PDL 852

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 852

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MORASSUT, RICHETTI, ASCARI, CURTI, TONI RICCIARDI,
D'ALFONSO

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi riguardanti la scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori e l'omicidio di Simonetta Cesaroni

Presentata il 1° febbraio 2023

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Onorevoli Colleghi! – Nel labirinto dei molti misteri che abitano il nostro Paese si corre il rischio di dimenticare, o più precisamente, di smettere di cercare la verità che riguarda alcune storie che hanno al centro giovani donne, talvolta adolescenti, che hanno visto le proprie vite interrotte e stritolate. Sono state rapite, uccise, fatte scomparire. È a Roma che le vite di Emanuela Orlandi, nata il 14 gennaio 1968 e scomparsa il 22 giugno 1983, di Mirella Gregori, nata il 7 ottobre 1967 e scomparsa il 7 maggio 1983 e di Simonetta Cesaroni, nata il 5 novembre 1969 e trovata morta il 7 agosto 1990, si sono fermate.
Le loro vicende, sia pure in modi diversi per natura e per implicazioni, sono diventate quelli che si chiamano «casi»: casi irrisolti, casi giornalistici, casi criminali. Sicuramente tali vicende sono casi, ma questo modo di intenderle e di interpretarle ha fatto sì che troppo spesso si sia perso il senso di quelle che erano, soprattutto e semplicemente, delle vite normali, di ragazze amate dalle loro famiglie e dai loro amici, famiglie e amici che sono stati lasciati senza pace e senza risposte da molti, troppi anni.
Madri, padri, sorelle, fratelli che nel tempo non si sono mai arresi e che hanno continuato con tenacia a perseguire, a costo di sofferenze aggiuntive rispetto a quella già atroce della perdita, una verità che sembra sempre sfuggire.
Riteniamo che anche per la soluzione di questi «casi» sia giunto il momento che il Parlamento, che fino ad ora non è mai intervenuto con indagini e con commissioni di inchiesta ex articolo 82 della Costituzione, dia il suo contributo con l'istituzione di una Commissione bicamerale d'inchiesta.
Il nome di Emanuela Orlandi, allora quindicenne, cittadina dello Stato del Vaticano, figlia del commesso del palazzo apostolico Ercole Orlandi, diventa conosciuto all'opinione pubblica dal 22 giugno del 1983, giorno in cui scompare nel nulla.
Fu alle 16,30 circa di quel giorno che Emanuela Orlandi uscì dall'appartamento in cui viveva con la famiglia, in via di Sant'Egidio, all'interno della Città del Vaticano, per andare presso l'istituto «Ludovico da Victoria», in Piazza Sant'Apollinare, dove studiava flauto traverso. In una telefonata a casa Emanuela raccontò alla sorella Federica di essere stata avvicinata da un uomo, il quale le aveva proposto di partecipare ad una sfilata, che l'atelier Fontana avrebbe tenuto a Palazzo Borromini, per distribuire materiale per la Avon. Quel pomeriggio aveva un appuntamento con la sorella in un luogo poco distante dal Vaticano, ma non si presentò mai. Dalle 19,20 del 22 giugno di lei si perse ogni traccia. Il caso divenne presto uno degli episodi più misteriosi della storia italiana. Moltissimi furono i personaggi di contorno che si presero la scena, sempre in bilico tra il depistaggio, la mitomania, lo sciacallaggio, elementi distorcenti attraverso i quali intravedere brandelli di verità, utilizzando la disperazione e la speranza di una famiglia che però, in quasi quarant'anni di via crucis, non ha mai perso lucidità, e che oggi più che mai chiede che si arrivi alla verità sul rapimento di Emanuela.
Allora furono continue le telefonate alla famiglia per segnalare quello che in realtà i testimoni non avevano mai visto, fino al disvelamento del presunto rapitore, «l'americano», così chiamato per il suo accento, che in una delle innumerevoli telefonate disse che se le autorità italiane non avessero rilasciato Mehmet Ali Agca, l'attentatore che due anni prima aveva cercato di uccidere Papa Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, Emanuela sarebbe stata uccisa.
