PDL 2996

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2996

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
FRASSINETTI, ALBANO, BUCALO, MOLLICONE

Modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, in materia di abilitazione scientifica e di chiamata dei professori universitari, di reclutamento e status dei ricercatori e di dottorato e assegni di ricerca

Presentata il 2 aprile 2021

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Onorevoli Colleghi! – Il mondo accademico italiano, ormai in una fase di decadenza strutturale per la riduzione progressiva dei fondi a esso destinati e del personale docente di ruolo, che sta determinando, purtroppo, anche una perdita di immagine e di lustro, merita sicuramente una revisione del sistema di reclutamento.
Il progressivo impoverimento quantitativo e qualitativo del personale docente trova uno dei suoi principali motivi nella difficoltà di accesso al mondo accademico; i giovani più brillanti e meritevoli di una sicura carriera accademica, per trovare la loro piena soddisfazione professionale, sono, purtroppo, spesso costretti a emigrare in Stati esteri nei quali trova riconoscimento la loro preparazione, che deriva da studi universitari di qualità.
La difficoltà di accesso al mondo universitario, però, non è più legata, come si sente spesso ripetere da chi non ha alcuna esperienza universitaria, a fenomeni di nepotismo e di favoritismo, quali quelli che si riscontravano nel mondo universitario fino a qualche anno fa; infatti, l'accesso alle carriere universitarie è oggi regolamentato correttamente da un'oggettiva valutazione della qualità e delle attitudini scientifiche dei soggetti aspiranti, mediante la definizione di valori soglia qualitativi riconosciuti dalla comunità scientifica globale: è questo certamente un merito della normativa vigente, cioè della legge 30 dicembre 2010, n. 240, proposta dall'allora Ministro Gelmini.
Tuttavia, sebbene la legge Gelmini abbia avuto dei meriti indiscutibili, a distanza di ormai più di dieci anni dalla sua entrata in vigore essa necessita, a nostro avviso, di alcune modifiche proprio per quanto concerne il sistema di reclutamento, allo scopo di arginare la decadenza strutturale del mondo accademico.
Con tale legge, infatti, si era eliminata la figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato e si erano istituite due figure diverse di ricercatore a tempo determinato: i ricercatori cosiddetti «di tipo A», con un contratto triennale che in nessun modo vincola gli atenei a procedere a future assunzioni, e i ricercatori cosiddetti «di tipo B» che, invece, dopo un triennio, attraverso il meccanismo della cosiddetta tenure track (il percorso che dal precariato porta all'inquadramento nel ruolo di professore associato) possono accedere al ruolo di professore associato, a condizione che il loro curriculum rispetti determinati requisiti.
Da una parte, quindi, si è istituita una figura totalmente precaria; dall'altra parte, invece, si è deciso di investire su giovani meritevoli scommettendo già sulla loro futura maturità scientifica e impegnando fin dal principio risorse economiche ingenti per accantonare la somma necessaria ad assicurare la futura assunzione come professore associato.
La conseguente precarizzazione dei giovani ricercatori, ovverosia dell'anello più debole del sistema, ha tuttavia innescato un meccanismo di disincentivazione a perseguire con abnegazione e pazienza la trafila lunga e faticosa dell'accesso al ruolo di professore universitario.
D'altronde, a causa dell'esiguità delle risorse a disposizione degli atenei, che hanno difficoltà a reclutare giovani, impegnando subito risorse importanti per il meccanismo della tenure track, e per la riluttanza dei dipartimenti a investire su persone spesso troppo giovani per manifestare già con sicurezza le qualità scientifiche necessarie per una futura carriera quali docenti, abbiamo assistito a un progressivo depauperamento del numero dei ricercatori. Tale impoverimento ha anche gravemente pesato sulla difficoltà di garantire la continuità degli insegnamenti in molti corsi di laurea in tutti gli atenei.
