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Seduta del 6/6/2012


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Audizione del direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), dottor Giovanni Kessler.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode, dottor Giovanni Kessler, accompagnato dalla sua assistente, Charlotte Arwidi. L'audizione odierna si inserisce nel ciclo di approfondimenti che la Commissione sta svolgendo in merito al fenomeno della contraffazione nel settore dei tabacchi. Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Rinnovando al direttore dell'OLAF, dottor Giovanni Kessler, il saluto di tutta la Commissione e ringraziandolo della sua presenza, gli do subito la parola per la sua relazione introduttiva.

GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Signor presidente, la ringrazio di questo invito che ci dà la possibilità non solo di condividere qualche dato, qualche informazione e qualche stima, ma anche di avere un confronto sulle possibili strategie e sugli strumenti per affrontare il problema della contraffazione nel campo dei tabacchi, quindi, delle sigarette. Prima di tutto, a titolo informativo, vorrei ribadire il ruolo particolare che l'OLAF ha in questo specifico campo d'azione, che deriva dagli accordi che sono intervenuti negli scorsi anni tra la Commissione europea e i quattro principali produttori mondiali di tabacco, i quali, a seguito di indagini iniziate dalla magistratura italiana fin dalla fine degli anni Novanta, furono accusati e portati in tribunale a New York dalla Commissione europea - che si costituì in giudizio - e da diversi Stati membri, tra cui l'Italia. Durante il procedimento giudiziario negli Stati Uniti, che li vedeva accusati di diretta partecipazione al contrabbando su scala mondiale, i maggiori produttori di tabacco patteggiarono. Nacquero, quindi, degli accordi tra la Commissione europea e Philip Morris, Imperial Tobacco e British American Tobacco, che ancora oggi legano i maggiori gruppi produttori di tabacco e l'Unione europea - in particolare attraverso l'OLAF, che è il punto di riferimento - a un complesso di obblighi reciproci tra cui la collaborazione nella lotta alla contraffazione e al contrabbando di tabacco. Tra le altre cose, ciò consente all'OLAF di mantenere un costante flusso informativo e anche di intelligence proveniente dai grandi gruppi manifatturieri di tabacco sul traffico illegale, sia di puro contrabbando, sia di tabacchi contraffatti. Nel corso degli


