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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 275-1059-1832-1969-2339-2634-2652-3426-A-R |
La Commissione Giustizia,
esaminato il testo unificato in oggetto,
rilevato che:
all'articolo 5, il comma 7-bis prevede che, nel caso in cui le dichiarazioni previste dal medesimo articolo non siano rese decorsi trenta giorni dal termine fissato dall'Autorità per l'integrazione o la correzione delle stesse o nel caso in cui le dichiarazioni risultino non veritiere o incomplete, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 328 del codice penale, mentre il comma 7-ter prevede che, fuori dai casi di cui al comma 7-bis, alle dichiarazioni si applica l'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, secondo cui chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia;
i predetti commi 7-bis e 7-ter, pertanto, costituiscono disposizioni di natura penale, volte a punire, attraverso la tecnica del rinvio ad altre disposizioni legislative, l'omessa presentazione nei termini fissati dall'Autorità delle integrazioni o delle correzioni delle dichiarazioni previste dall'articolo 5 nonché la presentazione di dichiarazioni non veritiere o incomplete;
al fine di evitare qualsiasi dubbio interpretativo sull'esatta portata delle due disposizioni, potrebbe essere opportuno riunirle in un unico comma, prevedendo espressamente che si applichi l'articolo 328, secondo comma, del codice penale nel caso di violazione del termine entro il quale integrare o correggere le dichiarazioni e che, invece, si applichi l'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 in caso di dichiarazioni non veritiere o incomplete;
il comma 13 dell'articolo 6 prevede che, nel caso di mancato esercizio dell'opzione tra il mantenimento della carica di governo e il mantenimento della posizione incompatibile, l'Autorità informa del mancato esercizio dell'opzione il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri e l'interessato. Del mancato esercizio dell'opzione è pubblicata notizia nella Gazzetta Ufficiale. A decorrere dalla data di pubblicazione, gli atti compiuti dal titolare della carica di governo nazionale sono nulli;
tale disposizione prevede anche la pubblicazione della notizia del mancato esercizio dell'opzione tra il mantenimento della carica di governo e il mantenimento della posizione incompatibile nella Gazzetta Ufficiale, facendo derivare conseguenze giuridiche estremamente gravi, quali la nullità, per gli atti compiuti dal titolare della carica di governo nazionale; sarebbe, quindi, opportuno prevedere che l'Autorità attesti
l'articolo 15, in materia di giurisdizione, stabilisce che i ricorsi e le impugnazioni avverso gli atti adottati e le sanzioni applicate dall'Autorità ai sensi del provvedimento in esame sono attribuiti alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario e, in particolare, alle sezioni specializzate in materia di impresa;
il richiamato articolo attribuisce alle suddette sezioni specializzate la competenza a decidere su atti e sanzioni che esulano dai settori di specifica competenza, anche alla luce dei principi e criteri direttivi di delega previsti dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del disegno di delega di riforma del processo civile (C. 2953) all'esame della Commissione Giustizia, oltre che in ragione della circostanza che tali provvedimenti attengono più propriamente all'esercizio di funzioni pubbliche da parte di titolari di cariche politiche;
in ragione di tale attinenza sarebbe opportuno prendere a modello di riferimento il procedimento di impugnazione disciplinato dall'articolo 23 del decreto legislativo 1o settembre 2011, n. 150, secondo cui le controversie in materia di eleggibilità e incompatibilità nelle elezioni per il Parlamento europeo sono di competenza della Corte di appello e regolate dal rito sommario di cognizione con alcune specificazioni e con la previsione di due gradi di giudizio, essendo previsto unicamente il ricorso in Cassazione contro l'ordinanza della Corte di appello che definisce il giudizio;
appare quindi opportuno modificare l'articolo 15 attribuendo la competenza alla Corte di appello, prevedendo il rito sommario e due gradi di giudizio,
esprime
con la seguente condizione:
all'articolo 5, il comma 7-bis, sia sostituito dal seguente: «I titolari di cariche di governo nazionali che non presentano le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 nei trenta giorni successivi al termine fissato dall'Autorità per l'integrazione o la correzione delle stesse sono puniti ai sensi dell'articolo 328, comma 2, del codice penale; nel caso di dichiarazioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 non veritiere o incomplete si applica l'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445» e conseguentemente sopprimere il comma 7-ter;
e con le seguenti osservazioni:
a) all'articolo 6, la Commissione di merito valuti l'opportunità di sostituire il comma 13 con il seguente: «13. Nel caso di cui al comma 12, l'Autorità attesta, con proprio provvedimento, il mancato esercizio dell'opzione. Il provvedimento è trasmesso al Presidente della
b) la Commissione di merito valuti l'opportunità di sostituire l'articolo 15 con il seguente: «Art. 15 (Giurisdizione). 1. I ricorsi e le impugnazioni avverso gli atti adottati e le sanzioni applicate dall'Autorità ai sensi della presente legge sono attribuiti alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario.