I soggetti più giovani, d'altra parte, vedono, spesso dopo molti anni di studio universitario e di corsi di specializzazione, dottorato e master, il traguardo della docenza come un obiettivo complicato, pressoché irraggiungibile, a meno che non decidano di sopportare anni di frustrazioni per la mancanza di una stabilità professionale e di un salario degno del grande impegno dimostrato, nell'attesa che si trovino i fondi adeguati per attivare il meccanismo della tenure track del ricercatore di tipo B.
Riteniamo, pertanto, giusto e ragionevole, per gratificare le aspettative legittime dei giovani più meritevoli, per evitare che gli atenei si impegnino ad assumere professori associati senza prima aver consentito un'adeguata preparazione dei ricercatori e per ripopolare il ruolo dei docenti dalla base della piramide, reintrodurre la figura del ricercatore a tempo indeterminato.
Riteniamo però importante, in analogia a quanto già previsto dalla legge Gelmini per il ruolo di professore associato od ordinario, prevedere un'abilitazione scientifica anche per il ruolo di ricercatore, allo scopo di garantire sempre un percorso volto a premiare il merito e di evitare che si possa accedere alla docenza universitaria senza un'adeguata preparazione. I criteri e i parametri scientifici previsti per accedere al ruolo di ricercatore saranno, naturalmente, commisurati all'esperienza e alla produzione scientifica di un laureato che ha terminato da poco il suo percorso di formazione accademica e stabiliti in conformità a quelli fissati dall'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca.
Inoltre, la presente proposta di legge prevede che coloro che abbiano conseguito il dottorato di ricerca possano accedere ai concorsi banditi dagli atenei per contratti di ricercatore a tempo determinato; dopo aver superato il concorso, si prevede un periodo triennale in cui gli stessi devono dimostrare di meritare l'inquadramento in ruolo a tempo indeterminato, attraverso un adeguato impegno scientifico valutato, al termine del triennio, dai docenti del dipartimento cui afferiscono, i quali disporranno o no la definitiva chiamata a tempo indeterminato. La conferma al termine del periodo triennale permetterà l'acquisizione del titolo di professore di terza fascia.
La presente proposta di legge prevede un'unica figura di ricercatore che, in analogia al ricercatore di tipo B della legge Gelmini, dopo un periodo di valutazione triennale, se confermato e in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale (ASN) per la qualifica di ricercatore, accederà al ruolo a tempo indeterminato; tuttavia, a differenza di quanto previsto dalla legge Gelmini, egli, al termine del triennio, non diventerà professore associato, ma professore di terza fascia. Non è più previsto, quindi, l'immediato accesso al ruolo di professore associato con il corrispondente oneroso impegno economico a carico del dipartimento, ma la stabilizzazione nel ruolo di professore di terza fascia. I successivi passaggi al ruolo di professore associato od ordinario saranno regolati sempre dal conseguimento della pertinente ASN e da bandi di reclutamento emanati dagli atenei, come già prevede la legislazione vigente.
Di fronte alla necessità di modificare la legislazione sul reclutamento universitario, almeno per quanto attiene ai ricercatori, ribadiamo con forza la contrarietà a impostazioni e a proposte basate su due princìpi generali a nostro avviso da rigettare e che possono essere posti solo da chi non ha alcuna esperienza diretta del mondo accademico: l'automatismo di carriera e le liste uniche nazionali da cui formare in modo anonimo e spersonalizzato il corpo docente.
