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PDL 5312

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5312



 

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DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(MONTI)

e dal ministro dello sviluppo economico e ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(PASSERA)

di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
(MONTI)

con il ministro del lavoro e delle politiche sociali
(FORNERO)

con il ministro della giustizia
(SEVERINO DI BENEDETTO)

con il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
(CATANIA)

con il ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione
(RICCARDI)

e con il ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport
(GNUDI)

Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese

Presentato il 26 giugno 2012
 

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Onorevoli Deputati! — Il presente disegno di legge prevede la conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese.

Articolo 1.

      La disposizione è volta ad agevolare l'emissione e il collocamento di obbligazioni da parte di società di progetto, rendendole appetibili per gli investitori; la proposta deve essere inquadrata nel più generale contesto europeo che prevede lo sviluppo di forme analoghe di finanziamento delle infrastrutture pubbliche volte ad attrarre capitale privato.
      In particolare si rammenta la recente iniziativa, Project bond 2020, promossa dalla Commissione europea con lo scopo di orientare gli investitori istituzionali verso il finanziamento a lungo termine di progetti infrastrutturali rilevanti nei settori del trasporto, dell'energia e della banda larga; lo strumento prevede un meccanismo di condivisione da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) del rischio a garanzia (entro la percentuale massima del 20 per cento) delle obbligazioni emesse dalle società di progetto per finanziare i relativi progetti infrastrutturali.
      L'articolo 41 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, riformulando l'articolo 157 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, non ha previsto agevolazioni di carattere fiscale, in assenza delle quali lo strumento appare di difficile utilizzo; inoltre l'attuale formulazione dell'articolo 157 potrebbe non rendere possibile l'emissione di obbligazioni di progetto per rifinanziare un debito già contratto dalla società per la realizzazione dell'opera. Anche tale inconveniente limita l'appetibilità dello strumento obbligazionario in quanto lo stesso è più agevolmente collocabile sul mercato una volta che l'opera è completata ed entrata in esercizio.
      È previsto un regime fiscale agevolato che opera per le obbligazioni sottoscritte nei tre anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.
      La disposizione di cui al comma 1 ha la finalità di incentivare la sottoscrizione di obbligazioni di progetto, introducendo un incentivo fiscale alla sottoscrizione di obbligazioni di progetto, accordando lo stesso trattamento fiscale agevolato previsto per i titoli di Stato relativamente all'aliquota di ritenuta sugli interessi (12,50 per cento).
      La disposizione di cui al comma 2 è volta a ricondurre il trattamento fiscale degli interessi pagati dal concessionario sui project bond a quello degli interessi pagati sui finanziamenti bancari, escludendo pertanto l'applicazione dei limiti di deducibilità assoluta di cui all'articolo 3, comma 115, della legge n. 549 del 1995.
      La disposizione di cui al comma 3 è volta a rendere meno gravoso il regime di imposizione indiretta applicabile alle operazioni di emissione di project bond (con particolare riguardo alle garanzie rilasciate in relazione agli stessi), soprattutto rispetto a un finanziamento bancario, relative al perfezionamento del prestito obbligazionario e degli atti ad esso connessi.
      Il comma 4 contiene la disposizione transitoria volta a limitare alle sole obbligazioni

 

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sottoscritte nei tre anni successivi all'entrata in vigore del decreto le agevolazioni fiscali previste in materia di project bond dai precedenti commi.
      La disposizione di cui al comma 5 è volta a chiarire che l'emissione di obbligazioni di progetto può essere diretta anche a consentire operazioni di rifinanziamento di precedenti debiti prima della relativa scadenza. In questo modo è chiarita la possibilità di procedere prima con prestiti ponte a valle dei quali strutturare e collocare project bond.
      Alla disposizione in esame non si ascrivono effetti sulla finanza pubblica atteso che lo strumento del project bond, sebbene già previsto dalla normativa vigente, non è attualmente utilizzato, in mancanza di adeguati incentivi che compensino il rischio legato alla realizzazione delle infrastrutture cui l'obbligazione è connessa; pertanto le agevolazioni previste dalla disposizione in esame possono configurarsi come rinuncia a maggior gettito.
      In base a dati dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), l'importo delle gare di finanza di progetto ammonta annualmente a circa 12 miliardi di euro, suddivisi per circa l'80 per cento su gare ad iniziativa privata e per il restante 20 per cento su gare ad iniziativa pubblica, e circa il 40 per cento riguarda bandi superiori a 500 milioni di euro. Ne consegue che la norma proposta determina effetti considerevoli in termini di possibilità di crescita del prodotto interno lordo (PIL), atteso che ogni euro di nuovi investimenti si stima che generi una crescita di PIL pari a 3 euro.

Articolo 2.

      Si interviene sull'articolo 18 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012) per apportare alcune modifiche alla disciplina del finanziamento delle infrastrutture mediante defiscalizzazione:

          mediante la riformulazione dell'alinea si estende l'ambito di applicazione della defiscalizzazione a tutte le opere infrastrutturali realizzate in partenariato pubblico-privato [comma 1, lettera a)];

          con l'abrogazione del comma 2-ter e l'introduzione del comma 2-quinquies si interviene, con alcuni aggiustamenti, sulla disciplina della defiscalizzazione relativa alle opere portuali: si sopprime [comma 1, lettera b)] la disposizione che, condizionando l'attribuzione del maggior gettito dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) registrato per la nuova opera all'andamento del gettito dell'intero sistema portuale nazionale, non rende appetibile per il privato l'impiego del proprio capitale in quanto, non legando la defiscalizzazione allo specifico intervento da realizzare, comporta un rischio sostanzialmente indefinito; si prevede inoltre [comma 1, lettera d)], una norma di salvaguardia delle contribuzioni pubbliche già previste e destinate ad infrastrutture portuali dall'articolo 1, commi 990 e 991, della legge n. 296 del 2006 e, dunque, volta a salvaguardare i relativi procedimenti attualmente in corso di definizione, eliminando il rischio di compromettere la realizzazione delle iniziative già avviate evitando che, sulla base di un'interpretazione estensiva dell'articolo 18 vigente, non sia consentito accedere alla defiscalizzazione per i soggetti che hanno già beneficiato ai sensi delle suddette disposizioni di contributi superiori al 50 per cento del valore dell'opera.

      Le disposizioni di cui al comma 1, lettera c), sono disposizioni di coordinamento conseguenti all'abrogazione del comma 2-ter dell'articolo 18 della legge n. 183 del 2011.
      In base a dati dell'ANCE, l'importo delle gare di finanza di progetto ammonta annualmente a circa 12 miliardi di euro, suddivisi per circa l'80 per cento su gare ad iniziativa privata e per il restante 20 per cento su gare ad iniziativa pubblica. Ne consegue che le disposizioni proposte determinano effetti considerevoli in termini di possibilità di crescita del PIL, atteso che ogni euro di nuovi investimenti si stima generi una crescita di PIL pari a 3 euro.

 

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Articolo 3.

      La disposizione di cui al comma 1 è volta a superare i problemi connessi alle frequenti richieste di modifica al progetto dell'opera da parte delle amministrazioni competenti a rilasciare le autorizzazioni necessarie, che possono mettere a rischio l'equilibrio economico-finanziario e la bancabilità stessa dell'opera. In tale ottica è resa obbligatoria la conferenza di servizi preliminare, da tenersi sullo studio di fattibilità, ove lo stesso sia posto a base di gara, ed è specificato che le decisioni assunte in sede di conferenza di servizi preliminare sono vincolanti per la pubblica amministrazione. In questo modo le successive fasi progettuali dovrebbero risultare più celeri e snelle e, in particolare, il progetto definitivo dovrebbe superare in modo più agevole la conferenza di servizi decisoria.
      La disposizione di cui al comma 2 risponde all'esigenza di definire in modo esauriente, in conseguenza al ruolo chiave che viene ad assumere lo studio di fattibilità nella finanza di progetto, i requisiti di qualificazione dei soggetti incaricati di predisporre lo studio di fattibilità laddove lo stesso sia posto a base di gara, prevedendo l'espressa menzione dei requisiti di professionalità sui temi economico-finanziari necessari per redigere un documento che sia in grado di fornire indicazioni adeguate sulla gestione economica e funzionale dell'infrastruttura. Si prevede, inoltre, che, laddove l'amministrazione sia carente di professionalità adeguate, queste possano essere reperite all'esterno con procedure di gara.
      Le disposizioni non sono suscettibili di produrre nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      Da studi effettuati dall'ANCE l'importo delle gare di finanza di progetto ammonta annualmente a circa 12 miliardi di euro all'anno, a cui corrispondono circa 400 bandi all'anno; la disposizione va ad incidere, pertanto, su queste procedure per cui diventa obbligatoria la conferenza di servizi preliminare sullo studio di fattibilità.

Articolo 4.

      Con la disposizione, di carattere pro-concorrenziale, è elevata al 60 per cento la quota di lavori che i concessionari autostradali titolari di concessioni assentite prima del 30 giugno 2002 sono tenuti ad affidare a terzi, rafforzando ulteriormente la disposizione inserita dal decreto liberalizzazioni che aveva già elevato la predetta quota dal 40 al 50 per cento. La disposizione incide soprattutto sulle vigenti concessioni del settore autostradale, per lo più affidate a metà del secolo scorso senza confronto concorrenziale, avvicinando tale mercato al contesto normativo europeo. L'innalzamento del limite favorisce una maggiore partecipazione degli operatori economici, anche di medie e piccole dimensioni, nella realizzazione degli interventi presenti nel piano degli investimenti previsti nelle convenzioni di concessione, con effetto anticongiunturale nel settore.

Articolo 5.

      L'articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, ha abrogato tutte le tariffe professionali demandando alla contrattazione diretta tra professionista e cliente la determinazione del compenso; ciò nello spirito di pervenire ad una totale liberalizzazione del settore delle professioni ordinistiche che possa stimolare una maggiore concorrenza di mercato. Ferma restando l'abrogazione delle tariffe, è necessario superare la situazione di assoluta indeterminatezza in cui si sono venute a trovare le stazioni appaltanti che, in tema di affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria, non dispongono più di riferimenti da utilizzare per stabilire l'importo da porre a base di gara. Tale indeterminatezza si sta rilevando, infatti, foriera di conseguenze negative sia in termini di qualità delle prestazioni che di

 

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limitazione della concorrenza sul mercato. Inoltre, sempre nell'ambito degli appalti pubblici relativi ai servizi di architettura e di ingegneria, ci si trova nell'impossibilità di procedere all'individuazione delle prestazioni, anche ai fini della richiesta dei requisiti di partecipazione alla gara da dimostrare da parte dei professionisti, tenuto conto che la classificazione sulla base della quale venivano individuate le prestazioni professionali era contenuta nell'articolo 14 della legge n. 143 del 1949, oggi abrogato. La situazione di incertezza sopra descritta ha già richiesto l'intervento dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che, nell'ambito di un tavolo tecnico appositamente istituito, ha fornito delle prime indicazioni con la deliberazione n. 59 del 3 maggio 2012. Ciò premesso, con la disposizione proposta si prevede che i parametri stabiliti con il decreto del Ministro vigilante previsto al comma 2 dell'articolo 9 per la liquidazione dei compensi giudiziali siano utilizzati nell'ambito dei contratti pubblici relativi ai servizi di ingegneria e di architettura, ai fini della determinazione dell'importo da porre a base di gara, prevedendo altresì che il medesimo decreto definisca anche la classificazione delle prestazioni per individuare la prestazione professionale. Per evitare che si pervenga a importi da porre a base di gara più elevati rispetto a quelli precedentemente stabiliti sulla base delle tariffe professionali, a fini di contenimento della spesa pubblica è introdotto un limite massimo, corrispondente all'importo derivante dall'applicazione delle previgenti tariffe professionali.
      Inoltre, per assicurare la continuità dell'azione amministrativa è previsto che nelle more dell'emanazione del decreto continuino ad applicarsi, come criteri o base di riferimento per la determinazione dell'importo da porre a base di gara, le tariffe professionali vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 1 del 2012 e, per la qualificazione dei progettisti, la classificazione contenuta nell'articolo 14 della legge n. 143 del 1949.

Articolo 6.

      Il comma 1-bis dell'articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, in vigore fino al 31 dicembre 2003 e abrogato con effetto dal 1o gennaio 2004 dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che ha introdotto l'imposta sul reddito delle società (IRES) in sostituzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), prevedeva per i comuni (non soggetti all'allora IRPEG) la possibilità di usufruire del credito d'imposta sui dividendi ad essi distribuiti dalle società, comunque costituite, che gestivano servizi pubblici locali, utilizzandolo in compensazione. Il limite massimo previsto dall'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dei crediti d'imposta compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, è pari a 516.456,90 euro per ciascuna annualità. Per i comuni che, per effetto di tale limite, hanno ancora consistenti crediti d'imposta in ragione soprattutto di dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in società per azioni, viene a ridursi al minimo, se non ad azzerarsi, la possibilità di utilizzare dette risorse per investimenti in infrastrutture. Con il decreto del Presidente della Repubblica 18 settembre 2006, n. 287, è stato approvato il regolamento concernente la disciplina e i criteri di ripartizione del fondo per il rimborso agli enti locali delle minori entrate derivanti dall'abolizione del credito d'imposta, per l'anno 2004, sui dividendi percepiti dalle società di gestione dei servizi pubblici locali, ai sensi dell'articolo 1, comma 52, delle legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005). Per gli anni successivi al 2004 non è stato disposto alcun rimborso.
      Pertanto, la finalità della norma proposta è di consentire ai comuni di utilizzare i richiamati crediti d'imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali necessarie per migliorare i servizi pubblici, compensando crediti e debiti all'interno del comparto della pubblica amministrazione; in tal modo si contribuisce alla

 

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crescita economica del Paese, liberando risorse a tutto vantaggio dell'economia reale e del mondo delle imprese.

Articolo 7.

      Il provvedimento riguarda le disposizioni in materia di verifiche antincendio nelle gallerie stradali e ferroviarie.
      Con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1o agosto 2011, n. 151, entrato il vigore lo scorso mese di ottobre, sono stati introdotti nuovi criteri e nuovi modelli procedurali per la verifica antincendio degli edifici e delle attività produttive, inserendo le gallerie stradali e ferroviarie rispettivamente sopra i 500 metri e i 2.000 metri (allegato 1, rigo 80), finora escluse dalle procedure di diretta competenza dei vigili del fuoco, nel campo di applicazione delle attività soggette alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
      L'articolo 55, comma 1-bis, del decreto-legge 24 gennaio 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, al fine di superare la presenza di piani di intervento normativo confliggenti, in quanto la materia risultava già disciplinata da specifici provvedimenti, ha previsto che i gestori delle gallerie esistenti sia stradali che ferroviarie dovranno avere concluso i prescritti adempimenti di prevenzione incendio con l'attuazione di tutte le misure di sicurezza ai fini antincendio, ivi compresi gli adeguamenti alle vigenti norme degli impianti idrici antincendio a protezione delle gallerie, entro i seguenti termini previsti dal decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264 (sicurezza delle gallerie stradali), e dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, 28 ottobre 2005, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 83 dell'8 aprile 2006 (sicurezza gallerie ferroviarie): nel caso delle gallerie stradali, gli interventi di adeguamento delle gallerie esistenti dovranno essere effettuati entro il 30 aprile 2019; per le gallerie ferroviarie il termine per l'adeguamento è distinto tra quello previsto per le gallerie con progetto approvato prima del decreto, stabilito al 7 aprile 2016, e quello per le gallerie in esercizio, fissato al 7 aprile 2021.
      Al fine di dare modo ai gestori di presentare l'istanza prevista (SCIA) corredata dalla documentazione attestante il rispetto delle misure di prevenzione incendi, si ritiene necessario prevedere un termine pari a sei mesi decorrenti dal completamento degli adeguamenti da eseguirsi entro i termini fissati dal citato articolo 55, comma 1-bis, del decreto-legge n. 1 del 2012.
      Si modifica il testo unico in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, con particolare riferimento al regime autorizzatorio per i laboratori che effettuano prove e indagini previsto dall'articolo 59. L'attuale formulazione dell'articolo 59, comma 2, prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possa rilasciare l'autorizzazione ai laboratori per «effettuare prove su materiali da costruzione, comprese quelle geotecniche su terreni e rocce». Tale espressione deve però intendersi riferita non solo alle terre e alle rocce intese come materiale o campioni, bensì al terreno e alle rocce nel significato più vasto di territorio, area, sito.
      Occorre pertanto che la norma chiarisca che sono soggette ad autorizzazione anche le indagini geotecniche.
      La presente proposta normativa è, quindi, finalizzata a ricondurre nell'ambito di attività dei laboratori autorizzati le indagini geognostiche, il prelievo dei campioni e le prove in sito, quando questi riguardino «indagini geotecniche», in quanto, per tali tipologie di indagini, l'autorizzazione soddisfa esigenze di pubblica utilità, avendo dette prove implicazione sulla sicurezza delle costruzioni.
      L'autorizzazione è tesa infatti a costituire un indispensabile supporto sia alla corretta progettazione delle opere – atteso che accerta l'affidabilità dei risultati delle prove eseguite sulla base dei quali viene caratterizzato il comportamento meccanico dei terreni su cui dovrà sorgere l'opera e quindi l'affidabilità della progettazione

 

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stessa – che al controllo della buona esecuzione dei lavori da parte dell'impresa.
      In tale modo sono soggette ad autorizzazione due fasi distinte del processo con il quale viene caratterizzato il comportamento meccanico dei terreni su cui dovrà sorgere l'opera, la cui conoscenza, come già accennato, è alla base dell'affidabilità della progettazione stessa: da un lato le indagini preliminari che si effettuano sul sito dove sorgerà l'opera, il prelievo dei campioni e le prove in sito, che rappresentano nel loro insieme le cosiddette «indagini geotecniche», finalizzate alla redazione della relazione geotecnica (distinte dalle eventuali indagini geognostiche finalizzate unicamente alla redazione della relazione geologica e per le quali non è richiesta l'autorizzazione), dall'altra le prove di laboratorio sui campioni di terra o di roccia che sono stati prelevati nella prima fase e che vengono successivamente consegnati in laboratorio per le prove.

