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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 178 di lunedì 18 maggio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 16.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 maggio 2009.
(È approvato).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'istituto comprensivo «Giovanni Battista Niccolini» di San Giuliano Terme (PI) e della scuola media statale «Silvio Pellico» di Chioggia (VE), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Fitto, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Menia, Miccichè, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Rotondi, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio del conferimento di incarico a un Ministro.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 15 maggio 2009, la seguente lettera:
«Onorevole Presidente, informo la S.V. che con mio decreto in data odierna, sentito il Consiglio dei ministri, ho conferito al Ministro senza portafoglio onorevole Michela Vittoria Brambilla, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, l'incarico per il turismo.
Cordialmente, Silvio Berlusconi».
Auguri all'onorevole Brambilla.

Discussione congiunta del disegno di legge e del documento: S. 1078 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008 (Approvato dal Senato) (A.C. 2320-A); Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2007 (Doc. LXXXVII, n. 1) (ore 16,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta del disegno di legge, già approvato dal Senato, e del documento: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008; Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2007.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

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(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 2320-A e Doc. LXXXVII, n. 1)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore sul disegno di legge comunitaria, onorevole Pini, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANLUCA PINI, Relatore sul disegno di legge n. 2320-A. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella seduta del 14 maggio scorso la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ha concluso l'iter in sede referente del disegno di legge comunitaria 2008, dopo avere svolto un approfondito esame del testo approvato in prima lettura al Senato il 17 marzo 2009.
Nel corso dell'esame in Commissione si è tenuto conto in massima parte degli elementi di valutazione forniti oltre che dai soggetti auditi, che sono stati numerosi, anche dal Comitato per la legislazione, dalla Commissione per le questioni regionali, nonché dalle Commissioni di settore che hanno fornito degli emendamenti specifici.
Preliminarmente è opportuno rilevare che la legge comunitaria annuale continua a costituire uno snodo cruciale nel complesso reticolo di interventi finalizzati al recepimento e all'attuazione della normativa comunitaria e al pieno rispetto dei vincoli fissati in seno all'Unione europea. Si tratta, quindi, di un passaggio che non può risolversi in un meccanismo di travaso nell'ordinamento interno di norme definite a livello sovranazionale, ma di un momento di viva e consapevole partecipazione del Parlamento al processo di integrazione europea, anche al fine di assolvere agli impegni assunti in sede comunitaria nel rispetto delle specificità di ordine giuridico, istituzionale, economico e sociale del contesto nazionale.
L'importanza di tale passaggio è tanto maggiore se si tiene conto degli appuntamenti istituzionali che attendono l'Unione europea nelle prossime settimane, a partire dalle imminenti elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e dall'ormai sempre più vicina entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che comporta un ridisegno generale dell'impalcatura costituzionale dell'Unione europea.
Non va trascurato, peraltro, che, ferma restando la centralità della legge comunitaria nelle dinamiche di adeguamento dell'ordinamento nazionale al diritto comunitario, non mancano nel modello italiano alcuni profili di criticità, con particolare riguardo alle procedure e ai tempi di esame del disegno di legge annuale come previsto dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, la cosiddetta legge Buttiglione-Stucchi.
Ciò spiega, tra l'altro, il motivo per il quale il disegno di legge comunitaria 2008, a diversi mesi dalla conclusione dell'anno di riferimento, non sia stato ancora approvato, benché le ragioni del ritardo accumulato siano da ascrivere in buona parte allo scioglimento anticipato delle Camere nella XV legislatura.
Tra gli aspetti sui quali sarebbe opportuno avviare una riflessione in sede parlamentare vanno altresì annoverati quelli connessi al coordinamento dei diversi livelli di Governo. Ciò rappresenta un fattore determinante non solo per la proficua partecipazione del Paese alla formazione delle politiche delle norme a livello europeo, ma anche ai fini del corretto svolgimento della cosiddetta fase discendente.
A tali questioni, che richiedono un approfondimento in merito all'opportunità di intraprendere iniziative sul piano legislativo e regolamentare, si affianca l'annosa questione del contenzioso comunitario.
Passando all'illustrazione del provvedimento, si segnala che il disegno di legge, come modificato in sede referente dalla XIV Commissione, consta di 52 articoli, suddivisi in quattro capi, nonché di due allegati, A e B, che elencano le direttive da Pag. 3recepire mediante i decreti legislativi, rispettivamente 5 direttive per l'allegato A e 45 direttive per l'allegato B.
Alcune rilevanti informazioni sono contenute nella relazione illustrativa allegata al testo originale del disegno di legge ove è riportato, oltre ai dati relativi al contenzioso, l'elenco delle direttive per le quali è prevista l'attuazione in via amministrativa, nonché il complesso dei provvedimenti adottati dalle regioni e dalle province autonome per il recepimento degli atti comunitari. Tali dati consentono di mettere in risalto l'opportunità di un costante coordinamento e di una piena partecipazione dei diversi soggetti istituzionali, incluse le autonomie locali, ai fini del puntuale rispetto dei principi e delle regole comunitarie.
Dal punto di vista della struttura generale, il provvedimento conferma l'impianto già sperimentato negli anni precedenti essenzialmente fondato sul conferimento di deleghe legislative al Governo finalizzate alla trasposizione secondo una procedura ormai standardizzata delle direttive comunitarie da recepire. Ove necessario, peraltro, le nuove disposizioni modificano direttamente la legislazione vigente al fine di garantire la piena conformità agli obblighi comunitari. Ciò anche in relazione all'esigenza di risolvere positivamente le procedure di infrazione pendenti nei confronti dell'Italia e di adattare le norme interne alla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Vanno, inoltre, evidenziate due importanti novità: da un lato, la volontà del legislatore di garantire maggiore celerità al processo di adeguamento agli obblighi assunti a livello europeo, mediante disposizioni che consentano un più rigoroso rispetto dei termini di recepimento delle direttive. Infatti, i termini delle deleghe, come vedremo, sono stati ampiamente ridotti.
Dall'altro lato, vi è l'esigenza di favorire la codificazione e la semplificazione, nonché il riordino della normativa interna di derivazione comunitaria, come espressamente previsto dagli articoli 2, comma 1, lettera a) e 5 del disegno di legge, in coerenza con l'obiettivo della riduzione degli oneri amministrativi posto anche dalla Commissione europea.
Più nel dettaglio, il capo I reca le disposizioni generali sui procedimenti per gli adempimenti degli obblighi comunitari, riproducendo in gran parte le previsioni già contenute nelle precedenti leggi comunitarie.
L'articolo 1, nel conferire la delega al Governo per il recepimento delle direttive riportate negli allegati A e B, stabilisce i termini e le modalità di emanazione dei relativi decreti legislativi. Il termine per l'esercizio della delega varia in funzione del termine di recepimento previsto da ciascuna direttiva in modo da consentire il rispetto dei tempi di adeguamento imposti in sede comunitaria. Ove le direttive non indichino un termine per il recepimento, il Governo è tenuto ad adottare i decreti legislativi entro un anno dall'entrata in vigore della legge (un tempo, invece, erano previsti 18 mesi). Nel caso di direttive il cui termine sia scaduto, il termine per il recepimento scade nei tre mesi successivi all'entrata in vigore della legge comunitaria e, quindi, i decreti legislativi devono essere adottati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge al fine di abbassare il livello di contenzioso comunitario.
Il procedimento per l'attuazione delle direttive incluse nell'allegato B prevede l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari, che è richiesto anche per i decreti legislativi di recepimento delle direttive di cui all'allegato A, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali. Le direttive che comportano conseguenze finanziarie devono essere sottoposte anche al parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.
Specifiche disposizioni riguardano anche l'eventuale intervento dello Stato in materia di competenza regionale, nonché l'obbligo del Ministro per le politiche europee di relazionare alle Camere, in ordine all'esercizio delle deleghe da parte del Governo e in merito all'attuazione delle direttive da parte delle regioni. Pag. 4
L'articolo 2 detta i principi e i criteri direttivi di carattere generale per l'esercizio delle deleghe.
L'articolo 3 delega il Governo ad adottare disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per la violazione di obblighi contenuti in provvedimenti attuativi di direttive comunitarie, di natura regolamentare o amministrativa o in regolamenti comunitari pubblicati alla data di entrata in vigore della legge.
L'articolo 4 prevede che le entrate derivanti dalle tariffe occorrenti a coprire gli oneri connessi a prestazioni e controlli eseguiti da uffici pubblici, in relazione a disposizioni contenute in leggi comunitarie, siano attribuiti alle amministrazioni competenti allo svolgimento di tali attività, cioè del controllo. Qui vi è un'importante novità, perché nel corso dell'esame in sede referente la disposizione è stata riformulata in termini di novella della legge n. 11 del 2005, in particolare dell'articolo 9, al fine di evitare - visto che andiamo verso una semplificazione normativa e abbiamo un Ministro specifico per la semplificazione normativa - che tutti gli anni debba essere riproposta all'interno della legge comunitaria la stessa formula. L'articolo 5, come già evidenziato, conferisce una delega al Governo per l'adozione di testi unici o di codici di settore finalizzati al contenimento delle disposizioni attuative delle direttive comunitarie adottate sulla base delle deleghe contenute nel provvedimento, con le norme già vigenti nei settori interessati.
L'articolo 6 riporta alcune modifiche alla già citata legge n. 11 del 2005 ed in particolare stabilisce che alcune informazioni da rendere alla Camere (come i dati sulle procedure di infrazione, l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa e altre) siano inserite nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria, anziché in un'apposita nota aggiuntiva, come è attualmente previsto. Si chiarisce inoltre che l'autorizzazione permanente al Governo all'attuazione in via regolamentare delle disposizioni adottate dalla Commissione europea ha per oggetto il recepimento delle disposizioni adottate dalla Commissione sulla base del potere espressamente conferitole dalle stesse direttive comunitarie.
Passiamo al capo 2, che reca modifiche e abrogazione delle disposizioni vigenti in contrasto con gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, nonché principi e criteri specifici di delega per il recepimento di alcune direttive comunitarie. I settori maggiormente interessati sono quelli afferenti all'agricoltura e all'alimentazione, alla sanità, alle pari opportunità, all'ambiente, agli appalti, al credito al consumo, al fisco, ai servizi radiotelevisivi, agli esplosivi e alle armi, al diritto societario, ai servizi di pagamento ed alle prestazioni di servizi nel mercato interno. Quindi, come vedete la legge comunitaria diventa ogni anno sempre più importante per regolare i rapporti fra gli Stati membri e l'Unione europea.
Più nel dettaglio l'articolo 7, che ha subito limitate modifiche in sede referente, reca una delega al Governo ai fini del riordino della normativa in materia di igiene degli alimenti e dei mangimi, delega da esercitare entro due anni, perché è stato specificato, dall'entrata in vigore della presente legge. Il riordino non comporta nuovi oneri a carico della finanza pubblica e concerne la disciplina interna non costituente attuazione di obblighi comunitari.
L'articolo 8 - anche questo ha subito limitate modifiche in sede referente - indica specifici criteri di delega per il recepimento della direttiva 2007/47/CE in materia di dispositivi medici ed immissione sul mercato di biocidi. Una nota, signor Presidente, colleghi e Ministro: logicamente queste limitate modifiche sono state quasi tutte indotte da votazioni effettuate in maniera specifica nelle Commissioni di merito.
L'articolo 9 stabilisce che il Governo - nella predisposizione del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2006/54/CE, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di occupazione e impiego, da Pag. 5adottare entro il 15 agosto 2009 - è tenuto ad acquisire il parere della conferenza Stato-regioni.
L'articolo 10 contempla ulteriori principi e criteri direttivi al fine dell'esercizio della delega per il recepimento della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria e dell'ambiente e per un'aria più pulita in Europa, prevedendo anche in questo caso l'acquisizione del parere della conferenza Stato-regioni. Nel corso dell'esame in sede referente, mediante l'approvazione di un emendamento dell'VIII Commissione ambiente, è stata prevista l'emanazione di specifiche linee guida da parte dell'ISPRA in materia di strumenti e metodi di campionamento e di misura della qualità dell'aria. In considerazione della particolare situazione di inquinamento della pianura padana i criteri di delega sono stati altresì integrati con la previsione di specifiche strategie di intervento per il predetto bacino padano.
L'articolo 11 modifica la legge 10 febbraio 1992, n. 164, che disciplina la denominazione di origine dei vini, allo scopo di meglio definire le modalità di produzione delle due tipologie di vino Chianti DOCG: Chianti e Chianti classico.
L'articolo 12 delega il Governo ad adottare, senza oneri a carico della finanza pubblica, un decreto legislativo di riordino della disciplina in materia di fertilizzanti.
Gli articoli 13 e 13-bis intervengono in materia di organizzazione comune del mercato vitivinicolo (la cosiddetta riforma OCM).
Il primo detta disposizioni attuative della recente riforma OCM, adottata in sede comunitaria per quanto riguarda, in particolare, la regolarizzazione delle superfici vitate impiantate, le sanzioni per la mancata estirpazione delle superfici regolari e le comunicazioni relative al ricorso della vendemmia verde o alla distillazione.
Il secondo, introdotto nel corso dell'esame in sede referente a seguito dell'approvazione di un emendamento della XIII Commissione, conferisce un'ulteriore delega al Governo per l'attuazione del regolamento (CE) n. 479/2008, nel rispetto di specifici criteri direttivi, che prevedono, tra l'altro, la piena integrazione fra la normativa nazionale e quella dell'OCM vitivinicola, anche mediante le necessarie modifiche della legge, già citata, n. 164 del 1992.
L'articolo 14 novella le norme che disciplinano la classificazione delle carcasse bovine.
L'articolo 14-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, abroga la norma che consente di raggiungere, nella preparazione delle grappe, sostanze aromatiche naturali e preparazioni aromatiche, in attuazione del regolamento (CE) n. 110/2008.
L'articolo 15, emendato nel corso dell'esame in sede referente, modifica l'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986, n. 898, al fine di riferire la disciplina sanzionatoria per indebito conseguimento di erogazioni a carico del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia, ai medesimi fatti commessi a danno del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, che hanno sostituito il FEOGA.
L'articolo 16 apporta numerose modifiche alla legge sulla protezione della fauna selvatica omeoterma e sul prelievo venatorio (la legge 11 febbraio 1992, n. 157), al fine di adeguarla pienamente alla direttiva n. 79/409/CEE. Si segnala a riguardo, che il testo approvato dalla XIV Commissione, che ha accolto un emendamento della XIII Commissione (Agricoltura), ha soppresso il comma 3 introdotto dal Senato.
L'articolo 17 abroga l'articolo 2 del decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 49, che consente l'aggiunta di vitamine nella produzione di alcuni tipi di latte conservato.
L'articolo 18 abroga le norme interne che hanno dato attuazione alla direttiva n. 84/539/CEE, concernente gli apparecchi elettrici impiegati in medicina umana e veterinaria.
L'articolo 19 apporta una modifica alla normativa in materia di marcatura CE delle apparecchiature radio e delle apparecchiature terminali di telecomunicazione. Pag. 6
L'articolo 20 modifica il cosiddetto Codice del consumo, riscrivendo, in particolare, l'articolo 144-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in materia di cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato soppresso l'articolo 21, a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal Governo, come anche dalla XIII Commissione (Agricoltura), che abrogava l'articolo 1 della legge 3 aprile 1961, n. 286, recante il divieto di colorare bevande alcoliche vendute con denominazioni di fantasia, il cui gusto derivi dal contenuto di essenze di agrumi o paste aromatizzanti di agrumi, anche se essi non contengono succhi di agrumi in misura pari almeno al 12 per cento (quindi, anche in questo caso, siamo andati a tutela delle produzioni agrumicole italiane).
Nel testo approvato dalla XIV Commissione è stato, poi, introdotto il nuovo articolo 21-bis, che interviene sulla legge 30 marzo 2001, n. 125, in materia di alcol e dei problemi ad esso correlati.
L'articolo 22, che ha subito limitate modifiche nel corso dell'esame in sede referente, anche a seguito degli accorgimenti e degli emendamenti della VI Commissione (Finanze), reca diverse disposizioni di natura fiscale.
L'articolo 23 reca specifici principi e criteri direttivi per l'adozione del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2007/65/CE, che ha innovato la direttiva 89/552/CEE (la cosiddetta TV senza frontiere), prevedendo, tra l'altro, una specifica disciplina per l'inserimento di prodotti mediante comunicazioni commerciali all'interno dei programmi audiovisivi.
L'articolo 24, come emendato in sede referente, novella il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, modificando l'elenco degli ingredienti classificati come allergeni alimentari.
L'articolo 25, anch'esso modificato nel corso dell'esame in sede referente, delega il Governo ad emanare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge comunitaria, un decreto legislativo per dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia del 19 giugno 1990 con riferimento alla causa C-177/89, con la quale l'Italia è stata condannata per aver assoggettato lo smercio di estratti alimentari di prodotti affini di origine animale e vegetale.
L'articolo 26 individua specifici criteri di delega per il recepimento della direttiva 2007/23/CE, relativa all'immissione sul mercato di articoli pirotecnici.
L'articolo 27, invece, reca principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2008/43/CE, relativa all'istituzione di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile.
L'articolo 28 stabilisce i principi e i criteri direttivi specifici ai quali deve conformarsi il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2007/36/CE, relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate. L'articolo 29, invece, è relativo ai sistemi di pagamento nel mercato interno.
L'articolo 30, in gran parte riscritto a seguito degli emendamenti introdotti dalla VI Commissione, reca specifici criteri di delega per l'attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori.
L'articolo 31 apporta alcune modifiche al decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, concernente la regolamentazione dei medicinali per uso umano. L'articolo 32, invece, è inerente la variazione delle tariffe di vendita al pubblico dei prodotti da fumo, in relazione ad alcune censure formulate dalla Commissione europea.
L'articolo 33 elenca specifici principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2008/51/CE, relativa al controllo, all'acquisizione e alla detenzione di armi. Un emendamento della I Commissione, approvato nel corso dell'esame in sede referente, ha integrato i principi e i criteri concernenti le procedure per l'acquisizione e detenzione di armi.
L'articolo 34 prevede che i centri di imballaggio delle uova che non soddisfano le condizioni previste dal regolamento CE n. 589/2008 siano sanzionati con la revoca o la sospensione dell'autorizzazione. Durante l'esame in sede referente è stata conferita una delega al Governo per adottare Pag. 7uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione del settore della produzione delle uova.
L'articolo 35 reca attuazione al regolamento CE n. 1/2003, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza. L'articolo 36, invece, reca alcune modifiche al decreto legislativo n. 81 del 2008, recante il testo unico della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
L'articolo 37 prevede l'accreditamento, da parte di un organismo riconosciuto, secondo norme tecniche adottate a livello comunitario, di laboratori che intervengono nelle procedure di autocontrollo.
L'articolo 38 specifica i criteri di delega per l'attuazione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno.
L'articolo 39 modifica alcune norme del codice civile in tema di requisiti di pubblicità degli atti di alcuni tipi di società.
L'articolo 39-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal Governo, interviene nel decreto-legge n. 172 del 2008, recante misure per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti in Campania.
L'articolo 39-ter, anch'esso introdotto durante l'esame in sede referente, reca una delega in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici. Anche l'articolo 39-quater è stato introdotto nel corso dell'esame in sede referente a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal Governo in materia di trasmissione televisiva con la tecnica del digitale terrestre.
Il Capo III contiene gli articoli dal 40 al 42, relativi all'attuazione del regolamento CE 1082/2006. Seguendo il precedente già instaurato con la legge comunitaria per il 2007, il Capo IV, articoli dal 43 al 46, reca, infine, la delega al Governo per l'attuazione di tre decisioni quadro. Si tratta, in particolare, della decisione quadro 2006/783/GAI, relativa all'applicazione del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca e della decisione quadro 2006/960/GAI, che mira a semplificare lo scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell'Unione europea incaricate dell'applicazione della legge, ai fini dello svolgimento di indagini penali o di operazioni di intelligence criminale, nonché della decisione quadro 2008/909/GAI, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore sulla Relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2007, onorevole Centemero.