2. Le relative controversie sono regolate dal rito sommario di cognizione e sono devolute alla Corte di appello nel cui distretto ha sede l'organo o l'ufficio a cui si riferisce la carica pubblica. Il collegio è presieduto dal presidente della Corte di appello e al giudizio partecipa il pubblico ministero.
3. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento dell'Autorità; il termine è elevato a trenta giorni se il ricorrente risiede all'estero.
4. I termini per la notifica del ricorso e la costituzione delle parti sono perentori.
5. Contro la decisione il soggetto interessato e il procuratore generale presso la Corte di appello possono proporre ricorso per cassazione entro quindici giorni dalla comunicazione.
6. Il presidente della Corte di cassazione, con decreto steso in calce al ricorso medesimo, fissa l'udienza di discussione. Tutti i termini del procedimento sono ridotti alla metà. La sentenza è immediatamente pubblicata e di essa è data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.».
La III Commissione,
esaminato per le parti di competenza il testo unificato delle proposte di legge C. 275 e abb., recante «Disposizioni in materia di conflitti di interessi»;
condiviso l'impianto complessivo del provvedimento, finalizzato ad una disciplina più stringente in materia di conflitto di interessi per i titolari di cariche politiche;
esaminata, in particolare, la norma, di cui all'articolo 5, comma 2, finalizzata ad includere, ai fini degli obblighi dichiarativi, i beni, le attività patrimoniali, le cariche e le altre attività, detenuti o svolti all'estero, come pure il richiamo operato in tema di incompatibilità, di cui al successivo articolo 6, comma 2, laddove si specifica che essa
preso atto, inoltre, dei compiti di indagine, di verifica, di accertamento e controllo attribuiti all'Autorità di vigilanza, di cui all'articolo 5, comma 6-bis, da cui emerge la delicatezza e complessità del relativo esercizio nel caso di beni o attività detenuti e svolte all'estero;
ritenuto opportuno che l'Autorità di vigilanza possa comunque efficacemente esercitare i sopra citati compiti, anche ai fini delle eventuali misure da assumere, nei casi di beni e attività patrimoniali detenuti all'estero e per cariche, attività, funzioni, svolte o ricoperte all'estero,
esprime
La IV Commissione,
esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 275 Bressa ed abbinate, recante «Disposizioni in materia di conflitti di interessi» adottato dalla Commissione di merito come testo base per il seguito dell'esame in sede referente;
considerate le modificazioni apportate al citato testo base dalle proposte emendative approvate dalla Commissione di merito nelle sedute del 15 e del 16 febbraio 2016;
preso atto che, ai sensi dell'articolo 8, sussiste conflitto di interessi patrimoniale, tra gli altri casi, quando il titolare della carica di governo nazionale possieda, anche per interposta persona o tramite società fiduciaria, partecipazioni rilevanti nel settore della difesa,
esprime
La VI Commissione,
esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti la materia tributaria, ai fini del parere alla I Commissione Affari costituzionali, il testo unificato delle proposte di legge C. 275 Bressa, C. 1059 Fraccaro, C. 1832 Civati, C. 1969 Tinagli, C. 2339 Dadone, C. 2634 Rizzetto, C. 2652 Scotto e C. 3426 Rubinato, recante «Disposizioni in materia di conflitti di interessi», come risultante dagli emendamenti approvati dalla I Commissione nel corso dell'esame in sede referente;
evidenziato il notevole rilievo del provvedimento, che realizza un importante intervento di riforma rispetto a una tematica cruciale per la trasparenza della vita democratica del Paese e per il corretto funzionamento delle istituzioni,
esprime
La XI Commissione,
esaminato, per quanto di competenza, il nuovo testo unificato della proposta di legge Atto Camera n. 275 e delle proposte di legge abbinate, recante «Disposizioni in materia di conflitti di interessi»;
valutato favorevolmente l'impianto complessivo del provvedimento, che sostituisce pressoché integralmente le disposizioni vigenti in materia, contenute nella legge 20 luglio 2004, n. 215, che vengono contestualmente abrogate, con alcune limitate eccezioni;