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anni, ciò ha portato a una notevole attività investigativa e operativa da parte dell'OLAF che, ovviamente, come suo normale modus operandi, collabora con le agenzie investigative di polizia e doganali degli Stati membri.
Passiamo ai dati di cui possiamo disporre. Per dare un'idea del fenomeno, vorrei evidenziare che, nel 2010, nell'Unione europea sono stati sequestrati 4,7 miliardi di sigarette. È una cifra abbastanza costante in questi anni. Come stima, il 50 per cento di queste sigarette sono contraffatte. Il totale dei sequestri si riferisce, infatti, sia a quelle di contrabbando, sia a quelle contraffatte: la metà sono contraffatte. Dal punto di vista criminale, sia il contrabbando, sia la contraffazione dei tabacchi sono fenomeni di grande rendimento. Ciò dipende dal fatto che il consumo di prodotti da tabacco non è un fenomeno in decrescita - ma forse, sotto questo piano, la situazione dell'Italia è un po' diversa - sia dal fatto che i profitti sono enormi. Le accise sui tabacchi, soprattutto in Gran Bretagna, in Irlanda - ma anche in Germania e Francia - sono altissime, pertanto, la differenza di prezzo - e dunque di profitto - tra il prodotto illegale, clandestinamente portato in Unione europea o contraffatto, e quello genuino è enorme. Viceversa, i rischi, anche dal punto di vista penale, sono relativamente bassi.
Per quanto riguarda la provenienza e le altre dimensioni del fenomeno, oltre al dato quantitativo, il grande paese produttore (soprattutto per il contraffatto ma, in generale, anche per il contrabbando di tabacchi) è la Cina. Dunque, la rotta è quella asiatica e i punti di ingresso maggiori sono in Europa orientale, con i maggiori porti d'ingresso nell'Unione europea. Oltre alla Cina, per quanto abbiamo riscontrato, in particolare per la contraffazione delle sigarette, vi sono anche la Malesia, le Filippine e il Vietnam.
Ho citato il confine orientale dell'Unione europea non solo perché è quello dove si ha l'entrata via terra (mi riferisco anche al treno, laddove abbiamo notato che diversi treni merci vengono utilizzati sia per il contrabbando, sia per l'entrata illegale di sigarette o tabacchi contraffatti in Europa), ma anche perché quel confine è più esposto alla produzione illecita di tabacchi. Difatti, vengono contrabbandati prodotti di tabacco contraffatti realizzati in alcune fabbriche situate sia in territorio russo - in particolare nell'enclave di Kaliningrad - sia in territorio moldavo, sia, in parte minore, nella regione dei Balcani.
In special modo, facciamo riferimento agli Stati ex sovietici dove, a seguito della caduta del regime sovietico e della privatizzazione, più o meno regolata o selvaggia da parte dei vari grandi gruppi industriali, sono facilmente reperibili e in buona parte utilizzati a fini illeciti, soprattutto per produzione di contrabbando o di contraffatto, grandi impianti industriali di produzione di sigarette, che prima erano utilizzati per il mercato sovietico. Vi è, dunque, una disponibilità, relativamente facile da riscontrare, di impianti oltre che un'assenza di controllo sul loro utilizzo.
Un altro punto di produzione abbastanza sorprendente e, da un certo punto di vista, più preoccupante, seppure quantitativamente molto più ridotto - è difficile distinguere se solo per il contrabbando o anche per la produzione di contraffatto, posto che i due fenomeni spesso vanno assieme - sono le fabbriche illegali scoperte all'interno dell'Unione europea. Tale dato è più preoccupante perché non si ha più il contrabbando, bensì una produzione che si può muovere senza alcun controllo, visto che non deve passare controlli doganali e alcun confine all'interno dell'Unione.
Dal 2003, quando è stata scoperta, in seguito ad indagini anche di OLAF, la prima di queste fabbriche clandestine (anche se è difficile immaginare che una grande fabbrica di produzione di sigarette sia invisibile), ad oggi - sto parlando di fabbriche all'interno dell'Unione europea - sono stati scoperti poco più di 50 impianti industriali dedicati esclusivamente alla produzione di tabacchi e sigarette destinate al mercato illegale che, in ogni caso, non pagano le accise. Inoltre,