ELENA CENTEMERO, Relatore sul documento LXXXVII, n. 1. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esame della relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea restituisce uno dei principi strumenti a disposizione delle Camere sia per intervenire nella fase ascendente del processo decisionale comunitario, sia per acquisire elementi di informazione e valutazione sulle posizioni assunte e sugli obiettivi conseguiti dal Governo nelle competenti sedi europee.
In base all'articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, la relazione deve distinguere con chiarezza i resoconti delle attività svolte e gli orientamenti che il Governo intende assumere per l'anno in corso, illustrando gli sviluppi del processo di integrazione europea, la partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario, l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica e sociale, l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione, i pareri, le osservazioni e gli atti di indirizzo delle Camere, nonché le osservazioni della Conferenza dei Presidenti delle regioni, della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali. Dunque, la relazione assume un grande rilievo per il raccordo tra Parlamento e Governo in materia europea. La relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea Pag. 8nel 2007, che oggi è in esame in quest'Aula, non fornisce però elementi utili per queste finalità e non può, pertanto, presentarsi ad un esame sul merito delle indicazioni in essa contenute. Essa, infatti, giunge all'esame della Camera ben oltre l'anno di presentazione: dunque è obsoleta, sia per quanto attiene al resoconto delle attività svolte che per l'indicazione degli orientamenti per il futuro. Bisogna poi considerare che questo documento che stiamo analizzando è stato predisposto dal precedente Governo prima dello scioglimento anticipato delle Camere. Per non determinare ulteriori ritardi (stiamo parlando della relazione del 2007), il Ministro Ronchi non ha infatti presentato una nuova relazione. Il Governo inoltre, sta per presentare, presumibilmente a questa Camera, insieme al disegno di legge comunitaria 2009, la relazione per il 2008, che quindi conterrà elementi aggiornati per l'esame degli aspetti richiamati in precedenza.
Da ultimo, va tenuto presente che il 22 aprile 2009 la Camera ha approvato, in seguito all'esame del programma legislativo di lavoro per il 2009 della Commissione europea e del programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea, presentato dalle presidenze francese, ceca e svedese, due risoluzioni, la Gottardo ed altri n. 6-00017 e la Gozi ed altri n. 6-00019, che definiscono indirizzi per l'azione di Governo sui più importanti temi e le più importanti proposte all'attenzione delle istituzioni europee. In questo contesto, la Commissione politiche dell'Unione europea ha deciso all'unanimità di concentrare l'esame sugli aspetti non strettamente attinenti le indicazioni di merito che, lo ribadisco, verranno trattate nell'esame della relazione per il 2008, ma ha operato anzitutto una valutazione approfondita della struttura e delle modalità di predisposizione del documento. Sono state esplorate le possibilità di rendere più efficace e agili, grazie anche a delle modifiche da apportare al regolamento della Camera, le procedure per l'esame parlamentare del documento, assicurandone la centralità nel raccordo tra Parlamento e Governo sulle questioni europee. È stata poi operata una riflessione specifica sulle iniziative di carattere generale volte a migliorare la partecipazione del Parlamento al processo decisionale europeo e inoltre a garantire una migliore informazione dei cittadini italiani sulle implicazioni dell'attività dell'Unione europea per il nostro Paese, aspetto quest'ultimo di grande importanza, allo scopo di rilanciare l'integrazione europea e il ruolo dell'Unione europea nel nostro Paese.
In merito alla struttura e alla redazione della relazione, sono emersi notevoli elementi di criticità, in relazione alla struttura e alla tecnica redazionale. Innanzitutto, il documento è un resoconto accurato delle attività svolte nel 2007, ma solo limitatamente definisce gli orientamenti che il Governo avrebbe inteso seguire nel 2008, con riferimento alle politiche e ai principali provvedimenti dell'Unione europea. Inoltre, le diverse sezioni tematiche si presentano disomogenee e, in alcuni casi, non sono focalizzate sugli aspetti strettamente attinenti alla partecipazione italiana all'Unione europea. Quindi, la corposità del documento e la redazione del medesimo non ne rendono agevole la lettura e non lo rendono fruibile ai fini dell'esame parlamentare. Questi aspetti sono importantissimi anche alla luce del fatto che abbiamo assistito, fin dall'inizio in questa legislatura, ad un fortissimo incremento dell'attività della Camera e del Senato nella fase ascendente. L'indicazione del seguito dato dal Governo agli orientamenti definiti dal Parlamento assume un rilievo ancora più significativo e dovrebbe, pertanto, essere adeguatamente riportata nelle prossime relazioni annuali.
A questo proposito, mi riservo di formulare nella risoluzione sulla relazione specifici indirizzi per il Governo.
Per quanto riguarda la procedura di esame della relazione annuale, essa si verifica a lunga distanza. Il ritardo è dovuto allo scioglimento anticipato delle Camere e anche al fatto che il nuovo Governo ha avuto la necessità di predisporre un nuovo disegno di legge comunitaria per tener conto degli obblighi comunitari Pag. 9che nel frattempo erano venuti a scadenza o in prossimità di scadenza. Questo ritardo, però, è divenuto fisiologico in ragione della procedura di esame congiunto con il disegno di legge comunitaria prevista dai Regolamenti di Camera e Senato, elemento questo che potrebbe essere sottoposto ad una revisione.
Infatti, nel corso del dibattito presso la nostra Commissione sulle possibili modifiche da apportare alle norme regolamentari in materia europea, si è concordato sull'esigenza di valutare attentamente la possibilità di abbinare l'esame della relazione annuale a quella dei principali strumenti di programmazione legislativa e politica della Commissione europea, ossia il programma legislativo della Commissione europea ed il programma dei 18 mesi. Abbinando la relazione annuale con questi strumenti, quindi, si concentrerebbero in un'unica fase (all'inizio dell'anno) l'analisi e il confronto tra le linee d'azione del Governo e delle istituzioni europee e la conseguente definizione degli indirizzi di carattere generale da perseguire nella formazione delle politiche dell'Unione europea. Quindi, si configurerebbe davvero una vera e propria sessione di fase ascendente che si potrebbe accompagnare, attraverso le necessarie modifiche regolamentari, con la definizione di una sessione di fase discendente incentrata sull'esame del disegno di legge comunitaria secondo modalità più agili e soprattutto con tempi di approvazione certi.
Per quanto riguarda le modalità di partecipazione dell'Italia all'integrazione europea, la definizione di procedure e di strumenti per una partecipazione più efficace del nostro Paese nelle sedi decisionali europee costituisce una delle questioni prioritarie che dobbiamo affrontare in questa legislatura, resa ancor più stringente dai mutamenti istituzionali intervenuti o in corso a livello europeo e nazionali e che saranno accentuati dallo stesso Trattato di Lisbona.
La Commissione politiche dell'Unione europea sta già svolgendo una indagine conoscitiva sull'attuazione della legge n. 11 del 2005 in esito alla quale potranno essere formulate proposte organiche di riforma. Si possono, tuttavia, prospettare sin da ora le principali e più urgenti linee di intervento che proporrò nella risoluzione sulla relazione. In questo contesto assume un rilievo fondamentale il rafforzamento del ruolo del Parlamento nella fase di formazione delle decisioni politiche dell'Unione europea. In coerenza con l'approccio prescelto per l'esame della relazione 2007 appare dunque opportuno ribadire le linee di intervento su cui è emerso un sostanziale consenso nel dibattito in Commissione.
In primo luogo, le Camere devono avvalersi pienamente degli strumenti legislativi e regolamentari che sono esistenti e che sono a disposizione, attraverso però una valorizzazione del ruolo di stimolo della XIV Commissione, ma al tempo stesso occorre avviare in modo rapido e tempestivo un processo di revisione dei Regolamenti parlamentari. Ribadisco, pertanto, la necessità di introdurre una sessione comunitaria di fase ascendente da svolgersi nei primi mesi dell'anno e, accanto ad essa, andrebbero rafforzate le possibilità e l'azione della XIV Commissione e delle Commissioni di merito sulla face ascendente. Per altro verso, va assicurata l'attuazione delle disposizioni del Trattato di Lisbona relative al ruolo dei Parlamenti nazionali. In ultima analisi, un tema che sta particolarmente a cuore a me, al presidente della XIV Commissione ed ai suoi membri è il miglioramento dell'informazione dei cittadini sull'integrazione europea.
Usando uno slogan: non esiste Europa se non si conosce l'Europa, se non si conoscono le sue politiche e i valori alla base delle sue politiche.
L'esame della relazione annuale ha confermato l'esistenza, anche nel nostro Paese, di un deficit di informazione dei cittadini sulle attività dell'Unione europea, deficit che è in buona parte alla base della crisi di fiducia che l'opinione pubblica nazionale e le opinioni pubbliche anche degli altri Stati hanno fatto emergere sul processo di integrazione europea. La posizione critica o negativa di molte opinioni Pag. 10pubbliche nazionali verso l'Unione europea, culminata nell'esito dei referendum francese e olandese sul Trattato costituzionale e di quello irlandese sul Trattato di Lisbona non sono, infatti, segni di un rigetto radicale dell'integrazione europea, ma nascono da una conoscenza insufficiente, non corretta delle iniziative che l'Unione europea mette in atto e soprattutto del loro impatto sulla vita dei cittadini.
A fronte di aspettative elevate sui temi di particolare rilevanza e complessità globale, quali l'immigrazione, la sicurezza, la crescita, l'occupazione, la competitività, l'azione europea viene percepita come debole, assente, limitata. Conseguentemente, come è già stato sottolineato anche dall'onorevole Gottardo, in seguito all'analisi della relazione sul Programma legislativo della Commissione per il 2009, le opinioni pubbliche percepiscono poca Europa dove ce ne sarebbe più bisogno, e troppa Europa laddove, invece, l'azione a livello nazionale, regionale o locale sarebbe più adeguata.
Questo nodo problematico si è accentuato nell'attuale fase di crisi economica: i cittadini europei percepiscono come chiaramente insufficienti i soli interventi a livello nazionale e attendono un'azione su scala europea. Esiste, dunque, un evidente difetto di comunicazione e di informazione; pertanto, si potrebbero avviare specifiche iniziative per promuovere la conoscenza dell'ordinamento e delle politiche europee nonché del ruolo del Parlamento in materia.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, innanzitutto vorrei complimentarmi con il relatore sul disegno di legge comunitaria 2008 e la relatrice sulla relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2007 per l'attenta analisi del lavoro svolto in questi mesi sul disegno di legge comunitaria, che ha visto tutta la Commissione politiche dell'Unione europea di questa Camera lavorare all'unisono, nonostante le difficoltà dell'esame di questo provvedimento che si era interrotto per la fine della precedente legislatura.
La relazione del collega Pini è stata puntuale ed ha affrontato tutti i temi di fondo che hanno portato alla predisposizione di questo disegno di legge comunitaria. Si tratta di un lavoro che credo sia in grado di presentare, ancora una volta, il Parlamento nei confronti delle attese dell'Europa, delle sue aspettative e delle sue prerogative conformemente a ciò che ci si attende. Mi auguro, signor Presidente, che il dibattito di domani sia all'altezza del lavoro svolto dalla Commissione. Mi permetto di ringraziare il presidente Pescante e il relatore sul disegno di legge comunitaria 2008, onorevole Pini, perché si è realizzato un lavoro profondo, che è stato condotto al di là degli schieramenti, considerando le caratteristiche peculiari delle tematiche tra le quali l'agricoltura, la direttiva sui servizi e tutte le consequenzialità rispetto anche al Trattato di Lisbona. Il dibattito di domani pomeriggio sarà molto importante e credo che l'approvazione di questo disegno di legge comunitaria sia un passo avanti per rispondere alle attese di coloro i quali giudicano il Parlamento anche rispetto all'attenzione verso l'Europa.
Vorrei riprendere un concetto espresso dalla relatrice sulla relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2007 a proposito dello slogan sulla conoscenza dell'Europa, che è stato un argomento molto trattato, in vista anche delle prossime elezioni europee. Certamente vi è un deficit di conoscenza da parte dei cittadini italiani ed europei rispetto all'opportunità che è l'Europa. L'Europa, infatti, è una grande opportunità, anche in un momento di crisi: è un'opportunità dal punto di vista del lavoro, dell'occupazione e con riferimento alle grandi infrastrutture, ma è un'opportunità, oserei dire, ideale e valoriale.
Abbiamo preso impegni, anche in Commissione, proprio per far sì che ci possa essere una maggior conoscenza e un maggiore approfondimento delle grandi opportunità Pag. 11che offre l'Europa. Spesso si dice che l'Europa è lontana dai cittadini. È vero: spesso l'Europa fa di tutto per essere lontana, ma devo dire che anche noi abbiamo fatto poco per far sì che quest'Europa possa essere conosciuta.
Signor Presidente, l'impegno, da parte di chi vi parla e anche della Commissione, una volta approvata la legge comunitaria, è quello di dedicare proprio un lavoro specifico sugli strumenti, anche con gli organi di informazione, per portare ad una maggiore conoscenza del concetto Europa, delle sue opportunità, per accorciare le distanze e far sì che questo grande potenziale, rappresentato dall'Europa, possa essere condiviso, percepito ed essere, quindi, un ulteriore motore di sviluppo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, valuto positivamente la sua intenzione, signor Ministro, di portare presto in discussione la legge comunitaria 2009, in modo che la si possa esaminare in tempi congrui. Al tempo stesso, nel momento in cui oggi, 18 maggio 2009, affrontiamo in Aula la legge comunitaria 2008, non si può che stigmatizzare con forza il ritardo accumulato. Un cittadino fuori da questo palazzo (i cittadini cui si è fatto cenno anche poc'anzi), se dovesse essere intervistato sul fatto che a metà 2009 si discute un atto relativo al 2008, non potrebbe che confermare il giudizio diffuso, purtroppo negativo, sulla politica, i suoi tempi, i suoi riti e i suoi protagonisti.
Signor Ministro, non me ne voglia, ma questo ritardo è imputabile al Governo e alla sua maggioranza, e spero vi sia l'onestà intellettuale per riconoscerlo. Il disegno di legge comunitaria per l'anno 2008, infatti, è stato definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri il 28 agosto 2008, quasi nove mesi fa. Questa è responsabilità dell'Esecutivo, perché avrebbe potuto fare come a suo tempo fece la Ministra Bonino, che nel maggio 2006, appena insediata, ripresentò immediatamente il disegno di legge comunitaria e la correlata relazione annuale che erano stati adottati dal precedente Governo. Poi, però, vi è anche una responsabilità della maggioranza, che ha lasciato giacere il disegno di legge per mesi al Senato prima di calendarizzarlo.
Faccio notare questo ritardo perché produce almeno due effetti negativi (lo dico proprio con lo spirito al quale faceva riferimento il Ministro poc'anzi, uno spirito positivo, che apprezzo da questo punto di vista). Il primo effetto negativo evidente è che alcune importanti direttive, molte delle quali già scadute, non sono state recepite nel nostro ordinamento. Analoghe considerazioni valgono anche per diverse procedure di infrazione e altri obblighi comunitari in scadenza. A tal proposito, è opportuno ricordare a tutti noi che la legge comunitaria annuale - lo ha ricordato il relatore Pini poc'anzi - è lo strumento normativo volto ad assicurare il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea. Ma vi è un secondo effetto negativo, meno evidente ma più insidioso, vale a dire che così facendo chi governa conferma l'idea che l'Europa è sì importante, ma relativamente importante, tanto che adeguare la legislazione nazionale a quella comunitaria è questione non urgente, da affrontare, appunto, quando c'è tempo.
La relazione fra cittadini ed Europa - lo sappiamo bene tutti in quest'Aula - si è fatta in questi anni più forte dal punto di vista turistico, degli scambi commerciali, culturali e quant'altro, mentre, al contrario, si è alquanto intiepidita nei confronti delle istituzioni, e dobbiamo riconoscerlo. Infatti, in queste settimane osserviamo il disinteresse sostanziale degli elettori nei confronti della competizione per il Parlamento di Strasburgo. È evidente che non è approvando nei tempi giusti e seri la legge comunitaria che si cambiano le cose, però credo che anche i segnali e i messaggi che, a volte, le istituzioni riescono ad inviare siano utili, se positivi, mentre sono controproducenti quando sono negativi. Mi si perdoni la franchezza, ritengo questo un segnale negativo. Per dovere di cronaca, devo altresì aggiungere che al ritardo con il quale i Pag. 12documenti sono stati trasmessi al nostro esame si è aggiunto un iniziale invito del Governo a lasciare sostanzialmente immutato il testo così come approvato dal Senato, fatta salva la clamorosa svista sul succo d'arancia.
Si sarebbe però in tal modo impedito alla Camera di intervenire su questioni fondamentali, quali, tra le altre, il recepimento della direttiva servizi, la revisione della disciplina sull'IVA, la direttiva «TV senza frontiere», diversi aspetti in materia agricola, l'attuazione del Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera.
Noi tutti, però, nella XIV Commissione intendiamo il nostro lavoro in maniera molto seria. Sappiamo che è ritenuta dai più una Commissione minore, mentre, invece, ogni settimana che passa ci rendiamo conto della sua crescente importanza, perché l'Unione europea, pur con tutte le sue debolezze e farraginosità, incide e inciderà sempre più sul nostro assetto normativo e sulla nostra vita quotidiana.
Abbiamo, quindi, molto apprezzato - voglio qui dargliene merito - lo sforzo del relatore, onorevole Pini, e della stessa maggioranza nella XIV Commissione, del presidente Pescante e del capogruppo del PdL, onorevole Formichella, volto a impedire la strozzatura del dibattito e a recepire alcune indicazioni e alcuni emendamenti proposti dal Partito Democratico, che ha operato, per parte sua, a tal fine con l'attiva partecipazione dei colleghi delle Commissioni di merito. Ciò detto, non posso, peraltro, nascondere un'ulteriore perplessità, derivante dal modo, mi si consenta, un po' disordinato con il quale, a causa, credo, delle evidenti divergenze che sono sorte qua e là nella maggioranza su vari punti, si è proceduto nell'esame del disegno di legge.
Credo che vada riconosciuto, però, in questo quadro generale, il nostro atteggiamento di grande cooperazione, in ossequio al principio, per noi fondamentale, della massima tutela dell'interesse nazionale nell'Europa comunitaria. È un atteggiamento cooperativo, che naturalmente non può essere a senso unico. Ci aspettiamo nella discussione in Aula, che cominciamo oggi e proseguiamo domani, un analogo atteggiamento cooperativo da parte della maggioranza e da parte del Governo in sede di voto su alcuni emendamenti che il Partito Democratico ha presentato per l'esame in Assemblea.
Segnalo alcuni di questi emendamenti (evidentemente non tutti, perché il tempo non me lo consentirebbe), che ritengo particolarmente significativi. Innanzitutto, vi è l'emendamento in materia di lavoro e pari opportunità. L'articolo 9 del disegno di legge reca, come sappiamo, una delega al Governo per il recepimento della direttiva 2006/54/CE, riguardante l'attuazione del principio di pari opportunità e parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego. Nel testo non sono indicati in modo puntuale i criteri direttivi e i principi ai quali dovrebbe attenersi il Governo nell'esercizio della funzione legislativa delegata, nonostante la direttiva stessa lasci allo Stato nazionale ampi margini di intervento. Con il nostro emendamento prevediamo l'armonizzazione dell'ordinamento nazionale in tema di promozione e formazione professionale, accesso al lavoro, remunerazione e regimi di sicurezza sociale, attraverso un piano articolato, composto da azioni positive tese all'effettiva realizzazione della parità.
Inoltre, non ci risulta chiaro come il Governo intenda affrontare la problematica delle cosiddette dimissioni in bianco, che, secondo me, è altamente simbolica di un modo odioso di intendere il rapporto di lavoro tra datore e lavoratore. È una pratica, lo sappiamo, posta in essere prevalentemente in danno delle lavoratrici madri, che era stata vietata dalla legge n. 188 del 2007, che il decreto-legge n. 112 del 2008, poi convertito dalla legge n. 133 del 2008, ha colpevolmente, a nostro avviso, abrogato. Il nostro emendamento, al riguardo, propone di dare attuazione all'articolo 14 della medesima direttiva 2006/54/CE, per il contrasto, appunto, del fenomeno delle dimissioni in bianco, con il contestuale ripristino delle disposizioni normative in materia di modalità Pag. 13per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie dei lavoratori o delle lavoratrici.
Segnalo, altresì, l'emendamento sugli aiuti di Stato, che vuole sollecitare il Governo a dare adeguata comunicazione a tutte le amministrazioni interessate a proposito del nuovo regime, più flessibile, adottato dalla Commissione europea in questa materia con un'importante comunicazione del gennaio scorso. È un regime più flessibile e meno rigido in considerazione della crisi economica che ha investito soprattutto le piccole e medie imprese. Il nuovo regime è stato comunicato a gennaio di quest'anno, varrà fino al dicembre 2010, ma, ad oggi, non è stata data ancora adeguata comunicazione dal nostro Governo a tutte le amministrazioni interessate.
Confidiamo in una piena accettazione da parte del relatore e del Governo di questi nostri emendamenti, il primo dei quali - lo ripeto - riteniamo fondamentale, data la delicata materia che tratta: il lavoro, e in particolare il lavoro delle donne, in questo Paese.
Desidero ora sottolineare l'importanza di alcuni altri emendamenti presentati dal nostro gruppo. Tutti hanno il fine di migliorare e rendere più efficiente il rapporto tra l'Italia e l'Unione europea, e quindi confidiamo in un loro accoglimento. Due di essi sanciscono il principio di parità tra cittadini italiani e cittadini comunitari: nel solco di quanto affermato anche dalla Corte costituzionale, essi sono volti a prevenire le cosiddette discriminazioni a contrario, quelle discriminazioni cioè che si verificano a danno di imprese e cittadini italiani laddove le norme nazionali prescrivano requisiti più stringenti rispetto a quelli previsti dalle norme comunitarie.
V'è poi l'emendamento relativo al Comitato delle regioni, che, come riconosciuto dalla stessa XIV Commissione a seguito del ricorso da noi presentato sull'iniziale inammissibilità dell'emendamento medesimo, risponde ad esigenze generali di attuazione di impegni assunti a livello comunitario. L'emendamento, infatti, è volto ad individuare i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano le proprie competenze nel Comitato delle regioni, un organo che svolge funzioni consultive per l'Unione europea con particolare riferimento alle questioni che interessano le realtà locali.
Abbiamo altresì, signor Presidente, presentato un emendamento il cui obiettivo è semplificare il meccanismo previsto dalla legge comunitaria in tema di Gruppo di cooperazione transfrontaliera europeo (il famoso GECT). L'emendamento proposto dall'Esecutivo è infatti a nostro parere troppo farraginoso e rischia di vanificare l'operato di questo importante strumento predisposto dell'Unione europea per facilitare la cooperazione transfrontaliera (un tema vieppiù importante nel nostro continente).
Vi sono inoltre gli emendamenti in materia di giustizia. In particolare, cito quello volto a consentire il recepimento della decisione quadro sulle squadre investigative comuni, necessario al fine di dare attuazione alle disposizioni in materia, appunto, di squadre investigative comuni già contenute in accordi internazionali obbligatori per lo Stato italiano e già entrati in vigore sul piano internazionale. Tale emendamento è a mio modo di vedere assai importante, ove si consideri che il ricorso alle squadre investigative comuni trae origine dalla necessità di superare i tradizionali limiti della cooperazione interstatuale investigativa e giudiziaria, specialmente nel contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso e nella lotta contro il terrorismo internazionale (quello che viene definito tecnicamente il cross-border crimes).
Devo però sottolineare che inspiegabilmente è stato dichiarato inammissibile l'articolo aggiuntivo ad esso collegato, contenente principi e criteri direttivi. Non vorremmo interpretare questo fatto come il conferimento di una delega in bianco al Governo, il che costituirebbe, a nostro modo di vedere, un grave vulnus per le prerogative del Parlamento. Invito dunque il Ministro e il Governo a voler accogliere Pag. 14questo nostro importante emendamento e a presentare in tal senso un articolo aggiuntivo che definisca i principi ed i criteri direttivi da far approvare dalle Assemblee legislative.
Ricordo, ancora, l'emendamento relativo alla decisione quadro in materia di confische, che, sulla scia di recenti sentenze della Corte di cassazione, punta a consentire l'applicazione della confisca anche con riferimento alla responsabilità da reato degli enti, mirando con ciò a rafforzare l'azione di contrasto di reati gravi qualora vengano commessi nell'interesse di persone giuridiche.
Ricordo anche l'emendamento all'articolo 39, con il quale ci proponiamo il rispetto di principi fondamentali in materia di comunicazione, uno dei temi cardine del provvedimento in esame. In particolare, ci proponiamo di garantire un adeguato dividendo digitale a conclusione della transizione dalla TV analogica a quella digitale; ci proponiamo di impedire il consolidarsi nel digitale di posizioni dominanti; ci proponiamo di assicurare il livello massimo di trasparenza e non discriminazione e l'adeguata valorizzazione economica delle frequenze da parte dello Stato.
Cito, infine, l'emendamento da noi presentato all'articolo 46, in relazione alla decisione quadro sull'applicazione del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale.
Detto emendamento mira ad introdurre elementi di maggiore garantismo, in particolare laddove si prevede che la polizia giudiziaria possa procedere all'arresto provvisorio della persona condannata allo scopo di assicurare la sua permanenza nel territorio e in attesa di un riconoscimento della sentenza emessa da un altro Stato membro. Con questo emendamento si chiede di aggiungere che siano inclusi i presupposti previsti dal nostro codice di rito relativi al fermo e all'arresto in flagranza.

