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PDL 420

XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 420



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CAPARINI, GIANLUCA PINI, GIOVANNI FAVA, MOLTENI, FEDRIGA, MATTEO BRAGANTINI, GRIMOLDI, ALLASIA, BORGHESI, BUSIN, CAON, MARCOLIN, PRATAVIERA, RONDINI

Norme per la riorganizzazione del sistema pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, nonché per la dismissione della partecipazione dello Stato nel capitale della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa

Presentata il 21 marzo 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Stiamo assistendo ad un mutamento generale dell'intero sistema mediale sia a livello tecnologico che normativo. Il passaggio dalle trasmissioni in tecnica analogica a quelle in digitale terrestre ha aperto una nuova era per la televisione, eppure il servizio pubblico radiotelevisivo italiano rimane ancorato a logiche arcaiche e superate. Abbiamo centinaia di canali a disposizione, offerte in chiaro, a pagamento e canali tematici ma continua a esistere una televisione pubblica che di servizio pubblico ha solo il ricordo del passato. La legge n. 223 del 1990, nel riconoscere «preminente interesse generale» all'attività di diffusione di programmi radiofonici e televisivi, in linea con l'assetto normativo precedente, ha disposto che l'affidamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo fosse affidato, mediante concessione, ad una società per azioni avente totale partecipazione pubblica, identificata nella RAI - Radio audizioni italiane Spa. L'11 giugno 1995 un referendum abrogativo proposto dal gruppo parlamentare della Lega nord e dai Radicali, con il 54,9 per cento dei sì ha, di fatto, trasformato la natura stessa della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, di seguito «RAI», aprendo al possibile ingresso dei privati nel capitale sociale dell'azienda e decretando così la fine di quanto previsto dalla legge del 1990. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 7 del 1995 che ha dichiarato l'ammissibilità del referendum, ha ammesso che una partecipazione privata al capitale azionario della RAI non si porrebbe
 

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in contrasto «con la natura pubblica del servizio radiotelevisivo ovvero con il carattere di società di interesse nazionale riconosciuto, ai sensi dell'articolo 2461 del codice civile, alla concessionaria di tale servizio». Ad avviso della Corte, «Tali elementi possono, infatti, operare indipendentemente dalla qualità pubblica o privata dei soggetti titolari del capitale azionario, riguardando, invece, la specialità del complessivo regime giuridico del servizio pubblico esercitato tramite concessionaria: specialità connessa al raggiungimento di quei fini di interesse generale cui, in ogni caso, non può non ispirarsi lo svolgimento di tale servizio». Inoltre, nella sentenza n. 284 del 2002, la Corte costituzionale ha ribadito che il venir meno del monopolio statale non comporta il venir meno della giustificazione costituzionale del servizio pubblico radiotelevisivo, che risiede nella sua funzione specifica, volta a soddisfare il diritto all'informazione ed i connessi valori costituzionali, primo fra tutti il pluralismo, nonché a diffondere la cultura per concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese.
      In una direzione di privatizzazione della televisione pubblica è intervenuta la legge n. 112 del 2004, che ha previsto una serie di passaggi per trasformare la RAI in una public company ad azionariato diffuso, lasciando lo Stato come azionista di maggioranza. Ma il processo di privatizzazione non si è mai concluso e attualmente la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo è affidata, fino al 2016, alla RAI- Radiotelevisione italiana Spa, una società per azioni a totale partecipazione pubblica il cui capitale è detenuto per il 99,56 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per lo 0,44 per cento dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE).
      Nonostante negli anni si sia cercato più volte di trasformare la televisione pubblica per svincolarla da logiche politiche e per migliorare il servizio offerto, i cittadini continuano a dover pagare un canone istituito con un regio decreto-legge nel 1938, riscosso come tassa sulla proprietà di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni. Tralasciando il fatto che le parole utilizzate nel regio decreto-legge del 1938 risultano oggi quanto mai inappropriate, visto che nella tipologia di «apparecchi atti o adattabili alla ricezione del segnale» potrebbero essere ricompresi personal computer, telefoni cellulari e perfino videocitofoni e tralasciando anche un particolare non certo insignificante che è quello che nel 1938 gli apparecchi televisivi erano ancora sconosciuti a tutti, la tassa sulla proprietà di un apparecchio televisivo lascia aperta un'altra ambiguità: la proprietà dell'etere da parte dello Stato e la ragion d'essere a fronte delle nuove tecnologie che comprendono Adsl, Wi-fi, cavo, analogico e satellitare. La Corte costituzionale, nel 2002, ha riconosciuto al canone la natura sostanziale d'imposta, per cui la legittimità dell'imposizione è fondata sul presupposto della capacità contributiva e non sulla possibilità dell'utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato. Quindi il canone di abbonamento è da riconoscere in forza della mera detenzione di un apparecchio televisivo indipendentemente dall'utilizzo che ne sia fatto o delle trasmissioni seguite o che per motivi orografici non sia possibile ricevere uno o più canali della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. E così la RAI incassa circa 1,6 miliardi di euro. E come si evince dalla relazione della Corte dei conti di aprile 2011, le performance economico-finanziarie e patrimoniali della RAI e del Gruppo hanno registrato un notevole peggioramento: dalla perdita di 4,8 milioni di euro nel 2007 si è passati alla perdita di 37 milioni di euro nel 2008 e di 79,9 milioni di euro nel 2009. La gestione dell'azienda pubblica desta qualche perplessità che impone una riflessione seria e concreta sulle modalità di trasformazione della televisione pubblica. La cittadinanza chiede, a ragione, che ci siano regole trasparenti alla base delle assunzioni (desta qualche perplessità il fatto che la RAI abbia, alle proprie dipendenze, il triplo dei lavoratori del proprio maggiore competitore sul mercato) e che le cifre pagate agli artisti e ai lavoratori che, a vario titolo, ricevono compensi dalla RAI,
 