Articolo 8.

      La disposizione di cui al comma 1 reintegra i finanziamenti autorizzati dall'articolo 14 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, destinati all'EXPO 2015, neutralizzando al contempo gli effetti dei tagli previsti dal decreto sulle semplificazioni fiscali (decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012); con la medesima finalità i finanziamenti destinati all'EXPO 2015 sono esclusi dal taglio lineare previsto per la copertura dei maggiori oneri derivanti dal presente decreto-legge. La disposizione in particolare autorizza la spesa di 4.092.408 euro per il 2012, di 4.680.489 euro per il 2013, di 3.661.620 euro per il 2014 e di 987.450 euro per il 2015.
      La relativa copertura finanziaria è prevista secondo quanto disposto all'articolo 69.
      La disposizione prevista al comma 2 non prevede oneri a carico della finanza pubblica; al riguardo si evidenzia che nel primo periodo del comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 112 del 2008 è previsto che il sindaco pro tempore di Milano sia nominato Commissario straordinario senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      Le disposizioni previste ai commi 3 e seguenti si prefiggono lo scopo di migliorare le condizioni di valorizzazione della collezione della Pinacoteca di Brera e di consentire la gestione dell'Istituto secondo criteri di efficienza economica. Le disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      In particolare, il comma 4 prevede il conferimento in uso alla Fondazione, mediante assegnazione al relativo fondo di dotazione, della collezione della Pinacoteca di Brera, dell'immobile che la ospita, nonché degli eventuali ulteriori beni mobili e immobili individuati con apposito decreto ministeriale. Nell'ambito di tali immobili potrà trovare spazio anche la sede della Fondazione.
      Il comma 6 prevede che il funzionamento della Fondazione sia assicurato mediante un apposito fondo di gestione, alimentato annualmente dal Ministero per i beni e le attività culturali per un importo pari a 2.000.000 di euro. La copertura finanziaria è garantita dalla riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, con particolare riferimento alle spese di parte corrente.
      Al riguardo si precisa che detta autorizzazione di spesa, circoscritta alle risorse di parte corrente, è quantificata complessivamente in euro 12.700.000, di cui 2 milioni di euro già finalizzati a decorrere dal 2012, quale contributo per le attività e il funzionamento dell'Accademia dei Lincei e dell'Accademia della Crusca ai sensi dell'articolo 30, comma 6, lettere a) e b), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
      Il suddetto importo di 2.000.000 di euro consente di coprire integralmente sia

 

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le spese iniziali di costituzione della Fondazione, sia quelle inerenti il funzionamento della medesima. Le risorse destinate al nuovo ente si stimano infatti adeguate al perseguimento degli scopi assegnati, anche in considerazione dell'assenza di ogni onere inerente la sede dell'ente. La Fondazione, per altro verso, sarà chiamata ad attrarre capitali privati da destinare al perseguimento delle proprie finalità. Il Ministero per i beni e le attività culturali assicurerà la necessaria vigilanza in ordine al rispetto delle regole di sana e prudente gestione, nonché in merito alla stretta limitazione degli impegni di spesa alle sole risorse disponibili.
      Si segnala, infine, che è già attualmente noto l'interesse manifestato da soggetti privati che intenderebbero aderire alla Fondazione, contribuendo così all'incremento del fondo di dotazione e del fondo di gestione.
      Non viene allegato il prospetto riepilogativo in quanto dall'attuazione dell'intervento normativo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 9.

      La proposta normativa è volta a rendere disponibili risorse economiche, che attualmente le imprese di costruzione non utilizzano a causa della vigente normativa che prevede che le cessioni di immobili destinati ad uso abitativo effettuate da dette imprese costruttrici, oltre i cinque anni dalla costruzione, sono esenti dall'imposizione di IVA; inoltre sono esenti anche la maggior parte delle locazioni di abitazioni effettuate da parte dei medesimi soggetti; tali fattispecie rendono, pertanto, l'IVA non neutrale nei confronti degli imprenditori edili.
      Nell'attuale momento di crisi questo regime penalizza particolarmente le imprese costruttrici che non sempre riescono a cedere nei cinque anni dalla fine dei lavori le costruzioni realizzate, trovandosi così nella necessità di dover compiere operazioni di vendita esenti da IVA; questo determina l'impossibilità, per i costruttori, di poter portare a compensazione l'IVA a credito riferita all'acquisto dei beni e servizi correlati all'immobile, sostenuti ai fini della realizzazione dello stesso, considerato che l'IVA provvisoriamente portata in compensazione deve essere rimborsata nell'ipotesi in cui l'operazione finale non sia assoggettabile ad IVA, come nel caso di cessione di immobili oltre i cinque anni dalla costruzione. In tale ipotesi, la mancata «neutralità» dell'IVA produce un costo aggiuntivo per i costruttori in quanto gli stessi sono obbligati al rimborso a favore dello Stato delle detrazioni di IVA di cui hanno beneficiato nel corso degli anni, per le costruzioni di immobili per i quali non si è conclusa la vendita in regime di imposizione di IVA. Problema analogo si presenta nel momento in cui i costruttori intendano concedere in locazione gli immobili che abbiano costruito e che siano rimasti invenduti.
      Sulla base di studi effettuati dall'ANCE, ipotizzando che la quota di unità abitative che il costruttore non riesce a vendere dopo i cinque anni sia pari al 6 per cento delle abitazioni ultimate ogni anno, risulterebbero circa 4.200 gli alloggi per i quali le imprese, secondo la normativa sull'IVA vigente, devono restituire parte dell'imposta precedentemente detratta.
      Considerando quindi il dato di 4.200 alloggi sui quali la proposta normativa incide, favorendo la loro cessione da parte delle imprese costruttrici per un valore medio dell'immobile pari a 200.000 euro, si può stimare che la disposizione possa liberare risorse per circa 840 milioni di euro l'anno (4.200 alloggi x 200.000 euro, valore medio dell'immobile ceduto); tale importo rappresenta la somma di cui le imprese potranno disporre mediamente ogni anno a seguito della vendita delle nuove costruzioni e conseguentemente investire nel settore con effetti positivi anche sui settori collegati alle costruzioni e sull'occupazione.
      Tenendo conto che una domanda aggiuntiva di un miliardo di euro nelle costruzioni genera una ricaduta sul sistema economico di 3,374 miliardi di euro

 

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e 17.000 occupati (11.000 nelle costruzioni e 6.000 nei settori collegati), investimenti in costruzioni per 840 milioni di euro genererebbero una ricaduta sul sistema economico pari a circa 2,8 miliardi di euro e un aumento dei livelli occupazionali di 14.000 unità all'anno, di cui 9.000 nelle costruzioni e 5.000 nei settori collegati.

Articolo 10.

      La norma contiene ulteriori misure per favorire la ricostruzione e la ripresa economica nei territori colpiti dal sisma del 20-29 maggio di quest'anno.
      I commi da 1 a 11, in analogia a quanto a suo tempo previsto dal decreto-legge n. 39 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2009, per la ricostruzione in Abruzzo, prevedono l'apprestamento urgente di moduli abitativi provvisori, nonché moduli destinati ad uso scolastico ed edifici pubblici.
      Il comma 1 dell'articolo, in particolare, relativo all'apprestamento urgente di moduli abitativi temporanei destinati ad abitazione, uso scolastico ed uffici pubblici, si prefigge lo scopo di autorizzare i Commissari delegati, individuati all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 74 del 2012, a provvedere alla progettazione e alla realizzazione di moduli abitativi temporanei, nonché delle connesse opere di urbanizzazione e servizi, al fine di alloggiare provvisoriamente le persone residenti o stabilmente dimoranti la cui abitazione è stata distrutta o dichiarata inagibile e che, al momento, non possano usufruire di altra sistemazione.
      Il comma 2 prevede che i Commissari delegati, sentiti i sindaci dei comuni coinvolti provvedano alla localizzazione delle aree destinate alla realizzazione dei moduli abitativi temporanei, utilizzando prioritariamente quelle definite di ricovero individuate nei piani di emergenza qualora esistenti. La norma dispone inoltre che tali provvedimenti di localizzazione, oltre a comportare la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, costituiscono decreto di occupazione d'urgenza delle aree individuate. Il comma 3 prevede che l'approvazione delle localizzazioni, in caso di deroga ai vigenti strumenti urbanistici, costituisca variante agli stessi e produca l'effetto dell'imposizione del vincolo preordinato all'espropriazione. Le aree destinate alla realizzazione dei moduli temporanei saranno soggette alla destinazione d'uso di area di ricovero. Al comma 3 inoltre sono individuate procedure per la pubblicazione del provvedimento di avvenuta localizzazione e tale pubblicazione sostituisce le notificazioni ai proprietari e ad ogni altro avente diritto.
      Per quanto concerne le occupazioni d'urgenza e le eventuali espropriazioni delle aree per l'attuazione del piano di interventi indicati, al comma 4 è previsto che i Commissari delegati provvedano alla redazione dello stato di consistenza e al verbale di immissione in possesso dei suoli; quest'ultimo costituisce il provvedimento di provvisoria occupazione in favore dei Commissari delegati, o di espropriazione in favore della regione o di altro ente pubblico se espressamente indicato nel verbale. In proposito si evidenzia che a seguito di ponderata valutazione economica effettuata dal Dipartimento della protezione civile, anche se si tratta di realizzare strutture temporanee e non definitive, per la loro realizzazione, in aggiunta all'utilizzo dell'istituto dell'occupazione di urgenza, si propende comunque per il mantenimento della disposizione relativa alla previsione del possibile ricorso da parte dei Commissari delegati alla procedura di esproprio delle aree da utilizzare. Tale determinazione trae origine dalle diverse esperienze acquisite nella gestione degli eventi sismici manifestatisi nel corso degli anni, non ultimo quello che ha interessato il territorio della regione Abruzzo nel 2009, in relazione ai quali l'impiego dei moduli provvisori per la sistemazione della popolazione con caratteristiche tecniche di utilizzo pari ad almeno 15 anni si è protratto per lunghi periodi.
      In tale contesto appare evidente che, qualora si dovesse far ricorso esclusivamente all'istituto dell'occupazione d'urgenza,

 

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dovrà essere applicato il disposto dell'articolo 50 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, ove è previsto che il proprietario venga rifuso con un'indennità annua pari ad un dodicesimo del corrispettivo dovuto in caso di esproprio dell'area. In aggiunta alle superiori valutazioni vanno considerati anche i costi di ripristino dello stato originario delle aree occupate temporaneamente che andranno corrisposti in fase di restituzione. Da ciò può desumersi la convenienza di far ricorso alla procedura di espropriazione.
      Inoltre, al comma 5, è previsto che avverso il provvedimento di localizzazione e il verbale di immissione in possesso è ammesso esclusivamente ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato.
      In base al successivo comma 6 i Commissari delegati possono disporre, in via di somma urgenza motivandone la contingibilità e l'urgenza, dell'utilizzo di un bene immobile in assenza del provvedimento di localizzazione o del verbale di immissione in possesso, o comunque di un titolo ablatorio valido.
      Sono poi previste al comma 7 specifiche deroghe per le procedure di affidamento degli interventi, proprio in considerazione della situazione di emergenza e dell'ineludibile necessità che venga assicurata alla popolazione danneggiata dal sisma un'adeguata e tempestiva sistemazione.
      Disposizioni in merito ad ulteriori modalità di reperimento di moduli temporanei destinati ad uffici pubblici ovvero all'attività scolastica sono indicate ai commi 7 e 8, mentre i commi 9 e 10 sono volti alla possibilità di reperimento di alloggi per le persone sgomberate anche individuando immobili non utilizzati per il tempo necessario al rientro delle popolazioni nelle abitazioni riparate o ricostruite. Al comma 11 è determinata, ad opera dei comuni del cratere, d'intesa con i Commissari delegati e con il presidente della provincia territorialmente competente, la predisposizione della ripianificazione del territorio comunale.
      Il comma 12 prevede che la quantificazione dei costi derivanti dall'attuazione di quanto previsto nei commi da 1 a 11 andrà a valere sulle risorse individuate dal decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74. Infatti, il computo relativo alla valutazione dei fabbisogni e degli scopi da perseguire da commisurare con le risorse disponibili è un compito che dovrà essere espletato dai Commissari delegati, nel corso dell'attuazione degli interventi individuati dal decreto-legge citato.
      Il comma 13 del presente articolo prevede di utilizzare il 35 per cento di risorse proprie dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo n. 81 del 2008, destinate con bando del 2012 a progetti di investimento e formazione, per consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro e per la rapida messa in sicurezza, anche attraverso interventi di ricostruzione, dei capannoni e degli impianti industriali delle zone colpite dal sisma. Per l'anno 2012, l'INAIL avrebbe una disponibilità di bilancio di circa 225 milioni di euro per il finanziamento di progetti di investimento e formazione, di cui alla proposta, e il bando per l'anno 2012 non è ancora pubblicato. Si tratta di risorse derivanti dai premi INAIL, che vengono distribuite fra le imprese a scopi di incentivazione; pertanto, la finalità originaria non verrebbe meno.
      Il comma 14 prevede la possibilità che, sulla base di apposita convenzione da stipularsi con il Ministero dell'economia e delle finanze, la società Fintecna o altra società da questa interamente controllata assicuri il supporto necessario per le attività tecnico-ingegneristiche utili per la ricostruzione.
      Il comma 15 apporta, infine, modifiche testuali all'articolo 1 del decreto-legge n. 74 del 2012, prevedendo la possibilità che i Presidenti delle regioni Commissari delegati costituiscano un'apposita struttura commissariale, composta di personale dipendente delle pubbliche amministrazioni in posizione di comando o distacco, nel
 

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limite di quindici unità, i cui oneri sono posti a carico delle risorse assegnate nell'ambito della ripartizione del Fondo, di cui all'articolo 2 dello stesso decreto-legge.

Articolo 11.

      La presente proposta prevede, al comma 1, l'innalzamento delle soglie di detrazione dell'IRPEF per le ristrutturazioni, in un tempo limitato fino al 30 giugno 2013, e, al comma 2, la proroga fino al 30 giugno 2013 (attualmente prevista fino al 31 dicembre 2012) della detrazione per le spese per interventi di riqualificazione energetica, per una percentuale di detrazione pari al 50 per cento.
      Tali disposizioni si prefiggono la finalità di favorire la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia, anche nell'ambito della riqualificazione energetica degli edifici, con lo scopo di incentivare la ripresa del mercato delle costruzioni, che da sempre rappresenta uno dei comparti produttivi più importanti per la crescita del PIL nazionale.
      Al comma 1 si prevede di innalzare le detrazioni IRPEF rispettivamente al 50 per cento, per le spese per ristrutturazioni edilizie, e a 96.000 euro, il limite massimo di detrazione per ciascuna unità immobiliare, al fine di favorire il settore delle costruzioni edili, attualmente in forte crisi, attraverso una maggiore richiesta di interventi di ristrutturazione.
      Le minori entrate per lo Stato, determinate dall'innalzamento delle soglie di detrazioni proposte, sono ripartite in dieci annualità e sono parzialmente compensate dal maggior gettito di imposte, che si determinerebbe grazie all'aumento di entrate connesse all'aumento del numero di interventi che si prevede la norma possa generare per l'IVA e per IRPEF, l'IRES e l'imposta regionale sulla attività produttiva (IRAP).
      Si evidenzia che dagli studi, richiamati nella relazione tecnica al decreto-legge «salva Italia», sugli effetti indotti delle detrazioni sul mercato delle ristrutturazioni nel periodo 1998-2006, è emerso che l'incentivo ha portato ad un incremento annuo degli investimenti in ristrutturazioni stimabile in circa 1.150 milioni di euro. Considerando che la presente proposta prevede un ampliamento delle detrazioni, si stimano ulteriori investimenti pari al 30 per cento del citato ammontare e quindi pari a circa 179 milioni di euro per il secondo semestre del 2012 di vigenza della proposta e pari a circa ulteriori 179 milioni di euro per il primo semestre dell'anno 2013.
      Il comma 2 è volto a consentire dal 1o gennaio 2013 al 30 giugno 2013 la detrazione d'imposta del 50 per cento per le spese per interventi di riqualificazione energetica. Si rammenta che attualmente fino al 31 dicembre 2012 vi è una detrazione pari al 55 per cento.
      Le minori entrate per lo Stato determinate dalle citate detrazioni sono ripartite in dieci annualità.
      La relazione tecnica al decreto-legge «Salva Italia», che ha prorogato gli incentivi fiscali in materia di riqualificazione energetica, ha stimato che la spesa indotta dalla disposizione ammonterebbe a circa 1,1 miliardi di euro su base annua, pari a circa 500 milioni di euro in un semestre.
      La modifica recata dal comma 3 è finalizzata ad eliminare il mancato coordinamento normativo tra le disposizioni che hanno reso permanente la detrazione spettante per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio – mediante l'inserimento nel testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR) del nuovo articolo 16-bis – e la disposizione di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Quest'ultima disposizione, infatti, da un lato, ha prorogato per l'anno 2012 la detrazione spettante, ai sensi dell'articolo 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296 del 2006, per gli interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici e, dall'altro, ha disposto testualmente che «La detrazione prevista dall'articolo 16-bis, comma

 

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1, lettera h), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come introdotto dal presente articolo, si applica alle spese effettuate a decorrere dal 1o gennaio 2013».
      Gli interventi previsti dal citato comma 1, lettera h), del predetto articolo 16-bis del TUIR, sono quelli relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia. Si tratta, nella sostanza, di interventi che pur avendo la medesima finalità di quelli agevolati ai sensi del citato articolo 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296 del 2006, non rispondono alle caratteristiche tecniche necessarie per ottenere la predetta agevolazione. Pertanto, per effetto di quanto attualmente disposto dall'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 201 del 2011, gli interventi relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici che non possiedono i requisiti tecnici per rientrare tra quelli che danno diritto alla detrazione ex lege n. 296 del 2006 sarebbero ingiustificatamente esclusi, per l'anno 2012, anche dalla detrazione spettante ai sensi dell'articolo 16-bis del TUIR.

