PROGETTO DI LEGGE
Capo I
Articolo 1
Capo II
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 6
Capo III
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 9
Capo IV
Articolo 10
Articolo 11
Articolo 12
Capo V
Articolo 13
Capo VI
Articolo 14
Capo VII
Articolo 15
XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 447
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ASCARI, AIELLO, AMATO, CAROTENUTO, CHERCHI, GIULIANO, ONORI, PAVANELLI, PENZA, QUARTINI, SCERRA, TORTO
Modifiche al codice civile, al codice penale e al codice di procedura penale e altre disposizioni per la protezione e l'assistenza dei minorenni in condizioni di rischio fisico o psicologico appartenenti a famiglie inserite in contesti di criminalità organizzata, nonché dei componenti delle medesime famiglie che intendano dissociarsi da tali contesti, nei casi in cui non sussistono i presupposti per l'ammissione alle speciali misure di protezione di cui al decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e alla legge 11 gennaio 2018, n. 6
Presentata il 24 ottobre 2022
Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge è volta a istituire e regolamentare una rete nazionale di protezione e di assistenza a favore di tutti i soggetti minorenni sottoposti a un grave pregiudizio della propria integrità psicofisica derivante dall'appartenenza a nuclei familiari inseriti in contesti di criminalità organizzata, nonché dei loro familiari che si dissociano dalle logiche criminali, nei casi in cui non sussistono i presupposti per l'ammissione alle speciali misure di protezione di cui al decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e alla legge 11 gennaio 2018, n. 6.
La pervasività dei sistemi associativi di tipo mafioso operanti in Italia, il cui apparato tentacolare ha permesso loro di espandersi e radicarsi in gran parte del territorio nazionale, reca inevitabilmente un grave danno anche alla tenuta del sistema sociale su cui si basano le nostre istituzioni. Tale grave pregiudizio si sostanzia, in particolare, nell'influenza negativa che siffatti sistemi esercitano sulla vita dei minori con cui entrano in contatto, sia per la loro capacità di irretirli, tramite il coinvolgimento in attività delittuose, sia per i pericoli a cui bambini e adolescenti sono naturalmente esposti in un ambiente criminale. La presenza diffusa delle mafie in tutto il territorio nazionale produce da decenni la violazione sistematica dei diritti elementari dei minorenni e rappresenta una pesantissima ipoteca per il futuro di tutto il Paese. Le cronache degli ultimi trent'anni, costellate da fatti di sangue, hanno come protagonisti proprio questi minori, immolati da un sistema criminale spietato e trasformati, sin dalla tenera età, in vittime e carnefici. In tal senso, appare opportuno evidenziare che, solo nell'anno 2016, in Calabria, ben 23 minori sono stati arrestati e 63 hanno fatto ingresso nell'istituto penale di Catanzaro. In quell'anno, inoltre, il servizio sociale della giustizia calabrese ha avviato a percorsi di accompagnamento psicologico circa 1.115 minori e giovani adulti.
Per tali motivi, oltre agli interventi repressivi (di carattere personale e patrimoniale), è necessario introdurre misure a tutela dei minorenni che subiscono nel corso della vita un vero e proprio indottrinamento mafioso con il quale, anche se non imputabili, vengono coinvolti in attività delittuose.
Per un bambino crescere in contesti di mafia non vuol dire solo assorbire la negatività della dimensione (dis)valoriale sostenuta dalla sua «famiglia», ma significa anche subire la disincentivazione al processo naturale di progressivo distacco dal nucleo familiare di appartenenza e, senza neppure percepirlo, lo schiacciamento della propria individualità.
È questa lettura che ha portato il tribunale per i minorenni di Reggio Calabria a maturare l'idea che occorra censurare i modelli (dis)educativi mafiosi al pari di quanto si fa con adeguati interventi nei confronti di genitori violenti o maltrattanti. Lo scopo è quello di interrompere la spirale perversa che alimenta l'impiego del più prezioso capitale umano, rappresentato dai bambini e dai ragazzi, nella conduzione delle attività criminali e per la riproduzione capillare del potere mafioso.
Lo strumento normativo è costituito dai provvedimenti de potestate con i quali si dispone la decadenza o la limitazione della responsabilità genitoriale di coloro che appartengono a organizzazioni malavitose di tipo mafioso (in primis, 'ndranghetistico) allorquando si riscontri un concreto pregiudizio all'integrità psicofisica dei minori. Ciò si verifica nei casi di indottrinamento e di emulazione delle condotte criminali dei genitori o di vero e proprio coinvolgimento dei ragazzi negli affari illeciti da parte degli adulti di riferimento.
Si tratta di provvedimenti che non hanno alcuna portata punitiva essendo esclusivamente orientati, in un'ottica puerocentrica, alla tutela del minore, volti cioè a rendere i cosiddetti «figli di mafia» liberi di scegliere il loro destino al di fuori del circuito della criminalità organizzata.
In sostanza, e complessivamente, la funzione dei genitori, per quanto attenga soprattutto all'educazione e all'istruzione dei figli, non può essere dissociata dai valori generali della collettività e dalle stesse strutture sociali di cui la famiglia è parte integrante. Allo stesso tempo, la medesima funzione deve riflettere l'interesse del minore a essere educato e istruito socialmente per divenire un cittadino dotato della maturità necessaria a chi debba vivere in una comunità democratica, quale è quella che emerge dal nostro ordinamento costituzionale.
La presente proposta di legge, in armonia con la normativa interna e internazionale di riferimento, prevede un nuovo sistema di protezione e di assistenza da parte dello Stato per sanare e prevenire i danni subiti dai minori, nei casi in cui risulti accertato un effettivo e serio danno nei loro confronti.
In ossequio, infatti, ai princìpi contenuti negli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione, spetta allo Stato il compito di proteggere l'infanzia e la gioventù, intervenendo a tutela dell'integrità psicofisica e sociale dei minori mediante specifici interventi miranti alla salvaguardia delle pari opportunità esistenziali, in vista di una piena ed effettiva integrazione – o reintegrazione – nel tessuto sociale di origine o di nuovo riferimento.
