che questo nesso, questo collegamento organico non ha funzionato perfettamente. Sono tutte questioni che affido al Governo e che mi auguro di non dover ripetere in altre occasioni come, invece, è avvenuto puntualmente in passato.

(Dati in possesso del Governo circa l'agibilità dell'ospedale di Agrigento «San Giovanni di Dio» e iniziative di competenza al riguardo - n. 2-00442)

PRESIDENTE. L'onorevole Ruvolo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00442, concernente dati in possesso del Governo circa l'agibilità dell'ospedale di Agrigento «San Giovanni di Dio» e iniziative di competenza al riguardo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, la ringrazio per aver colto e interpretato il pensiero dei colleghi presenti e, nella fattispecie, degli interpellanti. Pur nel rispetto più assoluto del lavoro che stanno compiendo il sottosegretario Craxi e anche gli altri sottosegretari presenti, si pone ormai una questione molto forte.
Signor Presidente, avrei potuto presentare un'interrogazione a risposta scritta e non avremmo avuto quest'apparato d'Aula, con tutto quello che ne consegue, in termini di tempo e anche di costi. Avrei potuto leggere con molta attenzione il risultato della risposta del Governo, invece noi abbiamo presentato un'interpellanza urgente, datata 28 luglio 2009, proprio per mettere in evidenza la difficoltà o comunque la drammaticità - utilizzo questo termine - della questione dell'ospedale San Giovanni di Dio. Che cosa è successo, per chi è stato distratto? Su provvedimento della magistratura, la Guardia di finanza ha sequestrato l'intero complesso ospedaliero del San Giovanni di Dio di Agrigento, perché ritenuta una struttura fragile e pericolosa, sottoposta a rischio sismico.
Abbiamo voluto, ancora una volta, sottolineare e mettere in evidenza questo dato estremamente drammatico. Evito di relazionare o, comunque, di approfondire l'argomento, per una ragione semplicissima: vorrei conoscere prima, considerato il tempo trascorso, dal 24 luglio ad oggi, quali sono state le risposte o, comunque, il lavoro che ha avviato il Governo. So perfettamente che la protezione civile - di questo le va dato atto - si è subito adoperata per trovare una soluzione immediata, però siamo a questa data e il problema del San Giovanni di Dio di Agrigento rimane ancora in piedi. Quindi, ascolterei molto volentieri la risposta del sottosegretario e con la replica svolgerò le mie considerazioni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Stefania Craxi, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, in relazione Pag. 16al sequestro dell'ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, disposto dalla Guardia di finanza, è, in via preliminare, opportuno chiarire la differenza tra agibilità sismica e adeguatezza sismica.
Con il termine «agibilità sismica» si indica lo stato di una struttura che ha subito un terremoto e che viene giudicata in grado di sopportare, senza rischio per gli occupanti, ancora una scossa dell'intensità di quella già sopportata. Con «adeguatezza sismica» si determina lo stato di una struttura esistente che, sulla base di opportune verifiche dei materiali e di calcoli, può assicurare, in caso di terremoto, le prestazioni richieste dalla vigente normativa per le strutture di nuova costruzione.
Le verifiche di adeguatezza sismica degli edifici strategici, tra cui sono compresi anche gli ospedali, sono previste dall'articolo 2, comma 3, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, che stabilisce l'obbligo, a cura dei rispettivi proprietari, di procedere a verifica sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso.
In particolare, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 2 della predetta ordinanza, le regioni hanno provveduto, per quanto di competenza, ad individuare, sulla base delle risorse finanziarie disponibili, le tipologie degli edifici e delle opere che presentano le caratteristiche illustrate al precedente comma 3 ed a fornire, ai soggetti competenti, le necessarie indicazioni per le relative verifiche tecniche che dovranno stabilire il livello di adeguatezza di ciascuno di esse rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente.
Riguardo, poi, alle risorse finanziarie volte ad attuare le verifiche sismiche e agli interventi relativi alle opere strategiche, l'articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, ha provveduto ad istituire un apposito fondo per contribuire alla realizzazione di interventi infrastrutturali, con priorità per quelli connessi alla riduzione del rischio sismico, le cui modalità di attivazione e la conseguente ripartizione della quota riservata agli interventi di competenza regionale tra le diverse regioni sono state stabilite dall'ordinanza n. 3362 dell'8 luglio 2004.
In particolare, si fa presente, come comunicato dal dipartimento della protezione civile, che l'ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento non risulta compreso negli elenchi delle verifiche di adeguatezza finanziati con le predette risorse e predisposti, essenzialmente, sulla base delle priorità rappresentate dalle singole regioni.
Si fa, inoltre, presente che il giorno 4 agosto 2009 si è svolto presso la prefettura di Agrigento un incontro istituzionale per esaminare la situazione che si è determinata in seguito all'ordinanza emessa dall'autorità giudiziaria con la quale è stato disposto il sequestro preventivo e lo sgombero, entro un mese dal provvedimento stesso, del presidio ospedaliero San Giovanni di Dio in contrada Consolida di Agrigento. Alla predetta riunione hanno partecipato, oltre al prefetto, il Ministro della giustizia, il capo del dipartimento della protezione civile, rappresentanti della protezione civile regionale, il sindaco, il questore, il comandante provinciale dei Carabinieri, il comandante provinciale della Guardia di finanza e il dottor Leto, nominato dall'autorità giudiziaria custode giudiziario. Successivamente, con provvedimento adottato ex articolo 259 del codice di procedura penale dal tribunale di Agrigento - ufficio del giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare - il sottosegretario di Stato e capo del dipartimento della protezione civile, dottor Bertolaso, ha sostituito il dottor Leto nella custodia giudiziaria dell'ospedale, con l'autorizzazione immediata ad effettuare gli accertamenti tecnici necessari Pag. 17alla predisposizione di un piano di intervento volto a garantire la pubblica incolumità.
Dopo un primo esame della documentazione, messa a disposizione della competente procura della Repubblica presso il tribunale di Agrigento da parte degli uffici tecnici del dipartimento della protezione civile, è emersa l'opportunità di procedere ad una minuziosa definizione dello stato della struttura e ad una valutazione dei livelli di sicurezza dei 12 singoli edifici che costituiscono il complesso ospedaliero per definire, edificio per edificio, le azioni da intraprendere nel caso in cui gli esiti delle verifiche di sicurezza evidenzino condizioni di inadeguatezza rispetto alle azioni sismiche.
In considerazione dell'impegno richiesto per lo svolgimento di tali attività e, soprattutto, dell'impossibilità di procedere, entro la scadenza del termine fissato dal giudice, allo sgombero del complesso ospedaliero San Giovanni di Dio, con il trasferimento delle funzioni e delle attività ad altre strutture senza creare gravi rischi per la salute dei cittadini ricoverati, il sottosegretario dottor Bertolaso ha richiesto al giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare una proroga del predetto termine.
Il giudice, con provvedimento datato 19 agosto 2009, considerato il numero considerevole di degenti che dovranno essere ospitati altrove e la difficoltà di reperire strutture alternative che abbiano i requisiti necessari per garantire la continuità dell'attività terapeutica, ha disposto la proroga di sessanta giorni quale nuovo termine per consentire la totale evacuazione del complesso ospedaliero sequestrato.