Articolo 12.

      In materia di interventi nelle aree urbane è previsto un nuovo strumento operativo, denominato piano nazionale per le città, per la realizzazione, in modo coordinato e razionale, di interventi nelle aree urbane, con particolare riferimento a quelle degradate, relativi a nuove infrastrutture, alla riqualificazione urbana e alla costruzione di parcheggi, alloggi e scuole. Le aree urbane possono anche essere oggetto di incentivi ed agevolazioni per la promozione di attività formative, economiche e di efficientamento energetico. Attraverso uno specifico organismo, la Cabina di regia, cui è demandata la selezione degli interventi da realizzare proposti dai comuni, sarà possibile mettere insieme interventi diffusi e isolati (incentivi, fondi europei, fondi per l'edilizia scolastica, per l’housing sociale o per programmi non più attivi), snellire le procedure e coinvolgere gli investitori interessati, con particolare riferimento agli investitori privati, con un ruolo centrale attribuito al partenariato pubblico-privato.
      Nell'ambito del piano è inoltre prevista una nuova modalità attuativa, il contratto di valorizzazione urbana, promosso dalla Cabina di regia in collaborazione con i comuni interessati, deputato a regolamentare gli impegni dei vari soggetti pubblici e privati relativamente all'area da valorizzare, in modo tale da consentire di pervenire all'avvio con tempi certi.
      Per concorrere all'attuazione degli interventi del piano è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un apposito Fondo, denominato «Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città», nel quale confluiscono le risorse, non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ad alcuni programmi in materia di edilizia residenziale di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
      L'obiettivo del piano nazionale per le città proposto è quello di coordinare una serie di interventi nelle aree urbane relativi a nuove infrastrutture, alla riqualificazione urbana e alla costruzione di parcheggi, alloggi e scuole, grazie anche all'utilizzo di risorse economiche disponibili provenienti da economie o da revoche di programmi edilizi non più realizzabili. Si prevede di consentire la realizzazione di interventi di riqualificazione urbana cercando di coordinare i diversi soggetti istituzionali interessati, al fine di ridurre al massimo possibili impedimenti che rallentino l'attuazione degli stessi. Questo sarà reso possibile attraverso la Cabina di regia che opera presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, composta da tutti i soggetti istituzionali interessati, e il Contratto di valorizzazione urbana.
      Si prevedono anche disposizioni per consentire la rilocalizzazione di interventi inerenti i programmi integrati di cui all'articolo

 

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18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, relativi alla realizzazione di alloggi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da concedere in locazione al personale delle amministrazioni dello Stato impegnato nella lotta alla criminalità organizzata. Gli interventi sono realizzati da imprese o loro consorzi, da comuni e da ex Istituti per le case popolari (IACP), comunque denominati, e sono finalizzati, in prevalenza, alla realizzazione di nuova costruzione di edilizia residenziale nonché alla realizzazione di edifici commerciali e terziari e alle relative opere di urbanizzazione.
      La rilocalizzazione degli interventi in ambiti regionali confinanti consente di poter rilocalizzare in un altro ambito regionale, purché confinante con l'attuale localizzazione e nei soli comuni capoluogo di provincia con esclusione di frazionamenti di uno stesso intervento in più comuni, accelerando, in una congiuntura economica come l'attuale caratterizzata da una forte scarsità di risorse disponibili, la sottoscrizione di nuove convenzioni in relazione a programmi non ancora avviati ma per i quali sia già stato ratificato l'accordo di programma nel termine previsto del 31 dicembre 2007 ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 febbraio 2006, n. 51, e di favorire, al contempo, la spesa degli investimenti statali destinati al settore.
      Si prevede, inoltre, in caso di rilocalizzazione dell'intervento originario, l'obbligo per il soggetto concessionario di realizzare per intero l'intervento costruttivo di edilizia sovvenzionata utilizzando fondi propri, fermo restando in ogni caso, il finanziamento pubblico originariamente previsto.
      La modifica proposta dell'articolo 2, comma 5, della legge 1o agosto 2002, n. 166, consente di applicare agli interventi di edilizia residenziale pubblica compresi nei programmi integrati di cui all'articolo 18 del decreto-legge n. 152 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1991, i massimali di costo per tale tipologia di intervento vigenti in ciascuna regione. La finalità è quella di allinearsi alla normativa vigente in materia di contratti pubblici evitando, contemporaneamente, il rischio di attivare procedure di gara per l'affidamento dei lavori sulla base di costi non congrui e di rendere più efficaci gli investimenti statali.

Articolo 13.

      Nell'ambito delle misure di semplificazione e snellimento dei procedimenti in materia edilizia, già avviate con l'introduzione nell'ordinamento di disposizioni in materia di attività edilizia libera, di SCIA e di formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire, la norma proposta interviene in una duplice direzione.
      Per un verso, in caso di SCIA si estende la modalità di semplificazione, oltre che ai pareri, a tutti gli atti preliminari di altri enti od organi appositi (ovviamente non ricadenti nelle materie forti escluse già dall'articolo 19, comma 1, della legge n. 241 del 1990), previsti non solo a livello legislativo ma anche regolamentare a livello regionale e locale.
      Per un altro verso, la stessa previsione di semplificazione procedimentale di principio si prevede espressamente per la dichiarazione di inizio attività (DIA), mediante la modifica dell'articolo 23 del testo unico in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. In proposito, come noto, le leggi regionali prevedono per analoghi interventi DIA e SCIA in termini spesso confusi e alternativi. Con tale previsione si rimette ordine quantomeno procedimentale, dettando regole di semplificazione analoghe sia che si richieda la DIA sia che si applichi, secondo la disciplina regionale, la SCIA.
      Se in termini di principio generale l'intervento si pone quale principio fondamentale di semplificazione (analogamente e in una sorta di continuum con le norme

 

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sui titoli edilizi), in termini di dettaglio la norma va a semplificare quella pletora di ostacoli burocratici che l'imprenditore si trova ad affrontare nel corso del faticoso iter di ottenimento di tutti i titoli autorizzatori di consenso all'intervento proposto.
      Si prevede, poi, che con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, si procede all'individuazione dei criteri e delle modalità per l'utilizzo esclusivo degli strumenti telematici, ai fini della presentazione della denuncia. Fino all'adozione di tale regolamento, la denuncia, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la denuncia si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione.

Articolo 14.

      Il mancato completamento dell'autonomia finanziaria delle autorità portuali nonché la mancata concretizzazione del cosiddetto «extragettito» hanno prodotto una contrazione fortemente negativa del processo di infrastrutturazione portuale e della viabilità stradale e ferroviaria di connessione, impedendo anche il potenziamento del piano di sviluppo delle cosiddette «autostrade del mare». La disposizione proposta mira pertanto a dare impulso all'infrastrutturazione portuale, destinando ai porti parte dell'IVA e delle accise (1 per cento) in essi prodotte. La scelta della percentuale dell'1 per cento è stata correlata al 20 per cento della media degli stanziamenti complessivi destinati alle infrastrutture nei porti amministrati dalle autorità portuali (nel periodo 1998-2006), ammontanti a circa 410 milioni di euro per anno. Una percentuale pari all'1 per cento, nel limite di 70 milioni di euro annui, potrebbe comunque essere utile al fine di integrare le risorse già esistenti nel fondo per le infrastrutture portuali, istituito con decreto-legge 24 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, e ammontanti a circa 80 milioni di euro, nonché le risorse rinvenibili in futuro.

Articolo 15.

      La norma si rende necessaria per integrare le risorse revocate e ridestinate dall'articolo 2, commi 2-novies e seguenti, del decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, al fine di consentire la realizzazione di opere strategiche già contemplate dalla citata norma e che non hanno trovato integrale copertura (quanto al finanziamento di parte pubblica) con il decreto interministeriale n. 357 del 13 ottobre, alla luce del ridotto campo di applicazione della norma stessa. La disposizione consente, infatti, di recuperare ulteriori risorse con priorità per gli interventi di cui alla lettera a) del comma 2-novies del citato articolo 2.

Articolo 16.

      Le disposizioni proposte contengono misure finanziarie urgenti in materia di trasporto.
      In particolare, al comma 1, al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, alla Gestione governativa navigazione laghi si attribuiscono, per l'anno 2012, risorse pari a euro 6.000.000, destinate al finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale. Al riguardo, va evidenziato che la Gestione governativa navigazione laghi ai sensi della legge 18 luglio 1957, n. 614, deve garantire, in nome e per

 

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conto dello Stato, le linee di navigazione in servizio pubblico sui laghi di Garda, Maggiore e di Como, nonché, in applicazione della Convenzione italo-svizzera per la disciplina della navigazione sul lago Maggiore e sul lago di Lugano, promossa e sottoscritta dai rispettivi Governi, anche il servizio di trasporto pubblico nel bacino svizzero del lago Maggiore.
      Con la disposizione di cui al comma 2, per la prosecuzione del servizio intermodale dell'autostrada ferroviaria alpina attraverso il valico del Frejus, si autorizza, per l'anno 2012, la spesa di euro 4.500.000.
      Al comma 3 si autorizza, sempre per l'anno 2012, la spesa di euro 5.000.000 finalizzata a garantire la copertura del contributo dovuto per l'anno 2012, in virtù della convenzione di concessione, fino al 20 dicembre 2032, della Funivia Savona-San Giuseppe, stipulata in data 15 novembre 2007 tra Funivie Spa e l'allora Ministero dei trasporti.
      L'aumento di capitale, in misura complessivamente pari a 40 milioni di euro, oggetto della proposta di cui al comma 4 è relativo a due società, Ferrovie della Calabria srl (20 milioni di euro) e Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici srl (20 milioni di euro), di proprietà del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, esercenti servizi di trasporto pubblico automobilistico e ferroviario di competenza regionale ed aventi rispettivamente un organico di circa 900 e di circa 1.500 unità nonché un valore della produzione di circa 56 e di circa 167 milioni di euro. Le società in argomento dal 2001 eserciscono servizi automobilistici e ferroviari di competenza regionale a fronte di contratti di servizio stipulati con le medesime regioni. Il rapporto contrattuale instauratosi con gli enti regionali ha generato nell'ultimo decennio (e nel caso di Ferrovie della Calabria srl nell'ultimo ventennio) una serie di crediti verso gli stessi enti, pari rispettivamente a circa 90 milioni di euro per Ferrovie della Calabria srl e a circa 120 milioni di euro per Ferrovie del Sud-Est srl. La mancata riscossione di tali crediti, nonché l'instaurarsi dei contenziosi con le regioni sulla natura degli stessi, hanno generato una crisi di liquidità che rende insostenibile la gestione aziendale e hanno prodotto, soprattutto per Ferrovie della Calabria srl, una situazione di insolvenza che, tra l'altro, potrebbe provocare gravi effetti negativi sulla finanza statale (considerata la natura di socio unico dello Stato). L'aumento di capitale proposto è diretto, pertanto, a far fronte alla crisi di liquidità in parola facendo venir meno la situazione di insolvenza, nelle more della definizione dei rapporti creditori tra le aziende e le regioni committenti i servizi di trasporto pubblico. Inoltre, l'aumento di cui trattasi consente di procedere ad una razionalizzazione e ad un efficientamento delle gestioni societarie dirette a ridurre drasticamente il fabbisogno di esercizio, facilitando in tal modo sia la definizione delle partite creditorie che il definitivo passaggio della proprietà sociale alle regioni competenti, Calabria e Puglia. Si evidenzia che l'aumento di capitale è condizionato alla sottoscrizione entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto degli accordi di trasferimento entro il 31 dicembre 2012 con le regioni interessate.

Articolo 17.

      L'articolo proposto dispone una proroga fino al 31 dicembre 2012 per l'emanazione del decreto con cui, in esecuzione di quanto disposto dall'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2010, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza unificata, avrebbe dovuto adottare disposizioni attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente. L'adozione di tale decreto si rende necessaria, in quanto la normativa introdotta dall'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009,

 

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n. 14 – che ha apportato modifiche sostanziali alla legge quadro 15 gennaio 1992, n. 21, in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea, tra cui, in particolare, il servizio di taxi con autovettura e il servizio di noleggio con conducente – presenta notevoli profili di criticità, sia sotto il profilo costituzionale che dell'Unione europea e risulta, peraltro, di problematica attuazione, alla luce di alcune carenze sostanziali di carattere ordinamentale.
      In particolare, la predetta disposizione contiene elementi fortemente restrittivi dei princìpi di libera concorrenza, già rappresentati in sede di conversione del citato decreto-legge mille proroghe del 2008 presso il Senato della Repubblica dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che evidenziava come le innovazioni normative fossero suscettibili di introdurre numerosi elementi di rigidità nonché limiti aventi una spiccata portata anticoncorrenziale; in quella sede, la stessa Autorità concludeva auspicando l'introduzione di interventi correttivi delle suddette disposizioni.
      Peraltro, anche la IX Commissione della Camera dei deputati è intervenuta più volte con numerosi pareri.
      Già in sede di conversione del decreto-legge n. 207 del 2008 (che ha visto l'inserimento dell'articolo 29, comma 1-quater) la predetta Commissione aveva espresso parere favorevole al disegno di legge di conversione dello stesso, a condizione che venisse soppresso il comma 1-quater dell'articolo 29.
      La stessa, successivamente, ribadiva, con pareri espressi sui disegni di legge di conversione dei decreti-legge n. 5 e n. 78 del 2009 (che disponevano la sospensione dell'efficacia delle citate disposizioni), che le norme introdotte in materia di attività di noleggio con conducente presentavano notevoli profili problematici in relazione al rispetto dei princìpi di libero esercizio dell'impresa, libertà di stabilimento e tutela della concorrenza e che la loro applicazione avrebbe ostacolato gravemente lo sviluppo delle imprese che prestavano tale attività e raccomandava una profonda revisione di tali nuove disposizioni.
      Allo stato, è pendente presso la Corte di giustizia dell'Unione europea una domanda di pronuncia giudiziale ex articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea avente ad oggetto proprio l'esame sulla compatibilità di alcune disposizioni della legge quadro in materia di servizi pubblici non di linea, come modificata dall'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge n. 207 del 2008, con le norme del Trattato.
      La proroga, pertanto, si rende necessaria al fine di evitare l'entrata in vigore di una disposizione che contiene elementi fortemente restrittivi della concorrenza e di arginare la confusione che deriverebbe da un'applicazione dell'articolo 29, comma 1-quater, nella sua attuale formulazione, con i conseguenti effetti negativi che interesseranno gli enti locali competenti nella gestione pratica dei problemi, inevitabilmente causati dal caos interpretativo indotto dall'applicazione della predetta normativa e che si porranno, peraltro, in modo diverso nelle varie realtà territoriali coinvolte.

Articolo 18.