Il dovere educativo dei genitori nei confronti dei figli è richiamato all'articolo 30 della Costituzione: «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli» e ribadito all'articolo 147 del codice civile: «l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli» deve essere assolto tenendo conto «delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni», nonché all'articolo 315-bis del medesimo codice civile: «il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni».
Al centro non può che esservi, pertanto, il superiore interesse del minore, al contempo obiettivo e limite dell'esercizio della responsabilità genitoriale, e questo non solo in un'ottica puramente nazionale, basata sui valori della Costituzione, ma anche, grazie al rinvio mobile operato dall'articolo 117 della Costituzione, alla luce delle fonti internazionali, prima tra tutte la Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo (resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176), la quale stabilisce, all'articolo 19, che il minore deve essere protetto «contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento» e che qualsiasi decisione di allontanamento del fanciullo dalla famiglia di origine sia assunta dalle autorità competenti «nell'interesse preminente del fanciullo» (articolo 9).
L'attenzione al futuro sano e onesto dei minori è sempre maggiore e ci sono state molte madri «che, consapevoli del ruolo giocato nell'indottrinamento mafioso dei propri figli, hanno deciso di sottrarsi a tale compito cercando di spezzare la catena e decidendo di parlare chiedendo aiuto alla giustizia minorile per amore dei propri figli, nella speranza di sottrarli ad un destino al quale credevano di non avere possibilità di opporsi, anche di fronte alla maturata consapevolezza che i provvedimenti giudiziari ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale e quelli volti ad allontanare i minori dall'ambiente negativo della famiglia mafiosa non hanno carattere punitivo ma di massima tutela dei minori, offrendo loro un'alternativa di vita»: l'urgente esigenza di intervenire, già segnalata dai magistrati minorili, è così testimoniata dalla risoluzione in materia di tutela dei minori nell'ambito del contrasto alla criminalità organizzata, adottata dal Consiglio superiore della magistratura il 31 ottobre 2017, su proposta della VI Commissione, nella quale si sottolinea, tra l'altro, la necessità di adottare provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale – nell'interesse del minore – poiché essi risultano idonei a svolgere una funzione di prevenzione e recupero degli stessi, intervenendo sul contesto familiare o sociale di provenienza, ove spesso si determina un'evoluzione in senso criminale del percorso di crescita.
Di fronte a tale scenario, si dimostrano necessari il potenziamento e la rivisitazione delle risorse e degli strumenti utili non solo a contrastare questo fenomeno, ma anche a garantire un futuro migliore ai minori coinvolti, accompagnandoli sino al raggiungimento di un'autonomia esistenziale e lavorativa.
La presente proposta di legge, inoltre, pone una particolare attenzione alla figura delle donne, perno ideologico della cultura mafiosa e fondamento della sua continuità spirituale e materiale all'interno della famiglia, in quanto centrale per iniziare a invertire il percorso di indottrinamento al quale i giovani sono avviati sin dalla più tenera età.
In particolare, l'intento del legislatore in tale ambito non può che essere quello di colmare un pericoloso vuoto normativo che ha reso molto difficile, se non impossibile, per molte donne affrancarsi dal sistema criminale nel quale sono inquadrate.
Come evidenziato in numerosi documenti ufficiali – tra i quali la richiamata risoluzione del Consiglio superiore della magistratura del 31 ottobre 2017 nonché i diversi protocolli d'intesa stipulati tra la magistratura, le istituzioni statali e le principali organizzazioni di volontariato attive nell'ambito del contrasto delle mafie e della tutela dei minori (come l'associazione Libera e l'Unicef, coinvolti stabilmente nel progetto «Liberi di scegliere») – sempre maggiore sarebbe il numero delle donne che si rivolgono alla giustizia minorile per essere sostenute nella loro difficile scelta di riscatto, per loro stesse e per i loro figli minorenni.
Tale richiesta si è finora scontrata con l'incapacità del nostro sistema normativo di prenderne in carico i bisogni, rendendo ardua l'opera di affiancamento, sostegno e assistenza che la giustizia, in collaborazione con i servizi socio-sanitari e di volontariato di riferimento, ha tentato di articolare a loro vantaggio.
Tuttavia, l'esperienza altamente positiva riscontrata nell'ambito dell'applicazione del progetto «Liberi di scegliere», nato su iniziativa del tribunale per i minorenni di Reggio Calabria e realizzato a seguito di un accordo firmato il 1° luglio 2017 tra le istituzioni coinvolte, ha dato nuovo e vigoroso slancio all'azione della magistratura per la presa in carico dei minori appartenenti ad ambienti criminali di tipo mafioso, cui si aggiungono i familiari che, aderendo alle prescrizioni educative del tribunale, si dissociano dai contesti malavitosi originari, fuori dei casi di collaborazione con la giustizia stricto sensu, ovvero quando non ricorrono i presupposti per l'ammissione alle speciali misure di protezione. Dall'analisi delle conclusioni avanzate nel documento elaborato dal tavolo X degli «Stati generali della lotta alla criminalità organizzata», coordinato dai magistrati Francesco Cascini e Roberto Di Bella, emerge impellente la necessità di costruire, intorno all'opera di affrancamento vera e propria, una solida rete di comunicazione e collaborazione tra i diversi uffici giudiziari del territorio e i servizi socio-sanitari e assistenziali operanti a livello locale e nazionale.
Per tali motivazioni, i quindici articoli che compongono la presente proposta di legge concorrono alla formazione di una solida rete di sostegno, ma anche di prevenzione, a vantaggio dei minori e dei nuclei familiari avvinti dal contesto violento della criminalità organizzata.
L'articolo 1 definisce l'ambito di applicazione e le finalità della legge, riferendosi ai minori e ai genitori che decidono di dissociarsi dal contesto mafioso per garantire una migliore prospettiva di vita ai propri figli. Prevede, altresì, specifici benefìci in favore di chi si impegna a collaborare con la giustizia, scegliendo liberamente di dissociarsi dal contesto criminale di riferimento.
L'articolo 2 istituisce e disciplina un circuito di comunicazione diretta tra gli uffici giudiziari. Tale circuito comunicativo appare cruciale per assicurare l'effettiva tutela del minore in condizione di grave pregiudizio, da realizzare mediante il tempestivo intervento del tribunale per i minorenni e la rapida acquisizione di ogni utile contributo informativo qualificato.
