PDL 480
XVII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 480
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato LUPI
Modifiche alla legge 23 luglio 1991, n. 223, per favorire la ricollocazione professionale dei lavoratori coinvolti in processi di riduzione collettiva del personale o interessati da licenziamento individuale per motivi connessi all'organizzazione e alla produzione dell'impresa
Presentata il 22 marzo 2013
Onorevoli Colleghi! La gestione degli esuberi di personale nell'ambito di crisi aziendali e di procedure di mobilità o di licenziamenti collettivi, così come la gestione della pluralità di licenziamenti individuali determinati da un giustificato motivo oggettivo, rappresentano una tematica importante e di grande attualità per il mondo del lavoro.
Nei suddetti casi, alla base dell'espulsione del lavoratore dall'organizzazione aziendale, infatti, vi sono ragioni del tutto indipendenti dalla persona del lavoratore, dai suoi comportamenti lavorativi e dalle sue capacità professionali, ragioni determinate da situazioni legate all'organizzazione e al funzionamento dell'impresa o inerenti il più vasto panorama del mercato che possono spingere l'imprenditore a ridimensionare la propria attività o a riorganizzare in maniera più efficiente la propria struttura produttiva.
La problematica principale che si lega alle situazioni di eccedenza di personale, al pari però delle ulteriori ipotesi di licenziamento individuale, è quella relativa alla situazione del personale licenziato e, soprattutto, alle tutele che l'ordinamento può e deve approntare al fine di garantire il rapido reingresso di tale personale nel mondo del lavoro.
Nelle suddette situazioni, infatti, la preoccupazione dell'ordinamento giuslavoristico dovrebbe essere certamente quella di garantire l'effettiva sussistenza delle ragioni che legittimano il ricorso alla mobilità
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o al licenziamento collettivo o individuale, ma anche quella di approntare tutti gli strumenti utili affinché il lavoratore, trovatosi privo di occupazione, in presenza di legittime cause di risoluzione del rapporto, possa vedersi garantita l'effettività del proprio diritto a trovare una nuova occupazione.
Tale problematica affonda le proprie radici nella storia della legislazione giuslavoristica ed è stata spesso oggetto di analisi e approfondimenti in sede di contrattazione collettiva, senza giungere tuttavia a una definitiva e completa soluzione.
Già prima dell'approvazione della legge 23 luglio 1991, n. 223, in materia di eccedenze di personale e di licenziamenti collettivi, infatti, vi è traccia di accordi tra le parti sociali e le istituzioni pubbliche per concordare, nella gestione di situazioni di crisi occupazionale, specifici programmi volti a favorire il reimpiego dei lavoratori trovatisi privi di occupazione.
Ci si riferisce, per esempio, agli accordi raggiunti nella provincia autonoma di Trento prima dell'approvazione della citata legge e finalizzati alla compiuta regolamentazione di un sistema per il reimpiego di lavoratori in mobilità (si vedano l'intesa del 6 maggio 1988 tra la giunta provinciale e le organizzazioni sindacali e l'accordo del 21 luglio 1988 sottoscritto dal presidente della provincia autonoma, dai rappresentanti sindacali e da quelli delle associazioni industriali).
Si tratta, come già evidenziato, di accordi contingenti, frutto della necessità del momento e spesso a carattere prettamente locale che, però, non riuscivano a definire percorsi specifici e validi senza limitazioni settoriali o temporali per la gestione delle problematiche occupazionali legate ai percorsi di riorganizzazione aziendale o di gestione di crisi del mercato.
L'entrata in vigore della legge n. 223 del 1991 ha rilanciato il tema della gestione delle situazioni di crisi attraverso la previsione di un maggiore coinvolgimento delle parti sociali per la riduzione degli impatti occupazionali in ipotesi di difficoltà produttive e attraverso un sistema di incentivi alle imprese che concordano con le rappresentanze sindacali la quantità delle eccedenze di personale e le modalità di gestione degli esuberi. Ci si riferisce, per esempio, alle disposizioni dell'articolo 5, commi 4 e 5, della medesima legge, che riducono gli oneri della mobilità per le imprese che hanno raggiunto accordi in sede sindacale o che procurano offerte di lavoro al personale collocato in mobilità.
Non è un caso se, all'indomani dell'entrata in vigore della legge, ha trovato nuova linfa la stipulazione di accordi sindacali sebbene, ancora una volta, con esclusivo riferimento a situazioni contingenti.
La stessa contrattazione collettiva non sembra dedicare grande attenzione alla regolamentazione di apposite procedure che, in presenza di situazioni di crisi o di eccedenze di personale, permettano di recuperare le professionalità in esubero attraverso percorsi di riqualificazione professionale o di ricollocazione professionale.