rilevato, in particolare, che il provvedimento intende assicurare una più efficace disciplina per il contrasto delle situazioni di conflitto di interessi, rafforzando il ruolo attribuito all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e introducendo rimedi di carattere preventivo, tra i quali assume rilievo l'affidamento a una gestione fiduciaria dei beni e delle attività rilevanti in specifici settori economici, disciplinato dall'articolo 9 del testo in esame;
considerato che, per quanto attiene alle materie più direttamente riferibili alla competenza della Commissione, nell'ambito della disciplina delle situazioni di incompatibilità con la titolarità di cariche di governo nazionale, l'articolo 6, comma 1, lettera b), dispone che tali cariche siano incompatibili con qualunque impiego pubblico e privato, confermando, in sostanza, quanto attualmente previsto dall'articolo 2, comma 1, lettere e) ed f), della legge 20 luglio 2004, n. 215;
osservato che il comma 6 del medesimo articolo 6, disciplinando i casi di incompatibilità successiva per i titolari di incarichi di governo nazionale, prevede che essi, nell'anno successivo alla cessazione del loro ufficio, non possano svolgere attività di impresa, assumere incarichi presso imprese private o presso imprese o enti pubblici o sottoposti a controllo pubblico, se non previa autorizzazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, considerata l'attività precedentemente svolta in qualità di titolari della carica di Governo, accerti l'insussistenza di conflitti di interessi;
rilevato che il successivo comma 7, analogamente a quanto già previsto a legislazione vigente dall'articolo 2, comma 5, della legge 20 luglio 2004, n. 215, stabilisce che i dipendenti pubblici o privati che assumono una carica di governo nazionale sono collocati in aspettativa o nell'analoga posizione prevista dagli ordinamenti di provenienza e secondo le rispettive norme, con decorrenza dal giorno del giuramento o comunque dell'effettiva assunzione della carica, senza pregiudizio della propria posizione professionale e di carriera,
esprime
La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 275 Bressa, C. 1059 Fraccaro, C. 1832 Civati, C. 1969 Tinagli, C. 2339 Dadone, C. 2634 Rizzetto, C. 2652 Scotto e C. 3426 Rubinato, recante «Disposizioni in materia di conflitti di interessi», come modificato nel corso dell'esame in sede referente;
premesso che il testo unificato in esame reca una nuova disciplina del conflitto di interessi per i titolari di cariche di governo nazionali e regionali (Presidenti delle regioni e delle province autonome e componenti delle giunte regionali e delle province autonome) ed interviene in materia di ineleggibilità dei parlamentari e dei consiglieri regionali, introducendo con riferimento a questi ultimi, una nuova disposizione di principio nella legge n. 165 del 2004 (articolo 13);
considerato che appare opportuno estendere la disciplina del conflitto di interessi anche ai titolari di cariche di governo degli enti locali, al fine di garantire l'assoluta trasparenza del loro operato;
rilevato, in particolare, che l'articolo 11 prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano entro sei mesi dalla entrata in vigore della legge le situazioni di conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo regionali, uniformandosi ai principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica contenuti nella legge e affidando i poteri di vigilanza, controllo e sanzione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato; decorso il predetto termine e fino all'emanazione della normativa regionale, si applica direttamente la legge statale;
rilevato altresì che le disposizioni della legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto degli statuti e delle relative norme di attuazione;
considerato che:
l'articolo 7, comma 9, prevede che, nel caso in cui il titolare della carica di governo nazionale abbia adottato un atto o partecipato all'adozione di un atto in violazione del dovere di astensione, il Consiglio dei ministri può revocare l'atto o procedere all'annullamento straordinario ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge n. 400 del 1988;
