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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3739 |
1) la definizione di regole per fermare l'emorragia occupazionale;
2) il contrasto del fenomeno della delocalizzazione con sanzioni che determinino l'efficacia della normativa e che valgano per tutti (anche per aziende pubbliche come la società Poste italiane Spa e altre imprese committenti che, per esempio, continuano a bandire gare al massimo ribasso).
L'inizio della crisi con l'avvio delle procedure per esuberi è partito da aziende come Gepin Contact e Uptime, che gestivano i call center della società Poste italiane Spa, e che, dopo avere perso le commesse, hanno aperto le procedure di licenziamento per 450 persone tra Roma e Napoli.
A queste si è aggiunta Almaviva, un altro call center che dà lavoro a migliaia di persone soprattutto nel sud Italia e che recentemente ha perso una commessa da parte da parte della società ENEL Spa. L'azienda ha recentemente dichiarato migliaia di esuberi e a rischio è, in questo caso, il posto di lavoro di 3.500 lavoratori.
Con il comma 10 dell'articolo 1 della legge 28 gennaio 2016, n. 11, la recente legge delega sugli appalti, è stata approvata una norma che prevede la cosiddetta clausola sociale, ovvero il diritto degli addetti di un servizio di call center a mantenere il posto di lavoro, quando l'impresa committente decida di cambiare l'operatore, una norma positiva ma che può essere migliorata e resa ancora più cogente.
A complicare la situazione, è subentrata una modifica della disciplina sugli ammortizzatori sociali. L'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ha infatti deciso di inquadrare il comparto dei call center nel settore terziario e non più in quello industriale, e ciò ha comportato che le aziende di call center non possono più chiedere gli ammortizzatori sociali ordinari, ma devono contare solo sugli strumenti in deroga, che hanno una durata inferiore e seguono un iter autorizzativo più complesso. Questa incomprensibile decisione da parte dell'INPS implica che molte aziende non possono più usufruire degli ammortizzatori sociali necessari per riorganizzarsi e sono costrette a licenziare il personale.
In ogni caso, alla base della crisi del settore dei call center restano le piaghe storiche ovvero:
a) gare al massimo ribasso;
b) delocalizzazioni.
In materia di delocalizzazioni, l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, reca norme per scoraggiare le aziende a portare il lavoro all'estero. Esso, inoltre, prevede che gli utenti debbano sapere se l'operatore li stia contattando dall'Italia o da un Paese straniero. Infine, l'articolo impone ai committenti di comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali eventuali attività fuori dall'Italia. Queste regole sono sistematicamente disapplicate. La sostanziale disapplicazione ha consentito la delocalizzazione all'estero, impedendo ai cittadini italiani l'esercizio di un diritto di scelta a loro garantito dalla legge. Anche da questo sono derivati migliaia di esuberi ingiustificati, perché il lavoro non è cessato ma è stato spostato, senza rispettare le leggi, in Paesi con basso costo del lavoro e con insufficiente garanzia sul trattamento dei dati personali e sensibili.
Quanto esposto rende necessario un intervento legislativo che:
a) determini certezza di tutele per i lavoratori dei call center;
b) preveda sanzioni in caso di delocalizzazioni, in particolare per le imprese che hanno usufruito dei benefìci di cui alla legge 29 dicembre 1990, n. 407;
c) stabilisca sanzioni per le aziende che non rispettino la legislazione nazionale in materia di protezione dei dati personali e; rafforzi la clausola sociale già contenuta nel citato comma 10 dell'articolo 1 della legge n. 11 del 2016;
d) determini il superamento dell'aggiudicazione di servizi di call center con il massimo ribasso applicando il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa
Questi, in sintesi, sono anche gli obiettivi che la presente proposta di legge intende perseguire. L'auspicio è che il Parlamento avvii in tempi brevi l'iter di discussione delle proposte di legge presentate da diversi gruppi in materia di tutele per i lavoratori dei call center al fine di impedire il licenziamento di migliaia di lavoratori.
1. L'articolo 24-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è sostituito dal seguente:
«Art. 24-bis. — (Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell'occupazione delle attività svolte da call center). — 1. Le misure di cui al presente articolo si applicano alle attività svolte da imprese operanti nel territorio nazionale nel settore dei call center con almeno 15 dipendenti, ai sensi dell'articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
2. Qualora un'azienda operante nel comparto dei call center decida di delocalizzare l'attività fuori dal territorio nazionale deve darne comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dello sviluppo economico, almeno centottanta giorni prima dell'effettivo trasferimento, indicando il numero di lavoratori coinvolti e la scansione delle fasi del trasferimento.
3. L'azienda di cui al comma 2, con apposita comunicazione all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indica in maniera analitica le misure adottate per il rispetto del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del registro delle opposizioni. Analoga comunicazione deve essere fornita dalle aziende che già operano in Paesi esteri.
4. Nelle more della ridefinizione del sistema degli incentivi all'occupazione nel settore dei call center, i benefìci previsti dalla legge 29 dicembre 1990, n. 407, cessano di applicarsi dal momento della comunicazione di cui al comma 2. L'azienda
1. Il comma 10 dell'articolo 1 della legge 28 gennaio 2016, n. 11, è sostituito dal seguente:
«10. In caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, il rapporto di lavoro dei dipendenti dell'impresa uscente continua con l'appaltatore subentrante alle condizioni economiche e giuridiche precedentemente godute, fatte salve eventuali condizioni di maggior favore previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicati e vigenti alla data del trasferimento, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali rappresentative sul piano nazionale. In assenza di specifica disciplina nazionale collettiva, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto adottato sentite le organizzazioni datoriali e sindacali più rappresentative a livello nazionale, definisce i criteri generali per l'attuazione del presente comma. Le amministrazioni pubbliche, le società partecipate da amministrazioni pubbliche e le imprese pubbliche o private che intendono stipulare un contratto di appalto per servizi di call center devono darne comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle strutture territoriali delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale».
2. A partire dalla data di entrata in vigore della presente legge, la clausola sociale prevista dal comma 10 dell'articolo 1 della legge 28 gennaio 2016, n. 11, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, devono essere inserite dal committente nel bando di gara relativo a servizi di call center.
1. Ai fini della valutazione delle offerte relative allo svolgimento di servizi di call center, ai sensi dell'articolo 83 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le amministrazioni pubbliche e le società partecipate dalle
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il trattamento straordinario di integrazione salariale previsto per i lavoratori del settore dell'industria è esteso, con le modalità e con le procedure vigenti nel settore stesso, ai dipendenti di aziende appaltatrici di servizi di call center, addetti in modo prevalente o continuativo a tale attività, sospesi dal lavoro o che effettuano prestazioni di lavoro con orario ridotto in conseguenza di situazioni di crisi dell'azienda accertata ai sensi dell'articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675.
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