Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Istituzione di un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino Schema di D.Lgs. n. 233 (art. 1, comma 3 e 4, L. 88/2009) Elementi per l'istruttoria normativa
Riferimenti:
SCH.DEC 233/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 211
Data: 26/07/2010
Descrittori:
AMBIENTE   FONDALI MARINI
MARE     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

26 luglio 2010

 

n. 211/0

 

 

Istituzione di un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica  per l’ambiente marino

Schema di D.Lgs. n. 233
(art. 1, comma 3 e 4, L. 88/2009)

Elementi per l’istruttoria normativa

 

Numero dello schema di decreto legislativo

233

Titolo

Attuazione della direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica  per l’ambiente marino

Norma di delega

art. 1, comma 3 e 4, L. 88/2009

Numero di articoli

19

Date:

 

presentazione

14 luglio 2010

assegnazione

14 luglio 2010

termine per l’espressione del parere

23 agosto 2010

termine per l’esercizio della delega

15 luglio 2010  - L’art. 1, co. 3, della legge 88/2009 prevede che qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei 30 giorni che precedono la scadenza del termine di recepimento o successivamente, quest’ultimo è prorogato di 90 giorni (il termine è così rinviato fino al 13 ottobre 2010).

Commissione competente

VIII Commissione (Ambiente)

Rilievi di altre Commissioni

V Commissione (Bilancio) XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

 

 


Contenuto

Lo schema di decreto in esame è stato predisposto ai sensi della legge 88/2009 - comunitaria 2008 - e, in particolare, dell'allegato B, al fine recepire la direttiva 2008/56/CE, cd. direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino. Lo schema si compone di 19 articoli e VI allegati.

Si ricorda che la direttiva quadro considera l’ambiente marino un patrimonio prezioso da salvaguardare al fine di mantenere la biodivesità e la vitalità di mari che siano puliti, sani e produttivi. Essa si propone lo scopo di ''costituire il pilastro ambientale della futura politica marittima dell'Unione europea'', stabilendo dei princìpi comuni sulla base dei quali gli Stati membri devono elaborare specifiche strategie per raggiungere - entro il 2020 - un buono stato ecologico delle acque marine. La direttiva definisce, quindi, una serie di regioni e sottoregioni marine europee, identificate sulla base di caratteristiche oceanografiche e biogeografiche[1] che saranno gestite dagli Stati membri in maniera integrata, cooperando strettamente per stabilire strategie marine per le acque di ogni regione. Pertanto ciascun Stato membro dovrà elaborare, per la sua regione o sottoregione, una propria strategia per l’ambiente marino che, benché specificatamente concepita per le acque nazionali, rispecchi la prospettiva globale della regione o sottoregione marina interessata. La strategia dovrebbe esplicarsi attraverso un piano d’azione (da attuare entro precise scadenze) che parte dalla conoscenza approfondita dello stato dell’ambiente marino in una determinata zona, attraverso la definizione dei requisiti di un buono stato ecologico e di traguardi ambientali e programmi di monitoraggio, fino all’elaborazione di programmi di misure per il conseguimento ed il mantenimento del buono stato ecologico.

L'articolo 1, cherecepisce con alcune modifiche l’art. 1 della direttiva, istituisce un quadro per l’elaborazione di strategie e l’adozione di misure per mantenere un buono stato dell’ambiente marino entro il 2020. Pertanto le strategie dovranno adottare i seguenti principi:

a) applicare un approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane per assicurare che siano mantenute entro livelli compatibili;

b) garantire che non sia compromessa la capacità degli ecosistemi marini di reagire ai cambiamenti indotti dall'uomo;

c) considerare gli effetti transfrontalieri sulla qualità dell'ambiente marino;

d) promuovere la conservazione della biodiversità;

e) perseguire il contenimento dell'inquinamento;

f) assicurare la ricerca scientifica.

La relazione illustrativa sottolinea come l’approccio ecosistemico sia una componente fondamentale del provvedimento in esame in quanto la direttiva si caratterizza per l’integrazione e la cooperazione con le altre politiche settoriali rilevanti, quali trasporti, pesca, turismo, infrastrutture e ricerca. Conseguentemente i programmi di misure che verranno adottati dovranno formare "sistema" con tutti gli strumenti operativi già in essere relativi alle specifiche politiche settoriali.