PRESIDENTE. L'onorevole Ruvolo ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, pur apprezzando la risposta del sottosegretario, molto articolata, devo dire che non siamo soddisfatti, e dire insoddisfatti è poco.
Infatti, la questione che abbiamo voluto sollevare era sia sulla tenuta della struttura sia su quale sia l'impegno del Governo nazionale, qualora, eventualmente, la magistratura, o comunque coloro i quali sono stati incaricati per il controllo del manufatto, dovessero dichiarare inagibile la struttura. Questa è la grande preoccupazione. Signor sottosegretario, stiamo parlando di 400 posti letto nell'ospedale San Giovanni di Dio, che copre un'utenza di almeno 150 mila abitanti.
Non sapere, con tale risposta, qual è la prospettiva finale di questa struttura, di questo presidio, ci lascia molto preoccupati: sostanzialmente lei ha evocato solo ed esclusivamente quello che è avvenuto. Peraltro siamo bene informati, noi che seguiamo da vicino tutto ciò, e, come ho detto, apprezziamo l'opera svolta dalla Protezione civile, la sensibilità di tutti gli organi; però il fatto rimane solo uno. Dalla sua risposta (se non ho capito male, comunque la rileggerò) sostanzialmente si evince un rimbalzo di responsabilità tra il Governo nazionale e quello regionale. Noi abbiamo presentato l'interpellanza urgente in esame, ribadisco, perché è un caso eccezionale, è un caso straordinario: chiediamo la sensibilità, quindi, del Governo nazionale, in ausilio chiaramente di quello regionale e delle strutture periferiche, per trovare un punto di sinergia. Questo non mi pare che ancora vi sia, e non mi pare che nella sua risposta vi sia la volontà di dare speranza a questo nosocomio.
Il 24 ottobre è una data entro la quale il magistrato competente dovrà dichiarare, in base ai supporti tecnici, se questo ospedale deve rimanere in vita o meno. Siamo a quasi un mese da quella data, e il Governo risponde in questo modo, cioè di prammatica. Vorrei sottolineare ancora una volta che il caso è davvero straordinario, eccezionale, drammatico, e va preso atto, soprattutto da parte del Governo nazionale, va presa coscienza che c'è un problema aperto. Per questo noi abbiamo voluto sensibilizzare soprattutto il Governo, e siamo convinti - almeno, me lo auguro, lo auspichiamo - che vi sia più interesse, più sensibilità verso questo argomento, per trovare la soluzione finale. Ci spero tanto; noi che abbiamo presentato Pag. 18l'interpellanza, e siamo esattamente 35, vogliamo almeno sperare, assieme a tutto il popolo agrigentino, in particolare alla città di Agrigento, di trovare una risposta adeguata, al di là dei proclami che il Governo fino adesso ha fatto.

(Misure a favore dei produttori vitivinicoli di Pantelleria e iniziative per la modifica del disciplinare della denominazione di origine - n. 2-00463)