Questa vicenda assunse presto una grande rilevanza internazionale e mediatica. Infatti, a meno di due mesi dalla denuncia di scomparsa, si profilò l'ipotesi di un sequestro di matrice terroristica. Da allora le tesi e le ipotesi si rincorsero e si sovrapposero. Il quadro degli eventi risultò presto frantumato in una pluralità spesso contraddittoria di voci, riconducibile a gruppi eterogenei dai fini indecifrabili, il cui fattore comune sembra rappresentato dall'uso strumentale delle notizie divulgate. La storia di Emanuela Orlandi si intreccia poi con quella di un'altra ragazza coetanea, cittadina italiana, scomparsa nello stesso periodo né mai ritrovata: Mirella Gregori. Le due vicende per un momento si sovrappongono, sembrano accomunate da una stessa sorte. Mirella Gregori, allora quattordicenne, scomparve a Roma il 7 maggio 1983, quaranta giorni prima della sparizione di Emanuela Orlandi. Quel giorno Mirella uscì di casa dicendo alla madre che «aveva un appuntamento» con un vecchio compagno di classe. Da quel momento anche la famiglia di Mirella non ebbe più notizie della ragazza.
La madre di Mirella, durante una visita del Papa in una parrocchia romana il 15 dicembre 1985, riconobbe in un uomo della scorta una persona che spesso andava a prendere la figlia a casa. Forse lo stesso uomo che è stato visto con Emanuela Orlandi, pochi giorni prima della sua scomparsa?
La madre della ragazza venne contattata da un uomo che si qualificò come appartenente allo stesso gruppo dei sequestratori di Emanuela e che dopo un po' di tempo le comunicò queste parole: «Non abbiamo nulla da fare».
I messaggi di richieste e di ultimatum raggiunsero la stampa americana, la CBC, e ancora quella italiana con sigle di organizzazioni terroristiche diverse, tutte riassumibili con il linguaggio investigativo nella cosiddetta «pista turca».
Il periodo storico in cui spariscono Emanuela Orlandi e Mirella Gregori è segnato da tensioni, misteri e scandali: la crisi dell'Istituto per le opere di religione (IOR) e il dissesto del Banco Ambrosiano, l'omicidio del banchiere Roberto Calvi, i legami tra la mafia e altre organizzazioni criminali, il protagonismo e il fiancheggiamento criminale della banda della Magliana, sullo sfondo la Guerra fredda.
Non possiamo in questa sede ricostruire, né tanto meno esaurire, in maniera completa le infinite fasi e le infinite incongruenze, i silenzi e i misteri che ancora oggi non hanno finito di emergere, non ultimo quello che riguarda le notizie secondo cui il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI) avrebbe indagato sulla scomparsa di Mirella Gregori e su quella di Emanuela Orlandi e che la documentazione relativa all'indagine, collocata in tre faldoni secretati, sembrerebbe sparita nel nulla; di questa documentazione la procura della Repubblica di Roma avrebbe disposto l'acquisizione, ma non sarebbe mai stata consegnata per confluire negli atti d'indagine. Se tutto ciò fosse accertato starebbe ad indicare un'attività d'inchiesta molto approfondita, fatta direttamente dal Sismi senza che la famiglia ne fosse avvisata come, era, invece, accaduto con il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE). Nel settembre del 1993, il magistrato impegnato nelle indagini sui mandanti dell'attentato a Papa Wojtyla decise di acquisire del materiale presso la sede dei servizi segreti militari e, proprio in questa occasione, i carabinieri si sarebbero imbattuti in una quantità estremamente consistente di documenti, distribuiti in diciotto faldoni, tre dei quali riguardanti appunto la Gregori e la Orlandi.
Gli investigatori annotarono su due di essi il cognome «Orlandi» e, sull'altro, «Orlandi-Gregori».
Tale documentazione non è mai stata consegnata. Questo è solo uno degli ultimi tasselli di un caso che merita a nostro avviso decisamente l'attenzione di una Commissione parlamentare di inchiesta. Emanuela fu rapita, se ne ha, ormai, certezza: da alcune evidenze, infatti, emerge che vi fu una rivendicazione del suo rapimento da parte dei rapitori, che ottennero addirittura una linea riservata con la Segreteria di Stato della Santa Sede, nella persona del cardinale Agostino Casaroli, al fine di trattare le condizioni per il rilascio.
Un evento, questo, che sicuramente presenta caratteri di eccezionalità, poiché vede la seconda carica di uno Stato trattare in prima persona, senza intermediazioni, con i rapitori di una cittadina. Furono, inoltre, sicuramente coinvolti apparati delle istituzioni italiane (SISDE, SISMI, Digos, carabinieri e Polizia di Stato).