L'articolo 3 interviene su una discrasia del sistema penale. In particolare, l'articolo estende la disciplina relativa alla perdita della responsabilità genitoriale, quale pena accessoria della condanna per determinati delitti, alle ipotesi di coinvolgimento di minorenni sottoposti all'autorità parentale del condannato, con riferimento alle fattispecie criminali associative di cui all'articolo 416-bis del codice penale e all'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Invero, l'articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43, prevede che, nell'ipotesi di condanna per una delle fattispecie di cui agli articoli 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies del codice penale, quando vi sia coinvolto un minore, si applica obbligatoriamente la pena accessoria della perdita della responsabilità genitoriale. Ciò premesso, non v'è ragione di non estendere l'applicazione della pena accessoria, prevista dalla disposizione del 2015, all'ipotesi di condanna per i reati di cui ai citati articoli 416-bis del codice penale e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, fattispecie che per ontologia strutturale e allarme sociale sono di pari livello alle associazioni terroristiche (basti pensare al fenomeno dello spaccio organizzato affidato a giovanissimi). Si tratta di ipotesi in cui non è sufficiente la sospensione dalla responsabilità genitoriale per il tempo di esecuzione di una pena non inferiore a cinque anni di reclusione. La decadenza, invece, rafforza la funzione generale preventiva e speciale preventiva della pena soprattutto in contesti criminali a forte connotazione familiare, dove il coinvolgimento di minorenni anche non imputabili in gravi delitti è norma di vita.
Invece, sul versante della realizzazione di una solida rete di supporto sociale, l'articolo 6 rafforza e amplia le competenze degli uffici dei servizi sociali per i minorenni (USSM), quali referenti potenziati dell'autorità giudiziaria minorile in materia di applicazione uniforme, nel territorio nazionale, dei provvedimenti di natura amministrativa, civile e penale di cui sono destinatari i soggetti di cui al capo I della legge.
Gli articoli 7, 8 e 9 definiscono i caratteri della rete operativa di protezione sociale e assistenza, individuandone gli esecutori e determinando gli obiettivi a essa assegnati. In particolare, l'articolo 8 istituisce il Comitato operativo centrale permanente, organo preposto alla realizzazione e alla diffusione della suddetta rete di assistenza. L'articolo 9 ne illustra l'articolazione, caratterizzata dalla collaborazione di famiglie, case famiglia, strutture comunitarie e operatori sociali e sanitari, appositamente individuati e formati, in grado di operare in tutto il territorio nazionale, garantendo competenza e riservatezza, in collaborazione con i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia.
Gli articoli 10, 11 e 12 disciplinano la formazione e l'intervento dei servizi socio-sanitari, attraverso l'istituzione di équipe interdisciplinari permanenti, nonché l'articolazione dell'opera di educazione preventiva da realizzare negli istituti scolastici primari e secondari di primo e secondo grado. Particolare attenzione è posta sul fenomeno della dispersione scolastica, primo campanello d'allarme di casi di devianza giovanile, da affrontare mediante un'adeguata opera di monitoraggio.
L'articolo 13 prevede l'estensione delle misure di protezione sociale e assistenziale di cui al capo III ai nuclei familiari ammessi alle speciali misure di protezione.
L'articolo 14 interviene per colmare un vuoto di tutela nei riguardi dei figli di collaboratori o testimoni di giustizia. Si sono verificati casi di genitori collaboratori di giustizia i cui figli minori, per ritardi nella comunicazione agli uffici giudiziari minorili o per incertezze del collaborante nel chiedere di estendere la protezione anche ai figli, sono rimasti affidati ad altri familiari che non hanno esitato a esercitare pressioni, al limite dei maltrattamenti, per costringere il congiunto a ritrattare e recedere dal percorso di legalità appena intrapreso. La disposizione proposta offre un'immediata tutela giuridica – anticipata rispetto a quella prevista dall'articolo 9 del decreto del Ministro dell'interno 13 maggio 2005, n. 138 – alla prole di coloro che intraprendono percorsi di testimonianza o collaborazione con la giustizia, con l'obiettivo di evitare incongrue strumentalizzazioni di minorenni e consentirne un rapido ricongiungimento con il familiare sotto protezione.
L'articolo 15, con l'obiettivo di sostenere il recupero delle competenze genitoriali, prevede alcune modifiche agli articoli 147, 315-bis, 316, 330, 332 e 333 del codice civile, consentendo espressamente al tribunale per i minorenni, ove ne ravvisi l'opportunità, di impartire, con decreto motivato, ai genitori o ai parenti dei minori, prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, prevedendo anche periodici accertamenti, da eseguire direttamente ovvero avvalendosi del giudice tutelare o dell'USSM e dei servizi locali, ai quali può essere affidato l'incarico di operare al fine di instaurare rapporti più adeguati tra il minore e la famiglia.
PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
(Finalità e ambito di applicazione)
1. La presente legge reca disposizioni finalizzate alla protezione socio-educativa e all'assistenza morale, materiale e psicologica dei minori appartenenti a nuclei familiari inseriti in contesti di criminalità organizzata di tipo mafioso, i quali, a causa di tale appartenenza, siano esposti a un pregiudizio effettivo per la loro integrità psicofisica e affettiva.
2. La presente legge si applica:
a) ai minori figli di soggetti indagati, imputati, condannati o detenuti per i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, qualora si ravvisino situazioni pregiudizievoli e condizionamenti derivanti dall'inserimento in un nucleo familiare appartenente alla criminalità organizzata o legato a essa da rapporti di contiguità;
b) ai minori inseriti in nuclei familiari in cui uno dei genitori abbia avviato un percorso di dissociazione dai contesti criminali, qualora non sussistano i presupposti per l'ammissione alle speciali misure di protezione di cui al decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e alla legge 11 gennaio 2018, n. 6, di seguito denominate «speciali misure di protezione»;
c) ai minori sottoposti alle speciali misure di protezione;
d) ai minori destinatari dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile, all'articolo 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, o all'articolo 609-decies del codice penale, nei casi di maltrattamento intrafamiliare connesso a fattori riconducibili ai contesti di criminalità organizzata di tipo mafioso;
e) ai minori e ai giovani adulti comunque sottoposti a provvedimenti di natura penale adottati dal tribunale per i minorenni, anche con misure alternative alla detenzione, che provengano da nuclei familiari appartenenti alla criminalità organizzata o legati a essa da rapporti di contiguità;
f) ai minori vittime di atti di violenza o intimidazione da parte di organizzazioni criminali di tipo mafioso, qualora non sussistano i presupposti per l'ammissione alle speciali misure di protezione.