PRESIDENTE. Salutiamo il sottosegretario Craxi, e diamo il benvenuto al sottosegretario per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, che risponderà alla successiva interpellanza.
L'onorevole Mannino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00463, concernente misure a favore dei produttori vitivinicoli di Pantelleria e iniziative per la modifica del disciplinare della denominazione di origine (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, mi dichiaro appagato per la sua presenza, perché mi rendo conto che, mancando la diretta televisiva, il Ministro Zaia, aduso a rappresentare esclusivamente, oltre che gli interessi della sua bottega, le esigenze della sua comunicazione, da autentico showman, non abbia potuto essere presente. E tuttavia devo subito dire che mi attendo una risposta non burocratica e non formale.
Sollevo con la mia interpellanza un problema che riguarda certamente Pantelleria, ma riguarda gli indirizzi della politica vitivinicola italiana. È intervenuta ormai - essendo stata approvata, ahimè, col consenso dell'Italia - una OCM vino che espone la produzioni vitivinicole italiane al grande rischio dell'omologazione sul mercato globale. La Francia ha scelto una strada totalmente diversa: ha preservato la sua diversità, è il caso di definirla così; l'ha preservata in termini sostanziali e in termini formali, perché ha imposto, all'interno dell'OCM, un riferimento privilegiato ed assoluto alla legislazione sull'appellation d'origine controllée. Questo non è avvenuto per l'Italia.
Tuttavia in Italia sono adottati dei provvedimenti, e qui voglio rivolgere un elogio al signor Ministro: per quanto riguarda la zona di produzione vitivinicola del suo «country Zaia», così viene chiamata la zona di produzione del prosecco, il Ministro si è reso solerte e ha approvato ed introdotto un disciplinare DOCG: ritengo che questa sia stata una scelta giusta per quella produzione e per quella zona. Sottolineo che peraltro il Ministro si è anche molto battuto in tutte le sedi per mantenere limitata la zona della DOCG. In fondo, questa impostazione è quella coerente rispetto alla legge n. 164 del 1992: quando nel 1988 chi vi parla, essendo Ministro dell'agricoltura, propose il disegno di legge che sarebbe divenuto poi la legge n. 164 del 1992, il dibattito anche culturale sul problema del vino in Italia portava a delle scelte molto precise: valorizzare il territorio (con un termine francese, il terroir), valorizzare le produzioni tipiche indipendentemente dalla moda di quel tempo che era definita dalle nuove varietà e dalle importazioni (in Italia dalle varietà cosiddette internazionali).
Questa strada ha consentito all'Italia innanzitutto la difesa e lo sviluppo della propria vitivinicoltura, e lo ha consentito anche alla Sicilia: è anche avvenuto che nel 1988 soltanto il 2 per cento della produzione siciliana stava dentro una regolamentazione DOC e che vi era soltanto una DOCG, oggi si giunge invece ad un rapporto molto più avanzato, all'incirca del 20 per cento.
Il principio fondamentale è quello della valorizzazione dell'uva e del vino che se ne può produrre in rapporto al territorio, alle caratteristiche del territorio. Questa salvaguardia va affermata con una serie di criteri assolutamente inderogabili, uno dei quali è il principio dell'imbottigliamento sul luogo di produzione: se il prosecco - mi rivolgo ipoteticamente al Ministro Zaia assente - potesse essere imbottigliato fuori dalle zone di produzione, il «country Zaia» Pag. 19non esisterebbe più. Questi criteri vanno anche applicati per la Sicilia e alla Sicilia; vanno applicati al disciplinare della denominazione di origine del passito e del moscato di Pantelleria che reca in sé, in verità, una grande contraddizione che denuncio non perché venga risolta drasticamente o draconianamente, ma perché venga posta al centro di una riflessione e di una conseguente decisione che porti alla salvaguardia di tutti i prodotti.
Nella storia di Pantelleria non c'è il prodotto liquoroso: il prodotto liquoroso è una creazione dell'industria. Oggi c'è una realtà di fatto che non dobbiamo evidentemente ignorare e che non dobbiamo neppure esporre al rischio di un deterioramento. Deve essere salvaguardato indubbiamente il prodotto liquoroso, ma va salvaguardato il prodotto naturale: se non salvaguardiamo il prodotto naturale è ovvio che la vitivinicoltura di Pantelleria - che è una vitivinicoltura difficile, radicale, estrema - sarà destinata a scomparire.
Ed in effetti, se Zaia fosse stato più attento nella sua recente visita turistica a Pantelleria avrebbe dovuto constatare che a Pantelleria negli ultimi due anni sono stati abbandonati ben 200 ettari (il vigneto si è ridotto sotto i 600 ettari). Ciò avviene perché quando si privilegia il prodotto liquoroso è fin troppo ovvio che il prodotto liquoroso è artificiale; il prodotto naturale richiede più fatica, più sacrificio, più passione. Addirittura viene avanzata una proposta di modifica della disciplina della DOC con l'introduzione di un criterio di aumento delle rese; abbiamo già una resa per ettaro di 100 quintali (che a Pantelleria è improbabile, lo dico anche produttore ma non vorrei sollevare conflitti di interesse) e si pretende un'elevazione della resa del mosto in uva, invocando anche un riferimento che è totalmente inadeguato alla zona di produzione dell'Asti: ad Asti si fa spumante, a Pantelleria si fanno moscato e passito. Il grado di concentrazione delle uve e del prodotto è totalmente diverso: per fare lo spumante di Asti occorrono 11 gradi e mezzo, per fare un prodotto passito occorre partire da 24 babo.