PRESIDENTE. Onorevole Farinone, la invito a concludere.

ENRICO FARINONE. La collega onorevole Cenni, che parlerà tra poco, analizzerà i temi posti dagli emendamenti in relazione all'agricoltura, in particolare alla questione della caccia.
Signor Ministro, signor relatore, signor Presidente, confidiamo che il Governo e la maggioranza accolgano lo spirito e l'importanza di merito dei nostri emendamenti, e soprattutto siamo convinti - lo abbiamo detto più volte, anche nei lavori in Commissione - di come la legge comunitaria testimoni il ruolo ormai rilevante che l'Unione europea ha assunto nelle legislazioni nazionali. Il nostro lavoro si è svolto esattamente all'interno di questa consapevolezza: per noi, per tutti, l'Europa deve essere considerata un'opportunità.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ENRICO FARINONE. E una buona legge comunitaria aiuta a far crescere nel Paese questa consapevolezza, nell'interesse, primariamente, dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il provvedimento con cui ci apprestiamo a recepire le indicazioni e le direttive della Comunità europea - cosa che, come è stato appena ricordato, avremmo già dovuto fare nel 2008, anche perché abbinato con la Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2007 - non può non comportare anche una riflessione profonda su quanto questa nuova realtà geopolitica (dico nuova, perché intendo quell'Europa nata all'indomani del crollo del muro di Berlino) sia riuscita a materializzarsi concretamente, a diventare una realtà non solo economica ma anche politica e culturale, una realtà vissuta e sentita dai suoi cittadini.
In questo senso appare evidente che abbiamo davanti a noi ancora molto lavoro da fare, molto cammino da compiere; il comune sentire europeo appare ancora Pag. 15troppo spesso relegato alle manifestazioni ufficiali, durante le quali magari si fa sfoggio di un sentire e di un sentimento europeista che, però, poi viene dimenticato nei giorni pari, ed anche in quelli dispari.
È il caso - lo voglio dire - soprattutto di questa compagine di Governo; non che gli altri Governi abbiano sempre brillato, ma insomma la sensazione è che vi fosse una maggiore attenzione ed una maggiore sensibilità da parte di altri Governi rispetto a quelli guidati dall'attuale Presidente del Consiglio. In più di un'occasione infatti, anche nel recente passato, questa maggioranza di centrodestra si è caratterizzata spesso per un atteggiamento decisamente antieuropeista.
In questi giorni in verità dobbiamo convenire che siamo anche anti-ONU, anti-Consiglio d'Europa, anti-UNHCR, anti-Vaticano.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Anti-tutto!

