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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 93 di mercoledì 26 novembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,35.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Buttiglione, De Biasi, Galati, Lucà, Migliavacca, Palumbo e Rigoni sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1072 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina (Approvato dal Senato) (A.C. 1857) (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina.
Ricordo che nella seduta di ieri si sono svolti alcuni interventi sul complesso delle proposte emendative.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1857), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1857).
Ricordo che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1857).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, prima di tutto vorrei complimentarmi con le forze di polizia per i successi ottenuti in questi giorni nella lotta contro la criminalità organizzata. In particolare, sono soddisfatta della notizia secondo la quale è stato arrestato uno dei più importanti latitanti sospettati di essere coinvolti nella strage di Duisburg.
È un successo frutto della collaborazione internazionale delle forze dell'ordine e della magistratura e ci indica una delle strade su cui dobbiamo puntare con decisione, se vogliamo fare sul serio nella lotta alla mafia. Purtroppo, però, di un Pag. 2approccio di questo tipo, basato cioè sul potenziamento delle forme di collaborazione a livello internazionale nella lotta alla criminalità organizzata, non si trova nessuna traccia nel decreto-legge che il Governo oggi ci propone.
Al contrario, qui abbiamo a che fare con un bell'esempio di come funziona la politica di questo Governo. Sulla lotta alla criminalità organizzata, negli ultimi giorni, da parte della maggioranza, abbiamo sentito molte belle parole e notevoli annunci. Abbiamo letto lunghe interviste sui giornali, che affermano che questo Governo vuole fare della lotta alla criminalità organizzata una delle sue priorità. Magari fosse vero! Purtroppo, la realtà è un'altra. Anche in questo caso, anche nella lotta alla criminalità organizzata, il Governo cura la copertina, ma, leggendo ciò che ci viene presentato oggi, ci si rende conto che la sostanza è pari a zero. Anzi, ciò che il Governo ci presenta in Parlamento è in netto contrasto con ciò che sta raccontando in giro.
Infatti, chi vuole fare veramente sul serio nella lotta contro la criminalità organizzata non può presentare un miscuglio di misure che non hanno nulla a che vedere l'una con l'altra. Chi vuol fare sul serio nella lotta contro le mafie non presenta un decreto-legge che mette insieme misure che migliorano il sostegno per le vittime di mafia con misure volte a costruire nuovi centri di identificazione ed espulsione. Chi prende sul serio il «no» alle mafie non usa questo argomento per provocazioni e giochetti politici, come invece sta facendo questo Governo.
Chiaramente, è giusto incrementare il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, ma che cosa ha a che fare questa buona proposta, che riteniamo valida anche noi, con l'altra richiesta di costruire mille e più centri di identificazione e di espulsione? Non ha a che fare assolutamente niente, anzi chi associa gli aiuti per le vittime di mafia alla costruzione di centri di espulsione in fondo dimostra che non gli interessa più di tanto che questi aiuti la passino liscia qui in Parlamento.
Chi mette insieme in un unico decreto-legge aspetti così lontani l'uno dall'altro, chi contro la mafia mette in campo «decreti miscuglio» e giochi politici, chi fa questo dimostra che, a differenza di quanto sostiene in interviste e dichiarazioni pubbliche, non è affatto interessato ad una seria politica contro la criminalità organizzata. In fondo, dimostra di non prendere sul serio la lotta contro la mafia.
Questo miscuglio che il Governo ci presenta è particolarmente mal digeribile, perché cerca di insinuare nella gente un messaggio secondo cui criminalità organizzata e immigrazione clandestina sono la stessa cosa e, mandando questo segnale, il Governo provoca un gravissimo danno alla lotta contro le mafie, perché riduce l'argomento al contrasto all'immigrazione clandestina.
Certo, sappiamo benissimo che dietro agli arrivi dei disperati provenienti dalle coste africane c'è anche la mano di criminali che organizzano quei viaggi e guadagnano sulla pelle di questi disperati, ma dire che la lotta alle mafie è innanzitutto lotta contro l'immigrazione clandestina e che questa lotta si vince costruendo nuovi centri per l'espulsione, è di una perfidia unica.
Il vostro messaggio è: la lotta alla mafia si vince anche cacciando gli extracomunitari. Questo non è solo politicamente perfido, ma anche pericoloso, perché la mafia, in questo modo, si sente più tranquilla; si può sentire più tranquilla, perché vede che il Governo sembra essere spinto, nella sua politica, innanzitutto dalla voglia di soddisfare l'anima ideologica di alcuni dei suoi alleati e non dalla voglia, invece, di fare una politica mirata contro uno dei problemi più grandi del nostro sud, e cioè contro le mafie.
In questo disegno di legge c'è anche la questione dei militari, un'altra prova del fatto che la sostanza delle misure che il Governo presenta in Parlamento è l'esatto contrario di ciò che sta raccontando sui giornali. Il Governo ci chiede di autorizzare la presenza di ulteriori 500 militari per la sicurezza, ma, contemporaneamente, nel disegno di legge finanziaria, lo Pag. 3stesso Governo, per i prossimi tre anni, ha tagliato 2 miliardi e mezzo alla sicurezza, il che vuol dire 7 mila uomini in meno nei prossimi tre anni; vuol dire tagliare tre volanti su tredici a Roma, due su nove a Palermo, vuol dire chiudere commissariati, a Palermo due su otto.
Questa è la politica che ci propone il Governo: tagliare la sostanza, lasciare i cittadini più soli e poi chiederci in Parlamento di approvare una «foglia di fico», con la quale giustificare l'assenza di misure serie e concrete per la sicurezza e contro la criminalità organizzata.
Noi diciamo di «no» ad una politica di questo tipo, perché è una politica pensata per illudere i cittadini e non una politica fatta per risolvere i problemi. I problemi si risolvono con leggi che attaccano i patrimoni finanziari della mafia, che rafforzano le forze investigative nella loro caccia ai latitanti, che rendono il 41-bis più duro, che migliorano la collaborazione internazionale della polizia e della magistratura.
La repressione è importante, ma da sola non basta. Bisogna fare sul serio nello spezzare i legami tra mafia e politica; bisogna liberare l'economia del sud dalla morsa mafiosa e creare così le basi per uno sviluppo socioeconomico delle aree in cui oggi imperversa la criminalità organizzata.
Questi sono problemi che non si risolvono con qualche soldato in più per le strade e men che meno con dei nuovi centri per l'espulsione degli immigrati.
Colleghi della maggioranza, siete molto pochi qui ad ascoltare, ma se volete fare una politica seria per la sicurezza, se volete fare una politica seria contro la criminalità organizzata, allora noi ci saremo, saremo al vostro fianco, ma con questo decreto-legge, purtroppo, non state facendo né l'una né l'altra. Vedo che anche il sottosegretario Mantovano non sta prestando nessuna attenzione al mio intervento; infatti, scuote addirittura la testa.
Si tratta, ancora una volta, di una «legge teatro», tipica di questo Governo, un decreto-legge completamente inadeguato ad affrontare i problemi veri della sicurezza e della criminalità organizzata. Mi sarei aspettata che almeno da parte del sottosegretario Mantovano ci fosse un minimo di attenzione in più a questo intervento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, proverò, nel poco tempo che occuperò con il mio intervento, a spiegare come i nostri emendamenti cerchino di modificare in meglio il provvedimento al nostro esame; un provvedimento che non possiede i requisiti di straordinarietà e urgenza e che non contiene misure adeguate ed efficaci per aumentare la sicurezza.
Mentre il titolo lasciava intendere e illudeva sul contenuto del provvedimento (il titolo, infatti, parla di prevenzione e accertamento di reati e di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina), nel testo, poi, non c'è sostanzialmente nulla, se non l'invio del contingente di militari a Caserta, relativamente ai temi enunciati nel titolo.
Dico questo perché in qualche modo con il decreto-legge si ripete quanto già accaduto con il «decreto sicurezza» di questa estate, e cioè una politica degli annunci, una politica fatta di «norme manifesto», che poi non producono risultati tangibili e concreti su questo terreno. Quando parliamo di sicurezza bisogna sapere che non è in questo modo che si possono affrontare i problemi: non è con le «norme manifesto» e con gli annunci che si risolvono i problemi dei cittadini; anzi, in questo modo si aumenta la sensazione di paura, di insicurezza e si crea un clima preoccupante nel Paese. Servono norme non emergenziali e non transitorie, come invece si continua a fare, serve una politica concreta con norme stabili, ordinarie, organiche, che possano davvero incidere nella situazione. E soprattutto servono risorse, che è l'altro punto che manca drammaticamente anche nel provvedimento in esame. Noi continuiamo a Pag. 4vedere soltanto tagli e soltanto propaganda, e il decreto-legge è emblematico da questo punto di vista.
Gli emendamenti che abbiamo presentato cercano di correggere e di migliorare il testo, in particolare su quattro versanti. Il primo - altra questione, temo, troppo poco considerata nel provvedimento e nella discussione sulla conversione del decreto-legge - è quello di precisare meglio il contenuto dei dati relativi al traffico telefonico e telematico da conservare per prevenire e contrastare gravi reati. Nel nostro Paese si è discusso a lungo delle intercettazioni, della norma sulle intercettazioni, spesso a sproposito e spesso con finalità diverse da quelle che si enunciavano. In questo caso credo che i contenuti dei dati relativi al traffico da conservare vadano precisati meglio, come indicato nei nostri emendamenti.
La seconda questione (la toccava prima di me l'onorevole Garavini in modo molto puntuale) riguarda il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso. Noi pensiamo che bisogna chiarire meglio i soggetti beneficiari del Fondo; provo a spiegarlo in estrema sintesi, signor Presidente. Con il decreto-legge sostanzialmente si decide di finanziare il Fondo per le vittime svuotando il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, cioè del racket. Si tratta di una scelta estremamente grave, perché si parte dal presupposto che, siccome sono in calo le denunce di fenomeni estorsivi, sia possibile stornare quelle risorse e portarle da un'altra parte.
In realtà dovremmo essere tutti preoccupati del calo delle denunce dei fenomeni estorsivi, nel senso che ciò significa che sta venendo meno l'attenzione, un pezzo di coscienza civile in alcune aree del Paese su questo punto. Illudersi che il calo delle denunce significhi un calo del fenomeno rischia di farci aprire più tardi gli occhi su questo fenomeno in maniera drammatica. I nostri emendamenti vogliono e puntano invece a mantenere un adeguato finanziamento a entrambi i Fondi, perché pensiamo che vada sollecitato questo tipo di intervento. Dovremmo guardare con attenzione ai dati e agli indicatori che alcuni studi sul racket continuano a portare, in particolare il rapporto della Confesercenti per il 2008, che mostra come o si insiste nel finanziare alcuni strumenti che aiutano le vittime di questi reati a collaborare con la giustizia e a denunciare quanto accade, oppure si rischia di tornare drammaticamente indietro.
Terzo punto è la questione dell'invio dei militari a Caserta per contrastare la criminalità organizzata. Anche su ciò dovremo con un po' di serietà guardare cosa accadrà dopo. Va benissimo la logica di fondo: di fronte all'emergenza si mandano i militari. Però, sta per scadere il termine della missione: cosa accadrà dopo? In che modo avranno inciso su quei fenomeni in quella realtà del Paese? Da questo punto di vista - lo indicava bene ieri l'onorevole Minniti - o ci poniamo con forza il problema (nel titolo del provvedimento si richiama il contrasto alla criminalità organizzata, ma mancano poi gli interventi) di come si contrasta sul serio la criminalità organizzata, oppure fingiamo di non vedere il fenomeno. E su questo dovremmo tutti guardare con più attenzione a quanto accade in alcune realtà del Paese.
Ieri, in maniera credo un po' superficiale i colleghi della Lega su questo punto hanno finto di non capire cosa sta accadendo ancora oggi in alcune zone del nord, dove i fenomeni criminali si stanno infiltrando, ovviamente dove ci sono più risorse, dove le attività economiche sono più floride. Abbiamo una serie di denunce importanti dell'autorità giudiziaria sui tentativi di infiltrazione in alcuni grandi appalti pubblici. O dunque si tocca quel tema, e cioè gli appalti pubblici, oppure serve a poco l'invio dei militari nelle situazioni di emergenza. La questione degli appalti riguarda in particolare alcuni settori strategici: il settore dei rifiuti, lo sfruttamento della manodopera, l'edilizia. Lo dico alla collega Dal Lago che ieri è intervenuta sul decreto-legge: in alcune zone del Veneto che lei conosce bene (penso per esempio alla zona termale e turistica dei Colli Euganei, la zona del porto di Chioggia) sono recentissime le Pag. 5denunce di organizzazioni criminali e di famiglie mafiose, e questo aspetto nulla c'entra coi soggiornanti.
Sono imprese che si spostano. Non abbiamo niente da ridire sul ponte, perché quella questione è stata affrontata in modo puntuale, ma consideriamo anche adesso cosa bisogna fare rispetto a tale punto.
Non basta allora, come vedete, l'invio dei militari nella realtà di Caserta; probabilmente, nell'ottica del contrasto alla criminalità organizzata dovremmo anzi partire proprio dagli appalti e dallo sfruttamento di manodopera straniera, in particolare in alcune grandi realtà (ciò vale per Vicenza, per Treviso, per Padova, ma penso anche alla denuncia dei giorni scorsi dell'ortomercato di Milano). In questi casi constatiamo la presenza di famiglie mafiose e di organizzazioni criminali che utilizzano risorse pubbliche per infiltrarsi in tali strutture. Anche su questo - lo si indicava ieri - servono misure di tipo diverso.
Un'ultima questione riguarda il tema dell'immigrazione clandestina. Si è costruito ad arte un clima per cui l'immigrazione è diventata una questione di ordine pubblico; ora che siete al Governo, su questo tema dovete dare delle risposte. Quando ho letto il titolo del decreto-legge al nostro esame, mi aspettavo di vedere qualcosa di serio, dal momento che avevamo ascoltato gli annunci per cui era necessario mandare via i clandestini e contrastare gli arrivi illegali: ma nel decreto-legge in merito a questo aspetto non si prevede assolutamente nulla (non lo si prevedeva nel decreto-legge dell'estate scorsa, non lo si prevede nel decreto-legge in discussione).
Se dunque la vostra politica sulla sicurezza è tutta qui, rischiamo di assistere ad una farsa in cui si fa la faccia feroce, si fanno gli annunci, si affermano delle cose ma poi nei provvedimenti accade l'esatto contrario!
In particolare, nel provvedimento in discussione - ed i nostri emendamenti cercano, per così dire, di «raddrizzarne» il contenuto - mancano le risorse per le forze di polizia e per le misure sociali di integrazione per prevenire l'immigrazione clandestina. Perché non parliamo degli sbarchi che aumentano, perché facciamo finta di non vedere che questo fenomeno è in crescita ma che nessuno se ne occupa in modo serio? Si fa la «gita» in Libia, si fa finta di affrontare il fenomeno con un Accordo internazionale, ma le barche continuano ad arrivare in modo molto più consistente che negli anni precedenti!
Non ci sono norme per favorire la regolarizzazione degli stranieri che lavorano e che contribuiscono alla ricchezza del Paese: anche su questo, nel decreto-legge si riscontra una forma di ipocrisia perché si affermano determinate cose ma dopo, quando ci rendiamo conto che si rischia di lasciare o di rimpatriare un certo numero di badanti o di lavoratori nell'edilizia o nel mondo dell'agricoltura, si torna indietro, quegli annunci restano lettera morta e ci si pone il problema di come risolvere la questione.
Come ultimo punto, mancano le norme per incentivare l'allontanamento volontario degli stranieri attraverso il rimpatrio assistito, ed anche su questo ci saremmo aspettati un po' di più: infatti un conto è dire che occorre mandare via ed espellere i clandestini, ma poi le norme non ci sono e sapete benissimo che da questo punto di vista il fenomeno delle espulsioni è in calo, proprio perché avete ridotto le risorse alle forze dell'ordine ed alla giustizia per svolgere questo tipo di funzione. Credo che l'unica strada utile per garantire l'effettività delle espulsioni senza gravare lo Stato di oneri eccessivi sia prevedere l'espulsione a titolo di misura sostitutiva della pena detentiva.
Sarebbe interessante che il vostro Governo presentasse un provvedimento su questo punto, perché così ci si potrebbe confrontare nel merito e verificare davvero chi vuole intervenire in materia di immigrazione in modo serio, modificando la legge Bossi-Fini e rendendo efficace il meccanismo delle espulsioni, e chi invece vuole fermarsi alla logica della propaganda senza concludere mai nulla.Pag. 6
Signor Presidente - e concludo -, il decreto-legge in esame rischia alla fine di rimanere un'occasione sprecata, in quanto si partiva da un tema importante, ma alla fine non ci sono quei contenuti che tutti ci aspettavamo. Vorrei ricordare che ormai il Governo è in carica da sette mesi, e quindi deve finire la logica per cui si dice: «abbiamo trovato quella situazione, adesso faremo, adesso interverremo, vedremo come fare». Sono sette mesi che governate, ma gli atti amministrativi non ci sono, non c'è traccia delle cose che avevate annunciato in campagna elettorale!
Si continuano ad evocare questioni senza affrontare i problemi e, soprattutto, senza risolverli. Ieri - e credo che ciò sia indicativo della debolezza degli argomenti che vengono portati nella discussione - è stato rispolverato il tema dei prefetti: ieri cioè, di fronte all'impotenza dei provvedimenti legislativi e all'incapacità di affrontare le questioni, la Lega si è nascosta di nuovo un'altra volta dietro al tema dei prefetti e dell'inutilità di questa funzione.
Governate, avete il Ministro dell'interno, avete un peso in Parlamento: se davvero ritenete che quello sia un percorso ed un tipo di provvedimento da seguire presentatelo e lo discuteremo nel merito, ma non mi pare che siamo a questo punto, dato che non ce n'è traccia negli atti parlamentari.
Alla fine, e concludo davvero, restiamo soltanto attaccati ai proclami televisivi ed alle affermazioni che si fanno in maniera assolutamente estemporanea, ma in tema di sicurezza e di contrasto dell'immigrazione clandestina e della criminalità organizzata il Governo continua a non produrre assolutamente nulla se non queste «norme manifesto».
Questo è il motivo per cui abbiamo presentato emendamenti che intendono migliorare il testo e renderlo incisivo e per cui - temo - li avete respinti tutti in Commissione, dando così una riprova di come non vi interessa discutere della questione, ma solo fare propaganda (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi accingo a segnalare al Ministro Maroni, che ho l'onore di vedere in Aula, e di cui stimo la caparbietà e la coerenza, una strana anomalia del provvedimento che andiamo ad approvare, che tradisce, nella declinazione normativa, le intenzioni, pur meritevoli, della lotta alla criminalità e di una politica più favorevole per quanto riguarda l'accertamento dei reati e la loro repressione. Mi riferisco, signor Ministro, al fatto che questo decreto-legge, che pure presenta una finalità articolata che abbraccia materie anche molto varie (dall'immigrazione clandestina, alle competenze dei magistrati onorari, piuttosto che alle modalità di indennizzo delle vittime della mafia), con la disposizione dell'articolo 1, non fa altro che posticipare la scadenza del termine per la conservazione dei dati relativi alle comunicazioni telefoniche e telematiche (inizialmente prevista per il 31 dicembre 2008 e successivamente spostata, con un emendamento presentato al Senato, al 31 marzo 2009) che possono avere rilevanza nell'accertamento giudiziario dei reati e nelle indagini criminali svolte dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero. I dati della telefonia e della telematica rappresentano uno strumento essenziale e centrale dell'attività investigativa.
Dov'è il punto sul quale voglio richiamare l'attenzione del Ministro? Il problema è che con il decreto legislativo n. 109 del 2008, forse inavvertitamente - così almeno voglio sperare -, vi è stata una sostanziale deroga alla direttiva 2006/24/CE, volta ad armonizzare le disposizioni nazionali degli Stati membri in riferimento all'obbligo di conservare i dati delle telefonate, o delle comunicazioni telematiche, al fine di renderli disponibili in caso di indagine. Ebbene, questa direttiva comunitaria prescrive che tutti questi dati (non i contenuti delle telefonate, ma semplicemente la data, l'origine, il numero di telefono e quant'altro possa essere utile ai fini del riscontro investigativo) debbano Pag. 7essere conservati da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 24 mesi; tutti questi dati indistintamente devono soggiacere a questi due limiti temporali. Tuttavia, se è vero che, nel nostro Paese - ahimè -, vi è una patologica cronicità del procedimento penale, e non solo quello, e rispetto alle medie europee, ci troviamo al fondo delle classifiche, ciò ci dovrebbe costringere ad introdurre dei sistemi di accelerazione del procedimento penale, rafforzando gli uffici, utilizzando di più la telematica, il processo telematico, consentendo una serie di rafforzamenti delle strutture amministrative dei giudici, a cui sono affidati questi incarichi. Ebbene, noi non facciamo queste politiche, ma ci limitiamo ad introdurre dei momenti di accelerazione nelle indagini investigative, nella speranza, o forse nella velleità, che, solo accorciando questi tempi, in qualche modo, si accelerino le procedure.
Viceversa, il rischio concreto è che, stringendo troppo queste tempistiche, si frustri l'effettività dell'indagine penale e quindi si impedisca al magistrato di accedere a dati che potrebbero essere fortemente significativi nella ricostruzione dei delitti che si vogliono punire e reprimere. Veniamo al dunque. Non mi spiego come mai in quel provvedimento del maggio 2008 e anche adesso, nel momento in cui ci si preoccupa di rimettere mano a questa normativa, vi sia la divergente valutazione in merito alle chiamate non risposte, le quali - badate bene - nel provvedimento in esame rimangono custodibili e conservabili nel termine minimo di trenta giorni.
In altre parole, dopo trenta giorni vi è l'obbligo della distruzione di questi dati da parte delle società telefoniche, nonostante la direttiva citata, la 2006/24/CE, prevedesse un termine minimo di sei mesi per uniformare la disciplina in tutti gli Stati membri. Anche in ordine a tale aspetto, signor Ministro, come mai l'Italia, da voi governata sotto la bandiera della sicurezza e della tutela del cittadino, ha derogato a questa normativa comunitaria? Ricordo che prima del vostro intervento anche questi dati dovevano essere custoditi per ventiquattro mesi, cioè il termine massimo consentito dall'Unione europea, e adesso invece solo per trenta giorni questi dati potranno essere custoditi e conservati, dopodiché dovranno essere eliminati. Con quale finalità, con quale logica, con quale intuitus volete intralciare la magistratura e la polizia giudiziaria nella verifica investigativa dei reati della criminalità organizzata e dei delitti più nefasti? Questo è un elemento di riflessione che forse è sfuggito al pur attento Ministro Maroni e che io invoco venga emendato con un provvedimento, magari tardivo, ma sempre gradito, affinché anche questa normativa sulla custodia dei dati personali delle telefonate e delle comunicazioni telematiche possa essere conforme ai principi dell'Unione europea e alla direttiva citata. Però vedo che il Ministro è interessato ad altro e me ne dispiaccio, perché è una questione di coerenza, rispetto alla linea della sicurezza tanto decantata e declamata, che, tuttavia, è giusto che i cittadini sappiano che si traduce in atti normativi completamente contrari a queste finalità.
È bene che la gente sappia che, in trenta giorni, questi dati non hanno il tempo di essere esaminati da chicchessia, perché voi sapete che l'indagine penale si articola in diversi fasi, con l'iscrizione del reato nel registro degli indagati, l'individuazione di una pista investigativa, l'individuazione dell'utenza telefonica, la richiesta di dati alle società di gestione telefoniche. Pertanto, alla fine, in quei trenta giorni abbiamo la certezza di violare il diritto dell'Unione europea (considerato che esso stabilisce che il periodo di sei mesi sia il minimo termine da imporre a tutti gli Stati), ma, al di là di questa violazione europea, vi è anche il sospetto che vi sia la connivenza e la complicità da parte del Governo nel non voler perseguire realmente i reati. Del resto, ciò è coerente con quell'intervento che è stato annunciato - del quale speriamo non arrivi mai in Aula il provvedimento - sulla limitazione delle intercettazioni telefoniche. Se questa normativa di cui oggi stiamo discutendo è riferita solo a dei dati, per così dire, generali che non riguardano il contenuto sostanziale delle comunicazioni telefoniche, Pag. 8arriverà la seconda scure sulla sicurezza dei cittadini con quel provvedimento annunciato che riguarderà le intercettazioni telefoniche e quindi i contenuti delle telefonate. Ma evidentemente forse per il Presidente del Consiglio conoscere il contenuto delle telefonate è piuttosto imbarazzante, ed è quindi preferibile agire, come aveva fatto in alternativa al lodo Alfano, ossia bloccare 100 mila processi purché fosse sospeso qualche procedimento che lo riguardava. Non è così che vorremmo fosse gestito l'interesse pubblico. Non è così che vorremmo veder legiferare il Governo e questo Parlamento.
Passo velocemente ad un altro spunto che riguarda l'immigrazione clandestina e le norme che in questo decreto-legge concernono la realizzazione di nuovi CPT, attualmente CIE (centri di identificazione, di espulsione).
Da questo punto di vista, la norma prevede una serie di stanziamenti, dal 2008 al 2010, per una somma che si aggira intorno agli 80 milioni di euro, per realizzare o meglio per costruire nuovi centri di identificazione e di espulsione. Allora, l'auspicio è che, prima di costruire nuovi fabbricati, si creino queste nuove residenzialità e questi nuovi centri nelle strutture già esistenti, che magari rimangono inutilizzate (penso alle tante caserme che sono disseminate sul territorio italiano e che potrebbero essere riconvertite, anziché essere abbandonate a loro stesse, con evidente sperpero di denaro pubblico).
Non vi è solo questo argomento che sostiene tale scelta, ma anche la necessità di evitare di consumare il territorio che oggi non è edificato; quindi l'auspicio è che queste somme vengano impiegate nella riconversione di fabbricati esistenti, piuttosto che per nuove costruzioni.
Certo è che dobbiamo porci anche il tema della compatibilità di queste strutture nei tessuti urbani in cui vengono realizzate. Voglio ricordare che nel Friuli Venezia Giulia, nella cittadina di Gradisca, che conta poco più di 6.000 abitanti, vi è la terza struttura più grande d'Italia (sono 10 in tutto questi centri), che è insediata nell'immediata periferia di tale cittadina. A ciò si aggiunga il fatto che gli ospiti di questa struttura, ben 136, vengono autorizzati a lasciare la struttura dalle 8 di mattina alle 20 di sera, con le inevitabili ripercussioni sociali che tale presenza, così massiccia rispetto ad una piccolissima comunità, determina. Da questo punto di vista, sono stati fatti appelli affinché vi sia una certa presenza dello Stato: se è vessatorio nel momento in cui si costringe una piccola comunità come questa ad ospitare, subendo il gravoso onere dell'immigrazione clandestina, stia almeno attento affinché quelle minime dotazioni di sicurezza possano essere a garanzia della comunità insediata. Per esempio, mi risulta che il comune di Gradisca abbia chiesto a gran voce l'esecuzione di illuminazione pubblica sulle strade di accesso, piuttosto che la realizzazione di marciapiedi. Ebbene, tali appelli sono finora caduti nel vuoto. È viceversa auspicabile che con questo denaro che destinate vi siano anche le attenzioni dovute, affinché i centri già esistenti siano dotati di quel minimo di sicurezza, senza il quale, altrimenti, si possono trovare situazioni di allarme, di preoccupazione ed anche di rischio alla circolazione stradale. Infatti, soprattutto in periodo invernale, quando imbrunisce presto, capite che la presenza di persone magari molto abbronzate, come direbbe qualcuno, sulle strade di grande scorrimento può determinare un pericolo incombente, sia per chi le attraversa sia per chi vi circola.
Pertanto, auspico che il provvedimento in esame venga in qualche modo ritagliato su queste esigenze e mi auguro che il Ministro Maroni faccia tesoro di questo suggerimento, perché, altrimenti, si creerebbe una violazione da parte italiana della normativa comunitaria, a tutto vantaggio della criminalità organizzata e a tutto detrimento della campagna sulla sicurezza che lo stesso Ministro, ormai da parecchio tempo, sta portando avanti, con molti interventi positivi, ma anche con quello in esame, che è una falla inaccettabile in questa struttura che lei ha Pag. 9disegnato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo e signor Ministro, è da ieri pomeriggio che discutiamo del provvedimento in esame ed una prima riflessione che vorrei fare e che vorrei sottoporre soprattutto all'attenzione dei rappresentanti del Governo è costituita dal fatto che tutto quello che è stato detto dai rappresentanti del mio gruppo, in sede di discussione sulle linee generali, mi sembra assolutamente confermato da quanto sta succedendo in quest'Aula.
In sede di discussione sulle linee generali, in realtà, abbiamo molto insistito sull'uso - o sull'abuso, che dir si voglia - dei decreti-legge, sottolineando in particolare che, soprattutto in questa materia e in questo settore delicato della sicurezza (e così come nel resto dell'attività degli ultimi sette mesi), ci si è spesso trovati di fronte a decreti-legge, il cui contenuto si è andato dilatando, soprattutto quando ad esaminarli è stato prima il Senato che la Camera.
Oggi molti, anche il collega Naccarato poco fa, hanno iniziato a parlare, partendo dal titolo. Le nostre sembrano discussioni oziose e discorsi formali, ma di quella forma, onorevole Mantovano, che richiama molto la sostanza. Credo che questa discussione non sarebbe stata possibile, in questi giorni, se il titolo del provvedimento non fosse stato così altisonante. Se non si fosse parlato di misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, ma si fosse detto semplicemente che bisognava intervenire sulla conservazione dei tabulati; se non si fosse parlato di contrasto alla criminalità organizzata, ma si fosse detto, per esempio, che bisognava intervenire sull'emergenza che si era creata nel casertano; se non si fosse parlato della necessità di intervenire in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, ma si fosse detto molto più pacatamente che si trattava di anticipare provvedimenti del disegno di legge in discussione al Senato e che bisognava intervenire per anticipare e per realizzare nuovi CIE (perché così erano stati già definiti dal decreto-legge approvato dalla Camera), forse questa discussione non si sarebbe svolta in questi termini.
Il titolo, infatti, è importante: non lo sosteniamo solo noi in sede politica, lo dice la normativa vigente. Vorrei richiamare all'attenzione non solo della politica, ma anche delle persone competenti che vi sono in quest'Aula - che hanno, innanzitutto, competenze professionali e che svolgono anche ruoli istituzionali e politici - l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, comma 3, laddove prevede che i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. In sede di discussione sulle linee generali abbiamo detto - ma qualcuno lo ha richiamato anche qui - che non si vede cosa c'entri con questo titolo il discorso dell'indennità dei giudici onorari. Io, tuttavia, vorrei richiamare il titolo del provvedimento in discussione, perché, in realtà, oltre a mancare di omogeneità, esso soprattutto non ha alcuna specificità. Quando si stabilisce un titolo di questo genere è consentito, anzi, è doveroso, soprattutto per le forze dell'opposizione, richiamare l'attenzione sulle carenze del provvedimento. In questo provvedimento, infatti, vi sono soprattutto tante carenze: manca una strategia di contrasto alla criminalità, per quella che si appalesa e per le emergenze reali nel nostro Paese.
Certo, la nostra discussione sarebbe stata diversa se si fosse svolta all'indomani del 2 ottobre o se fosse stata più ravvicinata, per esempio, l'emergenza del casertano. In quei casi, ovviamente, l'emergenza e il fatto di parlare all'indomani di quegli episodi ci hanno spinto ad esprimere solidarietà nei confronti del Governo, quando si è trattato di dire, nell'immediatezza, che non avevamo alcuna esigenza di contrastare - e di contestare - anche la presenza dei militari nel casertano. Il discorso in questo caso sarebbe stato diverso, Pag. 10ma così non è, e oggi è lecito e consentito, ma forse è anche doveroso, svolgere riflessioni più pacate e lontane dall'emergenza, ma che entrino nel merito.
Vorrei svolgere una prima riflessione, richiamando due interventi che sono stati svolti in quest'Aula ieri: uno, svolto dall'onorevole Bersani in un settore completamente diverso, quando si discuteva del decreto-legge concernente il sistema bancario, l'emergenza creditizia e il problema del credito; l'altro, svolto dall'onorevole Minniti concernente il decreto-legge in oggetto. Entrambi hanno richiamato e sostenuto che al decisionismo di facciata del Governo in carica non corrisponde espressamente una capacità di decidere e di incidere nella sostanza delle cose. L'uno nel settore creditizio, laddove il decreto-legge che abbiamo licenziato, in realtà, è uno strumento che non fornisce delle risposte puntuali e precise, ma che rischia di essere vuoto. La stessa riflessione è stata svolta con riferimento al provvedimento in discussione.
Cosa è accaduto dopo il provvedimento, in realtà? In Italia - e sarebbe meglio dire non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo - è scoppiata una crisi finanziaria senza precedenti o, comunque, una crisi finanziaria che non era attesa. Tutto questo ha a che fare con la politica criminale ed ha a che fare anche con le riflessioni del gruppo del Partito Democratico e con gli emendamenti che abbiamo cercato di sottoporre all'attenzione dell'Assemblea. Affermare, per esempio, come fatto Minniti nel suo intervento, che le emergenze reali del nostro Paese sono alcuni tipi di reati - come la violenza sulle donne, ma anche l'usura - significa richiamare l'attenzione del Governo e della politica sulle emergenze reali.
Vorrei approfittare della presenza degli autorevoli rappresentanti del Governo - dei quali, tra l'altro, ho sicuramente stima sul piano personale prima ancora che su quello politico - per richiamare la loro attenzione sul fatto che, dopo l'entrata in vigore di questo decreto-legge, proprio nel campo delle analisi delle emergenze criminali sono accadute tante cose di cui non mi sembra che si sia discusso a fondo. In sede di discussione sulle linee generali, ho parlato dell'allarme che aveva lanciato SOS Impresa (la Confesercenti) sul fenomeno dell'usura. Adesso vorrei richiamare un altro allarme che è soltanto di ieri e che viene richiamato anche sui giornali di questa mattina: l'allarme del CNEL, il quale sottolinea che diminuiscono le denunce e chiede la modifica della legge n. 108 del 1996, ma soprattutto sottolinea un punto che vorrei sottoporre all'attenzione del Governo, e cioè che l'emergenza economica e l'emergenza criminale hanno punti di contatto. Infatti, se le famiglie sono impoverite ed il ricorso ai prestiti è diventato sempre più una consuetudine ed un fatto così allarmante, ciò significa che noi ci aspettiamo, ci aspetteremmo e ancora ci dobbiamo aspettare una capacità del Governo del nostro Paese di incidere sui fenomeni reali.
Pertanto, il richiamo ad alcuni tipi di reati anziché ad altri, alle emergenze reali anziché ad altre, è un richiamo forte perché vorremmo poter discutere con il Governo in carica e dare anche il nostro contributo sulle politiche di contrasto rispetto alle emergenze: non quelle che, di volta in volta, vengono segnalate come emergenze, ma quelle che vengono avvertite frequentando il territorio, visitandolo e raccogliendo le esigenze.
Il sottosegretario Mantovano ha ragione (ed io ho compreso e comprendo il suo punto di vista perché sono sicura e sono anche convinta della bontà delle sue motivazioni) a lamentarsi del fatto che spostare un importo in giacenza da un fondo a un altro potrebbe sembrare un'operazione di buon senso. In realtà, presentata così, essa è un'operazione di buon senso. Il motivo per cui non siamo soddisfatti e che non ci può rendere soddisfatti è che, anche sull'altra questione, cioè non tanto sul fondo ma sulla tematica dell'usura, questo Governo non ha detto e non dice la sua: non dice, in particolare, quali siano le politiche di contrasto che vuole mettere in campo. La politica del Governo è talmente radicata in questo senso che vengono respinti anche gli emendamenti. L'altro Pag. 11giorno, quando abbiamo discusso il provvedimento relativo al settore creditizio, è stato presentato dal mio gruppo un emendamento finalizzato ad aumentare le risorse del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura. Ebbene, anche quell'emendamento è stato bocciato. Pertanto, davanti a un fenomeno di questo genere, qual è la strategia del Governo? La trasmigrazione di risorse da un fondo all'altro sembra inadeguata e inopportuna rispetto al momento che vive il nostro Paese e, soprattutto, sembra inadeguata rispetto a chi ci ascolta, ai cittadini, ai destinatari di questa normativa, i quali sono indifesi e soli davanti ad un fenomeno che è diventato un fenomeno di massa e che non colpisce più soltanto le imprese a cui sono dedicati questi fondi, ma colpisce soprattutto le famiglie.
Vorrei far presente, cercando di intervenire in questa discussione con il portare anche la mia esperienza personale, ciò che sta succedendo sul nostro territorio mentre discutiamo e mentre questo decreto-legge è già entrato in vigore ed inoltre aggiungere una riflessione sui CIE. Pochi giorni fa, come tutti sanno, perché ne è stata data ampia risonanza sui giornali, un gruppo di immigrati è stato trovato in un fabbricato, che occupavano completamente, a Castel Volturno. Questi immigrati, molti dei quali clandestini (per l'esattezza 77 clandestini), sono stati dirottati in vari centri in Italia. Ho visitato il centro di Lamezia Terme, la città in cui risiedo. È una città in cui vi è da sempre il centro ma non voglio entrare nel merito dell'opportunità o meno che vi siano questi centri e su come essi vadano qualificati o rafforzati. Certo è che ho trovato un centro non particolarmente al collasso, perché su settanta posti ne erano occupati cinquantadue e diciassette erano gli immigrati che venivano da Castel Volturno. La riflessione che voglio portare all'attenzione del Governo è che in questo centro ho trovato e incrociato le politiche di questo Governo. Infatti, ho trovato l'Esercito accanto alle forze di polizia, ho trovato giovani militari che provenivano dalla Sicilia, sicuramente dotati di grande professionalità ma che facevano un mestiere che non era il loro, che aiutavano e che collaboravano anche in un clima di cordialità con le forze dell'ordine ma, soprattutto, ho trovato immigrati ai quali non mancava un letto, né cibo, né, in un certo senso, la possibilità di stare insieme, al punto che erano voluti rimanere tutti insieme, in quattordici, e avevano chiesto di stare tutti insieme per tenersi compagnia. Tuttavia, erano, in una sola parola, disorientati. Quando ho parlato con loro, anche con l'aiuto di uno tra questi che conosceva perfettamente la lingua italiana, ho potuto constatare che erano tutte persone che si trovavano sul nostro territorio da un decennio o da almeno sette-otto anni. Tre di loro erano laureati (tre ingegneri) e uno era un geometra; in gran parte conoscevano la nostra lingua, ma erano, lo ripeto, disorientati.
Ritengo che questi centri - anche in questo senso richiamo il contenuto dei nostri emendamenti - debbano essere migliorati soprattutto dal punto di vista del tipo di accoglienza che si riserva agli immigrati che non hanno solo bisogno della possibilità di soddisfare le esigenze essenziali e primarie ma anche di assistenza, di un luogo dove siano messi in condizione di esercitare e di conoscere i loro diritti e, al contempo, di orientarsi. Infatti, la domanda che mi veniva rivolta - a me parlamentare in visita - dai quattordici ghanesi e complessivamente dai diciassette che ho incrociato era: ma dove siamo diretti? Qual è la nostra destinazione? Non erano orientati. Dunque, a cosa mirano i nostri emendamenti? Cosa vogliono? Essi intendono potenziare proprio questa capacità dello Stato italiano, quella di accogliere in strutture che sono predisposte per l'identificazione e l'espulsione delle persone, sottolineo persone, e di orientarle informandole, tenendole al corrente dei loro diritti e di quelle che sono le loro destinazioni.
In una parola, ciò che non emerge dalla nostra discussione è la capacità, di chi governa, di fare autocritica anche in ordine al contenuto dei suoi provvedimenti perché sembra un'accusa oziosa quella di Pag. 12dire che stiamo lavorando sempre sui decreti-legge e può sembrare eccessivo, per esempio, sentire le accuse di chi sottolinea soprattutto quello che non c'è in questo provvedimento piuttosto di quello che c'è. Ma la verità reale è che il Governo dovrebbe cominciare, dopo sette mesi, a fare autocritica e un suo piccolo bilancio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DORIS LO MORO. E dovrebbe ammettere, per esempio, ciò su cui si è sbagliato. Concludo il mio intervento parlando delle intercettazioni molto brevemente, anche là dove si interviene con norme che non possiamo che apprezzare, finalizzate ad allungare i tempi per la conservazione dei tabulati del traffico telefonico e telematico. Anche in questo campo si interviene perché si è sbagliato e si sono male valutate le esigenze presenti e si sono quantificati i tempi in maniera sbagliata.
Pertanto, si dovrebbero varare meno decreti-legge, e sarebbero invece necessari una maggior discussione e soprattutto provvedimenti complessivi con cui si riescano ad affrontare i problemi nei quali, credo, anche noi vorremmo poter esprimere la nostra opinione ma nei quali, comunque, i cittadini e la politica dovrebbero poter individuare quelle che sono le strategie di questo Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, l'impegno a garantire ai cittadini italiani e a tutti coloro che vivono e lavorano nel nostro Paese un clima di tranquillità accomuna, credo, tutti coloro che hanno a cuore il bene comune. Quello della sicurezza è un tema complesso, richiede una serie di interventi ed anche di atteggiamenti, ma soprattutto esige un rapporto di fiducia tra i cittadini e coloro che vivono in Italia e le istituzioni.
Non credo, però, che questo clima possa consolidarsi o rafforzarsi quando si vede che un servitore dello Stato, che in tempi difficili ho avuto la fortuna di conoscere, come il prefetto di Roma, viene rimosso dal suo incarico con motivazioni che ancora non sono riuscito a comprendere. Non si tratta di difendere o meno la figura dei prefetti, ma di un dirigente della pubblica amministrazione che ha sempre fatto il suo dovere anche in tempi difficili. Se poi si vuole abolire la figura del prefetto si presenti un disegno di legge che discuteremo con grande attenzione.
È chiaro che sul terreno della sicurezza non ci possono essere delle sottovalutazioni, soprattutto quando si tratta di combattere la criminalità organizzata che è generatrice e alimentatrice di gran parte delle situazioni che turbano l'ordine pubblico e sociale. Su questo terreno occorre veramente essere rigorosi ed inflessibili. Credo che bisogna essere rigorosi e inflessibili su questo tema più che continuare a sollevare questioni che riguardano persone marginali (penso ai clochard, agli zingari e a tanti altri) o sui poveri cristi che possono invece essere aiutati a uscire dalla loro condizione.
C'è una visione strabica dei problemi. Il vero problema della sicurezza nel nostro Paese non sono gli irregolari, non sono i deboli, non sono i marginali, ma sicuramente la criminalità organizzata che alimenta anche circuiti di microcriminalità o certi circuiti di illegalità diffusa. Tengo anche a sottolineare che molto del traffico umano che avviene verso il nostro Paese non è estraneo da una presenza di questa criminalità organizzata che agisce come grande multinazionale.
Ecco allora perché credo che dobbiamo accentuare il nostro ragionare sulla criminalità, sulla illegalità e sulla sicurezza guardando a questo problema come un problema vero del Paese. Ma la ricerca della sicurezza non può essere vissuta collocandola sempre dentro un clima di stato di eccezione. Lo Stato democratico ha strumenti e forza per agire con determinazione nella quotidianità dei suoi comportamenti. Mi preoccupa l'enfatizzazione e il continuo parlare di emergenza. La vera emergenza (ed è l'unica) è quella contro la criminalità organizzata che Pag. 13molte volte si sostituisce allo Stato. Il resto deve rientrare nei canoni del rispetto della legalità. Credo anche che occorra avere una grande attenzione sul tema al terrorismo. Guardo con attenzione alle proposte in materia di lotta al terrorismo che è un fenomeno non ancora sopito. Questo mostro è inserito dentro la vita italiana, ha subito certamente dure sconfitte, ma ogni tanto, come è successo alcuni giorni fa, sembra essere di nuovo evocato.
Contro il terrorismo non bisogna abbassare la guardia, ma detto questo, non posso non esprimere qualche preoccupazione per quanto riguarda la disciplina contenuta nel provvedimento che stiamo discutendo relativa alla conservazione dei dati del traffico telematico.
Vorrei che su questo tema di grande sensibilità ci fosse un maggior approfondimento poiché potrebbe esserci qualche elemento di contrasto con il dettato costituzionale, in quanto mi sembra che nella formulazione non si realizzi quell'effettivo bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e il diritto alla cronaca.
Vorrei a questo punto esprimere qualche valutazione sull'impiego dei militari in operazioni di ordine pubblico. Può essere una misura di prevenzione, ma non può e non deve essere data l'impressione che sia sostitutiva delle forze di pubblica sicurezza, perché allora commetteremo un errore, in questo caso indeboliremmo la visione e l'azione di uno Stato democratico. Bisogna dire con molta chiarezza che non si può da un lato evocare l'esigenza della sicurezza e poi non prestare un'attenzione particolare a come sostenere e rafforzare le forze di polizia che hanno bisogno di maggiori investimenti e di maggiori mezzi. Non si combatte l'illegalità se non si migliorano in continuazione le dotazioni, gli strumenti, se non si investe sulle persone che oggi sono chiamate o che hanno scelto di svolgere questo ruolo. Per garantire sicurezza occorre che si investa molto di più sulle forze di polizia, cosa che non sta avvenendo e che evidenzia una contraddizione tra il continuo richiamo dell'esigenza di sicurezza e i mezzi che si mettono a disposizione per raggiungere l'obiettivo. Come Unione di Centro noi crediamo che si debba lavorare di più in questa situazione e che pertanto l'uso dei militari debba essere estremamente contenuto.
Per quanto riguarda i provvedimenti che ancora una volta vengono proposti sul tema dell'immigrazione confesso di non essere riuscito a cogliere fino in fondo la ratio di questo provvedimento per quanto riguarda il problema dell'immigrazione. Credo che sia poco corretto continuare ad affrontare questo tema sotto il capitolo della sicurezza. Il tema dell'immigrazione è un tema complesso che andrebbe sempre affrontato come tema specifico, perché non implica solo la questione della sicurezza, implica il problema dell'integrazione, quello della accoglienza, implica il problema della relazione con i Paesi da cui queste persone provengono e che non sono solo i Paesi del sud ma anche quelli dell'Europa.
Perseguire le irregolarità è un dovere e un obbligo che abbiamo, su questo nessuno di noi deve avere dei dubbi. Credo però che la logica predominante di questi provvedimenti, e dei provvedimenti che si stanno assumendo e proponendo, sia quella di rendere più difficile la vita degli immigrati europei e non europei. Mi sembra di avvertire il mantenersi di una pericolosa pressione che ha anche dei risvolti psicologici e che non aiuta il contrasto all'irregolarità, anzi ne accentua gli elementi. Sul tema dell'immigrazione sarebbe necessario riportare la questione all'interno della normalità dei problemi che sicuramente essa genera, perché il nostro Paese non è abituato a questo tipo di processi ed a questo tipo di confronti ed ha bisogno di riportare alla normalità della sua vita questo tema e questi problemi che ormai sono ineludibili e che ci sono di fronte. Affrontarlo con l'ansia dell'emergenza produce effetti indesiderati, crea stati di tensione ed insicurezza tra gli immigrati regolari e anche tra i cittadini italiani; questo certamente non aiuta a creare quel clima positivo che è necessario soprattutto in un momento difficile con cui tutti noi dobbiamo fare i Pag. 14conti, con una situazione economica particolare, delicata, che ancora non vediamo come si vuole affrontare. E qui non si tratta del problema di essere ottimisti o pessimisti, il problema è di capire quali possano essere le ripercussioni negative sul sentire sociale.
Credo che ci troviamo, allora, di fronte ad un complesso di norme e di interventi che tendono sono soprattutto a restringere diritti e tutele e che hanno proprio come scopo quello di rendere più difficile la vita degli immigrati, quasi a volerli tenere costantemente sotto pressione. È un modo che non aiuta la dimensione democratica e l'inserimento, né le buone relazioni fra queste persone e i cittadini italiani. Questo modo di agire, però, se si continuerà a procedere così, finirà per avere ripercussioni anche sulla vita degli italiani. Da tali considerazioni nasce la contrarietà al provvedimento in esame, di cui - lo ripeto - oltretutto non vedo la necessità e l'utilità.
Rimanendo in tale contesto e nell'ambito di questi ragionamenti, vorrei affrontare un tema su cui, invece, il provvedimento incide in profondità e che riguarda i richiedenti asilo. Tale questione non è da sottovalutare, anche perché la maggioranza dei richiedenti asilo proviene da zone attraversate da eventi bellici: penso, in particolare, al Darfur, all'Eritrea e alla Somalia, nonché a coloro che fuggono dall'Iraq, dove interi gruppi di popolazione e di cultura sono costretti a lasciare il Paese e cercano di approdare in Italia, ma molte volte sono respinti. Inoltre, penso a tutte le persone che devono fuggire dal loro Paese per non subire persecuzioni a causa del loro credo religioso, della loro fede politica e dei loro orientamenti.
Mi permetto di richiamare la situazione citando alcuni dati: dal 1o gennaio al 20 ottobre 2008 sono state presentate più di 24 mila richieste di asilo, che sono state inviate alle dieci commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Nel 2007 è stato riconosciuto lo status di rifugiato a 1.408 persone (circa il 10 per cento); 6.318 persone hanno ottenuto la protezione umanitaria (il 46 per cento); 4.908 (ossia il 36,3 per cento) hanno ricevuto una risposta negativa dalla commissione territoriale e sono senza protezione.
I dati sul riconoscimento dello status di immigrato per il 2008 sono disponibili ora solo per i primi quattro mesi: il 9,3 per cento ha avuto il riconoscimento dello status, il 25,6 per cento quello della protezione sussidiaria, il 16 per cento quello della protezione umanitaria e per il 45,4 per cento dei casi esaminati la decisione è stata negativa e senza protezione. Rispetto ai primi quattro mesi del 2007, c'è stato un aumento del 12 per cento delle risposte negative.
Questi pochi e sintetici dati dimostrano la gravità del problema, che tenderà, per come stanno andando le cose a livello mondiale, ad aumentare. Con la riforma della procedura, che qui è stata proposta, per il riconoscimento della protezione internazionale, il trattenimento nei centri di identificazione e di espulsione viene disposto nei confronti del destinatario non solo di un provvedimento di espulsione, ma anche di un provvedimento di respingimento.
Peraltro, il cittadino straniero che presenta la richiesta di riconoscimento per la protezione internazionale successivamente ad un provvedimento di espulsione o di respingimento, non solo viene comunque trattenuto in tali centri, ma non gode nemmeno del beneficio dell'effetto sospensivo di un ricorso al tribunale in caso di diniego del riconoscimento della protezione internazionale da parte della commissione territoriale.
Queste restrizioni al diritto di richiedere e di ottenere asilo, di cui all'articolo 10, terzo comma, della nostra Costituzione, nonché alle convenzioni italiane, oltre che sollevare la questione della mancanza dell'esistenza di una normativa puntuale di attuazione di questo articolo della Costituzione, rischiano di privare il cittadino straniero trattenuto nei centri di un diritto elementare.
Per contrastare tale rischio riteniamo indispensabile che i cittadini stranieri in questione possano avvalersi, in tutti i centri, Pag. 15di un servizio indipendente di orientamento e di assistenza legale. Il costo per lo svolgimento di tali servizi che dovranno essere istituiti a cura degli uffici territoriali del Governo ...

PRESIDENTE. Onorevole Pezzotta, deve concludere.