Allora, come si fa a chiedere un'elevazione della resa in vino? Bisogna prendere atto che vi sono delle cose che non dovevano essere considerate ammissibili; bisogna prendere atto - lo ripeto ancora una volta - che il prodotto liquoroso adesso non va né demonizzato, né castigato, né esposto al sacrificio, ma va salvaguardato in un ambito totalmente diverso. Se il Ministero volesse avvalersi dei mezzi che la legge n. 164 attribuisce al Ministero stesso (al comitato nazionale vini) potrebbe prendere l'iniziativa che non potrebbe che essere autoritativa, non potendosi affidare alla richiesta della base per una ragione molto semplice: la richiesta della base si fa con le deleghe dei produttori, ma i produttori oggi sono tutti raccolti nel conferimento delle uve di massa ai produttori industriali più grandi. Manca, quindi, l'elemento di accertamento della base (capisco che siamo in una stagione dove in politica si svolgono congressi aperti per cui chi sta in un partito va a votare anche per il candidato segretario di un altro partito: faccio tanti auguri al riguardo al Partito Democratico). Questo è un punto serio che non potemmo affrontare in sede di discussione della legge n. 164 perché allora la situazione dei produttori italiani era già molto difficile (il sottosegretario conosce anche per qualche diretta esperienza queste situazioni). Allora, suggerisco che si introduca per l'iniziativa del Ministero, del comitato dei vini, la DOCG per il prodotto naturale la DOC per il prodotto liquoroso.
Vi è una notizia di cronaca che trovo estremamente interessante. Sul giornalino web di Pantelleria si fa riferimento al fatto che una azienda produttrice di Pantelleria esporta in Cina e si indica anche il numero delle bottiglie, abbastanza consistente, però si manca di dire che un'altra azienda, molto più piccola, ha già esportato in Cina un numero di bottiglie decisamente inferiore. Cosa avverrà in Cina? Nel momento in cui il prodotto liquoroso, che ha un costo base determinato, verrà messo a confronto con il prodotto naturale, il consumatore cinese - un consumatore da conquistare, non nel senso deteriore Pag. 20e passivo della parola, ma con la formazione e la convinzione (sappiamo che già sul mercato italiano ciò risulta estremamente carente) - cosa comparerà? Comparerà quello che ogni enotecario italiano dice: se accanto ad una bottiglia di liquoroso metto una bottiglia di naturale, la differenza di costo privilegerà il liquoroso; la moneta cattiva ha sempre scacciato quella buona. Senza voler creare un danno, dobbiamo intervenire su questo punto con regole oggettive e valide per tutti. Per esempio, il principio dell'imbottigliamento sul sito della produzione deve essere inderogabile.
Vi è un'altra proposta davanti al Ministero ed è l'introduzione della DOC Sicilia. I produttori siciliani dopo aver preso il merito di grandi trasformazioni di questo settore, adesso improvvisamente di fronte alla crisi di mercato che c'è, e che riguarda tutta l'Italia (è inutile nascondere questo aspetto onorevole sottosegretario) battono la scorciatoia: facciamo la DOC Sicilia. La Sicilia è un continente, nella Sicilia c'è l'Etna, Pantelleria, c'è Marsala, ci sono tante DOC specifiche, c'è la DOCG di Vittoria; come si fa a fare una DOC unica con la deroga all'imbottigliamento sul territorio? Il vino siciliano verrà imbottigliato direttamente in Germania e in America, quando già in Italia settentrionale tutto ciò sarebbe assurdo. Credo che il Ministero su queste misure deve trovare degli indirizzi generali e costanti. Invoco la serietà e la coerenza del Ministro Zaia perché applichi alla Sicilia e a Pantelleria gli stessi criteri che ha fatto applicare allo ZAIA country.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, premetto che dal punto di vista procedurale, la richiesta di modifica del disciplinare di produzione in questione è stata presentata alla sezione amministrativa del comitato nazionale per la tutela e valorizzazione dei vini fin dal 7 dicembre 2007. Il procedimento amministrativo non è ancora concluso, in quanto si è in attesa di acquisire il documento-parere della regione siciliana previsto dalla legge n 164 in merito ai dati sperimentali e ai dati analitici ed organolettici relativi alla modifica richiesta.
Si rassicurano, pertanto, gli onorevoli interpellanti sul fatto che l'istanza di modifica del disciplinare di produzione proseguirà il suo iter procedurale solo quando e se sarà completata l'istruttoria, e che tale procedura avverrà comunque nel rispetto della normativa vigente e con la massima trasparenza. Infatti, come per ogni modifica di disciplinare, prima di adottare il relativo decreto ministeriale, dovrà essere acquisito il parere della sezione interprofessionale del Comitato nazionale per la tutela e valorizzazione dei vini DOC e IGT, nel cui ambito è prevista la partecipazione di un componente della regione competente, e solo successivamente tale decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per dar modo a tutti i soggetti interessati di presentare eventuali istanze e controdeduzioni alla relativa proposta di modifica del disciplinare. In ogni caso si assicura che l'operato del Ministero e del Comitato vini è costantemente volto ad assicurare la massima valorizzazione e la salvaguardia del livello qualitativo e della specificità delle produzioni enologiche legate al territorio, ovviamente nel supremo interesse dei produttori che hanno contribuito all'affermazione del patrimonio costituito dalle rispettive denominazioni d'origine. Ciò vale, in particolare, per quelle denominazioni di nicchia, uniche ed irripetibili quali il Moscato di Pantelleria e il Passito di Pantelleria naturale ed altre a livello nazionale (ad esempio le Cinque terre, la Valtellina), che costituiscono l'essenza della cosiddetta viticoltura eroica, ovvero di quella vitivinicoltura praticata in ambienti difficili dal punto di vista pedoclimatico e che, grazie all'intenso apporto dell'uomo, dà luogo a produzioni assai limitate dal punto di vista quantitativo, con rese di uva ad ettaro molto contenute, ma del tutto esclusive dal Pag. 21punto di vista qualitativo e, come tali, di alto pregio e rinomate. Pertanto, tale viticoltura merita un'attenzione di primo piano anche perché dalla sua esistenza ne deriva la salvaguardia sia dell'attività agricola che dell'ambiente naturale in aree che difficilmente potrebbero avere alternative colturali. Per quello che riguarda la richiesta di riconoscimento della DOC Sicilia, presentata di recente in maniera incompleta, sia per gli aspetti procedurali e sia nel merito, vale un analogo discorso. In particolare, si assicurano gli onorevoli interpellanti che, trattandosi di un territorio regionale molto vasto, nell'ambito dell'istruttoria, questo Ministero e il Comitato nazionale porranno la massima attenzione affinché siano rispettate le compatibilità tecnico-ambientali e tradizionali della proponenda DOC nei confronti della normativa vigente.