      La trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione e la conoscibilità dei dati e delle informazioni relativi alle decisioni che comportano spesa di denaro pubblico sono uno dei fattori sui quali può e deve basarsi ogni impegno per la crescita produttiva e imprenditoriale e per lo sviluppo del sistema Italia.
      Da un lato, i siti web delle pubbliche amministrazioni rappresentano il luogo naturale e più diretto dove rendicontare ai cittadini e ai soggetti economici il proprio operato. Dall'altro, la più efficiente ed efficace razionalizzazione delle comunicazioni delle pubbliche amministrazioni consente di usare i dati e le informazioni raccolti per valutare e definire politiche pubbliche, economiche e industriali mirate su una base di conoscenza oggettiva dei fenomeni. Il percorso avviato nel nostro

 

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Paese verso la «trasparenza totale», si fonda su innovazioni normative – a partire dal 1990 con la legge n. 241 – ma si scontra con prassi ispirate alla «segretezza» delle decisioni della pubblica amministrazione che ne riducono la portata innovativa e ne limitano le finalità riformatrici assegnate dal legislatore.
      È necessario affermare che gli organismi – nessuno escluso – che erogano finanziamenti pubblici (Ministeri, regioni, province, comuni, concessionari di servizi pubblici e società a prevalente partecipazione o controllo pubblico) siano obbligatoriamente tenuti a pubblicare in rete – per la piena e immediata disponibilità del pubblico – i dati e le informazioni relativi agli incentivi di qualunque tipo, nonché i finanziamenti erogati alle imprese e ad altri soggetti per prestazioni, consulenze, servizi e appalti, al fine di garantire la migliore e più efficiente e imparziale utilizzazione di fondi pubblici.
      In molti Paesi la trasparenza della spesa pubblica è già realtà e permette ai cittadini, o alle loro associazioni, un controllo generale e continuo sulla gestione dei fondi pubblici. Emblematica è al riguardo la legislazione sull’open government: è così che si indica la trasparenza pubblica nei Paesi anglosassoni e scandinavi (Stati Uniti d'America, Svezia, Regno Unito).
      Nello specifico settore di nostro interesse i Paesi scandinavi sono stati antesignani: lo studio e l'approfondimento della trasparenza in quegli Stati ha infatti confermato che la piena accessibilità ai dati delle pubbliche amministrazioni da parte dei cittadini – pur nei limiti e con le garanzie previsti dalla legge – ha prodotto un alto livello di legalità e di integrità nella pubblica amministrazione. È un esempio per tutti coloro che operano nelle istituzioni. Infatti la pubblicazione delle informazioni sull'attività pubblica è direttamente collegata e strumentale alla prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, ma anche alla buona «performance» nell'erogazione di servizi al cittadino. Nel nord Europa si è raggiunto un importante equilibrio tra la salvaguardia degli interessi dello Stato (sicurezza interna ed estera, politica valutaria e monetaria) e le esigenze dei cittadini che, attraverso lo sviluppo del diritto di accesso e della trasparenza, sono in grado di esercitare forme di forte controllo sociale, volte a contrastare fenomeni illeciti. I Paesi scandinavi, del resto, detengono da anni i primi posti nelle classifiche stilate da autorevoli organismi di settore sulla lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione. Ma non è solo questo. Si è da più parti rilevato, infatti, anche lo stretto legame tra trasparenza e qualità dei servizi, dato che il controllo dell'opinione pubblica imprime un decisivo impulso alla qualità del governo dell'amministrazione.
      In particolare, il presente articolo disciplina l'obbligatorietà di pubblicazione via internet della erogazione delle somme di qualunque genere da parte della pubblica amministrazione ad imprese ed altri soggetti economici – con modalità che consentano la ricerca delle informazioni, anche aggregate, relative all'amministrazione aggiudicatrice – al fine di garantire la trasparenza della gestione dei contratti. La conoscenza delle modalità di attribuzione e dell'importo delle somme erogate da parte della pubblica amministrazione ha lo scopo di avere informazioni certe e in tempo reale onde evitare sovrapposizioni e spese inutili e di favorire la programmazione corretta delle spese future.
      Il comma 1 stabilisce che la concessione dei vantaggi economici di qualunque genere previsti dall'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ad imprese ed altri soggetti economici, sono soggetti alla pubblicità via internet prevista dalla nuova disposizione, anche in relazione al principio di accessibilità totale previsto dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Nell'ambito di tali vantaggi rientrano, ad esempio, le sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l'attribuzione dei corrispettivi e compensi a persone, professionisti ed imprese per forniture, servizi, incarichi e consulenze.
      I commi 2 e 3 prevedono che i dati in esame e tutti i dati pubblicati sui siti degli
 

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enti obbligati, nella sezione «Trasparenza, valutazione e merito», prevista dall'articolo 11, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, devono essere di facile accesso e consultazione per tutti i soggetti potenzialmente interessati, e devono essere riportati in formato elettronico di testo per l'importazione ed esportazione in formato tabellare (formato «Comma Separated Values – CSV»), in modo da essere accessibili in maniera semplice ai motori di ricerca.
      In particolare, i dati devono specificamente contenere il nome del soggetto beneficiario e i suoi dati fiscali; l'importo; la norma o il titolo a base dell'attribuzione; l'ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; la modalità seguita per l'individuazione del beneficiario; il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e al capitolato della prestazione, fornitura o servizio.
      Il comma 4 stabilisce che le disposizioni del presente articolo costituiscono diretta attuazione dei princìpi di legalità, buon andamento e imparzialità sanciti dall'articolo 97 della Costituzione e ad esse si conformano, entro il 31 dicembre 2012 – ai sensi delle materie di esclusiva legislazione statale, previste dall'articolo 117, secondo comma, lettere g), h), l), m) e r), della Costituzione – tutte le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali, i concessionari di servizi pubblici e le società a prevalente partecipazione o controllo pubblico. Le regioni ad autonomia speciale vi si conformano secondo le previsioni dei rispettivi statuti.
      Il comma 5 sancisce che dal 1o gennaio 2013 la pubblicazione dei dati sul sito internet costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni ed attribuzioni, superiori a mille euro, previste dal comma 1. La mancata pubblicazione dei dati e delle informazioni, configurando una violazione di legge e rappresentando elemento ostativo alla erogazione degli importi stabiliti e dovuti, deve essere rilevata d'ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo sotto la propria diretta responsabilità. L'inottemperanza alla norma è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro vi abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da parte dell'amministrazione, mediante azione davanti al tribunale amministrativo regionale.
      Il comma 6 fa salve le disposizioni vigenti in materia di pubblicazione di dati concernenti le spese per l'attività economica e contrattuale della pubblica amministrazione con particolare riguardo a:

          codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

          codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

          codice delle leggi antimafia, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, che istituisce la Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, istituita presso il Ministero dell'interno;

          decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, cosiddetto «decreto semplificazioni», che istituisce presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (articolo 6-bis) la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, allo scopo di favorire la riduzione degli oneri amministrativi derivanti dagli obblighi informativi e di assicurare l'efficacia, la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa;

          decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, in corso di conversione, recante «Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica», in particolare l'articolo 8;

          i pagamenti obbligatori relativi ai rapporti di lavoro dipendente ed i connessi trattamenti previdenziali e contributivi ai quali si applicano le disposizioni ad essi proprie.

      Si autorizza, inoltre, il Governo ad adottare entro il 31 dicembre 2012, su proposta del Ministro per la pubblica

 

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amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza unificata, un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a coordinare le predette disposizioni con il presente articolo, anche mediante l'ulteriore pubblicazione degli stessi dati nel portale nazionale di cui al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Lo stesso regolamento potrà altresì disciplinare le modalità di attuazione del presente articolo in ordine ai pagamenti periodici e a quelli diretti ad una pluralità di soggetti sulla base del medesimo titolo.
      Il comma 7 specifica che dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e che alle attività previste si farà fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, tenuto anche conto che la vigente disciplina prevede già l'obbligo dell'amministrazione di attrezzarsi con procedure e strumenti informatici ai fini dello svolgimento e della pubblicità di attività amministrative via internet.

Articoli 19, 20, 21 e 22.

      La normativa risponde all'esigenza di razionalizzare le funzioni in materia di innovazione tecnologica e di digitalizzazione della pubblica amministrazione, fino ad ora suddivise tra più amministrazioni ed enti, attribuendolo a un unico organismo dotato di autonomia operativa e gestionale.
      A tal fine viene istituita l'Agenzia per l'Italia Digitale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il compito di realizzare gli obiettivi di cui all'Agenda digitale italiana ed europea.
      Al nuovo ente sono attribuite sia le funzioni già riconducibili a DigitPA e all'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, enti che vengono contestualmente soppressi, nonché quelle facenti capo al Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei ministri, destinato ad essere riorganizzato con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
      L'Agenzia esercita, inoltre, specifiche competenze dirette, in particolare, a contribuire alla diffusione delle tecnologie dell'informazione, ad assicurare la piena interoperabilità dei sistemi informatici della pubblica amministrazione e tra questi e quelli dell'Unione europea realizzando, al contempo, la razionalizzazione della spesa pubblica informatica e il pieno coordinamento informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale nel rispetto dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.
      La nuova Agenzia opera attraverso il Direttore generale, da scegliere tra persone di comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione, affiancato da un Comitato di indirizzo, in cui è assicurata la presenza di un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, degli altri Ministeri vigilanti e dei rappresentanti delle regioni, province autonome ed enti locali, affinché le iniziative dell'Agenzia siano condivise al più alto livello. È prevista, inoltre, la presenza di un Collegio dei revisori.
      Al fine di consentire il rapido avvio del nuovo organismo è stata ridotta la minimo la fase transitoria, disciplinata attraverso una tempistica ristretta, comunque assicurando la continuazione degli organi preesistenti fino alla nomina, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto, del Direttore generale, il quale gestirà la fase transitoria in qualità di Commissario straordinario fino alla nomina degli altri organi. La piena operatività dell'Agenzia si avrà con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro quarantacinque giorni dalla nomina del

 

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Direttore generale, provvedimento attraverso il quale è determinata l'effettiva dotazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'Agenzia, sulla base del piano predisposto dallo stesso Direttore generale dell'Agenzia, da conformare a princìpi di ottimizzazione delle risorse e di riduzione della spesa.
      Il testo contiene, infine, una clausola di invarianza della spesa assicurando che dall'istituzione dell'Agenzia non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Articolo 23.

      La norma stabilisce le finalità e gli obiettivi del decreto, che sono diretti a favorire la crescita sostenibile e la creazione di nuova occupazione di qualità, in ottemperanza alle contestuali esigenze di rigore nella finanza pubblica e di equità sociale, in un quadro di sviluppo di nuova imprenditorialità e di progressivo riequilibrio socio-economico, di genere e fra le diverse aree territoriali del Paese.
      Le azioni intraprese riguardano il riordino, la razionalizzazione e la riprogrammazione degli strumenti nazionali esistenti per l'incentivazione alle attività imprenditoriali mediante interventi di abrogazione di norme, di semplificazione di procedure e di rimodulazione di preesistenti normative.
      L'azione di riordino e di razionalizzazione degli strumenti, in un'ottica di rigore finanziario e di contenimento della spesa pubblica, è tesa a recuperare risorse e a concentrare la politica industriale su ambiti di intervento orizzontali considerati prioritari per il rilancio della competitività del sistema produttivo del Paese.
      La norma provvede a riordinare le agevolazioni di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, ridenominando il Fondo speciale rotativo ivi previsto in «Fondo per la crescita sostenibile», che si pone come obiettivo prioritario il finanziamento di programmi ed interventi per la competitività e il sostegno dell'apparato produttivo sulla base di progetti di rilevante interesse nazionale, capaci di accrescere il patrimonio tecnologico del Paese articolati su tre linee strategiche (comma 2):

          1) la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese;

          2) il rafforzamento della struttura produttiva, in particolare del Mezzogiorno, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi tramite la sottoscrizione di accordi di programma;

          3) la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero.

      Al comma 3 si specifica che con decreti di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate le priorità e le forme di aiuto concedibili nell'ambito del Fondo.
      Al comma 4 si prevede che il Fondo operi attraverso le due distinte contabilità speciali già esistenti nell'ambito del Fondo, l'una per i finanziamenti agevolati, l'altra per gli interventi cofinanziati. Inoltre, si istituiscono per ciascuna delle finalità di cui al comma 2 delle apposite sezioni nell'ambito del Fondo.
      Il comma 5 fa riferimento al comitato tecnico previsto dal comma 2 della legge n. 46 del 1982, che continuerà a svolgere le proprie funzioni fino alla data del 31 dicembre 2015 ma solo sulle attività e sui procedimenti avviati prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
      Il comma 6 prevede che i finanziamenti agevolati concessi a valere sul Fondo per la crescita sostenibile potranno essere assistiti da garanzie reali e personali facendo salva, al contempo, la necessaria prestazione di idonea garanzia per le anticipazioni dei contributi.
      Al comma 7 è disposta l'abrogazione di un consistente numero di leggi che

 

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prevedono agevolazioni in relazione all'esigenza di eliminare dall'ordinamento leggi di fatto non operative, non rifinanziate ovvero ormai obsolete e non più suscettibili di determinare un effettivo impatto sul sistema economico, rinviando all'allegato 1.
      Resta la necessità di continuare l'attività amministrativa relativa agli interventi già disposti, che in alcuni casi è tuttora molto consistente (come per la legge n. 488 del 1992), mentre, in altri casi, resta limitata alla residua gestione del contenzioso.
      Con i commi 8 e 9 ci si propone di consentire il reimpiego delle economie rinvenienti da interventi agevolativi in via di esaurimento o abrogati dal presente decreto per finanziare nuovi interventi in ambiti strategici della politica di incentivazione dell'attività imprenditoriale.
      L'afflusso di tali risorse al Fondo determina anche l'estensione alle stesse delle modalità di gestione particolarmente snelle proprie della contabilità speciale.
      Per le disponibilità versate al Fondo ai sensi dei commi 8 e 9 già destinate a misure di aiuto nelle aree sottoutilizzate, il comma 10 fa salvo il vincolo di destinare alle regioni del Mezzogiorno l'85 per cento delle risorse ed il restante 15 per cento alle regioni del centro-nord.
      Il comma 11 chiarisce che ai procedimenti avviati prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti pro tempore e le nuove norme di semplificazione.

Articolo 24.

      L'intervento intende agevolare l'occupazione con forme contrattuali stabili di personale altamente qualificato, contribuendo così a favorire l'innovazione e l'innalzamento degli investimenti in ricerca e sviluppo da parte del sistema produttivo: il Rapporto annuale 2012 dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) indica come la quota di spesa in ricerca nel 2010 in Italia sia ferma all'1,26 per cento del PIL, contro il 2 per cento della media dell'Unione europea.
      Una recente indagine dell'ISTAT sull'inserimento professionale ha fatto emergere un livello di occupazione a distanza di alcuni anni per i dottori di ricerca estremamente alto, superiore al 90 per cento: tuttavia, circa la metà con posizioni a termine (siano esse alle dipendenze, lavori a progetto, prestazioni d'opera occasionali, assegni di ricerca, borse di studio o di ricerca).
      L'eccessiva diffusione di contratti a termine nel settore della ricerca e sviluppo rischia di minare le basi delle prospettive di sviluppo del sistema produttivo, nella misura in cui l'instabilità dell'occupazione scoraggia l'accumulazione di competenze professionali dei lavoratori e disincentiva l'investimento in formazione e in nuove tecnologie da parte delle imprese.
      La norma proposta istituisce un contributo sotto forma di credito di imposta riservato a tutte le imprese che effettuano nuove assunzioni di profili altamente qualificati. La misura non ha alcun limite temporale di applicazione e risulta pertanto un intervento di carattere sistemico e permanente a sostegno del sistema produttivo.
      La misura prevede un contributo del 35 per cento sulle spese effettuate per le nuove assunzioni di personale, con un limite massimo di 200.000 euro per impresa.
      Ai fini della determinazione del credito d'imposta annuale sono ammissibili tutte le spese di personale neo-assunto, relativamente ai dottori di ricerca con titolo conseguito presso un'università italiana o estera se riconosciuta equipollente in base alla legislazione vigente in materia.
      Sono, inoltre, ammesse le spese di personale in possesso di una laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico, impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo.
      Il diritto a fruire del credito d'imposta decade al verificarsi delle seguenti condizioni:

          a) se il numero complessivo dei dipendenti è inferiore o pari a quello indicato

 

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nel bilancio presentato nel periodo di imposta precedente all'applicazione del presente beneficio fiscale;

          b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;

          c) nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale.

      Per fruire del contributo le imprese presentano un'istanza telematica mediante gli strumenti applicativi e le modalità di gestione predisposti dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
      Un'apposita piattaforma informatica sarà costituita per la ricezione e la gestione delle istanze telematiche presentate dalle imprese e per il monitoraggio sia economico in riferimento all'agevolazione, sia tecnico scientifico per analizzare l'orientamento degli investimenti in ricerca e sviluppo.
      Qualora sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del contributo, il Ministero dello sviluppo economico procede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge.
      I controlli avvengono sulla base di apposita documentazione contabile certificata da un revisore iscritto nel registro dei revisori dei conti o dal collegio sindacale. La certificazione viene allegata al bilancio. Per la certificazione delle spese le imprese non soggette a revisione contabile e prive di collegio sindacale devono avvalersi di un consulente tecnico indipendente e iscritto al registro dei revisori contabili.
      Nel caso di colpa grave nell'esecuzione degli atti di certificazione, al revisore si applicano le sanzioni previste dall'articolo 64 del codice di procedura civile.
      Le disposizioni proposte dal presente articolo determinano minori entrate fiscali stimabili in 25 milioni di euro nel 2012 e in 50 milioni a partire dal 2013.

Articolo 25.

      I commi 1 e 2 prevedono che il Ministero dello sviluppo economico possa avvalersi, senza oneri per la finanza pubblica, del Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di finanza per consentire di eseguire accertamenti ispettivi sulle iniziative agevolate con poteri di controllo più pregnanti di quelli propri delle ispezioni svolte con personale ministeriale, sulla base di uno specifico protocollo d'intesa con il Comandante della Guardia di finanza.
      È previsto, inoltre, che il Nucleo possa avvalersi di tutte le basi dati necessarie a consentire una proficua operatività.
      Il comma 3, in considerazione delle difficoltà di reperimento delle risorse per finanziare le attività di controllo sugli interventi agevolativi, prevede che le attività anzidette siano finanziate a valere sulle risorse del Fondo per la crescita sostenibile nel limite di 400.000 euro per anno.
      I commi successivi sono diretti a rendere più significative le valutazioni di efficacia contenute nella relazione annuale sugli incentivi che il Governo è tenuto ogni anno a presentare alle competenti Commissioni parlamentari ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 agosto 1997, n. 266.
      In una più ampia accezione di trasparenza e «controllo sociale» rientra la previsione del comma 6, che riguarda la pubblicazione dell'elenco dei progetti beneficiari delle agevolazioni.