FABIO EVANGELISTI. L'Europa quindi è in buona compagnia, da questo punto di vista. Questa maggioranza, dicevo, non ha fatto mistero di voler e di saper cavalcare strumentalmente qualsiasi fermento contrario al processo di integrazione europea. Basti ricordare che parte integrante, qualificante e condizionante di questa maggioranza è quella Lega Nord che dell'antieuropeismo ha fatto spesso una bandiera politica dichiarata. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, le responsabilità di Governo dovrebbero quindi comportare, tra gli altri, il requisito della coerenza: non si può infatti essere europeisti a Bruxelles e poi inneggiare al localismo più esasperato nelle valli bresciane e bergamasche.
Il processo di integrazione europea è infatti una delle sfide principali che abbiamo di fronte in questi anni; il processo di globalizzazione, che non sarà certamente fermato dall'opposizione delle ronde padane, sta producendo su scala mondiale l'affermazione di realtà produttive con grandezze continentali.
Davvero, a volte, appare risibile pensare di restare competitivi in questo scenario, opponendo un sistema di produzione legato alla dimensione nazionale o, peggio ancora, a quella locale. L'Europa, piaccia o no, con tutti i suoi vincoli, i suoi obblighi, le sue lentezze burocratiche, e talvolta con tutto il suo «ciarpame», è un'opportunità obbligata, una scelta che dobbiamo qualificare con convinzione attraverso una politica chiara e coerente. Non si può essere europei ed europeisti solo quando ci conviene ed ignorare invece quegli obblighi e quelle direttive che non piacciono al principe e non collimano con i sui interessi.
Per anni, nonostante l'Europa ci indicasse altro, avete ignorato, ad esempio, la necessità di regolare correttamente l'utilizzo delle frequenze televisive. Vogliamo ricordare che il primo atto di questo Governo, l'anno scorso, al momento dell'insediamento, è stato il varo di un decreto-legge a favore di Retequattro contro gli obblighi comunitari? Oggi, finalmente, dopo avere tutelato questi interessi specifici, fin quando è stato necessario, ci si ricorda dell'Europa. Con la legge comunitaria che ci apprestiamo ad approvare si chiudono le procedure di infrazione che abbiamo subito dall'Unione europea per la legge Gasparri, e pertanto ora si può applicare. Si arriva, infatti, alla completa digitalizzazione delle reti televisive, recependo una delibera dell'AGCOM dello scorso mese di aprile. Adesso che quegli interessi particolari, non sempre del tutto legittimi, sono stati tutelati fino in fondo, si può finalmente procedere. Ma i diritti che fino ad ora sono stati violati e negati, che peso hanno? Devono essere ignorati? Dobbiamo ricordarci del diritto solo quando gli interessi personali attorno ai quali questa maggioranza è costituita e mantenuta sono soddisfatti? Questa non è l'Europa; questa non può essere la concezione dell'Europa. Il diritto, la legge uguale per tutti, il dovere per tutti di rispettarla; questa è l'Europa che dovremmo costruire e per la quale siamo chiamati a dare un contributo. Si tratta di una realtà nella quale non si può entrare ed uscire quando più conviene, come fosse la porta girevole di un grand hotel. Non si Pag. 16può, come avviene in questi giorni, fare riferimento alle normative europee - che poi citerò più nello specifico - sull'immigrazione quando conviene (affermando che vi sono le norme europee da rispettare per quanto riguarda la permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione) e poi dire che l'Europa non va più bene quando alza il tiro e ci richiama ai doveri di rispetto dei diritti umanitari.
Signor Ministro Ronchi, non può il suo collega Frattini affermare che dobbiamo rifarci all'Europa, quando in questa materia, proprio lui, fino all'anno scorso aveva una responsabilità nella Commissione europea e poteva realizzare quello che oggi invoca che venga fatto. Non solo l'Europa è una realtà legata agli interessi collettivi e generali, e non a quelli egoistici di piccole enclave regionali, corporative e minoritarie legate ad una visione angusta di carattere feudale, ma guardare all'Europa significa guardare al futuro e dobbiamo farlo con serietà, responsabilità e con coerenza. Lo ripeto: non si può essere europeisti a corrente alternata. Faccio un esempio per essere compreso: l'altro giorno il Presidente del Consiglio, l'onorevole Silvio Berlusconi, si è recato prima a Soci (la bizzarria e l'evocazione di un nome!) dal suo amico Putin, poi è andato a Mosca ad incontrare il Presidente Medvedev. Il Presidente Berlusconi ha compiuto un'opera egregia: la sottoscrizione dell'accordo per la fornitura del gas. Tuttavia, non può il Presidente del Consiglio italiano, il Presidente del Consiglio di uno degli Stati fondatori dell'Europa, affermare: «adesso noi stiamo a posto per quanto riguarda il gas, l'Europa si adegui, oppure si arrangi» (perché questo era il senso della sua indicazione).
Torno al punto ancora una volta: mi riferisco all'attenzione che abbiamo a fasi alterne rispetto alle indicazioni europee. Penso ancora alle norme sugli stranieri che abbiamo votato la scorsa settimana in questa Aula sotto il ridondante titolo di un provvedimento sulla sicurezza. Da una parte, la maggioranza e il Governo hanno richiamato con forza la direttiva europea che permette di fermare gli stranieri fino a sei mesi, e se necessario anche fino a diciotto, dimenticando però di indicare e sottolineare le condizioni cui questa ipotesi era ed è subordinata. Dall'altra, con lo stesso provvedimento, avete inserito una serie di norme in chiaro contrasto non solo con la Costituzione italiana ma proprio con la disciplina comunitaria, ad esempio impedendo allo straniero irregolarmente soggiornante di sposarsi in territorio italiano, creando un conflitto con il diritto comunitario, in particolare quando l'altro nubendo sia un cittadino dell'Unione europea che eserciti il diritto alla libera circolazione o uno straniero che abbia ottenuto protezione umanitaria internazionale.
Quindi, la coerenza, anche in questo caso, dovrebbe impedire e ci impedisce di considerare il diritto comunitario come un insieme di disposizioni di carattere meramente formale, che possano essere eluse dagli Stati membri con escamotage legislativi. L'Europa - lo ripeto ancora una volta e insisto fino alla noia - non può essere considerata come un ostacolo da aggirare o un pretesto da utilizzare per giustificare le proprie scelte legislative.
Rispetto ad una maggioranza che, a quanto pare, avrebbe intenzione di rivedere ancora le norme che regolano il mondo del lavoro, procedendo ad un'ulteriore deregolamentazione, noi del gruppo Italia dei Valori abbiamo proposto emendamenti specifici proprio a questa legge comunitaria. In particolare, ci siamo riferiti al recepimento della direttiva n. 2006/54/CE, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego. Abbiamo proposto, in primo luogo, di rifinanziare con 150 milioni per l'anno 2010 il cosiddetto piano Bindi per gli asili nido ed i servizi integrativi al fine di favorire il conseguimento della copertura territoriale del 33 per cento fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del 2000, e di attenuare così gli squilibri esistenti fra le diverse aree del Paese. In secondo luogo, abbiamo proposto di promuovere i congedi Pag. 17dal lavoro per gli impegni di cura dei figli ed i congedi per la cura di altri congiunti, prevedendo lo stanziamento di una somma di 50 milioni di euro per l'anno 2010. In terzo luogo, abbiamo proposto di ripristinare, in applicazione della direttiva, le norme per contrastare il fenomeno delle dimissioni falsamente volontarie, quelle cioè firmate dai lavoratori, per lo più dalle lavoratrici, con la data in bianco, norme introdotte dal Parlamento nella scorsa legislatura. Fu una battaglia voluta dalla maggioranza che sosteneva il Governo Prodi; mi riferisco alla legge n. 188 del 2007, che voi immediatamente avete abrogato all'atto dell'insediamento. Non solo, abbiamo anche proposto di vincolare il recepimento della direttiva n. 2008/50/CE in materia di qualità dell'aria al rispetto degli impegni presi in sede europea in materia di riduzione delle emissioni nocive, in modo da avere garanzie in termini di severità delle norme, non di allentamento della politica ambientale del nostro Paese.
Con coerenza siamo intervenuti anche sugli aspetti fiscali che questa maggioranza continua ad affrontare con colpevole disinvoltura. In questo senso abbiamo proposto la soppressione del comma 4 lettera f) e del comma 5 dell'articolo 22. Ambedue i commi infatti eliminano i riferimenti alle norme anti-elusive volute dal precedente Governo. L'eliminazione di tali norme infatti (quelle che consentono un controllo più stringente dei dati dichiarati dai contribuenti) può recare indirettamente un minor gettito per effetto della minore capacità accertatrice da parte degli uffici, i cui accertamenti richiederanno un'attività più complessa.
Siamo convinti che questo sia l'unico modo per diminuire il carico fiscale soprattutto sui lavoratori e sui pensionati (di cui in questi in giorni escono le tabelle, dalle quali emerge che i lavoratori italiani sono quelli maggiormente penalizzati dal carico fiscale a livello europeo), e per prendere finalmente la strada di far pagare le tasse a tutti.
Sappiamo che il Governo, a parole, spesso dice: «meno tasse per tutti». In verità, poi le tasse le riduce agli amici e appesantisce la mano nei confronti di quelli che considera non amici, in particolare i pensionati e il lavoro dipendente (e non perde occasione per dimostrarlo).
Quindi, signor Ministro, la coerenza, la serietà e la responsabilità devono essere le linee guida che caratterizzano l'impegno italiano rispetto alla prospettiva europea. Su questa linea si muove il gruppo dell'Italia dei Valori e su questa linea abbiamo proposto i nostri emendamenti. Dall'esito che avranno le votazioni su questi emendamenti ovviamente calibreremo il nostro voto finale sul provvedimento in esame. Rispetto, infatti, ad un'opportunità come quella rappresentata dall'Europa non possiamo permetterci l'approssimazione di un Governo europeista a corrente alternata.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Formichella, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare l'onorevole Cenni. Ne ha facoltà.