Riteniamo giusto e necessario prevedere un'abilitazione nazionale al ruolo di ricercatore, ma consideriamo totalmente illogica qualsiasi proposta di redigere una graduatoria nazionale sulla base della quale gli atenei sarebbero obbligati alla chiamata e all'assunzione dei ricercatori.
Questo meccanismo, che sembra assolutamente logico per qualsiasi tipo di pubblica amministrazione, diventa potenzialmente dannoso per il mondo accademico, che costituisce un'amministrazione pubblica sui generis. Ciascun ateneo, facoltà, dipartimento o istituto ha caratteristiche che lo rendono unico in relazione alla metodologia di ricerca; tali differenze sono dovute alla tradizione della scuola accademica, che è specifica per ogni ateneo e che è rigorosamente tramandata dai docenti ai propri discenti. Questa caratteristica ha reso unico da sempre il mondo accademico rispetto a tutte le altre pubbliche amministrazioni ed è stata essenziale affinché ciascun ateneo, nel corso degli anni, potesse eccellere in alcuni specifici campi del sapere.
In un certo senso, le scuole accademiche possono essere accomunate alle antiche botteghe dei maestri artisti rinascimentali: ciascuna bottega aveva la propria tradizione, le proprie caratteristiche e le proprie peculiarità, che in parte dipendevano dal fondatore e dai suoi più stretti collaboratori e che le rendevano uniche e tutte diverse.
Gli allievi che sceglievano di entrare in una bottega lo facevano perché volevano plasmare il proprio stile artistico conformandolo a quello dei maestri, mentre i maestri sceglievano i propri allievi, oltre che sulla base di un merito oggettivo relativo alle loro capacità artistiche, anche per le loro attitudini e aspettative.
Un sistema accademico in cui si entrasse per automatismi di lista in una qualsiasi scuola disponibile, senza tenere conto di questa peculiarità, sarebbe destinato a una progressiva perdita della qualità e delle tradizioni di studio, di approfondimento e di eccellenza che contraddistinguono ogni scuola. Inoltre, la scelta del soggetto da reclutare deve anche tenere conto delle sue capacità di collaborazione con gli altri e del suo spirito di condivisione dei pensieri, delle difficoltà e dei successi.
La ricerca di eccellenza si basa sulla necessaria condivisione di un percorso tra i ricercatori, che devono costituire una squadra, e questa visione andrebbe completamente persa nell'ipotesi di asettiche liste nazionali, in cui solo il caso determinerebbe la destinazione dei ricercatori più meritevoli.
Il rischio sarebbe di collocare un bravissimo ricercatore in una sede a lui non consona, con danno sia per il ricercatore sia per la scuola che lo accetta.
Questo ragionamento viene difficilmente colto da chi ha soltanto l'esperienza di pubbliche amministrazioni diverse dal mondo accademico. Si pensi alla differenza esistente tra ricercatori di centri di ricerca diversi, che, nello svolgimento del proprio lavoro, dovranno confrontarsi con una diversa tradizione, con un modo diverso di fare ricerca e con un diverso atteggiamento, ad esempio, riguardo ai temi della bioetica applicata alla ricerca, e i dirigenti delle altre pubbliche amministrazioni, che dovranno svolgere, invece, il medesimo lavoro, nel medesimo modo, in qualsiasi sede loro affidata. Nel secondo caso la scelta di graduatorie nazionali appare di buon senso, ma il settore della ricerca prevede, invece, una componente soggettiva del lavoro, che deve necessariamente confrontarsi con la tradizione e con l'identità della scuola accademica in cui si lavora.
Affinché si mantenga tale caratteristica, che è propria del mondo accademico e che ne sostiene l'unicità e l'eccellenza, è necessario che il reclutamento del personale di ruolo non sia affidato a un automatismo legato a una semplice graduatoria nazionale, come può avvenire nelle altre pubbliche amministrazioni, poiché questo meccanismo sarebbe foriero di un pericoloso appiattimento e di una progressiva perdita della tradizione accademica italiana. Ciascun ateneo deve poter scegliere quale, tra i ricercatori idonei, è il più meritevole di appartenere a quel gruppo, perché ritenuto migliore in relazione ai fini scientifici dei propri progetti di ricerca e più confacente al modo di ragionare e di lavorare e alla sensibilità scientifica del gruppo.