Articolo 26.

      La norma detta disposizioni volte a concedere una moratoria di un anno alle

 

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imprese beneficiarie di finanziamenti agevolati concessi dal Ministero dello sviluppo economico a valere sulle misure di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46 (Fondo per l'innovazione tecnologica). Tale intervento, coerente con l'accordo sottoscritto il 28 febbraio 2012 dai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico con l'Associazione bancaria italiana (ABI) e con le associazioni imprenditoriali, si rende opportuno, nell'attuale contesto di grave crisi economica, al fine di non penalizzare imprese che hanno portato o stanno portando regolarmente a compimento i programmi di investimento agevolati e si trovano in una situazione di temporanea difficoltà nella restituzione delle rate di mutuo. La revoca del beneficio, prevista dalle disposizioni vigenti, determinerebbe in moltissime situazioni l'insolvenza totale della società.
      Per rispondere alla grave crisi economica del Paese, la norma si applica per le stesse motivazioni e per gli stessi effetti agli interventi concessi dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valere sul Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297.

Articolo 27.

      Per il conseguimento degli obiettivi di cui al presente articolo il comma 1 introduce due elementi fondamentali quali il Progetto di riconversione e riqualificazione industriale e la nozione di crisi industriale complessa: elementi che circoscrivono in modo puntuale le modalità di intervento ed il perimetro su cui insiste lo stesso, realizzando, attraverso il ricorso all'istanza della regione interessata, un programma di politica industriale nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà tra competenze regionali e amministrazioni dello Stato.
      Si individuano le finalità dei Progetti di riconversione e riqualificazione industriale orientandole sia verso misure di agevolazione agli investimenti produttivi, anche di carattere innovativo, sia alla riconversione e riqualificazione economico-produttiva dei territori interessati.
      La disposizione, inoltre, in coerenza con il principio di sussidiarietà e in attuazione del principio di leale collaborazione istituzionale, prevede anche il cofinanziamento regionale degli interventi contenuti nel Progetto. Infine, le misure e le risorse del piano di promozione industriale, istituito con la legge 15 maggio 1989, n. 181, sono esclusivamente dedicate all'attuazione dei Progetti.
      Si prevede che i Progetti vengano adottati mediante la stipula di appositi accordi di programma che, per assicurare efficacia e tempestività all'intervento, costituiscono fonte regolamentare delle misure e degli strumenti definiti dal Progetto.
      Si prevede, ad ulteriore rafforzamento dell'efficacia dell'azione amministrativa di supporto all'attuazione del Progetto, l'indizione di apposite conferenze di servizi; le opere funzionali all'intervento sono riconosciute indifferibili ed urgenti ai sensi della normativa di riferimento, specificando che resta comunque ferma la vigente normativa in materia di interventi di bonifica e risanamento ambientale dei siti contaminati.
      Si permette l'applicazione del finanziamento agevolato su tutto il territorio nazionale fatte salve le soglie di intervento stabilite dalla disciplina dell'Unione europea per i singoli territori.
      Si individua l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, quale soggetto responsabile della definizione ed attuazione dei progetti e si prevede una convenzione per disciplinare le attività della stessa.
      La disposizione è altresì volta a determinare le misure per il ricollocamento professionale dei lavoratori interessati da interventi di riconversione e riqualificazione industriale, mediante l'adozione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      Si assegna al Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni

 

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e le province autonome di Trento e di Bolzano, il compito di adottare, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, un decreto di definizione delle modalità di attuazione dei Progetti. In particolare, al fine di assicurare flessibilità ed efficacia al Progetto, si dispone che sia prevista la priorità di accesso agli strumenti agevolativi di competenza del Ministero dello sviluppo economico.
      Si stabilisce che all'attuazione degli interventi previsti dai Progetti si provvede a valere sulle risorse finanziarie individuate dalle amministrazioni partecipanti e, relativamente agli interventi agevolativi, a valere sulle risorse stanziate sugli strumenti agevolativi prescelti, ovvero, qualora non disponibili, sul Fondo di cui all'articolo 23 del presente decreto.
      Si prevede che le risorse destinate al finanziamento degli interventi sono quelle di cui all'articolo 7 della legge 15 maggio 1989, n. 181, e vanno a confluire all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo al Fondo di cui all'articolo 23.

Articolo 28.

      L'articolo introduce termini perentori per la definizione dei procedimenti agevolativi di cui all'articolo 1, comma 842, della legge n. 296 del 2006 («Industria 2015»). A tal fine, la norma prevede la revoca delle agevolazioni qualora l'impresa non abbia avanzato almeno una richiesta di erogazione per stato d'avanzamento entro diciotto mesi dalla data della concessione (ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in caso di già avvenuta concessione) e la decadenza dalle agevolazioni qualora l'impresa non trasmetta la documentazione necessaria per l'emanazione del provvedimento di concessione entro sessanta giorni dalla richiesta formulata dal soggetto gestore dell'intervento.
      Il comma 3 rinvia a successivi decreti del Ministero dello sviluppo economico la disciplina di ulteriori misure di semplificazione e accelerazione delle procedure.

Articolo 29.

      In considerazione dell'attuale situazione di grave crisi economica e per consentire la chiusura positiva dei procedimenti relativi a programmi di investimento che siano stati portati a termine, il comma 1 prevede che le imprese beneficiarie delle agevolazioni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, non sono più tenute al rispetto degli obblighi derivanti dal calcolo degli indicatori utilizzati per la formazione delle graduatorie.
      Si prevedono, al comma 2, modalità semplificate per accelerare la chiusura dei procedimenti relativi alla legge n. 488 del 1992, alla legge n. 215 del 1992, alla legge n. 64 del 1986, ai patti territoriali e ai contratti d'area, nel caso in cui i beneficiari non abbiano avanzato alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento alla data di entrata in vigore del presente decreto. È stabilita, per detta ipotesi, la decadenza delle agevolazioni, accertata con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, da adottare entro novanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore. Il comma 3 al fine di determinare date certe di completamento degli investimenti oggetto dei contratti di programma stabilisce dei limiti alla possibilità di prorogare i termini e rimodulare le previsioni originarie dei contratti oggetto di delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Tale limite fissa il periodo di proroga massimo ad un anno per la rimodulazione dei programmi e ad un ulteriore anno per l'ultimazione degli investimenti.
      Il successivo comma 4 prevede un'eccezione alle proroghe consentite dal comma precedente nel caso in cui la proroga del termine di ultimazione degli investimenti dipenda dalla variazione del programma e dei soggetti proponenti.
      Il comma 5 dispone la decadenza dalle agevolazioni previste nel caso di mancata presentazione del progetto esecutivo da

 

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parte dell'impresa, con riferimento a contratti di programma la cui approvazione e il cui finanziamento sono stati già oggetto di delibera del CIPE.
      Il comma 6 prevede la risoluzione dei contratti di programma già stipulati allorché non sia stata prodotta da parte dell'impresa la documentazione idonea a comprovare l'avvio degli investimenti e l'ottenimento delle autorizzazioni a tale scopo necessarie, specificando le modalità della risoluzione anche con riferimento a contratti concernenti una pluralità di iniziative.
      Il comma 7 introduce una disposizione volta a liberare risorse impegnate per iniziative di fatto mai avviate o comunque non utilmente completate. Si prevede a tal fine di agevolare la positiva definizione dei programmi correttamente realizzati, nonostante non siano stati raggiunti gli obiettivi prefissati in termini di occupazione aggiuntiva. Si è pertanto inserita una previsione che attenua la rigidità delle clausole contrattuali in tema di scostamento dell'obiettivo occupazionale.
      Il comma 8 introduce la necessità di revocare le iniziative non ancora avviate e di fissare un termine perentorio di diciotto mesi per il completamento di quelle già in corso e di ulteriori sei mesi – non più prorogabili – per la presentazione della documentazione finale di spesa.
      Il comma 9 disciplina l'eccezionale sospensione, su disposizione del Ministro dello sviluppo economico, dei termini di ultimazione dei programmi agevolati in presenza di condizione di particolare gravità sotto il profilo economico-finanziario.

Articolo 30.

      L'articolo detta disposizioni volte a consentire l'utilizzo, per le finalità del Fondo per la crescita sostenibile, delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), istituito dall'articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, presso la Cassa depositi e prestiti Spa.
      Le risorse del FRI, pari a 6 miliardi di euro, sono destinate alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese, a fronte dei quali il Ministro dell'economia e delle finanze corrisponde alla Cassa depositi e prestiti Spa il differenziale tra il tasso stabilito con proprio decreto e il tasso agevolato.
      Circa 2 miliardi delle suddette risorse risultano attualmente non utilizzati. La norma in esame prevede, pertanto, la ricognizione delle suddette risorse non utilizzate e la ripartizione delle stesse a favore degli interventi attuativi del presente riordino, introducendo, altresì, modifiche nelle modalità di utilizzazione del FRI relativamente alle risorse destinate alle regioni (pari ad ulteriori 2 miliardi di euro).
      In particolare, il comma 1, novellando l'articolo 1, comma 855, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, consente alle regioni di concedere, in alternativa al già previsto finanziamento agevolato, un contributo in conto interessi a valere sulle proprie risorse, a fronte di un finanziamento deliberato dalla Cassa depositi e prestiti Spa al tasso di interesse vigente pro tempore, determinato con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 1, comma 358, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
      Il comma 2 prevede l'utilizzazione del FRI per i programmi e gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile.
      Il comma 3 definisce le risorse inutilizzate del FRI, con riferimento al 31 dicembre 2012 e, successivamente, al 31 dicembre di ciascun anno, prevedendo la possibilità di destinare fino al 70 per cento delle stesse alle finalità del Fondo per la crescita sostenibile.
      Il comma 4 affida ad un decreto interministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico la determinazione del meccanismo per la ricognizione e la ripartizione delle risorse del FRI non utilizzate.
      Il comma 5 opera l'abrogazione di alcune norme incompatibili con il sistema delineato.
      Il comma 6, infine, stabilisce l'invarianza sui saldi di finanza pubblica.

 

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Articolo 31.

      Il comma 1 destina agli interventi di venture capital per le imprese innovative di cui alla legge n. 388 del 2000 le residue disponibilità del fondo per l'efficienza energetica previsto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2010, al fine di dare copertura alle iniziative già approvate che non dispongono più delle risorse originariamente destinate alla misura per effetto dell'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011. Tale norma ha disposto il trasferimento dei 73 milioni di euro disponibili per il predetto venture capital a favore di altri interventi, determinando l'impossibilità di erogare le quote ancora dovute alle iniziative approvate.
      Il comma 2 stabilisce l'acquisizione al bilancio dello Stato delle disponibilità del Fondo previsto dall'articolo 1 della legge n. 49 del 1985 (Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, denominato Foncooper), al netto delle risorse occorrenti al finanziamento delle domande già presentate, al fine di destinarle al Fondo previsto dal titolo II della medesima legge (Fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione).
      Al riguardo si osserva che i due predetti Fondi, istituiti dalla citata legge n. 49 del 1985 («legge Martora»), sono entrambi destinati al finanziamento di interventi a favore della cooperazione per la salvaguardia dei livelli occupazionali.
      Il Foncooper, istituito presso Coopercredito Spa (oggi BNL gruppo BNP PARIBAS) è disciplinato da un contratto tra quest'ultima e il Ministero dello sviluppo economico.
      L'obiettivo del Foncooper è quello di favorire il credito alle società cooperative rientranti nei limiti dimensionali delle piccole e medie imprese (PMI) per programmi di investimento che comportino anche l'incremento della produttività e dell'occupazione.
      Dal 1o luglio 2000 l'intervento è stato trasferito alle regioni e ad esse è stata demandata la determinazione delle procedure concernenti le domande presentate dalle cooperative. Il Ministero dello sviluppo economico ha, però, mantenuto la predetta funzione amministrativa «in via transitoria», in attesa che si completasse il processo di decentramento di cui al decreto legislativo n. 112 del 1998.
      Ad oggi solo le regioni Sicilia e Valle d'Aosta non hanno dato piena attuazione al decentramento amministrativo.
      In merito al Fondo istituito dal titolo II della legge n. 49 del 1985, non oggetto del predetto decentramento amministrativo, si evidenzia che il Ministero dello sviluppo economico partecipa al capitale sociale di due società finanziarie (CFI e SOFICOOP), affinché le stesse intervengano a favore di cooperative di produzione e lavoro, con la dimensione di PMI, per la realizzazione di progetti imprenditoriali. Le due società operano sul libero mercato, avvalendosi sia della facoltà di partecipare al capitale di rischio delle cooperative sia di altri strumenti di intervento finanziario.
      La norma in commento si rende necessaria in quanto, stanti l'avvenuta descritta regionalizzazione della misura di cui al titolo I della legge n. 49 del 1985 e la scadenza, nel 2010, della convenzione stipulata con BNL per la gestione dello strumento, le disponibilità, pari a oltre 8 milioni di euro, del Foncooper risultano attualmente inutilizzate. Con il trasferimento delle risorse anzidette all'intervento di cui al titolo II della stessa legge n. 49 del 1985 viene, pertanto, mantenuta la destinazione delle risorse a finalità di sostegno pubblico al sistema cooperativo, assicurandone, nel contempo, l'effettiva utilizzazione.
      Inoltre, la disposizione, non disponendo l'abrogazione delle norme di cui al titolo I della legge n. 49 del 1985, consente la riattivazione dello strumento anche da parte delle due regioni citate nel momento in cui esse si risolvessero ad assumerne la gestione.
      Il comma 3 consente, infine, l'utilizzazione per iniziative a favore delle PMI

 

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delle somme assegnate al Ministero dello sviluppo economico la cui gestione non sia stata assunta dalle regioni ai sensi del citato decreto legislativo n. 112 del 1998 di devoluzione delle competenze, previo accordo con le regioni interessate.
      Come evidenziato con riferimento al comma 2, ad oggi due regioni (Sicilia e Valle d'Aosta) non hanno attuato il previsto decentramento amministrativo. Conseguentemente, con le risorse attribuite dallo Stato, il Ministero dello sviluppo economico ha, fino ad ora, attuato una serie di misure, oggi da ritenere di «vecchia generazione» (quali, tra le altre, quelle di cui ai cosiddetti «incentivi automatici»), in quanto oramai superate nella concezione e particolarmente onerose per le imprese e per l'amministrazione, in molti casi impossibilitata all'utilizzo stesso delle risorse per l'avvenuta scadenza delle convenzioni con i gestori. La norma mira, pertanto, a consentire l'attivazione di nuove misure da parte del Ministero dello sviluppo economico ovvero a permettere alle due citate regioni di utilizzare le risorse in questione per il cofinanziamento di strumenti gestiti dallo stesso Ministero.

Articolo 32.