tale disposizione non appare peraltro applicabile in via diretta alle Regioni, in caso di mancato adeguamento ai principi della legge nel termine di sei mesi, in quanto la Corte costituzionale, con sentenza n. 229 del 1989, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del richiamato articolo 2, comma 3, lettera p), proprio nella parte in cui prevede l'adozione da parte del Consiglio dei ministri delle determinazioni concernenti l'annullamento straordinario degli atti amministrativi illegittimi delle Regioni e delle Province autonome;
ugualmente lesiva delle prerogative costituzionalmente garantite delle Regioni, risulta l'applicazione in via diretta dell'articolo 7, comma 6-bis, che dispone che, in caso di astensione del titolare della carica di Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri sottopone l'atto al Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 23 agosto 1988, n. 400;
risulta pertanto necessario specificare che, in caso di applicazione diretta della legge alle Regioni, i poteri del Presidente del Consiglio e del Consiglio dei ministri previsti dall'articolo 7, commi 6-bis e 9, sono esercitati, rispettivamente, dal Presidente della Regione e dalla Giunta regionale;
rilevato infine che, a differenza delle altre disposizioni della legge, l'articolo 6, comma 6, in materia di divieto di svolgimento di attività imprenditoriale e di assunzione di incarichi presso imprese dopo la cessazione della carica di governo, si riferisce al titolare delle cariche di governo senza specificare «nazionali», prestandosi ad essere interpretato nel senso di una diretta applicazione anche alle Regioni,
esprime
con la seguente condizione:
1) all'articolo 11, comma 2, sia aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In tal caso, i poteri del Presidente del Consiglio e del Consiglio dei ministri previsti dall'articolo 7, commi 6-bis e 9, sono esercitati, rispettivamente, dal Presidente della Regione e dalla Giunta regionale»;
e con le seguenti osservazioni:
a) si valuti l'opportunità di estendere la disciplina del conflitto di interessi ai sindaci metropolitani, ai componenti degli organi metropolitani che svolgono funzioni esecutive, ai presidenti delle province, nonché ai sindaci e ai componenti delle giunte dei comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti e, in ogni caso, ai comuni capoluogo di area vasta;
b) all'articolo 6, comma 6, si valuti l'opportunità di aggiungere, dopo le parole: «titolari delle cariche di Governo» la parola: «nazionali».
1. I titolari di cariche politiche, nell'esercizio delle loro funzioni, operano esclusivamente per la cura degli interessi pubblici a loro affidati.
1. Agli effetti dei capi II e III per titolari di cariche politiche si intendono:
a) i titolari di cariche di governo nazionali: il Presidente del Consiglio dei ministri, i vicepresidenti del Consiglio dei ministri, i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
b) i titolari di cariche di governo regionali: i presidenti delle regioni e delle province autonome e i componenti delle giunte regionali e delle province autonome;
c) i membri del Parlamento;
d) i consiglieri regionali.
1. L'autorità competente per l'attuazione delle disposizioni della presente
1. Ai fini della presente legge, sussiste conflitto di interessi in tutti i casi in cui il titolare di una carica di governo sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.
1. Entro venti giorni dall'assunzione della carica, i titolari di cariche di governo nazionali:
a) dichiarano all'Autorità di quali cariche o attività di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 6 siano titolari, anche se cessate nei dodici mesi precedenti;
b) trasmettono all'Autorità l'ultima dichiarazione dei redditi, nonché tutti i dati relativi ai beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri e alle attività
c) comunicano all'Autorità ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi, al fine di assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione della carica di governo, un impiego o un'attività di qualunque natura.
2. Le dichiarazioni di cui al comma 1 si riferiscono anche ai beni, alle attività patrimoniali, alle cariche e alle altre attività, ivi indicati, detenuti o svolti all'estero.
3. Ogni variazione degli elementi delle dichiarazioni di cui al comma 1 è comunicata, attraverso apposita dichiarazione integrativa, dal titolare di una delle cariche di governo nazionali all'Autorità entro venti giorni dalla sua realizzazione.