PRESIDENTE. L'onorevole Mannino ha facoltà di replicare.

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente, con il riguardo che devo al sottosegretario non posso dichiararmi soddisfatto da questa risposta. Innanzitutto è una risposta che sottolinea degli aspetti procedurali che non affrontano nel merito le questioni poste dall'interpellanza. Le questioni poste dall'interpellanza richiedono una risposta precisa e concreta sulla sostanza delle cose, sui criteri, sui principi e sulla coerenza rispetto alla legge n. 164 del 1992. Nella risposta del sottosegretario c'è un riferimento al riconoscimento del carattere eroico della viticoltura di Pantelleria come di altre, opportunamente ricordate, zone di produzione italiana, e quindi vi è un riconoscimento della specificità che andrebbe salvaguardata nella differenza del tipo di produzione. Insisto ancora sul concetto. Non si può arrecare danno al prodotto liquoroso; non deve avvenire che il prodotto liquoroso soppianti il prodotto naturale. Per fare il prodotto liquoroso occorrono delle uve di massa, poi si opera artificialmente, si opera con l'alcol, con l'alcol di buon fine, fra l'altro comprato a bassissimo prezzo, con le modalità che sono abbastanza note. Il prodotto naturale invece si fa con l'uva, con tanta uva. Per fare un litro di passito naturale occorrono da cinque a sette chili di uva. Per fare un litro di liquoroso occorre poco meno di un chilo di uva. Questa è la differenza fondamentale tra i due prodotti. Sul mercato si tratta di un aspetto difficile per il consumatore non informato, non formato, non istruito e non sostenuto dalla comunicazione. Evidentemente la comunicazione per i produttori di liquoroso è molto più facile in ragione anche del numero che riescono a realizzare. Per i prodotti naturali tutto questo è più difficile. I produttori sono tutti produttori minori, sono tutti produttori - vorrei dire - di passione e di elezione.
Il Ministero su questa situazione di Pantelleria anche simbolicamente deve stabilire un indirizzo fermo che valga per quell'isola, per quella terra, per la Sicilia e per tutta l'Italia. Ho invocato il precedente della zona del prosecco dove opportunamente Zaia ha imposto il marchio di DOCG con le caratteristiche e le regole proprie della denominazione di origine controllata e garantita tra le quali è fondamentale quella dell'imbottigliamento sul sito di produzione. Attendo, onorevole sottosegretario, un prosieguo di questa risposta. La risposta da lei data è interlocutoria. Introdurrò in Parlamento iniziative adeguate per controllare l'attività del Ministero su questo problema.

(Iniziative del Governo in merito alle scelte strategiche di ENI Spa, al fine di favorire il rilancio di settori industriali in crisi - n. 2-00455)