Rispetto alle disposizioni della direttiva si nota che l'articolo 1 dello schema di decreto dispone in materia di "contenimento dell'inquinamento" mentre nella direttiva si afferma, quale obiettivo ultimo, l'eliminazione progressiva dell'inquinamento marino.

L'articolo 2, chericalca l’art. 2 della direttiva, individua quale ambito di applicazione le acque della regione del Mar Mediterraneo (come definita al successivo art. 3) e stabilisce che il decreto non si applica, invece, alle attività il cui unico fine è la difesa o la sicurezza militare dello Stato.

Si segnala che la direttiva usa l'espressione di carattere più generale "la difesa o la sicurezza nazionale", mentre nello schema di decreto viene usato il termine di “sicurezza militare” dello Stato.

In attuazione dell’art. 2 della direttiva, viene messo a punto un meccanismo di concertazione tra il Ministero dell'ambiente e gli altri ministeri competenti allo scopo di identificare, con decreto, le misure di tutela ambientale marina compatibili con le condizioni difesa o la sicurezza nazionale.

L'articolo 3,che recepisce l’art. 3 della direttiva,elenca le definizioni rilevanti per l’applicazione del decreto: acque marine, regione del Mare Mediterraneo, regione e sub-regione marina, strategia marina, stato ambientale, buono stato ambientale, traguardo ambientale, criteri, inquinamento, cooperazione regionale e convenzioni marittime regionali.

Tra esse si evidenziano le “acque marine” che comprendono non solo quelle poste oltre la linea di base che serve a misurare l'estensione delle acque territoriali, ma anche le acque costiere, così come definite alla parte terza del d.lgs. 152/2006, cd. Codice ambientale, nonché i relativi fondali e sottosuolo. Le acque costiere infatti, sono quelle più sottoposte ad impatti e pressioni ambientali e costituiscono, ai sensi del 12mo considerando della direttiva quadro, parte integrante dell’ambiente marino rientrando, pertanto, a pieno titolo nel campo di applicazione della direttiva stessa.

L’art. 74, comma 1, lett. c), del Codice ambientale definisce acque costiere le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione.

Per quanto riguarda le altre definizioni viene scelto quale termine per definire lo “stato ecologico” e il “buono stato ecologico” indicati nella direttiva, lo “stato ambientale” e il “buono stato ambientale” rinviando, per la definizione di quest’ultimo, all’allegato I dello schema di decreto (che reca una serie di descrittori qualitativi per la determinazione del buono stato ambientale), mentre la direttiva ne dà un’ampia descrizione già nella definizione.

La definizione di regione e sottoregione marina è mutuata dall’art. 4 della direttiva che ha individuato le seguenti regioni marine europee: il Mar Baltico, l’oceano Atlantico nord-orientale, il Mar Nero e Mar Mediterraneo. Per quanto riguarda quest’ultimo esso è suddiviso nelle seguenti sottoregioni marine: il Mediterraneo occidentale, il Mare Adriatico, il Mare Ionio e il Mediterraneo centrale.

Si osserva, in merito alla definizione della regione del Mar Mediterraneo mutuata, in parte, dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di Barcellona, che potrebbe essere opportuno riprendere alla lettera la delimitazione più puntuale recata dalla Convenzione che fa riferimento ai fari di Mehemetcik e di Kumkale e non alle sole località come nello schema di decreto[2].

Si ricorda che con il termine Convenzione di Barcellona si intende la Convenzione per la protezione del Mediterraneo dai rischi dell'inquinamento firmata a Barcellona il 16 febbraio 1976 da 16 governi che si affacciano sul Mediterraneo. E' entrata in vigore nel 1978 e l'Italia l'ha ratificata il 3 febbraio 1979 con legge n. 30. Nel 1995, le correzioni alla Convenzione hanno stabilito il Principio Precauzionale ed insieme come nuovo ed ultimo obiettivo l'eliminazione completa delle fonti di inquinamento.