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siano più contenute. La società pubblica RAI non è più attuale: questo è un fatto. È necessario intervenire sul mercato televisivo liberandolo dalle costrizioni e dalle regole ormai superate, cominciando a demolire quelle strutture politicizzate che difendono gli interessi di pochi a scapito della popolazione. Come sottolineato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) in Italia, a differenza degli altri Paesi europei, non è mai stato attuato un piano di allocazione delle risorse frequenziali per il servizio televisivo: tale circostanza ha prodotto un assetto dei mercati a monte della trasmissione del segnale televisivo caratterizzato dall'esistenza di notevoli problemi sia di congestione dello spettro, sia interferenziali, nonché da un elevato livello di concentrazione. Se a ciò si aggiunge l'elevato grado di integrazione verticale degli operatori televisivi nazionali, tale livello di concentrazione si è poi trasferito a valle in un esito di mercato insoddisfacente nell'offerta di contenuti televisivi e nella raccolta pubblicitaria. La Lega Nord chiede da anni che si intervenga sulla RAI e sull'abolizione del canone, che si vigili sulla trasparenza delle assunzioni, sulla qualità del servizio offerto, sugli sprechi interni all'azienda, sui compensi spropositati degli artisti e sugli stipendi smodati dei dirigenti, per mettere fine all'incomprensibile scelta di finanziare con soldi pubblici un'emittente che, nei fatti, opera in concorrenza con l'altra televisione generalista per scelte di programmazione, di audience e di vendita di contenuti. Pertanto la proposta di legge, presentata in questa fase di profonda trasformazione televisiva, con il proliferare dei canali e delle offerte, con l'avvento di altri soggetti all'interno dello scenario televisivo e con l'uso di internet, ha l'obiettivo di ripensare al ruolo che la televisione pubblica dovrebbe svolgere, alla sua missione e alle specifiche modalità di funzionamento. L'attuale trasformazione tecnologica deve necessariamente essere accompagnata anche da una trasformazione normativa, che renda il servizio radiotelevisivo italiano più efficiente e al passo con i tempi, anche intervenendo sull'assetto organizzativo e gestionale della concessionaria RAI, partendo proprio da una privatizzazione dell'azienda. Ci dobbiamo liberare da un vecchio concetto per cui il servizio pubblico è la RAI. Il servizio pubblico è un'altra cosa, il servizio pubblico non è chi lo fa, ma è l'oggetto stesso, quindi il contenuto.
      L'articolo 1 ha quindi l'ambizione di definire univocamente che cosa si intende per servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale considerato che oggi è anacronistico continuare a parlare solo di televisione. Sono quindi individuati dei generi di programmi di interesse pubblico, che costituiscono l'oggetto del servizio pubblico.
      L'articolo 2 specifica che il servizio pubblico televisivo è slegato dal soggetto che lo eroga e può essere affidato ad una o più emittenti private attraverso una gara pubblica. L'AGCOM è tenuta a monitorare, anche attraverso meccanismi di controllo quali-quantitativi, le attività di tutti gli operatori aggiudicatari.
      Secondo la medesima logica, l'articolo 3 è volto a individuare le modalità di erogazione del servizio pubblico radiofonico, affidato attraverso una gara pubblica, ad una o più emittenti radiofoniche.
      L'articolo 4 affronta la privatizzazione della RAI, che deve concludersi entro il 30 dicembre 2013 attraverso offerte pubbliche di vendita, anche relative a specifici rami di azienda. I proventi derivanti dal procedimento sono destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.
      L'articolo 5 prevede che, a partire dal 1o gennaio 2014, sia istituito il Fondo per il finanziamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, alimentato attraverso l'imposta sulla pubblicità televisiva e finalizzato a sostenere le emittenti che trasmettono programmi di servizio pubblico nonché gli operatori che promuovono l'evoluzione tecnica e lo sviluppo industriale del Paese, avviando trasmissioni in alta definizione e sperimentando la diffusione di contenuti radiotelevisivi mediante l'uso di nuove tecnologie trasmissive.
      L'articolo 6 prevede alcune abrogazioni.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale).