      Le disposizioni contenute nell'articolo intendono semplificare ed integrare l'attuale ordinamento degli strumenti per il finanziamento dell'attività d'impresa, consentendo in particolare la sollecitazione del mercato monetario e finanziario da parte di emittenti finora esclusi, come le imprese non quotate, medie e piccole (secondo la classificazione europea), ampliando, infine, le opportunità di investimento degli operatori istituzionali nell'economia nazionale.
      L'obiettivo è allineare le opportunità finanziarie del sistema nazionale a quelle offerte dai più avanzati sistemi industriali e finanziari europei. L'introduzione della nuova regolamentazione Basilea III determina un prolungato periodo di razionamento del credito all'economia. Il mutamento delle regole di «welfare», con il passaggio a sistemi previdenziali contributivi, preme per un aumento strutturale della propensione al risparmio a fini pensionistici integrativi, con domanda d'investimento correlata. Con le seguenti norme si mira ad aprire un circuito d'intermediazione diretto tra risparmio ed investimento, per indirizzare stabilmente parte delle risorse raccolte a lungo termine (previdenza, accumulazione, investimento) verso il sistema produttivo delle PMI nazionali.
      I beneficiari, definiti dal comma 1, sono le società non emittenti strumenti finanziari quotati su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione diverse dalle micro-imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea, del 6 maggio 2003.
      Il comma 2 definisce i requisiti per l'emissione di cambiali finanziarie e obbligazioni: il primo di essi è l'assistenza da parte di uno sponsor che collabora con l'emittente per l'emissione dei titoli; il secondo consiste nell'avere l'ultimo bilancio assoggettato a revisione contabile da parte di un revisore contabile o legale ovvero di una società di revisione iscritta al registro dei revisori legali e contabili; il terzo prevede che le cambiali finanziarie e le obbligazioni debbano essere emesse e sottoscritte a favore di – nonché circolare esclusivamente tra – investitori qualificati, non soci, ex articolo 100, comma 1, lettera a), del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Inoltre le cambiali finanziarie sono assimilate ai titoli similari alle obbligazioni.
      Al comma 4 si specifica che restano invariati le opportunità e i trattamenti previsti per i soggetti che hanno emesso strumenti finanziari oggetto di offerta al pubblico e che sono quotati su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione.
      Nei commi 5, 6 e 7 si modifica la disciplina della cambiale finanziaria. Questo strumento, previsto nel nostro ordinamento dalla legge 13 gennaio 1994, n. 43, viene snellito e avvicinato alla carta commerciale, strumento largamente in uso sui

 

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mercati finanziari internazionali. La scadenza della cambiale viene portata da un minimo di un mese a un massimo di diciotto mesi, e l'ammontare in circolazione viene fissato fino al concorso della copertura dell'attivo corrente dell'impresa. Per attivo corrente si intende l'importo delle attività iscritte in bilancio e aventi scadenza entro l'anno dalla data di riferimento dello stesso bilancio; per le società strutturate in forma di gruppi di imprese il bilancio di riferimento può essere quello consolidato. Il comma 7 introduce l'articolo 1-bis della legge n. 43 del 1994, fornendo la possibilità, finora esclusa, di emettere cambiali in forma dematerializzata, favorendone così la diffusione. Le società, per l'emissione di titoli dematerializzati, possono esclusivamente avvalersi di una società autorizzata alla prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari attraverso tempi e modalità descritti nell'articolo. Le cambiali in questione, per renderne sempre più diffuso l'utilizzo, si intendono esenti dall'imposta di bollo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, ferma restando comunque l'esecutività del titolo.
      I commi 8, 9, 10 e 11 prevedono una modifica del trattamento fiscale che si applicherà alle obbligazioni e ai titoli similari emessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In particolare si rendono deducibili gli interessi su tali titoli uniformando il trattamento fiscale fra emittenti di cui al comma 1 nel caso di titoli sottoscritti da investitori qualificati non soci per evitare abusi e arbitraggi fiscali. Inoltre, al fine di rendere efficiente anche per gli investitori stranieri la possibilità di sottoscrivere le obbligazioni, allineando la nostra normativa a quella dei principali Paesi dell'Unione europea, si estende l'esenzione da ritenuta, che il decreto legislativo n. 239 del 1996 prevede per le obbligazioni emesse dai cosiddetti «grandi emittenti» (banche e società quotate), anche alle obbligazioni emesse da società di cui al comma 1. Il trattamento fiscale della cambiale finanziaria è uniformato a quello delle obbligazioni societarie. In tal modo si rende neutrale la scelta fra diverse tipologie di strumenti di credito: obbligazioni, cambiali finanziarie e prestiti bancari.
      Il comma 12 introduce in capo all'emittente l'obbligo di comunicazione entro trenta giorni all'Agenzia delle entrate dei dati relativi alle emissioni di titoli di debito e similari non negoziati su mercati regolamentati, con finalità di monitoraggio antielusione.
      Il comma 13 prevede la deducibilità fiscale degli oneri per l'emissione delle cambiali finanziarie, delle obbligazioni e dei titoli similari di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 239 del 1996, nell'esercizio del quale vengono sostenuti, indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio adottato.
      Ai commi 14, 15, 16 e 17 si definiscono in maniera più puntuale le caratteristiche e i compiti dello sponsor di cui al comma 2.
      Lo sponsor assiste l'emittente nella procedura di emissione dei titoli con tre principali compiti:

          a) supporta l'emittente nella fase di emissione e di collocamento, nonché di eventuale ammissione a quotazione dei titoli;

          b) mantiene nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi non inferiore al 5 per cento del valore di emissione dei titoli, per le emissioni fino a 5 milioni di euro, al 3 per cento del valore di emissione eccedente 5 milioni di euro, fino a 10 milioni di euro, in aggiunta alla quota precedente, e il 2 per cento del valore di emissione eccedente 10 milioni di euro, in aggiunta alle quote anzidette;

          c) favorisce la liquidità degli scambi sui titoli per tutta la durata dell'emissione, impegnandosi ad assicurare la negoziabilità, almeno a intervalli predefiniti. Lo sponsor predispone altresì una valutazione periodica, almeno semestrale, del valore dei titoli stessi nel caso in cui non siano quotati.

      Al comma 18 si prevede che le società non quotate diverse dalle PMI, ossia le

 

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cosiddette «grandi imprese non quotate», potranno invece decidere autonomamente se avvalersi o meno dei compiti previsti in capo allo sponsor nel contesto delle operazioni di emissione di titoli di debito.
      Il ruolo dello sponsor in pratica è quello di avvicinare con maggiore facilità la PMI italiana al mercato del debito e agli investitori esteri, utilizzando la leva dell'esperienza bancaria, dei consorzi fidi meglio strutturati o delle imprese di investimento che affiancano le società. Al ruolo di sponsor sono anche ammessi soggetti dell'industria finanziaria e della gestione del risparmio, in modo da ampliare l'offerta per le imprese e da accrescere la concorrenza sul nuovo mercato delle emissioni societarie.
      Con i commi da 19 a 25 viene data la possibilità alle società di cui al comma 1 di emettere obbligazioni con clausole di partecipazione agli utili di impresa e di subordinazione purché con scadenza uguale o superiore a sessanta mesi.
      La clausola di subordinazione definisce i termini di postergazione del portatore del titolo ai diritti degli altri creditori della società e ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale. In tal modo si rafforza la struttura finanziaria dell'impresa tutelando meglio le ragioni creditorie dei clienti e dei fornitori, nonché dei creditori ordinari e garantiti.
      La clausola di partecipazione regola la parte del corrispettivo spettante al portatore del titolo obbligazionario, commisurandola al risultato economico dell'impresa emittente. La parte fissa del corrispettivo riconosciuto al portatore del titolo non può comunque essere inferiore al tasso ufficiale di riferimento pro tempore vigente. Nel caso che l'emissione contempli una clausola di subordinazione e vincoli l'emittente a non distribuire capitale (ad eccezione degli utili d'esercizio) per tutta la durata dell'emissione, gli oneri finanziari corrispondenti alla parte variabile del corrispettivo sono deducibili dall'imponibile fiscale ai fini dell'IRES, in deroga all'articolo 109, comma 1, lettera a), del TUIR.
      La norma consente, tramite la clausola di subordinazione, un rafforzamento del capitale senza intaccare l'equilibrio societario e proprietario, mantenendo la coesione e la determinazione dell'assetto di comando aziendale. Qualora accompagnato da una clausola partecipativa, il titolo consente anche di modulare gli esborsi finanziari in funzione dei risultati d'impresa, favorendo la sostenibilità delle fasi di rapida crescita o di ristrutturazione, in cui i flussi di cassa possono essere sotto tensione per investimenti e per ricostituzione dei margini operativi.
      Con il comma 26, infine, si modifica l'articolo 2412 del codice civile prevedendo che i limiti all'emissione per le società per azioni fissati dallo stesso articolo al primo comma (limite pari al doppio del patrimonio netto) e al secondo comma (superamento del limite se le obbligazioni sono sottoscritte da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale) non trovano applicazione nel caso di emissioni obbligazionarie destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.
      Le disposizioni del presente articolo non sono suscettibili di produrre nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le imprese infatti emetteranno titoli, avvalendosi delle presenti norme, se avranno vantaggi rispetto all'indebitamento bancario. I tassi tra i due mercati pertanto convergeranno, determinando una sostanziale neutralità fiscale del provvedimento. Anche l'esenzione dall'applicazione della ritenuta non avrà effetti sostanziali, spostando semplicemente nel tempo l'applicazione dell'imposizione. Il relativo reddito sarà infatti assoggettato a tassazione come componente del reddito dell'esercizio dell'intermediario, sulla base di un'aliquota più elevata rispetto a quella prevista per la ritenuta.

Articolo 33.

      La proposta è volta a migliorare l'efficienza dei procedimenti di composizione

 

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delle crisi d'impresa disciplinati dalla legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942), superando le criticità emerse in sede applicativa e promuovendo l'emersione anticipata della difficoltà di adempimento dell'imprenditore. In linea con i princìpi ispiratori delle recenti riforme della disciplina fallimentare, l'opzione di fondo che orienta l'intervento è quella di incentivare l'impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure di controllo esterno che la rilevino.
      In particolare, i più gravi disincentivi al tempestivo accesso delle imprese in crisi alle procedure di concordato preventivo e ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione possono essere così riassunti:

          l'insufficiente protezione del debitore durante la preparazione del piano di ristrutturazione;

          le criticità connesse al finanziamento dell'attività del debitore durante la preparazione del piano o la negoziazione dell'accordo (cosiddetta «finanza interinale»);

          la mancanza di una disciplina specifica che faciliti il concordato con continuità aziendale, soprattutto prevedendo la continuazione dei contratti in corso;

          l'assenza di una specifica disciplina dei requisiti di indipendenza del professionista attestatore nominato dal debitore, di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare, che trova applicazione anche in caso di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione;

          l'operatività della causa di scioglimento per perdita del capitale e degli obblighi di capitalizzazione anche nel corso del procedimento per l'omologazione del concordato preventivo non finalizzato alla liquidazione e, soprattutto, del procedimento per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.

      Questi, in sintesi, i tratti salienti degli interventi approntati al fine di superare le criticità rilevate.
      Indipendenza del professionista ed esenzione da revocatoria. Con le modifiche di cui alla lettera a) del comma 1 si sostituisce la lettera d) del terzo comma dell'articolo 67 della legge fallimentare prescrivendo, anche mediante il rinvio alle cause di ineleggibilità e decadenza dei sindaci (articolo 2399 del codice civile), che il professionista designato dal debitore deve essere indipendente, cioè non deve essere legato a quest'ultimo da rapporti personali o di lavoro e, più in generale, non deve nutrire alcun interesse all'operazione di risanamento (in tal modo rimarcando la necessaria autonomia del professionista anche dai creditori). Si integra poi la lettera e) del terzo comma dell'articolo 67 prevedendo espressamente il non assoggettamento all'azione revocatoria fallimentare degli atti, pagamenti e garanzie legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito del ricorso per concordato preventivo e anche prima dell'ammissione alla procedura: la norma deve essere letta congiuntamente al nuovo ultimo comma dell'articolo 161 (numero 4) della lettera b) del comma 1), che prevede la prededucibilità dei crediti dei terzi sorti da atti di straordinaria ed ordinaria amministrazione legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito del ricorso; lo scopo della norma è quello di promuovere la continuazione aziendale, incentivando i terzi a contrarre con l'impresa in crisi.
      Domanda di concordato anticipata e atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. Con la lettera b) si dà all'imprenditore, sul modello del chapter 11 del Bankruptcy code americano, la facoltà di depositare un ricorso contenente la mera domanda di concordato preventivo, senza la necessità di produrre contestualmente alla stessa la proposta, il piano e l'ulteriore documentazione richiesta dal secondo e terzo comma dell'articolo 161. Al momento del deposito del ricorso è il giudice che assegna al debitore un termine, compreso tra sessanta e centoventi giorni, per integrare il ricorso. In questo modo si consente al debitore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di

 

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concordato e si impedisce che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi fino a generare un vero e proprio stato di insolvenza. Gli effetti protettivi del patrimonio sono mantenuti anche qualora il debitore, in luogo della proposta e del piano, presenti domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione raggiunto con i creditori (facilitato dalla maggior forza negoziale di cui l'imprenditore dispone proprio grazie agli effetti prodotti dal deposito della domanda di concordato). Si precisa, inoltre, che il debitore può, anche prima del provvedimento di apertura della procedura di concordato, compiere gli atti di ordinaria amministrazione e, previa autorizzazione del tribunale, anche quelli di straordinaria amministrazione, con conseguente prededucibilità dei crediti dei terzi sorti a seguito del regolare compimento di tali atti. In tal modo si spingono i terzi a contrarre con l'imprenditore in concordato, promuovendo la prosecuzione dell'attività produttiva.
      Qualora nel termine assegnato dal giudice il debitore non depositi la documentazione di cui al secondo comma dell'articolo 161 si applica l'articolo 162, con conseguente possibile apertura della procedura fallimentare.
      Effetti della domanda di concordato rispetto ai terzi. Con le lettere c) e h) del comma 1 si risolve l'attuale difetto di coordinamento tra l'articolo 168 e l'articolo 184 della legge fallimentare in materia di estensione soggettiva degli effetti del concordato. Il contrasto è risolto prevedendo, al quinto comma dell'articolo 161, la pubblicazione obbligatoria ed ex officio della domanda per concordato preventivo, ivi compresa quella anticipata, e individuando nel momento della suddetta pubblicazione il confine tra creditori concorsuali e no. Il periodo aggiunto al terzo comma dell'articolo 168 dispone, poi, l'inefficacia rispetto ai creditori concordatari delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni antecedenti al deposito della domanda di concordato, disinnescando la corsa dei creditori dell'imprenditore in crisi a costituirsi cause di prelazione, spesso motivo del mancato raggiungimento di soluzioni negoziali di risanamento.
      Contratti in corso di esecuzione. Con la lettera d) del comma 1 si introduce nel sistema del concordato preventivo una disciplina dei contratti in corso di esecuzione, finora assente. In particolare si prevede che, previa autorizzazione del tribunale, il debitore può sciogliersi dai contratti in corso qualora ciò facilita la risoluzione della crisi: è tipico il caso in cui l'imprenditore in crisi si espone a maggiori costi rispettando l'impegno negoziale assunto piuttosto che sottraendosi ad esso e risarcendo la controparte per i danni subiti. Il terzo contraente del debitore in crisi avrà diritto a un indennizzo la cui misura è parametrata, in conformità alle scelte adottate nella vigente disciplina inglese e francese, al risarcimento del danno da inadempimento. Tale credito è, diversamente da quanto accade per i crediti di cui agli articoli 72 e seguenti della legge fallimentare, attratto nel regime del concorso tra i creditori. La facoltà di scioglimento è preclusa per i rapporti di lavoro subordinato, di locazione e fondati su contratto preliminare di compravendita d'immobile abitativo trascritto.
      Accordi di ristrutturazione. Con la lettera e) del comma 1 si modifica l'articolo 182-bis in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti, prevedendo, in particolare, l'obbligo dell'integrale anziché del regolare pagamento dei creditori estranei, i quali sono assoggettati ad una moratoria legale di centoventi giorni dall'omologazione, ove titolari di crediti scaduti a quella data, e dalla scadenza, se successiva. In questo modo si consente al debitore in crisi di poter beneficiare del cosiddetto «scaduto fisiologico». Simmetricamente con la scelta adottata nel sesto comma dell'articolo 161, si consente al debitore che ha depositato una proposta di accordo ai sensi del sesto comma dell'articolo 182-bis non solo di depositare un accordo diverso da quello annunciato nella proposta, ma anche di presentare una domanda di concordato preventivo, anche
 

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anticipata, conservando gli effetti protettivi già prodottisi.
      Finanza interinale. Con la lettera f) del comma 1 si interviene per risolvere una delle criticità del sistema vigente che maggiormente impedisce la tempestiva risoluzione delle crisi di impresa. Si tratta della sostanziale inesistenza di un mercato della finanza interinale dovuta, soprattutto, alla circostanza che i finanziatori non possono sapere se il loro credito godrà o meno del beneficio della prededuzione fino a un momento molto avanzato del procedimento di ristrutturazione. L'intervento è ispirato ai first day order del Bankruptcy code statunitense e consiste nel riconoscere al debitore che ha depositato una domanda ex articoli 161, primo o sesto comma, e 182-bis, primo o sesto comma, la facoltà di richiedere subito al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili e a pagare i fornitori anteriori le cui prestazioni siano funzionali alla prosecuzione dell'attività d'impresa. La richiesta di autorizzazione può riguardare anche rapporti di finanziamento non ancora oggetto di trattative. Il tribunale accorda o meno la predetta autorizzazione sulla base delle risultanze della relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che il debitore deve produrre, e, ove occorra, assunte sommarie informazioni. I finanziamenti e i pagamenti possono essere autorizzati sempre che siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori concorsuali (in tal modo si ribadisce che la continuità aziendale non è un valore in sé, ma soltanto in quanto strumentale alla soddisfazione dell'interesse del ceto creditorio). In costanza di procedimento per l'omologazione di un accordo di ristrutturazione l'autorizzazione al pagamento di crediti anteriori provoca l'esenzione dall'azione revocatoria fallimentare.
      Perdita del capitale della società in crisi. Sempre con la lettera f) si introduce un importante incentivo alla risoluzione delle situazioni di crisi di impresa, rappresentato dalla non operatività in costanza dei procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione degli accordi di ristrutturazione degli obblighi di capitalizzazione della società in perdita e, soprattutto, della causa di scioglimento per riduzione o perdita del capitale sociale. La norma recepisce un orientamento interpretativo diffuso in tema di concordato preventivo (per la verità formatosi soprattutto con riguardo al concordato liquidatorio piuttosto che rispetto a quello con continuità aziendale) ma lo estende anche al procedimento di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis, commi primo e sesto. Naturalmente, al momento dell'omologazione gli obblighi di capitalizzazione saranno evasi proprio per effetto del piano o dell'accordo di ristrutturazione.
      Concordato con continuità aziendale. Con la lettera h) del comma 1 si introduce una disciplina di favore per i piani di concordato preventivo finalizzati alla prosecuzione dell'attività d'impresa. Si riconosce al debitore la possibilità di prevedere nel piano una moratoria fino a un anno per il pagamento dei creditori muniti di cause legittime di prelazione e si esclude la risoluzione dei contratti pendenti a causa dell'ammissione alla procedura di concordato e nonostante l'esistenza di patti contrari (l'inefficacia riguarderà evidentemente anche i patti che fanno assurgere a causa risolutiva del rapporto contrattuale il mero deposito della domanda di concordato, almeno fino al momento della produzione del piano). Viene espressamente previsto che l'ammissione alla procedura di concordato con continuità non impedisce la continuazione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione, purché un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesti la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento dell'impresa. In deroga alle regole di esclusione di cui all'articolo 38 del codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, si prevede inoltre che l'impresa in concordato con continuità può partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, purché
 

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presenti in gara una relazione di un professionista indipendente sulla propria capacità di adempimento e sempre che, a garanzia degli interessi della stazione appaltante, il concorrente ricorra all'istituto dell'avvalimento di cui all'articolo 49 del medesimo codice e, ove partecipi mediante associazione temporanea con altre imprese in bonis, non rivesta il ruolo di mandatario.
      Sanzione penale. Con la lettera l) del comma 1 è stata inserita una norma penale volta ad incriminare il professionista, designato dal debitore, che nel corpo delle relazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis, espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti. È previsto un aumento di pena per i casi in cui il professionista adotti tali condotte omissive e commissive per conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri ovvero se tali comportamenti cagionino un danno ai creditori. La sanzione penale prevista è necessaria per saldare i meccanismi di tutela e per bilanciare adeguatamente il ruolo centrale riconosciuto al professionista attestatore nell'intero intervento normativo. Peraltro, tale soluzione si impone per evitare asimmetrie irragionevoli, in un'ottica costituzionale, rispetto alla rilevanza penale della condotta dell'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento del debitore non fallibile che «rende false attestazioni in ordine alla veridicità dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati ovvero in ordine alla fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal debitore», a norma dell'articolo 19, comma 2, della legge n. 3 del 2012.
      Efficacia. La nuova disciplina trova applicazione nei procedimenti di concordato preventivo e di omologazione di accordi di ristrutturazione introdotti a partire dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché ai piani di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare elaborati successivamente al predetto termine.