Ciò nonostante, i depistaggi, le omissioni, le manipolazioni sono stati moltissimi. La mancanza di collaborazione da parte dello Stato della Città del Vaticano nei confronti delle istituzioni e della magistratura italiana è stata significativa: sono ben tre, ad esempio, le rogatorie internazionali rivolte dalla procura della Repubblica di Roma, sempre rigettate, contravvenendo, in questo modo, all'accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana, che apporta modificazioni al concordato lateranense, firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e ratificato ai sensi della legge 25 marzo 1985, n. 121, il quale, all'articolo 1, prevede che: «La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese.».
Altrettanti approfondimenti merita il caso di Simonetta Cesaroni. Era il 7 agosto 1990 quando, alle 23,30, in una Roma semideserta, questa giovane veniva trovata morta in via Carlo Poma 2. Sono passati trentadue anni dall'omicidio di Simonetta Cesaroni, divenuto noto come il «delitto di via Poma», un delitto che scosse tutta l'Italia per l'efferatezza e per le ombre e i dubbi che hanno caratterizzato la vicenda, rimasta a tutt'oggi senza un colpevole.
La ragazza fu uccisa con 29 colpi di arma bianca, probabilmente un tagliacarte, anche se la circostanza non è mai stata accertata con sicurezza. L'autopsia ipotizzerà un lasso di tempo molto ampio per l'ora della morte, ossia tra le sette e le dodici ore antecedenti al sopralluogo delle ore 2 dell'8 agosto; successive considerazioni hanno portato ad ipotizzare che la morte della Cesaroni possa essere collocata tra le ore 16 e le ore 19 di quel giorno; ad ogni modo la mancanza di certezze sull'ora del decesso e, quindi, dell'omicidio, è certamente uno dei motivi per i quali il caso è rimasto insoluto. Questa vicenda continua ancora oggi a sollevare numerose domande sul modo con il quale le investigazioni furono condotte nei giorni immediatamente successivi all'evento, ma anche nelle successive riaperture del caso, che culminarono nel processo a Raniero Busco, all'epoca dei fatti fidanzato della vittima, assolto definitivamente e risultato del tutto estraneo ai fatti. Ma la vicenda di Simonetta Cesaroni non è solo la storia di un'indagine mal riuscita, non è solo il racconto di omissioni, di reticenze, di menzogne; essa è anche il simbolo di una giustizia che si rivela incapace di individuare il colpevole, è il simbolo del male che riesce a farla franca dopo aver devastato l'innocenza e l'ingenuità di una ragazza di vent'anni. Peraltro il caso di Simonetta Cesaroni è solo uno dei numerosi casi di cronaca nera di Roma, rimasti senza spiegazioni né colpevoli accertati, casi riguardanti giovani donne, che hanno segnato la storia della capitale e la storia italiana del dopoguerra. Le donne uccise senza spiegazioni sono state infatti numerose, e quasi sempre le ragioni di questi delitti sembrano mescolare elementi passionali, patologie e devianze sessuali, con aspetti oscuri spesso riconducibili, per via meramente induttiva ma non del tutto infondata, a retroscena più complessi, nei quali si muove l'ombra di forze oscure, di personaggi ambigui, o si presentano depistaggi e incongruenze inspiegabili nelle indagini. La morte di Simonetta Cesaroni si verifica nell'estate del 1990, in un momento particolare della storia italiana che può, a distanza di anni, essere ricordato come un momento di «cambio di regime». Le donne vittima di violenza perché venute a contatto, consciamente o involontariamente, con ambienti e con mondi particolari, nei quali un abuso passionale o sessuale si risolve con un delitto e con l'insabbiamento delle sue vere cause, sono state numerose. Anche il caso Cesaroni sembra andare oltre un fatto solo incidentale. Le incongruenze, i depistaggi accertati, le mancate relazioni di fatti evidenti che sembrano confermarsi nel dibattimento del processo di appello, lasciano spazio alla convinzione che il caso meriti ancora un approfondimento che, per le sue ricadute pubbliche, può a buona ragione essere promosso da un organo parlamentare di inchiesta. Una rapida disamina di alcuni elementi, quantomeno singolari, e di circostanze rimaste senza alcuna risposta dimostra quanto sia importante la costituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul delitto di via Poma. Nel corso del primo sopralluogo, effettuato dalla polizia scientifica nella notte tra il 7 e l'8 agosto, non furono repertate tracce significative e fondamentali per comprendere la dinamica dell'omicidio. Nella stessa relazione tecnica di sopralluogo, la descrizione della stanza dove Simonetta Cesaroni svolgeva il suo lavoro è quantomeno lacunosa.