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00455 concernente iniziative del Governo in merito alle scelte strategiche di ENI Spa, al fine di favorire il rilancio di settori industriali in crisi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Viceministro, Pag. 22dopo due mesi di riflessione - mi consenta se inizio così - il primo auspicio è che il Viceministro presente oggi in aula sicuramente risponda con completezza all'interpellanza urgente che quarantadue parlamentari, di cui io sono il primo firmatario, hanno riproposto sulla vicenda della petrolchimica italiana, dell'ENI, di Porto Torres e degli altri insediamenti produttivi della chimica e della petrolchimica che sono in crisi. Signor Viceministro, ci auguriamo che questa volta il suo dicastero risponda per davvero e se insisto è perché abbiamo registrato un'evasione sostanziale all'interpellanza presentata nei primi di luglio in merito a questioni abbastanza simili e per alcuni aspetti le medesime che solleviamo con la presente interpellanza. Quali sono queste questioni? Abbiamo chiesto e di nuovo chiediamo: a fronte di un utile ante-tasse di circa 7 miliardi di euro da parte di ENI Spa, la stessa versa all'erario italiano poco più di 300 milioni di imposte nette con un'incidenza fiscale inferiore al 5 per cento mentre crescono le imposte versate all'estero. Ribadisco: crescono le imposte versate all'estero o, forse, si sfruttano regimi fiscali più favorevoli ai danni dell'erario italiano?
Seconda questione: il Governo per promuovere la concorrenza nei mercati dell'energia e indurre una conseguente riduzione dei prezzi è stato costretto - proprio il Governo - a imporre ad ENI, tramite il decreto-legge n. 78 del 2009, un obbligo di cessione di 5 miliardi di metri cubi di gas nell'anno termico 2009-2010 a prezzi sostanzialmente amministrati, determinati dal Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sulla base dei costi di approvvigionamento effettivamente sostenuti dall'ENI con particolare riferimento ai prezzi medi dei mercati europei.
Come già paventato a suo tempo la misura si è rilevata tuttavia largamente insufficiente perché attuata senza tenere in alcun conto le tempistiche proprie del mercato del gas, dove la maggior parte dei contratti erano già chiusi, né la congiuntura di un anno dominato dalla crisi e la conseguente contrazione dei consumi. Sarebbe bastato stabilire che per il gas dell'ESA, la durata di una tale misura fosse stata contemplata in tre anni come proposto in un emendamento durante la discussione di quel provvedimento da parte del gruppo del Partito Democratico.
In terzo luogo: il consiglio di amministrazione di ENI Spa è composto complessivamente da nove amministratori, di cui quattro tratti dalla lista presentata dal Ministero dell'economia e delle finanze e dunque il Governo è ovviamente l'azionista di maggioranza relativa della società.
A fronte di tutto questo, le cui risposte saranno gradite se compiute, rimbalza emblematicamente la vicenda di Porto Torres, vicenda che resta sospesa alla «soluzione tampone» che nulla garantisce al futuro individuato nel mese di luglio scorso. ENI Spa bloccherà la produzione degli impianti della Polimeri, limitandosi ad attivare un piano di manutenzione straordinaria che andrà avanti fino a settembre, con il solo fine di salvaguardare temporaneamente i posti di lavoro e non ricorrere alla cassa integrazione.
Secondo gli interpellanti occorre invece che il Ministro dell'economia e delle finanze, come azionista di maggioranza relativa di ENI Spa, rivaluti il senso della propria partecipazione in tale società, non accontentandosi dei benefici finanziari connessi alla detenzione di un forte pacchetto azionario; intraprenda azioni volte ad un più stringente controllo sulle scelte strategiche di ENI Spa, favorendo il rilancio di settori industriali in crisi, vigilando sul fatto che le politiche della società non producano l'effetto paradossale di prelevare di fatto ingenti risorse dalle bollette energetiche di famiglie ed imprese italiane già in grave difficoltà, per poi ridistribuirle tra investitori internazionali pur legittimamente interessati, versando le relative imposte a casse pubbliche di Paesi dotati di regimi fiscali favorevoli, sottraendoli così surrettiziamente all'erario italiano che oggi si trova, come ben sappiamo, in un momento di grande sofferenza ed assoluta necessità di risorse da destinare a politiche pubbliche in funzione anticrisi. Pag. 23
Allora, signor Viceministro, come è possibile che l'ENI, nel momento in cui annuncia la sospensione dell'attività del petrolchimico di Porto Torres e non presenta un piano industriale per la chimica italiana (Marghera, Assemine, Mantova, Priolo, Brindisi, Ferrara, Gela) versi imposte nette all'erario italiano intorno al 5 per cento di quell'utile netto?
Noi ci permettiamo di chiedere, di sapere e anche di chiedere, dentro questa relazione che non è trasparente, risposte sull'ENI, sulla sua mission, sulla Spa, ma soprattutto sul ruolo importante che ha l'azionista pubblico, che è il Ministero delle finanze e del tesoro e la Cassa depositi e prestiti, per un pacchetto intorno al 39 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e le finanze, Giuseppe Vegas, a cui do il benvenuto, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE VEGAS, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, dall'illustrazione dell'interpellanza urgente in esame emergono domande più ampie rispetto al contenuto dell'interpellanza stessa. In sostanza, l'onorevole Vico pone quesiti circa la politica industriale complessiva del nostro Paese, che rispetto al contenuto dell'interpellanza in esame va un po' in là.
Penso che vi sarà occasione di dibattere ampiamente su un tema che anche la recente evoluzione della situazione economica internazionale ha riportato in qualche modo in un'agenda politica da cui era stato cancellato circa vent'anni fa, quando la sensibilità e l'orientamento dei mercati erano assolutamente diversi.
Credo che questo sia un tema di cui si potrà ampiamente dibattere, ma, forse, ripeto, esonda un po' rispetto al contenuto della presente interpellanza, che era più limitato. Pertanto, l'onorevole interpellante mi consentirà di rispondere nei termini, ahimè, più limitati che erano stati circoscritti dal tenore verbale dell'interpellanza stessa.
Con l'interpellanza in oggetto si chiede se non si ritenga opportuno che il Ministero dell'economia e delle finanze, come azionista di maggioranza dell'ENI, riconsideri la propria partecipazione nella citata società, intraprendendo azioni volte ad un controllo delle scelte strategiche dell'ENI stesso e favorendo il rilancio del settore industriale, che tutti sappiamo essere in crisi nel nostro Paese.
A riguardo, non ho difficoltà a rispondere che, sentita anche la società in questione, essa costituisce un'impresa integrata nel settore dell'energia, che opera a livello internazionale in circa 70 Paesi, con forti posizioni di mercato e con una vasta platea di investitori e azionisti, risultando quotata sia alla borsa di Milano che presso il New York Stock Exchange. Il Ministero dell'economia e delle finanze, azionista della società ENI Spa, si limita ad esercitare i diritti dell'azionista, non esercitando attività di direzione e coordinamento (d'altronde, questa è la natura dell'azionista).
Infatti, l'articolo 19, comma 6, del decreto-legge 78 del 2009, che ella ha citato, fornisce una chiara interpretazione dell'articolo 2497, comma 1, del codice civile, circa la non sussistenza di attività di direzione e coordinamento da parte del Ministero sulle società controllate, disponendo che «l'articolo 2497, primo comma, del codice civile si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell'ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria».
Per la parte di propria competenza, il Ministero dello sviluppo economico ha fatto presente, che si attribuisce particolare attenzione alla regione Sardegna, dove sono presenti tre poli chimici, Porto Torres, Assemini, Ottana, e dove più di un quinto della ricchezza prodotta dal sistema industriale proviene proprio dall'industria Pag. 24chimica e dai prodotti petroliferi. Inoltre, il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato che nel mese di dicembre l'ENI ha fermato l'intero stabilimento di Porto Torres.
Il 17 dicembre, il Ministro dello sviluppo economico ha presieduto un tavolo di confronto relativo alla situazione e alle prospettive dell'industria chimica in Sardegna, con particolare riferimento agli insediamenti produttivi del Gruppo ENI e, in quella sede, il Ministro ha ribadito l'importanza strategica del settore chimico per l'intero sistema produttivo del Paese, sottolineando la rilevanza assunta dalla chimica sarda, anche in considerazione delle interconnessioni con altri siti nazionali.
Rispetto alla fermata degli impianti ENI del petrolchimico di Porto Torres, il Ministro dello Sviluppo economico ha, altresì, chiesto di riavviare, quanto prima, la produzione.
Il 22 gennaio di quest'anno, Polimeri Europa ha siglato un accordo con le organizzazioni sindacali di categoria in cui veniva stabilito il rientro, a partire dal 26 gennaio, del personale interessato alla sospensione e, dalla stessa data, il graduale riavvio degli impianti (etilene, aromatici, polietilene, elastomeri). Per quanto riguarda gli impianti della filiera cumene-fenolo, ne veniva prevista, a causa della congiuntura economica, la fermata, la manutenzione e la messa in sicurezza. Il personale occupato in tali impianti (77 addetti) e non impegnato nelle attività di presidio operativo verrebbe utilizzato in altri reparti dello stabilimento in attesa del riavvio, il prima possibile, della produzione di cumene e di fenolo.
Recentemente, l'ENI ha comunicato al Ministero dello sviluppo economico la decisione, per ragioni congiunturali, di fermare il cracking di Porto Torres per i mesi di agosto e settembre. Va sottolineato, che se la fermata del cracking fosse definitiva, verrebbero meno nel sito, prodotti (etilene e propilene) necessari ad alimentare sia la filiera del cloro sia quella del cumene-fenolo, determinandone, soprattutto per quella del cloro, una grave perdita di competitività. D'altra parte, una ripresa a pieno regime delle produzioni legate alle due filiere comporterebbe una maggiore competitività del cracking stesso.
Per affrontare i problemi derivanti dalle recenti decisioni dell'ENI, il 21 luglio è stato convocato nuovamente presso il Ministero dello sviluppo economico, il tavolo per la chimica con la regione Sardegna, a cui hanno partecipato la regione Sardegna stessa, l'ENI e le organizzazioni sindacali. Aprendo la riunione, il Ministro dello sviluppo economico ha ribadito l'impegno del Governo a sostenere la chimica di base, perché un grande Paese manifatturiero come l'Italia non può non avere una significativa presenza nella chimica di base, anche se saranno necessari interventi di ristrutturazione e modernizzazione degli impianti.
Su proposta del Ministro dello sviluppo economico, l'ENI, rappresentato dall'amministratore delegato Paolo Scaroni, e i sindacati hanno raggiunto un accordo su Porto Torres. L'intesa, in sei punti, prevede che: gli impianti ENI di porto Torres continueranno ad essere in funzione e quindi non sarà attuata la fermata annunciata; sarà attivato il piano di manutenzione degli impianti che, a rotazione, prevede la fermata temporanea di singole produzioni anche al fine di ridurre le scorte; il piano di manutenzione sarà terminato entro il prossimo settembre; il piano di manutenzione verrà definito in sede locale tra la Direzione aziendale e le organizzazioni sindacali.
In sede di attuazione del piano sono previste verifiche periodiche; inoltre, le manutenzioni saranno effettuate senza ricorso alla cassa integrazione guadagni e, infine, al completamento del piano di manutenzione, sarà attivato un tavolo di confronto per discutere il piano ENI per la Sardegna che vedrà partecipare anche le istituzioni locali, al fine di verificare strumenti agevolativi per la realizzazione di nuovi investimenti. Pag. 25
L'intesa ad oggi è stata rispettata. Il Ministero dello sviluppo economico, come previsto, convocherà nuovamente il tavolo nazionale per il settore chimico della regione Sardegna entro il prossimo mese di ottobre per discutere del piano ENI per la chimica sarda.