Articolo 34.

      L'articolo reca modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE», e in particolare dell'articolo 33 recante disposizioni in materia di biocarburanti.
      Si prevedono misure di razionalizzazione della filiera di produzione dei biocarburanti da utilizzare nel settore dei trasporti, tese a favorire una maggiore incisività del sistema produttivo e di trasformazione nazionale e dell'Unione europea, rispetto ai prodotti finiti importati, tal quale, da Paesi extra Unione europea e a limitare gli effetti negativi su altri comparti industriali che utilizzano le stesse materie prime.
      In particolare, al comma 1 si prevede una modifica al comma 4 del predetto articolo 33, al fine di permettere ai produttori di biocarburanti nazionali e dell'Unione europea di attuare le modificazioni tecnologiche necessarie alla produzione dei biocarburanti di seconda generazione (da materie cellulosiche e ligno-cellulosiche ed alghe) per un periodo di tempo limitato al 31 dicembre 2014, in correlazione alla prevista revisione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Infatti, in caso di incentivi sui biocarburanti prodotti nell'Unione europea o immessi in consumo fuori rete e miscelati al 25 per cento con il combustibile fossile, l'incentivo passa dal 10 per cento al 20 per cento: occorrono quindi agli operatori solo 8 giga calorie, invece delle previste 9, per ottenere un certificato di immissione in consumo di biocarburanti per il rispetto dell'obbligo di miscelazione.
      La provenienza della materia prima dalla filiera nazionale ed europea, insieme alla previsione di trasformazione e di produzione dei biocarburanti in impianti di produzione dislocati sull'intero territorio europeo, dovrebbe consentire una

 

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maggiore riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2) per unità di biocarburante e riportare alla giusta concorrenza un mercato fortemente distorto da una concorrenza sleale di importazione da Paesi extra Unione europea.
      Quindi, al comma 2, si modifica il comma 5 del predetto articolo 33, che disciplina il riconoscimento di una premialità doppia (cosiddetta «double counting»), di cui usufruiscono determinate categorie di materie prime, rifiuti e sottoprodotti utilizzati per la produzione di biocarburanti.
      Si chiarisce meglio la definizione di «rifiuti e sottoprodotti» ai fini del «double counting», specificando che possono essere utilizzati solo quei «rifiuti e sottoprodotti» che non presentino altra utilità produttiva o commerciale al di fuori del loro impiego per la produzione di carburanti o a fini energetici. Si chiarisce, poi, che la loro provenienza e trasformazione in biocarburanti debbano essere esclusivamente, per entrambe le tipologie, nazionale e dell'Unione europea, al fine di impedire una massiccia importazione di rifiuti e sottoprodotti extra Unione europea, senza le garanzie di definizione, individuazione e tracciabilità assicurate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Per favorire, poi, la filiera produttiva nazionale che appare all'avanguardia mondiale, per i biocarburanti derivanti da materiali lignocellulosico, si chiarisce che non vi sono limiti di impiego ai fini del «double counting» anche se vengono prodotti a partire da rifiuti o sottoprodotti lignocellulosici.
      Al comma 3 si aggiungono alcuni commi al predetto articolo 33. In particolare si introducono:

          il comma 5-bis, per evitare vuoti legislativi e per consentire agli operatori di dar seguito ad eventuali contratti già sottoscritti, che prevede che le precedenti disposizioni rimangano in vigore fino al 31 ottobre 2012;

          il comma 5-ter, che fa un elenco esclusivo di sottoprodotti utilizzabili, a partire dal 1o novembre 2012, ai fini del «double counting», che risolve la problematica interpretativa sull'ammissibilità o meno di alcune tipologie di sottoprodotti;

          il comma 5-quater che prevede che il predetto elenco possa essere modificato delineandone la tempistica attuativa con un decreto interministeriale (Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e delle tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali);

          il comma 5-quinquies, ai fini di uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti rinnovabili per il raggiungimento dell'obiettivo del 17 per cento, che pone un limite del 20 per cento alla possibilità per gli operatori petroliferi di coprire l'obbligo di miscelazione dei biocarburanti attraverso l'impiego di rifiuti e sottoprodotti. L'attuale riconoscimento di una premialità doppia, di cui essi usufruiscono, infatti, risulta troppo favorevole e spiazza tutte le altre modalità di copertura. Ciò renderebbe non equilibrato il contributo delle diverse fonti rinnovabili al raggiungimento dell'obiettivo nazionale del 17 per cento nel 2020. Tale «valore doppio», infatti, ai sensi della direttiva 2009/28/CE, mentre vale per raggiungere l'obiettivo settoriale dei trasporti (10 per cento nel 2020), non vale ai fini dell'obiettivo complessivo richiamato. Ciò costringerebbe il nostro Paese a coprire la parte mancante con le altre fonti rinnovabili (eolico, fotovoltaico eccetera), con aggravi di costi per i cittadini. Si evidenzia, inoltre, che un sistema troppo vantaggioso senza alcun limite di utilizzo potrebbe facilmente innescare meccanismi fraudolenti di difficile controllo e potrebbe rappresentare un ostacolo allo sviluppo dei biocarburanti di seconda generazione (da materie cellulosiche e lignocellulosiche ed alghe) su cui il nostro Paese sta investendo con buone prospettive;

          il comma 5-sexies che attribuisce, a partire dal 1o gennaio 2013, al Ministero dello sviluppo economico le competenze operative e gestionali in materia di biocarburanti che sono svolte fino al 31 dicembre 2012 dal Ministero delle politiche

 

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agricole alimentari e forestali. A tal fine il Ministero dello sviluppo economico si avvale del Gestore dei servizi energetici (GSE) Spa e di un comitato tecnico consultivo interministeriale. Dall'attuazione del presente comma non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica ma, al contrario, una riduzione dei costi della pubblica amministrazione. Infatti nulla viene innovato per quanto riguarda le sanzioni amministrative in caso di inadempienza, che sono versate al bilancio dello Stato; gli oneri gestionali per le attività che prima erano svolte dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, e quindi a carico del bilancio dello Stato, ora invece vengono posti a carico dei soggetti che ai sensi di legge sono obbligati ad immettere in consumo una quota percentuale di biocarburanti (compagnie petrolifere), con entità e modalità di versamento al GSE Spa, da definire con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Gli oneri gestionali del GSE Spa sono comunque limitati, essendo relativi all'aggiornamento del software di gestione delle certificazioni e ad alcune unità di personale per la gestione delle certificazioni, nonché al funzionamento del comitato interministeriale e non sono evidentemente tali da incidere sui bilanci delle società petrolifere, che già ora riversano in ogni caso sul prezzo finale dei carburanti gli oneri derivanti dagli obblighi dell'Unione europea di loro miscelazione con i più costosi biocarburanti, con un'incidenza di pochi millesimi di euro al litro. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è d'accordo con la formulazione;

          il comma 5-septies che razionalizza la gestione dei controlli eliminando la previsione di oneri aggiuntivi a carico degli operatori economici che già sono controllati attraverso quanto previsto dal decreto ministeriale 23 gennaio 2012 sul sistema nazionale di certificazione dei biocarburanti e dei bioliquidi. Si prevede anche il coordinamento tra il GSE Spa e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per evitare duplicazioni di adempimenti a carico degli operatori.

      I commi da 4 a 6 attribuiscono, a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, al Ministero dello sviluppo economico la competenza a rilasciare l'autorizzazione a tutti i soggetti che intendono importare biocarburanti prodotti in Paesi non appartenenti all'Unione europea, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentita l'Agenzia delle dogane. Il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare faranno fronte alla competenza autorizzativa e alla pubblicazione sul rispettivo sito internet dell'elenco delle autorizzazioni mediante le ordinarie risorse di personale.
      Tale normativa è motivata dall'attuale crescita delle importazioni di biocarburanti da Paesi extra Unione europea, i quali spesso sono prodotti senza adottare i necessari standard ambientali e sociali, e quindi a costi minori, realizzando pertanto una distorsione di mercato con i prodotti realizzati in impianti di produzione europea, dove sono in vigore precise normative di carattere ambientale e per la tutela sociale.
      Al fine di evitare tale distorsione di mercato, in sede di autorizzazione verrà verificato il rispetto di tali normative nel Paese di produzione.
      La misura prevista non introduce alcun ostacolo alle importazioni di biocarburanti da Paesi extra Unione europea, ma un sistema di autorizzazione in grado di assicurare un controllo e una tracciabilità delle importazioni che consentano di ripristinare condizioni di mercato concorrenziale in linea con i princìpi nazionali, dell'Unione europea e internazionali di libero mercato.
      La procedura autorizzativa sarà svolta dal Dipartimento per l'energia del Ministero dello sviluppo economico, che già dispone di un ufficio che cura il settore dei biocarburanti, e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del

 

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mare nell'ambito delle ordinarie risorse di personale e finanziarie, come indicato dalla clausola di invarianza finanziaria.
      Al fine di porre rimedio a un'incertezza operativa lamentata da molti operatori economici, il comma 7 prevede che con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze, possono essere aggiornate ed integrate, con uno o più decreti di natura non regolamentare, le specifiche convenzionali dei carburanti e biocarburanti utilizzabili per adempiere all'obbligo di immissione di biocarburanti. Ciò si rende necessario per prevedere la base di calcolo in termini di potere calorifico inferiore (MJ/Kg) di biocarburanti non presenti nel decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali n. 110 del 2008 e che il mercato e l'innovazione tecnologica hanno reso disponibili negli ultimi anni.

Articolo 35.

      Al comma 1 si stabilisce un'unica, per olio e per gas, e più rigida fascia di rispetto, fino alle 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, per qualunque nuova attività di prospezione, ricerca e coltivazione. Il nuovo limite, ancorché più restrittivo, rende più chiaro il quadro normativo di riferimento, consentendo comunque lo svolgimento di attività imprenditoriali importanti per la ricerca di fonti energetiche e per lo sviluppo economico ed occupazionale del Paese.
      Si dispone infatti la salvezza dei procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 128 del 2010, nonché dei procedimenti ad essi conseguenti e connessi. La norma consente quindi di completare alcuni progetti di sviluppo di giacimenti già scoperti sui quali risultavano già fatti investimenti e di sviluppare i progetti conseguenti a nuovi rinvenimenti su aree già richieste, evitando oneri a carico delle finanze pubbliche conseguenti a richieste di risarcimento da parte delle imprese allo Stato italiano per la revoca degli affidamenti fatta ad investimenti in corso, assicurando inoltre entrate fiscali aggiuntive. Si chiarisce, inoltre, che nell'ambito dei titoli già rilasciati possono essere svolte, oltre alle attività di esercizio, tutte le altre attività di ricerca, sviluppo e coltivazione di giacimenti già noti o ancora da accertare, consentendo di valorizzare nel migliore dei modi tutte le risorse presenti nell'ambito dei titoli stessi. Attraverso l'aumento per una percentuale superiore al 40 per cento delle royalty in mare (dal 7 al 10 per cento per gas e dal 4 al 7 per cento per olio) si finanziano le attività di salvaguardia del mare e di sicurezza delle operazioni offshore da parte dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico.
      Al comma 2 la norma consente di ricondurre anche i singoli siti militari – o loro porzioni – alle citate categorie previste dalla normativa di carattere generale. Il decreto legislativo n. 152 del 2006, infatti, all'articolo 240, comma 1, lettera b), stabilisce i livelli di contaminazione delle matrici ambientali (CSC) al di sopra dei quali è necessario procedere alla «caratterizzazione» del sito e alla valutazione del rischio di contaminazione, cosiddetta «analisi del rischio sito specifica», ai fini delle eventuali necessarie bonifiche. Detti valori sono individuati, nonché differenziati in riferimento a categorie di impiego delle aree di carattere generale (ad esempio, aree adibite a verde pubblico, aree residenziali e aree commerciali o industriali), per cui non sempre risulta agevole rapportare i siti e le attività militari. Tale esigenza è stata peraltro condivisa dal Governo, il quale ha accolto l'ordine del giorno n. 4.0.304 all'atto Senato n. 3162 e si è impegnato ad affrontare e risolvere la problematica in argomento. La presente norma prevede che, con decreto interministeriale, siano fissati criteri idonei a individuare quali dei valori di CSC siano da applicare ai predetti siti.

 

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Articolo 36.

      Il comma 1, da una parte, estende la semplificazione prevista al comma 9 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, a tutti i siti contaminati e, dall'altra, la limita al solo caso di trasformazione da raffineria a deposito, dove l'attività di stoccaggio è già insita negli impianti di raffinazione.
      Il comma 2 chiarisce la competenza nel procedimento autorizzativo di cui alla legge 23 agosto 2004, n. 239, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, relativamente ai soli impianti industriali strategici e relative infrastrutture sottoposti alla disciplina del codice della navigazione.
      Al comma 3, fatta salva la valutazione dell'impatto ambientale (VIA), la proposta introduce un coordinamento delle «autorizzazioni ambientali» prevedendo tempi certi di rilascio.
      Al comma 4 si prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotti procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti.
      Al comma 5 si prevede una modifica dell'attuale disciplina della riqualificazione periodica delle attrezzature a pressione, dettata dal decreto ministeriale n. 329 del 2004, in materia di verifiche periodiche di riqualificazione dell'integrità e del funzionamento delle attrezzature (rispettivamente con cadenza decennale e biennale). Le metodologie procedurali dettate dal decreto sul tema presuppongono tuttavia, e pressoché sempre, la fermata degli impianti ad ogni verifica. Tali metodologie compromettono quindi la continuità operativa e produttiva degli impianti a ciclo continuo (ad esempio, le raffinerie), soprattutto con riferimento alle cadenze biennali. Tali fermate di verifica, infatti, si aggiungono alle fermate già previste per le manutenzioni generali degli impianti, tipicamente e ciclicamente programmate ogni 4-6 anni, producendo fenomeni di fatica termomeccanica delle attrezzature e delle macchine con diminuzione delle caratteristiche di sicurezza, oltre ad un'ingiustificata perdita di produzione ed energia termica.
      Ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 2004, il Ministro dello sviluppo economico (autorità autorizzante competente) attualmente può consentire deroghe al calendario delle ispezioni, purché il gestore dimostri e garantisca, tramite adeguata relazione tecnica, un livello di protezione equivalente. Al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e la continuità operativa e produttiva delle infrastrutture e degli insediamenti a ciclo continuo, alcuni dei quali ritenuti strategici dalla legislazione vigente in quanto rivestono carattere di pubblica utilità o di servizio essenziale, si ritiene necessario integrare la disciplina in materia al fine di coordinare la calendarizzazione delle verifiche con le esigenze di continuità operativa e produttiva di detti impianti. Coerentemente, per i medesimi impianti, qualora si verifichino avarie o difetti controllabili e risolvibili in sicurezza tramite tempestivi interventi di manutenzione che consentano al contempo di mantenere l'impianto in esercizio, si ritiene inappropriato attuare una fermata imprevista dell'impianto che produrrebbe in ogni caso fenomeni di fatica termomeccanica delle attrezzature e delle macchine con diminuzione delle caratteristiche di sicurezza e di efficienza energetica, oltre a comportare notevoli perdite di produzione o di servizi essenziali.
      L'obiettivo della norma è pertanto anche quello di far fronte con efficacia ed efficienza a problematiche immediate. Infatti, alcune attività di manutenzione possono essere svolte con interventi temporanei che siano comunque in grado di garantire lo standard di sicurezza atteso e con procedure che assicurano il livello di affidabilità richiesto come risulta da esperienze da lungo tempo consolidate sulla base di norme tecniche internazionali riconosciute. Tali interventi, al momento non disciplinati dal decreto ministeriale n. 329 del 2004, sono finalizzati a mantenere la stabilità strutturale dell'attrezzatura e a garantire il contenimento delle

 

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eventuali perdite per il tempo di ulteriore esercizio fino alla fermata successiva dell'unità o dell'impianto, come disciplinate a seguito della revisione della normativa di cui al presente comma.
      Al comma 6 viene introdotta una disposizione che prevede che il rilascio dell'autorizzazione all'importazione di prodotti petroliferi finiti prodotti fuori dall'Unione europea sia subordinato all'accertamento del rispetto di requisiti minimi ambientali, di salute dei lavoratori e di sicurezza corrispondenti agli standard europei, in modo analogo a quanto previsto in sede di Unione europea per i biocarburanti, con il duplice fine di evitare le distorsioni di mercato tra prodotti petroliferi prodotti in stabilimenti ubicati all'interno dell'Unione europea, soggetti a severe normative ambientali e di sicurezza, rispetto a prodotti petroliferi raffinati in impianti che non sono soggetti a tali normative e quindi con costi di produzione sensibilmente minori. La disposizione consente anche di evitare di peggiorare le condizioni ambientali complessive attraverso la delocalizzazione delle raffinerie in Paesi extraeuropei che hanno vincoli ambientali minori. L'autorizzazione sarà rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico con le esistenti risorse di personale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      Al comma 7 si chiarisce che per quanto riguarda le pensiline di carico di benzina su autobotti all'interno di depositi petroliferi l'avvenuto adeguamento alle prescrizioni di cui all'allegato VII alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006 costituisce titolo autorizzativo generalizzato nella ratio di attuare un regime di semplificazione procedurale trattandosi di emissioni poco significative.