      1. Il servizio radiofonico, televisivo e multimediale è un servizio pubblico indispensabile per mantenere e per affermare i valori culturali e sociali e per difendere le identità locali. La Repubblica ne riconosce l'importanza come strumento economico e formativo della collettività e tutela, valorizza e sostiene la produzione e la diffusione di programmi radiotelevisivi e multimediali di interesse pubblico.
      2. Per servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale si intende un'informazione fruibile e condivisibile offerta tramite televisione, radio e altri dispositivi multimediali, diffusa attraverso le diverse piattaforme, che risponde, prioritariamente, ai compiti di libertà, completezza, obiettività e pluralismo dell'informazione, nonché di valorizzazione delle identità locali e delle minoranze linguistiche.
      3. In particolare, si definiscono programmi di interesse pubblico i programmi che trattano dei seguenti generi:

          a) informazione e approfondimento generali: notiziari nazionali e regionali con programmazione quotidiana o straordinaria; informazione istituzionale e parlamentare nazionale ed europea; rubriche tematiche, inchieste e dibattiti di rete o di testata, attinenti ai temi dell'attualità interna, ai fenomeni sociali, alle diverse religioni o alle condizioni della vita quotidiana del Paese, quali la salute, la giustizia o la sicurezza; confronti su temi politici, culturali e religiosi, sociali ed economici; informazione di carattere internazionale accompagnata da un approfondimento qualificato dei temi trattati; informazione sulle attività e sul funzionamento dell'Unione europea;

 

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          b) programmi e rubriche di servizio: trasmissioni prevalentemente incentrate sui bisogni della collettività in cui sono valorizzate le opportunità esistenti nell'ambito dell'Unione europea; trasmissioni a carattere sociale, anche incentrate su specifiche fasce deboli; programmi legati ai temi del lavoro, ai bisogni della collettività, quali le condizioni delle strutture sanitarie, assistenziali e previdenziali, all'ambiente e alla qualità della vita, alla normativa e alle azioni dell'Unione europea, alle iniziative delle associazioni della società civile e alle celebrazioni liturgiche; trasmissioni idonee a comunicare al pubblico una più completa e realistica rappresentazione del ruolo che le donne svolgono nella vita sociale, culturale, economica del Paese, nelle istituzioni e nella famiglia, valorizzandone le opportunità, l'impegno ed i successi conseguiti nei diversi settori, in adempimento ai princìpi costituzionali; comunicazioni relative ai servizi di pubblica utilità in ambito nazionale e regionale; trasmissioni che garantiscono adeguati spazi alle associazioni e ai movimenti della società civile, nonché ai gruppi etno-culturali e linguistici presenti in Italia e specifiche trasmissioni per l'informazione dei consumatori; trasmissioni che contribuiscono alla conoscenza della lingua italiana e delle lingue straniere e all'alfabetizzazione informatica; trasmissioni finalizzate a promuovere la conoscenza dell'Unione europea;