La definizione di "criteri" dello schema di decreto reca l'inciso "individuate dalla Commissione" assente nella direttiva.

Gli articoli 4 e 5, in attuazione delle disposizioni di principio dell’art. 7 della direttiva, individuano l’autorità competente responsabile dell’applicazione del decreto nel Ministero dell'ambiente con il compito di coordinare i soggetti coinvolti e le attività previste. Per svolgere tale coordinamento il Ministero si avvarrà di uno specifico Comitato consultivo composto da membri nominati sia dai ministeri con competenze in materie interessate dall'applicazione del decreto che dalla Conferenza unificata, per garantire, come precisa la relazione illustrativa, il corretto svolgimento del principio di collaborazione interistituzionale con tutte le realtà territoriali. È quindi prevista, in ausilio al comitato, la costituzione di una segreteria tecnica nonché l’istituzione di un gruppo di esperti con funzioni di consulenza tecnico-scientifica indicati dai soggetti che compongono il Comitato consultivo e da vari enti (ISPRA, ENEA, CNR, ISS, ISTAT e CONISMA).

Si può osservare che l'articolo 7 della direttiva prevede che le autorità competenti siano individuate entro il 15 luglio 2010 e comunicate alla Commissione entro il 15 gennaio 2011. Il testo del decreto recepisce solo il secondo dei due termini nell’articolo 17 dello schema di decreto in esame.

L'articolo 6, cheriproduce sostanzialmente l’art. 6 della direttiva, riguarda le procedure di cooperazione con gli Stati che hanno in comune con l’Italia una regione o sottoregione marina.

A tale proposito si segnala che l’articolo opera (comma 3) un rimando all'art. 8, comma 7, comma inesistente nel testo dello schema di decreto. L’articolo, inoltre, non sembra riprendere il riferimento alle eventuali cooperazioni con Paesi membri situati nel bacino imbrifero di ciascuna regione marina (par. 2, ultimo periodo dell’art. 6 della direttiva).

L'articolo 7, in coerenza con l’art. 5 della direttiva, enuncia le cinque fasi attuative della strategia per l'ambiente marino, specificate negli artt. da 8 a 12 ed una eventuale (art. 13), che dovranno essere aggiornate ogni sei anni (art. 17 della direttiva) per ciascuna regione o sottoregione marina e che possono essere così sintetizzate:

 

Scadenze

Fasi

In “tempo utile” per la determinazione del buono stato ambientale e dei traguardi ambientali

Valutazione iniziale dello stato ambientale attuale delle acque considerate e dell'impatto ambientale esercitato dalle attività umane (articolo 8)

 

 

Entro il 15/7/2012

Definizione del buono stato ambientale delle acque considerate con DM (articolo 9)

Definizione di traguardi ed indicatori ambientali con DM (articolo 10)

 

Entro il 15/7/2014

Elaborazione/attuazione di un programma di monitoraggio per la valutazione continua e l'aggiornamento dei traguardi con DM (articolo 11)

 

Entro il 31/12/2015

Elaborazione di un programma di misure per il conseguimento/mantenimento di un "buono stato ambientale" con DPCM (articolo 12)

Entro il 31/12/2016

Avvio del programma di misure (articolo 12)

 

 

L'articolo 8, recependo, in parte, l’art. 8 della direttiva, definisce il contenuto della valutazione iniziale che dovrà comprendere: l'analisi dello stato ambientale di una determinata regione marina, dei principali fattori di impatto e pressione, nonché l'analisi sociale ed economica dell'uso dell'ambiente marino e del suo degrado.

Rispetto alla direttiva, il comma 3, lett. a) omette alcune specificazioni dell'art. 8, par 1, lett. a) della direttiva e il par. 2 che prevede che tali analisi devono tener conto anche di elementi relativi alle acque costiere, di transizione e territoriali che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2000/60/CE. Tale ultimo punto risulta di estrema importanza in quanto studi dell’Agenzia ambientale europea hanno evidenziato che l’80% dell’inquinamento dell’ambiente marino deriva da fonti “terrestri”.