Da un'analisi condotta su alcuni accordi collettivi è emerso, infatti, come un gran numero di questi non faccia alcun riferimento a programmi di ricollocazione professionale (si confrontino, tra gli altri: accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende farmaceutiche speciali del 13 dicembre 2007; accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende artigiane chimica, plastica, gomma e vetro del 19 febbraio 2008; contratto collettivo nazionale di lavoro Confindustria ceramica del 14 marzo 2008; accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro Federlegno arredo del 28 giugno 2008; accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro produzione laterizi del 26 maggio 2008; accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro gomma, plastica e pneumatici del 4 luglio 2008; contratto collettivo nazionale di lavoro produzione e trasformazione articoli di vetro del 4 maggio 2007).
In altri atti, al contrario, pur senza affrontare direttamente le questioni dell'eccedenza del personale e della ricollocazione
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o del reinserimento del lavoratore, ci si limita a prendere in considerazione l'aspetto della formazione del lavoratore stesso e la previsione di azioni di formazione professionale anche se limitata alle ipotesi di assenza da lavoro determinata da malattia (accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro energia e petrolio del 30 marzo 2006) o da assenza per maternità e paternità (contratto collettivo nazionale di lavoro Assovetro e Assolampade del 9 settembre 2008).
Più frequentemente i problemi relativi al generico reinserimento o ricollocazione dei lavoratori sono stati genericamente posti all'attenzione di specifiche commissioni costituite
ad hoc (o già esistenti), anche bilaterali e paritetiche (si confrontino: contratto collettivo nazionale di lavoro industria metalmeccanica privata e installazione impianti del 20 gennaio 2008; rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del turismo del 31 luglio 2007; contratto collettivo nazionale di lavoro del settore terziario, commercio, distribuzione e servizi del 18 dicembre 2007; rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del Sistema moda Italia dell'11 giugno 2008; rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei calzaturifici italiani del 2 luglio 2008; contratto collettivo nazionale produzione abbigliamento del 22 luglio 2008).
Pochi sono, invece, i contratti collettivi che affrontano in modo puntuale e dettagliato la tematica, sforzandosi di individuare anche procedure specifiche che possano garantire l'effettiva ricollocazione o l'effettivo reinserimento del lavoratore.
Su questa linea va considerato, per esempio, il contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti delle imprese assicuratrici, del 17 settembre 2007, che, oltre a prevedere una formazione specifica nei riguardi dei lavoratori assenti dal lavoro per più di tre mesi, prevede incentivi per la ricollocazione professionale dei lavoratori e altre misure da attuare previo confronto sindacale in caso di eccedenza del personale.
L'accordo che meglio e più di ogni altro affronta il problema legato alla possibile eccedenza di personale, preoccupandosi di individuare già un percorso volto alla ricollocazione dei lavoratori, è l'accordo Welfarma siglato da Farmaindustria il 20 novembre 2008: si tratta di un accordo per gestire eccedenze di personale da ricollocare, preferibilmente nello stesso settore farmaceutico, attraverso un procedimento che parte dalla constatazione dell'eccedenza, passa per il confronto sindacale e per l'accordo e arriva alla formalizzazione dell'incarico all'agenzia per il lavoro che si preoccuperà di curare la ricollocazione del lavoratore interessato. Tale accordo costituisce il migliore esempio di formalizzazione di un percorso specifico e individuale, incentivato dal datore di lavoro e volto alla effettiva ricollocazione professionale del lavoratore in esubero, al punto da costituire anche un valido esempio per successivi contratti collettivi (si confronti l'accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per gli addetti all'industria chimica, chimico-farmaceutica, delle fibre chimiche e dei settori abrasivi, lubrificanti e GPL del 18 dicembre 2009).
Senza dubbio il tema della ricollocazione dei lavoratori eccedenti appare ancora oggi il grande assente nel dibattito politico e parlamentare, il quale dovrebbe dedicare maggiore attenzione all'incentivazione di una procedura che, oltre a non creare ulteriori vincoli e rigidità al sistema del lavoro, potrebbe meglio garantire il lavoratore nel suo primario interesse: la garanzia di un posto di lavoro.
Queste considerazioni stanno alla base della presente proposta di legge, che non intende imporre alcun obbligo alle parti del rapporto di lavoro, ma solo incentivare una pratica che, se correttamente attuata, potrebbe contribuire a rendere più fluido e meno rigido il nostro mercato del lavoro.
Di fronte a situazioni di personale in esubero per crisi di mercato o per esigenze di riorganizzazione interna dell'impresa, la scelta libera di un percorso che conduca ad una riqualificazione professionale e all'accompagnamento verso una nuova occupazione
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del lavoratore espulso dal ciclo produttivo, è quella che, meglio di altre, può garantire in modo effettivo il lavoratore.
Di qui la scelta di intervenire attraverso la modifica di alcune norme di legge che, senza mutare in modo radicale il quadro normativo esistente, ribadisca e incentivi la possibilità di adesione del lavoratore a un accordo, proposto dal datore di lavoro, volto alla definizione di un programma modellato sulle sue competenze professionali, che conduca all'effettivo reinserimento nel mondo del lavoro.
Il tutto rimane improntato alle massime libertà, volontarietà e gratuità del percorso. L'adesione all'accordo di ricollocazione, infatti, sarà assolutamente libera, volontaria e gratuita per il lavoratore e rappresenterà, comunque, una facoltà e non un obbligo per lo stesso datore di lavoro il quale, a fronte dell'opportunità offerta al proprio dipendente, riceverà limitati benefìci.