3. La presente legge si applica altresì ai genitori dei minori di cui al comma 2 o ai soggetti che esercitano su di essi la responsabilità genitoriale, i quali vogliano dissociarsi dai contesti criminali, nel rispetto delle disposizioni dell'autorità giudiziaria, qualora non sussistano i presupposti per l'ammissione alle speciali misure di protezione.
4. La presente legge reca altresì disposizioni riguardanti:
a) l'istituzione di specifici programmi, attivati dall'autorità competente, finalizzati al recupero della responsabilità genitoriale sui minori, qualora i genitori siano destinatari dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile;
b) l'obbligo della polizia giudiziaria di riferire alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, contestualmente alla notizia di reato che riguardi soggetti maggiorenni concernente taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o dei delitti previsti dall'articolo 609-decies del codice penale, ogni informazione, anche su fatti non costituenti reato, concernente situazioni pregiudizievoli per l'integrità psicofisica di soggetti minorenni, riconducibili a condotte dei genitori idonee a integrare i presupposti per l'adozione di un provvedimento di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile;
c) l'istituzione di un circuito comunicativo tra gli uffici giudiziari nonché di forme di collaborazione tra tali uffici, i servizi socio-sanitari e le istituzioni scolastiche;
d) l'estensione della pena accessoria della perdita della responsabilità genitoriale, nel caso di coinvolgimento di un minorenne sul quale essa sia esercitata dal condannato, alle fattispecie criminali associative di cui all'articolo 416-bis del codice penale e all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
5. La presente legge è volta altresì alla realizzazione di un modello giuridico, organizzativo e sociale efficace per affrontare, in una prospettiva sistematica, i fenomeni del coinvolgimento dei minori nelle associazioni criminali e della suggestione esercitata dai loro modelli culturali, nelle realtà territoriali in cui esse operano, mediante:
a) la previsione di una formazione mirata degli operatori della giustizia minorile, tra cui in particolare i giudici, gli avvocati, gli assistenti sociali e gli psicologi, delle Forze di polizia e delle famiglie affidatarie e dei soggetti privati che svolgono l'ufficio di tutore;
b) la disciplina della partecipazione delle associazioni di volontariato qualificato, impegnate nel contrasto della cultura e dei sistemi criminali mafiosi, nelle attività rieducative e di supporto ai minori destinatari di provvedimenti giudiziari e dei loro nuclei familiari;
c) il potenziamento delle risorse e delle competenze del servizio della giustizia minorile;
d) la previsione di un'offerta formativa scolastica mirata.
Capo II
MISURE ORGANIZZATIVE E MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE
Art. 2.
(Istituzione di un circuito di comunicazione diretta tra gli uffici giudiziari)
1. Gli uffici giudiziari minorili e ordinari, requirenti e giudicanti, di ciascun distretto di corte di appello stipulano protocolli per l'istituzione di un circuito comunicativo tra essi, regolando le modalità di comunicazione e condivisione operativa delle informazioni nei casi di:
a) procedimenti relativi ad abusi sessuali e maltrattamenti in famiglia commessi in pregiudizio di minori;
b) procedimenti penali relativi a reati commessi in concorso da soggetti minorenni e maggiorenni;
c) procedimenti civili a tutela di minori figli di soggetti indagati, imputati, condannati per reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;
d) procedimenti civili relativi a minori e a nuclei familiari sottoposti alle speciali misure di protezione.
2. Il circuito comunicativo di cui al comma 1 ha l'obiettivo di:
a) garantire la tutela dei minori nei procedimenti civili e penali, nel corso o dopo la conclusione di procedimenti penali per reati di criminalità organizzata a carico dei loro genitori o tutori;
b) adottare tempestive misure a tutela dei soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, e di coloro che intendono collaborare con la giustizia;
c) favorire il coordinamento tra gli uffici giudiziari nei procedimenti penali per reati commessi in concorso da maggiorenni e minorenni, con l'obiettivo di razionalizzare le risorse ed evitare superflue duplicazioni di attività;
d) favorire la cooperazione tra gli uffici giudiziari nei procedimenti penali e civili per reati relativi ad abusi sessuali o a maltrattamenti in danno di minori, al fine di prevedere un'unica audizione della vittima.
Art. 3.
(Modifiche al codice penale e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309)
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 416-bis è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«La condanna per i delitti previsti dal presente articolo comporta la pena accessoria della perdita della responsabilità genitoriale, quando vi è il coinvolgimento di un minorenne sul quale essa è esercitata dal condannato, salvo che il giudice non disponga altrimenti nel superiore interesse del minore»;
b) all'articolo 609-decies, primo comma, le parole: «al tribunale per i minorenni» sono sostituite dalle seguenti: «, anche ai fini del coordinamento previsto dall'articolo 371 del codice di procedura penale, al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente per territorio, per l'eventuale adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile».
2. All'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«8-bis. La condanna per i delitti previsti dal presente articolo comporta la pena accessoria della perdita della responsabilità genitoriale, quando vi è il coinvolgimento di un minorenne sul quale essa è esercitata dal condannato, salvo che il giudice non disponga altrimenti nel superiore interesse del minore».
Art. 4.