Pur comprendendo che il meccanismo dell'automaticità di assunzione in base a una graduatoria nazionale sia proposto in buona fede da chi pensa di evitare in tal modo odiosi fenomeni di nepotismo e di favoritismo, che troppo spesso è accaduto di dover deplorare in passato nel mondo accademico, si ritiene necessario mantenere un reclutamento basato su valutazioni comparative bandite dai singoli atenei, a cui possano partecipare, però, solo i ricercatori che abbiano conseguito l'idoneità nazionale.
Per impedire atti di nepotismo e di favoritismo l'unico metodo è, quindi, esigere selezioni fondate sulla qualità e sul merito e applicare con serietà i meccanismi di valutazione periodica dell'attività scientifica e didattica ai quali ciascun docente dovrebbe essere sottoposto per mantenere il ruolo, senza ricorrere ad automatismi di avanzamento di carriera: la scienza di eccellenza e i grandi traguardi della ricerca non si raggiungono certo con atteggiamenti sindacalistici.
Come peraltro già previsto dalla legislazione vigente, ciascun ateneo, in base alle proprie esigenze scientifiche e didattiche e al proprio bilancio, dovrà bandire procedure pubbliche di valutazione comparativa per i ruoli di docenza, a cui potranno partecipare solo i candidati che abbiano dimostrato il proprio valore scientifico.
L'ultimo tema affrontato dalla presente proposta di legge riguarda il dottorato di ricerca; così come avviene in moltissime nazioni in cui la ricerca scientifica ha un'importanza strategica, riteniamo che la «porta di ingresso» principale al ruolo di docente universitario debba essere rappresentata dal dottorato di ricerca, poiché è durante il corso di dottorato che il giovane può sviluppare e affinare le proprie qualità scientifiche, dimostrando di saper condurre una ricerca, coordinare un gruppo di lavoro locale ed elaborare e produrre lavori scientifici degni di pubblicazione.
Dovrebbe essere proprio il corso di dottorato di ricerca il momento in cui gli studenti dimostrano a se stessi e ai docenti di possedere le qualità necessarie per una futura crescita nell'ambito accademico. Attualmente, invece, il corso rappresenta il più delle volte un «parcheggio temporaneo» per gli studenti in attesa di una futura stabilizzazione e questo ne svilisce radicalmente l'importanza; l'esiguità degli importi delle borse di studio previste per i dottorandi ne è testimonianza.
Si ritiene, pertanto, che il dottorato di ricerca debba essere valorizzato e debba divenire un requisito essenziale per ambire a una successiva carriera accademica; in questa prospettiva si propone anche che il titolo di dottore di ricerca sia titolo preferenziale nelle valutazioni comparative per l'accesso ai ruoli della docenza universitaria.
Un'attenzione particolare merita, inoltre, un problema che coinvolge i dottorandi dell'area medica: occorre considerare che l'esperienza clinica, per i medici ricercatori, fa parte integrante dell'attività di ricerca e che per alcune materie è essenziale anche alla maturazione scientifica del dottorando. Diventa quindi importante che, su richiesta e in accordo con il direttore dell'unità operativa complessa (UOC) di riferimento e con il direttore sanitario dell'azienda ospedaliero-universitaria (AOU) sede del corso di dottorato, il dottorando che sia già specialista possa svolgere la sua attività assistenziale. Naturalmente il semplice titolo di dottorando non dà diritto automaticamente al ruolo di dirigente medico a tempo determinato presso l'AOU di riferimento, ma è fondamentale che siano concordi sia il direttore della scuola di dottorato, che certificherà la necessità dell'attività assistenziale ai fini del percorso di dottorato, sia il direttore dell'UOC in cui il dottorando presterà la sua opera, perché deve certificare l'idoneità al ruolo richiesto, sia il direttore sanitario dell'AOU di riferimento, che dovrà autorizzare l'attività assistenziale, assicurando le necessarie coperture assicurative a carico dell'ospedale e il compenso relativo all'attività erogata, in misura pari al salario minimo previsto per la dirigenza medica.