          c) programmi e rubriche di promozione culturale: trasmissioni a carattere culturale con particolare attenzione alle forme artistiche dal vivo, quali teatro, danza, lirica, prosa e musica in tutti i suoi generi; trasmissioni finalizzate a promuovere e a valorizzare la lingua nazionale, la storia, le tradizioni, i costumi e il patrimonio storico-culturale del Paese e a diffonderne la conoscenza; trasmissioni volte a far partecipare la società italiana alla tutela del patrimonio artistico e ambientale del Paese; trasmissioni e documentari a contenuto educativo, storico, artistico, letterario e scientifico e trasmissioni finalizzate alla promozione dell'industria musicale italiana, con particolare attenzione

 

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agli artisti emergenti; programmi per la valorizzazione del turismo e della produzione «made in Italy» nel mondo; trasmissioni volte a valorizzare la presenza sul territorio di enti e di organizzazioni senza fini di lucro, con particolare riguardo all'attività sociale, formativa ed educativa in genere; programmi di approfondimento della cultura e della storia europea; trasmissioni dedicate al tema del lavoro, delle sue condizioni, della sua tutela e della sua sicurezza; trasmissioni dedicate ai bisogni della collettività, alle condizioni delle strutture sanitarie, assistenziali e previdenziali, alle iniziative delle associazioni della società civile; trasmissioni dedicate all'integrazione e al multiculturalismo; trasmissioni finalizzate a valorizzare una più moderna cultura della comunicazione sulla donna, con particolare attenzione alla sua crescita sociale, ai suoi diritti costituzionali e al suo ruolo nella società civile, nelle istituzioni e nel mondo del lavoro; comunicazioni relative ai servizi di pubblica utilità in ambito nazionale e regionale;

          d) informazione e programmi sportivi: eventi sportivi nazionali e internazionali trasmessi in diretta o registrati; notiziari; rubriche di approfondimento;

          e) programmi per minori: programmi di tutti i generi televisivi, anche in lingua originale, dedicati ai bambini, delle diverse fasce di età, compresa quella inferiore ai tre anni, agli adolescenti e ai giovani, che hanno finalità formativa, informativa o di intrattenimento, nel rispetto del diritto dei minori alla tutela della loro dignità e del loro sviluppo fisico, psichico ed etico; trasmissioni finalizzate a promuovere la conoscenza dell'Unione europea;

          f) produzioni audiovisive italiane ed europee: prodotti cinematografici, fiction, film e serie televisive in animazione, cartoni, documentari, di origine italiana o europea; programmi per la valorizzazione dell'audiovisivo in generale.

      4. Il ruolo del servizio pubblico multimediale si estende alla fornitura di servizi

 

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audiovisivi su nuove piattaforme di distribuzione, rivolti al grande pubblico e intesi anche a soddisfare interessi speciali, purché essi rispondano alle esigenze democratiche, culturali e sociali della collettività, senza comportare effetti sproporzionati sul mercato.
      5. Alla data di scadenza della convenzione in essere tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione Spa, il servizio di trasmissione delle sedute parlamentari è garantito in via esclusiva dai canali satellitari e dalle web tv.

Art. 2.
(Erogazione del servizio pubblico televisivo).