(Modifiche al codice di procedura penale)
1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 292 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«3-bis. L'ordinanza con cui il giudice applica la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), del presente codice o nell'articolo 609-decies del codice penale nei confronti di chi abbia figli minorenni è comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente per territorio, anche ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile ovvero delle misure di cui all'articolo 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835»;
b) all'articolo 296, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Il provvedimento che dichiara la latitanza di chi abbia figli minorenni è comunicato senza ritardo al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente per territorio per le opportune iniziative a tutela dei minori, compresa l'eventuale adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile ovvero delle misure di cui all'articolo 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835»;
c) all'articolo 347, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), del presente codice o dei delitti previsti dall'articolo 609-decies del codice penale, qualora emergano situazioni pregiudizievoli per l'integrità psicofisica di soggetti minorenni, la polizia giudiziaria, senza ritardo, segnala al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni ogni notizia utile, anche ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile ovvero delle misure di cui all'articolo 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835»;
d) all'articolo 371:
1) alla rubrica sono aggiunte in, fine, le seguenti parole: «. Coordinamento di attività giudiziarie a tutela di soggetti minorenni»;
2) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«3-bis. Il procuratore della Repubblica, quando procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), del presente codice o nell'articolo 609-decies del codice penale, ove emergano situazioni pregiudizievoli per l'integrità psicofisica di soggetti minorenni, riconducibili a condotte dei genitori idonee a integrare i presupposti per un provvedimento di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile, ne dà immediata comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni,
3-ter. Nei casi di cui al comma 3-bis, si applicano le disposizioni del comma 1 e gli uffici diversi che procedono a indagini collegate nei distinti procedimenti penali e civili si coordinano tra loro, avendo cura che l'eventuale audizione del minore avvenga contestualmente in una sola volta con le cautele previste dall'articolo 362, comma 1-bis»;
e) all'articolo 387-bis:
1) alla rubrica, le parole: «di madre» sono sostituite dalle seguenti: «del genitore»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Nell'ipotesi in cui il soggetto arrestato o fermato per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), del presente codice o dei delitti previsti dall'articolo 609-decies del codice penale abbia figli minorenni, la polizia giudiziaria dà notizia dell'avvenuto arresto o fermo al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente per territorio, anche ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile ovvero delle misure di cui all'articolo 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835»;
f) all'articolo 656, il comma 3-bis è sostituito dal seguente:
«3-bis. L'ordine di esecuzione della sentenza di condanna a pena detentiva emessa nei confronti di chi abbia figli minorenni è comunicato al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente per territorio, anche ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile».
Art. 5.
(Modifica all'articolo 118-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale)
1. All'articolo 118-bis, comma 2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, dopo le parole: «procedono a indagini collegate» sono inserite le seguenti: «nei casi di cui all'articolo 371 del codice».
Art. 6.
(Uffici dei servizi sociali per i minorenni)
1. Gli uffici dei servizi sociali per i minorenni (USSM) costituiscono il referente privilegiato dell'autorità giudiziaria minorile in materia di applicazione uniforme, nell'intero territorio nazionale, dei provvedimenti di natura amministrativa, civile e penale di cui sono destinatari i soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3.
2. Gli USSM monitorano l'applicazione dei provvedimenti penali, civili e amministrativi adottati dall'autorità giudiziaria minorile, in collaborazione con i servizi sociali e sanitari presenti nel territorio e con le organizzazioni di volontariato operanti nei settori del contrasto delle mafie e della tutela dei minori.
3. Gli USSM adottano modalità operative e di comunicazione e orari di lavoro flessibili e adeguati alle finalità educative e di tutela di cui alla presente legge.
Capo III
RETE OPERATIVA NAZIONALE DI PROTEZIONE SOCIALE E ASSISTENZA
Art. 7.
(Definizione delle misure di protezione sociale e di assistenza)
1. Le misure di protezione sociale e di assistenza costituiscono una rete di supporto educativo, psicologico, logistico, scolastico, economico e lavorativo in favore dei minori e dei componenti dei nuclei familiari che aderiscono concretamente alle prescrizioni dell'autorità giudiziaria a tutela della prole, dissociandosi dal contesto familiare e criminale di appartenenza, qualora non sussistano i presupposti per l'ammissione alle speciali misure di protezione.
2. Ai fini di cui al comma 1, il Ministero della giustizia, il Ministero dell'interno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'istruzione, il Ministero dell'università e della ricerca e il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri stipulano accordi di programma e di collaborazione con le associazioni di promozione sociale previste dal codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, iscritte nell'apposita sezione del Registro unico nazionale del Terzo settore di cui al comma 1 dell'articolo 46 dello stesso codice e operanti nel settore dell'educazione alla legalità, della cittadinanza attiva, della tutela dei minori e del contrasto del fenomeno delle mafie e dell'illegalità diffusa.
3. Ciascuno dei Ministeri indicati al comma 2, nell'ambito delle proprie competenze, valorizza, tra l'altro, l'integrazione nei territori tra istituzioni scolastiche, università, servizi minorili della giustizia, enti pubblici territoriali e soggetti del settore privato sociale, nel quadro di un sistema educativo e formativo integrato che promuova l'educazione alla cittadinanza, anche attraverso iniziative volte a sviluppare la creatività e lo spirito critico dei minori mediante l'apprendimento formale e informale, con l'obiettivo prioritario di favorire la costruzione di spazi pedagogico-sociali di crescita umana, civile e professionale.
Art. 8.
(Istituzione del Comitato operativo centrale permanente per la realizzazione della rete operativa nazionale di protezione sociale e assistenza)
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro dell'interno, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro della salute, con il Ministro dell'istruzione e con il Ministro dell'università e della ricerca, è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato operativo centrale permanente per la realizzazione della rete operativa nazionale di cui all'articolo 9 e per il monitoraggio delle azioni programmate a tutela dei soggetti minori di cui all'articolo 1, commi 2 e 3. Fanno parte del Comitato operativo centrale permanente rappresentanti del Ministero della giustizia, del Ministero dell'interno, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della salute, del Ministero dell'istruzione, del Ministero dell'università e della ricerca, il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il presidente dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza nonché rappresentanti delle associazioni con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti.
2. Il Comitato di cui al comma 1 svolge funzioni di raccordo progettuale e operativo tra il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, i Ministeri indicati al comma 1, i tribunali per i minorenni, le procure della Repubblica, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e le associazioni attive nel campo del contrasto alle mafie. Svolge altresì funzioni di monitoraggio e di elaborazione di misure, interventi e programmi nazionali e territoriali, in conformità a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2009, n. 43.
Art. 9.