SAVINO PEZZOTTA. Concludo, signor Presidente. I servizi affidati ad un ente di comprovata esperienza nei settori di specifica competenza rientrano nelle previsioni di spesa di questo articolo.
Noi riteniamo indispensabile che si proceda in questo senso e in questa direzione abbiamo presentato un emendamento che speriamo sia approvato (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti di diritto parlamentare della facoltà di scienze politiche dell'Università di Genova, accompagnati dal professor Armaroli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo anch'io su questo provvedimento, che tratta una materia sensibile per il nostro Paese, per l'opinione pubblica e per le grandi aspettative che questo Governo ha anche acceso nell'elettorato, che ha scelto di votare per la coalizione di destra, anche per le promesse di maggior sicurezza effettuate in campagna elettorale. Queste aspettative si sono infrante ben presto sotto un castello di decreti e di provvedimenti sempre urgenti e sempre tampone succedutisi in questi mesi, senza riuscire ad intravedere una strategia complessiva e dimostrandosi poco efficaci e molto demagogici.
Su questa materia cercherei di evitare lo scontro istituzionale e politico di per sé e di trovare i punti di contatto e di unità che possono essere costruiti. Nel corso di questi mesi lo abbiamo dimostrato dando ampia disponibilità all'approvazione di aspetti e di parti di provvedimenti che pure abbiamo condiviso. Molti di questi, infatti, derivavano dal pacchetto sicurezza predisposto dal precedente Governo e dal Ministro Amato, che poi non aveva avuto seguito, anche perché - lo riconosco ben volentieri - all'interno della nostra maggioranza non vi era la forza e la coesione necessarie per approvare ciò che, invece, doveva essere approvato.
Per aggredire i reali problemi sulla sicurezza in questo Paese, bisogna esserne consapevoli ed affrontarli in maniera concreta. Cerco di elencarli e di soffermarmi in particolare su alcune questioni che mi stanno più a cuore. La prima questione riguarda il fatto che è inutile parlare di sicurezza se non si hanno la capacità e, soprattutto, la volontà di affrontare il tema della giustizia.
Non si deve affrontare il tema della giustizia solo per risolvere i problemi di alcuni, ma per le difficoltà oggettive che sono davanti agli occhi di milioni di italiani. Si tratta di quei milioni di italiani che in un modo diretto o indiretto, spesso come vittime, sono coinvolti nei tantissimi processi ancora aperti nel nostro Paese e che non vedono una conclusione per il sottofinanziamento del sistema.
Il sottofinanziamento del sistema giustizia è stato accentuato da questo Governo, con un taglio non misurato e non meditato dei capitoli di spesa, che ha prodotto una difficoltà oggettiva in tanti settori. Ne cito uno: il mancato pagamento delle società che effettuano le intercettazioni, che avrà un effetto naturale, perché quando un fornitore non viene pagato più, alla fine sospende il servizio.
Allora, è inutile parlare di lotta alla criminalità organizzata quando non si danno gli strumenti alle forze di polizia e alla magistratura per svolgere le indagini contro la criminalità organizzata. Sappiamo che lo strumento delle intercettazioni è uno degli strumenti più efficaci nella lotta alla criminalità organizzata di cui disponiamo. Il mancato pagamento di chi offre e fornisce questo servizio allo Stato rappresenta uno dei motivi per cui Pag. 16noi non crediamo che vi sia una serena volontà di arrivare fino in fondo su alcune questioni.
L'altro problema reale e concreto, che non è stato aggredito se non a parole (e spesso parole non convincenti e soprattutto non legate a fatti concreti), è quello dell'immigrazione irregolare, che esiste nel nostro Paese e i flussi non sono assolutamente diminuiti con l'avvento di questo Governo.
Lo abbiamo visto a Lampedusa, dove si registra un arrivo di immigrati eclatante, ma sappiamo che il resto dell'immigrazione irregolare ha altre vie di entrata: spesso vi sono persone che arrivano nel nostro Paese e non rinnovano il permesso di soggiorno perché non possono rinnovarlo. È vero che gli immigrati irregolari delinquono di più dei cittadini italiani o degli immigrati regolari. Rispetto a ciò, però, cosa si è fatto? Si ha la consapevolezza - lo dicono commentatori assolutamente indipendenti, che non possono essere tacciati di avere una visione di parte - che è la cosiddetta legge Bossi-Fini a produrre l'immigrazione irregolare, con i suoi meccanismi mostruosi (che impediscono l'ingresso regolare nel Paese di persone che vengono a lavorare nelle nostre famiglie e nelle nostre imprese e che sono indispensabili al nostro sviluppo economico), e che con questa normativa non si consente di regolarizzare e di lavorare in maniera seria.
Anche per un banale calcolo economico, nei giorni scorsi un'interessante analisi su Il Sole 24 Ore faceva i conti rispetto alle badanti in questo Paese: se venissero regolarizzate tutte quelle che oggi lavorano presso le famiglie nel nostro Paese, si garantirebbe un gettito veramente importante, anche sotto il profilo fiscale e contributivo. C'è, quindi, un doppio danno per il nostro Paese: un'immigrazione irregolare (che produce anche maggiore criminalità e alimenta la criminalità organizzata che organizza i flussi di immigrati irregolari) e un danno economico sui mancati introiti per contributi e tasse non pagati.
Nel provvedimento in esame, poi, si affronta il tema della criminalità organizzata in merito ad alcuni aspetti, per i quali dobbiamo riconoscere il grande lavoro che la Procura nazionale antimafia, la magistratura e le forze di polizia stanno svolgendo: si tratta di un lavoro molto efficace che, nel corso di questi anni, ha prodotto l'arresto di numerosissimi latitanti e il sequestro e la confisca di tantissimi beni e ha dato fortissimi colpi alla criminalità organizzata, facendo dire a qualche ottimista che si stanno compiendo passi che possono portare alla fine della criminalità organizzata in alcune parti del Paese.
C'è una grande risposta del mondo imprenditoriale, con un aumento sensibile delle denunce. Abbiamo avuto i casi più eclatanti sotto la guida del presidente Lo Bello in Sicilia, dove tanti imprenditori hanno scelto la strada della legalità, denunciando i loro estortori e permettendo di conseguire grandi risultati anche sotto il profilo processuale.
Questo Governo, però (lo dico veramente con tristezza), ha favorito, se non determinato, anche passi indietro nei settori più sensibili per la lotta alla criminalità organizzata, come quello della lotta al riciclaggio - con norme che non favoriscono il lavoro delle forze di polizia per il rintraccio delle operazioni di riciclaggio dei pagamenti -, ma anche su aspetti molto più banali e veramente incomprensibili, come il taglio delle risorse per il Fondo antiusura. Numerosi miei colleghi, a iniziare dalla collega Sesa Amici, si sono soffermati su questo aspetto: siamo al paradosso per cui risorse che servono per famiglie e imprese e che vengono ben utilizzate (il Ministero dell'economia e delle finanze può facilmente verificarlo con gli strumenti a sua disposizione), sono state tagliate per coprire, in una battaglia dei poveri, un buco che era stato prodotto da un utilizzo sbagliato dei soldi relativi ai beni confiscati.
Si tratta di un meccanismo assolutamente contorto, nel quale a pagare saranno i tantissimi imprenditori che cercano di sfuggire al pesantissimo laccio che gli usurai hanno stretto intorno al nostro Pag. 17Paese, in particolare in alcune zone, ma non solo: l'usura è un problema nazionale e non solo un problema del sud. Questa scelta risulta incomprensibile sia, come dicevo prima, per il taglio delle risorse - e quindi per la diminuzione della massa critica a disposizione delle fondazioni e dei confidi che si occupano di prevenzione -, ma anche come messaggio che si dà a chi combatte ogni giorno contro la criminalità organizzata, l'usura e il racket: da dove vengono tagliate le risorse, si capisce con evidenza che il Governo ha altre priorità.
Queste altre priorità naturalmente non sono le nostre.
Poi c'è il sottofinanziamento delle forze di polizia, con i numerosi e pesantissimi tagli che sono stati prodotti con la legge finanziaria di quest'anno. Mai tante risorse erano state tagliate alle forze di polizia (tagli agli organici, blocco del turn over, tagli alle spese di funzionamento), con una politica incomprensibile, che continuo a denunciare.
Lo denuncio anche perché è una politica che, purtroppo, il Ministero dell'economia e delle finanze ha perseguito non solo con questo Governo. Infatti, se questo Governo ha prodotto tagli molto più consistenti di qualsiasi altro Governo, in qualsiasi altro momento della storia repubblicana, è anche vero che i tagli orizzontali ai capitoli dei ministeri sono una prassi ormai consolidata, che consideravo sbagliata quando al Governo c'eravamo noi e che considero ancora più sbagliata ora, perché quella fatta in questo momento è ancora più indiscriminata.
Vi è inoltre il non rispetto dei lavoratori del comparto sicurezza, con le scelte effettuate sulle malattie e anche con un uso improprio dell'Esercito, che, come diceva l'onorevole Minniti nel suo intervento di ieri, noi non riteniamo sbagliato nelle situazioni di reale emergenza, come quella di Caserta, in cui l'utilizzo sia momentaneo e mirato.
Tuttavia, non possiamo dare al Paese il messaggio che abbiamo bisogno dell'Esercito per mantenere l'ordine pubblico. È un messaggio che il Ministro dell'interno, qualsiasi Ministro dell'interno, non può permettersi di dare, ai suoi concittadini e agli altri Paesi.
È un messaggio culturalmente sbagliato e pericoloso, che delegittima le forze di polizia per il lavoro che quotidianamente svolgono sul territorio. Per svolgerlo bene non hanno bisogno di militari accanto, ma magari di macchine che funzionano, degli straordinari, della possibilità di effettuare il turn over.
È un messaggio sbagliato per i militari stessi, che svolgono con grande professionalità un altro compito molto rischioso e pericoloso (come abbiamo avuto modo di sottolineare durante la discussione del provvedimento sulle nostre missioni internazionali in teatri di guerra sempre più rischiosi, come quello dell'Afghanistan) e che hanno bisogno, rientrati nel nostro Paese, di potersi addestrare, riposare, occupare della manutenzione dei loro mezzi e non, come succede per le truppe che andranno a sostituire la Folgore, andare in teatri di guerra a fare un altro lavoro, che non è il loro.
Questa è una scelta che il Governo ha effettuato con un intento che non è quello operativo. Alla fine, non c'è l'intendimento di far funzionare meglio il sistema. È solo un messaggio che si vuole dare al Paese: siamo in una situazione di grave pericolo per l'ordine pubblico e abbiamo bisogno dell'Esercito per rassicurarvi. È un messaggio - lo ripeto - culturalmente sbagliato.
Allo stesso modo, signor Ministro, vorrei con pacatezza cercare di convincere chi oggi ha la responsabilità di guidare anche settori così delicati del nostro Paese, per i quali c'è bisogno di trovare punti di convergenza e di lavoro in comune, del fatto che dobbiamo evitare il rischio di confusione tra il ruolo dei sindaci, del volontariato, dei prefetti e delle forze di polizia. Ognuno ha un compito ben delineato. La sovrapposizione, che spesso si accentua perché ognuno, invece di fare bene il suo mestiere, vuole fare quello di un altro, non aiuta il nostro Paese. La Pag. 18confusione e la sovrapposizione creano costi aggiuntivi al sistema, oltre che disfunzioni.
Credo che su questo, in una logica di federalismo, di reale federalismo, quel federalismo che consente alle comunità di guidare con maggiori strumenti la vita delle comunità stesse e che consente alle risorse di essere spese meglio sul territorio dove sono prodotte, pur in una logica di solidarietà nazionale, la sovrapposizione di compiti su un settore così sensibile, come quello della sicurezza, sia un errore grave.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ETTORE ROSATO. Concludo, signor Presidente, con un'ultima osservazione: state alimentando la paura nei nostri concittadini, perché, se è vero che sono diminuiti i reati, non è diminuita la percezione di insicurezza, che è un'altra cosa.
La percezione di insicurezza è stata alimentata da una politica sbagliata che il Governo ha fatto in questo settore. Al riguardo, vi richiamo, nel vostro interesse, a dare un messaggio chiaro su quali sono i pericoli in cui i nostri cittadini vivono, ma anche su qual è il grande lavoro che forze di polizia e magistratura svolgono per la sicurezza dei nostri concittadini. Vi invito a ridare ai comuni, questo sì, le risorse per costruire le condizioni di sicurezza, che vuol dire giardini illuminati, parchi puliti, maggiori servizi sociali, e non tagliare le risorse ai comuni, perché sarebbe in contraddizione con il messaggio che volete mandare, e ad attuare una politica - e concludo, signor Presidente - che sia coerente. Meno demagogia, più risultati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, signor Ministro, sono trascorsi soltanto sei mesi dall'avvio di questa legislatura e ci troviamo, per l'ennesima volta, davanti a un provvedimento che reca misure urgenti in tema di sicurezza. Abbiamo iniziato con il decreto n. 92 del 23 maggio e siamo già al secondo decreto sul tema della sicurezza. Poi, su questa materia, ci sono stati una decina di provvedimenti, adottati con le più varie fonti normative: decreti-legge, disegni di legge, decreti legislativi, e poi ancora norme per la sicurezza sono state inserite nel Documento di programmazione economico-finanziaria, nel disegno di legge finanziaria e nel disegno di legge di bilancio.
Se vogliamo provare a fare un elenco per dimostrare come il Governo stia affrontando questo tema, così sentito dai cittadini, in una maniera che non è certamente quella organica di cui ci sarebbe bisogno per dare tranquillità alle persone che avvertono il tema della sicurezza come uno dei principali, se vogliamo provare a fare un elenco dei provvedimenti adottati, c'è veramente da riflettere.
Il primo decreto sulla sicurezza ha riguardato qualche decina di materie sul tema, le più varie, dall'espulsione dello straniero alle questioni che riguardano le forze di polizia municipale, dai compiti dei sindaci e dalle misure di prevenzione contro la mafia alle questioni che riguardano i giudizi e l'intervento diretto nei procedimenti giudiziari, per non parlare poi delle questioni che riguardano le sanzioni inasprite per chi guida in stato di ebbrezza. Insomma, vi erano tantissime materie. Noi abbiamo contrastato questo decreto-legge, che ha previsto, tra l'altro, la presenza dell'esercito nelle città; lo abbiamo contrastato, ma pensavamo che esso rappresentasse, in qualche modo, la politica del Governo al momento dell'insediamento dell'Esecutivo.
Le cose, poi, non sono andate così, perché, dopo questo provvedimento, c'è stata la famosa circolare, l'ordinanza del Presidente del Consiglio che ha riguardato le discusse impronte ai bambini rom; poi, ci sono stati il decreto del Ministro dell'interno sulla nozione di sicurezza e incolumità pubblica, i due decreti legislativi emanati nello stesso giorno, il n. 159 e il n. 160, per lo status di rifugiato e per il ricongiungimento familiare, e poi progetti normativi con provvedimenti che sono da Pag. 19convertire in legge, il disegno di legge che riguarda la legge di sicurezza all'esame del Senato, che in gran parte riprende gli stessi temi che sono stati affrontati con il primo decreto.
E poi il decreto legislativo sulla circolazione dei cittadini comunitari, tema ripreso anche in questo provvedimento (tra l'altro, accantonato perché in contrasto con la direttiva 2004/38/CE della Comunità europea). C'è poi questo secondo decreto in materia di sicurezza.
Sappiamo inoltre che nella I Commissione sono in discussione cinque o sei provvedimenti che riguardano sempre questo tema.
Insomma, a noi pare di poter dire che c'è una grande confusione, che il Governo si muove in questa materia con grande difficoltà. Lo ricordava il collega Rosato: avete vinto la campagna elettorale anche per aver in qualche modo alimentato le paure, le ansie dei cittadini e per aver determinato una percezione della sicurezza più grave di quella che in effetti è; e il tema della sicurezza è un tema importante per le nostre comunità. Adesso state intervenendo con dei «provvedimenti manifesto», con delle norme che non sembrano del tutto efficaci, che sono ripetitive, che causeranno anche problemi di interpretazione a chi dovrà poi applicarle; state intervenendo con provvedimenti tra l'altro, come il decreto-legge in esame, che non hanno quelle caratteristiche di urgenza e di necessità che dovrebbero essere poste alla base dell'esigenza dell'emanazione di una decreto-legge.
Voi continuate ad alimentare le paure e le ansie dei cittadini, ed allo stesso tempo cercate di intervenire con norme efficaci solo sulla percezione di sicurezza dei cittadini. Perché non c'è dubbio che, quando si discute di sicurezza, si è costretti a discutere non solo dei problemi della sicurezza in sé, ma anche di quelli connessi alla percezione della sicurezza che avvertono le persone. Nel primo caso si valutano i dati, ci si interroga sui trend statistici, sulle correlazioni di tempo e luogo dei fenomeni criminali; nel secondo caso, quando invece si interviene sulla percezione, ci si interroga più che altro su fenomeni di psicologia sociale: due fenomeni diversi che il legislatore dovrebbe entrambi tener presenti, ma che dovrebbe saper distinguere per determinare decisioni legislative efficaci.
Nelle nostre città, nei grandi agglomerati urbani dove le relazioni parentali si disperdono e quelle di ruolo restano pressoché le uniche a caratterizzare il vissuto quotidiano, risulta oggettivamente indebolito il controllo sociale che la comunità è in grado di esercitare sui propri membri. A questo fenomeno si aggiunge il fenomeno ad esso direttamente correlato, la disponibilità di beni e servizi di cui abbiamo possesso e su cui legittimamente ciascuno coltiva una vigile attenzione: ciò fa crescere un bisogno di sicurezza e la soglia di attenzione verso tutto ciò che può insidiarla. E la crescita di attenzione innesca a sua volta un fenomeno di causa-effetto sui mezzi di comunicazione di massa: l'episodio criminale fa audience e viene proposto e riproposto come un evento spettacolo.
Ecco allora perché, al termine di questo percorso, i dati sulla sicurezza non coincidono con quelli della percezione e questo è stato il vostro comportamento durante questi sei mesi di legislatura. La vostra scelta è stata quella di cercare di rispondere con norme inefficaci, dando l'impressione di intervenire per difendere la sicurezza dei cittadini, ma alla fine offrendo una grande dimostrazione di impotenza su questo tema, con il quale vi siete cimentati, debbo dire, con risultati per voi purtroppo positivi in campagna elettorale, purtroppo, naturalmente, per la nostra parte politica.
Noi anche vogliamo più sicurezza per le nostre città, più sicurezza nel nostro Paese, eppure non siamo d'accordo con la vostra politica contraddittoria. Invocate la sicurezza - lo ricordavano i colleghi che mi hanno preceduto - e avete sistematicamente tagliato le risorse per la lotta che le forze dell'ordine e la magistratura ogni giorno combattono contro la criminalità. I tagli che avete effettuato non sono di poca consistenza: sono tagli che sono stati determinati Pag. 20a scapito del reclutamento, delle risorse destinate alla contrattazione dei lavoratori del comparto sicurezza-difesa, e anche questo è importante per avere nel campo della sicurezza l'efficacia dell'azione dello Stato.
A proposito dei tagli che voi avete previsto nella legge finanziaria avete prima enunciato il tema della specificità delle funzioni per i lavoratori del comparto sicurezza e difesa, e poi non avete messo nessuna risorsa per garantire quelle forme di tutela e di riconoscimento previdenziale, economico, pensionistico che pure avete promesso più volte e non solo in campagna elettorale.
In maniera molto propagandistica avete usato l'argomento della presenza dell'Esercito nelle città, ma poi avete tagliato decisamente le risorse per l'arruolamento nell'Esercito, misura che avrà conseguenze sul numero degli operatori della polizia e delle Forze militari che dovranno essere impegnati nell'ordine pubblico. Come sappiamo, infatti, con la legge di riforma della leva è previsto il passaggio al comparto sicurezza dei volontari in ferma prefissata dell'Esercito.
Entro il 2010 sul fronte della difesa dell'ordine pubblico avremo 8 mila militari e agenti di pubblica sicurezza in meno rispetto a quanti erano stati previsti e finanziati dal Governo Prodi con le sue leggi finanziarie.
L'operazioni «Esercito nelle città» è un bluff non perché non vi sia un impegno forte da parte dell'Esercito nell'azione di controllo, ma perché si tratta di un'iniziativa che non ha quell'efficacia a cui voi vorreste attenervi, con una propaganda esagerata che si è svolta su questo fronte. Abbiamo visto a Roma i manifesti del Popolo della Libertà con i quali sono stati ringraziati quelli che voi chiamate «i nostri ragazzi» per l'azione svolta nelle attività di controllo. Ebbene, la metà di quei tremila ragazzi entro il 2010 dovranno andare a casa, saranno rispediti a casa e non avranno la possibilità di essere mantenuti in servizio, per effetto delle scelte che avete compiuto con i provvedimenti economici e per effetto della legge finanziaria.
Bel modo di ringraziare: questi ragazzi sono gli stessi che potevano passare nei corpi di polizia, sono gli stessi che sono impegnati in pericolose missioni internazionali, che hanno dato prestigio al nostro Paese e che sono stati spediti in teatri di guerra in situazioni di estrema difficoltà e pericolo dal Parlamento di questo Paese, ma che per tutta risposta, dopo tanta propaganda e dopo tanti ringraziamenti, rimandiamo a casa con un manifesto.
Eppure essi potevano dare un contributo importante nella lotta al contrasto della criminalità organizzata, perché sono ragazzi preparati, dotati della professionalità necessaria; essi dovevano passare nei corpi di polizia, ma non è possibile sfruttare questa opportunità a causa dei tagli al reclutamento e dei tagli al turn over e questi ragazze e ragazzi saranno costretti a perdere il posto nel servizio che stanno svolgendo e non avranno la possibilità di uno sbocco di lavoro a tempo indeterminato nel settore dell'ordine pubblico per il quale, tra l'altro, si sono preparati.
Nel complesso, avete tagliato tutte le risorse. Abbiamo proposto di istituire un fondo per la specificità: potevamo discutere sul quantum (abbiamo ben presenti le questioni che riguardano la situazione economica internazionale e quella del nostro Paese), ma avete risposto negativamente a questo nostro appello. Avete sì previsto formalmente la specificità dei lavoratori del comparto sicurezza e difesa, ma non avete allocato neppure un euro per valorizzare questa specificità per i corpi di polizia già nel 2009.
Tra l'altro, avete colpito duramente lo stipendio dei dipendenti delle forze di polizia e delle Forze armate, sulla base degli interventi che sono stati effettuati su tutto il pubblico impiego e che hanno determinato tagli alle indennità. Però, lo stipendio e la retribuzione dei poliziotti e dei militari per il 60 per cento sono composti da specifiche indennità di impiego, e dunque essi pagheranno molto di più gli effetti di questa scelta rispetto agli altri pubblici dipendenti: altro che specificità, altro che riconoscimenti a fini previdenziali, Pag. 21assistenziali ed economici per i lavoratori del comparto, altro che la demagogia di cui abbiamo sentito ampiamente discutere tra i banchi del centrodestra in quest'Aula parlamentare.
Insomma, noi contestiamo questo provvedimento; tra l'altro, il decreto-legge al nostro esame era partito per sostenere alcune esigenze, la principale delle quali era quella di fare in modo di conservare i dati allo scopo di proseguire con più efficacia la lotta al terrorismo e alla criminalità, su cui, naturalmente, eravamo d'accordo.
Erano proprio i tre punti indicati come urgenti in questo decreto-legge - ed è per questo che, come è avvenuto per altri decreti-legge, è stato emanato dal Presidente della Repubblica - che poi sono stati completamente stravolti, durante l'iter di approvazione. Gli argomenti trattati dal provvedimento sono vari, molto vasti, e i titoli sono gli stessi di quelli che, ogni volta, vengono presi in considerazione allorché si vara un provvedimento sulla sicurezza (e sono stati tanti dall'inizio della legislatura). Tuttavia, a questo treno dettato dall'urgenza - e ripeto, emanato dal Capo dello Stato - si sono attaccati altri vagoni, altri temi, che non erano stati previsti dal provvedimento. Non vi è più alcun carattere di urgenza, alcun carattere di necessità.

PRESIDENTE. Onorevole Rugghia, deve concludere.

ANTONIO RUGGHIA. Sul tema della sicurezza manca una strategia, una visione articolata, complessiva, da parte del Governo, e soprattutto, signor Ministro, mancano le risorse. Per questo noi voteremo contro la conversione di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)

Per un richiamo al Regolamento e sull'ordine dei lavori (ore 11,15).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, vorrei sfruttare anche, se possibile, il fatto che assiste ai nostri lavori il Ministro dell'interno, per porre una questione che ormai si ripete da alcune settimane in termini negativi sull'attività della Camera dei deputati, relativamente al modo in cui si svolge il question time; è un richiamo all'articolo 135-bis del Regolamento.
È occorsa l'occasione di farlo perché è stato richiamata l'attenzione, anche del mio gruppo, da un'agenzia stampa ispirata da alcune dichiarazioni del Ministro per i rapporti con il Parlamento. Credo che sia del tutto fuorviante, come si sostiene in questa agenzia, vantarsi di poter rispondere ad una serie di interrogazioni urgenti sostituendo Ministri che invece dovrebbero rispondere in Aula, così come previsto dall'articolo 135-bis. Conosciamo, ovviamente, le doti di versatilità del Ministro Vito, ma con queste doti, comunque, non credo si possano surrogare i compiti e le funzioni poste in capo ad altri Ministri, e al Presidente del Consiglio, che ancora, dall'inizio della legislatura, non si è degnato di sedere nei banchi di questo Parlamento per rispondere al question time.
Nell'agenzia di stampa si riporta che il Ministro per i rapporti con il Parlamento addirittura, oggi, risponderà sulle politiche del Governo per lo sviluppo del Mezzogiorno, sull'erogazione dei fondi a favore delle scuole paritarie, sugli orientamenti del Ministro dell'istruzione in merito all'erogazione delle risorse di bilancio a favore delle scuole paritarie, sulle iniziative normative per una modifica della disciplina del soggiorno obbligato, con riferimento a questioni relative all'associazione mafiosa, sulle misure di sostegno dei giovani lavoratori, sulle iniziative per prevenire gli episodi di pirateria stradale. A me sembra troppo, signor Presidente.
Come è noto a tutti, l'articolo 135-bis del Regolamento prevede che intervengano «nell'ambito di ciascun calendario dei lavori, per due volte il Presidente o il Pag. 22Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e per una volta il Ministro o i Ministri competenti per le materie sulle quali vertono le interrogazione presentate». A tutt'oggi le faccio presente, signor Presidente - ma è una questione più volte ormai segnalata in quest'Aula e anche nella Conferenza dei presidenti di gruppo - che il Presidente del Consiglio non si è mai reso disponibile ad intervenire in Aula per rispondere al question time.
Faccio presente che, nella scorsa legislatura, considerando lo stesso periodo di riferimento cioè da maggio a novembre, per ben cinque volte si sono svolti i Premier question time, una volta con la presenza del Presidente del Consiglio e quattro con la presenza dei Vicepresidenti del Consiglio. E per quanto grave e soprattutto per quanto irresponsabilmente perdurante, la serietà della situazione non si esaurisce nell'assenza del Presidente del Consiglio, come ho avuto modo di dire prima, alle sedute di question time, ma è amplificata da un atteggiamento del Governo - ecco perché sfrutto anche l'occasione della presenza del Ministro dell'interno - nell'indicazione dei Ministri disponibili ad intervenire il mercoledì pomeriggio. Tutto ciò denota un totale disinteresse di questo Esecutivo nei confronti del Parlamento, ed una assoluta noncuranza del rispetto degli strumenti parlamentari di controllo e di sindacato ispettivo che sono propri non solo dell'opposizione ma anche della maggioranza, quindi di tutti colleghi, di tutti i gruppi. A questo proposito vorrei riportare alcuni dati, così non è un discorso generico quello che faccio. Innanzitutto i Ministri che verranno a rispondere oggi saranno solo il Ministro per i rapporti con il Parlamento ed il Ministro per la semplificazione normativa. Non sfugge l'esiguità del dato e della rappresentatività. Si tratta infatti di due Ministeri senza portafoglio e le scorse settimane la disponibilità comunicata non è risultata di certo maggiore, e così si ripete la situazione ogni settimana. Dall'inizio della legislatura le sedute di question time, che sono state quindici, sono state quasi sempre svolte in questo modo. Tra i Ministri ben nove (li vorrei ricordare ed enunciare: il Ministro degli affari esteri, Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per le pari opportunità, il Ministro per le politiche per i giovani, il Ministro per la pubblica amministrazione e innovazione, il Ministro per i rapporti con le regioni e il Ministro per le riforme per il federalismo) non sono mai intervenuti personalmente in Aula. In sei mesi di legislatura nove Ministri su ventuno, cioè poco meno della metà dei Ministri di questo Governo, non hanno risposto in questa Aula ad alcuna interrogazione immediata nonostante alcuni di questi siano stati destinatari di atti di loro competenza.
Signor Presidente, credo che il quadro che ho cercato di delineare - sicuramente lo potrà apprezzare - sia desolante. Le chiederei, signor Presidente, di attivarsi sia presso il Presidente della Camera sia presso il Governo affinché si ponga termine a questo perdurare di cose, e soprattutto di farsi tutore della dignità di questo Parlamento attraverso il rispetto del Regolamento e il riconoscimento dell'importanza dello strumento di sindacato ispettivo che ancora oggi utilizzeremo in quest'Aula in diretta televisiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, non ho la velleità di risponderle compiutamente, ma la ringrazio di aver posto il problema. Lei ha detto che è una questione più volte segnalata ed è vero; è una vexata quaestio, che non è di questi tempi ma di antica data. Una sola riflessione va svolta in ordine al fatto che comunque il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha una autonomia, tra virgolette, per la quale può essere destinatario di singole interrogazioni a risposta immediata, proprio non avendo la specificità del ruolo all'interno dell'Esecutivo. Le voglio anche ricordare che, nella prassi consolidata, egli può sostituire: ricorderà che, nella scorsa legislatura, venne quasi sancita all'interno Pag. 23della Giunta per il Regolamento, prima in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, la possibilità che il Ministro per i rapporti con il Parlamento (impersonalmente, non mi riferisco al Ministro Vito in particolare) potesse sostituire i Ministri che risultavano impediti ad intervenire. Comunque è una questione viva che lei giustamente ha sottoposto e che potrà tranquillamente essere riproposta in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo che so essere stata fissata proprio nel pomeriggio.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo per sollevare un'altra questione, non meno vexata: mi riferisco al voto dei pianisti e alla delibera di recente adottata dall'Ufficio di Presidenza, con la quale si era stabilito di dotare gli scranni della Camera di un sistema che prevedesse la rilevazione delle impronte, in modo da risolvere - si sperava una volta per tutte - questo problema increscioso, che attiene anche alla verifica ed all'effettività dell'espressione del voto.
Oggi, sul quotidiano La Repubblica, è apparso un articolo dal quale risulterebbe che, sulla base di un parere reso dall'avvocatura della Camera, si è deciso o si sta per decidere di interrompere il processo di attuazione di questo nuovo sistema di espressione del voto, per una presunta violazione della privacy dei deputati. Credo che, come prescrive la nostra Costituzione, quando vi sono in gioco valori contrapposti - e in questo caso sicuramente, da un lato, vi è il diritto alla privacy di ogni singolo cittadino italiano e quindi anche del deputato in quanto cittadino italiano, ma, dall'altra parte, vi è un valore che ritengo ben più politicamente e costituzionalmente rilevante, come quello relativo all'effettività nella formazione delle maggioranze di un'assemblea legislativa, l'assemblea legislativa per eccellenza nel nostro Paese - vada fatto un ovvio e necessario contemperamento dei valori in campo. Mi pare che, da questo punto di vista, non ci voglia un particolare acume giuridico nel ritenere che, fra i due valori, non vi è decisamente alcun rapporto di proporzione. È evidente come la possibilità di acquisire la certezza che il voto espresso in quest'Aula sia sempre un voto corrispondente, sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista della presenza del requisito del numero legale in Aula, un voto vero, reale e non un voto artefatto, determinato dalla presenza di voti doppi o tripli da parte di deputati che votano anche per colleghi assenti, sia qualcosa che attiene intimamente all'essenza politica, oltre che di rango eminentemente costituzionale, di quest'Aula.
Ci sembra quindi che non sia assolutamente ragionevole propendere per una facoltatività, perché questo poi sarebbe il principio espresso in questo parere, non pubblico; peraltro è anche strano che ne abbia avuto conoscenza prima La Repubblica piuttosto che l'Ufficio di Presidenza della Camera, o i rappresentati di gruppo o comunque l'Assemblea. Procedere con una raccolta su base volontaria delle impronte digitali, sarebbe qualcosa che vanificherebbe totalmente il senso stesso dell'iniziativa e vanificherebbe, cosa che di questi tempi credo che non ci debba lasciare indifferenti, anche l'ingente spesa economica che la Camera si appresta a fare, per dare una risposta di questo genere.
Signor Presidente, lo dico con chiarezza: riteniamo che questo parere, se le indiscrezioni rivelate dalla La Repubblica sono vere, possa essere assolutamente superato e superabile dalla volontà politica di questa Assemblea di ribadire con forza la dignità e l'effettività delle sue decisioni, superando quindi problemi che hanno un rango giuridico e costituzionale assolutamente inferiore, rispetto a quello che ci proponiamo di superare.
In ogni caso, sia ben chiaro che, qualora quanto appare oggi da questo articolo dovesse corrispondere alle determinazioni future dell'Ufficio di Presidenza della Camera, Italia dei Valori assumerà iniziative Pag. 24politiche, interne ed anche esterne a questa Camera, che le posso già anticipare saranno forti ed eclatanti, perché riteniamo che questo sia un malcostume che davvero contribuisce, in un modo di cui nessuno sente il bisogno, a ledere la dignità e l'autorevolezza del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sarò rapidissimo, ma vorrei associarmi a quanto affermato dal collega Donadi. In particolare, signor Presidente, ci siamo trovati spesso in quest'Aula a denunciare il fatto che molte votazioni non corrispondono alla realtà dei fatti, perché - dobbiamo dirlo - non soltanto da una parte, in quest'Aula vi è la pratica di votare per più persone.
Da alcuni mesi a questa parte e con grande merito, il Presidente della Camera (parlo di grande merito perché molti suoi predecessori ci hanno provato e hanno fallito) ha preso un impegno che è stato consolidato in deliberazioni adottate all'unanimità dell'Ufficio di Presidenza, tese ad individuare una soluzione che rappresentava effettivamente una soluzione, cioè quella delle impronte digitali.
Signor Presidente, lei ricorderà che ogni qual volta, negli ultimi tempi, abbiamo posto problemi rispetto alla correttezza delle votazioni (e, cioè, rispetto all'esito delle votazioni e alla certezza del voto), ci è stato risposto che la questione, ormai, era risolta, in quanto era stato non solo deliberato, ma erano stati stanziati, se non sbaglio, 400 mila euro per dare avvio alle votazioni attraverso le impronte digitali. Ci è stato risposto, altresì, che ciò sarebbe dovuto partire all'inizio dell'anno, ma che, a causa di una serie di ritardi procedurali (ed esclusivamente per questo), la questione sarebbe slittata al 1o febbraio.
Signor Presidente, avrei aspettato la fine della seduta per chiedere - e ritengo che sia giusto - che il Presidente (o chi per lui, attraverso l'Ufficio di Presidenza ed i Vicepresidenti che presiedono) ci desse qualche notizia, perché non voglio credere che quanto scritto su La Repubblica sia vero. Spero sia un'indiscrezione, come qualche volta accade, sbagliata e che quanto viene rappresentato non risponda al vero. Diversamente, vorrei sapere, signor Presidente, ed esempio, chi ha chiesto all'Avvocatura della Camera di rendere un parere su questo argomento, visto che la competenza spetta all'Ufficio di Presidenza (che è andato avanti su questa strada) e visto che ciò avrebbe dato un esito assolutamente scontato. Vorrei, quindi, avere certezza da parte della Presidenza se quanto scritto su la Repubblica corrisponda al vero: è arrivato il momento di dircelo. Nel caso in cui corrispondesse al vero, vorrei sapere attraverso quale procedura formale è stata investita l'Avvocatura della Camera di un parere su questa questione e, soprattutto, vorrei sapere qual è effettivamente l'intendimento della Presidenza.
È del tutto evidente che, se si prevede una norma, se ci si espone, spendendo dei soldi che, comunque, sono dei contribuenti, a proposito delle tante questioni poste dai colleghi della Lega Nord rispetto alle spese e agli sprechi della Camera che sarebbero eccessivi, se si spendono 400 mila euro per un sistema che deve dare certezza e garanzia, vorrei avere certezza e garanzia da parte della Presidenza della Camera che non vengano messe in atto procedure che annullino o aggirino l'ostacolo rispetto ad una misura che dà certezze: proprio perché abbiamo sempre detto che la pratica non è diffusa soltanto da una parte, ciò rappresenterebbe una certezza e una garanzia per tutti e, soprattutto, sarebbe un piccolo strumento che potrebbe darci la possibilità di riconsegnarci un po' più di credibilità rispetto a ciò che la gente pensa di noi e, cioè, che siamo la casta o persone che, magari, si trovano in questa sede a non fare nulla o a fare male.Pag. 25
Si tratta di un piccolo argomento, di una piccola importante questione, sulla quale da anni si stava lavorando e che è arrivata a buon fine. Penso che nessuno si possa assumere la responsabilità di renderla vana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

AMEDEO CICCANTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, vorrei svolgere una brevissima considerazione sull'argomento. Noi dell'Unione di Centro ci associamo ai rilievi che sono stati svolti. Qualora corrispondessero al vero le notizie riportate dal quotidiano La Repubblica, riteniamo, comunque, che si tratti di un parere e che le decisioni che sono state prese possono ben essere confermate. I rilievi che sono stati avanzati sono condivisibili, ma vogliamo aggiungere una valutazione ben più consistente.
Signor Presidente, noi dell'Unione di Centro, attraverso il nostro Presidente Casini, abbiamo più volte sostenuto la centralità del Parlamento nel nostro ordinamento istituzionale. Per noi, la problematica verte, soprattutto, sulla questione del ricorso sovente alla fiducia e alla decretazione d'urgenza e sul fatto che si sta vivendo, in questi ultimi anni, un sovvertimento dei valori costituzionali, in cui l'esecutivo è prevalente rispetto al potere legislativo. Questa è la preoccupazione che ci sta a cuore e, certamente, sono sottostanti ad essa i mezzi e le modalità con cui questo valore viene difeso. A noi interessa che la maggioranza, l'Ufficio di Presidenza e questa Presidenza si preoccupino, soprattutto, di far valere nei confronti del Governo la necessità della centralità del Parlamento.

PRESIDENTE. Prendo atto delle osservazioni dei colleghi, anzi li ringrazio per aver sollevato il punto. Vorrei ricordare che la relazione dei deputati questori proprio su questo argomento venne approvata nell'Ufficio di Presidenza all'unanimità - ripeto, all'unanimità - nella seduta del 3 luglio 2008, con conseguente ampio resoconto pubblicato sul Bollettino degli organi collegiali (il n. 3, se non sbaglio), che è disponibile in archivio. Pertanto, la questione è oggetto di competenza della Presidenza.
Le cose certe sono: vi è una delibera approvata all'unanimità, vi sono fondi stanziati, vi è una procedura che non è stata interrotta. Ritengo che tutto ciò che viene riportato da articoli di giornale sia destituito di ogni fondamento. L'iter sinora raggiunto è questo e non vi è stata alcuna intenzione da parte né del Presidente della Camera, né dell'Ufficio di Presidenza, di fare retromarcia. L'iter sta procedendo, per cui le indiscrezioni giornalistiche - torno a ripetere - sono assolutamente destituite di ogni fondamento. Grazie comunque per aver sollevato il problema.

Si riprende la discussione (ore 11,35).

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

ANGELO CERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'affrontare la discussione sul provvedimento recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina, vorrei sottolineare come la credibilità di un Governo si misuri attraverso la capacità di tutela concreta ed efficace della sicurezza dei cittadini, bene sociale fondamentale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,36)

ANGELO CERA. Non esistono colori politici in merito, ma, al contrario, serve una svolta nel segno della fermezza. È Pag. 26doveroso evidenziare che, a fronte di un maggiore allarme sociale determinato dall'intensificarsi della criminalità organizzata e dai problemi legati all'immigrazione clandestina, non si può non richiedere un intervento tempestivo ma soprattutto efficace. Non è, infatti, più tempo di demagogia e facili promesse. È ora di intervenire con provvedimenti concreti.
Signor Presidente, onorevole Ministro, vorrei svolgere alcune considerazioni sulla disposizione del decreto-legge volta a fronteggiare l'intensificarsi del fenomeno dell'immigrazione clandestina attraverso l'aumento della disponibilità ricettiva dei centri di identificazione ed espulsione. Le mie perplessità nascono dal fatto che, in queste settimane, la vera emergenza del fenomeno della clandestinità è - come già stato rimarcato in questa sede e sui media - rappresentata da quelle circa 200 mila lavoratrici che attendono di uscire dalla clandestinità e il cui apporto per le famiglie italiane che presentano situazioni di disabilità in casa è diventato insostituibile anche per le carenze del nostro sistema assistenziale.
Si dice che i numeri non dicono tutto, ma secondo i dati del Ministero, fino al 31 maggio erano state presentate oltre 418 mila domande di assunzione di colf e badanti. Se togliamo da questo numero le 65 mila domande di entrate nel decreto flussi 2007 e un 35 per cento fisiologico di domande che vengono bocciate, risultano circa 207 mila domande di colf e badanti, di cui un buon 90 per cento sono già in Italia. Direi che in questo caso i numeri dicono abbastanza.
Infatti, pensiamo che le famiglie italiane spendono, ovviamente in nero, per questi servizi circa 1,73 miliardi di euro all'anno, facendo anche risparmiare lo Stato in termini di spese di ricovero. In particolare, secondo un calcolo fatto da Il Sole 24 Ore, avremo un incasso di circa 89 milioni di euro di IRPEF e 263 milioni di contributi INPS. Sarebbe, quindi, opportuno evitare che questa platea di lavoratrici debba cadere in questa zona non diciamo proprio nera ma almeno grigia. È ovvio che sono necessari, per combattere questo che viene chiamato il welfare grigio, maggiori controlli ispettivi e presso le famiglie che utilizzano collaboratrici domestiche e badanti. Oggi, secondo quanto affermato dal Ministro Maroni, la situazione attuale richiede un ripensamento sulla politica dei flussi. Se queste quote non saranno toccate il numero massimo di colf e badanti sarà pari a circa 125 mila unità. L'anno scorso il numero era stato, invece, di 65 mila ma, in realtà, come detto prima, le 125 mila unità assegnate ad assistenti domestiche, da sole, non coprirebbero le domande da esaminare ancora.
Signor Presidente, vorrei inoltre che l'Assemblea fermasse la sua attenzione sull'articolo 2-bis del provvedimento che dispone, in via straordinaria, un incremento di 30 milioni di euro delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, disposto utilizzando la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura. Si consente, inoltre, come ulteriore forma di finanziamento del Fondo di rotazione, la destinazione, con decreto del Ministro dell'interno, di una quota di contributo annuale, sui premi versati da imprese assicurative, devoluto attualmente, per intero, al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura.
Signor Ministro, è come una coperta corta. Si toglie da un settore che oggi dovrebbe, invece, essere una preoccupazione aggiuntiva per voi per dare alla pubblica sicurezza; dico ciò in quanto la situazione economica generale, quella del Paese, europea e mondiale, spingerà sempre di più le famiglie, le aziende e le imprese a rivolgersi agli usurai nel mentre il cittadino, sempre più povero, non troverà di meglio che iniziare di nuovo la pratica delle estorsioni e della violenza. Questo è un fenomeno che mi preoccupa ancora di più, a me uomo del sud, dove queste pratiche sono maggiormente accentuate.
Il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, signor Ministro, deve avere fondi appropriati e non essere in connessione, succhiando Pag. 27ad un altro Fondo, di per sé importante, come quello dell'usura e dell'estorsione.
Un altro punto del provvedimento che critichiamo nella sostanza e nel merito è quello relativo all'impiego del personale delle Forze armate per operazioni di controllo del territorio e di sicurezza interna. Già questa estate avevamo criticato l'invio di militari nelle grandi città ritenendolo una norma spot, una operazione che voleva, in qualche maniera, coprire i tagli fatti alla sicurezza. Avevamo denunciato questa contraddizione dei tagli ai fondi con gli impegni annunciati per rispondere all'emergenza sicurezza. La decisione di inviare 500 militari, all'indomani della strage di Castel Volturno, ci vede nuovamente contrari perché riteniamo che i nostri militari, professionalmente preparati, non hanno, però, una preparazione adeguata per quel tipo di operazione e riteniamo giuste le proteste del SIULP e del SAP quando chiedono maggiori risorse per poter fare meglio il loro lavoro.
Per combattere la criminalità organizzata serve l'impiego di una forza massiccia di personale, qualificato e specializzato, che venga sostenuta con strumenti di supporto, dai computer alla logistica, in grado di consentire di svolgere al meglio il proprio lavoro.
Signor Ministro, l'attentato nella notte tra il 1o e il 2 novembre scorso, nella quale cinque adolescenti, tra i dodici e i tredici anni, sono stati feriti a colpi di pistola davanti ad una sala giochi nel quartiere di Secondigliano a Napoli, in presenza di militari stanziati sul territorio in Campania, dovrebbe far riflettere sulla utilità di una presenza militare che distoglie risorse che invece andrebbero destinate alle forze di polizia che sono sul territorio per meglio poter incidere su una realtà che chiaramente i giovani militari, che fanno il loro dovere, non possono conoscere fino in fondo.
Ancora un'osservazione prima di concludere il mio intervento. Da questa mattina, e fino a sabato 29 novembre, i magistrati onorari si asterranno dalle udienze civili e penali per protestare contro la condizione in cui versa la loro categoria. Come noi abbiamo più volte sottolineato, non dobbiamo dimenticare il numero di procedimenti che questi professionisti trattano quotidianamente da dieci anni, alleviando il carico dei tribunali in cause non di poco conto come sicurezza urbana, sinistri stradali, responsabilità medica, infortuni sul lavoro, fallimenti, appalti, oltre a tutte le altre cause civili. La protesta era iniziata già nel settembre scorso, quando i compensi erano stati arbitrariamente dimezzati dal Governo che ha ignorato le ragionevoli richieste della categoria. Alcuni uffici giudiziari hanno addirittura sospeso la liquidazione di tutti i compensi e addirittura il Ministro ha emanato una circolare con cui si riserva di recuperare la metà della retribuzione già corrisposta ai magistrati onorari prima della circolare di settembre.
Vorrei chiedere al Governo un maggior senso di responsabilità e di prendere atto che, senza l'operato di questi seri professionisti, i nostri tribunali rischierebbero di esplodere. Pertanto, con un'esortazione, signor Ministro, chiedo che con coraggio la maggioranza tolga tutte queste incongruenze per dare davvero ai cittadini la certezza di essere difesi dallo Stato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi: non è in aula. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, nell'accingermi a svolgere questo intervento nella materia, così importante, delicata e cruciale, della sicurezza pubblica, vorrei premettere innanzitutto che alcune parti del testo del provvedimento in esame sono sicuramente positive, laddove si prevede una maggior destinazione di risorse e laddove si identificano alcuni aspetti sicuramente cruciali della partita che si sta giocando per dare al popolo, alla nostra comunità nazionale il senso di una maggiore sicurezza, anche a livello di percezione.
Infatti, talvolta, al di là dei dati sul numero dei reati e delle questioni inerenti la Pag. 28qualità della vita nel nostro Paese, sicuramente bisogna dire che la percezione della sicurezza è un elemento fondamentale. Pensiamo, ad esempio, alla questione della criminalità organizzata; in particolare, a quanta parte dei reati, che compie la criminalità organizzata, derivano dalla percezione del cittadino di essere indifeso e quindi di dover soggiacere ai ricatti della criminalità organizzata.
È chiaro che qualora nel Paese si avesse la sensazione che lo Stato è forte e che queste forme, anche subdole, di ricatto possono essere vinte attraverso una migliore organizzazione dello Stato, allora anche la criminalità organizzata segnerebbe il passo. Pertanto, è ovvio che quando noi ci misuriamo su questi temi, signor Presidente, signor Ministro, vogliamo anche tenere conto degli aspetti della percezione della sicurezza.
Un'altra questione sulla quale mi voglio intrattenere è quella dell'utilizzo delle Forze armate. È ovvio che la presenza delle Forze armate sul territorio è un elemento che favorisce la percezione della sicurezza; noi, come gruppo dell'Unione di Centro, lo abbiamo detto ripetutamente che non ci dispiace che sulla strada di fronte a certi edifici, di fronte a luoghi che possono rappresentare un elemento di pericolosità, vi sia un presidio di addetti delle Forze armate. Non siamo come quei pacifisti che tutte le volte che vedono un militare in divisa provano un senso di repulsione. Però, è anche vero che noi abbiamo il dovere di porci la questione di come si vogliono utilizzare i nostri appartenenti alle Forze armate affinché la loro presenza non sia solo simbolica, di immagine, qualcuno ha parlato di spot.
Se non ricordo male - all'epoca ero sottosegretario per la difesa - noi abbiamo impiegato, ad esempio, nella famosa operazione «Domino» all'indomani dell'attentato alle Torri gemelle, 16.500 uomini delle Forze armate che presidiavano i centri sensibili, vale a dire le infrastrutture, le centrali elettriche, gli aeroporti, tutti i luoghi che potevano essere oggetto di gravi attentati da parte del terrorismo islamico: 16.500 uomini non si sono visti, c'erano, hanno svolto il loro lavoro, ma non si sono visti. Voi pensate davvero che con 500 addetti delle Forze armate si possa in qualche misura avere un effetto pratico apprezzabile, con riferimento alla questione della sicurezza nel nostro Paese?
Signor Ministro, la pregherei di ascoltare, perché il banco del Governo non è un luogo di conversazione. Io apprezzo il lavoro e la serietà con la quale il Ministro Maroni si è mosso e si sta muovendo; dobbiamo dare atto che molti provvedimenti e anche molte prese di posizione mi sono sembrati centrati. Però, il Ministro Maroni dovrebbe ammettere e convenire con noi che sotto l'aspetto puramente pratico e nell'ambito dei risultati conseguibili, l'utilizzo degli addetti delle Forze armate è praticamente solo e soltanto simbolico. Se questo può favorire quella che ho chiamato la percezione della sicurezza, allora ben venga, però quando si vedono gli addetti delle Forze armate più nelle immagini televisive che sul territorio - perché in un grande territorio come quello italiano evidentemente la loro presenza non si vede, non è palpabile - allora credo che dovremmo porci il grande problema dell'impiego delle Forze armate.
Le Forze armate sono al servizio del Paese, devono tutelarlo e difenderlo nei confronti delle insidie, delle minacce che a questo sono rivolte; sono validamente impiegate nel presidio dei nostri confini nazionali, nelle missioni all'estero, laddove l'Italia intende esercitare un ruolo anche sotto il profilo della salvaguardia dei diritti dei popoli, della pacificazione nonché della sicurezza internazionale e possono essere utilizzate anche in campo nazionale.
Però, quando si immagina di impiegare le nostre Forze armate, che hanno subito tagli pesanti nel bilancio fino a metterne a repentaglio l'efficienza e la funzionalità, ora per la questione dei rifiuti in Campania, ora per apparire in qualche luogo simbolo per far vedere che si sono mobilitate tutte le nostre risorse, mi chiedo se sia giunto il momento nel quale il Ministro della difesa e quello dell'interno - che spesso non si sono trovati concordi anche Pag. 29su aspetti abbastanza importanti e delicati della vita istituzionale e politica del nostro Paese - vogliano, finalmente, affrontare il problema del modo in cui utilizzare, o non utilizzare, le Forze armate al fine di conseguire il grande obiettivo di dare sicurezza al popolo italiano. Di questo, signor Ministro, non si è ancora compreso alcunché. Ragionevolmente si sono visti più provvedimenti, più «pacchetti» sulla sicurezza, con un'integrarsi di provvedimenti; credo, invece, che sarebbe venuto il momento - ce lo aspetteremo sinceramente - di un provvedimento più organico nel quale tali questioni vengano affrontate con una più seria e forte credibilità.
L'altra questione che vorrei richiamare attiene al ruolo dei comuni. Si è detto, ed è stato anche sancito nei provvedimenti portati all'approvazione delle Aule della Camera e del Senato, che anche i comuni, con la polizia municipale, devono contribuire a questo grande sforzo in materia di sicurezza. Si sono addirittura assegnati compiti ai comuni, ai sindaci e alle polizie municipali; tuttavia - su questo il Ministro dell'interno ha una competenza immediata e diretta - vorrei sapere come possono i comuni, che stanno subendo un blocco totale delle assunzioni, svolgere maggiori compiti e funzioni in ordine alle questioni della sicurezza senza poter contare su un minimo di incremento degli organici della polizia municipale?
Se i comuni, ad esempio, senza che questo sia posto a carico dello Stato, fossero esonerati dal blocco delle assunzioni limitatamente ai vigili urbani, che sono impiegati in compiti nuovi e aggiuntivi assegnati loro dalle norme, sarebbe sicuramente una questione di grande interesse. Tuttavia, ad oggi, molti delle funzioni affidate alle polizie municipali in realtà non vengono svolte perché le risorse di personale sono talmente scarse e modeste che questo non può accadere.
L'altra questione su cui vorrei richiamare l'attenzione è quella dei centri di trattenimento provvisorio o di identificazione (come li si vuol chiamare). Il Governo aveva annunciato di voler istituire in tutte le regioni uno o più centri di trattenimento provvisorio, di identificazione e di espulsione.
Ora, non ho notizia che un nuovo centro sia stato istituito negli ultimi tempi, né che siano in procinto di essere aperti laddove non esistono. Quindi, mi domando perché non inserire norme che bypassino le complessissime procedure di tipo urbanistico che questi centri devono affrontare al pari delle altre infrastrutture.
Credo che questi centri debbano essere considerati alla pari delle infrastrutture d'interesse strategico nazionale, per le quali le procedure classiche vengono bypassate. Altrimenti, non avremo mai i centri di trattenimento o di identificazione.
Anche questo aspetto è molto grave, in quanto basta parlare in giro per l'Italia con i questori e con i responsabili delle forze di polizia e delle forze dell'ordine per sapere come sia, di fatto, impossibile procedere al trattenimento e all'identificazione al di là del classico fermo di polizia di un giorno.
Signor Presidente, infine vi è la questione degli organici della polizia. Noi tutti quanti, come parlamentari e come gruppi, siamo raggiunti da segnalazioni che ci pervengono dalle forze di polizia, in cui si descrive una situazione di fortissimo disagio tanto per le carenze degli organici, quanto anche per le carenze oggettive relative al trattamento economico e giuridico del personale.
Vogliamo affrontare questo aspetto? Vorrei forse meno decreti, ma più interventi volti al potenziamento delle nostre forze di polizia, all'adeguamento degli organici, alla costruzione e all'allestimento dei centri di trattenimento provvisorio e di identificazione (come li si vuol chiamare) ed interventi volti a dare più forza anche alle polizie municipali. Non si tratta di un corollario, bensì del cuore del problema. Lo vogliamo affrontare o no?

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCESCO BOSI. Concludo. Se la risposta è che non vi sono risorse e i mezzi, e i tagli più pesanti riguardano il Pag. 30Ministero della difesa e il Ministero dell'interno, allora il Governo non ha titolo a dire che la sua priorità è questa. Infatti, se lo fosse, si sarebbe tradotta in cifre e in impegni finanziari che non si vedono nemmeno all'orizzonte.
Allora, tanto vale dire: signori, la questione della sicurezza nazionale la consideriamo alla stregua di tante altre e non ne facciamo una priorità. Questo modo sarebbe forse più onesto anche se meno tranquillizzante. Tuttavia, credo che un chiarimento su questo fronte debba intervenire, altrimenti siamo in presenza di una dicotomia e di una divaricazione tra quello che si va predicando e quello che si pratica in concreto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, nel decreto-legge in esame si tratta ancora di argomenti di grande attualità (soprattutto quello della criminalità organizzata e dell'immigrazione clandestina) che ormai sono continuamente all'attenzione del nostro Paese e della cronaca. Sono diventati ormai argomenti di cui, per fortuna, non si discute solamente negli ambienti intellettuali o d'oltralpe, come succedeva fino a poco tempo fa.
Si tratta, invece, di un argomento sul quale ha preso coscienza un po' tutta la nazione e tutta la società civile. Devo ringraziare soprattutto il coraggio di alcuni cittadini come Saviano, che, con il suo libro, è riuscito a fare emergere questo problema e a farne prendere coscienza.
Devo porre l'attenzione della Aula che è stato pubblicato da poco un altro libro: Il ritorno del principe. La criminalità dei potenti in Italia, scritto da Saverio Lodato (che da anni si occupa di questo problema), e da Roberto Scarpinato (procuratore presso la procura antimafia di Palermo). Essi enfatizzano come questo problema, ormai, non interessi soltanto alcune regioni, ma cominci ad infiltrarsi ovunque in tutta la nazione: ne è segno il fatto che moltissime istituzioni cominciano ad essere contagiate da questa problematica. Ciò si evince dal fatto che sono stati sciolti per problemi di infiltrazione mafiosa non solo comuni delle solite regioni - ossia della Sicilia, della Calabria, della Puglia e della Campania -, ma anche di altre regioni. Dobbiamo evidenziare, anzi (il problema sia diventando ancora più serio), il fatto che in alcuni consigli regionali vi è un numero elevato di consiglieri che sono in odore di mafia e per tale motivo questi consigli regionali stanno per essere sciolti.
Ormai è risaputo che la mafia è diventata la struttura economica più importante del nostro Paese. È stata chiamata la cosiddetta mafia Spa: è l'impresa italiana che fattura intorno ai 90 miliardi di euro all'anno, corrispondenti al 7 per cento del PIL e a cinque manovre finanziarie. Ormai ciò sta diventando sconvolgente, così come sta diventando sconvolgente il problema in Campania. Gli ultimi episodi che si stanno ancora manifestando, ossia i numerosi omicidi che vengono perpetrati dalla camorra, fanno capire ancora di più quanto la questione stia diventando problematica per la sicurezza del nostro territorio, dei cittadini e delle stesse Forze armate.
Nonostante ciò - cominciamo a dirlo -, il Governo continua a stabilire tagli alle risorse per la sicurezza e soprattutto per le Forze armate. Di recente è addirittura apparsa sulla stampa la notizia che ben 50 chilogrammi di tritolo potrebbero essere in possesso di un clan della camorra di Napoli.
Di fronte a questo scenario, il Governo manda 500 militari nella zona. Lo dico con grande rammarico e tristezza: questo è soltanto un modo per fare populismo e per buttare fumo negli occhi. Non è così, infatti, che si risolve un problema così serio, che a mio avviso deve essere affrontato su vari fronti, non soltanto coinvolgendo le forze dell'ordine: poveretti, i membri delle Forze armate ormai sono utilizzati dal Governo in tutti gli scenari: quello internazionale, per risolvere il problema dei rifiuti della Campania e per risolvere i problemi della microcriminalità.Pag. 31
Dall'altra parte, però, il Governo riduce notevolmente i fondi per le Forze armate: pensate che, fra due anni, i fondi saranno ridotti addirittura del 40 per cento, con gravi problemi anche per la sicurezza dei nostri militari nelle missioni internazionali. Lo stesso Ministro della difesa, durante l'audizione in Commissione, ha detto che le missioni internazionali sono poste a rischio se la situazione continua ad essere questa.
Invece, i militari mandati in questi scenari, dove la camorra è preparata professionalmente e tecnologicamente, non sono preparati per questi compiti.
Allora, vogliamo ribadire che è il momento che cambino la stagione e il programma del Governo. Questo è l'invito che vogliamo rivolgere al Governo: il messaggio, se deve partire, deve farlo da questi banchi, dal Parlamento verso i cittadini, che devono continuare a credere nello Stato e nelle istituzioni.
Il problema è che si deve iniziare un progetto di risanamento del nostro territorio, per pulire, come dicevo, soprattutto il territorio della Campania dalla malavita e dalla corruzione criminosa, ponendo alla base di questo progetto la legalità e la sicurezza dei cittadini.
Al centro di questo progetto, che deve essere condiviso da tutte le forze sociali, economiche e politiche, devono esserci lo Stato e le istituzioni, perché - lo ripeto - i cittadini devono continuare a credere nello Stato e nelle istituzioni. Infatti, se comincia a venire meno questa fiducia, è veramente finita.
Vorremmo rivedere il Governo al fianco di quegli imprenditori che hanno avuto il coraggio di lottare contro la criminalità. In alcuni casi, qualcuno di loro ha perso la vita. Vorremmo che il Governo guardasse con scrupolosità e con attenzione agli emendamenti che saranno posti prossimamente all'attenzione dell'Aula, perché dobbiamo stare vicini a queste persone, a questi imprenditori e a quei cittadini che hanno il coraggio di ribellarsi.
Non vorremmo più vedere i nostri giovani costretti ad andare via oppure a infilarsi nelle maglie della criminalità, poiché in quei territori manca lavoro. Infatti, queste sono le due soluzioni che hanno i nostri giovani.
I cittadini italiani devono continuare ad avere fiducia: ce l'hanno chiesto proprio le persone che in questo momento sono interessate. Per questo, vorrei terminare il mio intervento con una frase che ho letto qualche giorno dopo la morte di Domenico Noviello, un imprenditore di Castel Volturno, che ha avuto il coraggio di denunciare i suoi estorsori ed è stato ammazzato. Sapete cosa ha detto il figlio sui giornali qualche giorno dopo la sua morte? È una frase che lascio alla vostra riflessione e attenzione: avere fiducia nello Stato è l'ultima opportunità che ci rimane (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, anche io vorrei aggiungere alcune riflessioni sul complesso degli emendamenti rispetto al provvedimento che stiamo discutendo, che era stato presentato con grandissima enfasi dalla maggioranza, proprio perché sui temi della sicurezza e dell'immigrazione evidentemente si era giocata una partita molto importante e incisiva durante la campagna elettorale.
Con questo provvedimento nella sostanza si smentiscono quei risultati che erano stati preannunciati a suo tempo, quando nella legislatura 2001-2006 il centrodestra varò la legge Bossi-Fini. Infatti, oggi per giustificare questo tipo di intervento, questo decreto-legge, con le modifiche che sono state introdotte o che si cercherà di introdurre, si dice che, su un versante, si vuole fare fronte all'immigrazione clandestina irregolare e, sull'altro, che si vuole garantire maggiore sicurezza ai cittadini.
Tuttavia, come hanno ricordato giustamente e doverosamente tantissimi colleghi, come si può pensare di garantire maggiore sicurezza ai cittadini di questo nostro Paese quando si sono apportati tagli agli Pag. 32stanziamenti di bilancio, per quanto riguarda i capitoli delle forze dell'ordine, per circa 3,5 miliardi di euro?
Questa scelta è nettamente in contrasto con i grandi annunci fatti in campagna elettorale. Non lo diciamo solo per una sorta di spirito polemico, ma anche perché le stesse forze dell'ordine del nostro Paese, pur operando in questi mesi in condizioni di grande difficoltà (leggiamo ogni giorno che non c'è la benzina per mandare avanti le macchine, che mancano altre attrezzature o materiale di supporto), stanno compiendo dei veri e propri miracoli nel contrasto alla criminalità.
In questo senso, ha fatto bene a fare questo tipo di richiamo il collega Rosato, in particolare, che ha parlato precedentemente.
Nonostante i tagli, infatti, le forze dell'ordine in questo Paese stanno dimostrando grande senso di responsabilità e grande senso dello Stato; ce la stanno mettendo tutta per garantire maggiori e più sicuri livelli di tutela per tutti i cittadini.
Però, tornando al tema dell'immigrazione, anche qui, si è voluto procedere a colpi di slogan e di propaganda, senza fare uno sforzo soprattutto per quanto riguarda il dato dei percorsi di integrazione; ma siccome questa maggioranza vede nell'immigrato esclusivamente un problema e una minaccia e tenta, anzi, di alimentare un clima di paura e di preoccupazione nei cittadini, non considera che gli immigrati in questo nostro Paese - non lo dico io, ma le statistiche - rappresentano circa il 10 per cento del prodotto interno lordo, che proviene proprio da attività di cittadini stranieri nel nostro Paese.
Circa 4 miliardi di euro sono i versamenti fiscali e contributivi che ogni anno questi immigrati portano alle casse dello Stato; certamente, ciò non significa che i problemi non ci siano, però non giustifica il fatto di assumere, come ha fatto fino ad oggi il Governo, atteggiamenti contraddittori, perché si vuole ad ogni costo dimostrare ad una parte del proprio elettorato che bisogna farla finita con l'immigrazione (anche se, nonostante l'intervento tanto propagandato del Presidente del Consiglio in quel di Libia durante l'estate, come hanno ricordato diversi colleghi, il flusso immigratorio non solo è continuato, ma è addirittura aumentato).
Dunque, queste politiche meritano una maggiore attenzione e un maggior senso di responsabilità e si devono collegare in misura più stringente con le iniziative a livello comunitario, perché è giusto che anche il nostro Paese reclami una politica condivisa a livello comunitario nel comparto delicatissimo e complicatissimo dell'immigrazione.
Questi flussi migratori costituiscono una spinta naturale, perché, quando i due terzi della popolazione mondiale vivono in condizioni di povertà, di miseria e di emarginazione, siamo in presenza di un dato fisiologico; è la spinta dell'uomo verso nuove frontiere, verso nuovi Paesi.
Questi percorsi e questi processi migratori di grande dimensione interessano ovviamente il nostro Paese, che, come ho detto in altre occasioni, è una sorta di portaerei protesa sul Mediterraneo; servono, quindi, politiche comunitarie maggiormente condivise, ma anche un rafforzamento degli accordi bilaterali del nostro Paese con quei Paesi che presentano la maggiore percentuale di flussi migratori.
Va poi sottolineato un altro aspetto: è stata annunciata dal Ministro Maroni l'istituzione di almeno dieci nuovi centri per accogliere gli immigrati. Credo che, al di là dello sforzo finanziario per realizzare questi centri, bisogna destinare nuovamente delle risorse per le politiche di integrazione, perché, come dicevo prima, citando alcuni dati concreti, l'immigrazione per il nostro Paese rappresenta non solo un problema, ma anche un'opportunità e un investimento per il futuro.
Mi rendo conto benissimo che non è sempre facile riuscire a conciliare l'esigenza doverosa, non solo perché prevista dalla nostra Costituzione, ma anche per un sentimento di accoglienza, di rispettare la dignità di queste persone, di questi immigrati che provengono da Paesi in cui ci sono situazioni drammatiche (basti pensare alle vicende del Darfur o del Congo di Pag. 33questi giorni; è doveroso per un Paese che si qualifica civile come il nostro dare il segnale dell'accoglienza) con il bisogno di perseguire quella parte di immigrazione che punta a delinquere e quella parte che, probabilmente, rientra in qualche organizzazione criminosa di livello internazionale.
Da qui, però, l'espressione di un giudizio negativo complessivamente e in maniera indiscriminata nei confronti degli immigrati è una strada che noi non intendiamo percorrere: non per un fatto ideologico, ma per un fatto di civiltà e per una prospettiva per il nostro Paese, tenendo conto che c'è una presenza significativa di immigrati non esclusivamente, ma anche perché certi lavori da anni non vengono più svolti, non interessano più ai cittadini del nostro Paese, i quali giustamente, avendo magari un diploma, una laurea in tasca, soprattutto le giovani generazioni, puntano ad avere un'occupazione lavorativa di significato elevato e con uno stretto collegamento con gli studi svolti.
Credo che un altro punto vada posto all'attenzione: la modifica della denominazione da centri di permanenza temporanea a centri di identificazione e di espulsione è anch'essa uno slogan, dato che poi i percorsi di accertamento, le difficoltà costringono molti di questi immigrati ad una permanenza che va ben oltre i sessanta giorni e anche in questo caso, piuttosto che prevedere, come è stato ipotizzato, un allungamento dei tempi da sessanta giorni addirittura a diciotto mesi, bisogna pensare a potenziare le procedure e l'organizzazione interna dei centri per fare in modo che gli accertamenti, per quanto riguarda le persone che richiedono asilo, le persone che richiedono una protezione umanitaria temporanea, vengano svolti in tempi rapidi. Affinché ciò avvenga evidentemente servono anche maggiori risorse, e questo è il senso di alcuni emendamenti che il PD ha presentato.
Tra l'altro, come hanno ricordato anche altri colleghi negli interventi di ieri (mi riferisco in particolare ai colleghi Gozi e Calvisi), è sbagliato tenere all'interno di uno stesso centro (anche se, come abbiamo visto in alcuni centri che abbiamo visitato come Comitato Schengen, ci sono delle barriere che li separano, il contesto umano, sociale, ambientale è un tutt'uno) persone che vivono una condizione giuridica personale completamente diversa: ci sono ex detenuti assieme a badanti il cui permesso è scaduto, e a persone che presentano effettivamente i requisiti per cui è doveroso concedere l'asilo politico. Vi è una situazione in questi centri che non aiuta sicuramente, così come sono organizzati oggi, in primo luogo a garantire un livello minimo di dignità e di rispetto dei diritti umani e in secondo luogo ad una giusta, efficace e positiva individuazione delle persone che invece meritano l'espulsione.
L'abbiamo visto nel centro di Gradisca proprio la settimana scorsa, in cui all'interno della medesima struttura sono compresi il CIE, il CDA, che è il centro di accoglienza, e il CARA, il centro di accoglienza per richiedenti asilo. Lì sono circa trecento le persone ospitate ed è inevitabile che si creino delle situazioni di tensione rispetto ad una condizione che non può rimanere così com'è oggi; ma questo Governo, questa maggioranza anziché presentare, come ricordava Minniti ieri, un progetto complessivo con uno e forse più provvedimenti di legge per una disciplina organica del complesso fenomeno dell'immigrazione, va avanti a colpi di propaganda, con provvedimenti spot, magari essendo costretta a correggerli qualche settimana dopo, perché non solo cozzano contro alcune direttive dell'Unione europea ma si dimostrano inapplicabili, inefficaci quando non addirittura dannosi, creando situazioni esattamente all'opposto di quelle che si pensava di realizzare.
Rispetto a questa situazione vogliamo richiamare la questione di fondo per cui in questo nostro Paese è giusto per un Governo - ma, credo, per tutte le forze politiche - farsi carico della necessità di garantire la sicurezza ai propri cittadini; questo però non si realizza solamente amplificando i dati negativi, creando preoccupazione, alimentando il grado di incertezza e di insicurezza.Pag. 34
Tali questioni si affrontano stanziando maggiori risorse per le forze dell'ordine e maggiori risorse per le politiche di integrazione. Mentre questa maggioranza - lo ripeto ancora una volta - considera tali risorse uno spreco, noi riteniamo che maggiori risorse volte a favorire un percorso di integrazione degli immigrati che faccia emergere quelle condizioni negative che pure sono presenti costituiscano un investimento per il futuro del nostro Paese, un investimento non solo in termini di risorse umane, ma anche di contributo volto ad aumentare le capacità di sviluppo del nostro Paese.
Tutto ciò deve comunque vedere al centro di ogni politica la persona umana con la sua dignità, soprattutto quando questa persona proviene da Paesi martoriati o che stanno vivendo drammi epocali. Quale grado di civiltà potremmo altrimenti attribuire al nostro Paese se esso, certamente assieme agli altri Paesi dell'Unione europea ed alle organizzazioni internazionali che si occupano di tali problemi, non se ne facesse carico?
Di fronte a questi temi, che sono quotidianamente alle nostre porte, non si può andare avanti con la propaganda e con gli slogan, e per questo diversi nostri colleghi hanno sollecitato la possibilità di un confronto e di un dialogo costruttivo con il Governo. Per certi aspetti apprezziamo che il Governo abbia corretto alcune posizioni, ma credo che una politica complessiva per l'immigrazione vada assolutamente ripensata rispetto agli strumenti normativi oggi esistenti nel nostro Paese, nonché in riferimento al provvedimento che stiamo esaminando.

PRESIDENTE. Onorevole Strizzolo, deve concludere.

IVANO STRIZZOLO. Caro Presidente, rappresentanti del Governo, cari colleghi, l'Italia - che ha avuto una sua tradizione di persone emigranti in tutto il mondo - non può essere il fanalino di coda rispetto ad una chiara, rigorosa e seria politica di integrazione che tenga conto ovviamente della sicurezza dei nostri cittadini, ma anche del fatto che i cambiamenti epocali che stiamo vivendo in questi anni riguardano centinaia di migliaia e milioni di persone che vivono in una condizione di sofferenza, rispetto alle quali non possiamo rimanere insensibili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brandolini. Ne ha facoltà.