4. Entro i venti giorni successivi alla cessazione della carica, i titolari di cariche di governo nazionali presentano all'Autorità una dichiarazione concernente ogni variazione degli elementi delle dichiarazioni di cui al comma 1, intervenuta nel periodo compreso tra l'ultima dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3 e la cessazione della carica pubblica, salvo l'avvenuto ricorso alla gestione fiduciaria a norma della presente legge.
5. Le dichiarazioni di cui al comma 1 sono rese anche dal coniuge non legalmente separato e dai parenti entro il secondo grado del titolare della carica di governo nazionale o comunque dalla persona con lui stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico.
6. Alle dichiarazioni di cui al medesimo comma 1 è allegato l'elenco dei beni di cui al comma 1, lettera b), che il titolare della carica di governo nazionale dichiara essere effettivamente destinati alla fruizione o al godimento personale proprio o dei soggetti di cui al comma 5.
a) procede all'acquisizione di tutti gli elementi ritenuti utili, con le modalità previste dall'articolo 14, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, avvalendosi, ove occorra, del Corpo della guardia di finanza;
b) qualora le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 siano rese successivamente alla scadenza del termine fissato per l'integrazione o la correzione delle stesse ma non oltre trenta giorni da tale scadenza, applica nei confronti dei soggetti interessati una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro;
c) informa contestualmente il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri e i Presidenti delle Camere e, comunque, ove ne sussistano gli estremi, la competente autorità giudiziaria.
11. Nel caso in cui le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 non siano rese decorsi trenta giorni dal termine fissato dall'Autorità per l'integrazione o la correzione delle stesse o nel caso in cui le dichiarazioni risultino non veritiere o incomplete si applicano le sanzioni di cui all'articolo 328 del codice penale.
12. Fuori dai casi di cui al comma 11, alle dichiarazioni di cui al presente articolo si applica l'articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
13. L'Autorità procede con gli stessi poteri previsti dalla lettera a) del comma 10, allorché, anche in tempi successivi, entro cinque anni dalla fine del mandato, emergano elementi che rendano necessarie correzioni, integrazioni o verifiche delle dichiarazioni precedentemente rese; procede con gli stessi poteri e con le stesse modalità previsti alle lettere b) e c) del comma 10 allorché, anche in tempi successivi, entro cinque anni dalla fine del mandato, emergano violazioni degli obblighi dichiarativi previsti dal presente articolo, ferma restando l'applicazione dei commi 11 e 12.
14. Le dichiarazioni dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), ovvero dei soggetti di cui al comma 5 del presente articolo, sono pubblicate nel sito internet dell'Autorità, in un'apposita sezione dedicata al conflitto di interessi. Le dichiarazioni
1. La titolarità di una carica di governo nazionale è incompatibile con:
a) qualunque carica o ufficio pubblico, diverso dal mandato parlamentare, non ricoperto in ragione della funzione di governo svolta;
b) qualunque impiego pubblico o privato;
c) l'esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo, anche in forma associata o societaria, di consulenza e arbitrali, anche se non retribuito;
d) l'esercizio di attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie;
e) qualunque carica, ufficio o funzione comunque denominati, ovvero l'esercizio di compiti di gestione, in imprese o società pubbliche o private, in enti di diritto pubblico, anche economici, o in fondazioni ad eccezione di quelli ricoperti in ragione della funzione di governo svolta.
2. Sussiste incompatibilità anche quando le cariche, le attività e, in ogni caso, le funzioni di cui al comma 1 sono svolte o ricoperte all'estero.
3. L'imprenditore, per evitare la dichiarazione di incompatibilità, d'intesa con l'Autorità, accede all'applicazione di una delle misure per la prevenzione dei conflitti di interessi di cui agli articoli 8 e 9.
4. Per gli effetti di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, si applica l'articolo 2639 del codice civile, ai fini dell'identificazione dell'amministratore di fatto.
