PDL 2486-A-bis
XVII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 2486-A-bis
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DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)
e dal ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione
(MADIA)
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
con il ministro della giustizia
(ORLANDO)
con il ministro per gli affari regionali e le autonomie
(LANZETTA)
con il ministro dell'interno
(ALFANO)
con il ministro dello sviluppo economico
(GUIDI)
con il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
(MARTINA)
con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(LUPI)
con il ministro della salute
(LORENZIN)
con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
(GIANNINI)
e con il ministro del lavoro e delle politiche sociali
(POLETTI)
Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari
Presentato il 24 giugno 2014
(Relatore di minoranza: Matteo BRAGANTINI)
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Onorevoli Colleghi! – Riteniamo la relazione di maggioranza della Commissione Affari Costituzionali non esaustiva, perché non persegue l'obiettivo di un reale e strutturale cambiamento della Pubblica Amministrazione.
Il decreto PA che l'Aula si appresta ad esaminare ed approvare si presenta come un
puzzle di blandi ritocchi ed aggiustamenti a norme già in vigore, senza intaccare ovviamente privilegi e prerogative di chi incide sui costi della pubblica amministrazione. Come ad esempio la stretta sulle consulenze, originariamente inserita nel primo testo approvato in Consiglio dei Ministri e poi eliminata in quello approdato undici giorni dopo in Parlamento. O come la previsione del divieto di conferire incarichi al personale in quiescenza, salvaguardando però i titolari di pensione che ricoprono incarichi presso gli organi costituzionali. O come, ancora, il trattenimento in servizio dei magistrati fino al 31 dicembre 2015, 14 mesi in più degli altri dipendenti pubblici, motivando tale scelta con la necessità di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari ma in realtà sappiamo che è solo per accontentare la magistratura di parte.
La tanto decantata riforma della pubblica amministrazione contenuta nel decreto-legge n. 90/14 ha un approccio troppo parziale perché possa produrre effetti ragguardevoli nel medio-lungo periodo. Basti pensare al pacchetto anticorruzione inserito all'interno della riforma della Pubblica Amministrazione. I poteri dell'ANAC (Agenzia Nazionale Anti Corruzione) vengono rafforzati con l'attribuzione del potere di ispezione su tutti gli appalti pubblici, il commissariamento di quelli truccati e la possibilità di comminare sanzioni amministrative. Una gran cosa di primo impatto, se non fosse che l'organico dell'ANAC, nell'assorbire l'Authority per la vigilanza sui contratti pubblici, passerà dai 26 membri attuali alle 300 persone entro la fine dell'anno; verranno fuse le due banche dati e sarà messa a disposizione della nuova Autorità una
task force della Guardia di finanza. Alla nuova «grande ANAC» saranno trasmessi tutti i dati riguardanti le varianti d'opera di tutta Italia. Appare chiaro da subito che queste misure, per quanto condivisibili nell'ottica del risparmio, vadano in sostanza a complicare il sistema senza in realtà cambiare l'assetto generale che rende malato questo Paese. Abbiamo già avuto prova, con altre misure di
spending review adottate, che non sempre accorpamento è sinonimo di risparmio e produttività.
È necessario, al contrario, una riforma della pubblica amministrazione che muova da una rivoluzione culturale della «
res publica».
Innanzitutto è opportuno incentrare il processo di semplificazione dell'assetto amministrativo sul principio di sussidiarietà affinché, spostando la decisione al livello più vicino al cittadino, si consenta a quest'ultimo più stringenti poteri di controllo nei confronti dei decisori pubblici. Alla semplificazione delle procedure e degli apparati amministrativi deve inoltre affiancarsi un processo di valorizzazione dei meccanismi di controllo interno a carattere preventivo che, nel rispetto dell'autonomia di ciascuna organizzazione, sono destinati a consentire un effettivo e capillare monitoraggio dell'azione pubblica. Solo così si attua una reale riforma della pubblica amministrazione in termini di maggiore efficienza e di minori costi, che non può prescindere dal processo di attuazione del federalismo fiscale, avviato con la legge n. 42 del 2009. Siamo fermamente convinti che i tagli lineari della spesa pubblica, senza una vera e propria riorganizzazione, non comportano né maggior risparmio né migliore funzionalità; riteniamo invero che per poter tagliare la spesa in maniera selettiva occorre
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rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione conseguenziale dei costi
standard. Solo il passaggio dalla spesa storica al costo
standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una logica meritocratica che cancelli le inefficienze del passato e segua un approccio manageriale delle risorse pubbliche.
La nostra riforma della Pubblica Amministrazione, nell'ottica della modernizzazione, innovazione e riduzione dei costi, avrebbe dovuto contenere, quali punti cardine, quello di incentivare la produttività dell'amministrazione pubblica contemplando sanzioni per il mancato rispetto dei tempi di risposta all'utenza; di promuovere gli appalti a km zero, a parità di costo, per favorire il coinvolgimento delle imprese locali nella riqualificazione del proprio territorio; di rapportare le progressioni di carriera alla meritocrazia invece che all'anzianità, nonché di sviluppare la cultura del risultato legando la retribuzione all'obiettivo raggiunto. Su quest'ultimo punto ci spiace constatare che i nostri emendamenti, volti ad aumentare per i dirigenti pubblici la percentuale di trattamento economico legata ai risultati ed includervi anche i dirigenti sanitari – oggi esclusi – siano stati superficialmente o strumentalmente dichiarati inammissibili. Ci rammarica ovviamente perché prendiamo atto che ancora una volta si propongono riforme che non riformano, perchè è l'approccio ideologico che non si vuol cambiare.
Questa è per noi la riforma che si doveva e si deve fare. Considerando, tuttavia, importante ed urgente agire sulla semplificazione e sulla trasparenza amministrativa, auspichiamo un miglioramento del provvedimento con l'approvazione dei nostri emendamenti e per questo motivo non abbiamo ritenuto necessario presentare un testo alternativo.
Matteo BRAGANTINI,
Relatore di minoranza