SANDRO BRANDOLINI. Signor Presidente, ci troviamo ancora una volta di fronte ad un decreto-legge. Ormai quando leggiamo i titoli dei decreti-legge è come leggere i titoli dei giornali, che richiamano questioni importanti appunto per attirare la nostra attenzione: ma quando poi andiamo a leggere nel merito del provvedimento, così come negli articoli sui giornali e sui quotidiani, troviamo che spesso - in questo caso il provvedimento, nel caso dei giornali, il contenuto dell'articolo - è ben al di sotto delle nostre aspettative e dell'attenzione che il titolo ha richiamato.
Dobbiamo aggiungere che, anche in questa occasione, i decreti-legge sono diventati oramai uno «strapuntino». Rappresentano l'occasione con la quale si trova sempre il modo di aggiungere un qualcosa che nulla ha a che vedere con il provvedimento, con la motivazione d'urgenza che ha portato il Governo a vararlo e il Presidente della Repubblica a controfirmarlo. Riteniamo che il titolo sia del tutto condivisibile, che sia necessario intervenire con misure urgenti per prevenire e accertare i reati, per contrastare la criminalità organizzata e l'immigrazione clandestina. Dobbiamo dire, però, che ancora una volta, ci troviamo di fronte ad una cura che non corrisponde alla necessità, al bisogno; non si affrontano i problemi della criminalità senza affrontare i problemi sociali che stanno dietro il fenomeno della criminalità e della clandestinità.
Mi limiterò nel mio intervento ad affrontare alcuni temi che riguardano il settore agricolo, e che investono non solo le aree meridionali del Paese, ma che sempre di più si sono propagati anche nel nord del Paese. Dobbiamo dire che siamo rimasti delusi dal fatto che nell'affrontare Pag. 35i temi della criminalità organizzata non si siano definiti strumenti e provvedimenti che si pongano l'obiettivo di intervenire per risolvere i problemi (e quindi per dare una risposta all'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore agricolo), che rischiano di inquinare pesantemente un settore importante, compromettendo il normale gioco economico, il funzionamento di un settore strategico dell'economia. Si tratta di rischi fortissimi per la sicurezza e per la qualità delle produzioni agroalimentari, che peraltro sono il settore che nelle esportazioni, dopo quello meccanico, ci dà maggiori soddisfazioni.
Oggi il settore agricolo, in particolare nelle realtà meridionali, deve affrontare una grave crisi e vede un forte indebitamento delle imprese e delle famiglie agricole, nonché un incremento notevole, e spesso ingiustificato, dei costi di produzione e degli oneri contributivi dell'agricoltura. Tutto questo rende molto elevato, soprattutto nel Mezzogiorno, ma non solo, il rischio di cadere nell'usura e nella cessione delle aziende agricole ai clan criminali.
Nell'attuale periodo di grave, profonda crisi economica, e soprattutto finanziaria, mondiale, è elevato il rischio che le organizzazioni criminali possano orientare la propria capacità di investimento, e il proprio denaro, nell'acquisto di terreni agricoli. Il settore agroalimentare, peraltro, già sperimenta la pervasività della criminalità organizzata che snatura la competizione tra le imprese, soprattutto al sud, dove più forte è la ricerca da parte dei clan del controllo delle filiere di produzione e di commercializzazione dei prodotti agroalimentari.
In determinate aree territoriali (penso soprattutto alla Calabria, alla Sicilia, alla Campania e alla Puglia) l'acquisto e la vendita dei terreni sono spesso condizionate da forme estorsive, da ricatti e minacce violente, da continui tentativi di pilotare le compravendite da parte dei clan malavitosi. Non bisogna sottovalutare l'entità di questi fenomeni, che non sono più riferibili soltanto al Meridione, ma che oggi interessano anche varie e importanti aree di regioni settentrionali (penso, in particolare, al Veneto). È in atto la costruzione di un vero e proprio mercato fondiario parallelo, in cui gli agricoltori sono costretti a cedere la terra o l'attività ai clan, garantendo così alle organizzazioni criminali la possibilità di riciclare i capitali di provenienza illecita e di accedere ai finanziamenti pubblici, non solo nazionali, ma anche europei e regionali, destinati allo sviluppo dell'agricoltura.
È un fenomeno ancora più grave nelle regioni meridionali, dove il possesso dei fondi agricoli da parte dei clan, nonostante l'elevato numero di beni e di patrimoni confiscati alle mafie in questi anni - di cui parlerò - si eleva a simbolo materiale di potere economico (appunto il possesso dei fondi agricoli) e criminale delle organizzazioni mafiose. È cresciuto, soprattutto a partire dal 2001, il ricorso a mutui e prestiti da parte degli imprenditori agricoli per fronteggiare i continui tagli nazionali e comunitari a sostegno del settore, l'aumento del prezzo delle materie prime agricole e dei costi di trasporto, gli effetti disastrosi sui bilanci aziendali causati da fenomeni atmosferici avversi (siccità, alluvioni, frane) e ad emergenze sanitarie (in particolare l'aviaria e la BSE).
Il pesante indebitamento finanziario delle aziende è servito soltanto in minima parte a coprire la spesa per investimenti mentre è stato in gran parte utilizzato a copertura delle spese di gestione ordinaria delle aziende. Alcune fonti associative stimano che le imprese agricole hanno contratto debiti con le banche per una quota pari a poco più del 50 per cento del fatturato aziendale complessivo.
In questi giorni in Commissione agricoltura stiamo affrontando il tema delle aziende agricole indebitate della Sardegna e non vi sono sbocchi in questa direzione. Si tratta di uno squilibrio finanziario eccessivo, aggravato dalle recenti misure contenute nei provvedimenti finanziari (in particolare nella manovra finanziaria del Governo) e anche dalla grave crisi finanziaria mondiale che si traduce inoltre in una perdita netta di redditività e in un incremento delle sofferenze creditizie delle Pag. 36famiglie agricole, come rilevato dalla Banca d'Italia. E dobbiamo dire che ancora i provvedimenti emanati - anche quelli di natura finanziaria che abbiamo esaminato nei giorni scorsi - non hanno affrontato adeguatamente il tema del mondo agricolo così come in generale quello della piccola e media impresa.
Tra l'altro siamo di fronte nel settore dell'agricoltura ad un fenomeno ancora più complesso. Voglio ricordare che dal 1o gennaio del 2009 aumenteranno per le aree svantaggiate e per le zone montane i contributi previdenziali agricoli, perché non sono state rinnovate le agevolazioni contributive. Questo metterà ulteriormente in difficoltà le aziende agricole, e peraltro molte di queste, già indebitate, hanno aderito con grande sacrificio all'operazione di ristrutturazione dei debiti INPS, regolarizzando la propria posizione.
Tutto questo - dicevo - mette gli agricoltori nelle mani dei clan malavitosi, nelle mani dell'usura e poiché nessun intervento si fa in questa direzione i provvedimenti per l'agricoltura saranno inefficaci e non contribuiranno a risollevare le sorti di un settore in enormi difficoltà.
Noi abbiamo chiesto a più riprese, con risoluzioni, emendamenti e ordini del giorno, che il Governo intervenga con urgenza con efficaci strumenti di controllo e di monitoraggio per andare a vedere sul campo la realtà che descrivevo e, quindi, per mettere in atto tutte le misure necessarie per far sì che i terreni agricoli rimangano agli agricoltori e che le altre proprietà non vadano in mano alla mafia, alla camorra, alla ndrangheta e non siano oggetto di infiltrazioni criminali.
Aspettiamo anche da parte del Governo - anche qui se ne è parlato di recente per altri provvedimenti - che finalmente si vada concretamente, con atti concreti, ad accelerare con forza l'assegnazione dei beni confiscati alle mafie, dal momento che più del 60 per cento dei beni confiscati, che supera il 90 per cento in Sicilia, non è ancora stato destinato ad alcuna finalità sociale ed istituzionale, a fronte di un patrimonio miliardario che potrebbe essere valorizzato.
Proprio nei giorni scorsi - ed anche la stampa nazionale ne ha dato molto risalto - proprio a San Giuseppe Jato, la casa in cui fu arrestato Salvatore Riina è stata consegnata ad una cooperativa di giovani che l'hanno trasformata in un agriturismo, così come oltre 100 ettari di terra sono stati assegnati a questa cooperativa. Però, bisogna dire che anche qui (e non vi è solo il problema del fondo, che va sicuramente dotato di risorse necessarie per le vittime del terrorismo, come proponiamo) è necessario dotare i beni confiscati di un fondo, che possa intervenire nel momento in cui poi questi beni vengono assegnati agli enti locali, alle cooperative e ai giovani, per rimetterli in produzione. Infatti poi, su questi fondi la criminalità organizzata interviene nuovamente e va a distruggere quello che con fatica si costruisce, perché è questo il modo per dimostrare che sono loro la legalità e solo loro possono garantire a quel territorio quei bisogni sociali.
Quindi, per tutte queste ragioni riteniamo che il provvedimento in esame sia insufficiente e conseguentemente il nostro voto non può che essere contrario.
Per ragioni di tempo non posso andare molto oltre. Voglio solo ricordare il lavoro illegale. Parlavamo di immigrazione clandestina: il lavoro in agricoltura è in gran parte nelle mani dei clandestini, che anche in questo caso sono oggetto del ricatto della criminalità organizzata e sono oggetto del caporalato, che nonostante siamo diventati un Paese moderno e democratico fa ancora il buono e il cattivo tempo in quelle realtà. È necessario non semplicemente dire che si devono espellere gli immigrati, ma mettere in atto politiche efficaci di inserimento e soprattutto di valorizzazione di queste braccia e di queste risorse, di cui il mondo agricolo ha un grande bisogno, per far sì che la produzione non solo venga seminata, ma poi venga raccolta, perché è l'unico modo per tradurla appunto in ricchezza.Pag. 37
Nella precedente legislatura abbiamo svolto un'indagine, come Commissione agricoltura, sul lavoro nero. Quell'indagine si è conclusa e si attendono ancora i provvedimenti. Anche in questa direzione, il provvedimento che è sottoposto alla nostra attenzione è un'occasione mancata: risposte se ne potevano dare e per questo siamo costretti a votare contro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signora Presidente, signor Ministro Maroni e colleghi deputati, altri e più autorevoli deputati dell'opposizione hanno argomentato prima di me sul disegno di legge in esame. A me, deputato del sud che vive sulla propria pelle le difficoltà, le contraddizioni e le violenze della sua terra, spetta una sola breve riflessione. Signor Ministro, nella lingua italiana il termine «sicurezza» non viene molto ben differenziato da quello di «prevenzione». Forse, più che di un problema linguistico, si tratta di un residuo di antichi concetti sul fato, sull'ineluttabile, sulla prevalenza del destino e della fortuna rispetto all'intelligenza umana.
Sfortunato, per esempio, è il clochard bruciato per scherzo dai giovani riminesi, che hanno giustificato il loro gesto, dicendo: «Aveva freddo, gli abbiamo dato una bella scaldata».
Sicurezza, per chi non lo sa, è una parola latina - sine cura - che vuol dire «senza preoccupazione». E senza alcuna preoccupazione, anche voi, che avete lavorato, amplificandole, sulle paure degli italiani, oggi prevedete nel decreto-legge in discussione che, tra 35 giorni (cioè il 31 dicembre 2008), il contingente massimo di 500 militari delle Forze armate non sarà più impiegato in quelle aree del Paese in cui appare necessario assicurare il controllo del territorio.
Dunque, signor Ministro, visto che è qui presente, lei può affermare che tra pochi giorni, con il ritiro del contingente, la sicurezza sarà, ormai, assicurata alla mia terra. È un bell'annuncio, non c'è che dire, da dare in una di quelle conferenze stampa che tanto vi piacciono. Tra 35 giorni tutto sarà compiuto: la camorra arretra, i cantieri sono sicuri, gli imprenditori non più taglieggiati e i magistrati possono circolare tranquillamente nelle piazze delle loro città.
La verità, signor Ministro, è che questi vostri disegni di legge sembrano vergati da mani incerte, come quelle dei bambini con il grembiulino delle scuole elementari; sembrano essere meri accidenti, per dirla con le parole di un grande scrittore. Meri accidenti: non vi è un disegno complessivo strategico e culturale, come bene ha detto il collega Rosato. Le avete pensate tutte, queste mini-idee da Bignami; vi siete inventati tutto, perfino, come avete fatto nell'ennesimo decreto-legge sui rifiuti per la Campania, l'idea raccapricciante di federalizzare i reati. I cittadini si attendono altro, almeno quelli del sud, signor Ministro, glielo assicuro. La «leghizzazione» dell'Italia è, ormai, cosa fatta. Abbiamo letto stamattina che la giunta di destra di Milano ha negato la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano, lo scrittore perseguitato dalla camorra. A Lodi, mentre era lì per uno spettacolo, Giulio Cavalli, nonostante viva sotto scorta, ha trovato scritte minatorie sulla sua auto. Milano chiama Lodi: comuni del nord. Non vi è alcuna preoccupazione per la vita di questi ragazzi.
Dite che governerete per tutta la durata della legislatura: non so se augurarcelo. Se sarà così, vorrei scomodare anch'io, dopo che lo ha fatto l'onorevole Brigandì ieri, una bella figura retorica, la metafora: sotto il vestito, niente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

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Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, credo che questo sia l'ennesimo provvedimento portato avanti attraverso la presentazione di decreti-legge da parte del Governo su una questione centrale, che riguarda la vita di tutti cittadini di questo Paese ed il futuro di questo Paese. Con riferimento al tema della sicurezza, vi è una serie di interventi fatti un po' a pioggia, senza uno sguardo generale su una situazione che necessiterebbe di interventi sociali e di repressione, che siano coordinati e possano dare, quindi, una risposta generale al problema sicurezza, da offrire ai cittadini italiani.
Si compiono delle scelte (alcune condivisibili) anche se con risorse probabilmente insufficienti - come, ad esempio, il finanziamento per il Fondo di rotazione per la solidarietà per le vittime dei reati di mafia, delle richieste estorsive e dell'usura - con una cifra che si rileva già oggi insufficiente e che avrebbe bisogno di un incremento significativo (almeno 50 milioni di euro), il quale consentirebbe di dare veramente un aiuto sostanziale a chi è sottoposto a situazioni di questo genere.
Tuttavia, il ragionamento più complessivo che si è fatto in questi mesi sulla questione sicurezza (cercando di creare un clima nel Paese, al di là degli interventi sostanziali, più di immagine che di sostanza) ci pone un dubbio su tutto quello che complessivamente il Governo sta portando avanti e sta cercando di offrire ai cittadini. Il Governo sta facendo tutto ciò con qualche contraddizione - me lo consentirà il Ministro - e con qualche «puntura», volta soprattutto ad offrire una condizione sull'immagine, e meno sul concreto argine, rispetto a tutto quello che andrebbe fatto per offrire una sicurezza reale che porti a far rispettare le leggi in questo Paese e a costruire un percorso in cui i cittadini - italiani o meno - possano avere le stesse opportunità e le stesse condizioni di rispetto delle norme, e, quindi, avere anche un sistema Paese in grado di assicurare, appunto, il rispetto delle norme.
In questo decreto-legge si apportano una serie di modifiche, come quella volta ad impiegare 500 militari nell'attività di controllo del territorio, soprattutto nelle aree dove sono presenti fenomeni drammatici del nostro Paese come la mafia, la camorra, la 'ndrangheta e altre organizzazioni di malavita nazionale.
A mio avviso, signor Ministro, a tal riguardo andrebbe svolto un ragionamento più complessivo: noi non siamo contrari all'utilizzo dell'esercito e delle Forze armate in situazioni di emergenza e straordinarie. Il punto è: da una parte, si utilizzano le Forze armate; in base a quanto previsto dal decreto-legge, oltre ai 3 mila militari impiegati fino ad oggi nelle città italiane, se ne aggiungerebbero altri 500, da impiegare nelle regioni dove vi sono le questioni relative all'infiltrazione mafiosa.
A mio avviso, il tema che il Governo dovrebbe affrontare, se fosse un Governo capace di trattare le questioni in termini programmatici e anche di assumere vere scelte di Governo, sarebbe quello di dire: ma perché, intanto, non facciamo uno sforzo particolare per sostenere le forze dell'ordine, le quali hanno il compito istituzionale di contrastare i fenomeni mafiosi e garantire la sicurezza ai cittadini? Insomma, occorrerebbe compiere uno sforzo particolare da questo punto di vista. Invece, si tagliano le risorse, si tolgono 3 miliardi e mezzo di euro di finanziamenti al comparto sicurezza e gli interventi previsti nella manovra finanziaria per ripristinare alcuni finanziamenti sono assolutamente insufficienti e non in grado di consentire alle forze dell'ordine di svolgere sul territorio del nostro Paese un ruolo particolarmente importante.
In questo momento, di fronte al Senato è in corso una manifestazione delle organizzazioni Pag. 39sindacali delle forze dell'ordine: per la prima volta nella storia di questo Paese, esse sono unite da destra a sinistra, in una protesta (più che protesta, in un pianto) e in una disperata richiesta di aiuto al fine di ottenere i mezzi per poter svolgere il proprio lavoro, un lavoro che è difficile e complicato, non avendo risorse né mezzi, e con stipendi da fame per poter offrire, appunto, un lavoro di sicurezza.
Credo che, probabilmente, questo discorso andava affrontato prioritariamente rispetto all'utilizzo delle Forze armate. Infatti, ritengo che sia possibile mettere più unità e più forze dell'ordine a disposizione nei quartieri, nelle strade e nelle zone dove vivono i cittadini italiani. Nello stesso tempo è possibile svolgere un'attività di intelligence e avere una presenza più forte e più significativa, distogliendo molte persone, che oggi sono ancora occupate in ruoli amministrativi, e facendo loro svolgere, invece, compiti più specifici e che riguardano il loro impiego e la loro attività istituzionale.
Purtroppo, così non è, perché ancora oggi, signor Ministro, a Roma durante la notte vi sono soltanto nove volanti della Polizia di Stato e alcuni commissariati, come quello di Albano (le chiedo di appuntarsi questa località), non hanno neppure le risorse per riparare le uniche due vetture volanti che hanno a disposizione. Albano è un paese vicino Roma, nei castelli romani, e ha una copertura particolare dal punto di vista del territorio. Pertanto, avrebbe bisogno di avere più risorse e maggiori disponibilità per fornire veramente un'azione di sicurezza e di pronto intervento nei confronti dei cittadini.
Quindi, su questo argomento percepiamo una forte contraddizione. Infatti, si fornisce un segnale di immagine con la presenza delle camionette delle Forze armate davanti alle sedi delle ambasciate o a quelle istituzionali e da ciò deriva un segnale che dà sicurezza, almeno dal punto di vista dell'immaginario collettivo, ai cittadini. Poi, però, mettiamo in grande difficoltà le forze dell'ordine, che sono quelle che dovrebbero invece svolgere questo compito specifico e strategico. Credo che questa sia una contraddizione che non possiamo non rilevare e che, in qualche modo, alla fine sarà scoperta. Noi continueremo a battere su questo punto, perché credo che il ruolo dell'opposizione, soprattutto quando si vanno ad esaminare provvedimenti che affrontano le questioni della sicurezza, sia quello di sollevare questa vicenda che rappresenta una profonda contraddizione e che mette sicuramente in difficoltà il Paese e la possibilità di offrire un'opportunità di sicurezza e di vera presenza dello Stato sul territorio.
Credo anche che questo discorso sulla sicurezza e gli interventi che vengono proposti all'interno del decreto-legge in esame pongano ulteriori contraddizioni. Infatti, credo che la questione che si va ad affrontare - relativa, appunto, al discorso degli interventi per combattere la criminalità organizzata - ponga una questione che riguarda il futuro di questo Paese. È sicuramente una questione importante che va affrontata in maniera significativa e in modo più incisivo rispetto a quanto è stato fatto finora. Tuttavia, credo anche che sia necessario un lavoro condiviso di tutte le forze sociali e politiche. La criminalità organizzata non si batte con un'azione di parte, ma con una forte azione di contrasto e di lotta alle cause che generano questo fenomeno. Inoltre, si combatte con una presenza sempre più forte e significativa e non bastano certamente 500 militari che, oltretutto, vanno a svolgere un compito non previsto, dal punto di vista della loro attività istituzionale.
L'altra questione è l'immigrazione che è un altro dei temi contraddittori che il Governo sta portando avanti. Crediamo che si facciano molti proclami anche su questo argomento.
È un fenomeno che andrebbe affrontato, anche in questo caso, con una forte condivisione del sistema Paese. Infatti, se da un lato vi è certamente il problema del contrasto nei confronti degli immigrati che vengono qui a compiere reati, dall'altro vi è il problema che la nostra economia (che oltretutto in questo momento è in crisi ed è stressata) non può sostenersi, per tutta Pag. 40una serie di attività di lavoro, senza la presenza di immigrati che vengono qui a lavorare, ad accrescere il proprio status sociale e ad offrire un'opportunità di crescita e di sviluppo anche al nostro Paese.
Credo che proprio le istanze che vengono espresse dal mondo imprenditoriale del Paese e da migliaia di famiglie nel nostro Paese, che possono avere assistenza attraverso badanti o altre persone che svolgono un'attività sociale importante e significativa, porteranno, come conseguenza, la necessità di ragionare, da questo punto di vista, in modo diverso.
Sappiamo bene che ci sono alcuni lavori che i ragazzi e le ragazze italiane non vogliono più svolgere; sappiamo bene che il futuro del mondo necessita di politiche di integrazione. Sappiamo bene, anche per porre in essere azioni di contrasto contro chi viene qui per delinquere e compiere azioni non rispettose delle leggi del nostro Paese, che occorre distinguere, signor Ministro, in maniera più chiara e più precisa, tra persone per bene e persone che vengono qui a delinquere. Se mettiamo tutti nella stessa barca favoriremo soltanto chi viene qui a delinquere. Noi crediamo che bisogna fare, invece, un forte lavoro da questo punto di vista, uscendo dalle ideologie, dagli ideologismi e dalle interpretazioni che possano portare ad ottenere, probabilmente per un breve periodo, qualche consenso elettorale in più; occorre lavorare se si vuole essere degli statisti e delle persone che guardano al futuro del Paese, in modo da poter governare un fenomeno così importante.
Si tratta, pertanto, di un provvedimento contraddittorio che prosegue la politica dei decreti-legge di questo Governo, degli interventi a pioggia e della foglia di carciofo. Pensiamo ed auspichiamo che si possa invece fare una discussione seria su un provvedimento organico che affronti complessivamente le questioni relative alle forze dell'ordine, al comparto dell'immigrazione e alle politiche per il contrasto alla criminalità organizzata. Serve uno sforzo del sistema Paese. Questi provvedimenti rischiano soltanto di dividere ulteriormente il Paese, le forze politiche, le forze sociali e questo non va bene per l'Italia e per il futuro del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni sulle proposte emendative presentate.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, quasi tutte, anzi tutte, le proposte emendative, sono state già esaminate in Commissione. Alcune, oggettivamente, propongono possibilità di modifiche, ma il decreto-legge, come si sa, è in scadenza: scade il 1o dicembre. Quindi, purtroppo, siamo costretti ad esprimere parere contrario su tutte le proposte emendative presentate, suggerendo (lo vedremo nel seguito della discussione) la presentazione di qualche ordine del giorno su specifici punti.

PRESIDENTE. Il Relatore per la II Commissione?

MAURIZIO SCELLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, il parere è conforme a quello espresso dall'onorevole Santelli.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dai relatori con la stessa riserva di illustrare meglio le ragioni per ciascun singolo emendamento.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse, sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento che riprenderà alle ore 16.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa alle 15.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderà il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Politiche del Governo per lo sviluppo del Mezzogiorno - n. 3-00250)

PRESIDENTE. L'onorevole Nucara ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-00250, concernente politiche del Governo per lo sviluppo del Mezzogiorno (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, nel 1975 Ugo La Malfa scriveva una lettera a Montanelli. In tale lettera, tra l'altro, diceva: «Sono nato in una regione tra le più disperate del Mezzogiorno, quel Mezzogiorno di cui tanto si parla senza pressoché nulla concludere». Ugo La Malfa scriveva questa lettera nel 1975, più di trent'anni fa e oggi si ha l'impressione che questo «pressoché nulla concludere» sia di grande attualità.
Abbiamo proposto questa interrogazione, signor Ministro, per capire soprattutto la politica del Governo sul Mezzogiorno e, in particolare, sull'utilizzo dei fondi FAS, che sono destinati alle aree sottosviluppate, che il Governo utilizza o ha utilizzato e in parte, secondo noi, intende utilizzare - mi auguro di essere smentito dalla sua risposta - per altri fini.

PRESIDENTE. Onorevole Nucara, la prego di concludere.

FRANCESCO NUCARA. Mi riferisco, anche se non c'è nell'interrogazione e concludo subito, signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Nucara, deve concludere, per cortesia...

FRANCESCO NUCARA. ...al fatto che in Calabria c'era la direzione regionale delle dogane, che ora viene tolta da questo ministero. Si può dire che si trattava di un bicchiere d'acqua in mezzo al deserto, ma in mezzo al deserto un bicchiere d'acqua è anche una risorsa.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Nucara che mi dà la possibilità di chiarire la politica del Governo, a favore del Mezzogiorno. Il Governo ha orientato la sua azione, onorevole Nucara, affinché le risorse destinate al riequilibrio territoriale siano più puntualmente concentrate su obiettivi strategici, così da conseguire un loro più efficace utilizzo per permettere al Mezzogiorno di avviare definitivamente quel processo di sviluppo che tutti auspichiamo. Per attivare tale processo di concentrazione strategica delle risorse, il Parlamento - sostenendo la politica del Governo - ha approvato, come lei sa, la legge di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, che prevede articoli relativi alla revoca di precedenti assegnazioni del CIPE per rafforzare la concentrazione su interventi di rilevanza strategica e non su una miriade di interventi a pioggia (come avveniva in passato) a favore del Fondo per il potenziamento delle rete infrastrutturale e per la ricognizione delle risorse non ancora impegnate al fine di una loro riprogrammazione.
Con riferimento in particolare al Fondo per il potenziamento della rete infrastrutturale, il CIPE - nella riunione dello scorso 19 novembre - ha preso atto che il nuovo fondo avrà una dotazione finanziaria complessiva di 12,7 miliardi di euro. Le risorse del Fondo saranno attribuite - vengo ad un altro aspetto della sua interrogazione - almeno per l'85 per cento a favore di interventi da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno.Pag. 42
Per quanto riguarda l'utilizzo del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) per scopi diversi, si segnala che una parte, che comunque rappresenta meno del previsto 15 per cento del Fondo, è stata destinata per infrastrutture e altri interventi anche per aree del Mezzogiorno: un miliardo per la viabilità in Calabria e in Sicilia, 451 milioni per i rifiuti in Campania, 240 milioni di euro per la gestione dei rifiuti nei grandi comuni meridionali. È, infine, opportuno ricordare che nell'emendamento al disegno di legge finanziaria, recentemente votato proprio dalla Camera, è stato ribadito il vincolo di destinazione dei fondi FAS per l'85 per cento a favore delle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno.
Si evince, quindi, da quanto ho detto, spero con chiarezza, che il Governo è impegnato in una politica che possa - attraverso vari strumenti - riprendere le opere infrastrutturali soprattutto nel Mezzogiorno per dare nuovo impulso alla ripresa dell'economia nelle aree territoriali, onorevole Nucara, che stanno a cuore a lei, al Governo e, se permette, anche al sottoscritto.

PRESIDENTE. L'onorevole Nucara ha facoltà di replicare per due minuti.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro, non poteva mancare una risposta positiva da parte del Governo, ma come ho scritto nell'interrogazione - al di là del principio dell'assegnazione dei fondi - vorrei che lei, che è un uomo del Mezzogiorno, ma è soprattutto un Ministro del Paese non del Mezzogiorno, valutasse a consuntivo quanto di quell'85 per cento poi viene speso nel Mezzogiorno.
Lei sa meglio di me che un conto è programmare risorse per il Mezzogiorno e un altro conto è attuarle. Spesso, come è scritto nell'interrogazione, si arriva alla fine dell'anno e il Mezzogiorno, per sua colpa, non ha utilizzato quei fondi e il Governo, qualunque Governo, tutti i Governi - ma questo è anche il mio Governo, faccio parte di questa maggioranza e voglio sostenere questo Governo parlamentarmente e politicamente - poi, alla fine, per ragioni burocratiche e per ragioni tecniche, non spendono le risorse che hanno assegnato programmaticamente al Mezzogiorno. Per carenze del Mezzogiorno, ma anche per malizia della pubblica amministrazione nazionale, queste risorse non vengono poi definitivamente spese nel Mezzogiorno; ciò porta poi all'impoverimento infrastrutturale.
Vorrei che nel Mezzogiorno non ci fossero soltanto regalie, ma una rete infrastrutturale per porlo nelle stesse condizioni dell'altra parte del Paese. Poi vedremo se i meridionali hanno la capacità di farsi valere, perché se non riuscissero nemmeno quando avessero tutte le infrastrutture materiali e immateriali a risolvere i loro problemi, allora forse sarebbe meglio abbandonare il Mezzogiorno al proprio destino.

(Misure per l'erogazione di adeguati finanziamenti a favore delle scuole paritarie - n. 3-00251)

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00251, concernente misure per l'erogazione di adeguati finanziamenti a favore delle scuole paritarie (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio per essere qui; le famiglie italiane che mandano i loro figli nelle scuole paritarie sono estremamente preoccupate. Come è noto, sono previsti tagli nel bilancio dei contributi alle scuole paritarie di 133 milioni sui 535 decisi; un taglio che corrisponde ad una percentuale molto maggiore rispetto ai tagli che sono stati fatti per le scuole statali.
Il Governo ha chiesto addirittura alla maggioranza di ritirare un emendamento che ripristinava immediatamente questi fondi (tale emendamento prevedeva di riportare lo stanziamento ai 535 milioni previsti).Pag. 43
Le famiglie, soprattutto quelle che mandano i loro figli alle scuole materne ed elementari (strutture diffuse capillarmente sul territorio e che erogano una servizio pubblico di straordinaria importanza), vedono anche a rischio i soldi che riguardano la finanziaria 2009. Chiediamo cosa intenda fare il Governo su un problema così grave.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, come lei sa, onorevole Santolini, le risorse finanziarie disponibili per le scuole paritarie sono definite annualmente con la legge di bilancio e per l'anno 2008 ammontano complessivamente a 534 milioni di euro. I contributi alle scuole paritarie sono erogati sulla base dell'anno scolastico, pertanto sono già stati erogati i contributi relativi all'anno scolastico 2007-2008 per i quattro dodicesimi dall'esercizio finanziario 2007 e per otto dodicesimi riferiti all'esercizio finanziario 2008. Per i contributi da assegnare nell'anno scolastico 2008-2009 varranno naturalmente le risorse che saranno stanziate nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione per l'anno 2009. Per il prossimo esercizio finanziario 2009 è prevista, per ora, l'erogazione di contributi alle scuole paritarie pari alla somma complessiva di 401 milioni di euro.
In relazione a ciò il Ministro dell'istruzione, in attesa di definire i criteri e i parametri per l'erogazione dei contributi per l'anno scolastico 2008-2009, ha inviato agli uffici scolastici regionali una circolare per l'utilizzo comunque delle risorse relative ai quattro dodicesimi del 2008. È stata inoltre diramata una circolare per invitare gli uffici scolastici regionali ad erogare, sotto forma di anticipi, le risorse relative al periodo settembre-dicembre 2008, per consentire comunque l'utilizzo delle risorse disponibili ad anno scolastico già iniziato.
Peraltro, nei primi giorni del mese di novembre, gli uffici scolastici regionali hanno segnalato la presenza di accantonamenti sulle risorse disponibili. Tali accantonamenti ammontano complessivamente a 100 milioni di euro e sono stati disposti in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2008 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 635, della legge finanziaria relativa al 2006.
In relazione a quanto sopra, posso assicurarle che il Ministero dell'istruzione è in contatto con il Ministero dell'economia per il ripristino a breve dell'intera somma, e posso confermare quanto da lei richiamato, con riferimento all'esame dell'ultima legge finanziaria, qui alla Camera, ossia il parere favorevole che il Governo ha espresso su alcuni ordini del giorno presentati da taluni parlamentari della maggioranza, ma non solo di essa, che invitavano il Governo stesso ad impegnarsi in tal senso.

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro, ma avendo ascoltato la sua risposta sono ancora più preoccupata, se così mi posso esprimere. Sappiamo, infatti, che un ordine del giorno non si nega a nessuno, quindi gli ordini del giorno non sono vincolanti per il Governo, sono un auspicio, una speranza.
Gli accantonamenti che ci sono nelle regioni sono per 100 milioni di euro mentre ciò che manca, invece, è una cifra molto maggiore. Il fatto che lei mi assicuri che il ripristino dell'intera somma avverrà a breve non mi tranquillizza perché questi soldi dovevano già essere stati erogati e si dovevano già trovare nelle tasche delle scuole che stanno aspettando di pagare stipendi, luce e riscaldamento. Quindi, non è accettabile sentirsi dire che ci sarà il ripristino a breve dell'intera somma.
Inoltre, sappiamo bene che la circolare, che deve restituire i quattro dodicesimi non ancora erogati, è stata mandata in giro, ma sappiamo anche che si era risposto che i fondi non c'erano e che non Pag. 44erano stati trovati. Adesso lei mi dice che ci sono 100 milioni di accantonamento: ne prendiamo buona nota, ma rimane il problema per la finanziaria per il 2009, per cui i milioni sono 401 e non i 535 previsti; pertanto si tratta di un ulteriore taglio anche con riferimento alla prossima legge finanziaria.
Quindi, qui si va di taglio in taglio a fronte di una necessità delle scuole paritarie che erogano un servizio alle famiglie. Ricordo, a chi ci sta ascoltando, che queste scuole si pagano anche con cifre non indifferenti ed esse ricevono dallo Stato un contributo misero rispetto al servizio che erogano. Se tutte le famiglie decidessero di iscrivere i loro figli nelle scuole statali - lei lo sa meglio di me, Ministro - il sistema scolastico italiano sarebbe al collasso perché nessuno potrebbe improvvisamente accogliere due milioni di bambini, che sono quelli che frequentano le scuole paritarie.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Ritengo che lo Stato non si possa rivalere tagliando poche centinaia di milioni di euro quando sulle famiglie, che iscrivono i figli alle scuole paritarie, lucra e risparmia ben sei miliardi di euro all'anno. Pertanto, noi chiediamo l'immediato ripristino delle cifre che non sono state ancora erogate.

(Misure per l'erogazione delle risorse assegnate per l'anno 2008 a favore delle scuole paritarie - n. 3-00252)

PRESIDENTE. L'onorevole De Pasquale ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00252, concernente misure per l'erogazione delle risorse assegnate per l'anno 2008 a favore delle scuole paritarie (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, signor Ministro, come vede quella delle risorse alle scuole paritarie è una grossa preoccupazione.
Ad oggi più di 500 mila bambini, su un totale di poco più di un milione 600 mila, frequentano le scuole dell'infanzia paritarie; poco meno di 200 mila su quasi tre milioni frequentano le scuole primarie paritarie. Tali scuole sono parte integrante del sistema dell'istruzione pubblica e sono presenti in ben 4 mila 800 comuni su circa 8 mila ed offrono un servizio essenziale alle comunità territoriali. Immagini, quindi, per quanti alunni i tagli di 133 milioni di euro sui Fondi per le scuole paritarie dell'infanzia e primarie previsti nella legge finanziaria 2009 e quelli ai fondi già stanziati nel 2008 inspiegabilmente spariti nel nulla, potrebbero mettere a serio rischio la prosecuzione dell'anno scolastico in corso e che gravissimo disagio si creerebbe per numerose famiglie. Infatti, se i contributi relativi ai primi quattro mesi dell'anno scolastico 2008-2009 non saranno erogati entro la metà di dicembre...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA DE PASQUALE. ...non saranno più recuperabili. Quindi, i tagli di 140 milioni di euro si uniranno a quelli di 133 milioni di euro. Chiediamo dove sono finiti i fondi e vogliamo che vengano recuperati.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, mi consenta innanzitutto di esprimere il compiacimento del Governo, e mio personale, per il fatto che sul tema delle scuole paritarie si registra un interesse non ideologico da parte di tutti i gruppi parlamentari, anche di quello del Partito Democratico. L'onorevole interrogante giustamente esprime preoccupazione per il decremento dei fondi delle scuole paritarie, che inciderebbero effettivamente, in particolare, sulle scuole dell'infanzia le quali permettono, come è noto, un'erogazione estesa di tale importante servizio educativo.Pag. 45
L'Esecutivo è pienamente consapevole che la riduzione dei finanziamenti per le scuole paritarie comporterebbe conseguenze sulle famiglie, in particolare per coloro che iscrivono i propri bambini alle scuole dell'infanzia paritarie, che costituiscono oggi l'80 per cento dell'offerta formativa sul territorio. Al riguardo, posso confermare quanto già risposto poco fa all'onorevole Capitanio Santolini sull'impegno che il Governo ha assunto - che è formale e sostanziale, onorevole Capitanio Santolini - nell'aderire agli ordini del giorno presentati alla Camera e ad altri analoghi ordini del giorno presentati al Senato, al fine di destinare alle scuole paritarie le risorse che erano state previste negli anni precedenti, e l'impegno ad intervenire per la questione della riduzione dei fondi di 133 milioni di euro. Anche qui posso confermare quanto ho dichiarato in precedenza e confermo la possibilità di immediato utilizzo dell'accantonamento di 100 milioni di euro, che si è reso disponibile in seguito alla sentenza della Corte costituzionale.
Questo accantonamento sicuramente non supera la riduzione dei fondi che si è resa conseguenza grazie al taglio lineare che era previsto dal decreto-legge n. 112 del 2008, che è conseguenza anch'esso di una grave situazione di crisi economica e finanziaria che attraversa non solo il nostro Paese; esso, tuttavia, sicuramente potrà contribuire nell'immediato a superare le situazioni di crisi nelle quali verserebbero altrimenti le scuole paritarie.

PRESIDENTE. L'onorevole De Torre, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, non ci possiamo dire soddisfatti, in primo luogo, per un motivo tecnico, poiché il dottor Dutto, con una nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, n. 11052 del 17 ottobre 2008, aveva già demandato i pagamenti per un quarto, quattro dodicesimi che corrispondono a 140 milioni di euro. Quindi, ci si chiede dove siano finiti questi soldi. Perché bisogna utilizzare un accantonamento di 100 milioni, che se viene pagato nei primi mesi del 2009 rende inutilizzabili tali risorse per la contabilità dello Stato?
Non siamo soddisfatti anche perché ricordiamo i tagli sulle scuole paritarie operati dal Governo Berlusconi 2001-2006, che sono stati reintegrati nelle leggi finanziarie per il 2007 e per il 2008. Quindi, ci chiediamo come mai il Governo operi dei tagli sulle scuole che fanno parte del sistema pubblico di istruzione, che appartengono ai comuni oppure a enti non profit. Ci domandiamo quale ne sia il motivo, perché operi tagli lineari senza rendersi conto delle conseguenze che provocano. Sappiamo, infatti, che condizioni e che tagli subiscono i comuni - alla faccia del federalismo! - e sappiamo quante scuole gestite da enti non profit stiano chiudendo ogni anno.
Qual è il motivo di questi tagli? Forse questo Governo non è d'accordo sulla legge 10 marzo 2000, n. 62, sulle scuole paritarie o forse vuole passare ad un altro sistema: invece di finanziare l'offerta, intende finanziare la domanda? Ma se così fosse, credo che andrebbe fatta chiarezza e il Governo dovrebbe dirlo, altrimenti noi confermiamo la nostra grave preoccupazione.

(Iniziative normative per modificare la disciplina del soggiorno obbligato, con particolare riferimento ai condannati per il reato di associazione di tipo mafioso - n. 3-00253)

PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00253, concernente iniziative normative per modificare la disciplina del soggiorno obbligato, con particolare riferimento ai condannati per il reato di associazione di tipo mafioso (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

MARCO RONDINI. Signor Presidente, premesso che in data 20 novembre 2008, Pag. 46svariate agenzie di stampa e testate giornalistiche riportavano la notizia secondo cui Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss mafioso Salvatore Riina, condannato per associazione mafiosa, attualmente sottoposto alla sorveglianza speciale con soggiorno obbligato e all'obbligo di firma in commissariato per tre anni, in quanto soggetto «socialmente pericoloso», avrebbe presentato istanza al tribunale di Palermo per potersi trasferire da Corleone. In particolare, il Riina avrebbe espresso la volontà di trasferirsi a Cernusco sul Naviglio in provincia di Milano, dove avrebbe ricevuto un'offerta di lavoro presso un'azienda del settore dell'edilizia.
Il fatto che Giuseppe Salvatore Riina, che non può essere considerato un delinquente qualunque che tenta di reinserirsi nel mondo del lavoro, ma che per il cognome che porta è un vero e proprio simbolo di Cosa Nostra, abbia ricevuto un'offerta di lavoro da un comune del nord legittima i sospetti di possibili contatti con reti mafiose presenti sul territorio della provincia di Milano.
Chiediamo, dunque, se sia intenzione del Governo procedere ad una modifica della disciplina del soggiorno obbligato, in particolare per i condannati per il reato di associazione mafiosa.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Ministro della giustizia ha fatto sapere che non risulta che Giuseppe Salvatore Riina abbia depositato alcuna istanza al tribunale ovvero alla corte d'appello di Palermo nell'intento di potersi trasferire da Corleone a Cernusco sul Naviglio.
Ad ogni buon conto, si segnala che l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale può essere imposto, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 1423 del 1956, riguardante le misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose, quando altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica.
Tale disposizione è applicabile, come noto, sulla base della legge antimafia anche agli indiziati che appartengono ad associazioni di tipo camorristico, mafioso o ad altre associazioni comunque denominate. La Cassazione ha precisato che la particolare pericolosità che la legge richiede per l'applicazione del soggiorno obbligato discende non solo e non tanto dal grado di temibilità dell'individuo, quanto dalle caratteristiche della pericolosità stessa, valutate in relazione alle ragioni ed alle condizioni ambientali nelle quali si trova la persona da sottoporre a misura di prevenzione.
Nel far presente, comunque, rispondendo ad un altro aspetto della sua interrogazione, che non sono allo studio specifiche iniziative legislative da parte del Governo volte a modificare l'attuale normativa, appare opportuno evidenziare l'intrinseca complessità dell'attuale impianto normativo stesso e che tale normativa appare, comunque, tuttora congruente e in grado di scongiurare il verificarsi di fenomeni negativi del tipo di quelli segnalati dall'interrogante.

PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di replicare.

MARCO RONDINI. Signor Presidente, ci riteniamo soddisfatti, anche se solo in parte, nel senso che ci auguriamo che non debba capitare ai cittadini di Cernusco sul Naviglio di vedersi piombare lì da un momento all'altro questo personaggio.
L'istituto del soggiorno obbligato, nella sua applicazione, in realtà ha costituito nel corso degli anni il veicolo di trasferimento di attività criminali, facendo compiere, in special modo nelle regioni del nord del Paese e nelle regioni della Padania, un salto di qualità di quella criminalità organizzata che, a partire dagli anni Cinquanta, ha cominciato a diffondersi anche dove, fino ad allora, tale fenomeno era sconosciuto.
L'immigrazione interna ha portato le condizioni e ha costituito il brodo di coltura perché il fenomeno mafioso si diffondesse anche al nord. Insieme a tanti Pag. 47uomini e donne onesti, che si spostavano per lavoro, si sono trasferiti al nord anche individui che avevano quale unico scopo l'incistarsi in Padania della criminalità di stampo mafioso.
Ora, alla luce di questo pessimo risultato nella sua applicazione, questo istituto va cambiato; nonostante i buoni propositi del legislatore che lo elaborò, è chiaro che questo istituto ha favorito, di fatto, il trapianto della mafia.
Chiediamo, dunque, che il Governo urgentemente ponga mano e risolva la questione, anche se ci avete detto che la legge e la normativa oggi vigente dovrebbe scongiurare questa eventualità, cioè che questo personaggio si trasferisca a Cernusco sul Naviglio.
Nel caso specifico, ci attiveremo comunque con ogni mezzo lecito affinché la comunità di Cernusco sul Naviglio non debba subire passivamente l'arrivo di questo ospite sgradito.
Ritengo che questa persona - e chi come lui può vantare un'esperienza criminale simile - debba scontare la pena a casa propria, dove meglio, presso la propria comunità, potrà dimostrare di essersi ravveduto. Non è diffondendo le cellule malate in tutto l'organismo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO RONDINI. ...composto dalle nostre comunità regionali che si può fermare il cancro rappresentato dal fenomeno della mafia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Misure a sostegno dei giovani lavoratori, con particolare riferimento ai cosiddetti lavoratori atipici - n. 3-00254)

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00254, concernente misure a sostegno dei giovani lavoratori, con particolare riferimento ai cosiddetti lavoratori atipici (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, noi del gruppo dell'Italia dei Valori vogliamo esprimere qui la nostra preoccupazione per le notizie che si diffondono, perché facciamo riferimento, come lei ricordava, ai precari, ovvero i più deboli ed indifesi di fronte alle minacce della crisi economica.
Le notizie di questi giorni parlano di cifre impressionanti. Cito soltanto un dato, denunciato dalla CGIL: in 400 mila, almeno, resteranno a casa per Natale alla scadenza dei contratti.
Dietro queste cifre, dietro questi numeri, ci sono donne e uomini - stiamo parlando di persone, di gente viva in carne ed ossa, di sangue e nervi - gente sulla cui pelle bruceranno i carboni ardenti della crisi.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, deve concludere.

FABIO EVANGELISTI. Proprio perché stiamo parlando dei lavoratori più instabili ed insicuri (quasi un milione di posti di lavoro, i cosiddetti contratti atipici), vogliamo sapere se nei loro confronti c'è attenzione per la loro profonda insicurezza dovuta alla mancanza di continuità nel rapporto di lavoro e ad un reddito inadeguato (un reddito, appunto, con riferimento a quelli che erano i contenuti della legge Biagi).
Per tale ragione, chiediamo al Governo che cosa intenda fare.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Evangelisti, il Governo è sicuramente attento e consapevole della necessità di provvedere, con appositi interventi legislativi, a sostenere i lavoratori che, come lei giustamente diceva, sono i più esposti alle conseguenze dell'attuale crisi finanziaria ed economica di livello internazionale, cioè i lavoratori cosiddetti atipici.Pag. 48
In questo senso, sono in grado di confermare a lei e al Parlamento che nella prossima seduta di venerdì del Consiglio dei ministri sarà presentato un «pacchetto anticrisi» già illustrato, del resto, alle parti sociali, che contiene misure volte a sostenere l'occupazione, i redditi delle famiglie, il rilancio dei consumi e la riduzione del costo dei mutui.
Obiettivo primario del Governo è quello di tutelare il reddito attraverso misure volte alla protezione del reddito dei tanti lavoratori che, a causa delle difficoltà del mercato, potrebbero perdere il posto di lavoro, e attraverso l'estensione dei cosiddetti ammortizzatori sociali in deroga, che sono proprio rivolti ai lavoratori atipici ai quali lei ha fatto riferimento.
Nel «pacchetto anticrisi» - posso anche qui confermarlo - saranno previsti stanziamenti per gli strumenti di sostegno al reddito in deroga alla normativa vigente, con ulteriori 600 milioni di euro rispetto a quelli già contenuti nel disegno di legge finanziaria per il 2009 (somma, tra l'altro, già incrementata con un apposito emendamento proprio per fare fronte agli effetti della crisi).
Inoltre, in tale pacchetto sarà valorizzato il ruolo degli enti bilaterali ai quali verrà richiesto di concorrere quanto più possibile al sostegno dei redditi dei lavoratori colpiti da disoccupazione.
Verrà, altresì, valorizzata la partecipazione delle regioni prevedendo una maggiore corresponsabilità negli interventi e non solo per i profili formativi, come avviene attualmente.
Trattasi quindi - ripeto e confermo di nuovo - di misure attualmente in via di approvazione, attraverso le quali saranno sostenuti coloro che risultano i più colpiti dalla grave crisi in atto.
Il Governo confida che tali misure all'esame del Consiglio dei ministri possano essere poi definitivamente e rapidamente esaminate ed approvate dal Parlamento con il consenso di tutte le forze politiche.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare.

FABIO EVANGELISTI. La ringrazio, signor Ministro. Vorrei tanto poterle credere e credo di interpretare il pensiero di tanti che ci ascoltano da casa.
Lei poco fa ha detto che venerdì ci saranno i provvedimenti, ha parlato di 600 milioni di euro: le ricordo che ne serviranno almeno 500 soltanto per la cassa integrazione guadagni. Quindi, i provvedimenti che lei ha qui preannunciato francamente, quand'anche venissero messi in atto, non credo siano sufficienti ad affrontare il peso della crisi.
Poniamo ed insistiamo su questo punto perché l'idea di mantenere alto il livello dei consumi non può essere disgiunta dall'effettiva sicurezza del reddito dei potenziali consumatori: i giovani sono il principale motore del consumo e vincolarli ad una condizione di precariato costante ne depotenzia la propensione naturale all'investimento.
Il fatto poi, signor Ministro, è che lei adesso, oggi, in quest'Aula ci dice una cosa del genere (e - ripeto - vorrei tanto poterle credere), ma su la Repubblica di questa mattina, a firma di Claudio Tito, c'è una ricostruzione di un incontro avvenuto tra suoi autorevoli colleghi, dal quale emerge, con tutta chiarezza, che Berlusconi non è Babbo Natale e che gli italiani sotto l'albero non troveranno alcun regalo.
Dopo gli annunci, i tanti annunci, in pompa magna di Babbo Natale-Berlusconi sulla detassazione delle tredicesime, ad esempio, arriva la clamorosa marcia indietro ordinata da Giulio-Mani di forbice, ovvero il Ministro Tremonti, l'Ebenezer Scrooge di dickensiana memoria, quello che dice sempre di no. Forse lei lo ricorderà nelle sue letture dell'infanzia: è quello che nasconde la borsa dei denari, che non concede più nulla, nient'altro che il tenue salario di 15 scellini la settimana, al suo impiegato.
Lo dica, quindi, signor Ministro, o almeno mi smentisca: non ci sono i soldi per sostenere concretamente tante famiglie italiane.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, deve concludere.

Pag. 49

FABIO EVANGELISTI. Non ci sono i soldi per sostenere una nuova generazione di lavoratori atipici. Rimangono solo le favole raccontate da questo Governo, che non hanno neanche il bel finale delle favole di Dickens (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative del Governo in materia di sicurezza stradale, con particolare riferimento alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della pirateria stradale - n. 3-00255)

PRESIDENTE. L'onorevole Bocciardo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cicchitto n. 3-00255, concernente iniziative del Governo in materia di sicurezza stradale, con particolare riferimento alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della pirateria stradale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

MARIELLA BOCCIARDO. Signor Presidente, signor Ministro, con questa interrogazione voglio ricordare che nell'ultimo periodo, ancora una volta, è stato consegnato in dote al Paese l'ennesimo bollettino di morte sulle strade.
Non entro nel dettaglio di tale bollettino (lo troverete agli atti), ma vorrei solo ricordare che nei primi dieci mesi del 2008, gli episodi di pirateria stradale ammontano a 245, con 69 vittime, di cui 32 pedoni; di questi, 188 episodi hanno un autore noto. Circa il 50 per cento dei pirati è stato trovato positivo all'alcool e alle sostanze stupefacenti.
Il Governo si è mosso da tempo per inasprire le pene e per predisporre maggiori controlli e severità, tanto che le 29 vittime degli incidenti stradali verificatisi nell'ultimo weekend sulle strade italiane, risultano essere 8 in meno rispetto allo stesso weekend del 2007; questi provvedimenti risultano, però, ancora insufficienti.
Chiedo, quindi, al Ministro interrogato quali ulteriori iniziative intenda adottare al fine di prevenire, sensibilizzare, informare in maniera efficace, a supporto di quanto già fatto, e per reprimere il fenomeno.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, che ringrazio perché oggi veste gli abiti di diversi Ministri, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il problema della sicurezza stradale costituisce, senza dubbio, un importante questione per il nostro Paese dal punto di vista sociale e sanitario. Seppure nella tragicità degli eventi, onorevole Bocciardo, posso confortarla, in qualche modo, che le recenti statistiche dell'ISTAT relative al 2007 evidenziano comunque un calo degli incidenti (meno 3 per cento), dei decessi (meno 9 per cento) e dei feriti (meno 2 per cento).
Come lei sa il Governo ha svolto un intenso lavoro che ha visto concretizzarsi una serie di iniziative, anche di tipo legislativo, tra le quali vogliamo ricordare il decreto-legge in materia di sicurezza, che ha inasprito le pene per le violazioni per guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, fino ad arrivare alla confisca del veicolo. Ulteriori proposte sono all'attenzione del Senato in sede di approvazione del disegno di legge in materia di sicurezza.
Peraltro, il Governo è consapevole che occorre fare ogni sforzo in tale delicata materia per contrastare il fenomeno della guida in stato di ebbrezza e intende ringraziare le forze dell'ordine, che con la loro intensa collaborazione hanno comportato un notevole incremento di controlli su strade (in particolare, nel primo semestre del 2008, si sono avuti più di 120 mila controlli al mese ed entro la fine dell'anno si prevede di superare il numero di un milione di controlli all'anno).
In riferimento, in particolare, agli episodi di pirateria della strada da lei ricordati, si ricorda che le ultime modifiche intervenute al codice della strada hanno reintrodotto il reato penale di rifiuto di sottoporsi ai controlli, per quanto attiene alla guida sotto l'effetto di alcool e di Pag. 50sostanze stupefacenti, e che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il concorso della Conferenza unificata Stato-regioni, ha avviato il processo di riforma complessiva del codice della strada: una riforma complessiva potrà essere l'occasione per l'approfondimento e la definizione di specifiche misure di contrasto per la pirateria stradale.
Signor Presidente, mi consenta di informare lei e la Camera intera, che ho avvertito tutti i colleghi Ministri della necessità di intensificare la loro disponibilità alla partecipazione al question time, che il Governo ritiene essere un indispensabile strumento di sindacato ispettivo a disposizione non solo del Parlamento e del Governo, ma anche dell'intero Paese, essendo prevista la diretta televisiva.

PRESIDENTE. A maggior ragione la ringrazio. L'onorevole Bocciardo ha facoltà di replicare.

MARIELLA BOCCIARDO. Signor Presidente, signor Ministro, sono assolutamente soddisfatta della risposta che lei mi ha dato e direi che è anche una risposta a quanto accaduto domenica 16 novembre, giornata del ricordo di chi ha perso la vita sulla strada. Nello stesso giorno in molte città italiane i monumenti si sono illuminati per dare luce alle strade. Bene quindi le sanzioni che sono state previste nel decreto di maggio e l'inasprimento delle pene, ma mi auguro che non si verifichino più scarcerazioni facili o arresti domiciliari. In effetti, noi ci domandiamo e tutti si domandano se è giusto concedere gli arresti domiciliari a chi dimostra di disprezzare così la vita e, inoltre, lo consideriamo un atto di ingiustizia nei confronti delle famiglie delle vittime. Comunque, va bene il lavoro che si sta facendo. Mi permetto di consigliare di porre l'accento sulla prevenzione. L'incidente è il muro su cui si vanno a schiantare comportamenti che, a loro volta, sono provocati da abitudini, mode, sballi da discoteca, mix di alcool e droghe. Quindi, occorrono più informazione ed educazione civica nelle scuole - come già è stato detto - test antidroga ai neopatentati, campagne di sensibilizzazione con immagini forti e di impatto che diano coscienza e consapevolezza ai giovani, agli adulti e alle famiglie del fatto che la vita è un bene prezioso che va reciprocamente rispettato. L'impegno del Governo c'è e sono convinta che, lavorando in questa direzione, otterremo buoni risultati. Grazie, Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Conte è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta odierna si sono conclusi gli interventi sul complesso degli emendamenti e i relatori e il rappresentante del Governo hanno espresso il parere sulle proposte emendative presentate.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Passiamo quindi alla votazione dell'emendamento Ferranti 1.1.Pag. 51
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, l'articolo 1, che vogliamo emendare, incide su disposizioni di recente approvazione: nel maggio di quest'anno è stato approvato il decreto legislativo 30 maggio 2008 n. 109. Quest'ultimo fissava una serie di scadenze: ad appena tre mesi di distanza torniamo a legiferare su questo stesso tema e proroghiamo le scadenze fissate appena tre mesi fa.
Questo è il segno di una modalità di produzione legislativa affrettata e superficiale che confligge con le esigenze di stabilità, di certezza e di semplificazione della legislazione che dovrebbero essere valori irrinunciabili per ogni legislatore.
Il decreto legislativo n. 109 inoltre - è questo motivo del nostro emendamento - non ha fornito una soluzione univoca in ordine alla categoria dei dati di traffico da conservare. Non viene specificato se l'indirizzo di destinazione del sito costituisca dato esterno da conservare o dato di contenuto da cancellare. L'emendamento mira a chiarire che, tra i dati del traffico telematico cosiddetti esterni, che i provider sono tenuti a conservare per fini di accertamento e di prevenzione dei reati, rientra anche l'indirizzo IP di destinazione ovvero l'indirizzo del sito visitato.
Tale modifica consentirebbe di rafforzare le potenzialità delle indagini di polizia giudiziaria, contribuendo a rendere più efficaci le condizioni di contrasto a crimini efferati come il terrorismo e come i delitti associativi che sempre più spesso usano la rete per tessere relazioni e svolgere attività illecite.
Mi chiedo che differenza vi sia tra il numero di telefono chiamato contenuto nei tabulati telefonici, considerato dato da conservare, e l'indirizzo del sito visitato che, invece, è considerato dato da cancellare. Non sottovaluto il delicatissimo problema che sottende il bilanciamento di questi due interessi. Non lo sottovaluto e in proposito abbiamo a disposizione un'ampia letteratura.
So quanta cautela si debba avere nella valutazione di diritti costituzionalmente garantiti, come la tutela della riservatezza, da una parte, e la necessità di indagine per perseguire reati terribili e odiosi, come quelli di associazione criminale o come quello di terrorismo, dall'altra. Vi è un interesse pubblico alla sicurezza nazionale, alla repressione e prevenzione dei reati, che giustifica un restringimento della sfera del diritto alla riservatezza, a cui tutti noi teniamo, soprattutto in un momento in cui la pervasività della nuova tecnologia è tale che sicuramente la nostra vita privata è messa fortemente in discussione ed è messa fortemente a rischio. Ma all'interno del codice della privacy vi sono norme che chiudono il sistema, norme di tutela sufficienti, il cui buon uso impedisce il rischio che naturalmente tutti noi sappiamo sempre incombere. Allora, credo che ciò che manchi veramente sia la cultura della riservatezza ed è a questo che dobbiamo lavorare.

PRESIDENTE. Deve concludere onorevole.

MARILENA SAMPERI. Concludo subito, ricordando che l'indirizzo del sito visitato, così come è accaduto spesso sia in ambito nazionale sia in ambito internazionale, potrebbe fornire importanti informazioni in riferimento soprattutto a reati di terrorismo e di criminalità organizzata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, su questo primo emendamento (che non è un riferimento costituzionale statunitense) alle considerazioni che abbiamo ascoltato dalla collega che mi ha preceduto, dobbiamo aggiungerne forse altre, in relazione alla conservazione dei dati che l'articolo in esame prevede. È evidente che su questa vicenda vi sono questioni ancora aperte, che riguardano appunto la conservazione dei dati stessi.Pag. 52
L'articolo 1, come appare dal testo, interviene con una proroga anche determinata fino al 31 marzo 2009, sia con riferimento alla lettera a) sia con riferimento alla lettera b). In questo senso, vi sono tavoli aperti all'interno delle diverse istituzioni, che cercano di garantire, da un lato, le esigenze di pubblica sicurezza e di garanzia dell'autorità giudiziaria, dall'altro, quelle giuste e necessarie di riservatezza e di privacy, che pure presiedono all'attività del garante della privacy.
Riteniamo quindi che, a questo punto, essendo stato presentato su tale materia anche dai colleghi Santelli e Scelli, relatori del provvedimento in esame, un ordine del giorno (mi riferisco in particolare all'ordine del giorno Scelli n. 9/1857/7), è evidente che l'emendamento in esame e la contrarietà dei relatori e del Governo ad esso trova una sua giustificazione, seppure accompagnata da un ordine del giorno che evidenzia il profilo della problematica ed individua eventuali soluzioni.
In questo senso credo sia forse opportuno leggere all'Assemblea il testo dell'impegno dell'ordine del giorno che richiamavo, per fornire anche un elemento di chiarezza maggiore: tale ordine del giorno impegna il Governo «ad assumere ogni iniziativa diretta a favorire l'univocità degli indirizzi IP, sollecitando i fornitori di servizi di comunicazione elettronica ad adoperarsi al più presto per garantire detta prestazione nell'interesse della giustizia, rimuovendo, se del caso, le difficoltà tecniche e organizzative, secondo la diligenza professionale richiesta e sotto pena, in difetto, dell'applicazione delle sanzioni previste o, ancora, della verifica dei requisiti relativi al rilascio ed al permanere degli atti autorizzativi intervenuti».
Signor Presidente, ritengo che il citato ordine del giorno riesca a supplire, da un lato, all'esigenza emendativa e, dall'altro lato, alle esigenze che i relatori, prima, ed il Governo, poi, hanno manifestato in sede di espressione dei pareri. Tali esigenze riguardano l'imminenza della scadenza del decreto-legge e, quindi, la difficoltà che comporterebbe, con una tempistica improbabile, un ulteriore passaggio parlamentare al Senato.
Sebbene questo ordine del giorno raccolga alcune ragioni che corrispondono all'emendamento in oggetto e ad alcuni altri emendamenti proposti all'articolo 1 del testo in esame, è evidente che, a questo punto, il nostro gruppo voterà in modo conforme al parere espresso dai relatori e dal Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, pur condividendo diverse delle considerazioni svolte dalla collega Samperi, riteniamo di astenerci sull'emendamento in esame. Francamente, non ci sembra che sia stato svolto un gran lavoro, anche se aspettiamo la risposta a queste nostre osservazioni da parte del sottosegretario Mantovano.
L'articolo 1 del decreto-legge che proroga alcune norme importanti in materia di lotta al terrorismo riguarda, in particolare, la disciplina relativa alla conservazione dei dati del traffico telematico e pone questioni, ovviamente, meritevoli di approfondimento, che, in parte, in linea di principio, condividiamo (come spesso capita).
Tuttavia, si tratta, usando un termine caro a questo Esecutivo, attraverso l'articolo in esame, di disdire delle norme approvate solo pochi mesi fa da questo Parlamento e, quindi, volute da questo Governo e da questa maggioranza. Si tratta di norme che attuavano direttive europee in materia di conservazione delle cosiddette tracce informatiche. È giusto, quindi, a nostro giudizio, intervenire se ci si accorge di gravi errori commessi, soprattutto, attraverso norme in contrasto con le direttive comunitarie. Ma non sarebbe stato meglio intervenire prima, con un più attento esame da parte delle Commissioni competenti (come, ad esempio, la Commissione giustizia) e nella fase ascendente del procedimento legislativo, che, poi, ha portato in Europa?Pag. 53
Il decreto legislativo n. 109 risale al mese di maggio 2008, è stato emanato in attuazione di direttive comunitarie e concerne disposizioni sulla conservazione delle cosiddette tracce informatiche che presentano aspetti delicati per l'incidenza sul Codice della privacy. Nonostante ciò, in emergenza, si proroga l'applicazione di norme, emanate anch'esse in emergenza, con il decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 - mi corregga se sbaglio - il cosiddetto «pacchetto Pisanu» sul terrorismo, con l'effetto, peraltro, di ritardare l'applicazione del nuovo quadro normativo emanato in attuazione delle norme comunitarie. Mi chiedo, allora, ferma restando l'esigenza prioritaria di sicurezza e di accertamento dei reati gravi, che non poniamo in dubbio, quali terrorismo, pornografia e così via...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO RAO. ...quale sia il messaggio dato ai cittadini e quale credibilità possa avere un sistema nel quale, per problemi tecnici, si interviene continuamente in emergenza in materie delicate, che riguardano diritti individuali, come la vita privata delle persone. Interventi che richiederebbero maggiori garanzie non solo per il necessario bilanciamento con diritti tutelati dagli articoli 2 e 21 della Costituzione, ma anche per assicurare l'efficacia delle norme di contrasto alla criminalità nel quadro internazionale e, soprattutto, in quello comunitario.