      1. Con cadenza triennale, la CONSIP Spa procede a una stima del valore delle trasmissioni televisive riconducibili ai generi di cui all'articolo 1 e indice gare per l'espletamento del servizio pubblico per un numero di pacchetti pari ai medesimi generi. Un operatore ha la facoltà di partecipare all'aggiudicazione di uno solo ovvero di più pacchetti.
      2. Entro il 31 dicembre 2013, il Ministero dello sviluppo economico provvede a definire i requisiti necessari per la partecipazione al bando di gara di cui al comma 1, tenendo conto, tra gli altri, della copertura sull'intero territorio nazionale, dell'affidabilità dell'emittente e della condotta aziendale, dell'offerta qualitativa della programmazione e dell'offerta digitale.
      3. Attraverso la stipula di convenzioni tra il Ministero dello sviluppo economico e le televisioni private nazionali aggiudicatrici, sono definiti gli obblighi di programmazione per l'espletamento del pacchetto o dei pacchetti di servizio pubblico aggiudicato, assicurandone comunque la trasmissione nelle fasce orarie di maggior ascolto e il divieto di interruzioni pubblicitarie all'interno del singolo programma.
      4. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) è tenuta a monitorare regolarmente, anche attraverso meccanismi di controllo qualitativi e quantitativi,

 

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le attività di tutti gli operatori aggiudicatari e la rispondenza sostanziale delle trasmissioni realizzate al progetto presentato e ha poteri di intervento e di sanzione, fino alla sospensione delle attività e al ritiro della concessione.
      5. Le televisioni private possono altresì stipulare convenzioni, con oneri posti in tutto o in parte a carico degli enti locali interessati, in ambito regionale, provinciale o comunale, per programmi giornalistici o per trasmissioni giornalistiche nelle lingue ammesse a tutela ai sensi della legge 15 dicembre 1999, n. 482, nell'ambito delle proprie programmazioni radiofoniche e televisive regionali.
      6. Nel caso in cui una o più gare vadano deserte, con decreto del Ministro dello sviluppo economico si procede, tramite apposite convenzioni, all'assegnazione a tutte le emittenti private nazionali, in base alla capacità trasmissiva, dei pacchetti di servizio pubblico, interi o frazionati, da trasmettere nelle fasce di maggior ascolto, in cambio del corrispettivo economico di cui al comma 1, a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale di cui all'articolo 5.

Art. 3.
(Erogazione del servizio pubblico radiofonico).

      1. Con cadenza decennale, il Ministero dello sviluppo economico, attraverso apposite convenzioni, affida il servizio pubblico radiofonico a una o più emittenti radiofoniche che ne fanno richiesta, purché assicurino un grado di copertura del servizio di radiodiffusione sonora in modulazione di frequenza (FM) non inferiore al 90 per cento della popolazione e di copertura del territorio non inferiore all'80 per cento, salvo le implicazioni interferenziali.
      2. Il Ministero dello sviluppo economico provvede ad incrementare il servizio Radio Data System (RDS) sulle reti radiofoniche concessionarie in FM mediante il

 

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sistema Enhanced Other Network (EON), conformemente alle norme dell’European Telecommunications Standards Institute (ETSI) e può estendere la sperimentazione del servizio RDS-Traffic Message Channel (TMC).
      3. Nel corso dell'attività di adeguamento della rete per garantire il grado di copertura con impianti che rispettano i valori della normativa vigente in materia di limiti elettromagnetici, è ammissibile una temporanea riduzione del grado di copertura di cui al comma 1.
      4. Le emittenti radiofoniche che svolgono il servizio pubblico, anche attraverso consorzi, sono tenute a sviluppare concretamente le trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale secondo i nuovi standard trasmissivi che costituiscono l'evoluzione del Digital Audio Broadcasting (DAB) nel rispetto della regolamentazione adottata dall'AGCOM, cooperando attivamente per lo sviluppo del mercato della radio digitale nell'osservanza del principio di neutralità tecnologica e competitiva.
      5. Le emittenti radiofoniche si impegnano a presentare al Ministero dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla stipula della convenzione di cui al comma 1, un progetto di razionalizzazione del servizio di radiodiffusione sonora in onde medie, finalizzato alla riduzione dei campi elettromagnetici irradiati, che garantisce la copertura delle principali aree metropolitane e che rende possibile la sperimentazione della modulazione digitale secondo lo standard Digital Radio Mondiale (DRM).

Art. 4.
(Privatizzazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa).