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molto spesso, anche se non esclusivamente, si ha la contraffazione di marchi conosciuti.
Tra i Paesi coinvolti, alcuni dei quali insospettabili, abbiamo l'Austria, il Belgio, la Repubblica Ceca, la Germania, la Grecia, la Lettonia, la Lituania, la Polonia, la Slovacchia e la Gran Bretagna. In Italia non vi sono mai stati casi del genere. Queste fabbriche sono state, ovviamente, chiuse e sequestrate. Per avere un'idea della dimensione del fenomeno e della sua grande profittabilità, basti pensare che un container di quaranta piedi - quelli che normalmente si caricano sulle navi - può contenere 10 milioni di sigarette. Abbiamo, poi, le stime sulla perdita di fiscalità, cioè di dazi doganali e dunque di finanze per l'Unione europea.
Sempre per dare un'idea di ciò che sto descrivendo, una fabbrica illegale può produrre tra le 1.000 e le 3.000 sigarette al minuto (parlo di quelle che sono state scoperte e sequestrate all'interno del territorio dell'Unione europea). Una delle ultime è stata scoperta in Polonia nel marzo scorso, nell'ambito di una nostra investigazione, anche se devo dire che le autorità polacche sono state molto attive, collaborative e anche molto efficaci. Tuttavia, la Polonia è molto esposta a questo fenomeno perché ha un grande confine di terra.
In sostanza, la Polonia sta vivendo quello che l'Italia ha vissuto quindici anni fa nel Meridione, in particolare in Puglia. Tutti ricordiamo che l'Italia ha sofferto di questo ma ha saputo - lo dobbiamo dire - reagire in maniera molto efficace. Difatti, oggi, in Italia, il contrabbando di sigarette e di contraffatto su larga scala non è un grande fenomeno criminale come lo era nel passato. Oggi, l'Italia è più che altro un Paese di transito per questo tipo di merci. I Paesi di destinazione maggiori sono la Gran Bretagna e la Germania, dove c'è un grande mercato e una maggiore profittabilità.
La stima è stata fatta su questa fabbrica, scoperta e chiusa in Polonia nel marzo scorso. L'impianto, peraltro, aveva appena cominciato a lavorare, secondo le nostre stime, ma la capacità di produrre danno economico indiretto in termini di evasione di diritti e dunque di pagamenti alle finanze dell'Unione europea, rapportata alla sua capacità produttiva, sarebbe stata di 6 milioni di euro a settimana. Trattandosi di produzione esclusivamente destinata al mercato illegale, si ha l'idea della sfida a cui siamo di fronte.
In conclusione, non c'è dubbio che questo tipo di fenomeno illegale sarà in crescita perché con la crisi economica diventa non solo più interessante per i consumatori, anche se è più dannoso, poter pagare di meno, ma anche più facile per i criminali lavorare in questo mercato. Dal punto di vista investigativo e della repressione, non si può che ragionare a livello europeo, se non ad un livello ancora più alto. Infatti, pensare di poter affrontare questi temi, dal punto di vista investigativo e repressivo, a livello nazionale significa sbagliare completamente prospettiva. D'altra parte, questo è un tema molto più vasto, che riguarda la protezione degli interessi finanziari dell'Unione europea e degli Stati membri dalle frodi e dalla corruzione.
Ormai, la maggior parte dei crimini economici, sulle transazioni finanziarie, sulle operazioni economiche, sui grandi lavori pubblici e così via, ha una dimensione transnazionale e dunque può essere affrontato in maniera efficace solo a questo livello e non solo con la cooperazione tra gli Stati membri o tra le agenzie nazionali, bensì con un approccio integrato, cioè direttamente a livello europeo. Ciò vale, peraltro, per tanti altri fenomeni che stiamo affrontando, ma è particolarmente vero per il contrasto del traffico illegale di tabacchi e di tabacchi contraffatti.
In questo quadro, l'OLAF è un punto di riferimento, anche per ragioni storiche, essendo il rappresentante della Commissione di fronte ai grandi gruppi manifatturieri e alle agenzie di law enforcement dell'Unione europea. Pertanto, iniziamo investigazioni, che eventualmente passiamo agli Stati membri sulla base di un principio di sussidiarietà che si applica