PRESIDENTE. Saluto gli allievi ed i docenti della scuola media statale «Pavoncelli» di Cerignola, in provincia di Foggia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, in questo momento ci troviamo ad affrontare la fase dell'esame degli emendamenti; tuttavia, nelle ore passate, abbiamo ascoltato molti interventi da parte dell'opposizione sul complesso degli emendamenti, che riuscivano, comunque, ad entrare nel merito dei vari provvedimenti che insistono all'interno di questo decreto-legge. Sarebbe giusto ricordare che lezioni da parte dell'opposizione rivolte alla maggioranza su come far funzionare la sicurezza in questo Paese ci sembrano oltremodo fuori luogo.
È giusto ricordare che, da chi ha approvato, a suo tempo, un provvedimento come l'indulto, non possiamo ricevere lezioni in termini di sicurezza.
Ma soprattutto, quello che è dispiaciuto di più, è che abbiamo assistito ad una serie di interventi quasi tutti tendenti a garantire i diritti e quasi mai abbiamo ascoltato interventi inneggiare anche al rispetto dei doveri. È questo, probabilmente, che contraddistingue la nostra politica da quella di chi, in queste ore, ci ha attaccato perché, a loro dire, noi per la sicurezza non stiamo facendo assolutamente nulla. Siamo sicuri di essere sulla via giusta perché intendiamo portare avanti i sentimenti che i cittadini ci trasmettono e si tratta di sentimenti di questo tipo: a fianco dei diritti bisogna far rispettare anche i doveri di chi ospitiamo. A tal fine, sarà indirizzata l'opera di conversione del decreto-legge in esame da parte del nostro gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ritengo che gli interventi che si sono susseguiti fino a questo momento richiedano qualche precisazione da parte del Governo, che faccia stato anche del lavoro svolto fino a questo momento, delle ragioni della proroga contenuta nel decreto-legge e delle modalità con le quali essa è stata utilizzata.
La premessa che ritengo doverosa e scontata è che il Governo ha molto a cuore le esigenze della prevenzione, del contrasto Pag. 54al terrorismo di ogni tipo e della lotta ad altre forme di criminalità, per esempio la pedo-pornografia, soprattutto quella che utilizza le reti informatiche.
Fatta questa premessa, però, mi pare che il nocciolo della questione ruoti attorno alla definizione dell'IP (Internet provider) come dato di traffico ovvero come contenuto di comunicazione. Tutti sanno che l'interpretazione che l'Autorità garante per la protezione dei dati personali ha fornito alla cosiddetta «direttiva Frattini» è nel senso di individuare l'IP come contenuto e non come dato di traffico. Il Parlamento è sovrano e può anche ribaltare questo tipo di interpretazione. Il Governo ha svolto una serie di riunioni con funzionari di vari ministeri e con il Garante, che resta fermo sulla propria posizione. Ritengo non sia il caso di attivare un conflitto, anche perché questo termine - che non è venuto fuori dal caso e non vuole disattendere la piena operatività delle sanzioni contenute nel decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria - è stato molto utile: infatti, degli otto principali gestori del traffico telefonico e informatico, sette lo hanno utilizzato per adeguarsi alle indicazioni della direttiva comunitaria e per fornirsi di un IP univoco.
Io spero che l'indicazione del termine ultimo al 31 marzo permetta anche al gestore che, da solo, è rimasto inadempiente, di adeguarsi alla direttiva comunitaria. Questo permetterà di superare i problemi che sorgono nel corso delle indagini a seguito del recepimento della direttiva comunitaria e, al tempo stesso, di garantire le esigenze della giustizia e quelle del pieno adempimento delle norme comunitarie.
Vorrei ricordare senza nessuna polemica che tali norme - è stato richiamato anche questo aspetto storico - sono state formalmente recepite con un decreto legislativo del maggio di quest'anno, che però fa stato di un lavoro svolto, in sede istruttoria, dal precedente Governo. Si è, infatti, parlato del «tavolo Amato». Ritengo, pertanto, poco elegante rimpallarsi responsabilità tra Governi di differenti maggioranze e che sia più importante andare alla sostanza. La sostanza è quella riassunta nell'ordine del giorno a firma dei relatori Scelli e Santelli, che è stato opportunamente ricordato prima dall'onorevole Baldelli.
Tale ordine del giorno premierà i gestori adempienti e scrupolosi e sanzionerà, invece, coloro che non avranno adempiuto a queste norme comunitarie.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 464
Votanti 436
Astenuti 28
Maggioranza 219
Hanno votato
196
Hanno votato
no 240).

Prendo atto che i deputati Vessa e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che i deputati Lo Moro e Samperi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i deputati Cirielli e Nirenstein hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i deputati Casini, Volontè, Mannino e Rao hanno segnalato che non sono riusciti a votare mentre avrebbero voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 2.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, questo emendamento riguarda l'impiego Pag. 55dei 500 militari in questa zona, che si collega alla vicenda tragica avvenuta a Castel Volturno, che ha determinato l'intervento in esame attraverso quello che si può definire decreto sicurezza n. 2. L'emendamento ha lo scopo di aiutare a chiarire il significato della disposizione: infatti, nel momento in cui dopo le parole «non superiore a» si fa riferimento a «ulteriori 500 militari», si fa chiarezza su questa disposizione. Ricordo che al Senato il Governo, nella stessa relazione che accompagnava il provvedimento, non aveva saputo chiarire se questi 500 militari fossero, appunto, ulteriori oppure compresi nel contingente dei 3 mila deliberato in precedenza. È un aspetto che può apparire di facile soluzione, ma se nella stessa relazione Governo non chiarisce questo punto, evidentemente vuol dire che le idee non sono chiarissime.
Gli interventi di questa mattina e di ieri hanno sottolineato che sostanzialmente questa misura rischierebbe di essere priva di copertura, perché dire che questi 500 sono finanziati con un minore impiego dei 3 mila sembra un gioco di scatole cinesi: infatti, da un lato si afferma che esiste il finanziamento per i 3 mila, poi si sostiene che i 3 mila non vengono interamente impiegati e che quindi da ciò consegue una copertura per i 500 previsti nel secondo decreto-legge.
Prima di tutto chiariamo che sostanzialmente si vogliono fare le nozze con i fichi secchi, perché se non ci sono risorse per fare queste operazioni diventa molto difficile giustificarle in questo modo. Il problema è, però, un altro: tutti questi militari in qualche modo impiegati - 3 mila prima e 500 ora - sono impiegati a termine, sino alla scadenza del 31 dicembre. Attenzione: sono impiegati molti militari di leva, quindi, potremmo dire, dei precari nell'ambito del servizio militare. Qualcuno intervenendo ha detto che questa non è una misura di efficacia e di efficienza, ma è una misura spot.
Perché dico questo? Anche perché si è verificato, recentemente, un tragico delitto in questo contesto - mi riferisco alla camorra - che è stato commesso a poche centinaia di metri di distanza da un posto di blocco presidiato da militari. Ciò significa, sostanzialmente, che la camorra opera con altri strumenti e che la lotta contro di essa non può essere portata avanti con interventi a due mesi. Va fatta con interventi veri, in profondità, e allora ha un senso, ma se è fatta con interventi spot, questo non serve.
L'onorevole Palomba, ieri, ha citato un'indagine dell'osservatorio di Pavia. So che questi dati possono sembrare secondari...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. ...ma quell'indagine sostiene che non vi è più un problema sicurezza nel nostro Paese, inteso come percezione della sicurezza. Non vorrei che pensassimo che attraverso i 3 mila militari prima e i 500 ora abbiamo affrontato e risolto il problema, solo perché i direttori dei telegiornali e i giornali importanti parlano meno di sicurezza. Questo è un intervento spot. La pubblicità che ne fanno i telegiornali può servire, ma non risolve il problema.
Pertanto, chiediamo - è importante - che il Governo ci dica che questo emendamento, che lo aiuterebbe, non viene accettato per un motivo chiaro: perché non si vuole modificare nulla di questo provvedimento. Questa è la motivazione, e lo constateremo in tutti gli emendamenti che verranno presi in esame nel corso della giornata.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, dopo aver ricordato all'onorevole Zaccaria che i militari di leva non esistono più già da qualche anno, come tutto il Parlamento sa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), vorrei far presente che a proposito della copertura finanziaria il discorso è chiarissimo. La copertura c'è ed Pag. 56è ricavata, esattamente, dal tempo compreso tra il 22 maggio e il 4 agosto 2008, in cui non sono stati utilizzati i precedenti 3 mila militari, perché si attendeva la legge di conversione. Quelle somme risparmiate ci consentono oggi di coprire questa missione.
Signor Presidente, poiché i fatti valgono molto più delle parole, vorrei semplicemente far presente che dal 4 ottobre al 23 novembre 2008, nella sola provincia di Caserta, i 500 militari professionali e professionisti, lì presenti, hanno garantito l'identificazione di 32 mila 193 persone, di cui 81 arrestate e 187 denunciate in stato di libertà. I veicoli controllati sono stati 17 mila 602 e quelli sequestrati 192.
Poiché nel corso del dibattito ci si è molto dilungati, indubbiamente in modo legittimo, sull'utilizzo di questi militari dicendo delle cose non gradevoli - vale a dire che essi realizzerebbero uno spot, la cui funzione consisterebbe, in sostanza, nel farsi fotografare insieme ai bambini nei parchi pubblici (anche questo è stato detto) -, credo che questi fatti siano la più eloquente dimostrazione di un contributo importante nel controllo del territorio del quale il Governo non intende assolutamente privarsi. Se qualcuno ha voglia di constatare direttamente la realtà dell'effetto positivo di questo controllo, non ha che da farsi una gita in quel di Castel Volturno e dintorni per guardare con i propri occhi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ritengo che l'emendamento in esame, presentato e illustrato dall'onorevole Zaccaria, ponga una questione a cui, in parte, il sottosegretario ha già risposto. In sede di discussione sulle linee generali abbiamo posto anche delle altre questioni. Nessuno di noi mette in discussione il ruolo delle Forze armate, anche perché abbiamo esperienze pregresse e, soprattutto, testimonianze di impegno e abnegazione da parte delle Forze armate.
Tuttavia, il dato vero è che vi è bisogno di certezze, sia rispetto ai dati di copertura, su cui lei ha detto qualcosa, signor sottosegretario, sia per quanto riguarda l'impiego dei militari. Certamente si è svolta un'attività di identificazione, perlustrazione e controllo del territorio.
Ma quella che oggi viene ad essere evidenziata è la necessità di un coordinamento rispetto anche alla «socializzazione» di questi elementi con le altre forze di polizia. Per cui, di fronte ad una rivisitazione del modello di difesa, e quindi alla riduzione degli effettivi delle Forze armate, c'è bisogno di capire se il loro impiego è un dato emergenziale rispetto a questo territorio, oppure si vada anche verso un tipo di identità, o identificazione, delle Forze armate come raccordo, come supporto, come sussidiarietà, o meglio ancora, come elemento di equilibrio con il lavoro e l'impegno delle altre forze di polizia. Va poi ripreso tutto il discorso sul coordinamento delle forze di polizia, sull'efficienza e sull'impiego delle forze di polizia, per cui, al di là del fatto tecnico, è un fatto politico, e forse sarebbe stato bene se ci fossimo attardati in un confronto rispetto alla caratteristica e alla natura di questo impiego che non può essere né un fatto limitato nel tempo, né marginale, ma può essere anche supportato da una previsione che possa dare certamente risposte ad interrogativi di fronte anche alle emergenze.
Quella che è mancata, dunque, è una valutazione complessiva, e, soprattutto, un impiego delle Forze armate limitato nel tempo che, al di là dell'impegno e soprattutto dell'abnegazione, non può dispiegare con sufficienza gli aspetti positivi che tutti quanti certamente auspichiamo quando parliamo di lotta e di contrasto alla criminalità organizzata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 57Zaccaria 2.20., non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 509
Votanti 507
Astenuti 2
Maggioranza 254
Hanno votato
244
Hanno votato
no 263).

Prendo atto che i deputati Barbareschi, Del Tenno e Vessa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vietti 2.1. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, come al solito le argomentazioni del sottosegretario Mantovano sono sempre attente e pertinenti, ma dobbiamo ragionare al netto del massimo rispetto che noi (soprattutto del nostro gruppo, ma credo anche tutto il Parlamento) abbiamo verso le Forze armate. L'impiego del contingente di militari previsto dall'articolo 2 sicuramente rappresenta un segnale evidente di impatto sull'opinione pubblica della presenza dello Stato nelle città e nei luoghi di massima concentrazione della criminalità.
Ma, al di là dell'esigenza mediatica di comunicare ai cittadini l'impegno delle istituzioni nel territorio, occorre che Governo e Parlamento approfondiscano in modo serio e responsabile anche le nuove connessioni tra camorra, 'ndrangheta, nuove mafie e terrorismo internazionale, elemento che riteniamo molto pericoloso e non ancora emerso a sufficienza. Questo è un tema su cui non possiamo fare finta di niente e per il quale non ci si può limitare a prevedere l'intervento simbolico, mi dia atto, più che sostanziale, delle Forze armate nelle città e nei luoghi dove sono il fenomeno è più evidente. Non vorremmo che si attingesse, e questo fosse un ulteriore elemento di questa politica, alle riserve qualificate delle Forze armate per ottenere quello che dovrebbe essere un compito, invece, delle forze dell'ordine, che restano sotto organico e subiscono tagli macroscopici in contrasto con la propagandata politica di sicurezza.
Insomma, le Forze armate hanno una loro specificità e una loro dignità e non possono essere usate alla stregua di una riserva o di un jolly a cui attingere per ogni emergenza, perché mancano le risorse per garantire la professionalità a Polizia e Carabinieri. Si fa confusione, e così rischiamo di scontentare tutti, forze dell'ordine e Forze armate. Su questo punto (quello di più uomini e più mezzi per le forze dell'ordine) l'Esecutivo e il Ministro dell'interno quest'estate avevano assunto un impegno preciso, rispetto al quale oggi riscontriamo solo buone intenzioni, ma pochi atti concreti.
Il problema di fondo, quello sopra denunciato, non è costituito dai 500 militari in più o in meno o dalla durata del loro utilizzo, perché abbiamo sempre assecondato questa scelta, senza pregiudizi. L'Unione di Centro non è mai stata contraria ai soldati nelle città, semmai ha sempre espresso perplessità sul senso del loro utilizzo. Ad esempio, nella discussione generale abbiamo fatto riferimento all'operazione Vespri siciliani, rilevando che quella prevedeva un massiccio utilizzo delle forze militari nei territori inquinati dalla criminalità e aveva quindi un suo significato, una sua strategia precisa e una sua logica, non essendo contingentata e circoscritta ad un'operazione di supporto logistico e abbiamo ricordato che in Sicilia, per quell'operazione, furono inviati ben 20 mila uomini.
Il Governo ha individuato la copertura di questa operazione, oltretutto, con una previsione che lei ha ricordato adesso, sottosegretario Mantovano, ex ante, che suscita qualche perplessità sulla conformità con l'articolo 81 della Costituzione. Mi spiego, come ho fatto in precedenza nella discussione sulle linee generali: il Pag. 58contingente di 3 mila militari è stato dislocato con un mese di ritardo, come lei ha detto, rispetto al previsto (agosto anziché luglio). Tuttavia, ciò non comporta automaticamente una minore durata della missione originaria (da sei a cinque mesi e, quindi, una spesa ridotta di un sesto), che peraltro potrebbe essere prorogata, come appare sempre più evidente, anche dalle recenti pubbliche dichiarazioni rilasciate dai Ministri interessati e da lei stesso. Tuttavia, tale riduzione di spesa è il presupposto su cui si basa lo stanziamento per questi nuovi 500 militari. Questo è l'unico motivo del nostro emendamento: un'esigenza di chiarezza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vietti 2.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 513
Votanti 488
Astenuti 25
Maggioranza 245
Hanno votato
219
Hanno votato
no 269).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vietti 2-bis.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 513
Votanti 511
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
240
Hanno votato
no 271).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 2-bis.5., non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 514
Votanti 511
Astenuti 3
Maggioranza 256
Hanno votato
238
Hanno votato
no 273).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 2-bis.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, con questo emendamento semplicemente proponiamo di porre riparo ad una grossa ingiustizia che viene, a nostro avviso, perpetrata a danno delle vittime delle richieste estorsive e dell'usura. Come suol dirsi, in questo caso si spoglia un altare per vestirne un altro, il che la dice lunga sulla vera intenzione di questo Governo in tema di contrasto alla criminalità organizzata.
Signor Presidente, non voglio ripetere assolutamente tutto ciò che abbiamo detto in corso di discussione sulle linee generali, ma a me pare veramente incredibile che in questo decreto-legge possano coesistere materie che niente hanno in comune, ai sensi della legge n. 400 del 1988. Vorremo sapere che cosa c'entri la criminalità organizzata con le indennità spettanti ai giudici onorari e quale urgenza abbia mai avuto la necessità, quindi, di dover incrementare le spettanze dei giudici onorari, visto che qui si tratta di un decreto-legge e, quindi, di una norma avente il carattere dell'urgenza.Pag. 59
Voglio viceversa - tornando a questo emendamento - proporvi di correggere quello che non riteniamo un errore: chiediamo semplicemente all'Assemblea di correggere una profonda ingiustizia relativa al reperimento delle risorse per incrementare il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso. Tali risorse vengono incredibilmente sottratte al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste di estorsione e dell'usura. Ci pare che si tratti di una decisione che va a colpire proprio quelle vittime della criminalità organizzata che, invece, con questo decreto-legge apparentemente vorreste tutelare.
Quindi, vi invitiamo - e concludo - molto semplicemente a reperire in diversi capitoli di bilancio questi fondi e a restituire le risorse che servono a tutelare le vittime dei reati estorsivi e dell'usura, che viceversa con questo impegno di spesa andreste a sottrarre. Mi pare che si tratti di un doveroso atto di resipiscenza che vi chiediamo di adottare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, per quanto riguarda questo emendamento ritengo che una riflessione in più il Governo e i relatori avrebbero dovuto farla. Il nostro emendamento 2-bis.1, presentato dai colleghi Vietti, Volontè, Mannino, Rao e dal sottoscritto, è stato respinto dall'Assemblea.
Succede che parte dei Fondi previsti, anche per quanto riguarda le vittime dell'estorsione e dell'usura, passa al Fondo di solidarietà. Non c'è dubbio che c'è un problema che viene tenuto quanto meno ovattato e soprattutto sospeso, quello delle vittime dell'usura e dell'estorsione. Si tratta di un fenomeno che sta dilagando, che colpisce e sfregia gran parte del territorio nazionale del nostro Paese, per cui un impiego di fondi e di risorse per le vittime dell'usura e dell'estorsione dovrebbero esserci. Si dovrebbe capire perché c'è un surplus per quanto riguarda questo Fondo, e quindi si fa un trasferimento, visto e considerato che si tratta di una situazione che dovrebbe certamente coprire le vittime dell'estorsione e dell'usura, ma soprattutto dovrebbe incoraggiare chi è colpito da questi reati a denunciare gli estorsori e coloro che operano nel campo dell'usura. Altrimenti da questa situazione non se ne esce fuori.
Questo tema ci richiama l'argomento dei collaboratori e dei testimoni di giustizia, che dovrebbe essere affrontato in termini più organici, con un impianto normativo più chiaro rispetto anche a tutta l'azione di protezione che dovrebbe essere meglio puntualizzata e specificata. Non mi riferisco e non faccio nessun appunto all'attuale Governo, ma faccio una sollecitazione, perché questa materia dovrebbe essere rivista e ammodernata, considerando che si tratta di una normativa che avrebbe bisogno di un qualche aggiustamento ed adeguamento.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, poche parole per documentare come non ci sia nessuna grave ingiustizia e nessuna grande errore negli articoli che si vorrebbero emendare. In sintesi, i Fondi che vengono considerazione sono tre. Il primo, per le vittime della mafia, è un fondo di rotazione. Chi si è costituito parte civile ed ha ottenuto ragione dal giudice penale o chi ha ottenuto ragione in sede civile per fatti di mafia, sulla base della legge n. 512 del 1999 ha la possibilità di chiedere direttamente allo Stato di venire in possesso delle somme che gli sono state riconosciute; lo Stato poi si può rivalere nei confronti dei condannati. Poiché le domande sono state numerosissime, soprattutto negli ultimi anni, si è determinata una sofferenza in questo Fondo, che ammonta a circa 30 milioni di euro e che impedisce negli ultimi mesi di soddisfare Pag. 60queste richieste che sono diritti soggettivi sulla base di un riconoscimento da parte della Corte di cassazione.
Il secondo Fondo che viene in considerazione, invece, è quello di risarcimento delle vittime del racket che, in virtù di una serie di ragioni che sarebbe troppo lungo elencare, in questo momento ha un significativo surplus. Questo non significa che in futuro avrà meno risorse, significa che in questo momento attingere al Fondo racket non depaupera le vittime del racket, che nel 2008 hanno ottenuto complessivamente risarcimenti per 13 milioni di euro, ma permette di colmare il buco che c'è nel Fondo per le vittime dell'usura. Un decreto del Ministro dell'interno, previsto e introdotto dalla disposizione che si vuole emendare, permetterà in futuro di evitare sperequazioni tra questi due differenti Fondi.
Il terzo Fondo che è stato evocato nel corso del dibattito e che non viene in considerazione, però, dall'articolo del decreto-legge, è quello di prevenzione dell'usura che sta per essere rifinanziato con 81 milioni di euro, il che permetterà di venire incontro anche al particolare momento di aggressione delle difficoltà finanziarie da parte del mondo dell'usura.
Quindi, in conclusione, posso rassicurare l'Aula in questa direzione: ci sono segni positivi per ciascuno di questi Fondi derivanti dall'approvazione di questo articolo. Nessuna vittima, né di quelle che hanno titolo ad accedere al Fondo mafia, né di quelle che hanno titolo ad accedere al Fondo racket, né di quelle che potrebbero accedere al Fondo prevenzione usura, con questo aggiustamento correrà il rischio di non avere soddisfazione. L'avrà invece in modo totale e in tempi rapidi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 2-bis.6, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 525
Votanti 523
Astenuti 2
Maggioranza 262
Hanno votato
248
Hanno votato
no 275).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Pietro 2-bis.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, ovviamente al sottosegretario Mantovano non rimproveriamo alcuna ingiustizia e alcun errore, ma solo una certa disinvoltura nel passare da un Fondo all'altro.
Il testo in esame, che prevede, tra l'altro, una cifra inferiore a quella da noi proposta che è stata appena bocciata insieme al nostro emendamento, avalla una prassi preoccupante, a nostro giudizio. Ormai, in ogni provvedimento normativo, si consente, con decreto ministeriale (una volta del Ministro dell'economia e delle finanze, una volta del Presidente del Consiglio e così via) di spostare risorse da un Fondo all'altro liberamente, discrezionalmente. In altre parole: se non vi sono soldi sufficienti per soddisfare le richieste delle vittime della mafia si procede utilizzando i Fondi per le vittime dell'usura, vale a dire che un Fondo e l'altro sono di fatto parificati.
In base a cosa si decide di destinare più risorse ad una parte piuttosto che all'altra? In linea con le finalità del provvedimento che fa riferimento al contrasto dei fenomeni della criminalità organizzata, il problema delle vittime dell'usura è proprio il terreno sul quale cresce la criminalità organizzata. Quindi, lo spostamento di risorse da un Fondo all'altro, evidentemente, non sembra rispondere a un criterio di politica di contrasto del fenomeno o, perlomeno, non ci riesce assolutamente perché non è in grado di individuare modalità e obiettivi.

Pag. 61

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, l'articolo in esame, che richiama le misure per il rafforzamento dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, rispetto all'insieme del provvedimento pone un interrogativo a fronte di una lacuna che il sottosegretario Mantovano, sia per l'esperienza che ha maturato in qualità di sottosegretario in questi anni, sia per la professione che ha svolto precedentemente, conosce bene.
Nell'azione di contrasto manca il rafforzamento finanziario nella direzione dell'intelligence e dell'attività di indagine che le forze dell'ordine possono svolgere come unico soggetto in grado di agire sul territorio. Il problema, oltre a quello descritto in questo dibattito, è che, come afferma l'ultimo Rapporto Sos Impresa, ci troviamo di fronte ad una grande holding company, con un fatturato complessivo di circa 130 miliardi di euro, un utile che sfiora 70 miliardi, al netto degli investimenti e degli accantonamenti. Inoltre, il solo ramo commerciale della criminalità organizzata incide direttamente sul mondo dell'impresa - che è oggetto specifico della ricerca e del rapporto cui facevo riferimento - perché ha ampiamente superato i 92 miliardi di euro, ossia una cifra che è circa il 6 per cento del PIL nazionale. Vale a dire: ogni giorno una massa enorme di denaro passa dalle tasche degli imprenditori e dei commercianti italiani - lo ripeto: italiani, quindi di tutta Italia - a quelle della criminalità organizzata: 250 milioni di euro al giorno, 10 milioni di euro l'ora, 160 mila euro al minuto.
I soggetti che si occupano dell'attività di indagine e di intelligence sono le forze dell'ordine, che lavorano sul territorio e sono collegate tra loro dal Ministero dell'interno e dal coordinamento interno alle stesse (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Pietro 2-bis.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 519
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
244
Hanno votato
no 275).

Prendo atto che il deputato Lovelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Dell'Elce ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 2-bis.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, prima di tutto vorrei dire al sottosegretario Mantovano che ovviamente ha ragione. Ricordavo male, ma ciò che mi hanno detto conferma che ci sono volontari nel servizio militare con contratti a termine brevi ed io intendevo riferirmi a quelli.
Ovviamente, le do atto di questo, ma il problema non cambia, ossia non cambia il fatto che su questo provvedimento non ci sia stata in Commissione e non ci sia ora in Aula la minima disponibilità ad accettare suggerimenti di natura molto concreta.
Si legifera essenzialmente con decreti-legge (siamo al ventiduesimo decreto-legge - lo ricordo per chi in qualche modo volesse tenere il conto - e, da uno studio dell'Osservatorio sulla legislazione, risulta che l'80 per cento della normazione in questo ramo del Parlamento ed anche al Senato avviene con decreto-legge), senza neanche la possibilità di approvare degli Pag. 62emendamenti (i miei emendamenti sono tratti - il Governo e, in particolare, il sottosegretario Mantovano lo sanno - dalle osservazioni del Comitato per la legislazione).
Signor sottosegretario, lei ha illustrato molto chiaramente l'esistenza di tre Fondi: un Fondo per la mafia, un Fondo per il racket ed uno per l'usura, che derivano da votazioni del Parlamento, che stabilisce l'esistenza dei fondi e li dota di risorse adeguate.
Come ha detto anche il collega Rao, che è intervenuto in precedenza, voi state sempre più spostando le determinazioni in ordine al bilancio dal Parlamento al Governo, ma non solo a quest'ultimo. In questo caso, un Ministro, con un semplice decreto ministeriale, può decidere se spostare le risorse da un fondo all'altro. Guardate che non ci sono soltanto soggetti interessati al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, ma anche soggetti interessati agli altri fondi.
Si prevede, dunque, che si possano spostare con discrezionalità assoluta risorse da un fondo all'altro. Pertanto, ci saranno cittadini italiani vittime di questi fenomeni, che potranno avere il ristoro alle loro domande ed altri ai quali ciò sarà negato. Peraltro, se fosse stato il Parlamento a decidere, ciò avrebbe avuto un senso, ma se è un atto amministrativo discrezionale del Ministro a farlo non ha più senso, c'è una violazione del principio della riserva di legge.
Dunque, in questo emendamento proponiamo di prevedere semplicemente che il Ministro possa destinare al Fondo non qualsiasi importo a sua discrezione, ma una quota in misura non superiore ad un terzo. Limitiamo la discrezionalità e stabiliamo che il Ministro possa derogare ad una volontà legislativa, ma in una percentuale che la legge stabilisce e che, comunque, debba trasmettere al Parlamento la sua determinazione. Questo è un principio minimale di buonsenso, per evitare che sia travolta una riserva di legge prevista dalla Costituzione. Anche all'interno dello stesso Ministero, non si possono amministrare i fondi in questo modo.
Questa è un'osservazione che proviene dal Comitato per la legislazione all'unanimità. È stata votata da tutti e voi dite «no», perché sostanzialmente non consentite al Parlamento di apportare anche modifiche collaborative. Ne avremo la dimostrazione tra poco, quando parlerò di un altro emendamento ad una disposizione che è ancora più grave per quanto riguarda il contenuto normativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, il parere contrario dato dai relatori su questo emendamento, in realtà, è un parere di merito e non determinato dalla scadenza dei termini del decreto-legge.
Questa parte del decreto-legge nasce da una necessità: a fronte di un Fondo esaurito, c'era un altro Fondo, quello sull'usura, che andava in economia per 48 milioni di euro.
Credo che in questa fase non siamo in grado di mandare in economia dei soldi; con questo decreto-legge, quindi, si chiede esclusivamente una flessibilità nel bilancio interno del Ministero, non perché il Ministro discrezionalmente decida quale priorità dare alle varie emergenze, ma perché, in relazione alle domande, che non sono oggettivamente prevedibili, si possano dare esattamente delle risposte.
Questo emendamento è in contrasto con la linea del decreto-legge, proprio perché tende ad irrigidire il sistema.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 63Zaccaria 2-bis.20, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 520
Votanti 518
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
249
Hanno votato
no 269).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 2-bis.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 517
Votanti 514
Astenuti 3
Maggioranza 258
Hanno votato
244
Hanno votato
no 270).

Prendo atto che il deputato Dima ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario. Prendo, altresì, atto che i deputati Calgaro e Corsini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 2-bis.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo brevemente, ringraziando il sottosegretario Mantovano anche per l'intervento illustrativo che ha voluto fare su questo tema, per fare un piccolissimo ragionamento e cercare di convincere il Governo a rimediare a quello che considero un errore.
Si tolgono 30 milioni di euro dal Fondo per la prevenzione dell'usura. Considerando che le fondazioni e il Confidi, che utilizzano queste risorse per la prevenzione dell'usura, hanno in media un moltiplicatore delle risorse che va da uno a dieci, di conseguenza, vi saranno 300 milioni di euro in meno disponibili per imprese e famiglie per la prevenzione dell'usura. Questo è il concetto semplicissimo che si avvererà quando andrà fatto il riparto. Se poi, da parte del Governo, c'è una considerazione per cui esso dice che vuole rimediare a questo e che si interverrà nei prossimi provvedimenti finanziari, di ciò non posso che essere contento; però, ad oggi, la sostanza è questa.
Altra cosa sono i soldi per le vittime del racket dell'usura, su cui, evidentemente, le rassicurazioni che ci ha dato il sottosegretario in merito al fatto che le risorse per venire incontro alle domande che vengono presentate ci sono, mi rendono contento.
So che il lavoro del commissario straordinario per la lotta al racket e all'usura è efficace; ne siamo soddisfatti anche noi. È un problema del Paese, non certo un problema di maggioranza e opposizione, ma le risorse da investire sulla prevenzione sono assolutamente indispensabili e, per far fronte a questo, c'è bisogno di uno sforzo anche finanziario.
Per questo, credo che questa scelta, impostata così dal Governo, sia assolutamente sbagliata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 2-bis.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 64
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 523
Votanti 521
Astenuti 2
Maggioranza 261
Hanno votato
248
Hanno votato
no 273).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Zaccaria 2-quinquies.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, dei tre emendamenti che ho presentato - quindi, questo è l'ultimo - volevo dire che questo è quello che contiene elementi di più forte preoccupazione. È di una gravità, a mio modo di vedere, assoluta che in un provvedimento normativo di questa portata sia contenuto un gravissimo errore materiale.
Ricordo - lei, signor Presidente, lo sa certamente - che nella scorsa legislatura il decreto-legge presentato dal Governo in materia di sicurezza è decaduto perché al Senato, per un errore materiale, era stato fatto un riferimento improprio al Trattato di Amsterdam.
Per quel semplice errore, che avremmo potuto correggere con un intervento successivo, qualcuno dai banchi dell'opposizione di allora disse che il Presidente della Repubblica, arrogandosi una responsabilità a mio avviso molto particolare, non avrebbe potuto firmare un decreto-legge viziato da un errore materiale e, per questo motivo, quel decreto-legge sulla sicurezza adottato dal Governo di centrosinistra è decaduto.
Vi inviterei a leggere con attenzione quanto afferma la norma al nostro esame: essa stabilisce che i benefici di questi fondi - prestate attenzione - non possono andare a soggetti che siano legati da un rapporto stretto con persone del mondo della mafia e della criminalità organizzata. In pratica, si afferma che il beneficiario - cito testualmente - non deve risultare né coniuge, né affine, né convivente. Rispetto a questa formulazione, il servizio studi della Camera nel rapporto che ci ha presentato ha segnalato che la norma non specifica il grado di affinità richiesto - se sia di primo, di secondo o di terzo grado -, né richiede una particolare qualificazione o durata della convivenza; non rilevano, infine, i legami di parentela.
Questo è un errore di una gravità assoluta, perché agisce sulla normativa complessiva in maniera tale per cui un affine di un soggetto colluso con la mafia non può ricevere i benefici di questi fondi, mentre un parente potrebbe riceverli!
Si tratta di un errore grave, e penso che chi con un po' di attenzione presti lo sguardo su questo emendamento si rende conto che viene devastato un principio fondamentale. Ritengo che questo errore sia più grave dell'altro cui ho fatto riferimento.
In Commissione il sottosegretario Mantovano - e in Aula i relatori - hanno riconosciuto che il problema esiste, vale a dire che c'è un errore, ma hanno affermato che rimedieranno con un separato provvedimento.
Voglio chiedere ai colleghi parlamentari se ritengono che possiamo inserire in un provvedimento normativo con tranquillità una disposizione che esclude dai benefici il coniuge, i conviventi (senza specificare di che natura possa essere la convivenza) e gli affini, ma che non menziona i parenti! È una norma allucinante e credo che qualsiasi soggetto fuori di questa sede debba porsi dei problemi su di essa.
A me non basta che il Governo dica che verrà adottato un separato provvedimento, perché in una stessa circostanza - il decreto-legge sulla sicurezza del Governo di centrosinistra (e l'errore era di minore entità) - questa rassicurazione non bastò.
Vorrei dunque sapere se possiamo approvare una norma di questo tipo. Siete ancora in tempo: l'emendamento in esame - ma ve ne sono due - corregge questo errore, ma voi non lo farete perché non volete concedere nulla, neanche provvedimenti Pag. 65tecnici; però credo che questo errore verrà segnalato non solo qui, ma anche fuori di qui (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, al momento dell'espressione dei pareri da parte dei relatori e del Governo è stato detto che per la maggior parte degli emendamenti vi era ovviamente un parere contrario nel merito.
Per alcuni degli emendamenti - e questo è quello specifico - sussisteva effettivamente un problema di riconoscimento di una improprietà del testo, che comunque potrebbe essere interpretativamente colmata. In tal caso, il parere contrario era motivato proprio dall'urgenza dovuta al fatto che il decreto-legge purtroppo decadrà il 1o dicembre.
Il collega Zaccaria sta facendo riferimento ad una questione che è stata affrontata in maniera palese e molto franca nella Commissione di appartenenza, dove sull'emendamento della collega Ferranti, che aveva posto giustamente il problema, il sottosegretario ha risposto riconoscendo la necessità di una correzione formale del testo (parliamo di forma, perché interpretativamente - lo ripeto - il testo è valido), cui si sarebbe provveduto con il primo provvedimento utile.
Dobbiamo, quindi, confermare il parere contrario, perché una correzione di questo genere - come richiedere il collega Zaccaria - significherebbe far decadere il decreto-legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dire che se il problema esiste va posto un rimedio. Sono convinto che la parte relativa al Fondo - come si evince anche dal dibattito e come ha precisato, in tante circostanze, il collega Tassone anche durante la discussione sul complesso degli emendamenti - dischiude la nostra attenzione su una materia complessa che non può essere risolta con la norma contenuta nel decreto-legge. È questo il motivo per cui noi voteremo a favore di questo emendamento: se un problema esiste, bisogna risolverlo al più presto possibile.
Si tratta del problema del sostegno alle vittime della mafia, della criminalità, dell'usura e dell'estorsione. A queste persone lo Stato deve fornire risposte serie, senza farsi prendere in giro. Riteniamo, quindi, in linea di principio, assolutamente condivisibile, la norma illustrata anche adesso dall'onorevole Santelli volta ad escludere che i benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata possano essere attribuiti a soggetti comunque legati alla criminalità organizzata o ad ambienti delinquenziali. Ma proprio a ciò sono finalizzati questi emendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi rendo conto che nel gioco delle parti ormai qualunque cosa affermiamo rischia di diventare inutile. Tuttavia, credo che noi, invece, abbiamo il dovere di prendere la parola, perché quanto sta accadendo in questo momento penso sia di una gravità inaudita. Se non fosse intervenuta l'onorevole Santelli e non avesse affermato ciò che ha affermato, avremmo almeno potuto far finta di non sapere che quello che ha dichiarato l'onorevole Zaccaria è vero: esiste un errore, non un problema di correzione del testo, che rischia di diventare sostanziale anche nella vita delle persone; il pericolo esiste.
Dopo che siamo bombardati tutti i giorni, ogni settimana, dai decreti-legge del Governo, e che ogni settimana ne dobbiamo affrontare uno, non credo che si Pag. 66possa attribuire alla nostra responsabilità il fatto che questo decreto scade il 1o dicembre.
Signor Presidente, i decreti-legge dovrebbero avere le caratteristiche di necessità e urgenza. Mi pare di capire che questo decreto-legge lo potremo approvare domani a mezzogiorno; ma se ci rendiamo conto che esiste un errore di tale gravità che può incidere in senso giudiziario così fortemente, anche su un solo caso, sulla vita di qualcuno, che senso ha tutta questa fretta? Per mandarlo al Senato e correggere tale errore, abbiamo venerdì, sabato, domenica e anche il lunedì. Noi stiamo procedendo rinviando di provvedimento in provvedimento gli errori commessi nel testo, ai quali vengono preannunciate modifiche successive.
Torno a dirlo: siamo ancora in attesa che il Ministro Maroni e il sottosegretario Mantovano ci dicano quando inseriscono la norma che recepisce quanto chiesto dall'Unione europea in tema di immigrazione, in particolare di aggravamento della pena per il reato di immigrazione clandestina; stiamo aspettando decine di provvedimenti in cui si devono correggere degli aspetti.
In questo caso l'errore è palese ed è intervenuto un deputato della maggioranza e anche il relatore a sostenere che si tratta di un errore evidente; cosa vuol dire che non c'è tempo? Di fronte a una cosa del genere c'è il tempo! Quando può intervenire il Parlamento se non quando si rende conto, in corso d'opera, che sta sbagliando? Che modo di procedere è questo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 2-quinquies.20, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 528
Votanti 525
Astenuti 3
Maggioranza 263
Hanno votato
252
Hanno votato
no 273).

Prendo atto che la deputata Laganà Fortugno ha segnalato di aver espresso erroneamente voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole e che la deputata D'Antona ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 2-quinques.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, mi domandavo, prima di intervenire, se avesse un senso riproporre una questione molto simile a quella proposta poc'anzi dall'onorevole Zaccaria. Dopo aver visto l'esito dell'ultima votazione, intervengo con più convinzione.
Leggo dagli articoli 74 e 75 del codice civile le due definizioni, perché forse qualcuno non se le ricorda, altrimenti non avrebbe votato così: la parentela è il rapporto giuridico che intercorre tra persone che discendono da uno stesso stipite e che, quindi, sono le legate da un vincolo di consanguineità; l'affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge; sono due cose profondamente diverse. Si tratta, quindi, come hanno ammesso anche coloro che sono intervenuti per conto della maggioranza, di un patente errore.
Proponiamo con questo emendamento di correggerlo, aggiungendo la parola «parente» all'articolo in questione. Crediamo che la Camera debba correggere un errore quando si rende conto che di errore si tratta. Non riesco a capire come si possa ammettere, in questo come in altri casi, un modo così sciatto, sbagliato ed erroneo di legiferare. Stiamo toccando il fondo in questo inizio di legislatura. Credo che raramente Pag. 67nelle legislature passate si sia arrivati a delle sciatterie di questo tipo. Invito ancora caldamente i colleghi della maggioranza a riflettere su ciò che stiamo per votare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, per quanto riguarda questi emendamenti, stiamo continuando a parlare di errore, ma non si tratta di un errore materiale: si tratta di una mancanza, ovverosia di una mancata previsione che incide in maniera sostanziale sulla normativa.
Sostanzialmente in questo caso l'articolo 2-quinquies, introdotto nel corso dell'esame al Senato, ha una finalità buona, in quanto esclude dai benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata soggetti comunque legati alla criminalità organizzata o ad ambienti delinquenziali, e chiede in particolare che vi sia l'assenza di rapporti di coniugio, affinità o convivenza. Il legislatore, in maniera superficiale e approssimativa, si è dimenticato - ma non è un errore - di prevedere la parentela.

PRESIDENTE. Deve concludere.

DONATELLA FERRANTI. Credo quindi che questo punto non possa essere sistemato dopo. Chiedo a tutti di avere il coraggio di ammettere che qualcosa manca e va inserito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che noi non abbiamo l'urgenza di approvare questo decreto. Abbiamo l'urgenza di evitare che possano essere riconosciuti benefici a soggetti quali il fratello o la sorella di qualcuno che appartiene al clan dei Casalesi, alla sacra corona unita o all'associazione mafiosa.
Questa è l'unica fretta che abbiamo, perché, anche se ripareremo dopo a questo errore, nel frattempo il diritto che riconosciamo ai parenti di soggetti mafiosi di ottenere il beneficio non potrà essere cancellato; ciò vuol dire che oggi da questo Parlamento mandiamo un segnale alle organizzazioni mafiose che sono sul territorio del nostro Paese. Vi chiederei attenzione su questo punto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi dell'Italia dei Valori, oltre ad essere un partito territoriale che ha la capacità di ascolto, ovverosia di sentire quello dicono i cittadini, abbiamo dimostrato in questi giorni e in questi mesi che siamo un partito «di proposta». Infatti, con gli emendamenti che di volta in volta presentiamo e con le proposte di legge su aspetti concreti che interessano ai cittadini, abbiamo cercato di caratterizzarci riguardo ai vari temi che di volta in volta sono stati all'ordine del giorno.
A proposito della legge che abbiamo licenziato la settimana scorsa sui giochi, avevo presentato insieme ai colleghi un emendamento che chiedeva che venisse prelevato il 10 per cento dei proventi delle concessioni per i giochi e che questa somma venisse utilizzata per rafforzare e per finanziare la lotta alla criminalità organizzata.
Ebbene quell'emendamento è stato respinto: quindi, quando si fanno proposte che tendono a contrastare veramente la criminalità organizzata, molte volte vi è lo sbarramento della maggioranza e del Governo Berlusconi.
Ebbene, anche in quest'occasione, vi sono all'ordine del giorno misure per il rafforzamento dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata.Pag. 68
Se ricordate, circa quindici giorni fa, chiesi al Presidente Fini che fosse convocata una seduta monotematica della Camera affinché venisse posta all'ordine del giorno la questione della camorra e dei rapporti tra la camorra e la politica e soprattutto il tema riguardante i «paletti» che si volessero porre su questo argomento.
Per la verità, il Presidente Fini non ci ha dato nessuna risposta, non ci ha detto se vuole portare in Parlamento la discussione riguardante la camorra, perché è giusto che il Parlamento, e non Roberto Saviano, parli della lotta alla criminalità organizzata. In nessun Paese civile, infatti, è necessario che un giornalista parli di lotta alla criminalità organizzata, l'emergenza nazionale. Di lotta alla camorra deve parlare il più autorevole consesso, il Parlamento, se davvero vogliamo porvi l'attenzione, stabilire gli obiettivi e puntare i riflettori sulla problematica della camorra e della criminalità organizzata in genere.
Ho paura che, forse, il Presidente Fini non voglia convocare una seduta monotematica con questo ordine del giorno perché, forse, si preoccupa del fatto che, mutuando la normativa riguardante lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, qualora se ne trattasse in questa sede, probabilmente verrebbe sciolto il Parlamento, perché vi possono essere condizionamenti e infiltrazioni mafiose o camorristiche qui in Parlamento (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Dunque, se tale preoccupazione non sussiste, si ponga per davvero all'ordine del giorno il tema della camorra, dal momento che abbiamo bisogno di metterlo in luce: le imprese della Campania non vogliono sussidi, non vogliono assistenza, non sono questuanti e straccioni che fanno i rivendicazionisti, ma vogliono che questa parte del Mezzogiorno d'Italia venga liberata dalla camorra e dalla criminalità organizzata. Questo chiedono a piena forza e a piena voce (Applausi polemici del deputato Zacchera)!
Dunque il Parlamento deve mettere la parola «fine» a questo momento, perché Napoli vive una situazione drammatica. Considerate che a Napoli le macchine prendono fuoco nelle strade perché i cittadini che vi abitano non possono parcheggiare se non pagano il pizzo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. Ogni giorno vengono ammazzate persone a Napoli, nella provincia e in Campania.
Allora, è il momento che questo argomento venga trattato in questa sede e sia posto nell'agenda del Parlamento. Se ne parli qui alla Camera e al Senato, perché da qui dobbiamo dare il buon esempio. Da qui deve cominciare davvero una lotta autentica, una lotta vera e di sostanza e non con tutti questi provvedimenti rivoli che vengono emanati di volta in volta per soddisfare le...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. Concludo, approfittando anche della presenza del Ministro Maroni, al quale, per la verità, insieme alla Lega, riconosco di essere particolarmente attento sui temi della sicurezza (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania) e ribadisco la proposta di convocare una seduta monotematica sulla lotta alla camorra e alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, in ordine alla sua richiesta, il luogo appropriato per la proposta e la decisione è la Conferenza dei presidenti di gruppo che, peraltro, ritengo sia ancora riunita. Pertanto, rappresenti la sua richiesta al suo capogruppo, che in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo potrà farla presente.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

Pag. 69

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, sono sconcertato, anche dal fatto che lei non abbia niente da dire. Di solito, con grande attenzione e - devo dire - con una punta di sorriso, ascolto tutti i colleghi, anche l'onorevole Barbato. Ma che lei non abbia niente da dire quando un collega, come l'onorevole Barbato, nella sua verve ormai nota a quest'aula, ci accusi addirittura che in Assemblea non si discute di camorra perché vi sono molti camorristi...! Per carità! Signor Presidente, lei deve intervenire e chiedere all'onorevole Barbato di recarsi alla procura della Repubblica e denunciare i camorristi. Io certamente non sono camorrista e ritengo che, se qui dentro ve ne sono già condannati, vorremmo saperlo tutti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Queste accuse dozzinali che, forse, fanno parte dello spirito degli anni Novanta o di qualche quartiere dove abita il collega Barbato, a me non interessano e ritengo che per la dignità del Parlamento lei abbia il dovere di intervenire, perché io non conosco qua camorristi condannati! Lui stesso, prima di fare delle accuse, si dovrebbe sentire in dovere di rendersi conto in quale luogo si trova (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Lei stesso ha detto che si tratta di accuse generiche e grossolane; tra l'altro, mandare l'onorevole Barbato in procura significa autodenunziarsi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ogni tanto dai banchi dell'Italia dei Valori arrivano argomentazioni anche molto pesanti, capaci di lanciare interrogativi inquietanti sulla moralità di tutto il Parlamento e non soltanto di alcuni singoli parlamentari.
Senza riprendere l'intervento dell'onorevole Volontè, credo che comunque alcune risposte ai rilievi mossi dall'onorevole Barbato debbano essere fornite, perché non comprendo cosa significa una seduta monotematica. Chi deve inventare l'ordine del giorno, il Presidente della Camera? Credo che ciò non sia possibile. Vi deve essere qualcuno che, all'interno della Conferenza dei presidenti di gruppo, proponga intanto un atto da iscrivere all'ordine del giorno, e non credo che il Presidente della Camera o un qualunque altro presidente di gruppo abbiamo mai impedito all'Italia dei Valori, per esempio, di presentare apposita mozione e «pretendere» che quella mozione venisse iscritta all'ordine del giorno.
Con tutta franchezza e con tutto il rispetto, non vorrei che questa legislatura si caratterizzasse come la legislatura dell'onorevole Barbato, perché sono anche un po' stanco di sentire volta per volta che vi sarebbe non si sa quale cappa, che impedisce all'onorevole Barbato e ad altri suoi colleghi di esercitare liberamente il proprio ruolo di parlamentare.
Se l'onorevole Barbato o chiunque altro vuole che si discuta di qualche argomento, vi sono gli strumenti regolamentari che lo consentono. Le generiche accuse nei confronti di questa o di quell'altra istituzione non salvano né l'onorevole Barbato né chiunque l'altro.
Mi aspetto un atto circostanziato presentato dall'Italia dei Valori e mi aspetto che l'Italia dei Valori chieda che venga posto all'ordine del giorno, per essere discusso dal Parlamento liberamente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 2-quinquies.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 70
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 515
Votanti 512
Astenuti 3
Maggioranza 257
Hanno votato
243
Hanno votato
no 269).

Prendo atto che i deputati Cesare Marini e Zaccaria hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 2-quinquies.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 512
Votanti 510
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
244
Hanno votato
no 266).

Prendo atto che i deputati Zaccaria e Colombo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Lehner ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 2-quinquies.21, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 516
Votanti 513
Astenuti 3
Maggioranza 257
Hanno votato
244
Hanno votato
no 269).

Prendo atto che i deputati Colombo e Monai hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pezzotta 3.21, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 515
Votanti 512
Astenuti 3
Maggioranza 257
Hanno votato
245
Hanno votato
no 267).

Prendo atto che il deputato Nicola Molteni ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Compagnon ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Calvisi 3.23, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 525
Votanti 521
Astenuti 4
Maggioranza 261
Hanno votato
249
Hanno votato
no 272).

Prendo atto che il deputato Nizzi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che la deputata Rossomando ha segnalato che non è riuscità ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Calvisi 3.22.Pag. 71
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,30)

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, vorrei illustrare questo nostro emendamento in esame, che si accompagna anche ad altri emendamenti, in cui abbiamo posto un'esigenza prioritaria, che purtroppo non ci sembra evidenziata dal decreto-legge n. 151 del 2008, cioè quella di tutelare il percorso di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia. Non possono esistere misure per fronteggiare l'immigrazione clandestina che non siano correlate con la tutela dei diritti umani, soprattutto con riferimento a minori o rifugiati.
Per fronteggiare l'immigrazione clandestina servono parole diverse. Ne cito una che, a mio avviso, serve per tutte: la solidarietà. Con l'emendamento in esame proponiamo di migliorare i servizi di tutela dei diritti fondamentali delle persone trattenute nei centri di identificazione e di espulsione, con una particolare attenzione ai minori non accompagnati.
So bene che questo problema, tra l'altro, è oggetto, in questo momento, di un'indagine conoscitiva presso la Commissione bicamerale per l'infanzia e so, quindi, che la maggioranza nutre attenzione verso questo fenomeno. Pertanto, chiedo anche alla maggioranza di votare a favore di questo emendamento, perché i tempi per la conversione del decreto-legge effettivamente vi sono.
In questo momento, i dati relativi ai minori non accompagnati sono impressionanti. In Italia scompare un minore su tre: solo in Sicilia sono 1117 i minori stranieri non accompagnati, ospitati negli ultimi sei mesi nelle comunità e, nello stesso periodo, sono 1095 i minori sbarcati e giunti da soli in Italia. L'89 per cento di questi migranti è costituito da ragazzi tra i 16 e i 17 anni che provengono da Paesi come la Nigeria, l'Eritrea, la Somalia, l'Egitto, la Palestina, la Tunisia e il Ghana. Sono costretti a lasciare i loro Paesi a causa di guerre, povertà e persecuzioni. I centri di identificazione hanno un problema. Perché questi ragazzi fuggono dalle comunità? Spesso si allontano volontariamente. Vi è un problema di scarsa informazione legale e vi è un problema, perché le comunità accolgono questi minori oltre il numero legalmente previsto. Vi è un problema di carenza di mediazione culturale: i ragazzi non capiscono la lingua che si parla. Sono necessarie anche risorse, perché non si possono avere mediatori culturali esterni (quelli previsti sono uno ogni 50 minori); ciò non consente di spiegare ai minori quali sono i loro diritti e le loro possibilità in questo Paese.
Non vi rendete conto che, in questa maniera, state creando ulteriori sacche di irregolarità, quella che voi dite di voler contrastare? Vi chiedo, quindi, di riflettere un attimo su questo argomento.
So che il sottosegretario Mantovano, che ha risposto ad una mia interrogazione la scorsa settimana in Commissione affari costituzionali, conosce questo fenomeno, sul quale mi ha fornito anche dati piuttosto rilevanti, relativi a circa 5670 minori non identificati.
Vi chiedo se sia possibile, a questo punto, dimostrare, invece, che l'immigrazione non è solo un problema di criminalità, ma è anche un problema di integrazione, legato all'assistenza di quella che riteniamo essere la fascia più debole e, cioè, i minori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco...

ALESSANDRA MUSSOLINI. Presidente! Presidente! Avevo chiesto di parlare per dichiarazione di voto!

PRESIDENTE. Onorevole Mussolini, non l'avevo vista, le chiedo scusa. Revoco l'indizione della votazione. Prego, onorevole, e mi scusi tanto.

Pag. 72

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, vorrei intervenire anche in ordine all'ultimo intervento svolto dall'onorevole Villecco Calipari. Questo argomento e, soprattutto questo aspetto, sono importanti. Come presidente della Commissione bicamerale per l'infanzia ho avviato la citata indagine conoscitiva e il punto, oltre alla missione che abbiamo svolto a Lampedusa con maggioranza e opposizione, è che quando entra un bambino in Italia diventa nostro figlio e deve avere tutte le tutele.
Il centro di Lampedusa non può accogliere più di quel tanto e, quindi, certamente i minori sono in una condizione di disagio. Tuttavia, il problema - come è stato detto - non è quando i minori sono a Lampedusa, ma quando vengono trasferiti ad Agrigento e nei vari comuni. È su questo che si deve concentrare l'attenzione del Governo, perché molti bambini non spariscono volontariamente, ma vengono costretti ad allontanarsi dalle case e non vi sono controlli (Applausi del deputato Sbai). Proprio oggi in Commissione abbiamo ascoltato Silveri, presidente del Comitato per i minori stranieri non accompagnati e Postiglione, il prefetto di Agrigento: vi è un allarme relativo ai bambini e ai minori che scompaiono.
Chiedo veramente a nome di tutti, maggioranza e opposizione, un impegno del Governo a vigilare su questo fenomeno. Dobbiamo sapere dove questi bambini vanno a finire (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà per un minuto.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento in esame e per rivolgere una domanda al sottosegretario Mantovano. Il problema è gravissimo, non possiamo commuoverci davanti alle fiction televisive e non fare il nostro dovere in Parlamento. Capisco che la maggioranza, come ha ricordato la collega Santelli, ritiene immodificabile il testo in questa sede. Il Governo può, tuttavia, impegnarsi ad accogliere un ordine del giorno e a pensare a una politica in questa direzione, il che mi pare sia fondamentale per tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sbrollini. Ne ha facoltà per un minuto.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, intervengo soltanto per chiedere di sottoscrivere questo importante emendamento anche perché sono componente della Commissione bicamerale per l'infanzia. Sentiamo molto questo argomento e ne abbiamo discusso anche in questa settimane.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zampa. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere, a mia volta, l'emendamento in esame e soprattutto per riferire, in qualità di membro nella Commissione bicamerale per l'infanzia, che proprio oggi abbiamo avuto un incontro con il prefetto di Agrigento. Egli ha descritto una situazione assolutamente pericolosa e drammatica nella quale vivono questi bambini. Ritengo che si tratti di un impegno assolutamente importante e da assumere in un Paese che pretende di essere civile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ritengo che la questione sia più complessa e vada oltre la destinazione di una parte dei fondi al rafforzamento dei centri di identificazione e di espulsione.Pag. 73
Si tratta di una questione seria sulla quale, come ricordava prima uno dei presentatori dell'emendamento in esame, l'onorevole Villecco Calipari, il Governo si è già espresso, fornendo una prima ricostruzione di dati (in certi casi si tratta soltanto di stime del fenomeno). Il Governo segue con estrema attenzione la questione e attende dal Parlamento indicazioni concrete dall'indagine che sta svolgendo la Commissione bicamerale per l'infanzia.
Invito, tuttavia, al ritiro dell'emendamento in esame e a trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno proprio perché è necessario svolgere un lavoro comune, che renda sempre più adeguati gli interventi in questa direzione.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, sottosegretario Mantovano, so bene che il fenomeno è più complesso e richiede sicuramente ulteriori approfondimenti anche con chi, come Save the children, ha una convenzione con il Ministero dell'interno e lavora esattamente su questo tema.
Mi rendo conto di come il Governo, nonostante le sue affermazioni, non voglia, comunque, rendere possibile l'approvazione dell'emendamento Calvisi 3.22 in Aula. Accetto l'invito al ritiro ma ritengo che dovremmo ritornare sul problema, approfondirlo meglio e gravarci di un impegno ben diverso da quello che oggi il Governo sta assumendo.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Calvisi 3.22 lo ritirano.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Le ricordo, onorevole, che l'emendamento è stato ritirato.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, mi rammarica il fatto che non abbia intercettato la mia richiesta di intervento prima che parlasse il sottosegretario Mantovano. Colgo comunque l'occasione - nel registrare l'accoglimento, da parte della collega Villecco Calipari, dell'invito del Governo al ritiro dell'emendamento - per auspicare la presentazione di quell'ordine del giorno di cui si è detto.
Intendo cogliere, altresì, l'occasione, in qualità di componente del Comitato Schengen, per richiamare l'attenzione del Ministro, nonché del Governo nel suo complesso, sulla questione dei minori che è stata testé sollevata anche dalla Presidente della Commissione bicamerale per l'infanzia, onorevole Mussolini.
In occasione di una recente missione a Lampedusa abbiamo registrato l'esigenza, che viene forte proprio dagli operatori di settore e dalle prefetture, di una normativa che meglio inquadri la questione relativa ai minori, ai non accompagnati in particolare. Come sappiamo, il regime giuridico che li governa è ricondotto alla normativa nazionale di carattere più generale e, quindi, si richiede...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IDA D'IPPOLITO VITALE. ...un'attenzione mirata che vada a colmare un vuoto normativo nella fattispecie, appunto, dei minori stranieri non accompagnati.

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Calvisi 3.22 è stato ritirato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Calvisi 3.24, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 74
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 524
Votanti 522
Astenuti 2
Maggioranza 262
Hanno votato
249
Hanno votato
no 273).

Prendo atto che il deputato Mastromauro ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Mazzarella ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Pezzotta 3.20 e Calvisi 3.25.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, vorrei illustrare l'emendamento presentato dal collega Pezzotta, che è già stato illustrato in sede di discussione sul complesso degli emendamenti.
Con la riforma della procedura per il riconoscimento e la protezione internazionale il trattenimento nei centri di identificazione e di espulsione viene disposto non solo nei confronti del destinatario di un provvedimento di espulsione appunto, ma anche di un provvedimento di respingimento.
Peraltro, il cittadino straniero che presenti la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale successivamente ad un provvedimento di espulsione o di respingimento non solo viene comunque trattenuto in tali centri, ma non gode nemmeno del beneficio dell'effetto sospensivo del ricorso al tribunale in caso di diniego del riconoscimento della protezione internazionale da parte della commissione territoriale.
Queste restrizioni al diritto di chiedere e ottenere asilo, di cui all'articolo 10, terzo comma, della Costituzione, nonché alle convenzioni internazionali, rischiano, a nostro giudizio, di privare il cittadino straniero trattenuto nei centri di un diritto elementare.
Per contrastare tale rischio si ritiene indispensabile che i cittadini stranieri in questione possano avvalersi, in tutti i centri, di un servizio indipendente di orientamento e assistenza legale.
Il costo per lo svolgimento di tali servizi, che dovranno essere istituiti a cura degli uffici territoriali del Governo e, quindi, essere affidati ad enti di comprovata esperienza nel settore e di specifica competenza in materia, rientrano, peraltro, nelle previsioni di spesa di questo articolo.
Riteniamo, altresì, indispensabile che i servizi di orientamento e assistenza legale siano gestiti da enti diversi da quelli che gestiscono le strutture onde evitare eventuali conflitti di interesse e garantire l'indipendenza del servizio stesso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Pezzotta 3.20 e Calvisi 3.25, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 518
Astenuti 3
Maggioranza 260
Hanno votato
246
Hanno votato
no 272).