Rispetto alla normativa vigente, pertanto, si propone una maggiore possibilità di operare all'interno dei policlinici da parte dei dottorandi medici; oggi i dottorandi sono spesso considerati ospiti incomodi, il cui ruolo assistenziale, fondamentale per la loro formazione scientifica, non è riconosciuto se non per alcune attività circoscritte e insufficienti alla loro necessaria crescita professionale.
Le medesime considerazioni in merito alla necessità di svolgere attività assistenziale a tempo determinato nelle AOU di riferimento valgono per i titolari di assegni di ricerca dell'area clinica, purché anch'essi siano già specialisti; la differenza consisterà nella durata della loro attività assistenziale, determinata in funzione della durata dei loro contratti.
Alla luce delle considerazioni esposte, la presente proposta di legge intende modificare alcuni articoli della legge n. 240 del 2010 relativi alla disciplina del personale accademico e alle modalità del suo reclutamento.
L'articolo 1 della presente proposta di legge introduce l'articolo 14-bis, con il quale è istituito il ruolo dei professori di terza fascia.
L'articolo 2 modifica l'articolo 16 estendendo il meccanismo dell'ASN, previsto inizialmente solo per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia, anche ai ricercatori, mentre l'articolo 3 modifica l'articolo 18 coordinandone la formulazione in relazione alle modifiche apportate alla disciplina nei successivi articoli della proposta di legge.
L'articolo 4 interviene sulla disciplina del dottorato di ricerca, posta dall'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, già modificato dall'articolo 19 della legge n. 240 del 2010, inserendo il dottorato di ricerca tra i titoli necessari alla partecipazione ai concorsi per il ruolo di ricercatore universitario e garantendo ai dottorandi dell'area medica già specialisti il diritto a svolgere attività assistenziale all'interno delle AUO, poiché per essi la pratica clinica è un requisito essenziale ai fini della ricerca scientifica.
L'articolo 5 modifica l'articolo 22 della medesima legge n. 240 del 2010 per conferire ai titolari di assegni di ricerca dell'area medica già specialisti la possibilità di svolgere attività assistenziale all'interno delle AOU, poiché per essi la pratica clinica è un requisito essenziale ai fini della ricerca scientifica.
L'articolo 6 novella l'articolo 24 per definire la nuova figura del ricercatore universitario, assunto inizialmente a tempo determinato mediante concorso, solo dopo aver acquisito il dottorato di ricerca e l'abilitazione scientifica nazionale per la qualifica di ricercatore, della quale l'articolo 2 della presente proposta di legge prevede l'istituzione. Dopo il primo triennio, però, il ricercatore è soggetto a conferma da parte del dipartimento che ha bandito il concorso perché possa dimostrare che il suo impegno scientifico e didattico è adeguato al ruolo. In caso di conferma, il ricercatore è assunto a tempo indeterminato nel ruolo di professore di terza fascia; in caso di mancata conferma cessa il rapporto di lavoro con l'ateneo. I ricercatori, nel primo triennio, possono svolgere il loro lavoro esclusivamente in regime di tempo pieno; i ricercatori universitari dell'area medica, anche nel primo triennio, possono svolgere attività assistenziale all'interno del dipartimento al quale afferiscono, con equiparazione ai dirigenti medici di primo livello.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Nel titolo III della legge 30 dicembre 2010, n. 240, all'articolo 15 è premesso il seguente:

«Art. 14-bis. – (Istituzione del ruolo dei professori di terza fascia)1. È istituito il ruolo dei professori di terza fascia.
2. Accedono al ruolo dei professori di terza fascia i ricercatori di cui all'articolo 24 i quali, al termine del terzo anno del contratto di cui al comma 1 del medesimo articolo 24, ne fanno richiesta, previa valutazione positiva espressa dal dipartimento al quale afferiscono.
3. Al professore di terza fascia spetta il trattamento previsto per i ricercatori dalla tabella di cui alla lettera c) dell'allegato 1 annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232, commisurato all'anzianità calcolata comprendendovi il periodo di servizio prestato come ricercatore a tempo determinato in base al contratto di cui al comma 1 del medesimo articolo 24».

Art. 2.

1. All'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «di prima e di seconda fascia» sono aggiunte le seguenti: «e per quelle di ricercatore universitario»;

b) al comma 1, terzo periodo, dopo le parole: «dei professori» sono aggiunte le seguenti: «e alla qualifica di ricercatore universitario»;

c) al comma 3, lettera f), primo periodo, dopo le parole: «di prima e di seconda fascia» sono inserite le seguenti: «e di ricercatore universitario».

Art. 3.

1. All'articolo 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole da: «comma 3, lettera b),» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «comma 1»;

b) al comma 4, le parole: «comma 3, lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «comma 1»;

c) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «di prima e di seconda fascia».

Art. 4.

1. All'articolo 19 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. I dottorandi di ricerca dell'area medica già specialisti che frequentano attività di formazione presso le aziende ospedaliero-universitarie sede del dottorato, a domanda e su parere favorevole del direttore del corso di dottorato, del direttore dell'unità operativa complessa di riferimento e della direzione sanitaria dell'azienda ospedaliero-universitaria, possono svolgere attività assistenziale esclusivamente all'interno dell'azienda ospedaliero-universitaria di riferimento. Per il periodo di svolgimento dell'attività assistenziale essi sono equiparati ai dirigenti medici di primo livello e hanno diritto a un'indennità aggiuntiva all'importo della borsa di studio da essi percepita, pari alla differenza tra quest'ultima e il trattamento retributivo minimo previsto per la dirigenza medica».

2. All'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I corsi di dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di coordinamento e direzione di ricerca di alta qualificazione. Il titolo di dottore di ricerca costituisce titolo necessario per l'accesso al ruolo di ricercatore a tempo determinato e titolo preferenziale nelle procedure di valutazione comparativa per la progressione della carriera accademica»;

b) il comma 6-bis è abrogato.

Art. 5.

1. All'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. I titolari di assegno di ricerca dell'area medica già specialisti che frequentano attività di formazione presso le aziende ospedaliero-universitarie sede dell'attività di ricerca, a domanda e su parere favorevole del direttore del dipartimento universitario al quale afferiscono, del direttore dell'unità operativa complessa di riferimento e della direzione sanitaria dell'azienda ospedaliero-universitaria, possono svolgere attività assistenziale esclusivamente all'interno dell'azienda ospedaliero-universitaria di riferimento. Per il periodo di svolgimento dell'attività assistenziale essi sono equiparati ai dirigenti medici di primo livello e hanno diritto a un'indennità aggiuntiva all'importo dell'assegno di ricerca da essi percepito, pari alla differenza tra quest'ultimo e il trattamento retributivo minimo previsto per la dirigenza medica»;

b) il comma 9 è abrogato.

Art. 6.

1. All'articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «di durata triennale»;

b) al comma 2, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) ammissione alle procedure dei soggetti in possesso del titolo di dottore di ricerca e dell'abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di ricercatore universitario»;

c) il comma 3 è abrogato;

d) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. I contratti di cui al comma 1 sono svolti in regime di tempo pieno. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti è pari a 350 ore»;

e) al comma 5, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: «Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno di svolgimento del contratto di cui al comma 1, il titolare del contratto stesso è valutato da parte del dipartimento al quale afferisce. In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato nel ruolo dei professori di terza fascia»;

f) i commi 5-bis e 7 sono abrogati;

g) il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. Per il trattamento economico dei ricercatori universitari si applica la tabella stipendiale di cui all'allegato 3 annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232»;

h) il comma 9 è sostituito dal seguente:

«9. I ricercatori dell'area medica confermati e quelli non confermati, a richiesta, possono svolgere attività assistenziale all'interno del dipartimento al quale afferiscono, con equiparazione ai dirigenti medici di primo livello»;

i) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Ricercatori universitari».

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