SUSANNA CENNI. Signor Presidente, signor Ministro e colleghi, lo hanno già fatto il relatore e i colleghi che mi hanno preceduto, ma voglio ricordare le caratteristiche del disegno di legge che stiamo discutendo e che dovrebbero di norma ottenere in Parlamento un'adesione e un consenso molto ampio. Si tratta di un'adesione che va ben al di là dei numeri della maggioranza che governa e che predispone questo atto, ovvero il disegno della legge comunitaria. Del resto, in buona parte questo testo recepisce l'atto predisposto nella precedente legislatura interrotta anticipatamente.
È evidente che nell'ambito dell'atto che oggi esaminiamo sono contenuti numerosi articoli che direttamente o indirettamente riguardano il comparto agroalimentare del nostro Paese. L'Europa oggi è la principale sede di elaborazione delle politiche per il settore agricolo. Abbiamo attraversato il primo check sullo stato di salute della PAC, si sono avviati alcuni nuovi regolamenti delle varie OCM. È al via l'OCM vino Pag. 18che, come sapete, è rilevantissimo per il nostro Paese.
Negli anni l'ottica delle politiche agricole e dello sviluppo rurale si è allargata, modificata e confrontata con nuovi scenari e con necessarie e utili integrazioni.
Oggi occuparsi di agricoltura significa sempre di più occuparsi d'impresa, di concorrenza e di competitività, di export e di emissioni di CO2 in atmosfera, di sostenibilità, di sicurezza alimentare, di ambiente, di mutamenti climatici e di paesaggio. È chiaro che interrogarci sulla nostra relazione con l'Europa significa essere in grado di rafforzare il nostro ruolo propositivo nei confronti di Bruxelles ed uscire da un senso di appartenenza dell'Unione che francamente ci sembra oscillare abbastanza spesso.
Il gruppo del Partito Democratico ha cercato di caratterizzare il suo contributo nell'ottica di questa cornice, contribuendo fattivamente alla discussione che si è svolta in sede di Commissione agricoltura della Camera e in parte confermando i lavori già svolti al Senato, ma in parte anche modificando, alla luce di una proficua discussione, anche profondamente quanto già avvenuto a Palazzo Madama.
Gli articoli che riguardano la materia sono numerosi, non li riprendo ovviamente tutti, ma mi soffermo solo su qualche passaggio. Alcuni di questi articoli del resto sono di mero riordino dai quali è ben difficile dissentire, mentre altri rappresentano correzioni normative di situazioni in essere da tempo. Penso, ad esempio, all'articolo 11, relativo alla correzione della legge n. 164 del 1992 nella parte che concerne la perimetrazione di due storiche DOCG di prestigio mondiale: quella del Chianti e quella del Chianti classico. Stiamo parlando di una perimetrazione che dalle documentazioni esistenti risale addirittura al 1932.
L'articolo contenuto nel disegno di legge comunitaria è la giusta conclusione di un lungo lavoro e di un'esigenza sostenuta e sollecitata dai due consorzi di tutela e quindi dai produttori, dalla regione toscana, dalle istituzioni locali e già contenuta da tempo nei rispettivi disciplinari. Una distinzione, però, che ad oggi non è sufficientemente netta proprio nella legge n. 164 e l'articolo corregge questa distorsione.
Altre correzioni riguardano pezzi di riforma in fase di attuazione (e penso ancora all'OCM vino) sui quali in Commissione sono stati approvati alcuni emendamenti tesi ad affidare una delega al Governo per l'adeguamento della legge n. 164. La delega, come abbiamo detto in Commissione e confermato in questi giorni anche con un'apposita interrogazione al Ministro, non può però non tenere conto e prevedere gli adeguati coinvolgimenti dei soggetti della filiera, delle commissioni competenti e delle regioni, vista la posta in gioco.
Vorrei ancora ricordare assai brevemente la correzione di alcuni punti sui quali abbiamo ritenuto insufficiente l'attenzione del Senato. Penso alla questione delle bevande di fantasia, mediaticamente riassunta con la definizione di aranciate senza arance, di cui abbiamo proposto la soppressione. Penso al tema dell'etichettatura, dell'origine, della qualità del nostro olio di oliva che ha poi trovato una formulazione più soddisfacente anche grazie al nostro impegno. C'è però un punto sul quale desidero soffermarmi e sul quale - grazie ad un vero colpo di mano avvenuto al Senato, in Aula, evidentemente senza un'attenzione adeguata come può capitare quando un tema non è stato minimamente proposto ed affrontato nella Commissione competente - si è tentata un'operazione non soltanto di inserimento di un corpo estraneo nella legge comunitaria ma un'operazione esattamente nella direzione contraria alle richieste dell'Unione europea: mi riferisco all'articolo 16.
L'articolo 16 apporta modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Quella legge - voglio ricordarlo ai colleghi - è stata frutto di un lungo percorso di confronto nel Paese e in Parlamento: è la nostra legge-quadro su caccia e fauna. Una legge spesso oggetto di Pag. 19discussione appassionata da parte di molti attori interessati e una legge che nel nostro Paese presenta tutt'oggi luci ed ombre nella sua applicazione tanto che ci ha visto sin dall'inizio della legislatura intervenire per correggere situazioni di infrazione.
Noi interveniamo nuovamente in questa materia attraverso la legge comunitaria perché il nostro Paese è oggetto di infrazione a causa della violazione aperta e ripetuta della direttiva 79/409/CEE, la cosiddetta direttiva uccelli, più precisamente per il mancato recepimento dell'articolo 7.4. In merito vi è stata la recente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 7 marzo 2009 del ricorso presentato contro di noi per violazione e mancato recepimento delle norme circa la tutela dei periodi di nidificazione delle specie protette, dei periodi di caccia, dell'esercizio delle deroghe da parte delle regioni: un pacchetto abbastanza consistente. Come ricordavo non è la prima volta che siamo chiamati a correggere questa situazione. È abbastanza evidente cosa siamo chiamati a fare in base all'articolo 16 della legge comunitaria: riscrivere una parte dell'articolo 18 della legge n. 157, rispondendo alle richieste della direttiva.
Purtroppo, tuttavia, al Senato non è avvenuto questo e con l'emendamento presentato in Aula dai senatori del PDL, Carrara e Vetrella, si interviene, stravolgendo questo senso e andando nella direzione esattamente opposta. Si cancellano i limiti oggi sanciti dalla legge sulla caccia che stabiliscono i calendari tra la data del 1o settembre e il 31 gennaio, solo teoricamente rinviando alle regioni perché sappiamo che in pratica la cosa è estremamente più complessa. Si è trattato di un colpo di mano e - consentitemi - francamente una furbizia un tantino arrogante per questa perla che abbiamo ereditato.
So bene che questo tema, l'esercizio dell'attività venatoria, così come quello della tutela della fauna, riescono ad alimentare una grande passione, un'enorme attenzione anche mediatica. Tuttavia, siamo in Parlamento ed è nostro dovere interrogarci con serietà non sulle nostre passioni o addirittura lasciarci andare alle esasperazioni ideologiche, ma sull'interesse pubblico e ciò indipendentemente dal rilievo dei temi che discutiamo. Lasciare quella modifica al comma 3 significherebbe aggravare la nostra posizione e, probabilmente, andare verso una decurtazione di risorse e di finanziamenti verso il mondo agricolo che certo non ha bisogno di meno risorse.
Il Partito Democratico ha sin dall'inizio esplicitato con chiarezza la propria netta opposizione, condizionando la propria posizione e il proprio voto sulla relazione in Commissione. Lo ha fatto compattamente, senza sbavature, motivando e con un emendamento soppressivo.
La Commissione con grande responsabilità ha capito e ha fatto proprio quell'emendamento e ritengo che vada dato atto al relatore in Commissione, onorevole Gottardo, e allo stesso presidente della Commissione, onorevole Russo, di aver mantenuto ferma quella posizione e di aver così contribuito ad una condivisione anche da parte del Governo. Non voglio andare oltre e mi auguro che il prezioso, utile e serio lavoro di confronto e di mediazione che si è svolto in Commissione e che ha visto la condivisione anche da parte del Governo venga rispettato dalla volontà dell'Aula. Me lo auguro.
Del resto, in quest'Aula vi sono varie sensibilità: da quelle animaliste, che avrebbero voluto una riscrittura dell'articolo 16 ben più restrittiva nei tempi e nella rispondenza alla direttiva, talune anche con qualche ragione di maggiore chiarezza ed altre che vanno nella direzione opposta. Tutte, però, in seno alla maggioranza. Il Partito Democratico ha avuto ed ha una sola posizione, molto chiara e che ha motivato ampiamente: la soppressione del comma 3, sbagliato, inopportuno, scorretto e generatore di caos. Ci attendiamo che il lavoro che abbiamo svolto assieme non subisca un arretramento. Ce lo auguriamo di cuore, perché credo che a noi spetti prima di tutto essere in sintonia con un Paese intero e non con alcuni gruppi di interesse. Pag. 20
Noi l'abbiamo chiaro, il resto lo vedremo con l'esame degli emendamenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, il provvedimento in discussione, che delega il Governo all'applicazione di numerose direttive europee, è di grande importanza. Lo è in maniera particolare per i temi legati all'ambiente e allo sviluppo sostenibile, che fin dai primi anni Novanta costituiscono gli assi portanti delle politiche europee.
Il Quinto piano di azione ambientale licenziato dall'allora commissario Wallström aveva l'ambizione, recependo i risultati della conferenza di Rio del 1992, di coniugare le politiche ambientali con quelle economiche, introducendo il concetto di sostenibilità.
Nel 2002 poi, consapevoli della difficoltà della realizzazione di tale integrazione, per lo più da parte di alcuni Stati membri, viene adottato il Sesto piano di azione, con arco temporale 2002-2012 e quindi ancora in vigore, che pone enfasi su quattro grandi questioni: cambiamenti climatici, natura e difesa della biodiversità, ambiente e salute e risorse naturali e rifiuti. La Commissione sviluppa questi temi attraverso sette tematiche strategiche: l'aria, la diminuzione e il riciclo dei rifiuti, l'ambiente marino, il suolo, i pesticidi, le risorse naturali e l'ambiente urbano.
Nel disegno di legge in discussione sono molte le questioni affrontate che riprendono queste indicazioni: dal contenuto dell'articolo 10, relativo ai criteri di recepimento della direttiva 2008/50 della Commissione europea, così come le direttive quadro sui rifiuti e l'ambiente marino riportate negli allegati A e B, fino allo spinoso tema delle infrazioni comunitarie. Al 30 giugno 2008 le procedure di infrazione attivate nei confronti dell'Italia erano 176; quasi tutte - 163 - sono ancora in fase ancora precontenziosa, vale a dire non ancora oggetto del giudizio della Corte di giustizia delle Comunità europee. Di queste, 150 si riferiscono a violazioni del diritto comunitario, a norme nazionali o comportamenti in contrasto col diritto comunitario, mentre 26 sono relative a casi di mancata attuazione di norme comunitarie. Al 31 ottobre 2007 le procedure di infrazione attive erano 223. Si è avuto quindi, nel corso del semestre ottobre 2008-giugno 2009 un netto miglioramento della situazione, con una riduzione di 47 casi. Questo dato evidenzia lo sforzo fatto dal precedente Governo Prodi, anche attraverso l'emanazione di uno specifico decreto-legge, con il quale si era cercato di risolvere positivamente 26 casi di procedure di infrazione aperte.
L'ambiente è nettamente il settore più colpito, con 50 procedure di infrazione, mentre quello degli appalti è terzo in questa graduatoria dei peggiori, con 22 procedure attivate. Si evince quindi l'importanza che potrebbe avere l'azione del Governo in carica per risolvere il contenzioso Italia-Unione europea. Da un rapido sguardo alle procedure di infrazione - 50 nel settore dell'ambiente - emerge che le procedure più numerose sono quelle relative alla gestione dei rifiuti, al rispetto delle norme sulla valutazione dell'impatto ambientale, nonché quelle relative alla qualità dell'aria ed alle emissioni degli impianti industriali. Quanto alle 22 procedure di infrazione attive nel settore appalti, la maggior parte riguarda il rispetto delle norme comunitarie a tutela della concorrenza e della non discriminazione delle imprese che partecipano alle procedure per l'aggiudicazione degli appalti pubblici. Noi abbiamo condiviso la necessità di uniformare il recepimento delle direttive con il decreto legislativo n. 152 del 2006 - cosiddetto codice dell'ambiente - e in maniera particolare abbiamo condiviso la proposta di uniformare la nuova direttiva sulla qualità dell'aria, con la parte V del cosiddetto codice ambientale, che tratta tale argomento.
L'auspicio quindi è che venga considerato che questa parte del codice è da riscrivere, soprattutto per ciò che riguarda Pag. 21i limiti delle emissioni in atmosfera degli impianti industriali, ferma ai limiti decisi nel 1988.
Ci sarebbe anche piaciuto, come Commissione, contribuire a modificare, attraverso una discussione approfondita, anche altre parti del decreto legislativo n. 152 del 2006. Tuttavia, come è noto, l'arroganza del Ministro dell'ambiente, attraverso la maggioranza che lo sostiene, ha di fatto escluso il Parlamento da questa discussione.
Riguardo ai contenuti dell'articolo 10 del provvedimento in discussione, abbiamo proposto alcuni emendamenti, tesi, da un lato, a ridefinire in modo comprensibile il ruolo dell'ISPRA come soggetto tecnico-scientifico, al fine di uniformare i sistemi di rilevamento dei dati; dall'altro lato, abbiamo fatto presente al Governo la centralità del problema «qualità dell'aria» per le regioni che insistono sulla pianura padana.
Non si tratta di una rivendicazione territoriale, ma di essere consapevoli che quest'area geografica è sottoposta, per varie ragioni, ad una pressione ambientale significativa: vi sono 16 milioni di abitanti, il 55 per cento del patrimonio zootecnico, il 37 per cento dell'industria nazionale, il 47 per cento dei posti di lavoro del Paese, il 48 per cento del consumo energetico, il 35 per cento della produzione agricola (e, di conseguenza, una produzione del 40 per cento circa di CO2 equivalente), una qualità dell'aria tra le più scadenti d'Europa e falde e corsi d'acqua con livelli di inquinamento molto elevati. Il tutto aggravato da condizioni geografiche particolari.
Un risanamento ambientale può essere affrontato solo attraverso un accordo fra istituzioni, imprese, associazioni e cittadini di tutto il bacino padano. Riteniamo, quindi, che vi sia la necessità di varare un grande progetto nazionale ed europeo. Con il Governo Prodi avevamo iniziato la costruzione di questo percorso, partendo proprio dall'importanza del fiume Po. La sfida della riconversione ecologica del Paese, se veramente ci si crede, non può che partire dalle aree già fortemente antropizzate.
Rispetto alla qualità dell'aria di questa zona, vi è un'ulteriore problematicità, legata al rapporto inquinanti-salute della popolazione residente. A questo proposito, in tutti i lavori propedeutici alla stesura della direttiva 2008/50/CE, in quest'area viene riportata una riduzione delle aspettative di vita delle popolazioni di tre anni rispetto alla media europea. Per ridurre questa situazione in maniera significativa, la direttiva indica l'obiettivo di riduzione del 60 per cento delle famigerate polveri sottili e degli ossidi di azoto entro il 2020. È un obiettivo che può essere raggiunto solo attraverso politiche attente all'innovazione tecnologica e, soprattutto, coerenti con quelle di sviluppo economico.
Abbiamo anche proposto una regolamentazione più stringente riguardo alle emissioni dei campi geotermici, che in certe condizioni possono creare una qualche apprensione per la salute delle popolazioni interessate.
Un altro aspetto importante che abbiamo cercato di risolvere, presentando un emendamento, è stato il tema delle terre e delle rocce da scavo. In questo caso, si è cercato di porre rimedio ad un pasticcio del Governo che, in un precedente provvedimento, non aveva specificato le condizioni di uso di questo materiale, creando problemi agli operatori del settore in un campo delicato come quello dei rifiuti, dove spesso, in assenza di una normativa chiara, si insinuano i tentacoli della criminalità, più o meno organizzata.
In conclusione, per quanto concerne i temi ambientali, diamo un giudizio positivo su questo disegno di legge, sottolineando, però, che l'attuale Governo, mentre da un lato cerca faticosamente - perché costretto - di rimanere all'interno di un quadro europeo, dall'altro, continua a praticare politiche nettamente contraddittorie rispetto a tale impostazione.
La sensazione di una debolezza cronica dell'attuale Ministero emerge costantemente: le resistenze rispetto alla sottoscrizione dell'Accordo per il clima e l'energia Pag. 22(il cosiddetto «20-20-20»); la prospettiva scellerata del rientro del vecchio nucleare; il tentennamento sulle energie rinnovabili; il via libera alla riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, attraverso un decreto-legge su cui è stata posta la questione di fiducia; la reintroduzione dei CIP 6 come incentivi agli inceneritori siciliani; le modalità con cui il Governo ha acquisito la delega per la revisione del cosiddetto codice ambientale; il disastro provocato attraverso il commissariamento dell'ISPRA; il taglio dei fondi sul dissesto idrogeologico; il via libera alle costruzioni ex novo di numerose centrali a gas a ciclo combinato; la superficialità con cui si scrivono le norme di importanti provvedimenti, probabilmente, per la fretta di compiacere questa o quella lobby. Tutto ciò indica la mancanza di una politica seria su una tematica che i Paesi più avanzati mettono al centro delle politiche di sviluppo per uscire dall'attuale crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche dei relativi e del Governo - A.C. 2320-A e Doc. LXXXVII, n. 1)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore sul disegno di legge comunitaria 2008, onorevole Pini, e il relatore sul Doc. LXXXVII, n. 1, onorevole Centemero, rinunciano alla replica.
Prendo atto, altresì, che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.

(Annunzio di risoluzioni - Doc. LXXXVII, n. 1)