Prendo atto che il deputato Vaccaro ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i deputati Negro e Di Cagno Abbrescia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vietti 3.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, vorrei soltanto ribadire, nell'ottica di una Pag. 75maggiore trasparenza dell'azione amministrativa, che non abbiamo avuto i necessari chiarimenti dal Governo in merito alle procedure attraverso le quali l'Esecutivo intende realizzare i centri di identificazione ed espulsione. Si è cambiato, purtroppo, solo il nome e non la funzione secondo il solito schema che abbiamo denunciato più volte: subito gli annunci e poi, semmai, la sostanza.
E poi chi garantisce, in quei centri, il rispetto delle linee guida che il Ministero ha emanato per garantire e definire gli standard qualitativi delle strutture?
Condividiamo l'esigenza del Governo di far presto, ma vorremmo anche che fosse accompagnata da un'esigenza di fare bene, e vorremmo comunque eliminare, senza concedere ad alcuni il diritto di veto, la possibilità di tensioni sociali sul territorio di cui davvero nessuno credo avverta il bisogno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vietti 3.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 531
Votanti 530
Astenuti 1
Maggioranza 266
Hanno votato
252
Hanno votato
no 278).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Donadi 3.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, questo emendamento in tutta evidenza è volto a fornire un'indicazione migliorativa perché, rispetto ai centri di identificazione e di espulsione, propone un necessario concordato con la realtà degli enti locali ed un necessario rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti ed ambiente.
Credo che sia assolutamente condiviso da questa Assemblea e, quindi, assolutamente da approvare. Come vede, signor Presidente, vi è un intento collaborativo da parte del gruppo dell'Italia dei Valori. Si tratta dello stesso intento che ha animato anche gli interventi svolti in precedenza, magari con diseguale tonalità e con diseguali accenti (ma in quest'Aula ognuno porta la propria esperienza, la propria Weltanschauung, la propria visione anche dei rapporti parlamentari), dai miei colleghi, e da un collega in particolare, l'onorevole Barbato.
Mi permetterà, onorevole Presidente, perché avevo chiesto la parola nel contesto in cui si era svolto quel breve momento di confronto in ordine alle parole espresse dal mio collega, che sono state, come dire, stigmatizzate, credo in una forma ellittica che molte questioni ha lasciato per aria, dal Presidente Leone, di esprimere solo una lapidaria valutazione. Che cosa si diceva prima? Si stava parlando dei limiti alla concessione dei benefici di legge ai superstiti delle vittime della criminalità organizzata. Si parlava dell'impianto dell'articolo 2-quinquies, che era stato manifestamente indicato come fonte di perplessità e fatto male. Questo può accadere e accade nella concitazione e nella struttura di una norma, soprattutto quando si tratta di decreti-legge. Accade ed è accaduto anche ai Governi di centrosinistra che qualcosa sia stato scritto in modo sbagliato. Si diceva: o si tratta di un errore di forma e, dunque, correggiamolo (si volevano introdurre anche i parenti), oppure, se non è un errore di forma, è qualcosa d'altro. Sono assolutamente disposto a credere, anzi convinto, che si tratti di un errore di forma e questo credo che debba essere, con l'onestà intellettuale che tutti quanti attribuiamo al sottosegretario Mantovano, riconosciuto dal Governo.
Tutto qui. Credo che in quest'Aula abbiamo ascoltato parole anche più hard (come direbbero gli inglesi) senza che si Pag. 76siano creati momenti conflittuali particolarmente hard. Da ora in poi, chiarite le espressioni, ritengo si possa ragionare con la pacatezza necessaria (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pisicchio, anche per questo richiamo alla serenità.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, l'emendamento in esame richiama, in parte, quella che era un po' la proposta di modifica all'articolo 3, comma 1, del provvedimento in esame, presentata con l'emendamento Vietti 3.1 e, quindi, illustrata dall'onorevole Rao. Non ho capito perché il Governo e la maggioranza non abbiano accolto tale proposta. Noi avvertivamo, così come avviene anche in questo emendamento, l'esigenza di coinvolgere la Conferenza unificata e, dunque, anche i sindaci nella costruzione dei centri di identificazione e di espulsione. Abbiamo invocato anche il rispetto dei diritti civili, della qualità della vita e, quindi, di condizioni ambientali sostenibili e vivibili, e non c'è dubbio che questo aspetto e questa esigenza, che abbiamo manifestato, avrebbero dovuto essere raccolti dall'Assemblea. Inoltre, avanzavamo anche l'idea di una relazione, in ordine alla costruzione di nuovi centri, da sottoporre al Parlamento.
Poche volte il Parlamento rinuncia ad una propria prerogativa, ad un controllo, che doveva essere sui parametri relativi alle condizioni di vivibilità di questi centri. Ecco perché votiamo a favore di questo emendamento, con la speranza che possa essere accolto da parte dell'Assemblea, anche se la collega Santelli poc'anzi ha posto un freno rispetto alle cose opportune e giuste che potevano essere migliorative di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Donadi 3.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 516
Votanti 514
Astenuti 2
Maggioranza 258
Hanno votato
246
Hanno votato
no 268).

Prendo atto che il deputato Mazzarella ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto.
Indìco...

MICHELE BORDO. Presidente, Presidente! Chiedo di parlare!

PRESIDENTE. Onorevole Bordo, non può intervenire perché è il firmatario dell'emendamento ed è intervenuto sul complesso degli emendamenti. Pregherei i colleghi di chiedere la parola tempestivamente, perché altrimenti si rende più complicato lo svolgimento dei nostri lavori.
Indìco dunque la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bordo 3.7, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 522
Votanti 519
Astenuti 3
Maggioranza 260
Hanno votato
247
Hanno votato
no 272).

Pag. 77

Prendo atto che il deputato Mazzarella ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Marinello ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vietti 3-bis.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, l'articolo 3-bis completa la disomogeneità del provvedimento, perché introduce una materia evidentemente estranea al contesto normativo. Una volta tanto diciamo per fortuna, ma continuiamo a ritenere che il fine non giustifichi i mezzi. Infatti, non è la prima volta che troviamo in un decreto questioni purtroppo eterogenee rispetto al contenuto originario del provvedimento, situazione che, lo ripeto, espone a future possibili censure da parte della Corte costituzionale.
Mi riferisco alla disciplina delle indennità spettanti ai giudici onorari dei tribunali e ai vice procuratori onorari. L'articolo in questione è da noi interpretato nella sua finalità positiva, lo ribadisco, perché tende a superare, pur senza riuscirci appieno, una serie di problematiche in merito alle quali il nostro gruppo ha più volte richiamato in Aula e in Commissione l'attenzione del Governo.
Al di là di ogni considerazione formale, la norma non prevede una retribuzione a nostro giudizio proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto dai vice procuratori onorari e dai giudici onorari di tribunale, ma so che sul tema il Governo ha una sensibilità e anche in sede di discussione generale ha ribadito che sta per varare un'organica riforma della magistratura onoraria entro il 2009. Finalmente il Governo ha compreso, quindi, che GOT e VPO, come vengono chiamati, svolgono una funzione insostituibile per il funzionamento del sistema giudiziario. Vorremmo però che, a questo punto, fosse conseguente rispetto alle sue parole. Infatti, il problema è sempre lo stesso: non si trovano i soldi, e quindi vengono scelte altre priorità.
Consideriamo irrinunciabile l'apporto dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari, in particolare in un momento in cui l'amministrazione della giustizia soffre l'insufficienza degli organici della magistratura di ruolo e in un momento in cui l'emergenza sicurezza richiede sempre più efficienza per rendere tempestiva ed effettiva la punizione dei reati (sempre più numerosi, perché molti reati sono stati introdotti in questa legislatura), come abbiamo detto più volte.
La previsione, ad esempio, dello scatto di una seconda indennità nel caso in cui l'impegno lavorativo duri più di cinque ore appare irragionevole ove si consideri che la previsione rischierebbe di premiare coloro i quali intendessero operare con una minore efficienza nel tenere l'udienza, con conseguenti disagi per gli utenti. Ciò, inoltre, penalizzerebbe i giudici onorari civili impegnati nelle udienze di precisazione delle conclusioni che, se pure di durata inferiore alle cinque ore, richiedono come attività conseguente l'esame di atti di tre o quattro cause già istruite dal valore di decine di migliaia di euro, e comunque anche la motivazione delle relative sentenze.
Concludo, signor Presidente. Ci sembra una sorta di introduzione surrettizia di tornelli per i giudici, che però se fossero istituiti realmente dimostrerebbero quanto lavorano questi giudici, che non vanno spesso sulle prime pagine dei giornali, e che però i tanti cittadini che hanno avuto a che fare con loro conoscono bene.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vietti 3-bis.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 78
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 527
Votanti 524
Astenuti 3
Maggioranza 263
Hanno votato
251
Hanno votato
no 273).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Calvisi 3-bis.020, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 519
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
246
Hanno votato
no 273).

Prendo atto che i deputati Mussolini, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana e Di Biagio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Vaccaro ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Calvisi 3-bis.021.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, mi riallaccio all'intervento svolto dall'onorevole Calvisi in sede di discussione sulle linee generali. Questo emendamento riguarda un problema che tocca la condizione dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Come sappiamo, il nostro Paese non ha una legge ad hoc per i richiedenti asilo e per i rifugiati, cosicché avviene una grande confusione (solo ed esclusivamente nel nostro, tra i grandi Paesi europei) tra gli immigrati generici e i richiedenti asilo e i rifugiati. Si tratta di un fenomeno in aumento, come testimonia l'incremento delle domande di asilo, e d'altronde non può essere diversamente, vista la situazione geopolitica mondiale caotica, con i focolai di conflitti e le sperequazioni economiche che aumentano di giorno in giorno.
Quindi, con questa proposta emendativa si tratta di fronteggiare con strumenti più efficaci l'aumento delle domande. Infatti, gli arrivi delle domande di asilo hanno provocato una grave situazione di congestione dei centri di accoglienza per i richiedenti asilo. La rete dei comuni, che costituisce il sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati, coordinato dal Ministro dell'interno e dall'ANCI, non riesce a far fronte a questo aumento di richiedenti asilo.
Il Governo è intervenuto più volte avvalendosi della dichiarazione dello stato di emergenza dello scorso 14 febbraio 2007 ed ha emanato una serie di ordinanze di protezione civile successive con le quali - in deroga all'ordinaria programmazione - sono state aperte strutture di accoglienza provvisorie tramite convenzioni con soggetti privati disparati. È stato chiesto alla rete SPRAR di allargare il numero dei posti disponibili, si è provveduto ad allargare il numero dei posti ordinari, ma il numero dei posti reperiti con i centri improvvisati (che a noi risulta siano almeno 3 mila) non è adeguato. I posti provvisori sono numerosi quasi quanto i posti previsti dal sistema ordinario di accoglienza (centri di accoglienza e SPRAR).
Vi è, quindi, un'enorme dispersione di risorse, che vengono investite senza una progettualità. La rete SPRAR è divisa tra posti ordinari e straordinari, con tempistiche e logiche differenziate, dando luogo ad una situazione di grande confusione ed incertezza. È del tutto evidente, signor Presidente, l'urgenza di un intervento di razionalizzazione del sistema, incrementando a regime il fondo per le politiche dell'asilo di cui all'articolo 1-septies del Pag. 79decreto-legge n. 416 del 1989, convertito dalla legge n. 39 del 1990, introdotto dall'articolo 32 della legge n. 189 del 2002, superando quindi la previsione di un tetto massimo di 3 mila posti ordinari SPRAR previsti dal decreto del capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del 25 agosto. Si tratta, quindi, di strumenti assolutamente tecnici che il Governo può adoperare, proprio per ovviare a questa non distinzione tra immigrazione generica e richiedenti asilo e rifugiati, per mettere i comuni in grado di dare un'accoglienza adeguata a queste persone che chiedono asilo nel nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, intervengo per apporre la mia firma all'emendamento. Vorrei spiegare anche una cosa, a testimonianza e a conferma di quanto diceva l'onorevole Touadi circa la confusione che c'è in Italia sui richiedenti asilo. Se vi ricordate quanto ha detto ieri l'onorevole Colombo riguardo all'episodio della polizia di Castel Volturno, sono stati portati nei centri ex CPT, adesso centri di identificazione e di espulsione, anche dei richiedenti asilo, cioè delle persone che avevano chiesto asilo politico e ancora in attesa di una decisione.
Tutti sappiamo in Italia quanto sia lungo l'iter giudiziario, e quindi trattare i richiedenti asilo alla stregua degli altri immigrati sinceramente è un vulnus giuridico, ma anche un errore dal punto di vista umano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Calvisi 3-bis.021, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 516
Votanti 514
Astenuti 2
Maggioranza 258
Hanno votato
240
Hanno votato
no 274).

Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1857).
Nessuno chiedendo di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Gaglione n. 9/1857/1, a condizione che sia soppressa l'intera parte motiva e che il dispositivo sia riformulato come segue: «impegna il Governo a prendere in considerazione le esigenze di organico e di mezzi del commissariato di Polizia di Stato di Pisticci».
Il Governo accetta l'ordine del giorno D'Ippolito Vitale n. 9/1857/2.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Nicola Molteni n. 9/1857/3, a condizione che nel dispositivo dopo le parole «impegna il Governo ad adottare» siano inserite le seguenti: «nell'ambito della riforma della magistratura onoraria, e comunque entro il 31 dicembre 2009, le opportune iniziative legislative volte a riconoscere ai magistrati onorari un'indennità proporzionata alla quantità e alla qualità del loro lavoro».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Montagnoli n. 9/1857/4, non accetta l'ordine del giorno Gozi n. 9/1857/5, accetta Pag. 80gli ordini del giorno Stracquadanio n. 9/1857/6 e Scelli n. 9/1857/7 e non accetta gli ordini del giorno Evangelisti n. 9/1857/8 e Porfidia n. 9/1857/9.
Il Governo invita i presentatori al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli ordini del giorno Ferranti n. 9/1857/10 e Lo Moro n. 9/1857/11 e non accetta l'ordine del giorno Bordo n. 9/1857/12.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Compagnon n. 9/1857/13, a condizione che nel dispositivo siano soppresse le parole «(di cui è cambiato solo il nome e non la funzione)».
Il Governo invita il presentatore al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'ordine del giorno Tassone n. 9/1857/14 e non accetta gli ordini del giorno Pezzotta n. 9/1857/15 e Rao n. 9/1857/16.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Costa n. 9/1857/17, non accetta l'ordine del giorno Donadi n. 9/1857/18 e accetta l'ordine del giorno Landolfi n. 9/1857/19.
Il Governo invita il presentatore al ritiro dell'ordine del giorno Catanoso n. 9/1857/20, con l'impegno ad approfondire la tematica, magari in un atto di sindacato ispettivo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Frassinetti n. 9/1857/21.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Monai n. 9/1857/22, a condizione che il dispositivo sia riformulato come segue: «impegna il Governo a incrementare i livelli di sicurezza in prossimità del centro di identificazione e di espulsione di Gradisca d'Isonzo».
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Strizzolo n. 9/1857/23, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Rosato n. 9/1857/24, se riformulato inserendo al termine della parte dispositiva le seguenti parole: «, compatibilmente con le esigenze di equilibrio del bilancio».
Il Governo esprime altresì parere favorevole sull'ordine del giorno Palomba n. 9/1857/25 purché riformulato eliminando la parte motiva e riformulando il dispositivo, in modo che sia conforme anche alla direttiva europea, nei seguenti termini: «impegna il Governo a garantire l'attuazione della direttiva 2006/24/CE tenendo conto della sicurezza dei cittadini, dell'efficacia dell'azione investigativa della magistratura e delle esigenze di riservatezza dei dati personali».
Per quanto riguarda il parere sull'ordine del giorno Pili n. 9/1857/26 cedo la parola al collega Caliendo.

PRESIDENTE. Prego, sottosegretario Caliendo.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Pili n. 9/1857/26, purché il dispositivo sia riformulato nei termini seguenti: dopo le parole: «impegna il Governo ad adottare le opportune iniziative volte a», nel primo capoverso sostituire la parola: «una retribuzione» con la parola: «un'indennità» e al terzo capoverso sostituire le parole: «ad emanare un'apposita circolare ministeriale della Direzione generale della giustizia civile in cui si precisi, in relazione all'articolo 3-bis» con le seguenti (perché il Parlamento non può impartire direttive di questo tipo): «a chiarire che, ai fini della determinazione del complessivo impegno lavorativo, di cui all'articolo 3-bis, essa andrà determinata nel caso di più udienze, calcolando l'orario di apertura», per il resto, il terzo capoverso rimane invariato.
Per quanto riguarda i successivi ordini del giorno, lascio la parola al sottosegretario Mantovano.

PRESIDENTE. Prego, sottosegretario Mantovano.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Codurelli n. 9/1857/27 perché con esso si chiede al Governo di assumere un impegno molto specifico che necessiterebbe di un approfondimento istruttorio; ciò non significa non tenere conto di tale esigenza, ma in questo momento non c'è tempo per effettuare l'istruttoria.Pag. 81
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Iannarilli n. 9/1857/28 con le riformulazioni già apportate nel testo originario dal presentatore, mentre propone la seguente riformulazione dell'ordine del giorno Belcastro n. 9/1857/29: eliminare la parte motiva e riformulare il dispositivo nei seguenti termini: «impegna il Governo a seguire criteri cronologici nell'assunzione dei vincitori di concorso nel Corpo dei vigili del fuoco».
Per quanto riguarda gli ordini del giorno Commercio n. 9/1857/30, Lombardo n. 9/1857/31 e Lo Monte n. 9/1857/32, a firma dei collegi dell'MpA, il Governo propone la seguente riformulazione che può comprenderli tutti: «impegna il Governo a tenere in considerazione, nell'assegnazione dei beni confiscati alla criminalità di tipo mafioso, delle esigenze degli enti territoriali nel cui comprensorio quei beni insistono». Tale riformulazione è comprensiva sia dei mobili, sia degli immobili nonché dei proventi.
Il Governo, infine, accetta l'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/1857/33.

GIULIO CALVISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, vorrei chiedere al sottosegretario Mantovano come intenda dare corso all'apertura che ha fatto nel corso del suo intervento alla proposta dell'onorevole Villecco Calipari, sull'ordine del giorno sul quale ha formulato l'invito al ritiro, di cui anch'io sono firmatario, che riguarda i diritti dei minori stranieri non accompagnati e i diritti dei richiedenti asilo.
La proposta di ritiro è stata accettata in cambio dell'approvazione di un ordine del giorno. Quindi, siccome l'ordine del giorno...

PRESIDENTE. Onorevole Calvisi, è l'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/1857/33, l'ultimo ordine del giorno sul quale il sottosegretario ha espresso parere favorevole.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, allora va benissimo. La ringrazio.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Gaglione accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/1 accettato dal Governo.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, apprezzo l'atteggiamento del Governo, ma chiederei un pieno accoglimento del mio ordine del giorno n. 9/1857/2, che mi sembra sia stato soltanto accolto come raccomandazione.

PRESIDENTE. Onorevole D'Ippolito Vitale, il suo ordine del giorno è stato accettato dal Governo.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Si tratta di una questione rilevante. Presidente non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei aggiungere la mia firma all'ordine del giorno D'Ippolito Vitale n. 9/1857/2. Visto e considerato che quest'ordine del giorno è stato accolto per l'ennesima volta dal Governo (perché non è la prima volta che si accoglie un ordine del giorno di questo tenore su questo tema), mi auguro che questa sia la volta in cui si darà seguito a un atto di indirizzo parlamentare. Altrimenti, il Governo ci dovrebbe spiegare perché gli ordini del giorno accettati in precedenti sedute, con una serie di valutazioni su temi analoghi, non hanno poi avuto seguito. Questo lo vorremmo sapere.

Pag. 82

PRESIDENTE. È interessante non solo per quest'ordine del giorno conoscere il seguito dell'attività di indirizzo del Parlamento e sapere quanto essa sia realmente efficace.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Nicola Molteni n. 9/1857/3 accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Montagnoli n. 9/1857/4 accettato dal Governo.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Gozi n. 9/1857/5, non accettato dal Governo.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, vorrei far notare che il Governo non accetta un ordine del giorno in cui si invita lo stesso ad assicurare ai nuovi centri le massime garanzie dal punto di vista sanitario, del rispetto dei diritti dell'uomo, nonché la trasparenza e l'efficienza nella gestione dei fondi pubblici. Mi sembra un dispositivo di buonsenso e non capisco perché il Governo sia assolutamente contrario a questo ordine del giorno.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo non accoglie quest'ordine del giorno perché quanto è in esso previsto è già praticato ordinariamente, nel senso che l'assistenza sanitaria e il rispetto dei diritti fondamentali delle persone trattenute nei centri di identificazione e di espulsione sono garantiti in base a convenzioni stipulate dalle prefetture con gli enti gestori dei centri, così come la trasparenza e l'efficienza nella gestione dei fondi pubblici. Le convenzioni sono stipulate sulla base di un capitolato generale, approvato con decreto ministeriale, che prevede in modo specifico l'erogazione di un adeguato servizio sanitario, a seguito di una gara effettuata in base agli articoli 20, 21 e 27 del decreto legislativo n. 163 del 2006. È complicato accogliere qualcosa che si fa da anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, visto che il Governo lo fa già, potrebbe anche accogliere l'ordine del giorno in questione come raccomandazione «a far meglio»?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Sì signor presidente, il Governo accoglie l'ordine del giorno Gozi n. 9/1857/5 come raccomandazione «a far meglio».

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gozi n. 9/1857/5, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Stracquadanio n. 9/1857/6, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Scelli n. 9/1857/7, accettato dal Governo.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1857/8, non accettato dal Governo.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, approfitto della presenza in Aula del Ministro Maroni per dire che chiaramente questo nostro ordine del giorno aveva anche un carattere «strumentale»; intendevamo, cioè, presentare una denuncia e siamo arrivati fino al punto di chiedere al Governo di ritirare la dichiarazione di stato di emergenza nazionale. Questo perché, con la dichiarazione di emergenza, è stato possibile varare...
Capisco che il Ministro sia impegnato dall'onorevole Volontè. Chiedo scusa, signor Ministro, abbia pazienza, ma ci tenevo a richiamare un attimo la sua attenzione.Pag. 83
Dicevo che con questo ordine del giorno volevamo denunciare una situazione che si è verificata dopo la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale sull'immigrazione, perché essa ha permesso al Governo di emanare un'ordinanza che consente l'affidamento delle concessioni dei «mini CPT» senza le evidenze della gara pubblica.
È emerso recentemente che i controlli necessari sarebbero stati aggirati e che avrebbero pesato, come elementi determinanti, sia rapporti con i funzionari del Ministero sia con quelli di alcuni politici.
Insomma, il sistema del doppio binario pensato dal Governo, da una parte i centri di identificazione ed espulsione, dall'altra i piccoli CPT, gestiti dai privati, pare mostrare più di una lacuna. Se il Governo non vuole accettare il mio ordine del giorno n. 9/1857/8, mi accontenterei che, almeno, in via del tutto straordinaria, potesse essere accolto come raccomandazione.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, qui si chiede «semplicemente» di ritirare la dichiarazione dello stato di emergenza. Vorrei far presente che al 24 novembre di quest'anno il totale degli immigrati giunti sulle coste italiane impone una risposta di emergenza per garantire un'adeguata accoglienza.
Mi rifiuto di commentare quelle che sono esclusivamente notizie giornalistiche. Faccio presente che è un vanto del nostro Paese, apprezzato in tutta Europa e in tutto il mondo, lo standard di accoglienza che viene garantito a coloro che sbarcano, come sappiamo, sulle nostre coste (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti?

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1857/8, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 527
Votanti 319
Astenuti 208
Maggioranza 160
Hanno votato
42
Hanno votato
no 277).

Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Porfidia n. 9/1857/9, non accettato dal Governo.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, vorrei che il Governo riflettesse su questo ordine del giorno, perché, in effetti, con esso chiediamo soltanto di rivedere il concetto dei CIE, i centri di identificazione e di espulsione, anche alla luce di uno studio fatto non solo dalla Comunità europea; anzi, l'Italia ha voluto fare due studi sui centri di identificazione presenti al suo interno.
Sono state verificate alcune cose, come le cattive condizioni igieniche e di affollamento. In alcuni casi, vi è un regime quasi carcerario e vi sono interventi anche piuttosto eccessivi da parte delle forze dell'ordine.
Si registra anche la mancanza di accesso (questo, forse, è un punto fondamentale, al quale facciamo riferimento nell'impegno al Governo) di personale che possa tutelare i diritti di queste persone; divieto di ingresso, addirittura, di organizzazioni non governative. In alcuni casi - leggo ancora quello che emerge dai vari studi fatti - manca un adeguato sostegno medico, sociale e psicologico.
Questi centri di identificazione e di espulsione sono dei centri dove vi sono delle persone, è vero, che devono essere Pag. 84espulse, che, tra l'altro, sono effettivamente anche dei criminali, ma in essi ci sono anche, invece, delle persone perbene.
Pertanto, cerchiamo di non confondere tali aspetti e facciamo in modo che sopratutto queste persone che poi devono restare in Italia con tutti i diritti di cui devono continuare a disporre (ma il discorso riguarda tutti quanti) vengano identificate e trattate nel modo migliore.
Tra l'altro, l'impegno che chiediamo al Governo è solo quello di monitorare la situazione di questi centri e di adottare iniziative tali che migliorino le condizioni igieniche, sanitarie e sociali, anche in riferimento al regime troppo rigido che abbiamo evidenziato in precedenza, ma soprattutto di assicurare, attraverso l'individuazione e quindi anche il sostegno alle persone con problemi psicologici, portatrici di handicap, alle donne in gravidanza e ai bambini, un sostegno attraverso anche le organizzazioni non governative, affinché possano tutelare, all'interno di questi centri, i loro diritti.
Stiamo chiedendo, credo, qualcosa che rientra nella normalità, e vorrei che il Governo, anche attraverso una rivisitazione, approfondisse il parere (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Porfidia n. 9/1857/9.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Porfidia n. 9/1857/9, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 521
Votanti 325
Astenuti 196
Maggioranza 163
Hanno votato
54
Hanno votato
no 271).

Prendo atto che i deputati Leoluca Orlando e Paladini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole. Prendo altresì atto che i deputati Simeoni, Grimoldi, Goisis, Pirovano, Consiglio e Repetti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Ferranti n. 9/1857/10. Onorevole Ferranti, che vedo al telefono, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/10, non accettato dal Governo?

DONATELLA FERRANTI. Si signor Presidente, anche perché francamente trattandosi di una delle misure che il Governo ha presentato nel proprio programma non capisco il parere contrario, anche perché il sottosegretario Caliendo non si è espresso in tal senso.
Tra l'altro, in questo ordine del giorno chiediamo soltanto che il Governo, anziché intervenire con decreti-legge che, tra l'altro, riguardavano tutt'altra materia (nel decreto-legge sull'immigrazione si è pensato di modificare l'indennità dei giudici onorari), si impegni invece a ripensare la magistratura onoraria in modo da creare un qualche cosa che possa veramente essere di aiuto all'andamento della giustizia, sottoponendo quindi la riforma all'approvazione del Parlamento entro il 31 dicembre 2009, ossia entro la fine del prossimo anno.
In qualche modo, il parere contrario del Governo su questo ordine del giorno mi pare che sia anche in contrasto con tutto quanto è stato sostenuto fino a adesso dalla maggioranza.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Più che un parere contrario, il Governo ha espresso un invito al ritiro perché in questa Camera ha già accettato l'ordine del giorno negli stessi identici termini (è stato accettato, ed io ho Pag. 85espresso parere favorevole riguardo al fatto che la riforma debba essere approvata entro il 31 dicembre 2009). Questa è la ragione dell'invito al ritiro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, sinceramente non è comprensibile la ragione per la quale il Governo chiede il ritiro di un ordine del giorno, eventualmente costringendo la Camera a votare contro un ordine del giorno che già in altre occasioni è stato votato o comunque accolto dal Governo.
In realtà, questa è l'occasione nella quale la Camera interviene di nuovo, sostenendo e chiedendo al Governo di procedere secondo quanto è stato stabilito.
Semmai quindi, anziché un invito al ritiro, potrebbe essere una raccomandazione a fare in modo che l'ordine del giorno precedentemente accolto venga ulteriormente realizzato ed abbia corso. Questa mi sembra una soluzione logica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, oltre ad aggiungere anche la mia firma all'ordine del giorno Ferranti n. 9/1857/10, vorrei richiamare l'attenzione del sottosegretario Caliendo, di cui conosco la competenza, sul fatto che ha testé espresso parere favorevole sull'ordine del giorno Nicola Molteni n. 9/1857/3, dei colleghi della Lega, con il quale si impegna il Governo a riconoscere ai magistrati onorari una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del loro lavoro.
Dopodiché, il sottosegretario ha espresso un invito al ritiro, altrimenti parere contrario, sull'ordine del giorno Ferranti n. 9/1857/10 (che richiama un ordine del giorno, già accettato dal Governo, firmato trasversalmente da tutti i gruppi di quest'Aula e che è volto a realizzare la riforma organica della magistratura onoraria entro il 31 dicembre 2009), contraddicendo l'atteggiamento del Governo che, avendolo accettato in precedenza, non si vede come oggi possa non accettarlo.
Il sottosegretario, inoltre, non ha accettato - anticipo il commento perché è pertinente alla discussione che stiamo svolgendo - l'ordine del giorno Rao n. 9/1857/16, in cui si usano testualmente e letteralmente le stesse espressioni dell'ordine del giorno Nicola Molteni n. 9/1857/3, che impegna il Governo ad inserire nella riforma organica della magistratura «opportune disposizioni che riconoscano ai magistrati onorari di tribunale una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto»; sono letteralmente le stesse espressioni dell'ordine del giorno Nicola Molteni n. 9/1857/3.
Allora, delle due l'una: o - ma non posso immaginarlo - il sottosegretario Caliendo esprime i pareri sugli ordini del giorno leggendo la firma dei sottoscrittori e associandola ai gruppi parlamentari di provenienza - ripeto che è un'ipotesi che mi rifiuto di prendere in considerazione -, oppure il sottosegretario Caliendo non legge il contenuto - mi perdoni - degli ordini del giorno stessi.
Si tratta, infatti, di pareri contraddittori rispetto a ordini del giorno che sostengono, come nel caso dell'ordine del giorno Rao n. 9/1857/16 e Nicola Molteni n. 9/1857/3, esattamente la stessa cosa o che esprimono, come nel caso dell'ordine del giorno Ferranti n. 9/1857/10, contenuti di ordini del giorno già accettati dal Governo e firmati da una maggioranza trasversale del Parlamento. Tutto ciò, francamente, non si comprende.
Prego, quindi, il sottosegretario, anche per evitare di lasciare agli atti una posizione imbarazzante, di cambiare il parere sugli ordini del giorno Ferranti n. 9/1857/10 e Rao n. 9/1857/16 (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 86

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, l'onorevole Vietti dovrebbe sapere che il parere contrario è stato espresso dal sottosegretario Mantovano; tuttavia, è sfuggito ad entrambi che l'ordine del giorno Rao n. 9/1857/16 aveva lo stesso contenuto dispositivo dell'ordine del giorno Nicola Molteni n. 9/1857/3.
Per quanto riguarda l'ordine giorno Ferranti n. 9/1857/10, ribadisco che, essendo stato già accettato dal Governo un ordine del giorno analogo, non può essere votato un altro ordine del giorno che abbia lo stesso contenuto di uno con il quale il Governo si è impegnato ad adottare la riforma organica della magistratura onoraria.
Per quanto concerne l'ordine del giorno Rao n. 9/1857/16, ovviamente, la riformulazione deve essere uguale a quella già espressa sull'altro ordine del giorno, ovvero non si deve trattare di retribuzione, ma di un'indennità proporzionata alla quantità e qualità del lavoro. Altrimenti, si potrebbe pensare ad un lavoro stabile e retribuito.

DONATELLA FERRANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, dalle parole del sottosegretario Caliendo sono ancora più convinta che esiste una contraddizione da parte del Governo. Non dovevate esprimere un parere contrario proprio perché si trattava di un ordine del giorno che presentava un contenuto già accettato nella sostanza. Lo ripresentiamo in quanto si tratta di un decreto-legge di urgenza che riguarda l'immigrazione e la criminalità organizzata, in cui si parla d'indennità e si interviene in maniera segmentata.
Noi, quindi, abbiamo ritenuto opportuno ripresentare questo ordine del giorno e magari il Governo, in maniera più coerente, avrebbe potuto accoglierlo come raccomandazione; il parere contrario rappresenta, veramente, un'altra delle contraddizioni del Governo.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo può accogliere solo come raccomandazione l'ordine del giorno Ferranti n. 9/1857/10, altrimenti, come avevo affermato in precedenza, rimane l'invito al ritiro.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno Ferranti n. 9/1857/10 è dunque accolto dal Governo come raccomandazione, prendo atto che l'onorevole Ferranti non insiste per la votazione.
Chiedo all'onorevole Lo Moro se acceda all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/1857/11.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, per sciogliere il nodo tra l'invito al ritiro e la votazione, vorrei capire meglio il parere espresso dal sottosegretario, perché in fase di replica il sottosegretario ha informato l'Aula della sua volontà di potenziare il fondo di prevenzione del fenomeno in questione e ha anche indicato una cifra: 81 milioni di euro. In fondo l'ordine del giorno in esame è finalizzato a questo ed è anche diretto a sottoporre all'attenzione del Governo un'altra questione, cioè che il fondo di prevenzione venga attribuito non al Ministero dell'economia e delle finanze ma al Ministero dell'interno per un miglior raccordo, circostanza questa sulla quale ho avuto anche una piccola discussione con il sottosegretario, che non mi sembrava contrario.
Quindi, vorrei capire se l'invito al ritiro dipende dal fatto che il problema è superato positivamente, nel qual caso è ovvio che con soddisfazione ritiro l'ordine del giorno in esame. Se invece c'è qualcosa che non va, vorrei capire meglio.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 87

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il problema è in via di superamento per la voce finanziamento del Fondo prevenzione usura, per il quale sono in atto iniziative dirette a sostenere con ulteriori 81 milioni di euro il Fondo stesso.
Per quanto riguarda il trasferimento del Fondo prevenzione usura al Ministero dell'interno, questo non è possibile in questo momento per ragioni strutturali. Il Ministero dell'economia e delle finanze si è già organizzato negli ultimi mesi con una rete territoriale in tutte le regioni e le province italiane attraverso le direzioni provinciali del tesoro, ma la garanzia del collegamento rispetto al Commissario antiracket e antiusura sta nella circostanza che lo stesso Commissario siederà nel comitato di gestione del Fondo usura.
Quindi, le sollecitazioni per un maggiore raccordo e un maggiore finanziamento sono già nei fatti e per questo è superato l'ordine del giorno, per il quale rinnovo l'invito al ritiro.

PRESIDENTE. Onorevole Lo Moro, intende ritirare il suo ordine del giorno?

DORIS LO MORO. Si, signor Presidente, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo all'onorevole Bordo se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/12, non accettato dal Governo.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, mi permetto di chiedere al sottosegretario Mantovano di rivedere il parere contrario che ha espresso su questo ordine del giorno, perché mentre gli imprenditori siciliani e calabresi, attraverso un atto di coraggio anche molto significativo, hanno deciso di rompere ogni legame con quegli imprenditori che pagano il pizzo e che non denunciano le estorsioni, il Governo invece esprime parere contrario su questo ordine del giorno che chiede molto semplicemente all'Esecutivo stesso di impegnarsi a formulare un'iniziativa legislativa per punire quelle imprese che concorrono, attraverso il fatto di non denunciare le estorsioni, a rafforzare le organizzazioni criminali con sanzioni amministrative che sono tra l'altro previste anche per altri reati.
Signor sottosegretario, se lei confermasse il parere contrario su questo ordine del giorno, credo che il Governo non darebbe un segnale di incoraggiamento nei confronti di quegli imprenditori che stanno allontanando coloro i quali non denunciano le estorsioni compiendo un atto di coraggio che spesso può mettere a repentaglio anche la loro vita.
Per questa ragione, le chiedo obiettivamente di ripensarci e di accettare l'ordine del giorno in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, se l'onorevole Bordo avesse la bontà di guardare gli atti del Senato, scoprirebbe che è all'esame dell'Aula del Senato in questo momento un disegno di legge (il n. 733), nel quale in Commissione sono stati accolti emendamenti del Governo in materia di poteri del prefetto di accesso ai cantieri per prevenire le infiltrazioni mafiose, di scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose, colpendo la parte burocratica amministrativa, e di sanzione per l'inottemperanza all'obbligo di denuncia.
Questo provvedimento sarebbe già stato approvato dall'altro ramo del Parlamento se una forza politica di opposizione non avesse revocato la deroga che in un primo momento aveva invece approvato alla sessione di bilancio. Pertanto, il Governo non deve approvare nessuna sollecitazione a ciò che è già stato fatto in termini di iniziativa legislativa trovando il consenso delle Commissioni in un ramo del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Bordo, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/12, non accettato dal Governo?

Pag. 88

MICHELE BORDO. Signor Presidente, il sottosegretario ha fatto riferimento a tutt'altro. L'ordine del giorno n. 9/1857/12 da me presentato, invece, faceva riferimento ad un aspetto specifico. È su questo aspetto che il Governo ha espresso parere contrario.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Bordo n. 9/1857/12.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bordo n. 9/1857/12, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 526
Votanti 524
Astenuti 2
(Maggioranza 263
Hanno votato
250
Hanno votato
no 274).

Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Compagnon n. 9/1857/13, accettato dal Governo se riformulato.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, se non ho capito male, vorrei sapere dal signor sottosegretario se accetta l'ordine del giorno n. 9/1857/13 da me presentato, purché sia riformulato sopprimendo le parole: «(di cui è cambiato solo il nome e non la funzione)».

PRESIDENTE. Sottosegretario Mantovano?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Esattamente, onorevole Compagnon.

PRESIDENTE. Onorevole Compagnon, accetta la riformulazione?

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione del mio ordine del giorno n. 9/1857/13.

PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Tassone n. 9/1857/14, sul quale il parere del Governo è contrario se il presentatore non accede all'invito al ritiro.

MARIO TASSONE. Onorevole Mantovano, vorrei capire i motivi della sua contrarietà all'ordine del giorno n. 9/1857/14, che pone una questione antica e un'altra più attuale. La questione antica concerne il coordinamento delle forze di polizia. Ritengo che sia un obiettivo più volte perseguito da tutti i Governi su sollecitazione anche del Parlamento.
Inoltre, vi è l'altra questione che ho definito più attuale: specificare i ruoli ed i compiti della Direzione investigativa antimafia (DIA), più volte conclamata, più volte avvertita nelle sollecitazione e nelle esigenze manifestate nel corso del tempo per quanto ne riguarda l'attività. Mi preoccupa la sua contrarietà perché significherebbe, signor sottosegretario, il «no» ad un coordinamento tra le forze di polizia e quindi all'ottimizzazione delle risorse impiegate ed un «no» allo studio e alla definizione dei compiti ai quali è chiamata la DIA.
Faccio riferimento all'espressione usata nell'ordine del giorno: impegna il Governo a valutare. La sua posizione contraria certamente mi lascia qualche perplessità in più, ma apre a mio avviso una questione politica che travalica anche questo Governo e coinvolge ovviamente il Parlamento ed il dibattito politico nel nostro Paese.

PRESIDENTE. Dunque, onorevole Tassone, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/14, non accettato dal Governo?

MARIO TASSONE. Signor Presidente, giunti a questo punto, insisto per la votazione Pag. 89e ognuno si assuma le proprie responsabilità. Le posso dire che voterò a favore dell'ordine del giorno in questione e mi dispiace che il Governo non abbia interloquito ad un'esigenza che avevo manifestato. Ma così vanno le cose.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Tassone n. 9/1857/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 520
Votanti 518
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
249
Hanno votato
no 269).

Prendo atto che il deputato Zaccaria ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Pezzotta n. 9/1857/15, non accettato dal Governo.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, chiedo che il Governo ripensi alla sua posizione. Infatti, a me pare che l'ordine del giorno abbia come scopo quello di garantire al richiedente asilo, anche in caso di respingimento della domanda, la possibilità di godere di un'autonoma assistenza legale che a me sembra essere un diritto elementare, oltretutto garantito dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali.
Dobbiamo tenere presente che non stiamo operando su una situazione facile.
Molte di queste persone vengono da situazioni drammatiche, spesso sono fortemente ferite nel corpo, perché attraversano situazioni di un certo tipo, ma anche nello spirito e a livello psicologico. Proprio per questo, hanno bisogno di un accompagnamento che stia loro vicino, che capisca la loro condizione umana e li aiuti a rivendicare e a portare avanti le loro tutele ed i loro diritti.
Si tratta solo di evitare un ulteriore restringimento del diritto alla tutela e all'assistenza legale. Credo che ciò, oltretutto, eviterebbe - cosa che si verificherebbe senza un'operazione di questo genere di assistenza e di accompagnamento - il rischio di un intasamento dei centri di identificazione. Pertanto, chiedo che il Governo ci ripensi.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pezzotta n. 9/1857/15.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pezzotta n. 9/1857/15, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 526
Votanti 524
Astenuti 2
Maggioranza 263
Hanno votato
252
Hanno votato
no 272).

Prendo atto che il deputato Dima ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario, che il deputato Renato Farina ha segnalato di aver espresso erroneamente voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rao n. 9/1857/16, accettato dal Governo se riformulato, e che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Costa n. 9/1857/17, accettato dal Governo.Pag. 90
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Donadi n. 9/1857/18 lo ha ritirato.
Prendo atto, altresì, che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Landolfi n. 9/1857/19, accettato dal Governo.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Catanoso n. 9/1857/20.

BASILIO CATANOSO. Signor Presidente, ritiro l'ordine del giorno in esame, che trasformerò in un'interrogazione, visto l'impegno del Governo di poco fa a rivedere in tempi brevi questa vicenda del concorso, che darebbe certamente una mano a risolvere molti problemi, poiché darebbe nuova linfa alle forze dell'ordine.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Frassinetti n. 9/1857/21, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Monai n. 9/1857/22, accettato dal Governo se riformulato.

CARLO MONAI. Signor Presidente, il Governo ha suggerito una riformulazione che peraltro è enunciata in maniera molto generica. Infatti, mi pare di ricordare che abbia inteso sostituire tutta la parte dispositiva, che era molto concreta e specifica su alcuni interventi improntati a garantire una maggiore sicurezza del CIE di Gradisca d'Isonzo, e che era anche volta ad assecondare una richiesta che è provenuta dalla regione Friuli-Venezia Giulia. Infatti, ricordo che quest'ultima, con l'assessore Seganti della Lega Nord, nel recente incontro avvenuto con il Comitato parlamentare di controllo di Schengen, Europol e immigrazione, il 20 novembre scorso, ha caldeggiato la stipula di nuove convenzioni bilaterali con la Slovenia e con l'Austria, per contrastare l'immigrazione clandestina sul confine orientale. Quest'ultimo, pur non essendo così gravato come quello siciliano, è frequentata meta di extracomunitari irregolari.
Come dicevo, questa formulazione specifica viene sostituita, nella proposta del Governo, con una generica richiesta di incrementare i livelli di sicurezza. Chiedo al sottosegretario Mantovano se sia possibile eventualmente, anziché riformulare l'ordine del giorno in esame, accoglierlo come raccomandazione.
Faccio presente che il sindaco di Gradisca d'Isonzo ha già intrattenuto con il precedente Governo significativi rapporti tesi ad effettuare le opere di urbanizzazione collegate alla struttura di accoglienza, e che proprio in queste settimane sono programmati incontri con il superprefetto Marcone, del vostro Ministero, per mettere in cantiere questo tipo di interventi.
Pertanto, mi auguro che sia possibile, anziché votare l'ordine del giorno in esame - che riguarda il CIE di Gradisca d'Isonzo, ma che potrebbe essere un elemento utile, anche come linea di pensiero e di indirizzo, per tutti gli altri centri di questo tipo - che il Governo accolga l'ordine del giorno in esame come raccomandazione, mantenendo la formulazione originaria. Diversamente, dovrei insistere per la votazione.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, credo che sia superfluo ricordare in quest'Aula che Austria e Slovenia fanno parte dell'Unione europea e che, quindi, non vi sono accordi bilaterali da raggiungere, visto che vi è un'iniziativa comune che viene confermata giorno per giorno.
Sul resto, confermo l'indicazione, in termini generali, che ho formulato in precedenza, sia come ordine del giorno, sia in termini di accoglimento come raccomandazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non accettano la riformulazione Pag. 91proposta dal Governo e insistono per la votazione dell'ordine del giorno Monai n. 9/1857/22.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Monai n. 9/1857/22, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 523
Votanti 485
Astenuti 38
Maggioranza 243
Hanno votato
211
Hanno votato
no 274).

Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Strizzolo n. 9/1857/23, non accettato dal Governo.

IVANO STRIZZOLO. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, anch'io invito il Governo a riconsiderare questa sua posizione negativa, perché mi sembra che il dispositivo sia un richiamo al buonsenso e alla logica, che potrebbe far risparmiare risorse allo Stato, magari da orientare al percorso di aiuto all'integrazione dell'immigrazione. Pertanto, invito nuovamente il Governo a riconsiderare questa proposta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Strizzolo n. 9/1857/23, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 522
Votanti 519
Astenuti 3
Maggioranza 260
Hanno votato
248
Hanno votato
no 271).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Rosato se accetti la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1857/24, accettato dal Governo purché riformulato.

ETTORE ROSATO. Sì, signor Presidente e non insisto per la votazione, con la speranza che le risorse finanziarie, poi, vengano trovate - ci conto - lungo il percorso verso la prossima legge finanziaria.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Palomba n. 9/1857/25, accettato dal Governo purché riformulato.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente ringrazio il sottosegretario, però vorrei far presente che l'ordine del giorno in oggetto nasce da un'accertata discrepanza tra il testo normativo e la determinazione dell'Unione europea.
Se non vi fosse alcuna discrepanza non avrebbe senso il mantenimento dell'ordine del giorno stesso. Per questo motivo, mi sembra che la riformulazione proposta dal Governo, nel senso di dare piena attuazione alla direttiva europea, non rappresenti pienamente la realtà della vicenda.
Pertanto, chiedo al sottosegretario se la riformulazione possa anche prevedere i sostantivi di «adeguamento e piena attuazione», perché, altrimenti, non avrebbe senso mantenere l'ordine del giorno in oggetto.

Pag. 92

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non accoglie la richiesta e che l'onorevole Palomba accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/25.
Prendo atto che l'onorevole Pili accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/26, accettato dal Governo purché riformulato.
Chiedo all'onorevole Codurelli se acceda all'invito al ritiro formulato dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1857/27.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, chiedo al Governo un ripensamento sull'ordine del giorno in esame, anche alla luce della scelta fatta proprio sulla decretazione d'urgenza in questa materia. Il ricorso alla decretazione d'urgenza, infatti, è poco comprensibile, anche alla luce di un ordine del giorno, già accolto precedentemente dal Governo Prodi, e di un ordine del giorno quasi simile presentato da un rappresentante della Lega Nord (che è stato accolto).
Inoltre, il Governo aveva messo a disposizione risorse per più forze dell'ordine, e non solo. Si trattava di una richiesta venuta allora, come oggi, dai sindaci e dagli amministratori del territorio.
Sarebbe ancora più incomprensibile, visto che la Lega ogni giorno dichiara sul territorio, per voce dei propri leader, che si procederà, che si farà il presidio e di restare tranquilli.
Dunque, riesce veramente incomprensibile che si chieda il ritiro di questo ordine del giorno. Se così sarà e se il Governo conferma questa decisione, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Codurelli n. 9/1857/27, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 528
Votanti 498
Astenuti 30
Maggioranza 250
Hanno votato
223
Hanno votato
no 275).

Prendo atto che la deputata Ferranti ha segnalato che non è riuscita a votare e che il deputato Compagnon ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto e che avrebbe voluto astenersi.
Prendo atto che l'onorevole Iannarilli non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/28, accettato dal Governo.
Onorevole Belcastro, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1857/29, accettato dal Governo purché riformulato?

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Il nostro ordine del giorno mira a dare soddisfazione non ai vincitori del concorso ma agli idonei, specie con riferimento al concorso del 1998, che è ormai un po' vecchiotto.
Per questo motivo, chiedo che nella riformulazione, oltre che ai vincitori del concorso (ritengo non ve ne siano in attesa), si faccia specificamente riferimento agli idonei.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo è d'accordo.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Belcastro n. 9/1857/29.
Prendo atto, altresì, che i presentatori accettano la riformulazione proposta e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Commercio n. 9/1857/30, Lombardo Pag. 93n. 9/1857/31 e Lo Monte n. 9/1857/32, sui quali il Governo ha proposto un'unica riformulazione, accettandoli.
Prendo atto, infine, che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/1857/33, accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
In base alle intese intercorse il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo.

ALESSANDRO MARAN. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, intervengo soltanto per sollecitare il Governo a riferire in merito alla crisi politica in Thailandia dove la situazione è precipitata ed è entrato in scena addirittura l'esercito.
Una cinquantina di turisti italiani, che non sono potuti ripartire dall'aeroporto di Bangkok, occupato dai dimostranti, sono stati trasferiti negli hotel della capitale thailandese, in attesa di eventi. Lo ha specificato il Ministero degli affari esteri che sta seguendo costantemente l'evolvere della situazione. Inviteremmo, pertanto, il Ministro a riferire al riguardo.

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a rispondere ad una mia interrogazione presentata nella prima decade di settembre e riferita alle vicende dell'Alitalia.
In quella interrogazione già prevedevo la cancellazione di numerosi voli soprattutto negli aeroporti medio-piccoli in direzione di Roma e di Milano: è quello che puntualmente sta avvenendo. Ciò grazie ad una scelta non tanto legata a carenze dovute a scioperi o quant'altro, ma a una precisa e non condivisibile decisione del commissario. Tale scelta priva cittadini, famiglie e imprese di un servizio indispensabile, soprattutto in alcune regioni prive di grandi collegamenti. Se vengono ridimensionati pesantemente anche quelli esistenti, certamente il disservizio peserà in maniera negativa sulla comunità di queste regioni nelle quali, lo ripeto ancora una volta, aeroporti di medie e piccole dimensioni vedono drasticamente tagliati i voli dell'Alitalia per Roma e per Milano.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, vorrei celebrare un fatto straordinario: per la quindicesima volta oggi, in provincia di Mantova, un atleta del nostro Paese, il bustocco Gianluca Genoni, ha battuto il record del mondo di apnea con oltre 18 minuti e 3 secondi, stracciando di oltre un minuto il record precedente. È la quindicesima volta che questo atleta regala al nostro Paese un primato ed è anche titolare del record mondiale di apnea di profondità.
Credo che di questo ragazzo bustocco tutti noi dobbiamo essere giustamente orgogliosi. Quindi, grazie e complimenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, gira voce... Signor Presidente, mi deve scusare, per cortesia... Mi scusi, onorevole sottosegretario... Dicevo che gira voce che, anche nel calendario del mese di dicembre, come è accaduto nei calendari degli ultimi sette mesi e cioè da quando è stata aperta la sessione di questo Parlamento, non sia stata prevista la quota per le Pag. 94opposizioni. Come lei sa, ciò avviene in aperta violazione del Regolamento parlamentare, come in aperta violazione del Regolamento parlamentare è la sostanziale abolizione del sindacato ispettivo nelle Aule parlamentari.
Lei sa, altresì, che questi due strumenti, quello della quota delle opposizioni e quello del sindacato ispettivo, sono fondamentali per il ruolo delle opposizioni.
Pertanto, al di là di ogni moral suasion, la invito formalmente a far presente al Presidente della Camera che, sebbene egli abbia garantito alla Conferenza dei presidenti di gruppo che questa è l'ultima volta, noi di questa ultima volta - che è la settima in sette mesi - possiamo anche essere felici sul piano teorico, ma assolutamente sconcertati sul piano della dignità del ruolo del Parlamento e anche delle opposizioni.
In questo senso chiedo a lei di far presente al Presidente della Camera che ufficialmente chiediamo una riunione dell'Ufficio di Presidenza e anche della Giunta per il Regolamento al fine di valutare se e in quanti casi il Regolamento sia stato violato dalla maggioranza e, in particolare, dal Governo (che continua a portare in questo Parlamento questioni di fiducia e decreti-legge) e a valutare su come procedere nel prosieguo dei nostri lavori nei prossimi mesi.

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, lei sa che questo pomeriggio si è svolta una Conferenza dei presidenti di gruppo durante la quale penso che il rappresentante del suo gruppo abbia di nuovo fatto presente il problema al Presidente, così come credo che il suo capogruppo abbia anche ricevuto una risposta da parte del Presidente. Qualora questa non fosse esauriente, farò presente quanto lei ha appena detto.

LUCA VOLONTÈ. Lo faccia presente, Signor Presidente!

PRESIDENTE. Del resto lei sa che la sede adeguata per queste decisioni è la Conferenza dei presidenti di gruppo.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, vorrei sollecitare la risposta a un'interrogazione a risposta scritta da me presentata al Ministro Bondi - si tratta dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-00397 del 18 giugno 2008 - sulla questione della mancata realizzazione dell'esposizione delle opere del Louvre a Verona.

LAURA FRONER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, anch'io vorrei sollecitare la risposta ad una mia interrogazione. Vorrei essere più precisa: il 3 luglio scorso ho presentato, cofirmatario l'onorevole Carra, un'interrogazione a risposta scritta al Ministro per lo sviluppo economico per sapere quando ritenesse di emanare i decreti di attuazione delle nuove disposizioni sui certificati verdi introdotte dal decreto-legge n. 159 del 2007 e dalla legge finanziaria per il 2008.
Non ricevendo risposta, ho ritirato l'interrogazione per riproporla come interrogazione a risposta immediata in Commissione per il 19 e per il 26 novembre, ma per nessuna di queste date è stata data disponibilità da parte del Ministero a rispondere.
Stante l'importanza della materia e l'attesa anche da parte di molti comuni produttori, sollecito il Governo a rispondere o, meglio ancora, a provvedere con urgenza all'emanazione dei decreti attuativi.

PRESIDENTE. La ringrazio e rassicuro gli onorevoli intervenuti Strizzolo, Fogliardi e Froner, sul fatto che sarà sollecitata da parte della Presidenza la risposta del Governo alle loro interrogazioni.
Preannuncio fin d'ora ai colleghi, che la seduta di domani avrà inizio alle ore 10.

Pag. 95

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di dicembre 2008 e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di dicembre 2008:

Lunedì 1o dicembre (antimeridiana):

Discussione sulle linee generali della mozione sul pacchetto clima (in corso di presentazione).

Lunedì 1o dicembre (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (senza procedere a votazioni), martedì 2, mercoledì 3 e giovedì 4 dicembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 5 dicembre) (con votazioni):

Eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Esame del disegno di legge n. 1875 - Conversione in legge del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale (da inviare al Senato - scadenza: 5 gennaio 2009) (con discussione sulle linee generali da mercoledì 3 dicembre, pomeridiana, al termine delle votazioni).

Seguito dell'esame della mozione sul pacchetto clima (in corso di presentazione).

Venerdì 5 dicembre (al termine delle votazioni, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1936 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, recante interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell'autotrasporto, dell'agricoltura e della pesca professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997 (Approvato dal Senato - scadenza: 22 dicembre 2008) (ove concluso dalle Commissioni).
Discussione sulle linee generali della mozione sulla crisi finanziaria ed economica (in corso di presentazione).

Martedì 9 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 10 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) e giovedì 11 dicembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 12 dicembre) (con votazioni):

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1936 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, recante interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell'autotrasporto, dell'agricoltura e della pesca professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997 (Approvato dal Senato - scadenza: 22 dicembre 2008) (ove concluso dalle Commissioni).

Seguito dell'esame della mozione sulla crisi finanziaria ed economica (in corso di presentazione).

Esame di richieste di deliberazione in materia di insindacabilità.

Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Pag. 96

Venerdì 12 dicembre (al termine delle eventuali votazioni, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 1175 - Conversione in legge del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, recante misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare (approvato dal Senato - scadenza: 3 gennaio 2009).

Discussione sulle linee generali delle mozioni:

Pollastrini ed altri n. 1-00070 concernente iniziative per prevenire e contrastare la violenza sessuale e di genere;

Livia Turco ed altri n. 1-00071 concernente iniziative a sostegno dei diritti delle persone con disabilità.

Lunedì 15 dicembre (antimeridiana):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 1197 - Conversione in legge del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 9 gennaio 2009).

Martedì 16, mercoledì 17, giovedì 18 e venerdì 19 dicembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei disegni di legge:

S. 1175 - Conversione in legge del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, recante misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare (Approvato dal Senato - scadenza: 3 gennaio 2009);

S. 1197 - Conversione in legge del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca (ove trasmesso dal Senato - scadenza: 9 gennaio 2009).

Seguito dell'esame delle mozioni:

Pollastrini ed altri n. 1-00070 concernente iniziative per prevenire e contrastare la violenza sessuale e di genere;

Livia Turco ed altri n. 1-00071 concernente iniziative a sostegno dei diritti delle persone con disabilità.

Esame (discussione sulle linee generali e seguito dell'esame) della mozione Nirestein ed altri n. 1-00055 sulle iniziative in vista della preparazione della Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza, che si svolgerà a Ginevra nel mese di aprile 2009.

Esame (discussione sulle linee generali e seguito dell'esame) del disegno di legge n. 1440 ed abbinate - Misure contro gli atti persecutori.

Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti in calendario e non conclusi.

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle 15 alle 16 circa).

Lo svolgimento di interrogazioni e di interpellanze avrà luogo (salvo diversa previsione) il martedì (antimeridiana); lo svolgimento di interpellanze urgenti il giovedì o il venerdì, secondo l'andamento dei lavori.

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario l'esame di progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di ulteriori documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.
L'organizzazione dei tempia per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario Pag. 97dei lavori sarà pubblicata in calce al Resoconto stenografico della seduta odierna.
L'organizzazione dei tempi relativi all'esame delle mozioni sul pacchetto clima e sulla crisi finanziaria ed economica sarà pubblicata successivamente alla loro presentazione.
Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

A nome della Presidenza, inoltre, vorrei rassicurare i colleghi che le quote degli argomenti riservati all'opposizione sono state come sempre regolarmente rispettate. Gli argomenti dell'opposizione nel presente calendario sono anche al di sopra della percentuale fissata dal Regolamento.

Discussione del disegno di legge: S. 1083 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, recante disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali (A.C. 1891) (ore 19,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, recante disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali.
Ricordo che nella seduta del 18 novembre 2008 sono state respinte le questioni pregiudiziali Vietti ed altri n. 1 e Di Pietro ed altri n. 2.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1891)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
La V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Simonetti, ha facoltà di svolgere la relazione.