5. I titolari delle cariche di governo non possono, nell'anno successivo alla cessazione del loro ufficio, svolgere attività di impresa, assumere incarichi presso imprese private o presso imprese o enti pubblici o sottoposti a controllo pubblico,
1. L'Autorità, esaminate le dichiarazioni di cui all'articolo 5, se rileva che il titolare di una carica di governo nazionale, nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad
1. Esaminate le dichiarazioni di cui all'articolo 5, l'Autorità procede a norma del presente articolo:
a) quando il titolare della carica di governo nazionale possieda, anche per
b) quando, per la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di governo nazionale nel medesimo settore di mercato si rilevi che essi siano tali da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.
2. Ai fini della presente legge sono rilevanti le partecipazioni, detenute direttamente o per interposta persona, superiori al 2 per cento del capitale sociale nel caso di società quotate in mercati regolamentati e al 10 per cento negli altri casi, nonché le partecipazioni inferiori a tali soglie che assicurano al titolare il controllo o la partecipazione al controllo, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, o dell'articolo 93 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ai fini della presente legge sono altresì rilevanti gli accordi contrattuali ovvero i vincoli statutari che consentano di esercitare il controllo o la direzione e il coordinamento anche di enti non societari.
3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, l'Autorità, sentite, se del caso, le competenti autorità di settore, sottopone al titolare della carica di governo nazionale, entro trenta giorni dal ricevimento delle dichiarazioni di cui all'articolo 5, una proposta di applicazione di una o più delle misure di cui all'articolo 9.
4. Entro i successivi quindici giorni, l'interessato può sottoporre all'Autorità osservazioni e rilievi o proporre misure alternative. L'Autorità esamina le osservazioni e le controproposte e, qualora le
1. L'Autorità, al fine di prevenire i conflitti di interessi, può disporre che i beni e le attività patrimoniali, rilevanti ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettere a) e b), siano affidati, entro il termine da essa stabilito, a una gestione fiduciaria.
2. L'affidamento in gestione dei beni e delle attività patrimoniali di cui al comma 1 ha luogo mediante la sottoscrizione di un contratto di gestione con un soggetto, di seguito denominato «gestore», scelto con determinazione adottata dall'Autorità, sentiti gli interessati e, ove essa lo ritenga opportuno, la Commissione nazionale per le società e la borsa, la Banca d'Italia o la competente autorità di settore. I gestori sono scelti tra banche, società di gestione, del risparmio e società di intermediazione mobiliare. L'Autorità stabilisce i requisiti per lo svolgimento del mandato di gestore nonché i criteri per la determinazione del relativo compenso; a tale fine istituisce un elenco dei gestori al quale possono accedere tutti i soggetti in possesso dei requisiti. Il mandato al gestore comprende il potere di alienazione dei beni immobiliari e mobiliari affidati in gestione. Il contratto di gestione regola le condizioni per l'alienazione, prevede espressamente che qualunque comunicazione relativa alla gestione, ancorché ammessa dalle disposizioni della presente legge, avvenga in forma scritta e per il tramite dell'Autorità. Non sono ammessi altri rapporti tra il gestore e il titolare della carica di governo. Il contratto di gestione non può contenere
1. Alle plusvalenze realizzate attraverso eventuali operazioni di dismissione dei
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le situazioni di conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo regionali, uniformandosi ai princìpi dell'ordinamento giuridico della Repubblica contenuti nel presente capo e affidando i poteri di vigilanza, controllo e sanzione all'Autorità.
2. Decorso il termine di cui al comma 1 e fino all'emanazione della normativa regionale, si applicano le disposizioni della presente legge.
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei propri statuti e delle relative norme di attuazione.
1. All'articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al numero 1), le parole: «contratti di opere o di somministrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di notevole entità economica»;
b) dopo il numero 1), è inserito il seguente:
«1-bis) coloro che abbiano nei confronti di un'impresa che svolge un'attività di cui al numero 1):
a) la titolarità o il controllo;
b) l'esercizio di un'influenza dominante, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, o dell'articolo 93 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
c) la possibilità di disporne in tutto o in parte, direttamente o indirettamente;
d) la possibilità di determinarne gli indirizzi, ivi compresa la possibilità offerta dalle partecipazioni azionarie indirette»
c) al numero 3), dopo le parole: «nn. 1», è inserita la seguente: «, 1-bis».