PRESIDENTE. Avverto che, con riferimento alla Relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, sono state presentate le risoluzioni Centemero ed altri n. 6-00021 ed Evangelisti n. 6-00022, che saranno esaminate in altra seduta (Vedi l'allegato A -Risoluzioni).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Franceschini ed altri n. 1-00165, concernente iniziative a sostegno del settore manifatturiero (ore 17,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Franceschini ed altri n. 1-00165, concernente iniziative a sostegno del settore manifatturiero (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 12 maggio 2009 (vedi resoconto stenografico).
Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Vietti ed altri n. 1-00178, Cota ed altri n. 1-00179, Cicchitto, Iannaccone ed altri n. 1-00180 e Borghesi ed altri n. 1-00181 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Lulli, che illustrerà anche la mozione Franceschini ed altri n. 1-00165, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, i dati della produzione industriale, particolarmente negativi nell'ultimo trimestre, indicano che la crisi investe in pieno anche il nostro Paese. Del resto, anche la relazione unificata sull'economia e sulla finanza, presentata dal Ministero dell'economia e delle finanze, indica un deficit sul prodotto interno lordo per il 2009 pari al Pag. 234,2 per cento, che rappresenta il peggior risultato nella storia del nostro Paese e che mostra come ci si trovi in una fase di recessione. Negarlo non risolve la questione, anzi, negarlo significa mettere a rischio ancora di più le nostre filiere produttive, indebolire la nostra struttura industriale, penalizzare il lavoro e rendere l'Italia più debole alla ripresa - quando vi sarà - della congiuntura internazionale.
Del resto, anche i dati che l'OCSE ha pubblicato e che tristemente collocano in una posizione molto arretrata il peso reale dei salari italiani la dicono lunga su quali problemi il nostro Paese abbia di fronte. Anche qui, permettetemi di fare un'osservazione: il Ministro Sacconi afferma che i salari sarebbero bassi a causa dei livelli di contrattazione esistenti nel nostro Paese e c'è chi sostiene altri argomenti, ma io vorrei ricordare che l'ultima legge finanziaria del Governo Prodi, la legge finanziaria per il 2008, aveva previsto che a giugno di quell'anno si applicasse una riduzione del prelievo fiscale sui salari, finanziandola con l'extragettito. Vorrei anche ricordare che il Governo Berlusconi ha utilizzato quei soldi per togliere l'ICI alle famiglie più ricche e per sperperare oltre tre miliardi di euro nell'operazione Alitalia: altroché se si mettono le mani nelle tasche degli italiani! I salari, caro sottosegretario, sono poveri anche perché vi è una politica economica che penalizza pesantemente il salario dei lavoratori e su questo non vi faremo sconti, avremo un puntiglio, perché non è giusto che la crisi sia pagata sempre da chi lavora, da chi ha una piccola impresa, da chi ha un laboratorio artigiano e da chi sceglie di aprire un'attività commerciale.
Non è giusto che la crisi sia pagata sempre da chi lavora, da chi ha una piccola impresa o un laboratorio artigiano, da chi sceglie di aprire un'attività commerciale, né è giusto che a pagarla siano soprattutto i giovani, ma anche gli operai che, a cinquant'anni, si trovano senza lavoro. È per questo motivo e con la testardaggine di chi sa e vive tra la gente che lavora, che cerca lavoro e che ha voglia e bisogno di lavorare, che abbiamo presentato questa mozione, con la quale chiediamo un impegno concreto del Governo che non sia fatto solo di parole e di chiacchiere, ma che vada al cuore delle questioni che abbiamo di fronte, almeno per quanto riguarda le filiere produttive dei distretti industriali, delle reti di impresa e dei sistemi di piccola impresa. Questi ultimi, lo sappiamo tutti, rappresentano il punto centrale del nostro apparato produttivo, quello cioè che ha impegnato più del 90 per cento dell'economia del Paese, che in questi anni ha saputo anche rinnovarsi e, in alcuni casi, - come le produzioni sul made in Italy e la meccanica - ha saputo costruire dei successi e una certa ripresa sull'export, prima che la crisi mondiale travolgesse in modo pesante questa economia. Su nove punti in particolare chiediamo che il Governo assuma impegni precisi, che il Parlamento si confronti al riguardo e che cerchi di trovare impegni che possano rappresentare una speranza e non far sentire solo chi lavora, chi ha subito la perdita del posto di lavoro, chi è preoccupato per le sorti proprie, delle proprie famiglie ed imprese.
Il primo punto è quello del sostegno del reddito dei lavoratori: si continua a dire che si sono stanziati 8 miliardi, qualche volta - come ho detto in altre occasioni - il Ministro Sacconi è arrivato addirittura a parlare di 35 miliardi di euro. Sta di fatto che vi sono ormai lavoratori e lavoratrici in questo Paese che sono senza stipendio da mesi e che, pur essendo soggetti a integrazione salariale, non riscuotono un euro. Questo è uno scandalo che deve finire, è un insulto! Non ci sorprendiamo, poi, se scoppia la rabbia sociale perché, parliamoci chiaramente, è un problema che abbiamo di fronte. C'è il problema di risolvere la questione dei precari e anche quello di rendere erogabili immediatamente i trattamenti che indichiamo come strada per sostenere il reddito di chi si trova in difficoltà.
Il secondo punto è quello dell'adozione di misure che rendano fruibili i finanziamenti e le misure a vantaggio delle piccole e delle micro imprese, anche in relazione Pag. 24agli interventi che abbiamo inserito all'interno di emendamenti del Partito Democratico che hanno trovato consenso nella maggioranza e nel Governo nell'ultimo provvedimento sulla rottamazione, ovvero quegli interventi che servono a negoziare l'indebitamento delle imprese - delle piccole e micro imprese in modo particolare - nei confronti del sistema bancario e delle società di leasing. È del tutto evidente che se il calo degli ordinativi rappresenta il 30-40 per cento in tante filiere produttive, vi è un problema serio di sopravvivenza di queste imprese, non per scarsa capacità e spesso neppure per scarsa patrimonializzazione, ma perché il lavoro, mancando in modo verticale e prolungato, crea difficoltà di rientro nei confronti di impegni che tante aziende artigianali e piccole hanno assunto nei confronti del sistema finanziario e bancario. È un punto che è stato inserito all'interno della legge 9 aprile 2009, n. 33 e che chiediamo sia reso fruibile immediatamente. Del resto, per rilanciare le questioni di introduzione di quote riservate alle piccole e medie imprese negli appalti pubblici per la fornitura di beni e servizi, puntiamo ad accelerare il percorso di semplificazione amministrativa. Non voglio spendere molte parole al riguardo, però c'è stata troppa propaganda anche in questo caso. Mi rivolgo al Ministro Brunetta, che ci dice sulla Pubblica amministrazione tante belle cose.
Sta di fatto, però, che chi vuole avviare un'impresa e chi ha rapporti con la pubblica amministrazione non ha visto migliorare nulla del proprio rapporto. Pertanto, è proprio in momenti simili che dobbiamo cercare di accelerare: meno chiacchiere e più fatti, magari anche piccoli, ma che servano a risparmiare un'ora, un giorno o una pratica e che, in qualche modo, semplifichino la vita a chi lavora e deve affrontare un pendio molto più irto di quello che affrontano in questo momento i ciclisti nel giro d'Italia, poiché ne va della propria vita e della propria impresa, su cui spesso sono stati investiti anni di lavoro ed anche i beni della propria famiglia.
Inoltre, un punto essenziale riteniamo sia quello di rinegoziare con l'Unione europea un sistema fiscale premiante per chi attua investimenti in capitale, innovazione e creazione di lavoro, in modo particolare per i distretti industriali e per le reti di impresa, perché pensiamo che questo sia uno dei patrimoni fondamentali del nostro Paese.
Il nostro è un Paese che ha grandi risorse di imprenditorialità, capace di inventare, di creare e di trovare il giusto rapporto fra l'innovazione e la creatività, però ha anche bisogno di strumenti fiscali che premino magari non la singola impresa, ma un contesto (il mettersi insieme) e una situazione in cui si fa innovazione, si fa rete e si fa occupazione. Questo credo sia un punto importante.
Allo stesso modo vi chiediamo - visti i tanti discorsi - una riconsiderazione degli studi di settore, per quanto riguarda il settore tessile ed anche gli artigiani e soprattutto coloro che lavorano per conto terzi, che incontrano grandi difficoltà e rischiano di avere una situazione per cui oltre al danno subiscono la beffa di essere sottoposti a controlli burocratici che non servono assolutamente a niente perché vi è una difficoltà oggettiva (dovuta alla caduta degli ordinativi) nella realizzazione degli obiettivi che sono inseriti all'interno degli studi di settore.
Inoltre, visto che abbiamo un appuntamento importante costituito dal rinnovo del Parlamento europeo, credo sia giusto fare un ragionamento per rimettere al centro dell'iniziativa politica del Parlamento e del Governo italiano la negoziazione sull'etichettatura di origine per quanto riguarda le merci ed i prodotti. Questo è un punto essenziale. Non possiamo assistere, anche qui, nuovamente ad una situazione che crea difficoltà enormi a chi si comporta in modo onesto e rispetta le leggi (mettendoci anima e corpo, come si suol dire) e magari incontra grandi difficoltà nell'avere una situazione di controllo delle importazioni (che possono creare squilibri enormi sul mercato del lavoro). Pag. 25
Allo stesso modo è necessario svolgere un'iniziativa stringente a livello dell'Unione europea relativa alla possibilità di stipulare nuovi accordi che possano incentivare le piccole imprese e tutelarle nei confronti di barriere non doganali nel commercio internazionale, anche magari raggiungendo accordi bilaterali (cosa che sappiamo essere possibile e che credo sia particolarmente importante rispetto ad alcuni Paesi e ad alcuni territori).
Queste sono alcune piccole cose (alcune più importanti, altre meno) che testimonierebbero, se attuate, una politica industriale che incontra la struttura produttiva del Paese e le speranze di tanti che non si vogliono rassegnare alla crisi, ma che vogliono andare avanti e sono testardi, come siamo testardi noi nel sostenere e presentarvi questa questione.
Signor Presidente, non possiamo continuare ad affrontare la crisi scegliendo di non scegliere. Il Governo ha grandi responsabilità. Del resto questo è veramente un tornante importante.
Pensare di uscire da questa crisi perché ce la risolve Obama o perché l'economia tedesca riparte e noi, essendo un partner molto importante della Germania, possiamo succhiare le ruote alla Germania è un errore grave: questo può portare a più squilibri sociali nel Paese e a più debito pubblico perché le entrate crolleranno. Del resto, nella vostra relazione unificata questo lo ammettete, ammettete gli squilibri che si potranno determinare, anche se non avete calcolato bene quello che potrà accadere a giugno con gli acconti fiscali, con le aziende che rischiano di non poter onorare gli impegni che si erano assunte, e questo è un altro punto di grande rilevanza.
C'è necessità di imprimere una svolta. Oggi l'onorevole Bersani ha rilanciato la manovra da un punto di PIL, certo qualcuno dice: ma i soldi? Il problema è proprio qui: riattivare il mercato, scommettere su di esso, puntando a rilanciare l'economia in un momento particolarmente delicato è quello che oggi ci vuole. Del resto, gli altri Paesi hanno investito molto di più, mentre noi addirittura stiamo facendo una manovra negativa nei confronti della finanza pubblica, ovviamente a svantaggio dei cittadini. Nella relazione unificata, infatti, avete certificato che nel 2009 la pressione fiscale crescerà (e anche questo è un aspetto importante) dal 42,8 al 43,5 per cento, si è cioè programmato di mettere le mani in tasca agli italiani, magari cercando di distrarli con qualche chiacchiera che forse può tenere lontana l'attenzione dai problemi veri con i quali molte famiglie si trovano a fare i conti, ma che possono indebolire, anzi, indeboliranno, se continuiamo così, il Paese, dividendolo ancora di più e costruendo soprattutto una società ingiusta.
Noi siamo testardi, caro Presidente, e non vi lasceremo in pace su questi temi; vogliamo che il Governo cambi passo, che faccia qualcosa, e voi sapete che l'opposizione del Partito Democratico, proprio perché vive tra la gente che lavora, sarà anche disponibile se questo passo sarà tratto, perché ci stanno a cuore gli interessi del nostro Paese e di milioni di persone che lavorano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pini, che illustrerà la mozione Cota ed altri n. 1-00179, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, trattiamo un tema, mi auguro non solo in maniera condivisa, ma anche guardando a delle soluzioni bipartisan che possano effettivamente portarci in modo convinto e concreto fuori da questa recente crisi finanziaria internazionale che ha avuto importanti ripercussioni sul sistema economico del nostro Paese, soprattutto perché esso è caratterizzato dalla prevalente presenza di piccole e medie realtà imprenditoriali.
Le notizie della crisi sono quanto mai reali ed allarmanti ed impongono al Governo l'adozione di misure volte a restituire un nuovo impulso alla crescita delle nostre imprese, a tutela anche del loro patrimonio industriale, tecnologico e scientifico. Sono proprio le piccole e medie Pag. 26imprese, che alla luce della loro natura risultano maggiormente flessibili e meglio adattabili ai processi di cambiamento, ad offrire al Paese la vera, reale via di uscita dalla crisi, perché rappresentano un importante bacino di ricchezza ed hanno potenzialità che, tuttavia, devono essere sfruttate al meglio per garantire un costante e duraturo sviluppo economico nei nostri territori.
Visto che abbiamo discusso finora del disegno di legge comunitaria e di Unione europea ci richiamiamo alla comunicazione della Commissione europea, al cosiddetto Small Business Act, in cui viene sottolineata l'importanza delle piccole e medie imprese, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste della crescita delle comunità sia locali che regionali.
La Commissione europea ha, quindi, individuato le iniziative essenziali da adottare - questo è assolutamente vero - ma le ha solo individuate e non ancora messe in pratica. Le ha individuate sia a livello europeo che a livello degli Stati membri, verso le piccole e medie imprese, ma, come ho appena detto, non sono state applicate dall'Unione europea e dalla Commissione europea. Quindi tocca anche a noi Stati membri fare la nostra parte, e forse farla in maniera trainante.
Il 5 maggio scorso, non a caso, la Commissione attività produttive della Camera ha approvato all'unanimità la risoluzione riguardante la comunicazione Small Business Act, che è un documento strategico importante, perché in Italia le micro e piccole imprese, cioè quelle fino a venti addetti, sono 4 milioni 223 mila 639, per lo meno secondo le ultime statistiche ufficiali. Le stesse danno occupazione a quasi 10 milioni di persone, uomini e donne, spesso e volentieri sono quelle che tengono in piedi la gran parte delle famiglie italiane, generano un fatturato di 1.036 miliardi di euro ed un valore aggiunto di 279 miliardi di euro. Le micro e piccole imprese caratterizzano, pertanto, la vera struttura imprenditoriale del nostro Paese, rappresentando il 98,2 per cento del totale delle imprese, il 59,3 per cento degli addetti, il 43,9 per cento del valore aggiunto e il 34,4 per cento degli investimenti totali.
Parliamo di micro e piccole imprese prevalentemente del settore manifatturiero, al di là di quello dei servizi. Le attività legate a questo settore sono tra le più performanti in Europa. In Lombardia, in Veneto, nelle altre regioni d'Italia, nella mia Romagna stessa, vi sono percentuali sul valore aggiunto pro capite più alte in assoluto rispetto alla media europea, forse più alte rispetto a tutti gli altri Paesi dell'Unione europea. Nello stesso tempo, queste aziende del settore manifatturiero sono anche capaci di generare un valore aggiunto indotto negli altri settori collegati dell'economia, ad esempio quello dei servizi. Purtroppo, però, l'ISTAT, già nel quarto trimestre 2008, ha confermato che la produzione manifatturiera nazionale è arretrata del 10,7 per cento, con un totale di meno 4,8 per cento su tutto il 2008. A preoccupare è soprattutto il vuoto di domanda che le imprese si trovano a fronteggiare, perché la stessa indicazione che ci arriva dalla consistenza del portafoglio ordini a fine anno, in calo dello 8,8 per cento nel mercato nazionale e del 7,4 per cento rispetto all'esportazione, quindi sui mercati esteri, è un indicatore assolutamente preoccupante.
Quindi, se a questo aggiungiamo che gli indicatori di carattere nazionale e internazionale danno un senso della stessa congiuntura sfavorevole anche per tutto il 2009, è chiaro che siamo chiamati in maniera coerente, con buonsenso e con i piedi per terra, senza divisioni ideologiche, ad affrontare con le nostre forze, dato che purtroppo su questi temi l'Europa si è mossa ancora in maniera non convincente, le possibilità di uscita da questa crisi, che - lo ribadisco - sta mettendo in grande difficoltà proprio quelle piccole e medie imprese della produzione manifatturiera, quelle della ricerca, della sperimentazione, che poi alla fine costituiscono l'offerta di tecnologia per le imprese della produzione, anche quelle medie e medio-grandi.
Queste imprese sono ad elevatissimo investimento in forza lavoro specializzata Pag. 27e dotate di grandi patrimoni immateriali. Questa è la loro forza, ma in questo momento anche il loro dramma, perché i patrimoni immateriali, che sono costituiti da brevetti, modelli e marchi, si sostengono solo con forte anticipazione di risorse finanziarie da parte degli istituti di credito, soprattutto per chi fa ricerca e sviluppo. Si parla sempre di un'arretratezza di questo Paese nel sistema della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie, ma, purtroppo, il reperimento di questi fondi per le micro e piccole imprese, ma anche per le piccole e medie imprese, è sempre legato alla benevolenza, se mi passate il termine, degli istituti di credito.
Pertanto è opportuno mettere quanto prima in atto interventi finanziari chiari, specifici, forti, per sostenere l'operatività delle imprese che svolgono ricerca, sperimentazione e sviluppo di nuova tecnologia, adottando, poi, una serie di misure che vedono, ad esempio, nella riduzione dei carichi fiscali e nella concessione dei prestiti a tasso agevolato le basi da cui ripartire per restituire maggiore competitività a tutto il sistema imprenditoriale del Paese.
Nelle imprese del settore manifatturiero si sta accentuando un ulteriore fenomeno destabilizzante, che si riverbera negativamente sull'intera tenuta del sistema produttivo ed occupazionale del Paese. Si tratta di un aspetto indotto dal processo della globalizzazione ed è noto come dislocazione dei processi produttivi.
È vero che vi sono anche segnali di inversione di questa tendenza, soprattutto per chi negli ultimi tempi, e non all'inizio del boom cinese o rumeno, ha dislocato le attività produttive, però, purtroppo, la ricerca di un mantenimento di un certo livello di redditualità delle imprese continua a spingere alcune, troppe, nostre aziende a cercare il dislocamento delle attività produttive.
Così, però, si assiste ad un trasferimento vero e proprio di attività o di fasi della produzione da un Paese all'altro, che non aiuta a risolvere la crisi, soprattutto perché, alla fin fine, qualcuno pensa di poter produrre di là a costi più bassi, ma, in realtà, genera un meccanismo assolutamente negativo, che si riverbera sul nostro sistema, perché, se viene a mancare la produzione, gli indicatori crollano ancora di più, vi è meno possibilità di generare reddito sul nostro territorio e, quindi, vi è un impoverimento generale del sistema sociale.
Il sistema produttivo italiano subisce, quindi, gravi lesioni dal processo di delocalizzazione e le conseguenze sono ancora più preoccupanti a causa della difficoltà dell'economia italiana non solo rispetto agli eccezionali tassi di crescita di alcuni Paesi emergenti, ma anche rispetto, e questo è il vero dramma, ad altre economie internazionali ed europee, quindi ad altri Stati membri dell'Unione europea.
Per concludere, signor Presidente, è indispensabile per noi arrivare ad un'organica azione di difesa e di sostegno alle imprese, con particolare riferimento a settori quali il tessile. In questo ambito, ricordo la proposta di legge presentata dal gruppo della Lega per il riconoscimento di un'etichetta di origine in favore delle merci prodotte interamente sul territorio italiano, così come avviene in altri Paesi, anche dell'Unione europea.
Non è vero, quindi, come afferma chi si oppone a questa nostra proposta, che vi sarebbe una sorta di violazione del diritto comunitario, perché possiamo assolutamente tutelare i nostri prodotti con un'etichetta con scritto «100 per cento italiano» o «90 per cento italiano», dando anche un gradiente a livello percentuale di italianità del prodotto.
Questa è una proposta che continuiamo a fare e a ribadire e ci auguriamo che venga inserita presto in un provvedimento del Governo, stralciando, magari, le parti più ridondanti, ma tenendo il cuore di questa proposta: fare in modo che sia il consumatore finale a sostenere la produzione del made in Italy, con la propria scelta consapevole che ogni bene acquistato prodotto interamente in Italia è un valore aggiunto anche per lo stesso consumatore che lo acquista, perché è denaro, Pag. 28è circolante, è produzione e, quindi, in qualche modo è economia che gira nelle tasche sempre degli stessi italiani.
L'altra questione per noi importante è trovare un impegno affinché gli aiuti diretti alle aziende che non delocalizzano vadano solo ed esclusivamente a queste aziende e non possano più vedersi in questo sistema-Paese aiuti, anche pesanti, a imprese che vengono salvate con importanti inserimenti non solo di capitale, ma anche di liquidità provenienti dal pubblico, e poi, come ringraziamento, dopo poche settimane, purtroppo, anziché dare un segnale positivo, arriva un segnale assolutamente negativo di delocalizzazione di queste imprese o di parte della loro produzione.
Noi insistiamo, al di là delle soluzioni di natura finanziaria ed economica che il Ministro Tremonti saprà ben scegliere, su tali due punti, e lo ribadiamo con forza: iniziare ad etichettare con un marchio ben riconoscibile tutto ciò che è prodotto interamente in Italia e smetterla di aiutare quelle aziende che, una volta che percepiscono aiuti di Stato, poi ci salutano, procurando un doppio danno alla nostra economia, perché quei soldi potevano essere investiti per le micro e piccole aziende che permangono invece tuttora a lavorare in questi territori. Spesso e volentieri lo fanno anche in luoghi, magari quelli montani, molto difficili, generando così un valore positivo di mantenimento di una certa cultura e di una certa società.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola, che illustrerà anche la mozione Cicchitto, Iannaccone ed altri n. 1-00180, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervenendo per illustrare la mozione a firma Cicchitto, Iannaccone, Bocchino ad altri, mi corre l'obbligo innanzitutto di ringraziare cavallerescamente l'onorevole Franceschini, le cui mozioni a cadenza settimanale sono non solo di stimolo alla maggioranza, nel ricercare adeguate risposte alle sue sollecitazioni, ma al dunque finiscono anche per confermare le nostre convinzioni sulla validità del lavoro che stiamo svolgendo.
Viene naturale, infatti, signor Presidente, ad una maggioranza di rispondere alle critiche dell'opposizione, ricordando le cose che sono state fatte, più che avventurarsi nelle promesse delle cose che saranno fatte. Ed è grazie a questa ricostruzione della linea di condotta del Governo e della maggioranza, cui ci induce lo zelo dell'onorevole Franceschini, che noi riusciamo a superare i dubbi (lei sa, signor Presidente, che tutte le persone oneste hanno dei dubbi), e a convincerci che, pur con tutti i nostri limiti, abbiamo fatto ciò che era possibile, e comunque abbiamo fatto meglio di quanto avrebbe operato al nostro posto l'opposizione.
Ma, come insegnano gli antichi maestri di cui lei è un grande conoscitore, nel confronto politico è sempre bene partire dall'analisi, perché da analisi differenti discendono anche scelte politiche altrettanto differenti. Se poi le analisi sono sbagliate, o non tengono conto di qualche elemento importante che pure è nella situazione tenuta sotto osservazione, anche le misure adottate risultano inadeguate alla concreta realtà su cui si vuole intervenire.
Signor Presidente, noi non siamo ottimisti faciloni: l'incipit della mozione Cicchitto non nasconde la gravità della crisi internazionale nelle sue ricadute sull'economia del nostro Paese; del resto, sono i dati recenti dell'ISTAT a ricordarcelo, e devo solo fare riferimento ad essi per sottolineare la diminuzione della produzione industriale delle ultime rilevazioni rispetto al mese precedente, come pure quella dei tre mesi immediatamente precedenti l'ultima rilevazione.
Ma come afferma un grande scrittore italiano, è compito della politica saper distinguere nell'inferno ciò che inferno non è. È nostro dovere, quindi, cogliere i primi segnali, ancora tenui ed incerti, del cambiamento per incoraggiarne il rafforzamento con interventi adeguati, concentrando su di essi le risorse disponibili, Pag. 29anziché restare confinati nella solita rappresentazione di una notte oscura in cui tutte le vacche sono nere.
La principale critica che l'opposizione rivolge da mesi al Governo è quella di avere investito troppo poco per contrastare la crisi. Anche pochi minuti fa l'onorevole Lulli ricordava quanto nei giorni scorsi l'onorevole Bersani ha evocato: al solito, quella manovra da un punto di PIL, che, a suo avviso, avrebbe consentito di fronteggiare meglio la crisi. È il consueto invito a fare di più che viene rivolto dall'onorevole Franceschini ovunque si rechi a fare campagna elettorale; magari, dimenticando, come ha fatto ieri, di ricordare agli agricoltori della Valle Padana la legge votata dal Parlamento con il contributo delle opposizioni, proprio a favore degli agricoltori e dell'agricoltura.
Eppure, l'opposizione non può non avere presente il quadro preoccupante di finanza pubblica per quanto riguarda sia il debito pubblico, sia il disavanzo previsto per il 2009, sia - purtroppo - il peso crescente della spesa pubblica sul PIL. È un quadro fortemente debilitato, in seguito alla crisi finanziaria ed economica, che ha inciso sulle entrate fiscali, nonostante i successi nella lotta all'evasione e che ha richiesto impegni di finanza pubblica superiori, per comprensivi motivi di politiche di sostegno alle famiglie ed alle imprese, a quelli che erano prevedibili l'estate scorsa quando il Governo decise di anticipare la manovra di bilancio.
Quale sarebbe adesso, signor Presidente, la situazione della finanza pubblica se il Governo avesse accolto i suggerimenti di chi proponeva di lasciarci alle spalle il rigore, i parametri ed i saldi? Per rispondere a questa domanda basta guardarsi attorno in Europa e nel mondo sviluppato e pesare i deficit dei bilanci di altri Paesi, i quali hanno comunque un vantaggio nei nostri confronti, quello di un livello del debito pubblico inferiore e più controllabile del nostro.
A tali considerazioni l'opposizione potrebbe replicare che, se si fossero investite risorse per un punto di PIL, si sarebbe stimolata l'economia e che da queste migliori performance sarebbe derivato anche un quadro meno fosco di finanza pubblica. Il fatto è che di tutto ciò non esiste prova, anche perché Paesi che hanno varato programmi più pesanti (quanto a risorse impiegate) del nostro non se la passano meglio di noi per quanto riguarda sia le performance dell'economia, sia quelle della produzione industriale, sia i tassi di occupazione e di disoccupazione. Quanto alla specificità del settore manifatturiero, trovo veramente singolare - e vi assicuro che ho letto più volte la mozione perché pensavo che vi fosse una seconda formulazione che si fosse fatta carico di tali problemi, come pure ho ascoltato l'intervento del collega che ha illustrato la mozione, il quale su questo argomento ha continuato a non dire neppure una parola - che in una mozione che vuole parlare del settore manifatturiero non trovi adeguato spazio il caso FIAT, che è la dimostrazione più evidente delle potenzialità del nostro apparato manifatturiero.
Non può essere condannato infatti ad un inesorabile declino un sistema produttivo, la cui leadership ha la forza e l'audacia di impegnarsi in un'operazione di internazionalizzazione tanto brillante ed innovativa. A qualcosa sarà pure servito il pacchetto sui settori in crisi varato dal Governo se, calcolando l'Unione europea a 27 (compresi quindi i nuovi Stati membri), la FIAT ha immatricolato ad aprile circa 121 mila vetture nuove, segnando un rialzo del 4,7 per cento rispetto ad un anno fa, e se nell'Europa occidentale il solo marchio FIAT ha immatricolato il mese scorso quasi 100 mila unità, in aumento del 5,7 per cento rispetto al 2008, conquistando tra l'altro una quota di mercato del 10 per cento che rappresenta in qualche modo un traguardo, quantomeno nelle epoche più recenti, per questo gruppo automobilistico.
Sappiamo bene che l'operazione FIAT-Chrysler-Opel può comportare dei problemi in Italia, problemi di cui il Governo - che fino ad ora, lo dico con molta convinzione, ha fatto bene a non intromettersi - è pienamente consapevole e Pag. 30pronto a fare la sua parte, come hanno dichiarato i Ministri Sacconi e Scajola.
Pensiamo però che sia un errore di prospettiva - dico anche questo con altrettanta convinzione - lamentarsi di una FIAT che può diventare grande nel mondo e piccola in Italia.
In futuro, le aziende produttrici di automobili nel mondo si ridurranno al massimo al numero delle dita di una mano e si aprirà, quindi, una dura lotta per la sopravvivenza che avrà come condizione necessaria il recupero di competitività; ormai non è più soltanto una questione di costi ma anche di qualità del prodotto, ed è sulla qualità ecologica del prodotto che la FIAT ha vinto la sfida che gli ha consentito di valicare non solo le Alpi, come diceva l'avvocato Agnelli, ma anche l'oceano.
I pochi colossi di un futuro ormai prossimo potranno reggere la sfida nel settore dell'auto ad alcune precise condizioni, la più importante delle quali risiede nella piena valorizzazione della dimensione multinazionale delle imprese.
In sostanza, le grandi holding dell'auto del futuro dovranno avere stabilimenti nelle aree strategiche del mondo, laddove è attesa un'esplosione dei mercati. Prima ancora che una comprensibile esigenza di disponibilità delle reti commerciali dei trasporti, resta decisivo un problema di costi concorrenti. Nell'industria dell'auto il costo del lavoro continua ad avere un rilievo determinante nella battaglia per la competitività sui mercati internazionali.
Delocalizzare - lo dico con altrettanta convinzione di quella espressa in altri importanti passaggi del mio intervento - non significa necessariamente sempre privare del lavoro gli operai italiani, francesi o tedeschi, ma poter applicare ai lavoratori dell'Europa benestante dei contratti di lavoro e dei sistemi di welfare che altrimenti sarebbero insostenibili. In sostanza, possiamo permetterci le nostre condizioni di lavoro e di vita soltanto perché in altre parti del mondo vi sono lavoratori che producono per le nostre imprese a costi più ridotti.
È normale che il settore manifatturiero si sposti continuamente alla ricerca di condizioni più vantaggiose nell'utilizzo della forza lavoro. Nei Paesi occidentali resteranno le intelligenze strategiche dei grandi gruppi, e se sarà così quale migliore ubicazione può trovare un'impresa leader mondiale del settore dell'auto se non a Detroit o nel cuore della Germania? Ecco perché è sbagliato lo slogan della manifestazione sindacale di sabato (al di là delle vicende che hanno coinvolto il leader della FIOM Gianni Rinaldini, a cui va tutta la nostra solidarietà, che gli è già stata rivolta in queste ore da tutto il mondo politico e sindacale), che diceva: da nord a sud, la FIAT cresce solo con noi. Purtroppo, o per fortuna, è vero il contrario: fermo restando che delle soluzioni andranno trovate per gli stabilimenti italiani a rischio, una FIAT che si chiudesse in casa sarebbe condannata in breve a ripiombare nella situazione prefallimentare in cui versava soltanto pochi anni or sono. È vero, allora, che non può esservi una FIAT grande in Italia e piccola nel mondo, perché una FIAT prevalentemente italiana non sarebbe competitiva.
Tutti affermiamo che da questa crisi usciremo diversi, poi però ci spaventiamo quando siamo messi alla prova da una delle più importanti operazioni di politica industriale di questo scorcio di secolo. Ricordo a lei , signor Presidente, che ha una memoria lunga come la mia, che questo Paese dall'inizio degli anni Ottanta e all'inizio degli anni Novanta, per i processi di ristrutturazione industriale che allora si svolsero, sopportò l'onere di 450 mila prepensionamenti, che costarono alle casse dello Stato qualcosa come 50 mila miliardi di lire. Le voglio, inoltre, ricordare, signor Presidente, perché lei c'era come c'ero io, che se mettiamo a confronto la struttura dell'occupazione del 1991 con quella del 1971 (tra l'altro si tratta di due anni in cui furono realizzati dei censimenti), constatiamo che un milione di occupati è uscito dalla grande impresa industriale e ha trovato spazio nella piccola impresa e nei servizi. Affermo ciò per sottolineare quali cambiamenti Pag. 31un Paese deve affrontare quando avvengono delle grandi trasformazioni.
La principale caratteristica delle proposte contenute nella mozione Cicchitto, Iannaccone ed altri n. 1-00180 - sulle quali il Popolo della Libertà chiederà l'impegno del Governo - è quella di muoversi all'interno di un complesso quadro di riferimento normativo già predisposto ed operante grazie all'attività legislativa del primo anno di legislatura. L'impegno del Governo e delle regioni nel finanziamento della cassa integrazione in deroga, ovvero quella estesa secondo criteri di flessibilità ai settori che ne sono privi, ha consentito fino ad ora di difendere tanto l'occupazione, quanto le imprese che hanno avuto la possibilità di valutare la situazione e considerarne l'evoluzione prima di procedere a decisioni definitive. L'estensione per la prima volta della cassa interrelazione in deroga alle piccole imprese da parte del Governo ha contribuito in modo sostanziale a valorizzare le sforzo di tenuta dei livelli occupazionali, sostenuto dai micro e piccoli imprenditori italiani. Le misure di deregolazione e di semplificazione - tra l'altro citate anche nella mozione Franceschini ed altri n. 1-00165- adottate dal Governo nel corso del 2008 hanno agevolato l'attività ordinaria delle imprese.
Vi è un contesto più rassicurante per quanto riguarda il credito e la fornitura di energia. Per quanto riguarda la fornitura di energia, sono intervenuti importanti accordi nelle ultime settimane, ma per quanto riguarda il credito voglio ricordare che proprio oggi l'autorevole Il Sole 24 Ore dedica un servizio alla riapertura del credito delle banche nei confronti delle imprese, che, per esempio, nel solo settore delle costruzioni ha comportato un incremento di un miliardo di euro, che ovviamente non sono da buttare via o da non considerare nella loro importanza (anche se noi siamo sensibili al grido di dolore che è venuto dalla riunione degli stati generali del settore delle costruzioni che si è tenuta la settimana scorsa). Siamo tanto sensibili che il giorno in cui, attraverso il confronto con le regioni, potrà essere varato il piano-casa, i benefici saranno notevoli per questo Paese, soprattutto perché il piano-casa consentirà di coprire la fase di transizione da oggi al momento in cui le grandi opere infrastrutturali potranno diventare operanti e operative.
Voglio ricordare a questo proposito che proprio ieri sempre l'autorevole Il Sole 24 Ore riportava uno studio del CRESME secondo il quale il piano-casa, nel periodo di tempo dal 2009 al 2012, mobiliterebbe qualcosa come 42 miliardi di euro e farebbe crescere l'anno prossimo l'edilizia abitativa del 27 per cento. In tale ambito, il Governo è invitato da noi a promuovere, unitamente alle istituzioni locali, alle parti sociali, delle conferenze di settore e/o di distretto industriale, allo scopo di individuare gli specifici programmi di risanamento e sviluppo in grado di affrontare i nodi della crisi con ogni possibile misura di contenimento e di ripresa, e a recepire integralmente, per primi in Europa, le indicazioni suggerite agli Stati membri dallo Small Business Act, e a realizzare al più presto gli impegni previsti dalla risoluzione approvata dalla X Commissione, cui faceva riferimento poco fa l'onorevole Pini.
Il Governo è altresì invitato ad accelerare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici, e a predisporre le misure previste dalla legge per quanto riguarda la certificazione dei crediti suddetti onde consentire lo sconto da parte degli istituti di credito. Su questo punto, nel suo ruolo di presidente della Commissione lavoro della Camera, si impegnò molto e si spese molto (anche con la stesura di ordini del giorno) l'onorevole Saglia, che oggi salutiamo qui in un'altra veste, in forza della quale credo si darà molto da fare per realizzare questi obiettivi.
Altre proposte riguardano gli investimenti nelle infrastrutture. A questo proposito ho già parlato del piano-casa e quindi posso concludere, Presidente, rinviando alla lettura della mozione che ho illustrato. Credo che tra le nostre proposte e quelle della mozione Franceschini non vi siano differenze incolmabili, e mi auguro che il Governo possa tenerne conto.