ROBERTO SIMONETTI, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge al nostro esame, già approvato dal Senato, reca numerosi interventi che, in vario modo, intervengono sulla materia dei rapporti finanziari con le autonomie territoriali. In particolare, per quel che concerne le misure più significative, si dispone in materia di procedure di rientro per le regioni in situazioni di deficit della spesa sanitaria (ricordo che il Senato ha integrato il testo introducendo l'articolo 1-bis, recante ulteriori interventi in materia sanitaria), di attuazione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze di regioni e di enti locali (articolo 3) e di regolazioni dei rapporti finanziari con enti locali, con particolare riferimento al minor gettito ICI conseguente ai recenti interventi normativi (articolo 2), ovvero di situazioni di dissesto di specifiche realtà quali quelle dei comuni di Roma e Catania (articolo 5).
Il Senato ha poi introdotto ulteriori disposizioni in materia di regime fiscale dei carburanti per autotrazione nelle regioni confinanti con la Svizzera (articolo 1-ter) e il rifinanziamento di alcune specifiche realtà quali l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, da un lato, e l'Unione italiana ciechi e la Federazione nazionale delle istituzioni pro ciechi dall'altro (articolo 5-bis).
Come si vede, si tratta di interventi che, per la maggior parte, negli anni precedenti avrebbero trovato spazio nella legge finanziaria. In tal senso, si conferma l'intenzione del Governo di modificare le modalità di intervento legislativo in materia di finanza pubblica nella direzione dell'utilizzo di una pluralità di strumenti, abbandonando il ricorso alla finanziaria omnibus.
L'articolo 1 integra le disposizioni in materia di attuazione dei piani di rientro Pag. 98dei disavanzi sanitari, con particolare riferimento alla procedura di commissariamento. Si prevede, infatti, al comma 1, la possibilità per il Governo di nominare, a fianco del commissario ad acta, uno o più subcommissari, facoltà cui peraltro il Governo ha già provveduto, come ad esempio per la regione Lazio, in via di prassi.
Inoltre, viene meno la possibilità, per il commissario ad acta, di proporre alle regioni la sostituzione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali ovvero delle aziende ospedaliere. In luogo di essa si prevede la possibilità di sospendere, con atto motivato, i direttori generali dalle loro funzioni e di assegnarli ad altro incarico, fermo restando il trattamento economico in godimento.
Il comma 2, invece, autorizza l'erogazione delle risorse spettanti alla regione per la spesa sanitaria, ma attualmente subordinate, per le regioni in situazioni di disavanzo, alla verifica positiva dell'attuazione del piano di rientro. Si può procedere in tal senso quando dalla mancata erogazione possa derivare una situazione di emergenza finanziaria tale da compromettere gli impegni finanziari assunti e quando siano stati comunque adottati, da parte il commissario ad acta, provvedimenti significativi per la correzione degli andamenti della spesa. Infine, il comma 5 pone interamente a carico dello Stato per l'anno 2009 l'onere derivante dall'abolizione dei ticket per gli anni 2009, 2010 e 2011.
L'articolo 1, così come l'articolo 1-bis, interviene anche su aspetti più di dettaglio. Al comma 4 dell'articolo 1 si sopprime la previsione dell'accorpamento dell'Istituto Giannina Gaslini di Genova con la già esistente Fondazione Gerolamo Gaslini e mantiene ferme le funzioni e la composizione del consiglio di amministrazione dell'Istituto Gaslini stesso.
L'articolo 1-bis prevede il differimento al 31 dicembre 2012 del termine per l'adozione delle misure e degli interventi di ristrutturazione delle strutture ospedaliere, al fine di consentire lo svolgimento da parte del personale medico dell'attività libero-professionale intramuraria, prorogando fino al 31 gennaio 2010 lo svolgimento dell'attività libero-professionale intramuraria anche fuori dalle strutture ospedaliere.
Il comma 2 prevede l'immediata vigenza delle disposizioni che escludono il personale medico dall'obbligo di 11 ore consecutive di riposo ogni 24 ore di lavoro.
L'articolo 2 interviene sui rapporti finanziari tra Stato ed enti locali. La disposizione più significativa è quella contenuta al comma 8, che prevede l'erogazione di 260 milioni di euro per l'anno 2008 a titolo di regolazione contabile pregressa per il ristoro delle minori entrate ICI. I criteri e le modalità del riparto dovranno essere stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali. I commi 6 e 7 intervengono sulle modalità di definizione della certificazione da parte dei comuni del minor gettito ICI derivante dall'abolizione dell'ICI sulla prima casa. Il comma 1 dell'articolo 2 prevede che conservino validità le certificazioni delle maggiori entrate derivanti dalla modifica della disciplina ICI per alcune tipologie di fabbricati rurali e dal riaccatastamento di alcuni immobili non più iscrivibili nelle categorie E. I successivi commi consentono di iscrivere convenzionalmente nei bilanci, a titolo di trasferimenti erariali, l'importo pari alla differenza tra i minori contributi ordinari comunicati dal Ministero dell'interno e l'importo attestato dalla certificazione del comma 1.
L'articolo 2-bis dispone, inoltre, il trasferimento alle unioni di comuni chiamate a sostituire le comunità montane disciolte dei trasferimenti già erogati alle comunità montane medesime.
L'articolo 2-ter prevede la facoltà per le regioni confinanti con la Confederazione elvetica di applicare una riduzione del prezzo del carburante alla pompa. Inoltre, si prevede che alle regioni stesse sia attribuita una quota aggiuntiva di compartecipazione IVA determinata nella misura dell'onere finanziario relativo ai litri di carburante venduti a prezzo ridotto.
L'articolo 2-quater, al comma 1, prevede la conferma per l'anno 2009 della possibilità di scioglimento del consiglio Pag. 99comunale in caso di mancata approvazione del bilancio nei termini previsti. Il comma 3 proroga per il 2009 le disposizioni in materia di congelamento dell'aliquota di compartecipazione provinciale all'IRPEF. Il comma 7 stabilisce, infine, al 31 gennaio 2009 il termine per la presentazione da parte dei comuni delle dichiarazioni attestanti il minor gettito ICI conseguente alla revisione dell'accatastamento degli immobili del gruppo catastale D. La modifica più significativa è quella introdotta dal comma 6, che anticipa dal 30 giugno al 30 aprile il termine per la deliberazione del rendiconto da parte dell'ente comunale.
L'articolo 3 reca misure in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche. Si dispone che per l'anno scolastico 2009-2010 le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, realizzino entro il 31 dicembre 2008 il dimensionamento delle istituzioni scolastiche autonome, secondo i parametri fissati dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998, con il vincolo di non superare il numero dei punti di erogazione dei servizi esistenti nell'anno scolastico 2008-2009. Il successivo comma 4-quinquies prevede, invece, che per i due successivi anni scolastici il dimensionamento sia disciplinato sulla base di una intesa da promuovere in sede di Conferenza unificata entro il 15 giugno 2009.
L'articolo 4 reca una proroga ed un differimento di termini in materia di enti locali. Il comma 1 rinvia dal 30 settembre 2008 al 1o marzo 2009 il termine entro il quale i comuni devono aderire ad una sola forma associativa, pena la nullità di tutti gli atti adottati dall'associazione e di ogni atto attinente all'adesione o allo svolgimento di essa da parte del comune interessato.
L'articolo 5 prevede, in primo luogo, che al comune di Roma sia assegnato un contributo ordinario di 500 milioni di euro per l'anno 2008, finalizzato al rimborso alla Cassa depositi e prestiti della somma erogata a titolo di anticipazione finanziaria nelle more dell'approvazione del piano di rientro dell'indebitamento pregresso del comune di Roma. Al rimborso provvede direttamente il Ministero dell'economia e delle finanze, in nome e per conto del comune di Roma. Il successivo comma 3 consente ai comuni di Roma e di Catania di utilizzare le risorse loro assegnate con delibera CIPE del 30 settembre 2008 a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate per il ripiano dei disavanzi, anche di spesa corrente, nonché per far fronte all'indebitamento pregresso del comune di Roma. La norma prevede infine che, in sede di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, a decorrere all'anno 2010 sia riservato prioritariamente a favore di Roma capitale un contributo annuale di 500 milioni di euro, anche per le finalità previste dal comma in esame, nell'ambito delle risorse disponibili.
L'articolo 5-bis, inserito nel corso dell'esame da parte del Senato, reca disposizioni di spesa in materia di assistenza sociale, in particolare a favore dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e a favore di organismi di tutela dei non vedenti. L'articolo 6 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione di tutti gli articoli e commi sopradescritti.
Concludendo, ricordo che durante l'esame in Commissione del provvedimento, soprattutto in sede di valutazione degli emendamenti, abbiamo espresso il parere contrario del relatore (poi il Governo farà la sua parte) non tanto sul merito degli emendamenti, quanto in considerazione della tempistica a cui questo provvedimento deve adeguarsi. Infatti, la scadenza del decreto-legge in oggetto non avrebbe permesso molto probabilmente un ritorno in terza lettura. Su alcuni emendamenti che erano stati presentati sia da parte della maggioranza che della minoranza - ne ricordo in particolare alcuni: sulla tematica dell'ICI, sulla restituzione dei fondi destinati dalla delibera CIPE su Roma e Catania, considerati come prestito e non come a fondo perduto, alcune normative sugli enti locali, sulla responsabilità degli amministratori regionali in quelle realtà in cui le regioni erano soggette Pag. 100a commissariamento - si sarebbe potuto trovare più spazio rispetto a quello che è stato dedicato, ma la tempistica di questo provvedimento non avrebbe consentito una modifica del testo. Siamo in attesa del dibattito in Aula per ulteriori chiarimenti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, la prima questione che vogliamo porre è di metodo, per quanto riguarda la discussione e il confronto su questo decreto-legge. Dobbiamo constatare come la Commissione bilancio, cui il provvedimento è stato assegnato, non ha di fatto avuto alcuna possibilità di esaminare seriamente, con il dovuto tempo a disposizione, gli emendamenti presentati dalle forze di opposizione, ma anche da quelle di maggioranza. Questo nonostante lo sforzo di autolimitazione che, con spirito costruttivo, è stato compiuto dai gruppi di opposizione, in particolare dal gruppo di cui faccio parte.
Credo che quanto è successo sia l'ennesimo episodio di una sorta di monocameralismo alternato che si sta via via imponendo nei fatti e nella prassi del funzionamento del nostro Parlamento. È, infatti, ormai sempre più abituale che se un decreto-legge parte dal Senato arriva alla Camera blindato, e viceversa se la sua discussione parte alla Camera il Senato non ha alcuna possibilità di modificarlo. In tal modo si nega sistematicamente al ramo del Parlamento chiamato ad esaminare per secondo un provvedimento la possibilità di intervenire, con particolare riferimento ai decreti-legge che, come è noto, devono essere convertiti entro due mesi, in totale difformità rispetto a quanto la Costituzione prevede per i due rami del Parlamento.
Credo che la grande maggioranza di noi sia per il superamento del bicameralismo perfetto, perché tutti ne riconosciamo i limiti nell'assetto istituzionale del Paese. Ma questa riforma va fatta riscrivendo la Costituzione, non mortificando alternativamente uno dei due rami del Parlamento, come ormai sta sistematicamente avvenendo. Non è una prassi di oggi, mi ricorderanno altri colleghi, in particolari quelli di maggioranza.
Certamente anche nella scorsa legislatura questa modalità assolutamente discutibile di organizzazione del lavoro parlamentare si era registrata in non poche occasioni, ma quanto meno - mi si lasci dire - nella scorsa legislatura c'erano rapporti di forza, in particolare al Senato, talmente fragili e precari che in qualche misura, almeno dal punto di vista squisitamente politico, era sconsigliato un numero di passaggi eccessivo tra i due rami del Parlamento. Ma oggi abbiamo una maggioranza che appoggia il Governo che ha numeri assolutamente solidi sia alla Camera sia al Senato, e ciò renderebbe perfettamente sostenibile anche una terza lettura, persino con riferimento ai decreti-legge, che pure abbiamo l'obbligo di convertire entro sessanta giorni.
Nonostante questa maggioranza solida e queste condizioni oggettivamente favorevoli per un'organizzazione razionale della discussione nei due rami del Parlamento, ancora una volta, in questo caso alla Camera, non è stata permessa alcuna modifica, ma nemmeno una discussione reale, in Commissione, di un decreto-legge che affronta temi di importanza significativa che investono il sistema sanitario, l'istruzione e la finanza degli enti locali. È stato annullato, di fatto, il ruolo che la Costituzione riconosce ai deputati, e non mi riferisco solo a quelli di opposizione, ma anche a quelli di maggioranza, poiché - lo ripeto - anch'essi hanno presentato emendamenti al provvedimento in esame che non è stato possibile discutere, né Pag. 101tanto meno votare, ed oggi arriviamo in queste condizioni alla discussione sulle linee generali in Aula. Avevamo fatto un passo in avanti oggettivo, che va riconosciuto, in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria; oggi, invece, torniamo indietro rispetto a quel passo in avanti che avevamo compiuto poche settimane fa.
Mi si permetta di dire che non possiamo non sottolinearlo come questione di metodo che poniamo nella discussione generale del provvedimento in esame, ma che ha una valenza generale per quanto concerne l'organizzazione dei lavori parlamentari e il rapporto tra maggioranza e opposizione, nonché tra Parlamento e Governo, che è un tema molto delicato che, ancora una volta, si pone in relazione a quanto è accaduto in questa occasione.
Veniamo al merito del decreto-legge n. 154 del 2008. Su alcune questioni affrontate dal provvedimento abbiamo avuto accordi raggiunti dal Governo insieme al sistema delle autonomie, in sede di Conferenza unificata, che fortunatamente hanno tolto dal campo gran parte del contenzioso che era stato oggetto, ad esempio, di discussione al Senato. Mi riferisco all'attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari, frutto di un accordo con le regioni. Tuttavia, al Senato c'era stata una discussione molto vivace sulle modalità e sui contenuti del piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, poi un accordo intervenuto tra il Governo e il sistema delle autonomie ha portato all'elaborazione di una modifica del contenuto originario del decreto, e tale questione fortunatamente è rientrata.
Invece, rimangono aperte due grandi questioni su cui vorrei soffermarmi nell'analisi dei contenuti del decreto-legge. La prima questione, che vogliamo sollevare con forza, è quella affrontata negli articoli 2 e 2-quater del provvedimento: il tema è assolutamente noto e riguarda la voragine - perché di questo si deve parlare - che da tempo si è aperta nei bilanci comunali in relazione ai tagli di trasferimenti connessi alle varie revisioni compiute negli anni dell'imposta comunale sugli immobili. Mi riferisco al taglio dei trasferimenti erariali legato alla stretta sui requisiti di ruralità degli immobili soggetti ad ICI: nel 2009 verranno tagliati 818 milioni di euro di trasferimenti ai comuni, una cifra molto consistente a fronte di un gettito aggiuntivo - riporto i dati che abbiamo letto sul Sole 24 ore - di 70 milioni di euro. Quindi, ai comuni entreranno solo 70 milioni in più, mentre riceveranno 818 milioni in meno di trasferimenti statali.
Il decreto-legge mette una pezza dal punto di vista della competenza, perché permetterà ai comuni, prorogando il regime in vigore negli ultimi due anni anche per il 2009, di iscrivere a bilancio entrate presuntive ICI pari all'ammontare dei trasferimenti tagliati.
Questo problema mette una toppa dal punto di vista della competenza, ma non risolve il problema della cassa, perché i comuni rischiano di avere un ammanco molto consistente, pari a circa 750 milioni di euro in termini di cassa, se nel bilancio dello Stato non verranno recuperate risorse, che oggi non ci sono, per compensare questo taglio dei trasferimenti, disposto dal decreto-legge n. 262 del 2006, il cosiddetto decreto-legge Bersani-Visco.
Il decreto-legge affronta, sia pure in termini parziali e insufficienti, la questione della compensazione del minor gettito ai comuni derivante dall'abolizione dell'ICI per la prima casa. Ancora una volta, però, ci troviamo a dover ribadire la difformità di cifre tra quelle che ci dà il Governo e quelle che vengono dal sistema delle autonomie, dall'ISTAT e dai vari organismi che hanno quantificato il gettito dell'ICI sulla prima casa.
Tutti questi organismi ci dicono che il gettito ICI sulla prima casa è pari a 3,7-3,8 miliardi di euro annui. Lo afferma il Servizio bilancio del Senato (lo ha affermato analizzando il decreto-legge n. 93 del 2008) e anche l'ISTAT parla di 3,7 miliardi di euro. Vi è un ammanco di queste proporzioni, a fronte di trasferimenti compensativi che saranno pari a 2 miliardi 860 milioni di euro nel 2008, 2 miliardi 604 milioni inizialmente previsti, più 260 una tantum, a titolo di regolazione Pag. 102contabile, stanziati da questo decreto-legge. Il punto è che dal 2009 torneremo punto e a capo, perché avremo trasferimenti compensativi nuovamente pari a 2 miliardi 600 milioni, a fronte di bilanci comunali che avranno 3 miliardi 700 milioni in meno, se non 3 miliardi 800 milioni.
Quindi, avete messo una toppa una tantum e insufficiente nel 2008, senza risolvere il problema dal 2009 in avanti, perché dal 2009 in poi la voragine nei bilanci comunali, creata dalla abolizione dell'ICI sulla prima casa, supererà il miliardo di euro. Torniamo a dirvi che queste problematiche, il tema aperto dal decreto-legge Bersani-Visco e ancora di più la voragine aperta dalla abolizione dell'ICI sulla prima casa, rimangono assolutamente aperte in un contesto difficilissimo per i bilanci dei comuni.
L'ANCI non a caso nei giorni scorsi ha invitato i comuni a non presentare entro i termini di legge del 31 dicembre i bilanci di previsione per il 2009, perché se analizziamo compiutamente la situazione dei bilanci degli enti locali il quadro è drammatico. Nel 2009 sul versante delle entrate verranno a mancare oltre 2 miliardi di euro ai comuni, 1 miliardo 100 milioni di gettito ICI prima casa non compensato, 750 milioni di tagli e trasferimenti legati a fabbricati rurali, se il Governo non stanzierà i soldi per i trasferimenti di cassa, 300 milioni di costi della politica, 200 milioni tagliati dal decreto-legge n. 112 del 2008. Si arriva a 2 miliardi 350 milioni di tagli ombra, come sono stati giustamente descritti da Il Sole 24 Ore di lunedì.
Se a queste minori entrate sommiamo una manovra finanziaria stabilita dal decreto-legge n. 112 del 2008, pari a 1 miliardo 340 milioni di euro di rientro finanziario imposto ai comuni, per di più con il blocco dell'autonomia impositiva, chiediamo ad un comparto che nel 2007 ha chiuso in avanzo i propri conti, ad un sistema di comuni che ha chiuso nel 2007 in avanzo di 325 milioni di euro, un ulteriore sacrificio che, di fatto, ammonta a 3,7 miliardi di euro.
È un'enormità, un sacrificio insostenibile per le casse dei comuni. Il decreto-legge n. 154 del 2008 interviene in modo assolutamente parziale e insufficiente in una condizione che gli amministratori locali di ogni colore politico stanno denunciando ormai da tempo e che rischia di tradursi, se queste cifre rimarranno invariate, in due scelte obbligate per le amministrazioni comunali: l'aumento delle tariffe, perché le entrate extratributarie di fatto rimangono l'unica leva di entrata su cui agire, oltre alla tassa sui rifiuti, per chi continua a mantenerla, oppure - ed è lo scenario più probabile - il taglio dei servizi pubblici e degli investimenti.
Ora voglio ricordare che i comuni - lo sappiamo tutti, ma vale la pena di sottolinearlo - erogano servizi di prossimità cruciali per la tenuta sociale del Paese: i servizi sociali e scolastici, il trasporto pubblico locale, la viabilità, i servizi ambientali.
Vorrei ricordare che i comuni realizzano il 43 per cento degli investimenti pubblici in questo Paese. In queste settimane stiamo discutendo, un po' a casaccio in qualche caso, di piani anticrisi, di rilancio delle infrastrutture, di grandi opere. Vorrei ricordare che le grandi opere in questo Paese si realizzano in un tempo medio di 10-11 anni; scordiamoci di rilanciare l'economia, qui ed ora, se pensiamo che siano le grandi opere il volano per una nuova crescita. Lo possono essere nel medio-lungo periodo, ma noi, da subito, dobbiamo rilanciare le piccole e medie opere che sono di competenza dei comuni; da subito, dobbiamo guardare al fatto che sono le autonomie locali i soggetti che realizzano il 77 per cento degli investimenti pubblici.
Non c'è rilancio degli investimenti pubblici, se non si dà ossigeno agli enti locali. Noi, invece, siamo in una condizione in cui nel 2008 ritardano i pagamenti che i comuni fanno alle imprese per opere già realizzate; abbiamo fatto, in modo condiviso, una modifica in questo senso, eliminando le sanzioni per il 2008 in sede di disegno di legge finanziaria. Approfitto della discussione sulle linee generali per Pag. 103chiedere al Governo di anticipare l'entrata in vigore di quella norma, perché la legge finanziaria entra in vigore formalmente il 1o gennaio; abbiamo necessità di rendere operativo da subito lo sblocco dei pagamenti sul 2008. L'ideale sarebbe stralciare dal disegno di legge finanziaria quella norma e inserirla in uno dei decreti-legge in discussione in queste settimane, se vogliamo che lo sblocco dei pagamenti alle imprese da parte dei comuni diventi efficace già nel 2008.
Ma poi abbiamo un problema evidente sul 2009, perché, con questa manovra così consistente e con le minori entrate legate ai tagli che via via si sono accumulati negli ultimi due anni, stiamo mettendo i comuni non nella condizione di essere protagonisti della ripresa dell'economia, come pure potrebbero fare, visto che realizzano la grande maggioranza degli investimenti pubblici, ma rischiamo di farli diventare un ulteriore fattore di rallentamento della crescita economica di questo Paese. Questo è veramente un errore che evidenziamo in questa sede; ci appelliamo al Governo perché ci sia un cambio di rotta, ripeto, nell'ottica di rilanciare la crescita economica e di far uscire il più rapidamente possibile questo Paese da una crisi recessiva che sta peggiorando di giorno in giorno.
Al Governo diciamo che serve un cambio di rotta vero. Le misure che il decreto-legge n. 154 del 2008 contiene non bastano; è necessario trovare i soldi, visto che ci sarà un piano anticrisi, per restituire ai comuni questi 2 miliardi di euro, che sono stati tolti loro, senza giustificazione, dal centrosinistra prima e dal centrodestra oggi. È necessario allentare i vincoli che il Patto di stabilità pone sulla spesa di investimento, perché, altrimenti, quel rientro di 1,3 miliardi di euro sarà fatto tutto sulla spesa di investimento e questo farà male all'economia del Paese.
Queste scelte non ci sono in questo decreto-legge; invitiamo il Governo ad un ripensamento a partire da questi contenuti e - lo sottolineo ancora una volta - nell'ottica di un pacchetto anticrisi che deve partire dal territorio, dai comuni, dalle piccole e medie imprese, prima ancora che dalle grandi opere e dalle grandi imprese di costruzione, che solo nel medio-lungo periodo possono dare un contributo vero alla ripresa del Paese.
C'è una seconda questione che voglio porre in sede di discussione sulle linee generali ed è quella che deriva dai contenuti dell'articolo 5; esso contiene due scelte che non condividiamo.
La prima è quella di permettere di utilizzare, per ripianare i disavanzi, anche di spesa corrente, le risorse che il CIPE ha assegnato ai comuni di Roma e di Catania con le delibere del 30 settembre: 500 milioni di euro al comune di Roma e 140 milioni di euro al comune di Catania. Ci sono due obiezioni che muoviamo nei confronti di questa decisione: la prima riguarda il FAS, il fondo per le aree sottoutilizzate, che non solo è diventato il salvadanaio per una congerie di scelte di politica economica che poco hanno a che fare con le aree sottoutilizzate, ma, con il decreto-legge n. 154 del 2008, diviene ufficialmente una riserva di soldi per rattoppare con contributi una tantum i buchi veri o presunti nei bilanci dei comuni.
Questo non può andare e non va assolutamente bene, anche perché parliamo di interventi una tantum, discrezionali, completamente al di fuori delle procedure di dissesto previste dal capo II del Testo unico degli enti locali (interventi una tantum che derivano, lasciatemelo dire, da rapporti politici preferenziali tra alcuni comuni ed il Governo centrale, che ha completamente bypassato le normali procedure previste dal Testo unico degli enti locali nell'ipotesi in cui i comuni vanno in dissesto).
Per il comune di Roma quanto meno l'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha previsto un regime commissariale straordinario, uno specifico piano di rientro soggetto all'approvazione del Governo: è previsto dunque un quadro procedurale all'interno del quale si può ragionare in una logica di interventi di aiuto (anche se, ripeto, il FAS non è certo la migliore delle coperture per simili interventi di aiuto).Pag. 104
Per il comune di Catania, però, non abbiamo nemmeno questo, in una vicenda che è segnata da anni di ripetute e sistematiche violazioni di norme di legge e di principi contabili (leggo dall'ultima relazione della Corte dei conti del 2007). Nel comune di Catania abbiamo una voragine finanziaria di un miliardo di euro accumulato a fine 2007 tra debito del comune, debito pregresso e debito delle società municipalizzate. Insomma, abbiamo un disastro totale dal punto di vista finanziario senza alcuna dichiarazione formale di dissesto e senza alcun piano di rientro certificato con tutti i crismi, come può essere, quanto meno, il piano del comune di Roma che è stato votato dal consiglio comunale, presentato al Governo e con le procedure previste dal decreto-legge n. 112 del 2008, con un capolavoro, me lo lasci dire, che ha prodotto per il suo artefice Umberto Scapagnini, sindaco di Catania per otto anni, addirittura l'elezione, la promozione al prestigioso incarico di deputato eletto nelle fila del PdL.
Nessuna polemica personale naturalmente nei confronti del collega Scapagnini, ci mancherebbe altro, ma noto sommessamente che questa vicenda stride molto con quanto avete scritto nel disegno di legge sul federalismo fiscale in cui parlate ad ogni piè sospinto di responsabilità, di autonomia finanziaria, addirittura di ineleggibilità a tutti i livelli degli amministratori che hanno portato i loro enti al dissesto. Qui non solo non vi è l'ineleggibilità, ma addirittura si va in soccorso - al di fuori delle procedure, senza piano di rientro, utilizzando i fondi FAS con una delibera CIPE che poi si è dovuto correggere con il decreto-legge al nostro esame e, oltretutto, con una toppa che non basterà - ad una realtà come quella del comune di Catania. Da questo punto di vista, vorrei essere chiaro in questa sede: i cittadini di Catania non possono pagare per le colpe dei loro amministratori!
In tutti i sistemi federali sono previsti meccanismi di aiuto nei confronti degli enti decentrati che vanno in default (anche negli Stati Uniti la nuova amministrazione sta ragionando di prestiti ponte e di forme di sostegno nei confronti, ad esempio, dello Stato della California che ha problemi con il fondo pensione dei lavoratori pubblici). Non è questo il punto: il punto non è aiutare e sostenere le comunità che rischiano di pagare sulla loro pelle l'incapacità dei loro amministratori, ma è stabilire procedure chiare, certe e trasparenti che responsabilizzino gli amministratori coinvolti.
Abbiamo avanzato una proposta su questa vicenda delle delibere CIPE: trasformare in prestito sia i 500 milioni di euro attribuiti a Roma, sia i 140 milioni di euro attribuiti a Catania. Se si vuole dare una mano a queste realtà, lo si faccia nella forma di prestito, definendo con successivi provvedimenti la durata, le condizioni di restituzione e via dicendo, ma utilizzando quello strumento.
Abbiamo notato con piacere che anche una forza di maggioranza, la Lega Nord, ha presentato proposte simili ed è anche per questo che ci sarebbe piaciuto molto discutere e votare in Commissione questi ed altri emendamenti, perché poi sulle cose concrete ognuno deve mettere la «faccina» fuori (non si può fare i federalisti nel nord e poi avallare pasticci, come quello di Roma e di Catania contenuti in questo decreto-legge, a Roma).
Siccome tutti siamo per la trasparenza e per la responsabilità, ci sarebbe piaciuto molto discutere: ciò non è stato possibile, ne prendiamo atto, ma continuiamo a sottolineare che i contenuti dell'articolo 5 si realizzano alla faccia dell'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, del superamento della finanza derivata (dal momento che si torna invece ai trasferimenti completamente al di fuori del dettato costituzionale), di un federalismo fiscale che dovrebbe puntare, a parole, alla responsabilizzazione degli amministratori locali.
Vi è un altro tema che emerge sempre dall'articolo 5 che, così com'è stato posto, non ci convince (lo abbiamo detto anche in sede di pregiudiziale di costituzionalità). Ci riferiamo all'ultimo periodo dell'articolo 5, che attribuisce permanentemente, al comune di Roma, a partire dal 2010, Pag. 105500 milioni di euro, nelle more dell'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. Vorrei essere chiaro (lo sono già stato, ma lo ribadisco): la Costituzione stessa sancisce all'articolo 114, terzo comma, il ruolo di Roma come capitale della Repubblica. È evidente che il ruolo di capitale della Repubblica comporta per il comune di Roma oneri aggiuntivi, che è necessario un sistema speciale e particolare di finanziamento, con quote aggiuntive di tributi erariali. Quando si disegnerà il nuovo sistema fiscale federale, la capitale della Repubblica dovrà, giustamente, avere un regime particolare che le deriverà dall'esercizio di un insieme di funzioni e di competenze che non sono attribuite agli altri 8.100 comuni della Repubblica. Qual è, allora, il punto? Il punto è che con questa norma si attribuiscono 500 milioni di euro annui, a prescindere da qualunque stima, valutazione e quantificazione di quelli che sono gli oneri che effettivamente ricadono sul comune di Roma dal fatto di essere capitale della Repubblica. Come facciamo a sapere che 500 milioni di euro è la cifra giusta? Potrebbero essere 300 milioni di euro, 800 milioni, un miliardo. È un'attribuzione effettuata, ancora una volta, su base discrezionale che prescinde da qualunque oggettiva quantificazione degli oneri. Ciò non solo non va bene in sé, ma è anche in contraddizione con quello che voi avete previsto nel disegno di legge di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione dove è previsto l'ordinamento speciale dal punto di vista finanziario che la capitale della Repubblica avrà a regime con l'attuazione dell'articolo 119, e anche un regime transitorio con contributi speciali che devono essere attribuiti al comune di Roma - siamo d'accordo -, ma naturalmente non è prevista alcuna quantificazione che, invece, compare, di soppiatto, sulla base di un accordo politico preferenziale, in questo decreto-legge, il n. 154 del 2008. In questo decreto-legge è scritto «nell'ambito delle risorse disponibili», ciò vuol dire che rebus sic stantibus, questi 500 milioni annui verranno tolti agli altri comuni. Questo è il punto: verranno tolti ai trasferimenti erariali degli altri comuni perché si tratta di una norma manifesto che non ha copertura, e che per come è scritta - come ci ricordava il Servizio studi di questa Camera - corre il rischio di sottrarre risorse agli altri comuni d'Italia a vantaggio della capitale. Si dovrebbe, invece, ragionare su risorse aggiuntive a Roma capitale della Repubblica che non vadano a detrimento degli altri comuni, a maggior ragione, nelle condizioni di difficoltà del sistema delle autonomie. Noi manifestiamo l'intenzione di attribuire al comune di Roma 500 milioni di euro annui, a partire dal 2010, in avanti, quando invece agli altri comuni togliamo due miliardi e 350 milioni di euro circa di trasferimenti erariali e di entrate ICI sulla prima casa non compensate e gli imponiamo in più 2 miliardi e 200 milioni di euro per il rientro per il 2010, 3 miliardi e 900 milioni nel 2011.
Attenzione, non si costruisce così il federalismo fiscale, non si costruisce con gli accordi triangolari tra Calderoli, Raffaele Lombardo e Gianni Alemanno; non funziona così! Il federalismo fiscale si costruisce in modo trasparente, fornendo regole certe, invertendo quelli che sono stati i limiti, i difetti e le criticità dell'ordinamento finanziario delle autonomie locali in questo Paese. In definitiva, siamo in presenza di un decreto-legge che su questi temi, in particolare, va in una direzione esattamente opposta rispetto al federalismo istituzionale e fiscale.
Era così per quanto riguarda il tema del dimensionamento della rete scolastica. Voi avete scritto nella versione originale del decreto una norma ipercentralista, che ha provocato giustamente l'insurrezione delle regioni di ogni colore politico. L'avete modificata perché c'era il Paese in piazza, oltre che per le proteste delle regioni e del sistema delle autonomie locali, e va bene così. Rimanete su un'impostazione centralista e penalizzante per il sistema dell'autonomia per tutta la parte dell'ICI, degli enti locali e di quanto ho avuto modo di ricordare in questo intervento.
Allora, ancora una volta - è la mia riflessione conclusiva - voi predicate in un modo quando scrivete disegni di legge sul Pag. 106federalismo fiscale, quando scrivete principi che anche noi condividiamo (l'autonomia, la responsabilità, la solidarietà efficiente), ma state razzolando in modo completamente diverso nella pratica dei provvedimenti che via via avete imposto al Paese in questi mesi. Questo non possiamo accettarlo e abbiamo il dovere di portare queste riflessioni all'attenzione del Parlamento e del Paese, perché serve un cambio di rotta se vogliamo dare al Paese le riforme che servono e se vogliamo dare alla finanza territoriale di questo Paese (che governa un terzo delle risorse pubbliche) un sistema coerente, certo e capace di utilizzare al meglio i soldi dei contribuenti.
Noi stiamo andando in un'altra direzione e vi chiediamo di cambiare rotta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, non me l'aspettavo di intervenire, perché pensavo vi fossero due colleghi iscritti a parlare prima di me. Mi ero distratto un attimo, ma mi rimetto subito in sesto (Una voce dai banchi del gruppo Lega Nord Padania: In dissesto!). No, al dissesto ci pensate voi. Siete bravi, ve la cavate molto bene, non il presidente Giorgetti, che ha esperienza amministrativa di alta qualità.
Signor Presidente, inizio il mio intervento citando alcune cose. Anzitutto, leggo testualmente: la decisione del Governo di presentare al Parlamento un disegno di legge finanziaria snello ha determinato la suddivisione tra numerosi provvedimenti delle disposizioni che negli ultimi anni erano contenute nella legge finanziaria, rendendo più difficile - attenzione agli aggettivi! - ricostruire un quadro di insieme delle diverse misure adottate; ritengo quindi sia utile procedere ad una ricognizione del contenuto dei provvedimenti di carattere finanziario adottati nell'ultimo anno - veramente sono solo sette mesi, e già bastano e avanzano - prestando particolare attenzione alle disposizioni che recano misure di sostegno a specifiche aree territoriali; in assenza di tale quadro, diventa infatti difficile comprendere il senso di finanziamenti a specifici enti territoriali (e poi va avanti citando Catania, Roma, e a proposito di Roma dice che, per esempio, il debito pro capite del comune di Milano è addirittura superiore a quello della capitale, ma i 500 milioni sono stati dati solo alla capitale, tema sul quale tornerò più avanti). Vuole sapere, Presidente, di chi sono queste parole testuali? Glielo dico: sono parole dell'onorevole Zorzato che, che come le è noto, non fa parte dell'opposizione e tanto meno del gruppo dell'Italia dei Valori.
Ma non è finita. Cito un altro intervento: ritengo sia particolarmente importante che il decreto-legge - quello in questione - possa essere oggetto di modifiche e di miglioramenti nel corso dell'esame presso questo ramo del Parlamento - questo, la Camera dei deputati - anche in considerazione dell'atteggiamento di grande responsabilità dimostrato - udite, udite! - nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria; in quella sede - dice ancora il deputato, che poi scoprirete chi è - infatti molte delle questioni che erano state poste all'attenzione non furono affrontate compiutamente nel merito, essendosi ritenuto preferibile procedere ad un loro esame nell'ambito dei diversi provvedimenti in discussione presso i due rami del Parlamento.
Questa nuova citazione si riferisce all'onorevole Gaspare Giudice, il quale ha fatto tale dichiarazione mentre reggeva provvisoriamente la presidenza della V Commissione.
Vado avanti. L'onorevole Zorzato diceva poco più avanti: qualora si decidesse di non introdurre modifiche al testo approvato dal Senato - cioè quello al nostro esame - la Commissione apparirebbe svuotata delle proprie funzioni, essendole preclusa la possibilità di esaminare nel merito il provvedimento in esame.
Quindi, come comprende, signor Presidente, sono partito da qui (ma ne riprenderò poi ancora qualcun altra) perché Pag. 107vorrei capire una volta per tutte - lo dico a lei, signor Presidente facente funzioni in questo momento della Camera dei deputati, e al mio presidente di Commissione: credo sia un diritto mio saperlo e un dovere di qualcuno finalmente rispondere - quali sono i compiti dei parlamentari e qual è il ruolo della Commissione bilancio su un provvedimento che va a toccare le casse dello Stato; e sappiamo quanto queste casse siano al momento vuote. Ce lo vuole dire qualcuno, se dobbiamo solo fare finta di discutere di questioni importanti, o se il nostro ruolo è quello di dare un contributo per migliorare la qualità della produzione legislativa del Parlamento?
Come vede, signor Presidente, ho fatto mie le dichiarazioni di illustri componenti del centrodestra, perché anche loro condividono totalmente queste nostre posizioni, tant'è che lo hanno dichiarato in sede di Commissione; infatti, nella giornata di ieri loro stessi (l'onorevole Gaspare Giudice, l'onorevole Zorzato e l'onorevole Gioacchino Alfano) dicevano: guai a noi se il provvedimento dovesse arrivare prima in Aula e poi essere approvato definitivamente esattamente così come il Senato ce l'ha trasmesso; il Senato della Repubblica - ed è uno di quelli che ho citato poc'anzi che lo dice espressamente - lo ha tenuto 40 giorni nel cassetto per poi discuterlo e approvarlo modificandone qualche cosina, per poi restituircelo.
Allora, qual è l'atteggiamento del Governo? Onorevole sottosegretario Giorgetti, lei l'ha detto chiaramente qual è l'atteggiamento del Governo: il provvedimento in esame, così com'è entrato da Piazza Montecitorio a Palazzo Montecitorio, deve uscire approvato definitivamente, senza la modifica di una sola virgola del testo.
Che ci stiamo a fare se addirittura anche dall'altro lato dell'emiciclo, quello della destra, ci viene detto che ci sarebbero cose importanti da modificare nel testo?
Entro nel merito, signor Presidente, sorvolando sui primi due articoli, il primo relativo al piani di rientro dei deficit sanitari da parte di alcune regioni, con sole due osservazioni di passaggio, la prima delle quali relativa alla copertura. Indovinate dove vanno a prendere, colleghi, i quattrini che serviranno o potrebbero servire per risanare i debiti sanitari di alcune regioni? Dall'unico capitolo che - ormai lo abbiamo inteso tutti - ha ancora delle risorse disponibili: il famoso FAS, Fondo aree sottoutilizzate, che è il pozzo di San Patrizio. Ma prima o poi, colleghi, questo pozzo sarà prosciugato e non ci saranno più risorse per nessuno; tanto più se i soldi vengono utilizzati, come vedremo fra poco, per scopi molto meno nobili! Attenzione, amici della Lega: scopi molto meno nobili, e lo vedremo!
La seconda osservazione è relativa al piano di dimensionamento degli istituti scolastici, che è stato - è vero - modificato e migliorato dal Senato della Repubblica, demandando per il 2009 alle regioni e agli enti locali la gestione di questa delicata partita, per poi rinviare al 2010-2011, ad un confronto Stato, regioni ed enti locali, per capire che cosa avverrà a regime dal 2012 in poi.
La mia attenzione va invece al problema che riguarda direttamente gli enti locali.
Signor Presidente, sa perché lo faccio? Perché all'interno di quest'Aula e anche nell'altro ramo del Parlamento vi sono stati e vi sono moltissimi consiglieri comunali e provinciali, sindaci o ex sindaci, assessori provinciali e presidenti di provincia, che mantengono il doppio ruolo tra l'altro (evidentemente sono «superstar», che riescono a coniugare tante cose).
Chi parla, signor Presidente, è stato sindaco di una città di 30.000 abitanti, assessore provinciale alle finanze ed al bilancio di una provincia importante, quella di Torino, e da questa esperienza credo di avere un po' capito - poco, perché sono molto limitato - come funzionano le cose negli enti locali. Ero consigliere comunale fino a due anni fa, data nella quale ho assunto un'altra responsabilità, in un'altra importante istituzione, che dialoga costantemente e si rapporta quotidianamente con gli enti locali, ossia la Cassa depositi e prestiti.Pag. 108
Queste due esperienze mi hanno dato la possibilità, come a tanti altri colleghi - lo ripeto, molto più attrezzati di me - di capire con che cosa «fanno fuoco» le amministrazioni locali, con quali risorse rispondono alle esigenze dei loro territori. Dunque, vediamoli.
Credo che gli enti locali, in questo periodo, si trovino nella peggiore situazione immaginabile possibile, perché da una parte gli amministratori locali sono pressati a dare risposte immediate ad una situazione economica difficilissima, soprattutto per le categorie sociali più deboli, quindi a dare servizi di assistenza, di supporto alle scuole materne ed agli asili nido, alle scuole elementari - e ciò vale anche per gli altri enti locali: le province per gli istituti superiori - per far fronte alle esigenze almeno di manutenzione ordinaria delle loro strade, comunali e provinciali.
È di qualche giorno fa quel terribile evento capitato nella provincia di Torino, quello di Rivoli, un grave fatto anche di sangue, nel senso che un ragazzo diciassettenne ci ha lasciato la vita, schiacciato in un edificio scolastico da un'aula crollata per mancanza o carenza di manutenzione o per cattiva manutenzione. Ed è proprio lì il problema! È vero, sottosegretario Bertolaso (che non c'è, ma che abbiamo ascoltato l'altro giorno riferire, con dovizia di particolari, su quale sia lo stato di salute dei nostri edifici scolastici). Ma con quali quattrini fanno fronte a tali necessità, se le risorse vengono loro sottratte?
Allora, ci troviamo in una situazione simile a quelle che si creano - quante ve ne sono state - con i debiti fuori bilancio, esposizione debitoria spesso non più sostenibile: l'onere del servizio del debito totale, in rapporto alle entrate correnti, è andato crescendo in media ed è molto elevato per tanti enti locali. Per molti comuni vi è il rischio che il PD (che non significa Partito Democratico: voglio tranquillizzare gli amici e cugini politici, ma la probabilità di default) di alcuni enti locali cresca. Ne abbiamo già visti due: uno dichiarato, l'altro salvato in extremis (se davvero salvato lo vedremo). Mi riferisco a Taranto: voi sapete chi amministrava quella città, vero, amici della Lega Nord? Non era il centrosinistra.

STEFANO STEFANI. Se l'amministravo io non falliva di sicuro!

RENATO CAMBURSANO. Questo è vero, su questo posso anche convenire, però lo deve dimostrare. A parole sono tutti bravi, probabilmente anche nei fatti, ma deve essere dimostrato.
L'altra città a cui mi riferisco è Catania, di cui riparleremo.
Quindi, vi è pericolo di default, rigidità della spesa corrente, ovviamente per impegni presi, rispetto ai quali non si può più retrocedere, con scarsa possibilità di manovrabilità delle leve fiscali, perché ormai tutte le leve sono state utilizzate al massimo; e gli investimenti sono in calo.
Vi dico questo, colleghi, perché - lo ripeto - dall'osservatorio che ho citato prima (l'ultimo in ordine di tempo), è chiara la caduta verticale delle richieste di mutui alla Cassa depositi e prestiti, perché gli enti locali non ce la fanno più a pagare le rate dei mutui. Ecco per quale motivo non chiedono più risorse. Se non hanno più la possibilità di avere risorse, come possono far fronte a quelle opere che ho citato in precedenza? Ma vi è stato qualcuno più furbo degli altri o che credeva, probabilmente, di esserlo (di ogni colore politico, mi rivolgo all'amico presidente della Commissione esteri, che saluto cordialmente). Mi riferisco a coloro che hanno usato la famosa leva dei derivati. Bella trovata! Una gran bella trovata è quella di aver dilungato, anzi, addirittura spostato, il debito dicendo: ora sono un sindaco o un presidente di provincia, l'importante è che me la cavo (come diceva il famoso titolo di un libro); chi verrà dopo si arrangi. Ed ecco lo strumento dei derivati. Sapete vero, colleghi del centrodestra, chi ha autorizzato l'operazione sui derivati da parte delle amministrazioni locali? Correva l'anno 2003 e sapete chi governava questo Paese in quel periodo.
Di fronte a questo stato di cose, arriva l'operazione immagine: quella sull'impegno Pag. 109assunto in campagna elettorale di dare una risposta immediata ai cittadini più ricchi e di abolire l'ICI. Ecco la trovata, nel momento in cui era evidente la situazione della crisi petrolifera. Lo ha affermato Tremonti - quindi, di fronte a tanta fonte di sapienza, mi inchino - sia a maggio che a giugno (peraltro, egli si limitava a quella crisi e non si riferiva a quella finanziaria, perché non intravedeva ancora le ricadute pesantissime che vi sarebbero state; altri, invece, le avevano già anticipate). Cosa bisognava fare di fronte ad una crisi imminente? Aiutare le categorie sociali più forti e non quelle più deboli, perché ad esse aveva già provveduto il Governo Prodi, proprio eliminando il pagamento dell'ICI (cioè, l'imposta comunale sugli immobili) sino ad un certo controvalore. E invece, no: bisognava estendere questa misura a tutti e questa operazione - lo sapete - è costata un paio di miliardi di euro.
Quanto sarebbero utili oggi quei soldi, vero? Quanto sarebbe bello poter ancora contare su questa disponibilità! Infatti, un Ministro della Lega Nord - per dare a Cesare quel che è di Cesare - disse che vi siete sbagliati, ma anche quell'affermazione è caduta nel vuoto (si trattava della medesima persona che aveva definito una certa legge elettorale una «porcata»: ci si accorge che tale è, ma poi non si corregge, né si provvede a rettificarla).
Il collega Misiani ha ricordato poc'anzi - quindi, proseguo velocemente su questo tema - a quanto ammonti il differenziale tra quanto incassavano i comuni dall'ICI sulla prima casa e quanto, invece, è il ristorno da parte delle casse centrali: dagli 800 ai 900 milioni di euro, che vanno ad aggiungersi a tutta una serie di altri tagli, reali o nascosti, che, nel contempo, sono stati fatti, come ricordava per l'appunto il collega.
Arrivo alla «ciliegina». Innanzitutto, in questo provvedimento si prende atto sostanzialmente che il CIPE ha deliberato qualche tempo fa di riconoscere alla città di Catania 140 milioni di euro per sanare i debiti o iniziare a chiudere qualche falla.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 20,05)

RENATO CAMBURSANO. Sapete qual era la situazione della città di Catania, vero colleghi della Lega Nord? Sono andato a leggere alcuni giornali siciliani (ormai con Internet si arriva a tutto).
Leggo testualmente: «Assunzioni a gogo, organici gonfiati, politiche clientelari, consulenze strampalate. L'articolo in questione, poi ne rivelerò la fonte, ne cita una: si tratta di una consulenza di 24 mila euro data per uno studio sullo sviluppo industriale della città di Catania. E indovinate a chi? A una "sventola ventenne nota per essere stata miss Eritrea"», cito testualmente quel giornale quotidiano.

STEFANO STEFANI. Sei invidioso!

RENATO CAMBURSANO. Sono invidioso, non c'è dubbio. Si trattava di una grande esperta di politiche industriali! Due milioni di premi di produzione sono stati distribuiti ai funzionari, per i brillanti risultati conseguiti. L'onorevole Misiani si scandalizzava del fatto che quel sindaco, che ha fatto quelle cose, è stato premiato con la nomina (nomina si dice, vero?) a parlamentare. Voi sapete a chi mi riferisco, non devo citare il nome. Ebbene, è la stessa lunghezza d'onda, lo stesso metro di misura che aveva adottato lui quando era sindaco di quella città: dare un premio di rendimento per i nobili, alti e brillanti risultati da quei funzionari.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 20,10)