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anche alle investigazioni, per la scoperta di queste fabbriche illegali all'interno dell'Unione europea.
Abbiamo, poi, il compito di segnalare alle autorità politiche dell'Unione europea e della Commissione i problemi che abbiamo con alcuni Paesi, non solo con la Cina, ma anche con quelli vicini che ho citato prima sul confine ad est, che causano danni economici notevoli, soprattutto in questi momenti. Si tratta, in particolare, di danni economici indiretti, in termini di mancanza di entrate all'Unione europea. Dunque, segnaliamo ai rappresentanti politici e diplomatici questa situazione, che poi rientra anche in negoziati che si stanno facendo con alcuni Paesi terzi.
L'ultimo punto, anch'esso abbastanza importante, riguarda l'accordo internazionale che sta per essere firmato e che è stato negoziato a livello mondiale. In quel caso, la Commissione era rappresentata dall'OLAF, che in questa negoziazione è il coordinatore di tutti i paesi europei. Vi sarà, dunque, un protocollo per l'eliminazione del traffico illegale dei prodotti da tabacco, che sarà annesso alla Framework Convention on Tobacco Control della World Health Organization, organismo delle Nazioni Unite a Ginevra.
Nell'ambito della convenzione sul controllo del tabacco - che è già in vigore -, si sta negoziando - anche se ormai con la quinta conferenza, che si è tenuta a Ginevra nel marzo scorso, si è già raggiunto l'accordo di tutte le parti sul testo - un protocollo aggiuntivo alla convenzione quadro sull'eliminazione del traffico illecito dei prodotti di tabacco, la quale prevede, tra i punti più importanti, la necessità a livello mondiale - nell'ambito delle Nazioni Unite - di un sistema di licenze per la produzione e per l'utilizzo di apparati industriali dedicati alla produzione di sigarette. Infatti, se non c'è un controllo - che oggi manca - sui macchinari che permettono la produzione di sigarette rimarremo sempre indietro. Viceversa, se si ha un controllo sulla produzione dei macchinari che permettono la produzione delle sigarette, se vi è, quindi, un sistema autorizzativo e di controllo, si potrà avere, alla fonte, un controllo sul mercato. A ciò si aggiungono inoltre strumenti di tipo legale e anche tecnico, previsti nel protocollo, per la track and trace, cioè per la tracciabilità dei prodotti.
Già oggi, comunque, i maggiori produttori di sigarette hanno dei sistemi di tracciabilità che consentono, anche sulla base degli accordi tra loro e la Commissione europea, di stabilire, per ogni prodotto sequestrato all'interno dell'Unione europea o importato illegalmente, se la sua origine sia genuina o contraffatta, in rapporto a parametri che le case produttrici già utilizzano per identificare le sigarette da loro prodotte.
Tuttavia, agendo su scala mondiale e con un sistema autorizzatorio sulla produzione e l'uso di macchinari per la lavorazione di sigarette, crediamo che si possa fare un grande passo avanti nella lotta alla produzione illecita di sigarette e, soprattutto, contraffatte.
A Seul, nel novembre di quest'anno, è prevista la Conferenza di tutte le parti di questo accordo. In quella circostanza, ci dovrebbe essere la ratifica di questo protocollo, che potrebbe costituire un grande strumento per contrastare questo fenomeno. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, direttore. Suggerirei il seguente ordine dei lavori. Poiché alle ore 9,55 dobbiamo interrompere i nostri lavori per gli impegni in Assemblea, possiamo utilizzare i prossimi 7-10 minuti per consentire ai commissari di rivolgere domande o brevi osservazioni, al fine di permettere al nostro direttore - chiedo scusa per il «nostro», ma è per l'antico legame - una replica negli ultimi 10 minuti. Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIOVANNI SANGA. Questa mattina abbiamo sentito riprendere dal direttore alcune questioni che abbiamo sollevato tante volte in questa Commissione, in modo particolare la necessità di affrontare questi temi in un ambito transnazionale. Infatti, mi pare di capire, anche dai dati,


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che l'approccio integrato, a cui prima si faceva riferimento, va oltre i soliti rapporti di cooperazione fra gli Stati. Uno degli aspetti che ricorre con maggiore frequenza nell'ambito di queste audizioni è legato al tema dell'ingresso delle merci contraffatte da alcuni Paesi, o meglio da alcuni porti, di Paesi appartenenti all'Unione europea. Uno dei casi più citati, richiamato anche da lei questa mattina, è quello della Grecia. Questo fatto, peraltro, è legato anche a ragioni di carattere geografico, piuttosto che ad altri motivi particolari. Vorrei, quindi, capire come vi muovete di fronte a questi casi che coinvolgono Paesi membri dell'Unione europea. Quali tipi di richiami vengono fatti? Sono possibili e sono previste delle sanzioni di fronte a determinati comportamenti reiterati o al fatto che non vengano presi provvedimenti, oppure vi sono altre strade?

ANNA TERESA FORMISANO. In tempi più che europei, vorrei porre due domande. La prima è più precisamente una richiesta. Le chiedo, infatti, se, cortesemente, dopo questo incontro, potesse farci avere una relazione scritta, perché stiamo predisponendo una risoluzione sulla materia della contraffazione dei tabacchi, per cui una sua relazione sarebbe per noi fondamentale. Vengo alla seconda questione. Secondo lei, c'è qualcosa che, come legislatori, possiamo mettere in campo per darvi una mano rispetto a questa problematica in particolare? La ringrazio.

FABIO RAINIERI. In questo periodo si parla della possibilità di immettere sul mercato le sigarette bianche, cioè senza il marchio. Sappiamo, però, che i produttori lamentano già che ci sia sufficiente contrabbando, nonché il fenomeno della contraffazione. In questo caso, qual è la posizione dell'OLAF?