(Istituzione e caratteristiche della rete operativa nazionale per l'erogazione delle misure di protezione sociale e di assistenza)
1. La rete operativa nazionale per l'erogazione delle misure di protezione sociale e di assistenza in favore dei soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, di seguito denominata «rete operativa», è istituita con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro della salute, con il Ministro dell'istruzione, con il Ministro dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'interno, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. La rete operativa è costituita al fine di garantire ai soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, un valido supporto materiale e psicologico, che li accompagni fino al pieno reinserimento sociale.
3. La rete operativa promuove la collaborazione di famiglie, case famiglia, strutture comunitarie e operatori sociali e sanitari, appositamente individuati e formati, in grado di operare nell'intero territorio nazionale e di garantire competenza e riservatezza, in collaborazione con i servizi minorili dell'amministrazione della giustizia.
4. La rete operativa persegue i seguenti obiettivi:
a) attivazione di progetti socio-educativi individualizzati da parte delle équipe interdisciplinari permanenti di cui all'articolo 10, con la partecipazione degli assistenti sociali del servizio della giustizia, ai quali è affidata la presa in carico del minore, del servizio sanitario regionale, che assicura l'assistenza psicologica, e degli enti territoriali, che provvedono agli interventi educativi e di assistenza sociale, garantendo la continuità dei progetti;
b) estensione dell'azione delle équipe interdisciplinari permanenti di cui alla lettera a) ai nuclei familiari di provenienza del minore, allo scopo di evitare il prodursi di traumi e conflitti a seguito degli eventuali provvedimenti giudiziari di allontanamento;
c) organizzazione di percorsi personalizzati estesi ai nuclei familiari, con la collaborazione dei servizi sociali e sanitari del territorio e dei servizi dell'amministrazione della giustizia, tra cui gli USSM, gli uffici di esecuzione penale esterna e gli istituti penitenziari;
d) individuazione di un circuito di accoglienza per i minori e i giovani allontanati dal contesto familiare e territoriale di appartenenza, anche con applicazione delle misure di reinserimento sociale previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 13 maggio 2005, n. 138.
5. Al fine di garantire un più efficace supporto materiale e psicologico ai soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, in collaborazione con i servizi socio-sanitari specializzati di cui al capo IV, gli interventi della rete operativa sono realizzati con il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato che operano nel campo del contrasto delle mafie. Tale coinvolgimento avviene attraverso:
a) la conclusione di accordi di collaborazione con organizzazioni di volontariato che garantiscano un'adeguata rete di supporto e inclusione sociale;
b) l'elaborazione, anche in collaborazione con gli uffici scolastici regionali e con i centri provinciali per l'istruzione degli adulti, di strategie comuni atte a promuovere e sviluppare percorsi di educazione alla legalità e alla cittadinanza attiva, favorendo l'efficace reinserimento sociale e pre-lavorativo dei giovani destinatari di provvedimenti giudiziari fino alla totale indipendenza, da realizzare anche con finanziamenti erogati da enti e organismi europei o nazionali, dagli enti locali o da soggetti del settore privato sociale;
c) la definizione e la realizzazione di progetti a livello locale, che tengano conto dei bisogni di ciascun territorio e che abbiano tra gli obiettivi prioritari quello del contrasto della cultura mafiosa;
d) la definizione di percorsi formativi integrati destinati al personale della giustizia minorile e delle comunità e agli operatori delle organizzazioni di volontariato che operano nel campo del contrasto delle mafie.
6. I servizi minorili della giustizia realizzano i percorsi formativi e lavorativi necessari per favorire l'inclusione sociale dei soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3. Tali percorsi sono realizzati attraverso:
a) l'affiancamento dei percorsi di tirocinio formativo con borse-lavoro, definite sulla base di accordi con il Ministero dell'istruzione e con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
b) percorsi di orientamento che prevedano per ciascun beneficiario un'analisi delle competenze, delle attitudini personali e della situazione individuale e la definizione degli obiettivi formativi;
c) l'accompagnamento educativo individuale con tutor esterni ed eventualmente interni alle aziende, per sostenere il beneficiario durante il tirocinio formativo;
d) convenzioni con gli assessorati regionali competenti in materia di lavoro e di formazione nonché con gli enti preposti alla formazione professionale presenti nel territorio, al fine di offrire ai beneficiari concrete opportunità di reinserimento socio-lavorativo, anche attraverso interventi regionali finanziati a valere sulle risorse del Fondo sociale europeo;
e) percorsi di formazione professionale inseriti nel sistema regionale delle qualifiche e delle certificazioni;
f) convenzioni con enti pubblici e privati per la prestazione di lavoro di pubblica utilità, in particolare per i soggetti ammessi all'esecuzione penale esterna;
g) accordi di collaborazione con i centri per l'impiego, per agevolare l'inserimento lavorativo dei soggetti ammessi all'esecuzione penale esterna;
h) il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni per lo sviluppo di interventi volti a favorire la realizzazione di progetti di integrazione socio-lavorativa;
i) la collaborazione con le associazioni dei datori di lavoro per la stipulazione di accordi volti a favorire la continuità della formazione dei beneficiari delle misure anche dopo la loro uscita dal circuito giudiziario;
l) iniziative per sostenere l'avvio di attività di lavoro autonomo, tramite la stipulazione di convenzioni con istituti bancari.
7. Le prefetture – uffici territoriali del Governo competenti per territorio collaborano all'attuazione degli obiettivi di cui ai commi 4, 5 e 6.
8. Ai fini dell'attuazione del comma 6, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le risorse di cui al primo periodo sono assegnate al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e sono destinate in particolare al finanziamento di agevolazioni lavorative, di tirocini e altri strumenti di formazione professionale e di borse di studio per i soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, destinatari di provvedimenti giudiziari, che abbiano dato prova di attiva partecipazione al percorso rieducativo e che aspirino a una totale reintegrazione sociale.
9. Ai soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, si applicano le disposizioni in materia di cambiamento delle generalità di cui al decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119. In ogni caso, le prefetture – uffici territoriali del Governo competenti per territorio adottano le misure più idonee a impedire la rivelazione dell'identità dei medesimi soggetti.