E ancora: come rilevato nella sentenza del giudice delle indagini preliminari del 16 giugno 1993, relativa al provvedimento nei confronti di Raniero Valle, mentre nella relazione tecnica di sopralluogo della polizia scientifica si descrive un'ecchimosi nella regione orbitale sinistra, chiaramente visibile nella foto n. 17 allegata alla relazione stessa, il medico legale, nella consulenza autoptica, descrive soltanto un'ecchimosi all'emivolto destro. Il medico legale non effettuò una serie di accertamenti tecnici, ritenuti, anche all'epoca delle indagini, indispensabili per stabilire con maggiore certezza l'orario della morte. In particolare non venne rilevata la temperatura corporea e, in sede di autopsia, non vennero effettuati esami istologici ed istochimici importanti. Resta il dubbio se effettivamente furono controllati i cassonetti dei rifiuti siti nelle strade attorno a via Poma, e risulta incomprensibile l'immediata raccolta di tracce presumibilmente ematiche nel corridoio e nell'appartamento, nella stanza dell'amministrazione, sul vetro interno dell'ascensore e sulla parete antistante l'abitazione del portiere della palazzina B.
La scena del crimine non venne congelata, anzi l'appartamento fu riconsegnato al personale della segreteria regionale dell'Associazione italiana alberghi della gioventù (AIAG) solo una settimana dopo l'omicidio, così che i successivi sopralluoghi del 22 agosto, del 27 agosto, del 30 agosto e del 28 settembre ebbero luogo quando il personale dell'AIAG era tornato a lavorare nella sede. Il sequestro del computer Data General DG 10 venne ordinato dalla procura della Repubblica di Roma solo il 7 agosto 1996. Nel frattempo la macchina era rimasta nella disponibilità degli impiegati dell'AIAG. La prima (del 1990) e la seconda (del 1992) perizia vennero affidate dal pubblico ministero a due tecnici della società che quel computer aveva venduto e installato nell'ufficio, con il relativo software di contabilità, rinunciando così ad una valutazione indipendente.
Nell'immediatezza dei fatti non furono ascoltati tutti i condòmini presenti quel 7 agosto nel complesso residenziale di via Poma, civici 2 e 4. La perquisizione di alcuni appartamenti della palazzina B, quella in cui aveva sede il comitato regionale dell'AIAG, fu effettuata solo il 15 settembre del 1990. Alcuni testimoni fondamentali, che avrebbero potuto, almeno ipoteticamente, essere presenti in via Poma nel pomeriggio del 7 agosto, vennero ascoltati con mesi, addirittura anni, di ritardo. Gli alibi di numerosi sospettabili non furono verificati nell'immediatezza dei fatti. Non è mai stato chiarito, inoltre, il ruolo avuto nella vicenda da Roland Voller, presunto informatore della polizia. Le indagini registrano la misteriosa scomparsa di due sedie, poste di fronte alla scrivania sita nella stanza del delitto e sulle quali il papà della vittima e alcuni agenti entrati nell'appartamento avevano individuato la presenza di numerose tracce ematiche; risultarono scomparsi i fogli di presenza degli impiegati della sede del comitato regionale dell'AIAG, inoltre si poté accertare che alcuni alibi, forniti all'epoca dei fatti, non erano veritieri.
Nel corso del processo di primo grado a Raniero Busco, che ha sangue di gruppo zero, le tracce ematiche, repertate in due luoghi distinti, ossia il lato interno della porta della stanza dove venne rinvenuto il cadavere e un telefono posto su una scrivania di un'altra stanza dell'appartamento, individuate come di gruppo A da due distinte perizie e dalla ripetizione di quattro distinte analisi, vennero definite irrilevanti, in dibattimento, dai consulenti del pubblico ministero, poiché, a loro dire, non repertate in modo corretto. Tuttavia le relazioni di acquisizione dei reperti e quelle di successiva conservazione dimostrano che tali tracce vennero acquisite con procedure corrette.
Quelle qui descritte sono solo alcune delle incongruenze e delle manchevolezze emerse, nel tempo, in merito alla fase delle indagini, agli accertamenti e alle perizie.
Riteniamo, dunque, non più procrastinabile per questo Parlamento la istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, che contribuisca in modo decisivo a fare luce sui casi riguardanti il rapimento di Emanuela Orlandi, di Mirella Gregori e l'omicidio di Simonetta Cesaroni e a restituire, finalmente, la verità alle loro famiglie e alla collettività.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione, durata e compiti della Commissione)