2. Le cause di ineleggibilità di cui all'articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, come modificato dal presente articolo, non si applicano:
a) agli amministratori delle imprese che siano cessati dalla carica almeno centottanta
b) ai proprietari, agli azionisti di maggioranza o ai detentori di un pacchetto azionario di controllo, sia direttamente sia per interposta persona, che, nei termini di cui alla lettera a), perfezionino la cessione della proprietà o del pacchetto azionario di controllo ovvero si adeguino alle prescrizioni dai medesimi richieste all'Autorità.
3. Ai fini di cui alla lettera b) del comma 2 è vietata la cessione al coniuge o ai parenti e agli affini entro il secondo grado, o alla persona convivente non a scopo di lavoro domestico, a società collegata ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o a persona interposta allo scopo di eludere l'applicazione della disciplina di cui al presente articolo ovvero a società o ad altro ente comunque costituito o utilizzato a tale fine, in Italia o all'estero.
4. Ai fini di cui al comma 2 del presente articolo, coloro che intendono candidarsi, anche prima del decreto di convocazione dei comizi elettorali, possono accedere alla procedura di cui agli articoli 8 e 9. In caso di elezione l'Autorità trasmette una propria relazione sulle misure adottate ai sensi degli articoli 8 e 9 alla Giunta della Camera competente sulla verifica dei poteri.
1. All'articolo 2, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165, dopo la lettera a), è inserita la seguente:
«a-bis) previsione di una causa di ineleggibilità per coloro che abbiano la titolarità o comunque il controllo, anche in via indiretta, nei confronti di un'impresa che svolge esclusivamente o prevalentemente la propria attività in regime di
1. Il comma 2 dell'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è sostituito dai seguenti:
«2. L'Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è organo collegiale costituito dal presidente e da quattro membri.
2-bis. I membri sono scelti tra persone di notoria indipendenza e di specifica competenza e professionalità da individuare tra i professori universitari ordinari in materie giuridiche ed economiche, i magistrati delle giurisdizioni superiori ordinarie, amministrative e contabili, gli avvocati dello Stato, gli avvocati e i commercialisti dopo quindici anni di esercizio della professione, nonché tra altre personalità provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza.
2-ter. Le candidature a membro dell'Autorità, corredate del curriculum professionale, sono depositate presso la Segreteria generale di uno dei due rami del Parlamento, che le trasmette alle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica che, a maggioranza dei due terzi dei componenti, formano, rispettivamente, un elenco di dodici e uno di otto soggetti.
2-quater. La Camera dei deputati elegge tre membri dell'Autorità nell'ambito dell'elenco di cui al comma 2-ter. Ciascun deputato esprime il voto indicando un nominativo; sono eletti i soggetti che hanno ottenuto il maggior numero di voti,
2. L'Autorità presenta alle Camere una relazione semestrale sull'attività svolta ai sensi della presente legge.
3. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, si fa fronte nell'ambito del bilancio dell'Autorità, che a tal fine effettua corrispondenti risparmi di spesa, ulteriori rispetto a quelli previsti a legislazione vigente, senza incrementare il contributo a carico dei soggetti vigilati.
4. La lettera d) del comma 1 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è abrogata.
1. I ricorsi e le impugnazioni avverso gli atti adottati e le sanzioni applicati dall'Autorità ai sensi della presente legge sono attribuiti alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario.
2. Le relative controversie sono devolute alle sezioni specializzate in materia di
impresa istituite ai sensi del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168.
3. All'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente:
«d-bis) controversie in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di governo».
1. È abrogata la legge 20 luglio 2004, n. 215, ad esclusione dell'articolo 6, commi 4, 5 e 7, e degli articoli 7 e 9.
2. All'articolo 7 della legge 20 luglio 2004, n. 215, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «al coniuge e ai parenti entro il secondo grado» sono sostituite dalle seguenti: «al coniuge non legalmente separato, ai parenti entro il secondo grado o comunque alla persona con lui stabilmente convivente non a scopo domestico»;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Ai fini di cui al comma 1, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato trasmette all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni le dichiarazioni ricevute dai titolari delle cariche di governo e dai soggetti di cui al medesimo comma 1».
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