ANDREA LULLI. Suggerirei, intanto, di acquisire agli atti il protocollo aggiuntivo di cui parlava il dottor Kessler. Credo che ciò sia utile perché ritengo molto interessante l'ipotesi della tracciabilità dei macchinari, che mi pare una delle novità in assoluto sul piano internazionale. Non ho, infatti, notizia di casi analoghi. Credo che questo sia un dato interessante sul quale riflettere.
Vengo poi ad un'altra domanda. Mi pare di capire che l'entità del fenomeno in Europa sia rilevantissima. Quindi, probabilmente, il problema è molto più complesso e riguarda non solo Atene, a cui tutti facciamo riferimento, ma una certa facilità di accesso delle merci, che discende dagli accordi del commercio mondiale. Tuttavia, siccome esiste la denuncia riguardante la mole dei reati scoperti, che non riguarderanno, ovviamente, la totalità del tabacco di contrabbando o contraffatto che circola nell'Unione europea, vorrei capire - lei ha parlato della collaborazione da parte dei polacchi - se la Germania, la Gran Bretagna, la Francia, l'Olanda (penso al porto di Rotterdam) o il Belgio (in particolare, con Anversa) dimostrano lo stesso livello di collaborazione nel controllare i punti di accesso. Del resto, per le merci che provengono dall'Oriente non c'è solo la via mediterranea, ma anche altre rotte, anche via mare, non meno trafficate.
Inoltre, vorrei soffermarmi sulla questione della tracciabilità. Personalmente, ho accolto con molto interesse il fatto che le grandi aziende multinazionali del tabacco abbiano sposato - o almeno lo hanno comunicato in modo molto insistente - la misura della tracciabilità del proprio prodotto. Sotto questo aspetto, abbiamo notizie simili anche per altri tipi di produzione, visto che la contraffazione non riguarda solo il tabacco? Abbiamo notizia del fatto che anche altre grandi aziende di prodotti di altro tipo stiano meditando di sposare la tesi della tracciabilità oppure, per le notizie che ha come OLAF, ciò è solo appannaggio delle multinazionali del tabacco?

PRESIDENTE. Rivolgerò anch'io due rapidissime domande al direttore Kessler. Dopo l'Alto commissariato, questa Commissione certifica che c'è un lavoro ancora lungo da fare. Il carattere transnazionale del fenomeno ci è chiaro, anche dai lavori


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fin qui svolti. Vengo alle due domande. In primo luogo, l'OLAF non ha competenza sulla contraffazione. I lavori di questa Commissione ci dicono che si pone la questione del confine tra frode, contraffazione, mercato illegale e mercato illecito, nonché la necessità di un controllo o persino di un'osservazione nella dimensione europea. Quali suggerimenti può offrirci affinché l'OLAF recuperi anche questa parte delle sue funzioni, che definirei più contemporanee?
In secondo luogo, abbiamo osservato - con il beneficio di essere smentiti - l'assenza di una legislazione europea sulla materia della lotta alla contraffazione che imponga comportamenti omogenei. Abbiamo, infatti, l'impressione che spesso si sia ancora nella fase di spiegare ad alcuni Paesi, alle forze dell'ordine o alle istituzioni preposte alla lotta alla contraffazione che il problema riguarda tutti, non solo chi ha frontiere e dogane sul versante del Mediterraneo.

GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Grazie per le vostre domande, che considero utili per capire i vostri orientamenti.

PRESIDENTE. Vorrei ricordarle che ci potrà rispondere anche con maggior calma, aggiungendo, eventualmente, una documentazione alle sue risposte di oggi.

GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Le domande sono molto puntuali. Certo, si tratta di problemi vasti, su cui si potrebbe stare giorni interi a discutere. Rispondendo a un primo gruppo di domande, sappiamo tutti che non solo per la contraffazione di tabacchi, ma per la contraffazione in generale e per il contrabbando, l'Unione europea ha un unico confine, sia che si entri dalla Lituania, sia dal Portogallo: è un unico confine con 27 guardiani, ma basta che uno si addormenti per un paio d'ore o si allontani e tutti passano di lì. Idealmente, ci vorrebbe un solo guardiano: se il confine è uno, il guardiano deve essere uno. Peraltro, questo discorso si applica a diversi ambiti in Europa. Solo con un unico guardiano, infatti, possiamo avere la certezza che si lavori sempre allo stesso modo. Poi, ovviamente, anche il guardiano va controllato e responsabilizzato, assegnandogli degli obiettivi: se, però, ne dobbiamo controllare 27 o se anche uno solo dei 27 non lavora, è chiaro che chi può ne approfitta. Questo è un tema politico, perché avendo 27 agenzie che fanno i controlli, anche non volendo, si possono creare dei problemi perché ognuna risponde al suo Governo e al suo Parlamento, con interessi e priorità nazionali.
In questo ambito, il ruolo della Commissione e delle istituzioni europee è abbastanza limitato. C'è la direzione generale Taxud che ha il compito di dare degli orientamenti, di indicare la policy e le priorità comuni alle varie agenzie doganali, e l'OLAF che collabora con esse dal punto di vista più operativo. In particolare, l'OLAF conduce delle operazioni (joint custom operations), che durano 7-15 giorni, su un tema specifico, sul quale coinvolgiamo tutte le dogane. Si tratta, però, di gocce di acqua nel mare. Non ci sono, quindi, altri strumenti. Francamente, se il confine è unico e se - come è stato ricordato - l'entrata illegale in un punto non danneggia solo quel Paese, che può anche essere solo di transito, bensì tutta l'Europa, il tema dei controlli dovrebbe essere imputato all'Europa stessa, visto anche che gli interessi finanziari dell'Europa dovrebbero essere di tutti i Paesi. Insomma, dovremmo avere un'agenzia europea, anche se ciò non accadrà molto presto. Ad ogni modo, voi siete i rappresentanti del Parlamento italiano, dunque, potete intervenire anche su questo. Vorrei aggiungere che, se il contrasto del contrabbando e del contraffatto richiede certamente controlli alle frontiere, è anche vero che, per quanto controllo si possa fare, è impossibile controllare tutte le merci. Ciò non accade in nessuna parte del mondo. Quindi, occorrono dei controlli intelligenti, ovvero intelligence e investigazioni. Il vero strumento è, dunque, quello


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investigativo e repressivo. Infatti, il controllo di successo può, per esempio, bloccare una nave, evitando che containers pieni di merci contraffatte o illegali entrino nel territorio, impedendo così una perdita di dazi di - poniamo - un milione di euro. Per contro, l'attività investigativa, permettendo di ricostruire la filiera, consente di bloccare un intero canale: con il controllo si individua una nave, ma poi altre 10 o 20 entrano comunque! Ritengo, allora, che occorra investire molto di più non tanto nei controlli - vi è una lotta per avere controlli migliori e più omogenei su tutta la frontiera - bensì nelle investigazioni, cosa che si può fare senza grandi difficoltà e spese. A questo punto, però, bisognerebbe operare almeno a livello europeo. Questo tema è stato recepito molto bene. Occorre, quindi, aggiungere alla prospettiva della cooperazione internazionale - che presuppone sempre l'approccio nazionale, posto che si tratta sempre di fare sì che due Stati si parlino e si coordino - quella della cooperazione integrata. La cooperazione è, infatti, insufficiente su questo versante se manca, appunto, una prospettiva integrata o europea. Questi fenomeni possono essere contrastati - pensiamo, in particolare, a ciò che arriva dall'Asia o ai transiti da Dubai, di cui non ho parlato - solo con grandi e comuni capacità investigative, portate a livello europeo. Questo discorso si applica a tutti i reati economici e finanziari che sono, per natura, transnazionali e che richiederanno - mi limito a citarla - l'istituzione dell'ufficio del procuratore europeo, con il mandato di indagare e di esercitare l'azione penale per i reati che danneggiano gli interessi finanziari dell'Unione europea, tra cui anche questi. Questa figura è nel Trattato dell'Unione europea. Attualmente, la Commissione sta predisponendo la proposta legislativa che verrà sottoposta, nella prima metà dell'anno prossimo, al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea, dunque agli Stati membri. L'OLAF, con la direzione generale giustizia, sta elaborando questa proposta.
Ritengo che questa sia la risposta necessaria e urgente anche a questo tipo di problemi: se abbiamo un'autorità europea, con una prospettiva europea e una capacità di investigazione e di avvio dell'azione penale, a fronte del giudizio che rimane in capo ai singoli sistemi giudiziari dei singoli Stati, possiamo superare queste carenze, anche di volontà, nell'affrontare questi problemi da parte di alcuni Paesi.
Vengo ora ad alcuni altri temi più specifici. In merito alla tracciabilità solo per il tabacco, posso dire che seguiamo solo questo ambito perché deriva dagli accordi fatti, di fronte al tribunale americano, con le grandi manifatture di tabacco. Anche in altri campi vengono istituiti sistemi di tracciabilità, ma liberamente, per iniziativa spontanea dei produttori.