L’articolo individua, inoltre, nel Ministero dell’ambiente l’ente deputato a coordinare le attività relative alla valutazione iniziale dello stato ambientale del mare (la direttiva fa riferimento allo stato ecologico). A tal fine, ogni amministrazione o soggetto pubblico/privato è tenuto a fornire i dati posseduti richiesti dal Ministero utili al completamento della valutazione iniziale.

La relazione illustrativa evidenzia come la direttiva fissa un unico termine, 15 luglio 2012, per la valutazione iniziale, la definizioni del buono stato ambientale e dei traguardi ambientali, mentre esse dovrebbero avere, invece, una successione temporale differenziata dato che la valutazione iniziale è prodromica alle altre due. Per tale motivo non è stato riportato il termine previsto dalla direttiva per la valutazione iniziale preferendo adottare la formulazione "in tempo utile" per espletare le altre fasi.

Inoltre, la valutazione iniziale risulta importante per la definizione delle successive fasi della strategia per l’ambiente marino in quanto, solo dopo aver valutato lo stato iniziale dell’ambiente marino e le principali pressioni nelle rispettive regioni marittime, si potranno stabilire obiettivi, indicatori e programmi di monitoraggio chedovranno anche essere comunicati dal Ministero alla Commissione entro tre mesi dalla loro elaborazione (articoli 9, 10 e 11).

L'articolo 12, recependo l’art. 13 della direttiva, indica le modalità per l’elaborazione, da parte del Ministero dell'ambiente, di uno o più programmi di misure concrete per conseguire o mantenere un buono stato ambientale tenendo conto anche dell'impatto sociale ed economico e della fattibilità tecnica. Essi verranno approvati con DPCM al fine di garantire il più alto livello di concertazione. In merito al contenuto dei programmi essi potranno (comma 10) includere misure di salvaguardia, risanamento e ripopolamento marino, prevedere limiti, condizioni e divieti in riferimento all'esercizio di attività con impatto sull'ambiente marino ed agli atti di autorizzazione, concessione, assenso o nulla osta legati a tali attività, nonché alle ordinanze aventi impatto sull'ambiente marino. I programmi dovranno altresì indicare misure volte a rendere economicamente vantaggioso l'adozione di comportamenti finalizzati al raggiungimento del buono stato ambientale dell'ambiente marino.

L'articolo 13, recependo l’art. 5, par. 3 della direttiva, disciplina la fase eventuale di una situazione di criticità dello stato del mare in una regione o sottoregione condivisa dall'Italia con altri Stati membri, tale da richiedere un intervento urgente.

Gli articoli 14 e 15, in attuazione dei corrispondenti articoli della direttiva, riguardano rispettivamente le situazioni eccezionali (cause naturali o di forza maggiore o azioni/omissioni non imputabili all'Italia) che ostacolano il perseguimento dei traguardi e quelle in cui è necessaria un’azione comunitaria (qualora lo stato delle acque marine è influenzato da fattori che non possono essere gestiti a livello nazionale perché dipendono da accordi internazionali o dall'attuazione di politiche comunitarie).

L’articolo 16, in attuazione dell’art. 19 della direttiva, mira ad assicurare la partecipazione effettiva e tempestiva dei soggetti interessati nelle procedure previste e le più idonee forme di informazione del pubblico, mentrel’articolo 17, recependo l’art. 18 della direttiva, regola la trasmissione di relazioni intermedie - triennali - alla Commissione europea.

L’articolo 16 non riporta il contenuto del comma 3, par 2 e 3 dell’art. 19 della direttiva che prevede, tra l’altro, anche l’invio dei programmi dell’Agenzia europea dell’ambiente.

L'articolo 18 prevede il potere regolamentare del Governo in ordine all'eventuale modifica degli allegati e l'emanazione di decreti ministeriali per l'attuazione di successive norme comunitarie riguardanti modalità esecutive e caratteristiche tecniche, dato che l’art. 24 della direttiva prevede la possibilità di modificare gli allegati tecnici.

L'articolo 19 reca la copertura finanziaria prevedendo il ricorso al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (art. 5, legge 183/1987) nonché ai fondi autorizzati dall’art. 7, comma 2, della legge 979/1982 (Disposizioni per la difesa del mare) per l'attuazione degli artt. 8 e 11 (attività di valutazione iniziale e programmi di monitoraggio).

