PDL 2599

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2599

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CARFAGNA, APREA, BAGNASCO, CANNIZZARO, FERRAIOLI, MAZZETTI, MULÈ, NAPOLI, ORSINI, PORCHIETTO, RUFFINO, SACCANI JOTTI, MARIA TRIPODI, VIZZINI

Modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano

Presentata il 20 luglio 2020

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Onorevoli Colleghi! – Con le espressioni «maternità surrogata», «utero in affitto» e «gestazione per altri» si definisce la pratica basata sulla disponibilità del corpo e degli organi riproduttivi di una donna per realizzare un progetto di genitorialità altrui, in base al quale la stessa donna intraprende una gravidanza con l'intento di affidare il nascituro a terzi all'atto della sua nascita.
Molti sono i Paesi nel mondo in cui non vige il divieto generalizzato di tale pratica. Per quanto concerne la situazione nell'Unione europea, da alcuni dati del Parlamento europeo si rileva che in quasi più della metà degli Stati membri non esiste un espresso divieto (è il caso del Belgio, della Danimarca, della Grecia, del Regno Unito e dei Paesi Bassi, solo per citare alcuni Stati), così come in quasi nessuno degli Stati membri esiste una legge specifica che disciplina tale pratica.
Se la situazione europea ancora oggi presenta numerose disomogeneità, altrettanto variegata e complessa sembra essere la situazione nel resto del mondo, dove la maternità surrogata è ammessa e praticata in Paesi estremamente diversi per cultura e per ricchezza – si pensi alla Thailandia, al Messico, all'India e al Nepal e a Paesi molto differenti da essi come gli Stati Uniti d'America (USA) e il Canada – e dove altrettanto diversi sono gli orientamenti giuridici e le leggi in materia.
In Canada e negli USA, per esempio, tale pratica è regolamentata in modo dettagliato, affrontando la questione soprattutto da un punto di vista contrattuale e prevedendo la distinzione tra «gestazione altruistica» e «gestazione lucrativa»; pertanto, se in Canada è permesso solo il primo tipo di pratica, in alcuni degli otto Stati degli USA in cui essa è ammessa, si può ricorrere a entrambe le tipologie (ad esempio, in California e in Florida).
Com'è del tutto evidente, la maternità surrogata non è solo una tecnica riproduttiva, ma una pratica che incide su molti diritti umani e temi etici.
Secondo il principio dell'indisponibilità del corpo umano, l'acquisto, la vendita o l'affitto dello stesso sono fondamentalmente atti contrari al rispetto della sua dignità. La mercificazione del bambino e la strumentalizzazione del corpo della donna sono anch'essi contrari alla dignità umana. Tuttavia, alcune donne acconsentono a impegnarsi in un contratto che aliena la loro salute e la loro dignità, a vantaggio delle imprese e del «mercato della riproduzione», sotto la spinta di diverse pressioni, spesso di natura esclusivamente economica, o addirittura a causa di situazioni di coercizione o di bisogno. In particolare nei Paesi dove è stata adottata una regolamentazione molto dettagliata in materia, si è sviluppato un fiorente mercato della riproduzione, che vanta un fatturato annuo di molti miliardi di dollari. La pratica della maternità surrogata è realizzata attraverso imprese che si occupano di riproduzione umana, nell'ambito di un sistema ampiamente organizzato che comprende cliniche, medici, avvocati e agenzie di intermediazione. In questo sistema la donna è equiparata agli strumenti di produzione e la gravidanza e il parto rappresentano dei processi produttivi, a cui attribuire un valore d'uso e un valore di scambio e da inserire nella globalizzazione dei mercati che hanno per oggetto il corpo umano.
A livello internazionale, europeo e nazionale, la centralità della persona umana e della sua dignità hanno trovato un ampio e consolidato riconoscimento come pietra angolare del sistema delle relazioni internazionali fra Stati sovrani e dei rapporti non solo fra istituzioni e cittadini, ma anche fra privati.
La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi, ha affermato il principio della difesa della dignità umana come obiettivo primario da perseguire, oltre che nel perimetro di sovranità dei singoli Stati, anche nello spazio delle relazioni internazionali, con ciò escludendo la legittimità di ogni pratica mercantile di scambio che abbia ad oggetto gli esseri umani.
La Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 a New York (ratificata dall'Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176), impegna gli Stati ad adottare tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla stessa Convenzione e, in particolare, il diritto dei bambini a non essere privati degli elementi costitutivi della loro identità (articolo 8) e il diritto a essere protetti contro ogni forma di sfruttamento economico (articolo 32).
La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, di cui alla comunicazione 2007/C 303/01 del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del 12 dicembre 2007, sancisce, all'articolo 3, il «divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro».
La Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997 (ratificata dall'Italia ai sensi della legge 28 marzo 2001, n. 145), all'articolo 21 stabilisce che «Il corpo umano e le sue parti non devono essere, in quanto tali, fonte di profitto».
La risoluzione 2010/2209(INI) del Parlamento europeo, del 5 aprile 2011, sulle priorità e sulla definizione di un nuovo quadro politico dell'Unione europea in materia di lotta alla violenza contro le donne, impegna gli Stati membri a «riconoscere il grave problema della surrogazione di maternità, che costituisce uno sfruttamento del corpo e degli organi riproduttivi femminili».
Il 17 dicembre 2015, il Parlamento europeo ha discusso e approvato la risoluzione 2015/2229(INI) sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione europea in materia; al punto 115 della risoluzione, il Parlamento europeo «condanna la pratica della surrogazione, che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce; ritiene che la pratica della gestazione surrogata che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l'uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo, debba essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani».
Sebbene nel diritto internazionale ed europeo non sia prevista nessuna disposizione giuridica che vieti la maternità surrogata, in Italia la legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita», prevede espressamente il divieto di pratiche riconducibili al cosiddetto «utero in affitto». L'articolo 12, comma 6, della citata legge, infatti, recita: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».
Le conseguenze sociali, economiche e giuridiche che derivano dal ricorso alla pratica della maternità surrogata da parte di un numero sempre più ampio di coppie sono molte e di difficile gestione, anche in Italia dove tale pratica è vietata.
È, pertanto, necessario attivarsi in tutte le sedi opportune per riconoscere e per tutelare in maniera omogenea negli ordinamenti nazionali e internazionali i diritti delle donne e dei bambini oggetto di sfruttamento e di mercificazione e porre fine a questa moderna forma di schiavitù.
In questa prospettiva, si è consapevoli che il contrasto di questo fenomeno deve situarsi in una dimensione globale, o quantomeno internazionale, atteso che esso si sviluppa in una dimensione spesso transnazionale. Nondimeno, lo Stato non può rimanere inerte e, fermo restando l'impegno di promuovere una necessaria governance globale, è comunque utile apprestare un primo tassello per il contrasto di questa ignobile pratica.
La presente proposta di legge aspira a essere questo primo tassello. Con essa si introduce una disposizione che estende l'ambito territoriale di perseguibilità dei fatti previsti dal citato articolo 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004; in particolare, si dispone che la surrogazione di maternità è perseguibile anche quando è compiuta in territorio estero da un cittadino italiano, in modo da poter contrastare in modo più efficace ed effettivo quei casi, purtroppo frequenti, di mercificazione imprenditorialmente organizzata realizzati da nostri connazionali all'estero.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. All'articolo 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il reato di surrogazione di maternità è perseguibile anche quando è commesso in territorio estero da un cittadino italiano».

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