Capo IV
COORDINAMENTO TRA GLI UFFICI GIUDIZIARI E I SERVIZI SOCIO-SANITARI E ASSISTENZIALI E INTERVENTI IN MATERIA SCOLASTICA
Art. 10.
(Istituzione delle équipe interdisciplinari permanenti)
1. Le regioni stipulano convenzioni con le aziende sanitarie locali, i servizi sociali e le Forze di polizia al fine di garantire ai soggetti di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, un'adeguata assistenza socio-sanitaria.
2. Le convenzioni di cui al comma 1 prevedono l'istituzione di équipe interdisciplinari permanenti (EIP), che collaborano alla realizzazione della rete operativa.
3. Le EIP costituiscono il referente unico per il tribunale per i minorenni e per gli altri uffici giudiziari del distretto della corte d'appello competente per territorio per tutti i procedimenti civili, di volontaria giurisdizione e amministrativi concernenti soggetti minorenni, ove sia necessario svolgere indagini integrate o interventi socio-sanitari o altri interventi non riconducibili alle competenze dei soli servizi sociali.
4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e i comuni, previa intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, individuano, nel territorio di rispettiva competenza, gli ambiti territoriali in cui attivare le EIP. Ciascuna EIP è costituita nell'ambito del distretto dell'azienda sanitaria locale di competenza presso l'ufficio socio-sanitario distrettuale ed è integrata dai servizi sociali dei comuni nonché dalle figure professionali di cui al comma 6 del presente articolo. Il direttore dell'ufficio socio-sanitario distrettuale è il responsabile della programmazione degli interventi e dell'effettiva e tempestiva attuazione dei provvedimenti giudiziari in ambito minorile e familiare e individua un referente con funzioni di collegamento operativo tra le EIP e l'autorità giudiziaria e di coordinamento dell'attività delle stesse, assicurando l'unitarietà degli interventi e l'erogazione delle prestazioni sociali, sanitarie e socio-sanitarie necessarie, anche svolgendo le attività di indagine delegate dall'autorità giudiziaria.
5. Gli oneri economici connessi alle prestazioni di cui al comma 4 sono ripartiti tra le aziende sanitarie locali e gli enti locali, secondo le rispettive competenze, conformemente alla normativa nazionale e regionale. In nessun caso l'erogazione delle prestazioni può essere interrotta.
6. Le EIP sono composte dalle seguenti figure professionali:
a) specialisti in neuropsichiatria infantile;
b) specialisti in psicologia dell'età evolutiva;
c) assistenti sociali esperti in ambito minorile;
d) un mediatore culturale, limitatamente agli interventi riguardanti minori stranieri non accompagnati;
e) un referente degli USSM.
7. I responsabili della programmazione degli interventi delle EIP, secondo le specifiche indicazioni delle autorità giudiziarie, curano l'integrazione degli interventi con altri specialisti, afferenti ai servizi dell'azienda sanitaria locale, in relazione alla necessità del singolo caso.
Art. 11.
(Formazione del personale dei servizi socio-sanitari e loro organizzazione)
1. I componenti delle EIP e gli operatori dipendenti dal Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia cui sono demandate le attività di cui agli articoli 10 e 11 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 13 maggio 2005, n. 138, frequentano programmi di formazione specifica in materia di antropologia e psicologia degli appartenenti a organizzazioni criminali di tipo mafioso, in collaborazione con la sezione per l'assistenza psicologica del Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82.
2. I componenti delle EIP possono essere distaccati presso gli USSM con deliberazione della regione competente.
3. Ai fini del comma 1, il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia stipula protocolli d'intesa con le università che hanno istituito insegnamenti coerenti con la finalità dell'attività formativa, tra cui psicologia del fenomeno mafioso, psicoterapia, competenze relazionali nell'intervento clinico, psicopatologia nei contesti di vita e analisi dei fenomeni devianti.
4. Le EIP perseguono i seguenti obiettivi:
a) costituzione di un gruppo di coordinamento operativo presso il Dipartimento della giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia;
b) definizione di una metodologia che consenta di affrontare i disagi minorili nel più ampio contesto antropo-culturale, nonché in quello intra-familiare e inter-familiare;
c) elaborazione di progetti di aiuto individualizzato che rispondano ai bisogni psicologici, socio-sanitari e materiali dei minori beneficiari degli interventi;
d) elaborazione di strategie mirate di intervento psicologico in favore di collaboratori e testimoni di giustizia e per i genitori detenuti, con l'obiettivo di ridurre l'impatto emotivo degli eventuali provvedimenti giudiziari di allontanamento dalla famiglia di origine, al fine di inserirli in adeguati processi rieducativi;
e) assistenza e formazione psicologica in favore degli operatori delle strutture comunitarie, delle case famiglia e delle famiglie affidatarie dei minori allontanati dalla famiglia di origine ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile o dell'articolo 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835;
f) estensione del sostegno psicologico e materiale destinato alle vittime anche ai nuclei familiari di riferimento.
Art. 12.
(Misure contro la dispersione scolastica e interventi di prevenzione educativa)
1. Al fine di attuare un efficace contrasto della dispersione scolastica, in ottemperanza alle disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 13 dicembre 2001, n. 489, della legge 28 marzo 2003, n. 53, e del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, i soggetti competenti assicurano il monitoraggio della frequenza scolastica degli studenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, dei fattori che determinano rischi di devianza e delle condizioni socio-economiche delle famiglie di origine dei minori.
2. Il monitoraggio di cui al comma 1 è svolto dai soggetti di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 13 dicembre 2001, n. 489, con il supporto degli organismi locali competenti in materia di istruzione e diritto allo studio.
3. Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado sono attivati percorsi educativi volti allo studio e alla conoscenza critica del fenomeno mafioso, al fine di concorrere allo sviluppo di una coscienza civile e democratica degli studenti. Il tempo pieno nelle scuole situate in zone soggette a forte rischio di devianza e ad alta densità di povertà educativa deve prevedere l'ampliamento dell'orario complessivo e l'attuazione di attività pomeridiane di socializzazione, aggregazione e inclusione educativa.