RENATO CAMBURSANO. Non parliamo poi delle municipalizzate di quella città, tutte in dissesto. La fonte è Il Corriere della sera del 20 settembre 2008, ma anche Sicilia Informazione. Gli stipendi, però, devono essere pagati e i fornitori pure, ed ecco che arriva la mano salvifica del Governo che eroga questi primi 140 milioni. E indovinate dove va a Pag. 110prendere i quattrini? È bella anche questa domanda, vero? Va a prenderli dall'unica fonte a sua disposizione: ancora il Fondo per le aree sottoutilizzate. Qualcuno dirà: «Ma certo, Catania sta lì, quindi era giusto prenderli lì»! Per carità. Peccato che questi fondi dovrebbero essere destinati, come tutti i colleghi sanno, ad investimenti e non, invece, al pagamento di buchi finanziari creati da certe amministrazioni comunali.
So quale critica mi aspetta (sempre con riferimento al contenuto del provvedimento in esame): se a Catania sono stati dati 140 milioni, a Roma ne sono stati dati ben 500. Se volete che vi dica come la penso, a mio avviso, si tratta di un errore doppio. Lo dico subito intanto perché, come diceva in Commissione il collega che ho citato prima, Zorzato, la città di Roma ha un debito pro capite inferiore a quello di Milano. Io non sono milanese, sono torinese, si sente anche probabilmente. Allora, perché il contributo non viene concesso a Milano, né a Torino (non pensiamoci proprio), ma viene concesso a Roma? Non è che, per caso, c'è stato un cambio di guardia, nel frattempo, al Campidoglio? Non lo so, potrebbe anche esserci stato un cambio di guardia al Campidoglio. Tanto è vero che non si prevedono soltanto i 500 milioni una tantum, ma addirittura altri per gli anni a venire, ma con una targa diversa: «Roma capitale». Dove si prendono i soldi (anche questo lo ricordava il collega)? Dalla disponibilità per le autonomie locali, quindi si tolgono agli altri comuni. In compenso, però - sto per concludere - cosa fa il provvedimento in esame per gli enti locali che hanno un introito inferiore di 800-900 milioni, a causa della mancata riscossione dell'ICI? Stanzia 260 milioni. E gli altri? E questo è solo per il 2008. E per il 2009, cosa sarà?
Sottosegretario Giorgetti, vuole dire al sindaco della sua città, al presidente della sua provincia, ai presidenti e ai sindaci del centrodestra - almeno a quelli ditelo! - che cosa dovranno fare nel prossimo anno? Come risponderanno alle esigenze dei cittadini in una difficile situazione come quella in cui ci troviamo? Verranno a battere cassa e, a seconda del colore politico di quell'amministrazione o di quella città, verranno erogati o meno quattrini?
Ma questo avverrà solo se sono governati da quei rossi del centrosinistra (una volta avrebbero detto comunisti del centrosinistra, ma adesso non è più di moda).
In conclusione, signor Presidente, voglio richiamare quanto scrive oggi Il Sole 24 Ore: «l'OCSE: due anni di recessione per il nostro Paese». Pertanto, se le prospettive del nostro Paese sono queste, onorevole Presidente, onorevole sottosegretario, colleghi, abbiamo dimostrato con gli emendamenti che abbiamo presentato - e voi sapete che fine hanno fatto - che abbiamo tentato di dare un contributo per migliorare la qualità di questo prodotto. Essi sono stati tutti respinti dall'Assemblea per una questione temporale, naturalmente. Ma dov'è quel confronto che auspicava il Presidente del Consiglio dei ministri, curato da quel sindaco o ex sindaco (sapete che si preoccupava della sua longevità anziché di quella della sua città, della tenuta della sua città)? Ebbene, chiedo a quel Presidente del Consiglio, a cui auguro naturalmente tantissimi anni di salute, ma un po' meno di Presidenza del Consiglio, che ci invita a supportarlo e a sostenere le sue iniziative per rispondere alle esigenze di questo Paese in un momento così difficile, quale sia la risposta che lo stesso Governo, da lui presieduto, fornisce. Nessuna: vi chiudiamo la porta in faccia. E arriverete a chiuderla totalmente perché su questo provvedimento, lunedì pomeriggio o al massimo martedì mattina, verrà posta la questione di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, questo provvedimento può essere considerato un collegato alla legge finanziaria e va, quindi, a completare un quadro generale del DPEF, dal 2009 al 2013, che è Pag. 111stato approvato dal Consiglio dei ministri contestualmente al decreto-legge n. 112 del 2008, volto a dare attuazione, assieme ad altri provvedimenti, allo stesso DPEF che, in particolare, fissa il livello di indebitamento netto e il rapporto tra debito pubblico e PIL da conseguire nel triennio.
La manovra di bilancio si completa con il progetto di legge sullo sviluppo economico, sulla semplificazione, sul lavoro e sull'energia, che è in fase di discussione al Senato. L'importante novità è che la manovra economica, per la prima volta, è stata approvata prima dell'estate. È stata un'importante strategia che ha anticipato la crisi economica in attesa di un decreto-legge che verrà approvato entro pochi giorni e con il quale il Governo darà delle risposte urgenti per aiutare le famiglie e le imprese a superare questo difficile momento di crisi.
Tuttavia, l'argomento di attualità, il tema su cui più si dibatte, è proprio quello delle tredicesime mensilità e la loro possibile detassazione. Spero, in questo caso, che il Governo faccia una scelta forte verso la detassazione e che questa misura si aggiunga anche ad altri interventi, come la politica di riduzione delle tariffe energetiche, la riduzione delle rate dei mutui, anche se bisogna sottolineare che questa diminuzione avverrà, concretamente, nel 2009 con la riduzione, che è in corso, dei tassi ufficiali di sconto e del tasso Euribor.
Inoltre, avremo un provvedimento sulla social card, la detassazione dei premi di produttività, la deducibilità dell'IRAP per le aziende e la diminuzione degli acconti delle imposte; e, finalmente per la prima volta, l'IVA da parte delle imprese verrà versata dopo il pagamento della fattura, quindi un'IVA per cassa.
Ritornando ora al provvedimento in esame, relativo al contenimento della spesa sanitaria, faccio presente che nell'articolo 1, in particolare, si integrano le disposizioni vigenti in materia di attuazione dei piani di rientro dai disavanzi sanitari, con particolare riferimento alla procedura di commissariamento. Infatti, si prevede la possibilità, per il Governo, di nominare, a fianco del commissario ad acta, uno o più subcommissari esperti in materia di gestione sanitaria, con la possibilità della soppressione delle funzioni e l'assegnazione ad altro incarico dei direttori generali delle aziende sanitarie che sono deficitarie.
Inoltre, lo stesso articolo, ai commi 2 e 3, autorizza l'erogazione delle risorse spettanti alla regione ma attualmente subordinate, per quelle regioni in situazione di disavanzo, alla verifica positiva dell'attuazione dei piani di rientro.
Tale erogazione viene concessa quando per la regione si sia manifestata una situazione di emergenza finanziaria tale da compromettere gli impegni assunti e il commissario abbia già approvato provvedimenti di correzione della spesa.
Invece, il comma 5 pone interamente a carico dello Stato per l'anno 2009 l'onere derivante dall'abolizione dei ticket per l'anno 2009, 2010 e 2011 disposta dal decreto-legge n. 112 del 2008 tramite un incremento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale pari a 434 milioni di euro per il 2009.
Passando poi alle novità apportate al testo iniziale da parte del Senato, l'articolo 1-bis prevede la proroga al 31 dicembre 2012 del termine per l'adozione delle misure e degli interventi di ristrutturazione edilizia per rendere disponibili i locali destinati all'attività libero professionale intramuraria e contestualmente prorogando fino al 31 gennaio 2010 la vigenza delle misure provvisorie già adottate per consentire lo svolgimento dell'attività libero professionale intramuraria anche fuori dalle strutture ospedaliere.
Infine, l'articolo 1-ter prevede, invece, attraverso l'abrogazione dell'articolo 24-ter del decreto-legge n. 248 del 2007, l'immediata entrata in vigore della precedente disposizione in base alla quale il riposo giornaliero del personale sanitario del Servizio sanitario nazionale non è più fissato in 11 ore, ma viene stabilito dalle norme contrattuali in materia di orario di lavoro nel rispetto dei principi generali della protezione, sicurezza e salute dei lavoratori.Pag. 112
Passando all'esame dell'articolo 2-ter, relativo a disposizioni in materia di regime fiscale dei carburanti per autotrazione, devo dire che il gruppo della Lega Nord ha presentato in Commissione bilancio ed ora in Aula un importante emendamento volto ad allargare la platea delle regioni che usufruiranno delle agevolazioni per l'anno 2009. In particolare, si chiede di introdurre modifiche al testo del provvedimento al fine di estendere l'agevolazione anche ai territori confinanti con le regioni a Statuto speciale che usufruiscono della stessa agevolazione, come ad esempio il Veneto.
L'articolo 2-quater si occupa dei trasferimenti erariali a favore dei comuni e delle disposizioni in materia di entrate ICI sugli ex fabbricati rurali. In particolare si estende, anche per l'anno 2008, la norma varata nel 2007 che consentiva ai comuni di certificare il maggior gettito ICI derivante dalle nuove norme sulla tassazione di alcune fattispecie di fabbricati e immobili per confrontarlo con il complessivo taglio dei trasferimenti erariali.
Resta inteso che, in sede di Conferenza Stato-città, saranno determinati criteri per ripartire l'importo di 260 milioni fra i comuni per il ristoro delle minori entrate dell'ICI. L'onere dello stanziamento è a carico della riduzione delle risorse FAS.
Vorrei, però, precisare e chiarire la posizione della Lega Nord in merito all'eliminazione dell'ICI sulla prima casa, eliminazione che indubbiamente ha creato problemi agli enti locali che potranno essere risolti solo in sede di federalismo fiscale durante la discussione del disegno di legge delega, quando dovremo pensare seriamente a come restituire agli enti locali una finanza propria e non una finanza derivata.
Una soluzione potrà venire dalla compartecipazione all'IRPEF, non per il 20 per cento, come chiedono alcuni sindaci del centrosinistra in maniera direi molto pretestuosa, ma per una percentuale che dia la possibilità ai nostri comuni di erogare servizi essenziali ai propri cittadini. Se ciò non avvenisse la situazione si complicherà ulteriormente ed è evidente come ciò che è contenuto in questo decreto-legge vada considerato come un provvedimento di natura transitoria (non può essere diversamente), che non deve però penalizzare i comuni virtuosi che devono poter recuperare esattamente il 100 per cento di quanto incassato nell'anno precedente.
Concludo il mio intervento con l'esame dell'articolo 5, una questione che riguarda l'annosa vicenda di Roma capitale e gli stanziamenti che vengono ad essa attribuiti. Il comma 1 dispone, in materia di assegnazione di risorse, 500 milioni di euro per il comune di Roma a causa del grave dissesto finanziario ereditato dalla gestione Rutelli-Veltroni.
L'anticipazione erogata dalla Cassa depositi e prestiti al comune di Roma è restituita alla medesima, per conto della capitale, dal Ministro dell'economia e delle finanze. In questo caso è importante sottolineare che i fondi erogati a Roma e Catania sono prelevati a carico di risorse dei fondi per le aree sottoutilizzate, ovvero i famosi FAS. Quindi, in definitiva si tratta delle stesse somme di competenza delle aree sottosviluppate. Come abbiamo sottolineato anche in Commissione bilancio, è assai discutibile la norma che riserva con decorrenza dall'anno 2010 un contributo a Roma capitale per un importo annuo sempre di 500 milioni di euro per l'attuazione del federalismo fiscale. In realtà, dovrebbero essere correlati a nuove e maggiori funzioni da attribuire alla capitale e non per ripianare disavanzi, come ho richiamato in precedenza. In presenza di un emendamento presentato dal gruppo della Lega Nord Padania, abbiamo ottenuto un'assicurazione che tale norma è puramente di carattere programmatorio e non impegna ad oggi alcuna spesa e abbiamo deciso di ritirare, quindi, l'emendamento soppressivo.
Tale articolo è stato fonte di forti polemiche, soprattutto da parte della gente e dei popoli del nord. In questi mesi abbiamo visto spirare un vento nuovo, un vento di rinnovamento. Anche gli statalisti più convinti sono diventati più leghisti dei leghisti stessi. Cari amici federalisti dell'ultima ora, vi aspettiamo al varco, dunque. Pag. 113Vi attendiamo alla prova dei fatti. Dal momento che a breve ci sarà l'esame del provvedimento sul federalismo fiscale, vedremo se questi proclami e queste chiacchiere diventeranno fatti concreti e la collaborazione offerta da tutti per il bene di tutto il Paese sarà realtà.
Infatti, è il sud che avrà i maggiori benefici dal federalismo fiscale, con amministratori che saranno più attenti alle spese e che dovranno rendere finalmente conto della loro gestione, e il sud sarà così libero e potrà guardare finalmente ad una nuova stagione di sviluppo e autodeterminazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Renato Farina).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calgaro. Ne ha facoltà.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, vista l'eterogeneità delle materie trattate da questo decreto-legge intendo concentrare il mio intervento sulle parti relative alla spesa sanitaria. Mi riferisco sostanzialmente all'articolo 1, che reca disposizioni in materia di attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari e altre disposizioni in materia sanitaria. La nostra posizione è quella di concordare sui piani di rientro e sulla filosofia che li sottende. Si tratta di una filosofia che anche dal Governo Prodi è stata implementata.
Quindi, concordiamo con la necessità assoluta di responsabilizzare le regioni poco virtuose per quanto riguarda la spesa sanitaria. Tuttavia, vorrei fare una notazione che si riferisce in generale alle modalità con cui i piani di rientro sono impostati. Naturalmente condivido - come ho già detto - la finalità di responsabilizzazione delle regioni poco virtuose, fino ad arrivare al loro commissariamento ad acta. Però, queste politiche ad oggi non hanno funzionato e, a mio parere, avranno notevoli difficoltà a raggiungere l'obiettivo ultimo e virtuoso che ci si propone che, vorrei ricordare, non è un obiettivo meramente finanziario, ma prettamente sanitario, e cioè bisognerebbe arrivare con queste politiche non solo a sanare il deficit, ma a riportare la sanità di queste regioni ad essere virtuosa per quanto riguarda le politiche sanitarie nella loro specificità.
Il rischio che abbiamo corso - è dimostrato da tutti quanti analizzano le politiche sanitarie - è che queste regioni che hanno una spesa più elevata delle altre abbiano, in realtà, un'efficienza sanitarie nettamente più bassa delle altre. Quindi, spendendo di più si produce una sanità di minore qualità. Credo che se non vi sarà la forte determinazione ad affiancare queste regioni anche nelle politiche specifiche di settore, e non soltanto nelle politiche finanziarie di rientro dal deficit, difficilmente si potranno ottenere quei risultati che sono importanti per i cittadini, vale a dire avere una sanità di ottimo livello, con una spesa che sia quanto meno nella media di quella delle altre regioni.
Ad oggi tutto questo non è avvenuto, anzi quello che avviene è in genere che per risolvere il problema finanziario queste regioni aumentano le tasse e continuano ad avere una sanità di non grande efficienza. In particolare questo articolo, al comma 1, lettera a), sopprime la facoltà del commissario ad acta di proporre la sostituzione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali oppure delle aziende ospedaliere e alla lettera b) prevede la possibilità di nomina di uno o più subcommissari con esperienza di gestione sanitaria. Concordiamo su questa normativa.
Il comma 2 consente, con deliberazione del Consiglio dei Ministri, l'erogazione del maggior finanziamento condizionato alla verifica positiva degli adempimenti a quelle regioni nelle quali è stato nominato il commissario ad acta in deroga a quanto sottoscritto negli accordi previsti, purché siano rispettate alcune condizioni. La prima delle condizioni, quella prevista alla lettera a), è che si sia manifestata, in conseguenza della mancata erogazione del maggior finanziamento, una situazione di emergenza finanziaria regionale tale da compromettere gli impegni finanziari assunti dalla regione stessa, nonché l'ordinato svolgimento del sistema dei pagamenti Pag. 114regionali, con possibili gravi ripercussioni sistemiche. È proprio su questa lettera a) che si appuntano alcune nostre osservazioni, in quanto avremmo voluto vedere meglio definita la situazione di emergenza finanziaria e comunque avremmo voluto sottoporre ad una verifica affidata a terzi l'accertamento dell'effettiva situazione di emergenza, per evitare che quanto affermato in questa norma possa costituire l'ennesima via di fuga da parte delle regioni poco virtuose dalle proprie dirette responsabilità.
Il comma 3 dell'articolo 1 specifica che le somme di cui al comma 2 sono a titolo di anticipazione e possono essere recuperate con modalità deliberate dal Consiglio dei Ministri qualora la regione non attui nelle modalità stabilite il citato piano di rientro. Su tale comma concordiamo, perché va nella direzione di responsabilizzare le direzioni, pena il fatto che il Governo possa recuperare le somme che sono date a titolo di anticipazione.
Sull'articolo 1-bis si appuntano le nostre maggiori osservazioni. Tale articolo, introdotto nel corso dell'esame da parte del Senato, è quello che proroga al 31 dicembre 2012 il completamento degli interventi di ristrutturazione edilizia delle regioni e delle province autonome effettuati presso strutture sanitarie, al fine di garantire la disponibilità dei locali destinati alle attività libero-professionali intramurarie. Con questo articolo è altresì consentita l'utilizzazione straordinaria del proprio studio professionale per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria, previa autorizzazione aziendale, prorogata dal 31 gennaio 2009 al 31 gennaio 2010.
Nulla osta alla proroga al 31 gennaio 2010, dal nostro punto di vista, ma la proroga al 2012 degli interventi di ristrutturazione edilizia, una proroga di quattro anni, è secondo noi un atto gravissimo, un atto che di fatto sancisce l'abbandono della politica della libera professione intra moenia. È una politica rispetto alla quale c'è stato un impegno forte, a partire dal Governo nel quale il Ministro della salute era il Ministro Bindi - che attualmente è Presidente pro tempore della seduta -, una politica che a nostro avviso era lungimirante, che si poneva degli obiettivi ambiziosi e che avrebbe fatto fare un passo avanti notevole al nostro servizio sanitario nazionale.
Ebbene, una proroga di quattro anni per questi interventi, senza il minimo monitoraggio e senza prevedere la minima verifica del fatto che le regioni siano partite con la progettazione e l'attuazione di questi interventi, una proroga siffatta è davvero una pietra tombale, secondo noi, sulla reale volontà di dare seguito allo svolgimento della libera professione intramuraria.
Si potevano individuare altre modalità, sulle quali avremmo concordato, che prevedessero un monitoraggio più stretto, una penalizzazione delle regioni non virtuose in questo senso, perché sappiamo benissimo, colleghi, che vi sono molte regioni all'interno delle quali non è mai stata data attuazione alla reale volontà di consentire la libera professione intra moenia.
Questa proroga certamente favorisce le regioni poco virtuose, ed è un messaggio che vuol dire: fate ciò che volete, noi abbandoniamo la volontà di perseguire una sanità più virtuosa con l'attuazione della libera professione intramuraria. A nostro avviso si tratta di una decisione veramente gravissima, la più grave che intravediamo in questo provvedimento dal punto di vista sanitario; la vogliamo stigmatizzare, anche perché davvero ci sembra una decisione che non va nel senso del bene comune, del dare attuazione ad una sanità di livello, vicina ai cittadini. Crediamo che rispetto a ciò dobbiate svolgere delle riflessioni e, se credete a questa politica, anche dei passi indietro.
Come abbiamo affermato, non abbiamo nulla in contrario alla proroga fino al 31 gennaio 2010, ma la proroga sugli interventi strutturali fino al 2012 è una decisione davvero molto grave e, secondo noi, nasconde la volontà - d'altronde, almeno in Commissione, in qualche modo il sottosegretario Fazio l'ha annunciato - di rivedere tutta la politica della libera professione. Attendiamo che presentiate le Pag. 115vostre proposte per svolgere i nostri commenti e per valutare se davvero volete andare nella direzione di una rivalutazione della sanità pubblica oppure se volete andare incontro ad una strisciante privatizzazione, ad un mal funzionamento del sistema sanitario, soprattutto nelle regioni che più avrebbero bisogno di recuperare una sanità di qualità, e, quindi, ad uno spostamento di sempre più ingenti risorse verso la sanità privata.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, il decreto-legge in esame affronta materie non del tutto omogenee. Mi limiterò ad affrontare solo due aspetti.
Il primo, di cui ha parlato il collega Calgaro, riguarda la regolamentazione della libera professione dei medici nei nostri ospedali pubblici. Va ricordato che nel luglio 2007 il Parlamento ha approvato con largo consenso la legge n. 120, in cui si ponevano sostanzialmente tre questioni. La prima riguardava il fatto che i direttori, entro il 31 gennaio 2009, dovevano dotare gli ospedali di strutture idonee ambulatoriali per mettere i medici in condizione di svolgere la libera professione nella stessa struttura pubblica. Ciò non per un capriccio, ma per garantire la continuità di cura, per far svolgere al medico l'attività pubblico-privata nella struttura ospedaliera, per far sì che lo stesso fosse presente il più possibile e per evitare che si potesse allontanare, anche di fronte ad alcune emergenze.
La seconda questione posta dalla legge n. 120 atteneva al fatto che i medici possono svolgere attività privata, ma la prestazione nel privato non deve superare quella nel pubblico. In altre parole: un medico in un mese può effettuare 100 visite private, ma devono essere inferiori a quelle che svolge nel pubblico. Per fare ciò vi deve essere un controllo diretto, che può avvenire non in uno studio privato, ma all'interno della stessa struttura pubblica.
Signor Presidente, questa è una norma che aveva, ed ha, come obiettivo una moralizzazione che si inserisce nel tema importante e sentito nelle nostre comunità delle lunghe liste d'attesa di pazienti che aspettano di essere visitati.
Infine, la legge n. 120 del 2007 pone le condizioni per un maggiore controllo amministrativo. Un'indagine conoscitiva del Senato, infatti, ha dimostrato che l'attività privata realizzata fuori dall'ospedale pone questioni di evasione fiscale. Tutto ciò che emerge dall'indagine conoscitiva del Senato ha come riferimento alcune segnalazioni che sono venute dalla Guardia di finanza.
Detto questo, va ribadito il fatto che con il decreto-legge in esame si dispone il rinvio dei termini di completamento delle strutture per l'intra moenia di quattro anni, dicasi quattro anni. Tutto ciò ha un significato, esprime un doppio messaggio. Ai manager delle ASL, soprattutto di quelle localizzate nel sud, dove ci sono più resistenze a definire migliori condizioni dell'intra moenia, si dice di non impegnarsi a realizzare le strutture all'interno degli ospedali, di trascurare questo obiettivo. Ai medici, fortunatamente ormai una sparuta minoranza, si dice di non preoccuparsi, perché si passerà di deroga in deroga. Anzi, durante il dibattito al Senato, alcuni esponenti del centrodestra hanno affermato con grande chiarezza che bisogna rivedere complessivamente la materia dell'intra moenia. Si vogliono annullare alcuni benefici assistenziali, si vuole ritornare ad una deregulation. Si vuole evitare che ci siano diritti e doveri rigorosi nel campo dell'espletamento della professione medica.
La seconda questione che voglio affrontare riguarda quella parte del provvedimento che prevede l'utilizzazione di un finanziamento FAS per coprire il deficit di bilancio 2003 e 2004 del comune di Catania, per scongiurare il dissesto finanziario. Tutto ciò dovrebbe avvenire grazie ad una deliberazione del Consiglio dei ministri del 3 ottobre 2008, che permette l'utilizzazione di risorse FAS per ripianare disavanzi di spesa corrente. È un'operazione fortemente contrastata negli organi di stampa, che è stata contestata da tanti Pag. 116settori politici, non soltanto del centrosinistra, ma anche del centrodestra. Voglio ricordare le dichiarazioni di Formigoni, del sindaco Moratti, dello stesso sindaco del comune di Ragusa, appartenente al Popolo della Libertà. Noi abbiamo rispetto per le critiche, e appunto per questo vogliamo fare una valutazione serena, partendo dalla situazione attuale del comune di Catania. Il comune di Catania dai dati ufficiali presenti nel sito ha un deficit di 357 milioni di euro, cui debbono aggiungersi 118 milioni 556 mila euro delle società partecipate, per un totale 476 milioni 556 mila euro. A questo totale vanno aggiunti 549 milioni di euro di mutui.
Ancora non sono stati presentati i conti definitivi dell'ex ufficio speciale del comune, che fra sequestri e risarcimenti danni per espropri potrebbero comportare un ulteriore notevole debito per il comune. Quando, qualche mese fa, denunciavamo queste preoccupanti condizioni debitorie, qualcuno ci indicava come disfattisti, qualcuno ci diceva che non avevamo amore per la città. Dicevamo la verità, ma soprattutto c'era tanta rabbia, perché i debiti non erano stati fatti per migliorare la città, ma per alimentare la cattiva politica, per creare condizioni di clientelismo e, quindi, di consenso elettorale. È quel clientelismo che ha piegato la città di Catania.
Basta andare davanti al municipio per trovare ancora, giornalmente, lavoratori in sciopero, perché non ricevono da mesi lo stipendio; basta andare per le strade la sera, per trovarle al buio, oppure basta vedere di giorno i rifiuti sparsi, con i cassonetti pieni.
Catania è veramente nelle ultime posizioni per qualità della vita e non c'è bisogno di indicare le indagini che sono state fatte da istituti specialistici. Non siamo contenti di tutto ciò, perché non siamo per il tanto peggio, tanto meglio; non siamo per il dissesto - lo abbiamo detto anche in consiglio comunale e lo ribadiamo in questa sede - perché temiamo per il peso che potrà subirne negativamente la comunità catanese.
Ma i fatti che ho indicato e i debiti che pesano sul bilancio del comune di Catania dimostrano la fondatezza di alcune critiche. Catania non è stata colpita da una calamità naturale improvvisa, per cui sarebbe stata giusta la solidarietà di tutti, senza lamentele; no, ci sono debiti che sono frutto del saccheggio di chi ha costruito le proprie carriere politiche, di chi ha guardato ai favori verso gli amici e verso gli amici degli amici, di tutto il centrodestra, a cominciare dagli autonomisti, che si sono presentati con il simbolo della Lega nelle ultime elezioni nazionali.
Mentre diciamo questo, rispondiamo, però, che Catania non avrà un regalo; è bene precisarlo, perché le risorse sono risorse FAS. Questi fondi erano già destinati a Catania per investimenti, per modernizzare strade, per portare la metanizzazione, per costruire tre scuole elementari e asili nido in quartieri popolari, per ristrutturare il palazzo delle poste e metterlo a disposizione del tribunale.
Il Consiglio dei ministri, invece, ha definito l'utilizzazione per coprire debiti per spese correnti; qualcuno, quindi, la finisca di dire che Berlusconi sta facendo un regalo a Catania. I regali l'onorevole Berlusconi li fa al nord, utilizzando il FAS per coprire l'Expo o per coprire l'operazione Alitalia; non li fa certamente a Catania.
Per smentire la logica del privilegio, abbiamo presentato tre proposte, tre emendamenti: condizionare il finanziamento alla presentazione di un rigoroso piano di rientro, che il comune di Catania deve sottoporre e far approvare dal Ministro dell'interno.
Questo non solo per evitare che si possa continuare lungo la strada del clientelismo (purtroppo, non arrivano segnali confortanti dalla nuova amministrazione, sempre di centrodestra), ma anche per capire di più. Vorremmo, per esempio, capire come è stata fatta la rinegoziazione dei mutui con la Cassa depositi e prestiti; vorremmo capire in cosa consiste la richiesta avanzata dal comune per ottenere un credito di 120 milioni di euro da un istituto britannico e quali tassi saranno applicati.Pag. 117
Abbiamo proposto anche, per evitare che si possa pensare ad un privilegio, che questi fondi vengano restituiti; che il FAS, da cui vengono prelevati, possa essere reintegrato, in modo da poter fare quelle opere che sono necessarie. Non ci siamo inventati questa proposta, ma l'abbiamo tratta da una dichiarazione del presidente della regione, che a Capri, di fronte alle critiche, ha espresso questa posizione: restituiremo i fondi.
Il presidente della regione ha fatto a Capri questa dichiarazione, dopodiché il silenzio, perché si continua nella logica di fare annunci, slogan e nulla di concreto; solo battute.
Noi invece, con un emendamento, proponiamo che queste risorse possano tornare indietro. Infine, vogliamo dare la stessa possibilità che viene data a Catania anche agli altri comuni che si trovano nelle stesse condizioni, per evitare che si dica che Catania riceve un favore e che nei confronti degli altri comuni c'è una discrezionalità negativa. Da parte nostra, quindi, c'è disponibilità, non certo disfattismo; non critica fine a se stessa, ma disponibilità con rigore; non certo complicità o favoritismo.
Vogliamo un percorso rigoroso. Non siamo orgogliosi di questi amministratori del centrodestra, ma rimaniamo orgogliosi di essere catanesi e difendiamo la nostra città, la città di Bellini, di Martoglio, di Brancati, di De Roberto, di Verga, di Majorana: una città che è stata tradita e mortificata dalla cattiva politica del centrodestra, una città che non ha bisogno di favori o di concessioni, ma di una nuova stagione di diritti e di doveri di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grassi. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI. Signor Presidente, voglio fare, in aggiunta a quello che già hanno detto i colleghi, alcune semplici riflessioni sul piano di rientro per la parte relativa all'aspetto sanitario.
Credo che il piano di rientro sia un metodo giusto (peraltro già perseguito dal Governo precedente), ma, se da un lato si sottolinea la necessità di un piano di rientro che rimetta ordine nel mondo sanitario ed eviti che in quel settore così delicato vi possano essere abusi e sperperi, ritengo che il piano di rientro, così come il Governo precedente aveva fatto, vada accompagnato da una serie di politiche che, se da un lato giustificano finanziariamente il piano di rientro, dall'altro riconoscono alcuni diritti propri del cittadino che piani di rientro molto forzati possono ridurre nell'effettuazione.
Il Governo precedente, ad esempio, aveva innalzato i LEA (questo è un argomento non completamente estraneo ad un piano di rientro sensato e logico).
Vedo invece nel provvedimento in esame che questa volontà manca, e manca forse per un pregiudizio culturale ed ideologico. Quando si sposta di tre anni la possibilità dell'intramoenia non lo si fa a caso. Ho seguito il dibattito nella precedente legislatura: il tentativo di differire sine die - perché questo è il termine esatto - l'intramoenia vi fu già allora. Capisco che nella società spesso possono venire in conflitto interessi diversi e contrapposti, ma a me hanno insegnato che non si proteggono gli interessi più forti, semmai quelli più deboli. Capisco che vi possano essere medici che sul rinvio dell'intramoenia vogliono costruire ulteriori fortune, ma capisco anche che una sanità che ha l'ambizione di avere al centro l'interesse del cittadino-paziente non differisce di tre anni l'intramoenia. Una sanità che intende far prevalere l'interesse più debole, quello del cittadino, non si comporta così. Credo che questo provvedimento sia troppo economicistico, tra l'altro non risolve un problema (non lo ha risolto il Governo procedente e non lo risolve questo Governo).
Un piano di rientro che non sia soltanto su base finanziaria dovrebbe porsi il problema di una redistribuzione della quota capitaria che avviene, ancora oggi, sulla base di un criterio prevalente che è quello dell'anzianità della popolazione. Un piano di rientro che, da un lato, vuole evitare sperperi ed abusi ma, dall'altro, Pag. 118vuole riconoscere ed attuare l'articolo 32 della Costituzione, si pone anche l'obiettivo di riequilibrare le diversità.
Questo provvedimento, ancora una volta, si muove nella direzione di divaricare pezzi d'Italia. Non è applicando lo stesso metodo che si realizza la giustizia. La giustizia non è dare a tutti la stessa cosa, o mettere tutti nelle stesse condizioni; giustizia è riconoscere i punti di partenza, e credo che questo piano di rientro non riconosca la diversità dei piani di partenza. Si tratta di un problema sul quale tutti sorvolano, ma che io voglio sottolineare con molta serenità. Così come voglio far presente che alcune regioni, rispettando la legge precedente, avevano già nominato i commissari ad acta per l'effettuazione dell'intramoenia. Oggi, quelle regioni stesse sono moralmente, e giuridicamente, abilitate a smantellare, e noi ci troveremo, tra quattro anni, a dover riprendere il discorso daccapo.
In conclusione, ritengo che il differimento dei termini non di un anno, ma sine die, rappresenti la logica che questo Governo pone nella considerazione della sanità. D'altra parte, non posso dimenticare che, qualche settimana fa, il Presidente del Consiglio aveva ipotizzato la privatizzazione degli ospedali. Evidentemente, questo Governo riguardo alla sanità si avvia a varare un procedimento che dissangui coloro i quali, oggi, con affanno, tentano di stare all'interno di una logica europea e nazionale; si avvia, evidentemente, a considerare la sanità privilegio di pochi e non diritto di tutti. Per questo, esprimo a nome del Partito Democratico una valutazione fortemente negativa, non sul piano di rientro, ma sulla logica che l'accompagna, e sul differimento dei termini dell'intramoenia.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, anche io mi permetto di portare alla sua attenzione alcune riflessioni. I colleghi che mi hanno preceduta hanno già dettagliatamente analizzato l'impatto economico e finanziario di alcune norme e, quindi, anche della loro conseguente inefficacia ai fini degli obiettivi che, a parole, il Governo si pone con questo ulteriore provvedimento. Io mi mantengo su un piano di riflessione un po' più generale e comincio dall'articolo 2 del provvedimento, che porta un titolo promettente: «Disposizioni di salvaguardia degli equilibri di bilancio degli enti locali». Da ciò si potrebbe pensare di trovare, all'interno di questo decreto-legge, una qualche risposta alle tante drammatiche domande, che dopo l'approvazione della manovra economica di questa estate, gli enti territoriali si stanno ponendo.
Nel frattempo - il provvedimento era all'esame dell'Aula ad agosto - gli uffici finanziari dei comuni e gli amministratori locali hanno cominciato a predisporre i loro bilanci di previsione e a fare i conti rispetto agli assestamenti di bilancio che dovranno essere votati entro il 30 di questo mese. Purtroppo, gli allarmi lanciati allora stanno diventando molto più forti e pressanti di quanto qualcuno aveva già allora immaginato. Da questo punto di vista, si potrebbe pensare: finalmente l'articolo 2 se ne occuperà, risolverà qualcuno dei problemi aperti sul fronte della sostenibilità dei bilanci locali. In realtà, si mette qualche «pezza», ma i problemi non si risolvono affatto. Siamo ben fuori da un progetto di ampio respiro che dovrebbe - l'ho detto al Ministro Tremonti in sede di discussione della legge finanziaria - far tesoro di quello che accade anche in altri Paesi, dove gli enti locali vengono considerati una risorsa per lo Stato nell'attuale fase economica. Una risorsa alla quale destinare fondi aggiuntivi per poter attuare gli investimenti essenziali per il benessere dei territori e dei cittadini, per sopperire al disagio sociale che si sta manifestando, e che sempre più si manifesterà nel prossimo anno, considerato che siamo all'interno di una recessione che si aggraverà nel prossimo anno.
Sapendo che i comuni sono l'interfaccia della pubblica amministrazione con il cittadino, ebbene, anziché pensare ad un Pag. 119piano straordinario di pronto soccorso delle fasce sociali più disagiate mettendo in campo anche la risorsa costituita dagli enti locali, voi qui state, per così dire, a vedere se, raschiando il barile, riuscite a restituire una parte di quello che avete tolto con l'abolizione totale dell'ICI sulla prima casa. Naturalmente, i trasferimenti erariali non rimangono inalterati ma vengono addirittura ulteriormente compressi, e la manovra che viene richiesta agli enti locali presenta dei tagli draconiani che poi si rifletteranno nella riduzione dei servizi e anche degli investimenti, quindi con una contrazione sia della domanda di consumo sia di quel motore dell'economia che - come ha detto bene il collega Misiani - è il complesso degli enti locali (la più grande stazione appaltante del Paese). Tutto questo non lo considerate e vi limitate a stanziare, a titolo di regolazione contabile pregressa, 260 milioni di euro, mentendo a noi e a voi stessi (il Governo mente a se stesso), sostenendo che questo sia l'effettivo importo necessario al ristoro del mancato introito dell'ICI sulla prima casa che hanno avuto i comuni per effetto del decreto-legge n. 93 del 2008.
Mi ricordo bene che fu il Governo Prodi a realizzare per primo questo sconto sulla tassa sulla prima casa. Mi ricordo che allora, con altri colleghi, scrissi una lettera al Presidente del Consiglio Prodi e al viceministro Visco, chiedendo di non procedere ad un'operazione che, se era giusta nella sostanza (in quanto esonerava le fasce sociali con redditi al di sotto di una certa soglia dal pagamento dell'imposta sulla prima casa, che sappiamo essere frutto del lavoro e dei sacrifici dei cittadini), era però estremamente sbagliata nel metodo. Era sbagliata nel metodo perché l'ICI è la vera finanza locale. Possiamo dire che è l'unica vera finanza locale su cui si sostengono i comuni. Prima, il collega Bitonci, che è anche amministratore, diceva: deve arrivare il federalismo, vogliamo la compartecipazione, la compartecipazione che non è finanza derivata. Mi permetto di ricordare che la compartecipazione, che in una qualche misura è già in minima parte in atto, è finanza derivata, perché l'IRPEF la pagano i cittadini, viene raccolta a livello centrale, e poi viene ridistribuita agli enti locali attraverso la forma della compartecipazione. Questa è finanza derivata. Vera autonomia locale è il tributo che il comune incassa sul suo territorio e questa è l'ICI.
Tornando a ciò che dicevo, scrissi a Prodi e a Visco che andava bene abolire l'imposta, ma bisognava farlo con una modalità che rispettasse i criteri della finanza locale, e che non ci mettesse in una situazione - quella nella quale siamo - difficilissima da gestire, tanto più per il futuro. La modalità giusta era quella di una detrazione ai fini IRPEF, anche con la possibilità di una forma di esonero dal pagamento per i cittadini incapienti, che non possono ovviamente portare in detrazione sull'IRPEF l'imposta pagata sulla prima casa. In sede di abolizione totale dell'imposta - che tutto è meno che una misura che incentiva i consumi perché siete andati a togliere l'ICI alle fasce di contribuenti che di sicuro non ne avevano bisogno e che non hanno l'ansia di spendere in consumi quanto non hanno pagato per l'ICI sulla prima casa - avreste dovuto fare questa operazione almeno con una modalità giusta, che era questa: ogni cittadino si porta in detrazione dall'IRPEF l'integrale ammontare dell'imposta sulla prima casa versata al comune, e per i cittadini incapienti o si prevede il rimborso con un assegno a casa, oppure - meglio ancora - non gliela si fa pagare e si regola la relativa partita contabile tra comune e Stato.
Questo ci avrebbe evitato di approvare la norma incerta in esame e di approvarne un'altra probabilmente dopo che ad aprile avremo le certificazioni da parte dei comuni sul mancato introito effettivo. Ci saremmo così trovati nella situazione in cui lo Stato riduce le proprie tasse e non va a mettere le mani in tasca ai comuni: questa era l'operazione giusta da compiere, se si voleva togliere l'ICI sulla prima casa senza pregiudicare l'autonomia dei comuni.
Non l'abbiamo voluto fare, non l'avete voluto fare: la conseguenza è che oggi Pag. 120regoliamo solo provvisoriamente questa partita contabile, perché essa rimane tutta aperta; anche il servizio bilancio della Camera ha chiaramente detto che, con riferimento all'importo erogato agli enti locali a titolo di maggior compensazione finanziaria del minor gettito derivante dalla soppressione dell'ICI sulla prima casa, servirebbero ulteriori chiarimenti sia in merito ai criteri di quantificazione della somma, che non è giustificata così com'è calcolata (vi è stato un accordo con l'ANCI, ma non vuol dire che si sia individuata la cifra giusta), sia in merito alla sua natura di una tantum, perché, come ha detto chi mi ha preceduto, questi soldi sono stati trovati limitatamente al 2008; per gli anni a venire chi lo sa.
I comuni però dovrebbero adottare i bilanci di previsione per il 2009 entro il 31 dicembre 2008, e quindi dovrebbero quantificare nei loro bilanci quanta ICI pensano entrerà il prossimo anno nelle loro casse e, a fronte del mancato introito dell'ICI sulla prima casa, quanta presumibilmente gliene restituirà lo Stato a saldo il prossimo anno.
A ciò si aggiunge un'ulteriore difficoltà, ossia che non è stata da voi stabilita nel disegno di legge finanziaria la proroga del termine per l'approvazione dei bilanci di previsione dei comuni. Giacché la finanziaria entrerà in vigore dal 1o gennaio 2009 e giacché nella legge finanziaria, in itinere c'è una modifica del patto di stabilità, è chiaro che i comuni in questo momento, se dovessero approvare i bilanci di previsione entro il 31 dicembre 2008 (come dovrebbero fare non essendoci una proroga), dovrebbero farlo sulla base del patto di stabilità come approvato nella manovra estiva. Il che è assurdo, visto che è probabile che la modifica introdotta dalla Camera sia confermata. Pensa il Governo, vista tra l'altro questa difficoltà di regolazione delle partite contabili, di accordare una proroga? Magari se lo dicessimo o lo approvassimo per tempo in una qualche norma e rispettassimo un po' la programmazione degli enti locali soprattutto di quelli virtuosi, faremmo cosa buona, anche se non state restituendo loro tutto il dovuto.
Sempre in tema di scadenze contabili, il provvedimento in esame anticipa di ben due mesi, dal 30 giugno al 30 aprile, il rendiconto consuntivo dei comuni, anticipa di 30 giorni il conto del tesoriere, anticipa di due mesi, dal 30 giugno al 30 aprile, il rendiconto di gestione, anticipa di 30 giorni i conti degli agenti contabili interni. È possibile mai che si possa mettere in condizione chi deve fare una seria programmazione di non sapere, nell'imminenza di scadenze così importanti, in quali termini effettivamente riuscirà a compiere gli adempimenti? Vorrei ricordare che nel 2009 (lo dico perché il provvedimento sembra non si possa toccare, quindi mi auguro che quanto dico dia delle idee per un futuro prossimo, per qualche provvedimento - questo sì - necessario ed urgente come dovrebbe essere la decretazione d'urgenza) sono previste le elezioni europee, amministrative e forse anche un referendum, che richiedono l'impegno degli uffici comunali; a fine 2008 gli uffici finanziari sono impegnati nell'assestamento del bilancio, nella predisposizione del bilancio 2009, nella costante verifica, che sta diventando sempre più difficile, del rispetto dei limiti imposti dal patto di stabilità 2008, e sta diventando anche continuo il monitoraggio per cercare di rispettare il pareggio del bilancio.
Gli agenti contabili dovrebbero presentare, in questa situazione, il rendiconto entro il 31 gennaio 2009, compresi anche l'economo comunale e il tesoriere? Cambiare ora i tempi di programmazione comporta non poche difficoltà per gli enti locali, soprattutto quegli enti che hanno carenza di personale. Gli enti che definiamo virtuosi (non so se non sia meglio per loro cominciare a non definirsi tali, perché forse si hanno più vantaggi a non esserlo) sono quelli che hanno un rapporto dipendenti-popolazione che è molto più basso rispetto alla media relativa ai comuni della loro fascia demografica: sono proprio questi quelli che, avendo una spesa del personale più bassa, contenendo Pag. 121la spesa corrente, facendo investimenti, mettiamo in difficoltà sfornando norme come queste; tanto qui basta un funzionario che scrive una norma, è facile anticipare le date, qui si approva e poi i problemi sono di altri.
Questo è esattamente il modo di procedere opposto a quei principi di autonomia, di leale collaborazione e di federalismo che vengono tanto professati - non voglio dire propagandati - dall'attuale Governo. Io sono tra coloro che sostengono il federalismo e mi auguro che vi sia un momento forte di assunzione di autonomia e di responsabilità, ma ciò che vedo finora va esattamente nella direzione opposta.
È perfino troppo facile citare qui, come hanno fatto i miei colleghi, gli esempi dei comuni di Catania e di Roma. Vorrei sapere quali meriti hanno questi enti locali e i loro amministratori, quale virtuosità possano accampare per avere questi canali preferenziali, quando invece enti locali davvero virtuosi, che sono abituati a pesare 50 euro nelle spese quotidiane, non sanno invece come chiudere i bilanci. Se non vi ponete il problema adesso, ve lo dovrete porre il prossimo anno. Infatti, molti enti non riescono a pareggiare i bilanci o li pareggiano soltanto - e sono anche comuni amministrati da vostri amministratori - con tagli draconiani alla spesa corrente, quindi ai servizi, e con il rinvio sine die di importanti investimenti pubblici.
Penso alle speranze di chi mi ha preceduto, il collega della Lega Nord Bitonci, che diceva che ci stiamo arrivando, che il federalismo darà le risposte. Il problema è che non possiamo aspettare sette, otto o dieci anni per il federalismo annunciato e arrivarci morti: dobbiamo pensare a qualcosa subito, come per Catania e per Roma. Infatti i cittadini, che abitino in Lombardia, in Veneto, in Campania, in Trentino o in Sicilia, hanno tutti gli stessi diritti. La garanzia del livello delle prestazioni essenziali oggi è un problema anche di una parte del nord del Paese, non è un problema solo del sud del Paese.
A proposito del sud del Paese. Le risorse per Catania e per Roma si trovano decurtando il TAS, un fondo per la spesa «buona», ossia per investimenti, per l'infrastrutturazione delle aree sottosviluppate. Quei soldi dovrebbero essere preziosissimi, proprio per consentire al sud del Paese di attrezzarsi, di fare la sua parte per la crescita dell'Italia e di farla nell'interesse degli abitanti del sud del nostro Paese. Ebbene, quel fondo viene tagliato senza colpo ferire e quelle risorse vanno appunto a sostenere queste elargizioni generose a Roma e Catania; non solo, vi è anche l'autorizzazione a trasformare e ad utilizzare queste risorse per la spesa corrente, che di sicuro non è una spesa buona.
Quindi, fate due operazioni negative, estremamente negative, al punto che anche il servizio studi del bilancio si domanda e chiede - visto che le norme in esame stornano risorse da finalità di investimento infrastrutturale per destinarle alla copertura dei disavanzi anche di parte corrente - se forse questa norma non possa determinare un'accelerazione nell'erogazione, con riflessi negativi sull'indebitamento ed il fabbisogno. Quindi, anche qui non stiamo «mettendo una pezza», ma probabilmente stiamo cominciando ad aprire un nuovo buco.
Ancora, con riferimento all'ulteriore contributo annuo di 500 milioni di euro per Roma capitale, stabilito a decorrere dal 2010, ci si chiede da dove possano saltare fuori queste risorse. Il Governo sembra abbia detto che la norma ha una valenza meramente programmatica. Certo che prevedere in un decreto-legge, e quindi in uno strumento normativo che ha il carattere della necessità e dell'urgenza, una norma meramente programmatica, che ha valore dal 2010, mi pare francamente paradossale.
Allora, mi viene un dubbio: non è che per caso questi 500 milioni saranno poi compensati nell'ambito delle risorse attribuite complessivamente alle autonomie territoriali, che pagheranno ancora una volta la generosità di questo Governo nei Pag. 122confronti di amministratori locali che partecipano alla componente politica del Governo stesso?
Sempre per parlare della libera fantasia con cui il Governo interpreta il federalismo, vi è un altro esempio all'articolo 2-ter: la compartecipazione all'IVA sui carburanti. Si tratta di una norma che è stata introdotta al Senato con la finalità di ridurre la concorrenza tra le rivendite di benzina e gasolio per autotrazioni situate nel territorio elvetico e quelle collocate nelle regioni italiane che confinano con la Svizzera. Si prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2009, una quota aggiuntiva di compartecipazione all'IVA destinata a queste regioni che, a loro volta, attingendo a questo stanziamento, potranno disporre una riduzione del prezzo del gasolio e delle benzine per autotrazione ai cittadini che risiedono nella regione. Il limite di spesa per tale agevolazione viene stabilito in 20 milioni di euro.
Anche in questo caso, il servizio studi rileva che non è dimostrata la congruità di questo limite di spesa annuale, tanto più che esso non sconta il fatto che questa agevolazione, per come è scritta la norma, si applica anche alle regioni a statuto speciale (Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige). Si rileva, altresì, il rischio che possa essere attribuita una compartecipazione annua al gettito dell'IVA superiore al limite di spesa così fissato, con la conseguenza che la rideterminazione di questa quota, poi, avverrà in sede di conguaglio nell'anno successivo, con possibili conseguenti squilibri nel primo anno di applicazione dell'agevolazione.
Anche in questo caso, che senso ha una norma - non ditemi che è una norma per lo sviluppo - che stanzia 20 milioni di euro per quattro regioni? Penso che, nella mente dei proponenti, Piemonte e Lombardia fossero le regioni cui era destinato il beneficio, ma evidentemente, è sfuggito qualcosa che ha portato ad inserire anche le regioni Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige tra le fortunate.
È noto che se vi è un nodo da toccare tra quelli relativi al federalismo vero da attuare (tema che il disegno di legge di delega in materia di federalismo fiscale non tocca), è quello della sperequazione tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario. Evidentemente per coerenza con il disegno di legge di delega di attuazione del federalismo fiscale, anche in questo caso, non si distingue e si stanziano i 20 milioni di euro per tutte le regioni summenzionate. Tuttavia, i proponenti di questo emendamento, poi diventato norma, evidentemente, si sono dimenticati di un'altra regione, che qualche disagio lo patisce: il Veneto. È noto che nella legge approvata nel 2007 dal Governo Prodi, era stato istituito un fondo per il sostegno alle aree di confine, per venire in particolare incontro al disagio di comuni che si trovano in regioni a statuto ordinario che confinano con almeno due regioni a statuto speciale. Io sono tra coloro che pensano che non è così che si risolvono in modo efficace i problemi del Paese, perché se poi il comune di confine ha qualcosa, vi è il comune di confine al comune di confine a cui bisognerebbe pensare.
Ma detto questo, se si inserisce una agevolazione come questa (cioè la compartecipazione all'IVA sui carburanti) per dare un contentino ad una parte politica della maggioranza, a fronte delle regalie fatte a Catania e a Roma, non ci si dimentichi del Veneto. E se ciò accade, si ponga rimedio, magari inserendo 20 milioni di euro anche nel suddetto fondo per le aree di confine. Su questo sono stati presentati emendamenti in modo bipartisan dal centrosinistra e dal centrodestra, sui quali vi è stato un completo, assoluto e categorico «no» da parte del Governo riflesso nella inammissibilità dichiarata dalla presidenza della V Commissione (sempre perché stiamo approvando le norme migliori del mondo).
Credo che quanto detto sino a qui dia il senso del federalismo che si attua giorno per giorno nei provvedimenti del Governo, che è ben altra cosa rispetto al federalismo che si dice che si vuole e che - forse - verrà. Da questo punto di vista, mi auguro di vedere qualcosa nei prossimi provvedimenti del Governo, a partire dal decreto-legge Pag. 123annunciato per lo sviluppo. E se il Governo non lo farà, vi sarà comunque costretto, poiché, a fronte delle conseguenze della recessione sui territori, non potrà non assumere dei provvedimenti - questi sì, necessari ed urgenti - sin dal 2009 (se non lo farà prima), per porre rimedio alle misure sin qui del tutto inadeguate che sono state assunte.
Sempre in tema di enti locali, mi permetto di dare un altro suggerimento alla maggioranza, anche perché so che sia il rappresentante del Governo qui presente, sia i parlamentari della maggioranza, sono persone di buonsenso e capaci, che lavorano con spirito di servizio.
Dal momento che ieri in Aula abbiamo ascoltato il sottosegretario Bertolaso riguardo alla situazione degli edifici scolastici del Paese, che ci è stata prospettata una situazione nella quale sono oltre 50 mila gli edifici da mettere a norma e che sono circa 13 miliardi di euro le risorse che sarebbero necessarie, mi permetto di dire - poiché mi rendo conto della difficoltà di reperire risorse - che ci sarebbe qualcosa di molto semplice da fare subito. Lo avevo già proposto con alcuni presentati alla manovra di finanza pubblica estiva, nonché in un ordine del giorno che allora non sono stati accolti. Può darsi che dopo la tragedia verificatasi a Rivoli possa esserci un ripensamento. Si tratta di prendere atto dell'emergenza sicurezza negli edifici scolastici del Paese approvando una norma conseguente: consentire a regioni, province ed enti locali di poter spendere le risorse che hanno quando si tratta di mettere a norma gli edifici scolastici. È semplicissimo: basta escludere dal saldo finanziario ai fini del Patto di stabilità le spese per investimenti e i conseguenti pagamenti che sono necessari alla messa in sicurezza e all'adeguamento degli edifici scolastici alla legge n. 626 del 1994.
Non si risolverebbero certo tutti i problemi, ma almeno i comuni e le province che lo hanno fatto, in primo luogo non saranno puniti per lo sforamento dal Patto. Il tema è proprio questo: ci sono enti locali che hanno fatto questi investimenti, ritenendoli prioritari, ma per questo sforeranno il Patto con la conseguenza di subire le sanzioni stabilite ad agosto, perché hanno fatto «troppo» sul fronte della sicurezza scolastica. Io credo sia possibile adottare questa semplice norma: non ci si dica che c'è il Patto di stabilità, perché è veramente questa una questione di emergenza. In ogni caso credo che quello che accade e che si dice Europa in ordine alla flessibilità sull'applicazione del Patto consenta al Governo di assumere questa semplice ed importante decisione che non chiede di stanziare risorse, ma di lasciare che chi le ha le spenda per la salvaguardia dell'incolumità fisica dei nostri ragazzi e dei nostri insegnanti.
Infine, spendo due parole sulla questione degli accorpamenti scolastici. La dimensione ridotta dei plessi scolastici e la necessità di razionalizzare la rete è stata oggetto di un'approfondita riflessione (sarebbe molto utile che il Governo la leggesse e ne facesse tesoro) nell'ambito del lavoro della Commissione tecnica per la revisione della spesa pubblica, che ha consegnato il suo rapporto nel giugno 2008. Ci sono degli appositi paragrafi dedicati a questo tema, nei quali si conferma la necessità di ridisegnare una distribuzione dei plessi più efficiente, per rispondere sia all'esigenza di universalità del servizio sul territorio, sia anche alla necessità di eliminare o accorpare i plessi che presentano un numero particolarmente basso di studenti per classe, non solo allo scopo di ridurre la spesa, ma anche di migliorare la qualità del servizio. È infatti chiaro che i plessi marginali spesso non hanno una dimensione sufficiente per offrire servizi adeguati.
Il problema è: come farlo? A mio avviso, occorrerebbe innanzitutto riservare una particolare attenzione - come indica e consiglia la menzionata relazione - alla dimensione media dei plessi scolastici, guardare al numero delle classi, non per plesso, e non solo al numero degli alunni.
Si tratta dunque di un dato di fatto: occorre razionalizzare la rete scolastica, è vero. Già nel 1998 era stato avviato un percorso di questo tipo. Tra il 2000 ed il 2001 si era conclusa una parte di questa Pag. 124riorganizzazione che atteneva più alle istituzioni scolastiche che non ai plessi. Ma il tema è: come fare? Sto vedendo ciò che sta accadendo sul territorio. Non si può scrivere una norma che va bene per tutti: è il contrario dei princìpi del federalismo. Non si può scrivere una norma che prescinda dal fatto che alcune regioni, a differenza di altre, abbiano già raggiunto, nel rapporto insegnanti-alunni, i livelli della media europea, ed altre no. Non si può non tener conto della circostanza che ci sono scuole, istituti, plessi che magari hanno - faccio un esempio - 470 alunni in questo momento e che, per la forte crescita demografica legata all'immigrazione o ad altre cause, nel giro di uno o due anni scolastici supereranno il limite previsto delle 500 unità di bambini. Accorpare, in questi casi, significa sconvolgere comunità che non vi è la necessità di toccare, perché il problema non c'è: così, infatti, non si fa alcun risparmio.
Tra le raccomandazioni della citata Commissione tecnica si scriveva esattamente questo, e mi permetto di darne lettura perché, come dire, siccome abbiamo tutti poco tempo, magari se qualcuno ce lo legge, vi prestiamo un po' di attenzione.
SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, anche io mi permetto di portare alla sua attenzione alcune riflessioni. I colleghi che mi hanno preceduta hanno già dettagliatamente analizzato l'impatto economico e finanziario di alcune norme e, quindi, anche della loro conseguente inefficacia ai fini degli obiettivi che, a parole, il Governo si pone con questo ulteriore provvedimento. Io mi mantengo su un piano di riflessione un po' più generale e comincio dall'articolo 2 del provvedimento, che porta un titolo promettente: «Disposizioni di salvaguardia degli equilibri di bilancio degli enti locali». Da ciò si potrebbe pensare di trovare, all'interno di questo decreto-legge, una qualche risposta alle tante drammatiche domande, che dopo l'approvazione della manovra economica di questa estate, gli enti territoriali si stanno ponendo.
Nel frattempo - il provvedimento era all'esame dell'Aula ad agosto - gli uffici finanziari dei comuni e gli amministratori locali hanno cominciato a predisporre i loro bilanci di previsione e a fare i conti rispetto agli assestamenti di bilancio che dovranno essere votati entro il 30 di questo mese. Purtroppo, gli allarmi lanciati allora stanno diventando molto più forti e pressanti di quanto qualcuno aveva già allora immaginato. Da questo punto di vista, si potrebbe pensare: finalmente l'articolo 2 se ne occuperà, risolverà qualcuno dei problemi aperti sul fronte della sostenibilità dei bilanci locali. In realtà, si mette qualche «pezza», ma i problemi non si risolvono affatto. Siamo ben fuori da un progetto di ampio respiro che dovrebbe - l'ho detto al Ministro Tremonti in sede di discussione della legge finanziaria - far tesoro di quello che accade anche in altri Paesi, dove gli enti locali vengono considerati una risorsa per lo Stato nell'attuale fase economica. Una risorsa alla quale destinare fondi aggiuntivi per poter attuare gli investimenti essenziali per il benessere dei territori e dei cittadini, per sopperire al disagio sociale che si sta manifestando, e che sempre più si manifesterà nel prossimo anno, considerato che siamo all'interno di una recessione che si aggraverà nel prossimo anno.
Sapendo che i comuni sono l'interfaccia della pubblica amministrazione con il cittadino, ebbene, anziché pensare ad un Pag. 119piano straordinario di pronto soccorso delle fasce sociali più disagiate mettendo in campo anche la risorsa costituita dagli enti locali, voi qui state, per così dire, a vedere se, raschiando il barile, riuscite a restituire una parte di quello che avete tolto con l'abolizione totale dell'ICI sulla prima casa. Naturalmente, i trasferimenti erariali non rimangono inalterati ma vengono addirittura ulteriormente compressi, e la manovra che viene richiesta agli enti locali presenta dei tagli draconiani che poi si rifletteranno nella riduzione dei servizi e anche degli investimenti, quindi con una contrazione sia della domanda di consumo sia di quel motore dell'economia che - come ha detto bene il collega Misiani - è il complesso degli enti locali (la più grande stazione appaltante del Paese). Tutto questo non lo considerate e vi limitate a stanziare, a titolo di regolazione contabile pregressa, 260 milioni di euro, mentendo a noi e a voi stessi (il Governo mente a se stesso), sostenendo che questo sia l'effettivo importo necessario al ristoro del mancato introito dell'ICI sulla prima casa che hanno avuto i comuni per effetto del decreto-legge n. 93 del 2008.
Mi ricordo bene che fu il Governo Prodi a realizzare per primo questo sconto sulla tassa sulla prima casa. Mi ricordo che allora, con altri colleghi, scrissi una lettera al Presidente del Consiglio Prodi e al viceministro Visco, chiedendo di non procedere ad un'operazione che, se era giusta nella sostanza (in quanto esonerava le fasce sociali con redditi al di sotto di una certa soglia dal pagamento dell'imposta sulla prima casa, che sappiamo essere frutto del lavoro e dei sacrifici dei cittadini), era però estremamente sbagliata nel metodo. Era sbagliata nel metodo perché l'ICI è la vera finanza locale. Possiamo dire che è l'unica vera finanza locale su cui si sostengono i comuni. Prima, il collega Bitonci, che è anche amministratore, diceva: deve arrivare il federalismo, vogliamo la compartecipazione, la compartecipazione che non è finanza derivata. Mi permetto di ricordare che la compartecipazione, che in una qualche misura è già in minima parte in atto, è finanza derivata, perché l'IRPEF la pagano i cittadini, viene raccolta a livello centrale, e poi viene ridistribuita agli enti locali attraverso la forma della compartecipazione. Questa è finanza derivata. Vera autonomia locale è il tributo che il comune incassa sul suo territorio e questa è l'ICI.
Tornando a ciò che dicevo, scrissi a Prodi e a Visco che andava bene abolire l'imposta, ma bisognava farlo con una modalità che rispettasse i criteri della finanza locale, e che non ci mettesse in una situazione - quella nella quale siamo - difficilissima da gestire, tanto più per il futuro. La modalità giusta era quella di una detrazione ai fini IRPEF, anche con la possibilità di una forma di esonero dal pagamento per i cittadini incapienti, che non possono ovviamente portare in detrazione sull'IRPEF l'imposta pagata sulla prima casa. In sede di abolizione totale dell'imposta - che tutto è meno che una misura che incentiva i consumi perché siete andati a togliere l'ICI alle fasce di contribuenti che di sicuro non ne avevano bisogno e che non hanno l'ansia di spendere in consumi quanto non hanno pagato per l'ICI sulla prima casa - avreste dovuto fare questa operazione almeno con una modalità giusta, che era questa: ogni cittadino si porta in detrazione dall'IRPEF l'integrale ammontare dell'imposta sulla prima casa versata al comune, e per i cittadini incapienti o si prevede il rimborso con un assegno a casa, oppure - meglio ancora - non gliela si fa pagare e si regola la relativa partita contabile tra comune e Stato.
Questo ci avrebbe evitato di approvare la norma incerta in esame e di approvarne un'altra probabilmente dopo che ad aprile avremo le certificazioni da parte dei comuni sul mancato introito effettivo. Ci saremmo così trovati nella situazione in cui lo Stato riduce le proprie tasse e non va a mettere le mani in tasca ai comuni: questa era l'operazione giusta da compiere, se si voleva togliere l'ICI sulla prima casa senza pregiudicare l'autonomia dei comuni.
Non l'abbiamo voluto fare, non l'avete voluto fare: la conseguenza è che oggi Pag. 120regoliamo solo provvisoriamente questa partita contabile, perché essa rimane tutta aperta; anche il servizio bilancio della Camera ha chiaramente detto che, con riferimento all'importo erogato agli enti locali a titolo di maggior compensazione finanziaria del minor gettito derivante dalla soppressione dell'ICI sulla prima casa, servirebbero ulteriori chiarimenti sia in merito ai criteri di quantificazione della somma, che non è giustificata così com'è calcolata (vi è stato un accordo con l'ANCI, ma non vuol dire che si sia individuata la cifra giusta), sia in merito alla sua natura di una tantum, perché, come ha detto chi mi ha preceduto, questi soldi sono stati trovati limitatamente al 2008; per gli anni a venire chi lo sa.
I comuni però dovrebbero adottare i bilanci di previsione per il 2009 entro il 31 dicembre 2008, e quindi dovrebbero quantificare nei loro bilanci quanta ICI pensano entrerà il prossimo anno nelle loro casse e, a fronte del mancato introito dell'ICI sulla prima casa, quanta presumibilmente gliene restituirà lo Stato a saldo il prossimo anno.
A ciò si aggiunge un'ulteriore difficoltà, ossia che non è stata da voi stabilita nel disegno di legge finanziaria la proroga del termine per l'approvazione dei bilanci di previsione dei comuni. Giacché la finanziaria entrerà in vigore dal 1o gennaio 2009 e giacché nella legge finanziaria, in itinere c'è una modifica del patto di stabilità, è chiaro che i comuni in questo momento, se dovessero approvare i bilanci di previsione entro il 31 dicembre 2008 (come dovrebbero fare non essendoci una proroga), dovrebbero farlo sulla base del patto di stabilità come approvato nella manovra estiva. Il che è assurdo, visto che è probabile che la modifica introdotta dalla Camera sia confermata. Pensa il Governo, vista tra l'altro questa difficoltà di regolazione delle partite contabili, di accordare una proroga? Magari se lo dicessimo o lo approvassimo per tempo in una qualche norma e rispettassimo un po' la programmazione degli enti locali soprattutto di quelli virtuosi, faremmo cosa buona, anche se non state restituendo loro tutto il dovuto.
Sempre in tema di scadenze contabili, il provvedimento in esame anticipa di ben due mesi, dal 30 giugno al 30 aprile, il rendiconto consuntivo dei comuni, anticipa di 30 giorni il conto del tesoriere, anticipa di due mesi, dal 30 giugno al 30 aprile, il rendiconto di gestione, anticipa di 30 giorni i conti degli agenti contabili interni. È possibile mai che si possa mettere in condizione chi deve fare una seria programmazione di non sapere, nell'imminenza di scadenze così importanti, in quali termini effettivamente riuscirà a compiere gli adempimenti? Vorrei ricordare che nel 2009 (lo dico perché il provvedimento sembra non si possa toccare, quindi mi auguro che quanto dico dia delle idee per un futuro prossimo, per qualche provvedimento - questo sì - necessario ed urgente come dovrebbe essere la decretazione d'urgenza) sono previste le elezioni europee, amministrative e forse anche un referendum, che richiedono l'impegno degli uffici comunali; a fine 2008 gli uffici finanziari sono impegnati nell'assestamento del bilancio, nella predisposizione del bilancio 2009, nella costante verifica, che sta diventando sempre più difficile, del rispetto dei limiti imposti dal patto di stabilità 2008, e sta diventando anche continuo il monitoraggio per cercare di rispettare il pareggio del bilancio.
Gli agenti contabili dovrebbero presentare, in questa situazione, il rendiconto entro il 31 gennaio 2009, compresi anche l'economo comunale e il tesoriere? Cambiare ora i tempi di programmazione comporta non poche difficoltà per gli enti locali, soprattutto quegli enti che hanno carenza di personale. Gli enti che definiamo virtuosi (non so se non sia meglio per loro cominciare a non definirsi tali, perché forse si hanno più vantaggi a non esserlo) sono quelli che hanno un rapporto dipendenti-popolazione che è molto più basso rispetto alla media relativa ai comuni della loro fascia demografica: sono proprio questi quelli che, avendo una spesa del personale più bassa, contenendo Pag. 121la spesa corrente, facendo investimenti, mettiamo in difficoltà sfornando norme come queste; tanto qui basta un funzionario che scrive una norma, è facile anticipare le date, qui si approva e poi i problemi sono di altri.
Questo è esattamente il modo di procedere opposto a quei principi di autonomia, di leale collaborazione e di federalismo che vengono tanto professati - non voglio dire propagandati - dall'attuale Governo. Io sono tra coloro che sostengono il federalismo e mi auguro che vi sia un momento forte di assunzione di autonomia e di responsabilità, ma ciò che vedo finora va esattamente nella direzione opposta.
È perfino troppo facile citare qui, come hanno fatto i miei colleghi, gli esempi dei comuni di Catania e di Roma. Vorrei sapere quali meriti hanno questi enti locali e i loro amministratori, quale virtuosità possano accampare per avere questi canali preferenziali, quando invece enti locali davvero virtuosi, che sono abituati a pesare 50 euro nelle spese quotidiane, non sanno invece come chiudere i bilanci. Se non vi ponete il problema adesso, ve lo dovrete porre il prossimo anno. Infatti, molti enti non riescono a pareggiare i bilanci o li pareggiano soltanto - e sono anche comuni amministrati da vostri amministratori - con tagli draconiani alla spesa corrente, quindi ai servizi, e con il rinvio sine die di importanti investimenti pubblici.
Penso alle speranze di chi mi ha preceduto, il collega della Lega Nord Bitonci, che diceva che ci stiamo arrivando, che il federalismo darà le risposte. Il problema è che non possiamo aspettare sette, otto o dieci anni per il federalismo annunciato e arrivarci morti: dobbiamo pensare a qualcosa subito, come per Catania e per Roma. Infatti i cittadini, che abitino in Lombardia, in Veneto, in Campania, in Trentino o in Sicilia, hanno tutti gli stessi diritti. La garanzia del livello delle prestazioni essenziali oggi è un problema anche di una parte del nord del Paese, non è un problema solo del sud del Paese.
A proposito del sud del Paese. Le risorse per Catania e per Roma si trovano decurtando il FAS, un fondo per la spesa «buona», ossia per investimenti, per l'infrastrutturazione delle aree sottosviluppate. Quei soldi dovrebbero essere preziosissimi, proprio per consentire al sud del Paese di attrezzarsi, di fare la sua parte per la crescita dell'Italia e di farla nell'interesse degli abitanti del sud del nostro Paese. Ebbene, quel fondo viene tagliato senza colpo ferire e quelle risorse vanno appunto a sostenere queste elargizioni generose a Roma e Catania; non solo, vi è anche l'autorizzazione a trasformare e ad utilizzare queste risorse per la spesa corrente, che di sicuro non è una spesa buona.
Quindi, fate due operazioni negative, estremamente negative, al punto che anche il servizio studi del bilancio si domanda e chiede - visto che le norme in esame stornano risorse da finalità di investimento infrastrutturale per destinarle alla copertura dei disavanzi anche di parte corrente - se forse questa norma non possa determinare un'accelerazione nell'erogazione, con riflessi negativi sull'indebitamento ed il fabbisogno. Quindi, anche qui non stiamo «mettendo una pezza», ma probabilmente stiamo cominciando ad aprire un nuovo buco.
Ancora, con riferimento all'ulteriore contributo annuo di 500 milioni di euro per Roma capitale, stabilito a decorrere dal 2010, ci si chiede da dove possano saltare fuori queste risorse. Il Governo sembra abbia detto che la norma ha una valenza meramente programmatica. Certo che prevedere in un decreto-legge, e quindi in uno strumento normativo che ha il carattere della necessità e dell'urgenza, una norma meramente programmatica, che ha valore dal 2010, mi pare francamente paradossale.
Allora, mi viene un dubbio: non è che per caso questi 500 milioni saranno poi compensati nell'ambito delle risorse attribuite complessivamente alle autonomie territoriali, che pagheranno ancora una volta la generosità di questo Governo nei Pag. 122confronti di amministratori locali che partecipano alla componente politica del Governo stesso?
Sempre per parlare della libera fantasia con cui il Governo interpreta il federalismo, vi è un altro esempio all'articolo 2-ter: la compartecipazione all'IVA sui carburanti. Si tratta di una norma che è stata introdotta al Senato con la finalità di ridurre la concorrenza tra le rivendite di benzina e gasolio per autotrazioni situate nel territorio elvetico e quelle collocate nelle regioni italiane che confinano con la Svizzera. Si prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2009, una quota aggiuntiva di compartecipazione all'IVA destinata a queste regioni che, a loro volta, attingendo a questo stanziamento, potranno disporre una riduzione del prezzo del gasolio e delle benzine per autotrazione ai cittadini che risiedono nella regione. Il limite di spesa per tale agevolazione viene stabilito in 20 milioni di euro.
Anche in questo caso, il servizio studi rileva che non è dimostrata la congruità di questo limite di spesa annuale, tanto più che esso non sconta il fatto che questa agevolazione, per come è scritta la norma, si applica anche alle regioni a statuto speciale (Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige). Si rileva, altresì, il rischio che possa essere attribuita una compartecipazione annua al gettito dell'IVA superiore al limite di spesa così fissato, con la conseguenza che la rideterminazione di questa quota, poi, avverrà in sede di conguaglio nell'anno successivo, con possibili conseguenti squilibri nel primo anno di applicazione dell'agevolazione.
Anche in questo caso, che senso ha una norma - non ditemi che è una norma per lo sviluppo - che stanzia 20 milioni di euro per quattro regioni? Penso che, nella mente dei proponenti, Piemonte e Lombardia fossero le regioni cui era destinato il beneficio, ma evidentemente, è sfuggito qualcosa che ha portato ad inserire anche le regioni Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige tra le fortunate.
È noto che se vi è un nodo da toccare tra quelli relativi al federalismo vero da attuare (tema che il disegno di legge di delega in materia di federalismo fiscale non tocca), è quello della sperequazione tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario. Evidentemente per coerenza con il disegno di legge di delega di attuazione del federalismo fiscale, anche in questo caso, non si distingue e si stanziano i 20 milioni di euro per tutte le regioni summenzionate. Tuttavia, i proponenti di questo emendamento, poi diventato norma, evidentemente, si sono dimenticati di un'altra regione, che qualche disagio lo patisce: il Veneto. È noto che nella legge finanziaria approvata nel 2007 dal Governo Prodi, era stato istituito un fondo per il sostegno alle aree di confine, per venire in particolare incontro al disagio di comuni che si trovano in regioni a statuto ordinario che confinano con almeno due regioni a statuto speciale. Io sono tra coloro che pensano che non è così che si risolvono in modo efficace i problemi del Paese, perché se poi il comune di confine ha qualcosa, vi è il comune di confine al comune di confine a cui bisognerebbe pensare.
Ma detto questo, se si inserisce una agevolazione come questa (cioè la compartecipazione all'IVA sui carburanti) per dare un contentino ad una parte politica della maggioranza, a fronte delle regalie fatte a Catania e a Roma, non ci si dimentichi del Veneto. E se ciò accade, si ponga rimedio, magari inserendo 20 milioni di euro anche nel suddetto fondo per le aree di confine. Su questo sono stati presentati emendamenti in modo bipartisan dal centrosinistra e dal centrodestra, sui quali vi è stato un completo, assoluto e categorico «no» da parte del Governo riflesso nella inammissibilità dichiarata dalla presidenza della V Commissione (sempre perché stiamo approvando le norme migliori del mondo).
Credo che quanto detto sino a qui dia il senso del federalismo che si attua giorno per giorno nei provvedimenti del Governo, che è ben altra cosa rispetto al federalismo che si dice che si vuole e che - forse - verrà. Da questo punto di vista, mi auguro di vedere qualcosa nei prossimi provvedimenti del Governo, a partire dal decreto-legge Pag. 123annunciato per lo sviluppo. E se il Governo non lo farà, vi sarà comunque costretto, poiché, a fronte delle conseguenze della recessione sui territori, non potrà non assumere dei provvedimenti - questi sì, necessari ed urgenti - sin dal 2009 (se non lo farà prima), per porre rimedio alle misure sin qui del tutto inadeguate che sono state assunte.
Sempre in tema di enti locali, mi permetto di dare un altro suggerimento alla maggioranza, anche perché so che sia il rappresentante del Governo qui presente, sia i parlamentari della maggioranza, sono persone di buonsenso e capaci, che lavorano con spirito di servizio.
Dal momento che ieri in Aula abbiamo ascoltato il sottosegretario Bertolaso riguardo alla situazione degli edifici scolastici del Paese, che ci è stata prospettata una situazione nella quale sono oltre 50 mila gli edifici da mettere a norma e che sono circa 13 miliardi di euro le risorse che sarebbero necessarie, mi permetto di dire - poiché mi rendo conto della difficoltà di reperire risorse - che ci sarebbe qualcosa di molto semplice da fare subito. Lo avevo già proposto con alcuni emendamenti presentati alla manovra di finanza pubblica estiva, nonché in un ordine del giorno che allora non sono stati accolti. Può darsi che dopo la tragedia verificatasi a Rivoli possa esserci un ripensamento. Si tratta di prendere atto dell'emergenza sicurezza negli edifici scolastici del Paese approvando una norma conseguente: consentire a regioni, province ed enti locali di poter spendere le risorse che hanno quando si tratta di mettere a norma gli edifici scolastici. È semplicissimo: basta escludere dal saldo finanziario ai fini del Patto di stabilità le spese per investimenti e i conseguenti pagamenti che sono necessari alla messa in sicurezza e all'adeguamento degli edifici scolastici alla legge n. 626 del 1994.
Non si risolverebbero certo tutti i problemi, ma almeno i comuni e le province che lo hanno fatto, in primo luogo non saranno puniti per lo sforamento dal Patto. Il tema è proprio questo: ci sono enti locali che hanno fatto questi investimenti, ritenendoli prioritari, ma per questo sforeranno il Patto con la conseguenza di subire le sanzioni stabilite ad agosto, perché hanno fatto «troppo» sul fronte della sicurezza scolastica. Io credo sia possibile adottare questa semplice norma: non ci si dica che c'è il Patto di stabilità, perché è veramente questa una questione di emergenza. In ogni caso credo che quello che accade e che si dice Europa in ordine alla flessibilità sull'applicazione del Patto consenta al Governo di assumere questa semplice ed importante decisione che non chiede di stanziare risorse, ma di lasciare che chi le ha le spenda per la salvaguardia dell'incolumità fisica dei nostri ragazzi e dei nostri insegnanti.
Infine, spendo due parole sulla questione degli accorpamenti scolastici. La dimensione ridotta dei plessi scolastici e la necessità di razionalizzare la rete è stata oggetto di un'approfondita riflessione (sarebbe molto utile che il Governo la leggesse e ne facesse tesoro) nell'ambito del lavoro della Commissione tecnica per la revisione della spesa pubblica, che ha consegnato il suo rapporto nel giugno 2008. Ci sono degli appositi paragrafi dedicati a questo tema, nei quali si conferma la necessità di ridisegnare una distribuzione dei plessi più efficiente, per rispondere sia all'esigenza di universalità del servizio sul territorio, sia anche alla necessità di eliminare o accorpare i plessi che presentano un numero particolarmente basso di studenti per classe, non solo allo scopo di ridurre la spesa, ma anche di migliorare la qualità del servizio. È infatti chiaro che i plessi marginali spesso non hanno una dimensione sufficiente per offrire servizi adeguati.
Il problema è: come farlo? A mio avviso, occorrerebbe innanzitutto riservare una particolare attenzione - come indica e consiglia la menzionata relazione - alla dimensione media dei plessi scolastici, guardare al numero delle classi, non per plesso, e non solo al numero degli alunni.
Si tratta dunque di un dato di fatto: occorre razionalizzare la rete scolastica, è vero. Già nel 1998 era stato avviato un percorso di questo tipo. Tra il 2000 ed il 2001 si era conclusa una parte di questa Pag. 124riorganizzazione che atteneva più alle istituzioni scolastiche che non ai plessi. Ma il tema è: come fare? Sto vedendo ciò che sta accadendo sul territorio. Non si può scrivere una norma che va bene per tutti: è il contrario dei princìpi del federalismo. Non si può scrivere una norma che prescinda dal fatto che alcune regioni, a differenza di altre, abbiano già raggiunto, nel rapporto insegnanti-alunni, i livelli della media europea, ed altre no. Non si può non tener conto della circostanza che ci sono scuole, istituti, plessi che magari hanno - faccio un esempio - 470 alunni in questo momento e che, per la forte crescita demografica legata all'immigrazione o ad altre cause, nel giro di uno o due anni scolastici supereranno il limite previsto delle 500 unità di bambini. Accorpare, in questi casi, significa sconvolgere comunità che non vi è la necessità di toccare, perché il problema non c'è: così, infatti, non si fa alcun risparmio.
Tra le raccomandazioni della citata Commissione tecnica si scriveva esattamente questo, e mi permetto di darne lettura perché, come dire, siccome abbiamo tutti poco tempo, magari se qualcuno ce lo legge, vi prestiamo un po' di attenzione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SIMONETTA RUBINATO. Mi avvio alla conclusione, Presidente. Una delle raccomandazioni era questa: «Ci vuole uno studio che, utilizzando le informazioni esistenti sulle caratteristiche e le condizioni degli edifici scolastici e le previsioni relative alla popolazione scolastica, per un arco temporale di almeno cinque anni, individui plessi che potrebbero essere accorpati in collaborazione con gli enti locali e le regioni sulla base di questi criteri: in primo luogo, riferimento a bacini di utenza potenziali, costruiti per ciascun plesso sulla base dei tempi massimi di spostamento degli utenti che ne garantiscano l'accessibilità; in secondo luogo, il riscontro dell'effettiva possibilità di conseguire una riduzione del numero delle classi e, quindi, della spesa dall'accorpamento dei plessi». Infatti, accorpare senza conseguire risparmi di spesa è un grave errore, che va inutilmente a rompere equilibri consolidati. Si tratta di comunità e famiglie che si ritrovano e si riuniscono intorno alle scuole perché le considerano un elemento importante (forse quello più importante) su cui investire per il loro futuro.
Con questa considerazione termino davvero il mio intervento, signor Presidente, ringraziandola per il tempo che mi è stato concesso e anche per l'attenzione che mi è stata prestata. Mi auguro che il mio intervento possa essere inteso non semplicemente, come soltanto una sottolineatura di quelle che ritengo siano scelte sbagliate, ma che sia anche preso in considerazione da chi ha la responsabilità di governare il Paese, in questo momento, per essere tradotto in norme nell'interesse generale del Paese e, quindi, anche da chi attualmente ha la responsabilità di governarlo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capodicasa. Ne ha facoltà.