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti, che illustrerà anche la mozione Borghesi n. 1-00181 ed altri, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, mi sembra che questa sia una giornata importante, perché si affronta una questione di grande rilievo per l'economia nazionale. La convergenza tra le opinioni delle varie parti di questo Parlamento rappresenta un passo in avanti significativo nella gestione della cosa pubblica in Italia.
È chiaro che se le analisi, che pure possono essere divergenti ma non molto lontane tra loro, fatte dalle varie mozioni portano a conclusioni vicine, si può ben sperare di poter affrontare la crisi adesso, ad un anno di distanza da quando in qualche modo sono apparsi i primi sentori della crisi finanziaria, che non si è capita nella sua profondità e nella sua dimensione. Si tratta di un fatto che va rimarcato e che comunque va utilizzato per affrontare la situazione che si è determinata.
È vero che oggi la mozione Franceschini ed altri n. 1-00165 e le altre mozioni presentate affrontano un determinato settore, che è fondamentale, perché il settore manifatturiero presenta molteplici mercati, ognuno con una propria specializzazione. Si tratta di un settore in costante mutamento perché si adatta di volta in volta alle esigenze del consumo e soprattutto alle nuove tecnologie di produzione. I mercati più importanti sono quelli dell'industria aeronautica, alimentare, agroalimentare e ristorazione e quello fondamentale dell'automobilistica su cui ha fatto bene Giuliano Cazzola a soffermarsi. Inoltre, l'industria chimica, elettronica e quella farmaceutica, quest'ultimo settore fondamentale per il bilancio dello Stato e per tutte le regioni e che riguarda la sanità e i servizi sociali. Vi sono anche la meccanica, la siderurgica ed anche il tessile, che è stato in qualche modo affrontato nelle precedenti illustrazioni delle varie mozioni.
Quindi, lo scopo fondamentale del settore manifatturiero è di produrre beni materiali e servizi al meglio e al miglior rapporto benefici-costi. Questo settore ha obiettivi principali, ovvero generare, ad esempio, un impatto minimo sul territorio dal punto di vista ambientale. Il settore automobilistico premiato, infatti, è proprio quello che produce sul territorio effetti non particolarmente negativi come in passato e in riferimento alla produzione degli effetti negativi degli altri Paesi. Questo settore cerca di prevenire i difetti e di ridurre i costi, di investire ad esempio sulle problematiche relative alla sicurezza e alla salute sul luogo di lavoro, di motivare e qualificare il personale, ma soprattutto di aumentare la fiducia del mercato e delle parti interessate.
Tuttavia, credo che nell'affrontare le problematiche di questo settore non si può prescindere in questo momento dal far riferimento alla crisi più in generale che è indicata dai dati ISTAT, e non solo. Proprio il sito Internet de Il Sole 24 Ore di oggi - non di ieri - riporta i dati dell'indagine congiunturale di Federmeccanica, secondo cui in questo settore il trimestre sarà duro, ma in qualche modo la recessione dovrebbe rallentare nel trimestre successivo. Quindi, nel primo trimestre dell'anno in corso la produzione del settore metalmeccanico è calata del 30 per cento e all'interno di questa il manifatturiero è calato del 15 per cento. I cali più marcati hanno interessato proprio il settore automobilistico. Vorrei ricordare che evidentemente la possibilità per la FIAT di fare accordi internazionali e la necessità di farli deriva proprio anche da questi abbassamenti di produzione relativi ai vari colossi dell'automobile, ma si tratta pur sempre riduzioni enormi.
Pensate che il settore automobilistico è diminuito del 46,5 per cento mentre il settore metallurgico del 38,5 per cento. Si è assistito ad una brusca frenata delle esportazioni, che rappresenta il 45 per cento del fatturato, con contrazioni che nei primi tre mesi hanno registrato il 25,1 per cento. Nella stessa direzione si è prodotto un effetto del basso livello della Pag. 33domanda interna per il quale si sono ridotte le importazioni di circa il 30 per cento. Questo rapporto di Federmeccanica pubblicato oggi su www.ilsole24ore.com afferma inoltre che il 40 per cento delle imprese prevede tagli nei prossimi mesi: si tratta soprattutto di imprese metalmeccaniche. Nei primi due mesi del 2009, l'occupazione in queste imprese metalmeccaniche con addetti in numero superiore a 500 unità si è ridotta dell'1,6 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nel corso dei prossimi sei mesi è atteso un ulteriore peggioramento: così fa sapere l'associazione Federmeccanica. Infatti, il 42 per cento delle aziende di questo settore prevede di ridimensionare gli organici dei prossimi sei mesi.
Quanto al ricorso alla cassa integrazione nel primo trimestre 2009 vi è stato nuovo boom: per quella ordinaria le ore autorizzate per i metalmeccanici sono decuplicate rispetto allo stesso periodo del 2008, passando da poco più di 4,7 milioni alle attuali 53 milioni di ore autorizzate.
Più in generale, nel primo trimestre dell'anno le ore autorizzate sono risultate pari a 66 milioni rispetto a poco più di 17 milioni di ore relative allo stesso periodo dello scorso anno. La speranza è che nel prossimo trimestre vi sia un'attenuazione della caduta che potrebbe portare ad una effettiva riduzione di questa enorme percentuale negativa vissuta dalla piccola e media industria nel settore metalmeccanico e, quindi, nel settore manifatturiero più importante.
È logico che questo settore manifatturiero ha una costituzione soprattutto di piccole e medie imprese. Infatti le piccole e medie imprese in Italia nel complesso danno lavoro a 8 su 10 lavoratori. Ma queste piccole e medie imprese sono quelle più soggette alla crisi: infatti non hanno la possibilità di rispondere alla crisi e non hanno la possibilità di rispondere come le medie e grandi imprese. Le piccole e medie imprese sono penalizzate soprattutto, ad esempio, nella ricerca e innovazione. Queste ultime sappiamo che costituiscono un fattore determinante per la possibilità di ripresa. Il 17 marzo 2009 presso la Commissione finanze di questa Camera il Governatore della Banca d'Italia ha riferito che il credito delle banche italiane nei confronti delle imprese è diminuito nettamente. Tale diminuzione ha riguardato in particolare le aziende con meno di 20 addetti.
Ciò ha un grande significato, perché la crisi colpirà proprio queste piccole imprese con meno di 20 addetti.
Vi è poi un problema: quello della flessibilità. La flessibilità, per esempio, che possono adoperare le medie e grandi imprese: qui è più difficile. Non si può affrontare il tema della flessibilità soltanto ideologizzando tale concetto. Sappiamo che è uno strumento utilissimo per fronteggiare le crisi congiunturali, ma non dobbiamo pensare che la flessibilità si possa applicare a scapito dei lavoratori, ai quali vanno garantiti comunque strumenti di copertura dei redditi e dei servizi sociali tra una fase di occupazione e l'altra.
Vi è poi un problema di burocrazia: le piccole e medie imprese trovano difficoltà ad affrontare il rapporto con la pubblica amministrazione. Noi sosteniamo qualunque iniziativa per ridurre concretamente i tempi di attuazione di richieste della piccola e media impresa verso la pubblica amministrazione. Sappiamo quindi che è necessario intervenire su tale argomento, ad esempio incentivando gli sportelli unici, in modo tale che le piccole e medie imprese trovino facilità di approccio con i problemi della pubblica amministrazione, soprattutto quando si tratta di ottenere il pagamento del lavoro svolto nei riguardi della pubblica amministrazione. Ma sappiamo benissimo che vi è bisogno di un intervento da parte dei pubblici poteri e soprattutto del Governo e del Parlamento, anche e soprattutto per valorizzare e sostenere i progetti di ricerca e sviluppo ed incentivare il rapporto dell'università e della ricerca con le piccole e medie imprese, le quali da sole non possono intervenire in questo settore.
Molte piccole e medie imprese potrebbero sparire perché erano già in crisi prima della crisi innescata dalla crisi finanziaria americana e certamente sono Pag. 34quelle piccole e medie imprese che non riescono a reggere il confronto e a rinnovarsi. Ma noi riteniamo che vadano incentivati tutti i tentativi di favorire la crescita dimensionale di queste piccole e medie imprese, al fine proprio di sviluppare l'innovazione tecnologica. Dobbiamo ridurre il peso della burocrazia, sostenere una politica fiscale mirata, garantire quindi il credito: ecco quali sono i punti principali delle varie mozioni, in particolare della nostra del gruppo Italia dei Valori, che bisogna sostenere e che bisogna senz'altro realizzare in modo da poter ridurre gli effetti della crisi sul settore manifatturiero ed evitare che aumenti il numero di ore della cassa integrazione, riducendo certamente il numero dei disoccupati e aumentando l'occupazione in quel settore.
Quindi, noi dobbiamo impegnare il Governo ad intervenire a sostegno di tale settore e dobbiamo avere la capacità di assicurare un'effettiva riduzione, per una quota non inferiore almeno al 25 per cento degli oneri amministrativi e burocratici che attualmente gravano sulle imprese. Questo è determinante.
È necessario anche supportare e sostenere l'Unione europea, e non soltanto criticarla, quando intende apportare, nella direttiva, una correzione nei ritardi di pagamento, al fine di prevedere che le piccole e medie imprese siano effettivamente pagate entro 30 giorni dai soggetti pubblici. Ciò anche attraverso meccanismi di compensazione atti a prevedere che i crediti scaduti ed esigibili per forniture di beni e servizi possano essere ceduti da parte delle imprese, senza utilizzazione dei soggetti debitori. Un esempio è la Cassa depositi e prestiti, che dovrebbe provvedere a pagare il creditore, impegnando le pubbliche amministrazioni a restituire, in via prioritaria, alla stessa Cassa le somme pagate, maggiorate degli interessi.
Questo è necessario fare. È necessario sostenere le piccole e medie imprese anche con opportuni meccanismi premianti, ai fini dell'adeguamento e del rispetto degli obiettivi posti dall'Unione europea in tema di clima e di energia.
Il Governo e la maggioranza si devono impegnare a prendere gli opportuni impegni, anche in sede internazionale, per la revisione della normativa in materia doganale, al fine di garantire maggiore trasparenza e rendere più stringenti le disposizioni in materia di acquisizione del marchio di origine del prodotto, al fine di tutelare il settore manifatturiero italiano; a prevedere che, tra i criteri seguiti per il finanziamento di progetti imprenditoriali da parte degli istituti di credito, sia assicurata massima priorità alla valutazione dei prodotti particolarmente originali ed orientati all'innovazione tecnologica.
Di fronte, quindi, alle difficoltà delle piccole e medie imprese, è necessario prevedere l'accesso al credito bancario disponendo l'incremento dei fondi di garanzia previsti per le piccole e medie imprese - il cosiddetto Fondo Bersani - presso l'Artigiancassa.
Vorrei citare, altresì, le piccole e medie imprese di un settore collegato al manifatturiero, quello degli autotrasportatori, che sono numerosissime: pensate, sono oltre 150 mila. Immaginate, in questo momento, quale dramma vive l'indotto del settore manifatturiero. Immaginate la crisi e come tali soggetti possano superarla. Anche per loro vale la stessa regola: crediamo che sia necessario anche da parte del Governo un intervento in questo settore per poter dare la possibilità di superare il momento critico. Certamente, visto che la produzione si è ridotta così drasticamente, il Governo investirà immediatamente in questo settore, che è fondamentale. Non dimentichiamo che una crisi o un'agitazione di esso potrebbero portare gravi conseguenze all'economia del nostro Paese.
Mi avvio a concludere, signor Presidente. Dobbiamo ammettere che in tutta la prima fase di questa legislatura - mi riferisco ad una fase durata circa quattro o cinque mesi - si è proceduto a tentoni. Anzi, si è pensato che la crisi non vi fosse per nulla e che vi potesse essere qualche effetto, molto secondario, con riferimento ai famosi subprime americani. Pag. 35
Quando si sono affrontate le prime questioni finanziarie, nei mesi di giugno e luglio, si pensava ancora di poter crescere. Nessuna previsione poteva indicare la riduzione del PIL italiano quasi del 6 per cento. Certamente, abbiamo il debito pubblico più alto, uno dei debiti pubblici più alti dei Paesi sviluppati. Tuttavia, abbiamo anche il debito privato meno alto. Pertanto, abbiamo la possibilità di utilizzare il lavoro da «formichine» dei nostri cittadini e dei nostri lavoratori.
Per questo motivo, credo che le scelte compiute allora - che spesso sono state modificate in fretta e furia - hanno lasciato il segno, perché sono state spese delle risorse fondamentali, sono stati spesi risparmi pubblici per investirli in azioni che dipendevano molto dalle promesse elettorali, come ha ricordato il collega Lulli e come abbiamo ricordato negli interventi svolti in quest'Aula dalle opposizioni; lo abbiamo ricordato in ogni momento, perché quei miliardi, sottratti alla possibilità di investimenti produttivi e spostati sul terreno della spesa corrente, hanno determinato certamente un'anomalia che abbiamo subìto e che ha subìto la situazione italiana. Credo che avremmo potuto affrontare molto meglio la crisi se avessimo potuto disporre di quei fondi di investimento che abbiamo, invece, passato a spesa corrente. Voglio ricordare, per tutti, i fondi destinati ad investimenti in infrastrutture nel Mezzogiorno, che sono stati deviati verso altri obiettivi che certamente non erano prioritari rispetto ad essi.
Tuttavia, questa iniziativa del collega Franceschini, raccolta anche dalla maggioranza, lascia ben sperare circa il fatto che da oggi in poi affrontare la crisi sarà un problema di tutto il Parlamento, maggioranza e opposizione: sui problemi della crisi non deve esservi distinzione di colore politico, perché il Paese ha bisogno di tutti noi.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo intende esprimere un giudizio più compiuto sulle mozioni al momento della formulazione dei pareri in ordine agli impegni che dovrà assumere davanti al Parlamento. Desidera, comunque, ringraziare i colleghi Lulli, Pini, Cazzola e Misiti per il contributo significativo che hanno dato alle misure che, insieme, speriamo di poter condividere ed avviare nei prossimi giorni.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 19 maggio 2009, alle 11:

1. - Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

(ore 12)

2. - Informativa urgente del Governo concernente il fenomeno della pirateria informatica attraverso la messaggistica dei telefoni cellulari.

(ore 14)

3. - Seguito della discussione del disegno di legge e del documento:
S. 1078 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008 (Approvato dal Senato) (2320-A).
- Relatore: Pini.

Pag. 36

Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2007 (Doc. LXXXVII, n. 1).
- Relatore: Centemero.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Franceschini ed altri n. 1-00161, Iannaccone ed altri n. 1-00168, Vietti ed altri n. 1-00170, Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00171 e Di Giuseppe ed altri n. 1-00172 concernenti iniziative volte a favorire l'inserimento dei giovani del Mezzogiorno nel mercato del lavoro.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Mancuso ed altri n. 1-00136, Farina Coscioni ed altri n. 1-00133, Livia Turco ed altri n. 1-00166, Nunzio Francesco Testa ed altri 1-00167 e Palagiano ed altri n. 1-00173 concernenti iniziative per la prevenzione e la cura dell'AIDS.

6. - Seguito della discussione delle mozioni Franceschini ed altri n. 1-00165, Vietti ed altri n. 1-00178, Cota ed altri n. 1-00179, Cicchitto, Iannaccone ed altri n. 1-00180 e Borghesi ed altri n. 1-00181 concernenti iniziative a sostegno del settore manifatturiero.

7. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (1415-A).
e delle abbinate proposte di legge: JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ed altri; VIETTI e RAO; BERNARDINI ed altri (290-406-1510-1555-1977).
- Relatori: Bongiorno, per la maggioranza; Palomba e Ferranti, di minoranza.

8. - Seguito della discussione delle mozioni Cota ed altri n. 1-00076 e Evangelisti ed altri n. 1-00169 concernenti una moratoria per la costruzione di nuove moschee e centri culturali islamici.

La seduta termina alle 18,50.