Dal punto di vista economico il datore di lavoro che proponga al lavoratore l'adesione a un programma di ricollocazione professionale, sopportandone i costi economici, beneficerà dei soli incentivi economici già previsti per le imprese che raggiungano un accordo sindacale relativo alla gestione degli esuberi, ai sensi dell'articolo 4, comma 5, della legge n. 223 del 1991, o per le imprese che procurino ai propri dipendenti in mobilità offerte di lavoro, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, della medesima legge.
Nel caso di accordo di ricollocazione sottoscritto a seguito di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo e non di procedura di mobilità o di licenziamento collettivo, invece, il solo incentivo previsto ha natura non economica ed è rappresentato dall'esonero dalla prova che il lavoratore licenziato potesse essere impiegato altrimenti all'interno dell'impresa, come richiesto, in sede di giudizio, da costante giurisprudenza.
L'intera procedura di ricollocazione che la presente proposta di legge desidera incentivare non è analiticamente regolamentata, dal momento che le caratteristiche e le fasi del percorso vengono demandate all'accordo tra le parti. Si prescrive solo, a garanzia della serietà del percorso di ricollocazione professionale, che tale percorso sia affidato esclusivamente alle agenzie per il lavoro preposte alla ricollocazione professionale, già individuate dall'articolo 4, comma 1, lettera
e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
In particolare, la presente proposta di legge aggiunge all'articolo 4, comma 5, della legge n. 223 del 1991 un periodo ove si prevede che nella fase di consultazione sindacale sia valutata la possibilità di ricorrere a percorsi individuali di ricollocazione professionale per i lavoratori eccedenti, con onere a carico del datore di lavoro. Così facendo, visto il richiamo operato dal successivo articolo 24 della medesima legge n. 223 del 1991 alle suddette procedure di consultazione sindacale anche nelle ipotesi di licenziamento collettivo, si ottiene il risultato di prevedere la possibilità di ricorrere a percorsi di ricollocazione professionale sia nei casi in cui la riduzione di personale avvenga all'interno di una procedura di mobilità, sia nei casi in cui si proceda direttamente ai licenziamenti collettivi.
Al fine di incentivare il ricorso alla procedura di ricollocazione professionale, l'articolo 2 della proposta di legge dispone l'estensione della previsione di cui all'articolo 5, comma 5, della legge n. 223 del 1991 all'ipotesi di offerta di lavoro procurata attraverso l'accordo di ricollocazione.
In merito alle ipotesi di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, invece, si propone una modifica alla legge 15 luglio 1966, n. 604, attraverso l'inserimento di un nuovo articolo 5-
bis il quale preveda per il datore di lavoro la facoltà di proporre al lavoratore licenziato la sottoscrizione di un accordo individuale di ricollocazione. Il beneficio conseguente alla stipula di tale accordo consiste nell'esonero del datore di lavoro dalla prova, altrimenti richiesta dalla giurisprudenza,
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dell'inutilizzabilità del lavoratore licenziato in altra posizione lavorativa all'interno dell'impresa. In questo modo si vuole incentivare il datore di lavoro a proporre percorsi di ricollocazione senza, peraltro, intaccare in alcun modo il sistema di tutela posto a garanzia del lavoratore contro eventuali licenziamenti illegittimi, dal momento che sul datore di lavoro resta intatto l'onere di provare il nesso causale tra il licenziamento operato e le «ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa».
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Art. 1.
1. All'articolo 4, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per il personale eccedente non più utilizzabile all'interno della stessa impresa, le parti valutano le possibilità di reimpiego esterno, anche mediante accordi per la realizzazione di programmi individuali di ricollocazione professionale mediante una delle agenzie per il lavoro di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) ed e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, finanziati dall'impresa. L'adesione dei lavoratori ai programmi individuali previsti dall'accordo sindacale di cui al periodo precedente è libera e volontaria».
Art. 2.
1. Il comma 5 dell'articolo 5 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«5. L'impresa che, secondo le procedure determinate dalla Commissione regionale per l'impiego o attraverso il percorso definito dal programma individuale di ricollocazione professionale di cui all'articolo 4, comma 5, procura offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi le caratteristiche di cui all'articolo 9, comma 1, lettera b), non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdono il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettando tali offerte procurate dall'impresa, hanno prestato lavoro».
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Art. 3.
1. Dopo l'articolo 5 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è inserito il seguente:
«Art. 5-bis. 1. In caso di impugnazione del licenziamento per giustificato motivo determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, qualora il lavoratore abbia aderito alla proposta del datore di lavoro di partecipare a un programma individuale di ricollocazione professionale realizzato mediante una delle agenzie per il lavoro di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) ed e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, l'accertamento giudiziale verte esclusivamente sull'esistenza del giustificato motivo, senza estendersi all'impossibilità di collocare il lavoratore in altra posizione lavorativa all'interno dell'impresa».