ANGELO CAPODICASA. Signor Presidente, mi chiedo quale valore e quale utilità abbia questa discussione che stiamo svolgendo non tanto per l'ora tarda, ovviamente, perché rimane tutto agli atti quanto...

PRESIDENTE. Dobbiamo aver fiducia, onorevole.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. La fiducia ci sarà. Stia tranquilla, signor Presidente!

ANGELO CAPODICASA. Un po' di ottimismo, dice qualcuno. Signor Presidente, facevo riferimento anche alla battuta che adesso ha fatto il presidente della V Commissione. Ci sarà la fiducia? Molto probabilmente la fiducia non l'abbiamo noi, ma la chiederà il Governo. Ormai, con questo andazzo che si trascina da alcuni mesi, non vi è molto spazio per l'intervento del Parlamento e dei singoli parlamentari Pag. 125né per le istanze parlamentari quali quelle della Commissione che è stata, di fatto, esautorata delle proprie funzioni.
È già la seconda volta che ciò succede, ossia che il gruppo del Partito Democratico e tutta l'opposizione abbandona l'Aula nel corso della seduta. La prima volta si è verificata in una circostanza clamorosa: la discussione della legge finanziaria. Addirittura parlamentari più anziani di me mi dicono che, a loro memoria, non si ricordavano un fatto di questo genere compiuto da un gruppo parlamentare. Anche ieri e l'altro ieri, durante la riunione della Commissione, allorché si è verificata la indisponibilità della maggioranza e del Governo ad entrare nel merito delle norme, anche in quel caso si è detto: «Allora, fate voi!»
Anche in questa circostanza, considerato che l'atteggiamento della maggioranza e del Governo non è ancora mutato e che, anzi, si preannuncia già la posizione della questione di fiducia sul provvedimento, assume un valore molto relativo e quasi ad onore di firma intervenire, discutere, affannarsi a presentare emendamenti e ordini del giorno. Infatti, sappiamo che non si potrà modificare neanche una virgola di questo provvedimento, perché i tempi del decreto-legge sono in scadenza. L'uso di questo strumento inevitabilmente comporta questi rischi e questi problemi.
Non si tocca nulla perché ormai è così. I provvedimenti partono in questo modo da Palazzo Chigi e, quindi, al massimo è possibile effettuare qualche ritocco in uno dei due rami del Parlamento e per il resto si va avanti senza badare a nulla.
Interveniamo perché il provvedimento mostra la sua limitatezza. La maggioranza continua a sostenere che la manovra principale (la vera legge finanziaria) è stata anticipata a prima dell'estate e l'onorevole Bitonci ci ha detto che questo atto, in fondo, non è altro che uno dei collegati alla legge finanziaria, quindi facente parte della complessiva manovra economica.
Non ripeterò, data l'ora, quanto è stato detto da parecchi colleghi che sono intervenuti (da ultimo l'onorevole Rubinato) per quanto riguarda gli altri aspetti contenuti nel provvedimento, ma vorrei soffermarmi, collegandomi ad altri interventi, su un tema importante per noi meridionali (che credo debba interessare tutto il Parlamento) relativo all'uso dei fondi FAS e a questo improvvido intervento a favore delle città di Catania e di Roma.
Credo che quella prevista sia già una bella cifra. Per le due città si parla di 640 milioni di euro (non sono bazzecole), però il problema che intendiamo sollevare non è tanto e solo legato alla quantità delle risorse, ma più che altro al fatto che il fondo FAS, nel corso di sei mesi, è stato letteralmente saccheggiato da parte di questo Governo e di questa maggioranza.
Il fondo parte con una dotazione di 64 miliardi di euro e, alla data di oggi - sono le stime fornite alla Camera nella relazione fornita anche alla Commissione bilancio - i fondi sottratti al FAS ammontano a 13 miliardi e 800 milioni di euro, sottratti per finalità improprie.
L'onorevole Bitonci, nel suo intervento, ha detto che in fondo per coprire i disavanzi di Catania e Roma (a parte il fatto che il Lazio non rientra tra le regioni dell'obiettivo convergenza e, quindi, non c'entra con il Mezzogiorno) sono stati utilizzati, per finalità riguardanti il Mezzogiorno, fondi ad esso destinati. Vi è un piccolo particolare, però: la natura di quei fondi è quella di essere fondi aggiuntivi, nel senso che servono a colmare un gap infrastrutturale ed economico tra le diverse aree del Paese in favore del Mezzogiorno e non possono essere utilizzati per finalità, come in questo caso, volte a ripianare la spesa corrente, perché perderebbero la loro natura di fondi aggiuntivi.
Credo che occorra mettere un punto, perché abbiamo la preoccupazione che non sia finita qui. Infatti, con il fondo FAS è stata coperta l'abolizione dell'ICI, sono stati prelevati fondi per la scuola, per la sanità, per l'abolizione del ticket, per la stabilizzazione della finanza pubblica, per l'emergenza rifiuti in Campania, per Roma e Catania.
La settimana scorsa al Senato il Governo ha presentato un emendamento volto a coprire un onere finanziario da Pag. 126destinare alle Ferrovie dello Stato, per l'attività ordinaria e anche per gli investimenti, di 3,5 miliardi di euro e questo onere veniva coperto, ancora una volta, con i fondi FAS. Fortunatamente sembrerebbe che sia stato corretto successivamente, anche a seguito di una insorgenza all'interno della stessa maggioranza contro questo provvedimento, ma il tentativo c'è stato.
Mi chiedo come dobbiamo interpretare il Ministro Scajola che, inaugurando in Piemonte un interporto, ha dichiarato che si sarebbe realizzato il terzo valico per collegare la Liguria e il Piemonte e che il Governo si impegnava in quella sede a dare corso a questa grande infrastruttura, che sappiamo essere importante e decisiva per quell'area. Il costo è di 15 miliardi di euro.
Alla domanda di quale fosse la fonte di finanziamento ha dichiarato: il FAS. Quindici miliardi di euro dei 51 che residuano, sottratti i 13,8, fino a questo momento: significa che più di un terzo - secondo quanto dice il Ministro Scajola - verrà utilizzato per una finalità assolutamente estranea a quella di cui al fondo FAS. Delle due l'una: o questo Ministro è un improvvisatore o un «racconta balle» (e non mi pare che l'onorevole Scajola, tra tutti i ministri, goda di questa fama, anzi al contrario è ritenuto una persona seria) oppure dobbiamo dedurne che il FAS ancora continua ad essere individuato come una fonte di finanziamento di attività ordinaria e straordinaria, che va ben al di là della finalità che la legge gli assegna. Quindi, dobbiamo cominciare a capire la direzione che si vuole assumere, perché questo è un indirizzo fortemente contraddittorio con quanto si va affermando in questi giorni in cui la crisi è esplosa e va ulteriormente evolvendo.
Si dice, da un lato, che dobbiamo sostenere la crescita dei consumi e, nello stesso tempo, gli investimenti per infrastrutture e anche per la ripresa economica delle piccole e medie imprese. Contemporaneamente, però, si affaccia l'ipotesi che ciò che serve agli investimenti in una parte del Paese (che, a detta del governatore della Banca d'Italia Draghi, quindi non di un qualche meridionale assetato di finanziamenti, è quella parte del Paese che, crescendo, può contribuire in modo decisivo al rilancio e alla crescita, perché lì sono i margini della crescita del Paese) sono i fondi che peraltro servono al cofinanziamento dei fondi europei per il periodo 2007-2013.
Quindi, bisognerà capire quali sono le intenzioni del Governo rispetto a questa dotazione finanziaria sulla quale facciamo grande conto per quanto riguarda le prospettive di sviluppo.
In un colpo solo qui sono stati azzerati e colpiti una serie di principi, come il federalismo. L'onorevole Bitonci ha detto che aspetta i federalisti dell'ultima ora. A parte che non ci sentiamo federalisti dell'ultima ora, perché se in Costituzione c'è un principio federalista questo è stato introdotto dalla maggioranza di centrosinistra.
Tuttavia, il problema non è tanto questo, ma che non si tratta tanto di aspettare i federalisti all'appuntamento del federalismo fiscale. Intanto, già con le misure che vengono adottate e che ogni giorno arrivano all'esame del Parlamento, il principio federalista viene continuamente stracciato da questo Governo che ha al suo interno la Lega Nord Padania ed altre componenti che si ispirano al federalismo. Infatti, la prima vittima di questo finanziamento a piè di lista per Catania e Roma è un'idea federalista della spesa, perché si premia chi ha responsabilità nell'avere gestito la cosa pubblica in quella città.
L'onorevole Burtone, essendo parlamentare di quella città, ha spiegato qual è il contesto in cui è maturato questo debito che è stratosferico, non è neanche il debito accertato di 375 milioni. L'onorevole Burtone ha dato delle cifre che vanno ben oltre, ormai, non essendoci un confine esatto del debito, sono calcoli sui quali ognuno si può sbizzarrire: è qualcosa che grida vendetta. Non c'entrano nulla la città di Catania e i cittadini catanesi, che non possono pagare per le responsabilità del malgoverno di chi li ha amministrati; ma noi non possiamo neanche premiare coPag. 127loro i quali consapevolmente - sottolineo consapevolmente - hanno sfondato il bilancio del comune di Catania.
Dico consapevolmente, perché ci sono atti; non solo le denunce, di cui parlava l'onorevole Burtone, dei partiti dell'opposizione in quegli anni nel consiglio comunale di Catania, ci sono anche altri atti. Io ho qui con me l'ultima delibera della sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana, che si è riunita in adunanza il 22 ottobre di quest'anno e che ha depositato questa delibera il 17 novembre 2008, quindi otto giorni fa. Questa delibera la regalerò ai nostri amici e colleghi della Lega, e anche al Governo, perché la Corte dei conti riassume ciò che in ben tre delibere aveva già affermato. La prima delibera della Corte dei conti sulla situazione debitoria del comune di Catania è la n. 34 del 2007, la seconda è la n. 177 del 2007, poi vi è una terza, la n. 57 del 2008, e questa è l'ultima. In queste quattro delibere, nella sua funzione di controllo che discende dalla normativa oggi esistente, la Corte dei conti ogni volta non fa altro che richiamare gli amministratori ad una politica di bilancio più corretta, più seria, più rigorosa. Se si legge quest'ultima delibera c'è da rimanere sbalorditi per come si sono sviluppate le cose in quella città, fino ad arrivare a questo debito pauroso, che ormai nessuno è più in grado di calcolare.
La preoccupazione che noi abbiamo non è solo che si siano infranti alcuni principi, come ho già ricordato, a cominciare da quello federalista, ma è che si sia di fronte ad un provvedimento assolutamente inutile, perché guardate cosa sostiene la Corte dei conti: per queste motivazioni il collegio accerta che talune risorse di entrata del bilancio di previsione 2008 sono scarsamente attendibili e che ciò influisce negativamente sugli equilibri di bilancio; accerta che l'impostazione del preventivo per l'esercizio in corso prevede un disavanzo di parte corrente e non registra un significativo contenimento della spesa corrente (parliamo di una delibera di sette giorni fa, quindi non è qualcosa di pregresso); accerta che sono previsti consistenti debiti fuori bilancio che non sono ancora stati accertati; accerta che non è stato adottato il piano triennale del fabbisogno del personale; accerta che la situazione delle società partecipate, specialmente quella dell'AMT, ha assunto connotati di deficit strutturale e che nessuna concreta iniziativa è stata adottata ancora dall'ente; accerta che l'operazione di cessione dell'usufrutto di taluni beni della società Sviluppo e patrimonio Srl, destinata al ripianamento dei disavanzi dell'amministrazione degli anni 2003-2004, non è ancora stata perfezionata e che la stessa presenta notevoli difficoltà di realizzazione; accerta che la rinegoziazione dei mutui con la Cassa depositi e prestiti non è stata ancora portata a termine; accerta che, nonostante il finanziamento straordinario di cui al decreto-legge n. 154 del 2008, non sono state reperite risorse sufficienti a garantire il superamento della grave crisi finanziaria del comune.
Noi rischiamo di buttare 140 milioni di euro in un pozzo senza fondo, senza alla fine magari arrivare a raggiungere l'obiettivo, che è quello di ridare un equilibrio ai conti del comune di Catania. Colleghi, non potete affermare che dando questi soldi alla città di Catania state facendo un regalo al sud, perché è esattamente il contrario: finanziare il clientelismo, ripianare i debiti di chi ha sperperato il denaro, fare un'opera di premiazione di coloro i quali si sono resi responsabili di questo disastro, è esattamente il contrario di premiare il sud.
Voi dovete premiare il sud dando i fondi per il credito di imposta, come non avete fatto in Commissione; dovete assegnare i soldi al sud per le infrastrutture, garantire il finanziamento attraverso il fondo FAS e sostenere l'economia reale. Capisco che magari questo ragionamento infastidisce perché, probabilmente, a favore della città di Catania milita l'amicizia che corre tra l'allora vicesindaco della città, della giunta che ha creato questo disastro, che oggi è il presidente della regione ed è anche il leader del Movimento per l'Autonomia, e la Lega Nord, con la Pag. 128quale è stato alleato alle precedenti elezioni politiche. Probabilmente, a favore di questo regalo che è stato elargito ha militato soprattutto il peso che hanno le forze politiche dell'alleanza di centrodestra che sostengono il Governo della provincia di Catania, ma non è certamente ciò che serve oggi al Mezzogiorno e alla Sicilia.
Signor Presidente, mi avvio alle conclusioni. Lo scorso 6 novembre tutti i giornali del mondo hanno aperto con il titolo che riguardava la vittoria di Obama, che è diventato il Presidente degli Stati Uniti, ossia della nazione più avanzata del mondo. Un solo giornale ha relegato questa notizia in fondo alla prima pagina e ha titolato diversamente: La Padania, che ha aperto con questo titolo: «La Lega cancella l'ultimo regalo al sud». Questo ultimo regalo per il sud era il credito di imposta che il giorno prima, in Commissione bilancio, era stato bocciato con un emendamento del Movimento per l'Autonomia con 21 voti contro 21. Quindi, per la Lega Nord questa notizia era molto più importante del fatto che Obama era diventato Presidente degli Stati Uniti d'America.

GIANPAOLO DOZZO. Almeno c'è qualcuno che legge la Padania!

ANGELO CAPODICASA. Io la leggo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e la conservo anche, perché di quella prima pagina farò un quadretto che metterò nel mio studio. Se c'è qualcosa che non funziona nella vostra politica è esattamente questo: mettere insieme...

STEFANO STEFANI. È per quello che prendiamo i voti.

ANGELO CAPODICASA. Sì, prendete i voti, ma i voti bisogna prenderli sulle giuste politiche, perché se queste sono errate andate contro gli interessi del Paese e, in definitiva, andate anche contro quelli della vostra terra, perché il nord non va da nessuna parte se anche il sud non si sviluppa, se permane questo dualismo che continua a fare del Mezzogiorno la palla al piede del Paese. Pertanto, credo che occorra anche interrogarsi su questo.
Inoltre, mentre negate il credito di imposta al sud, che è un meccanismo di fiscalità di vantaggio automatico che va direttamente alle imprese, che non ha bisogno di intermediazioni politiche, nello stesso tempo regalate 140 milioni di euro al comune di Catania e 500 al comune di Roma. Non mi pare che ci sia una coerenza tra le due cose.
Allora dovete scegliere, dovete cominciare a darvi una regolata, perché alla fine credo che neanche i vostri elettori riusciranno a capirvi. Cos'è allora questa scelta che avete condotto? Va anche sottolineato il fatto, come ricordava l'onorevole Rubinato, che si viola un principio di equità tra gli enti locali, perché nessuno ha capito le ragioni della vostra condotta.
Volevo presentare un emendamento - non so se alla fine lo presenteremo - che pressappoco reciti così: tutti i comuni che si trovano nelle medesime condizioni di bilancio delle città di Catania e di Messina, di cui alla delibera CIPE, possono attingere ad un fondo, sulla base di criteri che vengono stabiliti dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno, per far fronte alla situazione di dissesto.
Non siamo riusciti ad identificare la tipologia, perché il comune di Catania non è in dissesto, quindi non potevamo parlare di dissesto finanziario. Non è in una fase in cui i libri sono stati già portati in tribunale, perché lì tutto ancora funziona. Ma quanti comuni si trovano più o meno nella stessa situazione? Volete l'elenco dei comuni siciliani? Molto probabilmente fra poco qualcuno verrà anche a bussare alle vostre porte. Il comune di Messina già comincia la campagna stampa per dire: perché Catania sì e noi, che siamo pressappoco nelle medesime condizioni, no? Poi c'è il comune di Agrigento, che si trova, sempre a causa dei disastri amministrativi compiuti dai suoi amministratori, nella medesima situazione. Aggiungo Pag. 129il comune di Modica (notizia fresca) e tutti i comuni che in Italia si trovano nelle medesime condizioni.
Allora, perché Catania e Roma sì e gli altri comuni no? È una contraddizione patente. Si viola un principio di equità, che nella pubblica amministrazione e nel mondo della politica ha un senso, perché rende accettabili le misure che i Governi e i Parlamenti adottano. Se questo manca tutto diventa arbitrario. Allora, credo che ci sia materia di riflessione per tutti. Abbiamo presentato un emendamento (sappiamo bene come finirà), che prevede di trasformare i trasferimenti in prestito.
Infatti, come diceva l'onorevole Burtone, non possono essere i cittadini di Catania a pagare per le colpe dei propri amministratori. Quindi, i trasferimenti a quella città vogliamo darli sotto forma di prestito, perché il presidente Lombardo non può fare bella figura a Capri di fronte ai giovani industriali dicendo di non preoccuparsi perché quei soldi saranno restituiti, ma poi non chiedere, come noi facciamo, che il trasferimento si trasformi in prestito, per avere la sicurezza che sarà restituito. La verità è che, invece, non sono in grado di restituirlo. Vi prego di leggere la relazione della Corte dei conti: è una situazione disastrosa. Meno male che ci ha messo mano non solo la Corte dei conti, ma anche la magistratura ordinaria, per chiarirci qualcosa che deve essere perseguito, perché c'è un problema di senso nell'attività amministrativa. Non perché si tratta di personaggi politici di primo piano che condizionano la vita del Governo nazionale e regionale si può derogare ai principi di buona amministrazione ed anche, se volete, di perseguimento delle responsabilità.
Questo è quanto volevo dire. Volevo semplicemente richiamare l'attenzione su questi temi, nella speranza che la discussione in Aula ci sia e che, alla fine, ci sia anche margine per affrontare qualcuno dei problemi che abbiamo sottolineato, quelli che in modo più evidente ci appaiono in contraddizione con il buonsenso e con il senso comune e stridono anche con un coerente indirizzo di buon uso delle risorse pubbliche per finalità di crescita e di soddisfacimento dei servizi per i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, la discussione su questo provvedimento, che riguarda la spesa sanitaria regionale, l'ICI e altri aspetti della finanza locale, nonché altri interventi come quelli per Roma e Catania, si apre in quest'Aula in una fase che mi pare segnata da alcuni aspetti rilevanti. In primo luogo, vi è l'annuncio di provvedimenti del Governo per far fronte alla crisi economica del Paese, in particolare a sostegno delle famiglie e delle imprese.
Si sente parlare di tante ipotesi, alcune immediatamente smentite, altre che a me pare possano essere ricondotte nella categoria «perseverare è diabolico», come la proroga della detassazione degli straordinari in una fase di recessione, di aumento della cassa integrazione e di perdita del posto di lavoro di tanti precari, che non vedono rinnovato il loro contratto a termine.
Mi pare che di certo ci sia, al di là degli annunci, che saremo di fronte a un ennesimo decreto-legge e che questa sia la dimostrazione dell'inadeguatezza della manovra di politica economica fin qui costruita con il decreto-legge n. 93, il decreto-legge n. 97, la finanziaria anticipata del decreto-legge n. 112, la finanziaria snella, la legge di bilancio, cinque collegati alla finanziaria, altri decreti, come quelli sull'Alitalia e sul sistema creditizio, e anche il decreto in esame.
Una miriade di provvedimenti connotati da una sorta di virtualità, di finzione; alla fine, non bastano, perché sbagliati nel senso complessivo: intervento solo sulla finanza pubblica, intervento prociclico, sostegno ai redditi più alti con l'abolizione dell'ICI, cattiva utilizzazione delle poche risorse disponibili; ICI, Alitalia, straordinari, taglio degli investimenti. Vedremo Pag. 130quello che partorirà il Governo, ma intanto credo che si possa dare un giudizio negativo su ciò che abbiamo alle spalle e ancora in corso: finanziaria, collegati e diversi decreti non hanno ancora concluso l'iter parlamentare.
Il secondo aspetto che voglio richiamare, strettamente connesso al decreto-legge in esame, è che il comitato direttivo dell'ANCI, all'unanimità, ha invitato tutti i comuni e le città metropolitane a non procedere alla presentazione negli organi competenti dei bilanci di previsione per l'anno 2009 entro la data del 31 dicembre, in attesa che siano rivisti i contenuti della manovra finanziaria. È una decisione grave, non è questione di poco conto; è una decisione assunta avendo valutato le misure del decreto-legge n. 112, del decreto-legge n. 93 e di quello oggi in esame relativamente all'ICI, del disegno di legge finanziaria, pur prendendo atto con favore delle modifiche apportate dalla Camera, e la crisi economica complessiva. Vuol dire, considerando la composizione politica degli organi dell'ANCI, che siamo di fronte a una situazione di reale difficoltà e impossibilità a redigere i bilanci, e che non sono certo sufficienti le misure contenute in questo decreto-legge per cambiare il quadro.
L'ANCI rivendica, inoltre, un ruolo riconosciuto nella politica degli investimenti, riconosciuto per il passato e da protagonista per il futuro. Sul passato, perché gli enti locali hanno dimostrato di saper investire di più e con tempi più rapidi dello Stato centrale. L'onorevole Misiani ricordava con precisione le cifre. Voglio sottolineare che questo è avvenuto anche sulla scuola, materia all'attenzione di tutti in questi giorni.
Nella mia provincia, Reggio Emilia, nel 2007 lo Stato ha stanziato per la sicurezza nelle scuole 700 mila euro. I comuni hanno messo proprie risorse per 5 milioni e mezzo e la provincia per quasi 2 milioni e mezzo: questo solo per la sicurezza. La spesa per l'edilizia scolastica della sola provincia di Reggio Emilia (come ente, quindi non tutto il territorio, ma solo le scuole gestite dalla provincia) è di circa 10 milioni di euro l'anno.
Potrei citare le strade: nella mia regione, l'Emilia Romagna, il passaggio di molte strade statali dall'ANAS alla regione e da questa alle province ha visto un netto miglioramento, sia in termini di gestione sia in termini di manutenzione e di investimenti per nuove strade. Se anche le poche strade rimaste all'ANAS passassero alla regione e da questa alle province, e si chiudesse l'ANAS, le cose andrebbero ancora meglio, sia per i cittadini sia per la finanza pubblica. Ho presentato una proposta di legge in tal senso e spero se ne possa discutere, anche se l'eccesso di decretazione rende quasi impossibile la legislazione per iniziativa parlamentare.
Enti locali protagonisti per gli investimenti, quindi; ora, sono in difficoltà. Il Patto di stabilità interno incide soprattutto sugli investimenti in termini negativi, riducendo la capacità di investire degli enti locali proprio nel momento in cui ne avremmo più bisogno in chiave anticiclica.
Adesso si parla di un piano degli investimenti all'interno degli interventi contro la crisi economica. Non mi soffermo sulle cifre che girano e sull'impressione di riciclaggio di risorse già stanziate, ma pongo un'altra questione: non può essere un piano centralistico; deve essere un piano di opere utili, immediatamente cantierabili e che facciano leva su tutta l'articolazione istituzionale.
In questo ambito è opportuna una riflessione anche sul ruolo della Cassa depositi e prestiti. Oggi quando si parla di infrastrutture il Governo si riferisce soprattutto alle grandi infrastrutture necessarie in un Paese sempre più degradato ma che, considerato che la loro attivazione richiede tempo, sicuramente non risultano idonee a svolgere nell'immediato quella funzione anticongiunturale caratteristica della Cassa depositi e prestiti, assolutamente indispensabile in questo periodo di grande crisi.
Questa funzione è insita negli interventi medi o piccoli attivabili dai comuni, in quanto presentano la caratteristica di mettere Pag. 131in movimento risorse sull'intero territorio nazionale. È solo dall'intervento capillare, infatti, che può arrivare una forte politica anticiclica.
D'altra parte, però, la conferma dell'evidente difficoltà degli enti a reperire risorse trova una drammatica conferma proprio nei dati del 2007 della Cassa depositi e prestiti, che resta pur sempre il principale finanziatore del sistema locale, i quali registrano un forte ridimensionamento dei volumi di attività a favore dei finanziamenti ai comuni (nel 2007 sono stati contratti nuovi mutui per circa 2.500 milioni di euro rispetto ai 4.500 milioni del 2006, di cui solo circa 1.600 milioni di euro riguardano gli enti di dimensioni minori).
La domanda allora è come far entrare nel programma infrastrutturale anche gli interventi minori senza che gravino eccessivamente sul debito degli enti locali. Sono allo studio modalità per fornire credito agevolato per un fondo destinato ad abbattere il costo dei mutui da destinare agli enti locali secondo un programma predefinito, fondo che potrebbe essere alimentato, appunto, da una parte degli utili della Cassa depositi e prestiti e anche dalle stesse fondazioni bancarie. Sono questioni su cui riflettere, soprattutto in una fase difficile come quella che stiamo attraversando.
Un terzo aspetto da sottolineare è la difficoltà del lavoro parlamentare. Il Governo sta intasando il Parlamento con una miriade di decreti-legge e questo ci porta ad una modifica costituzionale di fatto. Siamo al monocameralismo alternato: la Camera che esamina per prima un decreto-legge può discuterne e qualche volta introdurre modifiche, la Camera che lo esamina in seconda lettura deve semplicemente prendere atto che non vi sono i tempi per altre modifiche, che comporterebbero la terza lettura (non tanto perché effettivamente non vi siano i tempi per quel decreto-legge specifico, ma perché il contesto di decreti-legge contemporaneamente all'esame del Parlamento non lo permette).
Quindi, a turno, il ruolo di Camera e Senato è dimezzato, però non ci si risparmia nulla. L'iter defatigante degli emendamenti e della loro ammissibilità va avanti come se fossimo in condizioni normali, ma quando si arriva alla fase di discussione degli emendamenti ammissibili allora c'è lo stop: nessuno spazio, al massimo ordini del giorno! Signor Presidente, il ruolo delle Camere è di approvare le leggi, non di redigere ordini del giorno accolti come raccomandazione dal Governo o accolti con la formula «impegna il Governo a valutare l'opportunità di».
Non possiamo ridurre il Parlamento a questo ruolo subalterno. È successo così anche in quest'occasione, un decreto-legge importante contenente misure su più questioni rispetto al quale l'opposizione non ha presentato un'enormità di emendamenti. Dopo il vaglio di ammissibilità in Commissione bilancio ne erano rimasti solo novantadue: si poteva fare un lavoro di selezione e, credo, arrivare a convergenze su diverse proposte, ma nessuna è arrivata al voto, su nessuna è stato possibile discutere (e per questo il Partito Democratico non ha partecipato al voto in Commissione sul mandato al relatore).
Vengo ora ai contenuti del decreto-legge n. 154 del 2008, in particolare per quanto riguarda la parte relativa agli enti locali. C'è una norma positiva che conferma sostanzialmente, anche per il 2008, le disposizioni già previste per l'anno 2007 dal decreto-legge n. 81 del 2007, che prevedono accertamenti convenzionali delle maggiori entrate ICI relative agli ex fabbricati rurali di cui al decreto-legge n. 262 del 2006, convertito nella legge n. 286 dello stesso anno.
Si tratta di una norma positiva perché colma un vuoto normativo, dà maggiori certezze per i bilanci dei comuni del 2008, crea il presupposto per il successivo intervento dello Stato.
Ricordo che con l'assestamento del bilancio dello Stato per il 2008 si sono incrementati i trasferimenti per colmare la differenza tra la riduzione operata del fondo ordinario del Ministero dell'interno e l'importo certificato dal singolo ente (ed Pag. 132auspico che al più presto i comuni siano resi edotti di quanto previsto nell'assestamento). Ricordo che parliamo di valori cospicui.
La Ragioneria generale dello Stato valuta che a fronte di un taglio dei trasferimenti per il 2008 di 783 milioni di euro, il maggior gettito ICI sia risultato di 80 milioni di euro; parliamo, quindi, di una scopertura di 703 milioni. Su questo aspetto consideriamo doveroso l'intervento dello Stato. Forse, bisognerebbe però dare una sistemazione definitiva alla questione, prevedendo per il 2009 di agire preventivamente, adeguando il fondo trasferimenti, in quanto si sa già da ora che le previsioni sono state irrealistiche. Tutto ciò servirebbe per risolvere un problema di cassa che grava sui comuni, se lo stanziamento effettivo arriva con quasi due anni di ritardo.
Diversa è la questione per quanto concerne l'aumento di 260 milioni di euro di trasferimenti, in riferimento al minor gettito ICI sulla prima casa. Il Partito Democratico ha criticato il decreto-legge n. 93 del 2008 su due versanti, per quanto concerne l'abolizione dell'ICI sulla prima casa. Il primo versante è in riferimento al potere d'acquisto delle famiglie. Le famiglie che hanno perso maggiormente il potere d'acquisto sono quelle a reddito medio basso, quelle famiglie che se hanno una casa di proprietà avrebbero già avuto l'eliminazione dell'ICI con le misure della legge finanziaria per il 2008 del Governo Prodi, e quindi non beneficiano delle ultime misure, mentre se sono in affitto, non hanno ugualmente alcun beneficio, perché per loro l'attuale Governo non ha previsto nulla. A chi è andato il beneficio? Ai più ricchi, che non ne avevano bisogno. Abbiamo così sperperato un miliardo e 700 milioni di euro, che però non sono sufficienti a coprire il minor gettito, quindi siamo già vicini ai due miliardi di euro e probabilmente andremo oltre; miliardi che sarebbero utili in questo momento per intervenire verso le fasce con redditi più bassi. Se ora non vi sono le risorse, o ve ne sono di meno, il Governo deve prendersela non con il destino, non con la crisi - prevista tra l'altro dal Ministro Tremonti, già da giugno, pur traendo delle conseguenze tutte sbagliate - ma solo con stesso e con le sue scelte; stessa cosa per l'Alitalia.
Il secondo versante di critica riguardava le conseguenze del minor gettito. Mentre si parlava di federalismo si toglieva ai comuni un'entrata fondamentale per la loro autonomia finanziaria. Per coprire il minor gettito ICI e aumentare i trasferimenti ai comuni si sono tagliati importanti voci di spesa previste dalla legge finanziaria per il 2008, tra cui gli investimenti per le infrastrutture, soprattutto in Sicilia e Calabria, quindi con una dequalificazione della spesa. Tra i tagli previsti vi erano anche risorse relative ai fondi, come quelli per le politiche sociali, che vengono distribuite alle regioni e da queste ai comuni. Siamo all'assurdo che si tagliano risorse ai comuni, con la motivazione che queste servono per ristorarli della perdita del gettito ICI avvenuta per decisione dello Stato, e si tagliano risorse che andrebbero alle famiglie con più bisogno, e quindi con minore potere di acquisto, per aumentare, con l'eliminazione dell'ICI, il potere di acquisto a chi ha un potere d'acquisto più elevato di quelle che riceveranno meno risorse a causa dei tagli: siamo quasi alla perversione. Si dirà che quella è una decisione già presa, non è l'oggetto del decreto-legge in esame; comunque vi è una relazione, e noi vi ricorderemo per tutta la legislatura, ogni volta che ne avremo l'occasione, l'errore dell'abolizione dell'ICI sulla prima casa.
Ora si interviene con un incremento di 260 milioni di euro limitato al 2008, in quanto stanziato a titolo di regolazione contabile pregressa. Sono stati posti, anche dagli uffici, molti quesiti sulla quantificazione del minor gettito ICI complessivamente inteso, comprensivo quindi della riduzione di cui alla legge finanziaria per il 2008. La previsione del gettito complessivo, sia nella relazione tecnica alla legge finanziaria per il 2008, che al decreto legge n.93 del 2008, era di 2,6 miliardi di euro, che sono la somma del miliardo e 700 milioni di minor gettito previsto con il Pag. 133decreto-legge n. 93, e dei 900 milioni previsti con la legge finanziaria per il 2008. Le stime successive del Governo, in sede di risposta a quesiti posti al Senato, sono stati: 3,738 miliardi di euro accertati, 3,537 miliardi di euro riscossi, di cui 2,622 in conto competenza e 915 milioni in conto residui. Ora, sostanzialmente si è trattata la questione come se i 915 milioni di euro fossero uno stock di residui complessivamente esistenti al 2006 e non un dato rappresentativo del flusso annuo di riscossione a valere sui residui. Come risposta a questi problemi rilevati dagli uffici in Commissione bilancio, il Governo ha rinviato ad una nota della Ragioneria dello Stato che non dice nulla, ma rinvia alle valutazioni espresse dal dipartimento delle finanze a noi mai pervenute.
Questo è un punto che non può rimanere nell'attuale stato di indeterminatezza. Già i bilanci sono alla mercé di elementi di incertezza consistenti, già i comuni affermano di non poter presentare i bilanci e in più dovrebbe esserci anche l'indeterminatezza sul gettito ICI: questo è troppo. Il Governo nel DPEF si è impegnato a reintegrare pienamente il minor gettito ICI. È vero che c'è una procedura prevista in tal senso, ma ha tempi troppo lunghi. Si prevede che le certificazioni del minor gettito ICI vengano presentate entro il 30 aprile 2009, troppo tardi per assumere i provvedimenti conseguenti da parte del Governo già nei primi mesi del 2009. Inoltre è un termine in contraddizione con quello per l'approvazione dei consuntivi che è stato anticipato dal 30 giugno al 30 aprile proprio in questo decreto. Se si può approvare il consuntivo il 30 aprile è evidente che la certificazione si può presentare prima, già il 31 marzo o il 29 febbraio. Invito il Governo a considerare l'esplicita richiesta unanime del comitato direttivo dell'ANCI di anticipare questo termine per evitare forti problemi di cassa.
Con tutti i pasticci che il Governo ha combinato sull'ICI prima casa questo è il minimo che può fare. Non vuole intervenire in questo decreto-legge? Lo trovo sbagliato, ma almeno se lo ricordi per i prossimi, visto che il ritmo di decretazione cui ormai siamo abituati porta a pensare che ve ne saranno molti altri. Altri due aspetti di questo decreto-legge non sono condivisibili. Mentre si tagliano con il Patto di stabilità e altre misure le risorse per gli enti locali poi si assumono provvedimenti ad hoc per alcuni enti. Per Roma non è condivisibile che il finanziamento avvenga attraverso il FAS, sorta di bancomat buono per tutto, e che si faccia una norma manifesto in cui si stabilisce che è riservato dal 2010 a favore di Roma capitale un contributo annuale di 500 milioni di euro in sede di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione nell'ambito delle risorse disponibili. Quindi la legge delega sul federalismo fiscale dovrebbe contenere questa norma, ma così non è nel progetto presentato dal Governo. Ritengo sbagliato parlare di taglialeggi da una parte e poi fare nuove leggi senza norme con effetti reali e, oltre a questo, fuori da un contesto di fabbisogni standard e di confronto con comuni paragonabili per classe demografica. Se invece questa norma avesse effetti reali, allo stato attuale sarebbero di sottrazione di questi 500 milioni dal fondo di tutti comuni, e questo non sarebbe accettabile perché estraneo ad una vera logica di federalismo fiscale e per giunta deciso con un decreto-legge.
Per il comune di Catania non è condivisibile che non vi sia alcuna subordinazione alla sottoscrizione di un piano di rientro dei debiti del comune stesso. Per entrambi gli interventi, preferiremmo che avessero natura di prestito. Ci sembra la modalità più idonea in riferimento alle motivazioni per cui sono effettuati, ma di questo non c'è possibilità di discutere per le motivazioni già ricordate sul monocameralismo alternato di fatto. L'ultima questione riguarda la copertura finanziaria, tutta con il FAS per tutte le misure previste: abolizione del ticket, aumento dei trasferimenti per l'ICI, oltre alle misure per Roma e Catania. Il FAS continua ad essere utilizzato in modo incongruo, nonostante gli impegni assunti in sede di legge finanziaria dal Governo proprio pochi giorni fa in questa Aula. È anche Pag. 134questo un motivo per non condividere nel suo complesso questo provvedimento, oltre che per le motivazioni già riferite relative all'ICI, e a quelle che i colleghi Calgaro, Burtone e Grassi hanno sottolineato per la sanità.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1891)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Simonetti, rinuncia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, le considerazioni svolte dai colleghi, in particolar modo dell'opposizione, meritano ovviamente qualche riflessione da parte del Governo, alla luce di questioni poste che sono indubbiamente interessanti e importanti, ed in merito alle quali il Governo ritiene di dover puntualizzare quanto meno le linee guida di azione sulla base delle quali riteniamo che ci possano essere effetti positivi nel Paese, in particolar modo nelle materie che trattiamo in questo provvedimento.
Innanzitutto, la considerazione che è stata ripresa da più colleghi, relativamente al tema della decretazione d'urgenza e del ricorso a tale strumento in questa fase. È chiaro a tutti come la fase congiunturale debba obbligare il Governo a utilizzare tutti gli strumenti utili che sono nelle proprie facoltà, relativamente al varo di provvedimenti che possono rappresentare un elemento di miglioramento sostanziale nelle politiche non solo di bilancio, ma anche economiche: la decretazione d'urgenza diventa uno strumento fondamentale, in questa fase, per poter dare le risposte che il Paese aspetta. Essendo stato richiesto in Commissione un atto di grande onestà nei confronti di essa per capire quali erano gli emendamenti nel merito da parte del Governo, quest'ultimo ha risposto con chiarezza che sarebbe stato difficile immaginare, in questo momento, una disponibilità alla modifica del testo al nostro esame sulle questioni poste dall'attività emendativa, che ha sottolineato alcuni problemi di carattere politico, ma che non ha affrontato in maniera puntuale temi che riguardano in maniera specifica le coperture economiche e finanziarie.
Ovviamente, nelle considerazioni che sono state svolte ci sono temi e valutazioni che vanno oltre il rapporto con il Governo, ma investono quello tra i due rami del Parlamento, che non compete certamente al Governo commentare, se non prendendo atto di quanto affermato, in particolar modo in Commissione e in Aula, signor Presidente. Ma è altrettanto chiaro che la disponibilità a un confronto esiste, credo anche attraverso questa replica, e poi nella valutazione eventuale relativa agli emendamenti.
Per quello che riguarda le linee generali, è un intervento che punta a dare delle risposte su settori specifici che meritavano attenzione, interventi che avevano caratteristiche di particolarità relativamente a situazioni di emergenza. Come spesso è avvenuto anche su altri provvedimenti, il Governo ha deciso di intervenire su temi sensibili.
Tra i temi affrontati, la questione della sanità. Non sfuggono le considerazioni che sono state svolte nel merito, relativamente all'importanza e alle necessità delle finanze pubbliche per il controllo della spesa sanitaria. Il provvedimento in esame aveva l'obiettivo di dotare di nuove normative e nuove potenzialità con attribuzioni specifiche l'attività commissariale, in regioni dove gli obiettivi che dovevano essere raggiunti rispetto al controllo della spesa sanitaria non si sono raggiunti; è altrettanto evidente come il tema della spesa sanitaria sia uno di quelli sensibili sulla base dei quali si regge o meno la tenuta delle risorse pubbliche, di un controllo rigoroso della spesa pubblica, e quindi anche del Patto di stabilità su cui Pag. 135il Governo precedente si è impegnato e che l'attuale Governo ha preso in carico per mantenere quegli obiettivi. Stupiscono, all'interno del rapporto maggioranza-opposizione, le considerazioni di quest'ultima, come se quello della spesa sanitaria fosse un tema che è stato affrontato esclusivamente in questa fase, non ci fosse stato un Governo che ha governato due anni prima dell'attuale, che si è insediato da qualche mese, e come se i buchi di bilancio fossero emersi esclusivamente ora, alla luce di una qualche gestione che compete direttamente a questo Governo. Non è così, è evidente: si tratta di accumuli di gestione sbagliata, negativa che ci siamo trovati ad affrontare e che cerchiamo di riportare all'interno degli obiettivi di stabilità che sono stati presentati dal Governo di centrosinistra negli anni scorsi, e che sono stati confermati dall'attuale Governo.
Siamo consapevoli quindi che il tema del controllo della spesa sanitaria non si risolve tramite gli interventi commissariali con le norme previste, ma attraverso una procedura di riforma importante, che passa inesorabilmente dal controllo e dall'avvicinamento della spesa là dove vengono effettuate le prestazioni.
È chiaro che su questo, comunque, l'obiettivo finale del controllo sulla spesa sanitaria è legato a riforme anche strutturali, in particolare modo al tema del federalismo fiscale, che nella leva della spesa sanitaria avrà una delle condizioni più importanti di applicazione e quindi di minore o maggiore efficacia sull'impianto complessivo di questo tipo di intervento. Infatti, è chiaro che quando interveniamo sugli aspetti legati ai livelli essenziali delle prestazioni e sui costi standard, si vanno a definire le regole e le quantità sulla base delle quali si potranno responsabilizzare in maniera più efficace gli amministratori, cosa che non è avvenuta fino ad oggi, in una materia così delicata ed importante come quella della sanità.
Quindi, si tratta di un passaggio intermedio per portare impegni significativi e - attenzione colleghi - mantenere le prestazioni. Infatti, in tutto ciò si è molto condannato, in particolar modo da parte dell'opposizione, l'intervento in qualche modo di salvataggio del Governo, a fronte di gestioni di finanze sbagliate, ma nessuno ha sottolineato come questo intervento risponda ad una necessità fondamentale, cioè quella del rispetto dei diritti universali, previsti anche a livello costituzionale, relativamente al tema della salute pubblica ed ai servizi essenziali, che devono essere prestati comunque, anche laddove vi sono state amministrazioni dissennate, che hanno prodotto complessivamente i risultati di fronte a cui oggi ci troviamo.
Dunque, è chiaro che l'intervento sulla sanità ha queste caratteristiche. Non voglio richiamare e ritornare sulle questioni poste relativamente agli interventi ed alle risorse destinate alla vicenda del comune di Catania. Da questo punto di vista, sono risorse appostate, che daranno la possibilità al comune di Catania di uscire da questa fase di difficoltà dei conti. È altrettanto vero - e prendo atto delle valutazioni fatte - quanto detto sulle questioni relative alle responsabilità degli amministratori. Vi sono ovviamente autorità di controllo che stanno facendo il loro dovere. Non compete al Governo entrare nel merito, in questo momento, di questo tipo di attività. È altrettanto chiaro come viene omesso, in particolar modo dagli interventi dell'opposizione, il fatto che oggi il comune di Roma si trova sostanzialmente in una condizione di dissesto - cosa che non è stata mai riconosciuta in maniera adeguata dall'opposizione - e che a fronte di tale dissesto, che viaggia su una cifra che oscilla tra i 9 e i 10 miliardi di euro, la risposta del Governo è stata quella di responsabilizzare complessivamente un'amministrazione, dando la possibilità comunque, con contribuzioni dirette, assolutamente ridotte rispetto all'impatto gravissimo della spesa e quindi del dissesto in cui si trova l'amministrazione della capitale.
Allo stesso tempo, riconosciamo come questo tipo di interventi devono essere considerati assolutamente straordinari e che quindi la risposta debba essere in una revisione profonda della legge di contabilità Pag. 136degli enti locali, in logiche di responsabilizzazione delle amministrazioni locali, nella prospettiva comunque di garantire, alla luce di un processo di riforma complessivo, anche la riscrittura del codice degli enti locali e non solo il tema del federalismo fiscale: le giuste risposte relative alla responsabilizzazione degli amministratori, all'avvicinamento al cittadino del controllo della spesa e quindi al miglioramento complessivo ed alla resa di maggiore efficienza, relativamente all'amministrazione, in particolar modo quella locale.
Sul tema dell'ICI, risulta altrettanto strana al Governo una polemica così dura, relativa ad un provvedimento che è stato avviato dal Governo di centrosinistra nella scorsa legislatura ed è stato ripreso dal Governo Berlusconi attualmente in carica, riprendendo quel tipo di filone di lavoro e chiudendo definitivamente un aspetto, relativamente ad una tassa che comunque è sotto gli occhi di tutti come tassa assolutamente iniqua nei confronti ovviamente del patrimonio fondamentale delle famiglie, che è la prima casa di abitazione, ma che allo stesso tempo evidenza una scelta politica molto chiara. Tale scelta viene contestata in particolar modo dall'onorevole Rubinato, che ha proposto una delle possibilità che erano al vaglio all'epoca del Governo, cioè sostanzialmente la possibilità di detrarre o dedurre l'ICI rispettivamente dall'IRPEF e più in generale, quindi, dalle tasse per i contribuenti.
Da questo punto di vista, la scelta è stata chiara: si è preferito togliere, comunque, la tassazione e l'imposizione diretta, perché ciò rappresenta un segnale molto più chiaro per il cittadino ed una facilitazione significativa in termini di sburocratizzazione e di semplificazione amministrativa. In sede di esame presso il Senato, è stata già tecnicamente dimostrata la ratio che porta ai 260 milioni di euro. Ma è sotto gli occhi di tutti (anche se i colleghi dell'opposizione non lo riconoscono), come l'elemento fondamentale sia l'accordo realizzato con l'Associazione nazionale dei comuni, che sia riconosciuto in 260 milioni di euro quella quota di risorse adeguata per poter chiudere la questione delle risorse per l'ICI del 2008.
Esiste ancora un dibattito aperto, un confronto, che stiamo portando avanti anche in sede di Conferenza Stato-regioni e che è stato segnalato anche in sede di Conferenza unificata, in relazione ad un riscontro diverso con riferimento all'importo complessivo delle cifre, alla loro determinazione e, quindi ai successivi impegni che il Governo dovrà assumere e mantenere per gli anni successivi. Signor Presidente, è chiaro che, da questo punto di vista, esistono dati diversi, in relazione all'assunzione delle quantità. Si tratta di dati che si stanno cercando di omogeneizzare: il Ministero dell'interno sta svolgendo un lavoro importante sotto questo profilo e il Ministero dell'economia e finanze sta incrociando rispettivamente le proprie banche dati con quelle delle agenzie di pertinenza per definire in maniera puntuale le quantità, per poi, eventualmente, affrontare negli anni successivi gli impegni su questo argomento.
Le considerazioni che svolge l'opposizione sono relative al tema della fiscalità e, più generale, al rapporto del Patto di stabilità con gli enti locali. Da questo punto di vista, credo che un segnale importante si sia già dimostrato durante la cosiddetta legge pluriennale che è stata approvata prima dell'estate e, successivamente, con la legge finanziaria, che ha subito delle modifiche significative per quanto riguarda il Patto di stabilità, ma in cui si vanno ad individuare anche dei meccanismi premiali che sono dimenticati, purtroppo, dal dibattito di queste ultime ore. Tali meccanismi premiali prevedono, per la prima volta, delle differenziazioni significative tra le amministrazioni che hanno rispettato in modo virtuoso il Patto di stabilità e quelle che non lo hanno rispettato. È chiaro che il Patto di stabilità pone sempre vincoli che sono, in qualche modo, iniqui per quello che riguarda la formula di applicazione e per il risultato finale, perché è chiaro che quando si va a porre un saldo, esso rischia di essere sempre una sintesi di percorsi amministrativi diversi. Tuttavia, il saldo ha un Pag. 137grande merito in questa fase: una notevole efficacia per quello che riguarda il controllo della spesa pubblica.
Pertanto, è chiaro che in un momento di congiuntura così difficile, il Governo mantenga l'impegno al momento, anche se in queste ore si sta discutendo, in sede europea, se e quanto poter ammorbidire il Patto di stabilità e, in particolar modo, il rapporto deficit-PIL. Le considerazioni svolte dal Commissario europeo Barroso sono, comunque, importanti, perché consentono di intravedere la possibilità di avere uno sforamento del deficit di qualche centesimo di punto, in questo caso, di qualche frazione: bisogna capire di quanto sarà e, in relazione a questo, il Governo potrà valutare concretamente se inserire risorse aggiuntive o allargare le maglie possibili del Patto di stabilità. Al momento, le condizioni e le valutazioni che sono in nostro possesso non ci danno questa possibilità e la volontà è quella di proseguire in una logica di rigore, che tenga conto, comunque, di quelle che sono le necessità di investimento.
Su questo è stata fatta una scelta: quella di dire, innanzitutto, che gli investimenti che abbiamo messo e che metteremo in cantiere, anche nelle prossime ore, in particolar modo con un provvedimento che verrà varato a breve, sono risorse che vanno nel senso degli investimenti pubblici, di un riutilizzo e di un efficientamento delle risorse che non sono state fino ad oggi utilizzate, ma anche, ovviamente, nel senso della possibilità di utilizzare risorse che vengono dalla sede europea. È una questione che è stata posta più volte anche dall'opposizione (e che in queste ore viene dimenticata), come priorità essenziale per rilanciare gli investimenti.
Il tema della spesa degli enti locali, quindi, va ricondotto all'interno di una cornice generale che comunque deve prevedere senza dubbio una domanda che viene sostenuta (in particolar modo una spinta nei confronti degli investimenti) ma che garantisca innanzitutto una condizione complessiva delle risorse pubbliche tale da non determinare ulteriore tensione e difficoltà per i mercati finanziari. È infatti sotto gli occhi di tutti come il debito pubblico italiano, oggi, possa rappresentare, in termini di presenza sui mercati di collocamento, un possibile problema. Ciò alla luce del fatto che c'è una competizione fortissima tra i titoli che vengono emessi anche dagli altri Stati europei occidentali, e comunque da Stati che in questo momento fanno fronte alla crisi internazionale con strumenti analoghi a quelli che ha messo in atto, e che sta per varare, il Governo italiano, per far fronte a una difficoltà generale. Ciò molto spesso va a ricadere sul debito pubblico di altri Paesi che presentano un debito pubblico più leggero di quello italiano e determina, quindi, anche oggi, sul mercato, una possibile tensione relativamente al collocamento dei titoli. Per tali motivi, è ovvio quindi che c'è una rigidità maggiore a fronte delle richieste dei colleghi relative al Patto di stabilità.
Il Governo, peraltro, è consapevole da una parte del fatto che, complessivamente, bisogna mettere i comuni nelle condizioni di assumersi la responsabilità nel controllare la spesa, dall'altra, in generale, della necessità di mettere dei paletti per poter costruire un percorso che consenta, nei prossimi mesi, una significativa attività sul versante degli impegni. Su questo non posso dire di più, perché nelle prossime ore sarà emanato un provvedimento che si sta mettendo a punto. Esso determinerà effetti anche importanti e andrà a riprendere alcune questioni.
Tra i problemi prospettati c'è un tema che sta particolarmente a cuore al Governo: si tratta delle aree di confine. Su questo argomento devo dire che la modifica introdotta al Senato dà al Governo un'ulteriore responsabilità. La Camera l'ha posta, devo dire, in una logica abbastanza trasversale: si tratta di una risposta efficace per il finanziamento di un fondo per le aree di confine, in attesa dell'applicazione del federalismo fiscale, quindi di una maggiore equità rispetto alle risorse che rimarranno sul territorio e ai meccanismi di spesa in riferimento alle capacità di produzione in sede locale. Risulta evidente Pag. 138come si tratti di un argomento del quale anche il sottoscritto si farà carico. Speriamo, in un prossimo provvedimento, di poter dare una risposta in tempi più rapidi possibili.
Inoltre, per quanto riguarda i temi che sono stati evidenziati dagli emendamenti, più colleghi, in particolare l'onorevole Cambursano, hanno posto questioni relative a un miglioramento del testo. Da questo punto di vista il Governo, esaminando gli emendamenti proposti, li ha riassunti sostanzialmente in tre aree di interventi: interventi di miglioramento e rafforzamento dei rimborsi ICI; interventi destinati a mettere dei paletti relativamente alle risorse stanziate in particolar modo per i comuni cui facevo prima riferimento, cioè i comuni in condizioni di difficoltà (si tratta quindi di riduzione degli interventi); più in generale, altri interventi che prevedono, comunque, complessivamente, la necessità di ulteriori finanziamenti, così come proposto dell'onorevole Rubinato.
Proprio relativamente all'aspetto della copertura ritengo ci siano dei problemi che il Governo intende sottolineare in questa sede. Uno degli aspetti che oggi risulta importante, alla pari di quello legato agli impegni, alle modifiche normative e agli stanziamenti, è quello relativo alle modalità con le quali si vanno a recuperare le risorse e le coperture. Da questo punto di vista è stato previsto all'interno di alcuni emendamenti un taglio tabellare piuttosto che il taglio di voci specifiche, come proposto dall'onorevole Rubinato. Quest'ultima, per dare seguito a interventi per calamità naturali che si sono verificate negli anni scorsi sul territorio, ha proposto l'impiego di risorse che provengono sostanzialmente da capitoli che riguardano il Ministero dell'istruzione, la ricerca e l'innovazione. Si tratta di fondi che sono stati declamati, più volte, anche dall'opposizione, come fondi intangibili o che sono stati progressivamente saccheggiati, e che quindi, alla luce di questi interventi, verrebbero ulteriormente saccheggiati.
Per tale motivo il Governo manifesta, su questo tipo di proposte, sostanziali perplessità e contrarietà perché sono proposte che non garantirebbero la tenuta in termini di contabilità pubblica e sarebbero, comunque, dannose in questa fase, negando anche le tesi sostenute dagli stessi colleghi che sostengono che questo tipo di proposte dovrebbero essere migliorative. Sono proposte che, in realtà, dal punto di vista degli interventi determinerebbero, in taluni casi, inefficienze e, in altri casi, effetti complessivi sulla finanza pubblica che sarebbero peggiori rispetto al quadro prospettato nel testo che è al nostro esame e anche rispetto alle posizioni che sono state sostenute in quest'Aula.
Pertanto, anche entrando nel merito, come sono certo avverrà nel momento in cui inizierà il confronto sugli emendamenti, potremo cercare di affrontare le questioni ma scopriremo, di fatto, come una serie di proposte sono, dal punto di vista del Governo, peggiorative e non migliorative.
Detto tutto ciò, signor Presidente, termino il mio intervento ribadendo che quindi le linee guida che si trovano in questo decreto-legge sono linee guida riscontrabili in tutta l'attività che sta svolgendo il Governo ma sono, altresì, il frutto di elementi di necessità e di urgenza che quindi, ovviamente, rischiano di risentire della dinamica nel passaggio tra le due Camere. Pertanto, da questo punto di vista potrebbero risentire di quelle che sono cadenze di tempi che, ovviamente, dovremo cercare di fare rispettare.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 27 novembre 2008, alle 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1072 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre Pag. 1392008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina (Approvato dal Senato) (1857).
- Relatori: Santelli, per la I Commissione e Scelli, per la II Commissione.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Fassino ed altri n. 1-00065, Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00066, Evangelisti ed altri n. 1-00067 e Vietti ed altri n. 1-00068 sul contributo della Presidenza italiana alla definizione dell'agenda del G8 del 2009.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1083 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, recante disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali (Approvato dal Senato) (1891).
- Relatore: Simonetti.

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali (1813-A).
- Relatore: Gibiino.

(al termine delle votazioni)

5. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 22,35.

Pag. 140

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Mozione n. 1-00070 - Iniziative per prevenire la violenza sessuale e di genere

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 19 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 19 minuti
Partito Democratico 1 ora e 8 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 30 minuti
Misto: 15 minuti
Movimento per l'Autonomia 8 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 4 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Mozione n. 1-00071 - Sostegno dei diritti delle persone con disabilità

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 19 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 19 minuti
Pag. 141
Partito Democratico 1 ora e 8 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 30 minuti
Misto: 15 minuti
Movimento per l'Autonomia 8 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 4 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Mozione n. 1-00055 - Conferenza mondiale contro razzismo, discriminazione razziale,xenofobia e intolleranza

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore 19 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 19 minuti
Partito Democratico 1 ora e 8 minuti
Lega Nord Padania 36 minuti
Unione di Centro 31 minuti
Italia dei Valori 30 minuti
Misto: 15 minuti
Movimento per l'Autonomia 8 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 4 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

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Ddl n. 1440 e abb. - Misure contro gli atti persecutori

Discussione generale: 7 ore.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 21 minuti
Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
Lega Nord Padania 41 minuti
Unione di Centro 37 minuti
Italia dei Valori 36 minuti
Misto: 30 minuti
Movimento per l'Autonomia 16 minuti
Liberal Democratici-Repubblicani 8 minuti
Minoranze linguistiche 6 minuti

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1857 - em. 1.1 464 436 28 219 196 240 60 Resp.
2 Nom. em. 2.20 509 507 2 254 244 263 57 Resp.
3 Nom. em. 2.1 513 488 25 245 219 269 57 Resp.
4 Nom. em. 2-bis.1 513 511 2 256 240 271 57 Resp.
5 Nom. em. 2-bis.5 514 511 3 256 238 273 57 Resp.
6 Nom. em. 2-bis.6 525 523 2 262 248 275 57 Resp.
7 Nom. em. 2-bis.2 521 519 2 260 244 275 57 Resp.
8 Nom. em. 2-bis.20 520 518 2 260 249 269 57 Resp.
9 Nom. em. 2-bis.3 517 514 3 258 244 270 57 Resp.
10 Nom. em. 2-bis.4 523 521 2 261 248 273 57 Resp.
11 Nom. em. 2-quinquies.20 528 525 3 263 252 273 57 Resp.
12 Nom. em. 2-quinquies.1 515 512 3 257 243 269 56 Resp.
13 Nom. em. 2-quinquies.2 512 510 2 256 244 266 56 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 2-quinquies.21 516 513 3 257 244 269 56 Resp.
15 Nom. em. 3.21 515 512 3 257 245 267 56 Resp.
16 Nom. em. 3.23 525 521 4 261 249 272 56 Resp.
17 Nom. em. 3.24 524 522 2 262 249 273 54 Resp.
18 Nom. em. 3.20, 3.25 521 518 3 260 246 272 54 Resp.
19 Nom. em. 3.1 531 530 1 266 252 278 54 Resp.
20 Nom. em. 3.2 516 514 2 258 246 268 54 Resp.
21 Nom. em. 3.7 522 519 3 260 247 272 53 Resp.
22 Nom. em. 3-bis.1 527 524 3 263 251 273 53 Resp.
23 Nom. articolo agg. 3-bis.020 521 519 2 260 246 273 53 Resp.
24 Nom. articolo agg. 3-bis.021 516 514 2 258 240 274 53 Resp.
25 Nom. odg 9/1857/8 527 319 208 160 42 277 51 Resp.
26 Nom. odg 9/1857/9 521 325 196 163 54 271 51 Resp.
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 32)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. odg 9/1857/12 526 524 2 263 250 274 51 Resp.
28 Nom. odg 9/1857/14 520 518 2 260 249 269 51 Resp.
29 Nom. odg 9/1857/15 526 524 2 263 252 272 51 Resp.
30 Nom. odg 9/1857/22 523 485 38 243 211 274 51 Resp.
31 Nom. odg 9/1857/23 522 519 3 260 248 271 51 Resp.
32 Nom. odg 9/1857/27 528 498 30 250 223 275 51 Resp.