      1. Entro il 30 dicembre 2013, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, avvia il procedimento per l'alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI-Radiotelevisione italiana Spa, in conformità a quanto previsto dall'articolo

 

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1 della legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni.
      2. Entro il 30 giugno 2013, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con uno o più decreti, provvede a definire i tempi, le modalità, i requisiti, le condizioni e ogni altro elemento delle offerte pubbliche di vendita, anche relative a specifici rami di azienda. La vendita dell'intera partecipazione e di tutte le quote deve concludersi entro il 30 dicembre 2014.
      3. I proventi derivanti dal procedimento di cui al presente articolo sono destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, di cui al capo III del titolo I del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentazioni in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, e successive modificazioni.

Art. 5.
(Fondo per il finanziamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale).

      1. A partire dal 1o gennaio 2015 è istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, il Fondo per il finanziamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, di seguito denominato «Fondo», alimentato attraverso l'imposta sulla pubblicità televisiva.
      2. La base imponibile dell'imposta sulla pubblicità televisiva di cui al comma 1 è costituita dai corrispettivi, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, percepiti dalle emittenti televisive per la trasmissione di pubblicità e per lo svolgimento di televendite o di telepromozioni, definite dall'articolo 2, comma 1, lettere ii) e mm), del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, nonché dagli importi percepiti dalle medesime emittenti a titolo di sponsorizzazione, definita dal medesimo articolo 2, comma 1, lettera hh), del citato

 

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testo unico di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, e successive modificazioni.
      3. L'aliquota dell'imposta di cui al comma 1 è stabilita nella misura del 2 per cento della base imponibile.
      4. L'imposta di cui al comma 1 è liquidata e versata annualmente dall'emittente televisiva, con le modalità e nei termini stabiliti dal regolamento previsto dal comma 6.
      5. Per la dichiarazione, gli acconti, la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, il contenzioso, le sanzioni e tutti gli aspetti non disciplinati dal presente articolo e dal regolamento previsto dal comma 6 si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi.
      6. Con regolamento adottato mediante decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le disposizioni necessarie per l'attuazione del presente articolo.
      7. Il Ministero dello sviluppo economico provvede a distribuire le risorse di cui al comma 1 del presente articolo agli operatori radiofonici e televisivi al fine di rendere effettivo e sostenibile l'espletamento dei servizi di cui agli articoli 3 e 4, nonché a destinare parte dei proventi agli operatori che promuovono l'evoluzione tecnica e lo sviluppo industriale del Paese, avviando trasmissioni in alta definizione e sperimentando la diffusione di contenuti radiotelevisivi mediante l'uso di nuove tecnologie trasmissive quali l'evoluzione dello standard DVB-T, come il DVB-T2, il DVB-H, il DMB, il DRM, l'alta definizione, l’Internet Protocol Television (PTV), il Wi-Max, la web tv e di ogni altra tecnologia evolutiva a larga banda nel rispetto dei princìpi di parità di trattamento e di non discriminazione, nonché delle disposizioni in materia di accesso alla capacità trasmissiva in digitale terrestre, previa assegnazione delle necessarie risorse frequenziali.
      8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo emana un regolamento, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta
 

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del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite l'AGCOM e le competenti Commissioni parlamentari, per la definizione di un piano di interventi e di incentivi a sostegno dell'emittenza televisiva locale e dell'emittenza radiofonica locale e nazionale, prevedendo a tale scopo l'utilizzazione di una quota non inferiore a 270 milioni di euro annui a valere sul Fondo.

Art. 6.
(Abrogazioni).

      1. A decorrere dal 1o gennaio 2014, il canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione di cui al regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, nonché la tassa di concessione governativa prevista dall'articolo 17 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative, di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, e successive modificazioni, sono aboliti. In attuazione di quanto disposto dal presente comma, l'articolo 17 della legge 14 aprile 1975, n. 103, l'articolo 18 della legge 3 maggio 2004, n. 112, e l'articolo 47 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono abrogati.
      2. Gli articoli 20 e 21 della legge 3 maggio 2004, n. 112, sono abrogati.
      3. Gli articoli da 45 a 49 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, sono abrogati.


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