4. I percorsi educativi di cui al comma 3 comprendono:
a) attività didattiche integrative, laboratori, indagini e ricerche sul tema del contrasto delle mafie;
b) attività di ricerca, documentazione, informazione e comunicazione, comprese la raccolta e la messa a disposizione di informazioni di carattere bibliografico, iconografico, audiovisivo, documentale e statistico, da effettuare anche nell'ambito di visite guidate, tematiche e formative, programmate nell'arco di ogni anno scolastico a livello regionale;
c) attività, determinate anche in raccordo con l'ufficio scolastico regionale, finalizzate allo sviluppo della coscienza civile, costituzionale e democratica, al rispetto delle diversità e alla lotta contro le mafie, nonché ogni altra attività utile a una reale conoscenza del fenomeno mafioso, delle sue cause e delle sue implicazioni storiche, socio-economiche, politiche e di costume;
d) promozione di gemellaggi tra scuole al fine di favorire l'incontro con studenti di altre regioni e di incentivare percorsi di legalità, cittadinanza attiva e attività sociali antimafia.
Capo V
MECCANISMI NORMATIVI PREMIALI IN FAVORE DEI NUCLEI FAMILIARI AMMESSI ALLE SPECIALI MISURE DI PROTEZIONE
Art. 13.
1. I genitori di minori, che, avendo deciso di dissociarsi dal contesto criminale di riferimento e di collaborare attivamente con la giustizia, sono stati ammessi alle speciali misure di protezione, possono beneficiare delle misure di protezione sociale e di assistenza di cui al capo III della presente legge, nei limiti della compatibilità di esse con le misure di sicurezza adottate a loro tutela.
Capo VI
INTERVENTI A TUTELA DEI FIGLI MINORENNI DI SOGGETTI AMMESSI ALLE SPECIALI MISURE DI PROTEZIONE
Art. 14.
(Misure per il reinserimento sociale dei minorenni sottoposti alle speciali misure di protezione)
1. Nei casi in cui soggetti minorenni, nei cui confronti è stata avanzata proposta di ammissione alle speciali misure di protezione, sono affidati a persone non indicate nella proposta stessa o che rifiutano l'applicazione di tali misure, la commissione centrale di cui all'articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, ne dà tempestiva comunicazione all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni competente per territorio, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 330, 332 e 333 del codice civile.
2. Nei casi in cui è segnalato dall'autorità provinciale di pubblica sicurezza o risulta comunque dalle indagini il rischio di una situazione di imminente pregiudizio o pericolo per un soggetto minorenne, tale da richiedere provvedimenti urgenti, il procuratore della Repubblica, contestualmente alla proposta di ammissione al piano provvisorio di protezione, ne dà tempestiva comunicazione all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni e a quello presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito è il luogo dell'ultima residenza del minore, per l'eventuale adozione di provvedimenti ai sensi degli articoli 330 e 333 e del capo II del titolo IX del libro primo del codice civile. La segnalazione è altresì operata per l'eventuale adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo 332 del codice civile.
3. Intervenuta la proposta di ammissione al piano provvisorio di protezione e fino alla deliberazione della commissione centrale di cui all'articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, il capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza autorizza, per situazioni di eccezionale urgenza, l'autorità provinciale di pubblica sicurezza ad avvalersi degli stanziamenti previsti dall'articolo 17 del medesimo decreto-legge, specificandone l'importo e la destinazione, al fine di assicurare, mediante personale specializzato appartenente al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia o mediante accordi con le strutture pubbliche presenti nel territorio, la necessaria assistenza psicologica ai minori in situazione di disagio.
4. Intervenuta la proposta di ammissione al piano provvisorio di protezione e fino alla deliberazione della commissione centrale di cui all'articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, il capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza autorizza, per situazioni di eccezionale urgenza, l'autorità provinciale di pubblica sicurezza ad avvalersi degli stanziamenti previsti dall'articolo 17 del medesimo decreto-legge, specificandone l'importo e la destinazione, al fine di assicurare, tramite intese con il Ministero dell'istruzione e con il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, l'assolvimento degli obblighi scolastici da parte dei minori e di assicurare la loro tutela.
Capo VII
DISPOSIZIONI A FAVORE DEL RECUPERO DELLA RESPONSABILITÀ GENITORIALE
Art. 15.
(Modifiche al codice civile)
1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 147, dopo la parola: «educare» sono inserite le seguenti: «, nel rispetto dei princìpi costituzionali e della legge,»;
b) all'articolo 315-bis, primo comma, dopo la parola: «educato,» sono inserite le seguenti: «nel rispetto dei princìpi costituzionali e della legge,»;
c) all'articolo 316, primo comma, dopo le parole: «di comune accordo» sono inserite le seguenti: «, in conformità ai princìpi costituzionali e alla legge,»;
d) all'articolo 330:
1) al secondo comma, dopo le parole: «per gravi motivi» sono inserite le seguenti: «e nell'interesse superiore del minore» e le parole: «può ordinare» sono sostituite dalle seguenti: «e il tribunale per i minorenni possono ordinare, nel rispetto dei princìpi costituzionali e della legge,»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Il tribunale per i minorenni, ove ne ravvisi l'opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti, da eseguire direttamente o avvalendosi dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia, che, con la collaborazione dei servizi istituiti dagli enti locali, possono operare al fine di instaurare più validi rapporti tra il minore e la famiglia, proponendo al giudice o al pubblico ministero presso l'ufficio giudiziario competente per la promozione del relativo procedimento modifiche e integrazioni dei provvedimenti già adottati. Adotta altresì i provvedimenti di cui al primo e al secondo comma quando essi risultino necessari per garantire la sicurezza nazionale, la difesa dell'ordine pubblico e la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale o la protezione dei diritti e delle libertà altrui»;
e) all'articolo 332 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Nel caso di ammissione a un piano provvisorio di protezione o della deliberazione di speciali misure di protezione in favore di chi abbia figli minorenni, il procuratore della Repubblica ne dà notizia al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente per territorio ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti di cui al primo comma»;
f) all'articolo 333, primo comma, le parole: «, secondo le circostanze, può adottare» sono sostituite dalle seguenti: «e il tribunale per i minorenni, nel rispetto dei princìpi costituzionali e della legge e secondo le circostanze, possono adottare».