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di replicare.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, signor Viceministro, lei comprenderà che una parte della risposta che ha reso agli interpellanti è fondata esclusivamente sulle informazioni che al suo Dicastero sono state rese dal Ministero dello sviluppo economico.
Lei, per la stima reciproca che, come colleghi, nutriamo in quest'Assemblea e anche per la sua storia, comprenderà che, se le domande che gli interpellanti hanno inteso porre fossero state esclusivamente sullo stato della vertenza sarda in ordine alla sospensione temporanea degli impianti posti in manutenzione, per l'intelligenza che lei sicuramente vorrà garantire agli stessi interpellanti, l'interpellanza sarebbe stata indirizzata al Ministro dello sviluppo economico, cioè al Ministro Scajola. Lo avremmo potuto fare in quest'Aula o in Commissione nella forma dell'interrogazione e persino durante il question time, rispetto alle vicissitudini della situazione sarda su cui poi tornerò brevemente.
Nello scorso luglio, il sottosegretario Cosentino ha evaso totalmente la domanda, il quesito posto dagli interpellanti. Lei, signor Viceministro, dall'evasione è passato alla elusione, nel senso di aver affermato che c'è un problema, ma chissà quando lo affronteremo. Tuttavia, se me lo consente, entrambi sono reati fiscali.

GIUSEPPE VEGAS, Viceministro dell'economia e delle finanze. L'elusione non è proprio un reato.