1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XIX legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi riguardanti il rapimento di Emanuela Orlandi, di Mirella Gregori e l'omicidio di Simonetta Cesaroni, di seguito denominata «Commissione».
2. La Commissione ha i seguenti compiti:

a) ricostruire e analizzare in maniera puntuale la dinamica del rapimento di Emanuela Orlandi, di Mirella Gregori e dell'omicidio di Simonetta Cesaroni;

b) verificare ed esaminare il materiale e i dati acquisiti attraverso le inchieste giudiziarie e le inchieste giornalistiche riguardanti i casi di cui alla lettera a);

c) esaminare e verificare fatti, atti e condotte commissive oppure omissive che possano avere costituito ostacolo o ritardo o avere portato ad allontanarsi dalla ricostruzione veritiera dei fatti necessaria all'accertamento giurisdizionale delle responsabilità connesse agli eventi, anche promuovendo azioni presso Stati esteri, finalizzate ad ottenere documenti o altri elementi di prova in loro possesso che siano utili alla ricostruzione delle vicende;

d) verificare, mediante l'analisi degli atti processuali e del materiale investigativo raccolto negli anni, quali criticità e circostanze possano avere ostacolato il sistema giudiziario nell'accertamento dei fatti e delle responsabilità.

3. Entro sessanta giorni dalla conclusione dei propri lavori e ogni qualvolta lo ritenga necessario, la Commissione presenta una relazione alle Camere. Possono essere presentate relazioni di minoranza.

Art. 2.
(Composizione della Commissione)

1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. I componenti sono nominati anche tenendo conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione.
2. La Commissione è rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione e i suoi componenti possono essere confermati.
3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati convocano la Commissione, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
4. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. È eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
5. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4.
6. Le disposizioni dei commi 4 e 5 si applicano anche per le elezioni suppletive.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione)

1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e con le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
2. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
3. La Commissione può richiedere, nelle materie attinenti alle finalità di cui all'articolo 1, copie di atti e di documenti riguardanti procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari.
4. Sulle richieste di cui al comma 3 l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale.
5. La Commissione mantiene il segreto fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 3 sono coperti da segreto nei termini indicati dai soggetti che li hanno trasmessi.
6. La Commissione può chiedere agli organi e agli uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti nelle materie attinenti alle finalità di cui all'articolo 1.
7. Fermo restando quanto previsto dal comma 5, la Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti, le testimonianze e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse.
8. Per il segreto d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti in materia. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.
9. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non sono tenuti a comunicare alla Commissione le fonti delle loro informazioni.
10. La Commissione può organizzare i propri lavori tramite uno o più comitati, disciplinati dal regolamento di cui all'articolo 5, comma 1.

Art. 4.
(Obbligo del segreto)

1. I componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui ai commi 5 e 7 dell'articolo 3.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione dell'obbligo di cui al comma 1 è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

Art. 5.
(Organizzazione interna)

1. L'attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell'articolo 3, comma 10, sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.
2. Le sedute della Commissione sono pubbliche. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.
3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni ed esterni alla pubblica amministrazione, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
4. Per lo svolgimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 150.000 euro per l'anno 2023 e di 100.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata d'intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al primo periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.
6. La Commissione cura l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività.

Art. 6.
(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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