ANDREA LULLI. L'accordo che avete fatto sulla tracciabilità dei macchinari...

GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). È un sistema di licenze. Per avere un certo macchinario occorre una licenza.

ANDREA LULLI. Mi interessava, però, sapere se c'è stata una relazione con il WTO, che guarda sempre con un certo sospetto alla questione della tracciabilità.

GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Non ho notizia del WTO su questo. È stato un intervento nell'ambito della World Health Organization delle Nazioni Unite e in questo ambito siamo rimasti.
Riguardo al plain packaging, è un'idea che sta prendendo piede nell'elaborazione di una direttiva europea nell'ambito della salute. Infatti, la direzione generale sanità e consumatori dell'Unione europea sta predisponendo questa direttiva per limitare l'uso del tabacco dal punto di vista salutistico. In quel contesto, è emersa la proposta, al fine di non invogliare il consumatore a fumare, di avere un pacchetto di sigarette spogliato del messaggio pubblicitario, che è insito anche nel marchio.


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L'OLAF partecipa all'elaborazione di questa direttiva, anche se non è in prima fila, posto che l'iniziativa parte dalla direzione generale sanità della Commissione. Ad ogni modo, l'OLAF non ha ancora preso una posizione su questo. Dal nostro punto di vista - non quello salutistico, che non ci compete -, riteniamo che spogliati del marchio e del packaging, che rende il pacchetto inconfondibile, si possa più facilmente contraffare i prodotti da tabacco, anche se questi, poi, vengono contraffatti lo stesso, pur essendoci il marchio (infatti, non è che il marchio sia a totale garanzia di ciò). Tuttavia, finora non abbiamo preso una posizione formale sulla questione: stiamo ancora considerando cosa fare.
Rispetto ai Paesi che non lavorano, penso che occorra pensare - lo ripeto - ad un'autorità europea comune, senza privare, ovviamente, i paesi di una loro capacità di contrasto. Mi è stato chiesto cosa potrebbe fare il legislatore nazionale: direi che potete sostenere quanto ho appena detto. Penso, infatti, che vada perseguita l'istituzione o il rafforzamento di una prospettiva europea comune e integrata, che oggi manca, per quanto riguarda le investigazioni, l'esercizio dell'azione e il contrasto a questo tipo di fenomeni.
Il discorso dell'istituzione del procuratore europeo, che è la risposta a questo, è molto impegnativo. Di questo, peraltro, ho cominciato a parlare in questi giorni con alcune autorità giudiziarie e di Governo italiane e ritengo che approderà sicuramente anche al Parlamento italiano, ma nella prossima legislatura, per ovvie ragioni. Tuttavia, già in questa fase, può esserci un ruolo di orientamento, di dibattito politico e di mozioni, sebbene non formale, da parte dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo. Per esempio, il Senato francese è già intervenuto con atti politici in questo senso. Visto che mi è stato chiesto, direi che è certamente un tema interessante su cui intervenire. Grazie.

PRESIDENTE. Ringraziamo il direttore Kessler, al quale rinnoviamo la nostra stima e l'augurio di buon lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione odierna.

La seduta termina alle 9,55.

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