Si osserva che in relazione all’art. 7 della legge 979/1982 il riferimento corretto è il comma 2, non il comma 1.

La relazione tecnico-finanziaria quantifica, infatti, per l’attuazione dell’art. 8 complessivi 18,2 milioni di euro (2010-2012) e 16,1 per l’art. 11 (a decorrere dal 2013).

Si ricorda che la legge 191/2009 (finanziaria 2010) rifinanzia (Tab. D) il Fondo per le politiche comunitarie con 23,3 milioni di euro per il 2010, 24,3 per il 2011 e 5.524,3 per il 2012; per la legge 979/1982 la tab. C reca 31,7 milioni di euro per il 2010 e 24,1 per ciascuno degli anni 2011 e 2012.

 

I sei allegatidel decreto corrispondono a quelli contenuti nella direttiva, con alcune lievi diversità:

• all'allegato III, Tab. 2, Perdita fisica, il concetto di “sigillatura” previsto dalla direttiva viene sostituito con quello di “isolamento”;

• all'allegato IV, punto 2, lettera b) e punto 4, è necessario aggiungere la parola “traguardi” rispettivamente: “b) traguardi quantificabili” e “4. Coerenza della serie di traguardi”.

 

Relazioni e pareri allegati

Il testo è corredato della: relazione illustrativa, relazione tecnico-finanziaria, analisi tecnico-normativa, analisi di impatto della regolamentazione, nonché del visto della Ragioneria generale dello Stato.

Conformità con la norma di delega

Lo schema di decreto è stato predisposto ai sensi dell’allegato B della legge 88/2008 (comunitaria 2008) al fine recepire la direttiva 2008/56/CE che avrebbe dovutoessere recepita entro il 15 luglio 2010. L’art. 1, co. 3, della legge 88/2009 prevede peraltro che qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei 30 giorni che precedono la scadenza del termine di recepimento o successivamente, quest’ultimo è prorogato di 90 giorni (il termine è così rinviato fino al 13 ottobre 2010).

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento è riconducibile alla materia “tutela dell’ambiente”, riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Si ricorda che la direttiva 2008/56/CE, cd. direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino considera l’ambiente marino un patrimonio prezioso da salvaguardare al fine di mantenere la biodivesità e la vitalità di mari che siano puliti, sani e produttivi. Essa si propone lo scopo di ''costituire il pilastro ambientale della futura politica marittima dell'Unione europea'', stabilendo dei princìpi comuni sulla base dei quali gli Stati membri devono elaborare specifiche strategie per raggiungere - entro il 2020 - un buono stato ecologico delle acque marine.

 

 

Si ricorda inoltre che la Parte terza del Codice ambiente (d.lgs. 152/2006) norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche. Ad integrazione di quanto disposto dal Codice, il d.lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il d.lgs. 16 marzo 2009, n. 30 hanno recepito, rispettivamente, la direttiva 2006/7/CE relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e la direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento.

Si ricordano, infine, in materia di acque, la direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque (da recepireentro il 10 ottobre 2010 ai sensi dell’art. 1 della legge comunitaria 2009, n. 96 del 2010), nonché la direttiva 2009/90/CE sul monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee che fissa i criteri minimi di efficienza per i metodi di analisi utilizzati dagli Stati membri per monitorare lo stato delle acque, dei sedimenti e del biota e contiene regole per comprovare la qualità dei risultati delle analisi, che dovrà essere recepita entro il 20 agosto 2011.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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File: Am0155a.doc



[1] La Commissione europea ha ritenuto di suddividere l’ambiente marino in regioni e sub-regioni in quanto le caratteristiche biogeografiche, ecologiche e naturalistiche sono estremamente diverse da un’area marina all’altra, anche nell’ambito di una stessa regione marina, portando inevitabilmente a definire indicatori biologici e obiettivi ambientali diversi.

[2]http://www.centromarconi.it/EasyMM/files/Lezioni/LeanzaGraziani/ConvBarcellona.pdf