LUDOVICO VICO. Allora, evidentemente dovremo riproporre una nuova interpellanza, perché c'è una domanda semplice, di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, che rimane integralmente: è la domanda che chiede ad ella e al suo Dicastero - quindi anche al Governo - di sapere per quale ragione l'ENI Spa ha versato semplicemente 335 milioni di euro di imposte nette su un fatturato di 7 miliardi ante-tasse. La competenza sul controllo spetta al Ministero dell'economia in modo istituzionale, ma alla domanda continua a non essere data alcuna risposta.
C'è una seconda domanda che compete al suo Dicastero, in quanto azionista di una società importante del Paese: vorremmo sapere quali orientamenti il suo Dicastero, in qualità di azionista, e il Governo, più in generale, e quale pressione siano stati in grado di produrre fino ad ora in ordine alla vicenda di Porto Torres e più complessivamente alla crisi del ciclo del cloro e del PVC che riguarda da sei mesi il futuro di Marghera, Mantova, Ferrara, Assemini, Tor Viscosa e tutto il resto.
La reazione a questa risposta del Governo e del Dicastero, signor Presidente, non può che essere di insoddisfazione totale in considerazione dell'elusione del quesito posto che rimane una pietra, anzi un macigno. In proposito saremo costretti a rivolgerci anche alla Presidenza della Camera, in altra sede, perché la domanda precisa di richiesta di informazioni in ordine all'erario italiano e di come i cittadini e le imprese italiane versano all'erario italiano, una domanda che è un macigno, per la seconda volta, prima con un'interrogazione oggi con un'interpellanza, non riceve risposta dal Ministero dell'economia e delle finanze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.

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Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 11.05).

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a rispondere a due interrogazioni. La prima è del 24 settembre 2008, cioè di un anno fa, e ha visto i miei solleciti per ottenere una risposta il 13 gennaio di quest'anno, il 12 febbraio, il 19 marzo e il 25 giugno.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,06)

IVANO STRIZZOLO. Si tratta di un'interrogazione volta ad ottenere chiarimenti da parte del Governo, in particolare dal Ministro della difesa, circa il fatto che ha determinato la scomparsa di alcuni soldati e di alcuni ufficiali impegnati a suo tempo nelle missioni nei Balcani, come conseguenza dell'essere entrati in contatto con materiali collegati all'uso di uranio impoverito. Siccome purtroppo in questi giorni quest'Aula e il Paese hanno doverosamente e giustamente reso omaggio alle vittime scomparse nel tragico attentato di Kabul, lo Stato e il Paese non possono dimenticare le vittime della conseguenza di essere entrati in contatto con materiali composti da uranio impoverito. Queste richieste di risposta sono dettate anche dal fatto che in Italia risulta ci siano circa 160 persone interessate da questo problema.
L'altra sollecitazione riguarda la risposta all'interrogazione n. 3-00461 presentata il 31 marzo di quest'anno relativamente alle risorse, a suo tempo stanziate nella misura di 3 miliardi di euro, per interventi di bonifica di siti inquinati prevalentemente in aree industriali storiche e zone contermini. Mi riferisco, per quanto riguarda la mia regione, alla Laguna di Grado e Marano, su cui grava il polo chimico di Torviscosa (cui, tra l'altro, si è fatto cenno poco fa nella precedente interpellanza) e all'area degli ex depositi petroliferi di Trieste. Anche a questa interrogazione non è stata una risposta, mentre in queste zone si stanno vivendo problematiche molto complesse dal punto di vista della ricaduta ambientale, economica e sociale, con riferimento particolare alla Chimica Caffaro di Torviscosa.
Concludo, signor Presidente, rivolgendo un ulteriore sollecito al Governo circa la mia interrogazione n. 4-03899, depositata il 30 luglio 2009, che concerne una problematica molto complessa che in questi giorni sta interessando anche il dibattito politico nella mia regione. Mi riferisco ad una partita legata ad un credito che la regione Friuli Venezia Giulia vanta nei confronti dello Stato come conseguenza dell'applicazione dell'articolo 1, comma 4 del decreto legislativo n. 137 del 31 luglio 2007.
Al riguardo, devo rilevare come siano quanto meno inopportune alcune dichiarazioni rese sul quotidiano di Trieste Il piccolo, di oggi, dal Ministro Calderoli, che in un'intervista si vanta di essere stato l'artefice di una specie di raggiro nei confronti del Ministro Tremonti e di aver appunto manovrato per concedere - bontà sua - 200 milioni di euro alla regione Friuli Venezia Giulia.
Credo che il Governo deve dare la risposta in quest'Aula perché con tale interrogazione, rispetto alla quale sollecito una risposta, si fa riferimento proprio a questa complessa problematica, con l'indicazione specifica volta all'istituzione di un tavolo politico-tecnico tra il Governo e la regione Friuli Venezia Giulia per definire tale complessa vicenda. Pertanto, sollecito il Governo a fornire una risposta, e soprattutto a chiarire l'esatta dimensione dell'intervento che intende realizzare a cominciare dall'imminente legge finanziaria.

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PRESIDENTE. Onorevole Strizzolo, sarà premura della Presidenza approfondire le osservazioni da lei svolte, sollecitando le risposte del Governo alle interrogazioni da lei richiamate.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 28 settembre 2009, alle 14:
1. - Discussione del disegno di legge:
S. 1749 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 (Approvato dal Senato) (2714).
- Relatori: Moroni, per la V Commissione; Fugatti, per la VI Commissione.

2. - Discussione del disegno di legge:
Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (2008-A).

e delle abbinate proposte di legge: BOCCIARDO; DE POLI; PISICCHIO; PALOMBA; VELTRONI ed altri; IANNACCONE ed altri; COSENZA (127-349-858-1197-1591-1913-2199).
- Relatori: Calabria, per la I Commissione; Castellani, per la XII Commissione.

La seduta termina alle 11,10.