Articolo 37.

      Con l'entrata in vigore della nuova disciplina generale in materia di servizi pubblici locali, contenuta nell'articolo 25 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», risulta necessario chiarire la sua potenziale interferenza con il sistema di norme in materia di gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas, che hanno finalmente trovato una compiuta definizione nel 2011 con la determinazione degli ambiti territoriali e con l'emanazione del regolamento che disciplina i criteri di aggiudicazione della gara.
      Sarebbe infatti estremamente inopportuno che, proprio nel momento del prossimo avvio delle prime gare per ambito nel 2012, l'entrata in vigore delle nuove norme (le quali, avendo solo in alcuni punti affermato esplicitamente la loro non applicabilità al settore gas, possono dare origine a diverse interpretazioni con conseguenti ricorsi amministrativi) provochi un non voluto nuovo ostacolo allo svolgimento di tale processo ormai avviato.
      Con le disposizioni di cui al comma 1, lettera a), si chiarisce, intervenendo sulle norme base che disciplinano le gare per la distribuzione del gas, contenute nel decreto legislativo n. 164 del 2000, che alle gare per ambito territoriale sono ammessi tutti i soggetti, con la sola esclusione di quelli che, a livello di gruppo societario, gestiscono al momento della gara servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica, specificando al contempo che tale divieto non vale per le società quotate in mercati regolamentati e per le società da queste direttamente o indirettamente controllate, nonché per il socio selezionato ai sensi dell'articolo 4, comma 12, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e per le società a partecipazione mista, pubblica e privata, come già disposto dall'articolo 25 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012.
      Tale disposizione vale solo per le gare per ambito «a regime» e cioè per quelle che saranno svolte dopo le prime gare per ambito che stanno per essere bandite nel 2012, al termine del periodo transitorio,

 

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ormai concluso, disciplinato dallo stesso decreto legislativo n. 164 del 2000 (vale quindi per le gare che saranno bandite indicativamente nel 2024).
      Per le prime gare per ambito che stanno per essere bandite nel 2012, la partecipazione, come specificato al comma 1, lettera b), anche in questo caso intervenendo sulla norma che nel citato decreto legislativo disciplinava tale transitorio, si chiarisce che tale partecipazione è invece ovviamente più ampia, venendo aperta a tutti i soggetti, quotati e non quotati, anche se hanno affidamenti diretti, anche a livello di gruppo, anche in servizi pubblici diversi dalla distribuzione del gas.
      Con il comma 2 si chiarisce che la generale disciplina degli ambiti, individuati a livello provinciale dall'articolo 25 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, come peraltro detto in forma generica dallo stesso articolo, non si applica agli ambiti già determinati per le gare per la distribuzione del gas.
      Infine al comma 3 viene chiarito che per le gare per la distribuzione del gas resta fermo l'obbligo di assumere una quota parte del personale del distributore uscente, come stabilito dallo specifico decreto emanato nel 2011 ai sensi del decreto legislativo n. 164 del 2000, e che pertanto tale previsione non può dare punteggi per l'aggiudicazione della gara (l'articolo 25 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, prevede invece che l'assunzione del personale del distributore uscente da parte del distributore subentrante sia facoltativa e che dia luogo a un punteggio migliore).
      La disposizione di cui al comma 4, lettera a), modifica i criteri di aggiudicazione delle gare di grandi derivazioni d'acqua ad uso idroelettrico, previste dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 nonché la durata delle concessioni.
      A fini di chiarezza interpretativa, per evitare anche possibili contenziosi che potrebbero rallentare le procedure di aggiudicazione, è stabilito il valore predominante da attribuire all'elemento «offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e degli altri beni pubblici oggetto di concessione» nonché all'elemento «offerta di aumento dell'energia prodotta o della potenza installata», rispetto agli altri elementi dell'offerta, in quanto criteri oggettivi, di immediata valutazione. I criteri, secondo questo ordine di priorità, dovranno essere poi riportati nel provvedimento, di competenza del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata sui requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri e i termini concernenti la procedura di gara, previsto dall'articolo 12, comma 2, del citato decreto legislativo n. 79 del 1999. Tale provvedimento non sembra più procrastinabile ed è stato ripetutamente sollecitato dalla Commissione europea, sia all'interno della procedura di infrazione n. 2011/2026, che riguardo al caso pilota n. 965/10/MARK che dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
      La durata delle concessioni è ridotta da trenta a venti anni, tempo ritenuto congruo per consentire lo sfruttamento della risorsa pubblica al soggetto aggiudicatario, ma, al contempo, per assicurarne la successiva circolazione fra altri soggetti interessati, evitando che un'eccessiva durata possa configurarsi come barriera all'ingresso al mercato di altri possibili contendenti.
      La norma di cui al comma 4, lettera b), rinvia al predetto decreto ministeriale la fissazione della percentuale dell'offerta economica, risultata aggiudicataria, da destinare alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio della generalità dei clienti finali e la definizione delle relative modalità di attuazione.
      I commi 5 e 6 disciplinano il trasferimento del ramo d'azienda dal concessionario uscente al nuovo aggiudicatario per garantire la continuità gestionale della concessione. In particolare, fermo restando il carattere demaniale della risorsa
 

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idrica e dei beni pubblici identificati dall'articolo 25, comma 1, del testo unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (opere di raccolta, di regolazione e di condotte forzate e canali di scarico), è previsto che al concessionario uscente sia assicurato il rientro degli investimenti effettuati su tali beni e non ammortizzati alla scadenza della concessione. Il valore del ramo d'azienda è definito con riferimento al valore di mercato dei beni materiali diversi da quelli di cui al citato articolo 25, comma 1, inteso come valore di ricostruzione a nuovo, diminuito nella misura dell'ordinario degrado. Il valore dell'avviamento non è incluso in tale valutazione. Il prezzo del ramo d'azienda va concordato tra l'amministrazione regionale e il concessionario uscente e reso noto nel bando di gara. In caso di mancato accordo si ricorre a un collegio arbitrale che deve pronunciarsi entro un tempo definito. In relazione a tale nuova disciplina il comma 9 abroga i commi 489 e 490 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006).
      Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale delle attività economiche legate agli usi delle acque e parità di trattamento tra gli operatori economici, il comma 7 prevede un decreto interministeriale, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per stabilire i criteri generali per la determinazione e l'aggiornamento da parte delle regioni di valori massimi dei canoni di concessione ad uso idroelettrico, secondo criteri di economicità e di ragionevolezza.

Articolo 38.

      Molti procedimenti relativi alla realizzazione di infrastrutture energetiche strategiche risultano fortemente rallentati o sospesi, anche per anni, a causa dell'inerzia delle amministrazioni regionali aventi competenza concorrente nell'autorizzazione o concessione relativa alle opere da realizzare.
      Anche in presenza di espressioni favorevoli di VIA e di pareri favorevoli dei comuni interessati, in assenza di intesa regionale non si possono autorizzare le realizzazioni di infrastrutture in grado di muovere investimenti rilevanti di privati.
      Per lo sviluppo di programmi di realizzazione di infrastrutture energetiche sono attualmente in attesa di autorizzazione ingenti investimenti di operatori di mercato, per un ammontare di oltre 10 miliardi di euro, totalmente di capitale privato, che, ove celermente autorizzati, potrebbero contribuire significativamente alla crescita economica e all'occupazione, con effetti anche sulla riduzione del costo dell'energia per i consumatori domestici e per le imprese.
      Le disposizioni del comma 1, coerentemente con l'orientamento giurisprudenziale attuale della Corte costituzionale, colmano un vuoto normativo che si presenta nel caso in cui l'intesa regionale, necessaria nei casi di competenza concorrente, o il diniego della stessa, non intervengano anche dopo tempi di attesa molto lunghi, e in presenza di un procedimento amministrativo già concluso con il parere delle varie amministrazioni centrali e locali coinvolte e dopo una VIA espressa in senso favorevole. La nuova norma pone all'amministrazione dello Stato procedente in regime concorrente l'onere di attuare tutti i possibili tentativi di leale collaborazione, esperiti i quali, analogamente con le procedure di legge già previste in caso di dissenso espresso, si fa ricorso alla Presidenza del Consiglio dei ministri per una decisione definitiva, in modo da pervenire alla chiusura del procedimento.
      Con le disposizioni di cui al comma 2 si introducono modalità più efficienti per l'allocazione dei servizi di stoccaggio destinati alla flessibilità del sistema di importazione, al servizio di modulazione per i clienti civili, al servizio di stoccaggio per utenti industriali e termoelettrici, passando da un sistema pro-quota e con volumi segmentati per tipologia di utenza, a un sistema di asta competitiva sul complesso delle capacità disponibili. In tal modo si fa emergere il valore commerciale

 

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della risorsa stoccaggio, destinando ai clienti civili, per la parte di competenza, e a tutti gli utenti del sistema per la rimanente parte, la differenza tra le maggiori entrate derivanti dalle procedure di asta e la tariffa regolata per tali servizi, stabilita dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Viene consentito perciò l'accesso allo stoccaggio da parte di tutti gli utenti, semplificando il sistema di transazioni tra i diversi fornitori al mercato civile in caso di modifica del portafoglio clienti e si spinge verso un sistema di mercato per l'allocazione di una risorsa scarsa di sistema.
      Al comma 3 viene introdotta la possibilità di determinare limiti per l'acquisizione da parte di un singolo operatore o gruppo societario delle capacità di stoccaggio, al fine di consentire un più concorrenziale accesso alle stesse, evitando il possibile rafforzamento di posizioni dominanti, nonché, in attesa che vengano realizzate in Italia capacità di stoccaggio sufficienti a garantire il funzionamento del sistema del gas nelle diverse situazioni di rischio derivanti da interruzioni di forniture dall'estero e da eventi climatici sfavorevoli, di stabilire modalità di utilizzo delle capacità di stoccaggio esistenti, anche in presenza di una pluralità di utenti, che preservino la sicurezza di funzionamento del sistema del gas in tali condizioni di rischio.

Articolo 39.

      L'attuale normativa in materia fiscale identifica i grandi consumatori di energia, per i quali esiste una disciplina di maggior favore, esclusivamente in base alla quantità di energia consumata.
      La direttiva 2003/96/CE in materia di tassazione energetica prevede che i Paesi membri possano definire sgravi fiscali a favore delle imprese a forte consumo di energia, identificate secondo parametri di incidenza dei costi di acquisto dell'energia sul valore produttivo dell'impresa.
      La norma che si propone è finalizzata ad identificare le categorie di imprese a forte consumo di energia secondo i criteri dati dalla direttiva europea, ossia con riferimento non solo alla quantità di energia consumata ma anche al peso che riveste il costo dell'energia sui costi di produzione e sull'attività di impresa, in modo da riequilibrare in modo più equo le attuali agevolazioni.
      La norma prevede, al comma 1, che si proceda a definire le imprese a forte consumo di energia, entro il 31 dicembre 2012, attraverso uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
      Si sottolinea come i criteri considerati siano coerenti con l'articolo 17 della direttiva che pone dei requisiti minimi, attribuendo agli Stati membri la facoltà di applicare concetti più restrittivi.
      Il comma 2 prevede che il riordino del sistema di aliquote risponda a criteri di semplificazione e rispetti i vincoli di invarianza della spesa pubblica e delle entrate, senza comportare altresì un peggioramento del carico fiscale per i consumi domestici.
      Il comma 3 prevede che i medesimi requisiti e parametri siano alla base della revisione della distribuzione degli oneri generali di sistema del settore elettrico che sarà operata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sulla base di indirizzi del Ministro dello sviluppo economico.
      Il comma 4 specifica gli adempimenti con cui l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) dà attuazione all'articolo 3, comma 13-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, il quale è recentemente intervenuto sulle modalità di applicazione di regimi tariffari speciali per l'energia elettrica.
      Questi regimi – ormai non più operativi – erano previsti all'articolo 20, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 9, e al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 19 dicembre 1995 per importanti realtà industriali operanti nel Paese; in entrambi i casi si prevedeva che, a carico delle tariffe elettriche, venisse erogata alle singole aziende

 

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beneficiarie una componente compensativa, pari alla differenza tra il prezzo nazionale dell'energia elettrica e una tariffa agevolata, inferiore al prezzo di mercato.
      La proposta normativa chiarisce che, al fine di garantire alle imprese interessate «condizioni di neutralità» nel passaggio al mercato libero, la componente compensativa non deve essere inferiore a quella che sarebbe stata riconosciuta in caso di permanenza sul mercato vincolato.
      Il costo per le componenti compensative oggetto della norma fa parte di un fondo compreso tra gli oneri di sistema del settore elettrico. Come tutti i fondi gestiti dalla Cassa per conto dell'AEEG, si tratta di risorse derivanti da componenti tariffarie, raccolte sull'energia elettrica e non derivanti dal bilancio statale, facendo salvi gli effetti fiscali già conseguiti.
      La norma conferma inoltre che l'ambito di applicazione dell'articolo 3, comma 13-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, si riferisce solo al periodo di tempo di vigenza dei due regimi tariffari, a suo tempo oggetto di analisi e valutazione positiva da parte della Commissione europea, e riguarda solo gli effetti prodotti dal diritto nazionale. Sono quindi esplicitamente fatti salvi gli effetti delle decisioni della Commissione europea sulle proroghe degli stessi regimi tariffari speciali, intervenute nel 2005 e dichiarate illecite dalla stessa Commissione.

Articolo 40.

      Le miniere sono costituite da giacimenti di minerali strategici per l'interesse nazionale (articolo 2 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443). L'articolo 826 del codice civile le ha originariamente incluse nel patrimonio indisponibile dello Stato, in quanto come tali destinate ad essere coltivate nell'interesse della collettività in regime di concessione. Con la riforma costituzionale del 2001 lo Stato ha perso la competenza sia legislativa sia gestionale riguardo le miniere in quanto tali competenze sono passate alle regioni. Nelle regioni a statuto speciale le miniere (tutte, ad esclusione degli idrocarburi) appartengono al patrimonio indisponibile regionale.
      Con il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, le miniere sono state trasferite al patrimonio disponibile delle province, creando una duplice distorsione:

          a) è stata eliminata la natura pubblicistica delle miniere, declassando materiali strategici a beni privati, venendo così meno la finalità del perseguimento del pubblico interesse;

          b) tali beni sono stati distribuiti alle province che non hanno alcuna competenza in materia, sottraendoli alle regioni che hanno l'intera competenza (legislativa e amministrativa) al riguardo.
      Al quadro normativo delineato occorre aggiungere un aspetto tecnico fondamentale: le risorse minerarie non sono rinnovabili e non sono uniformemente distribuite nel territorio nazionale ma rappresentano un evento geologico peculiare. Tutto ciò comporta un impegno imprenditoriale economico e tecnico che deve avere la certezza e la garanzia dello sfruttamento delle risorse minerarie, una volta accertata la consistenza del giacimento.
      La modifica proposta trasferisce le miniere di minerali solidi di cui all'articolo 2 del regio decreto n. 1443 del 1927 al patrimonio indisponibile delle regioni a statuto ordinario, riportando così ad uniformità la disciplina nazionale in coerenza con la riforma costituzionale di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
      Attualmente, a decorrere dal 1998, lo Stato non ha più diritto al «diritto proporzionale» previsto all'articolo 25 del regio decreto n. 1443 del 1927. Il diritto proporzionale spetta oggi esclusivamente alle regioni, le quali, anzi, con legge regionale hanno (in molti casi) disposto un ulteriore contributo ambientale a carico dei concessionari di miniera, al pari dei soggetti autorizzati alla coltivazione delle cave (anzi, per completezza di quadro, va osservato come il trasferimento delle miniere al patrimonio disponibile delle province comporti in capo alle regioni la perdita del diritto proporzionale in quanto

 

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lo stesso ha come presupposto che le miniere siano patrimonio indisponibile). Con il trasferimento delle miniere al patrimonio indisponibile regionale resta ferma la potestà per le regioni di applicare il contributo ritenuto più opportuno con devoluzione dello stesso in tutto o in parte alle province.
      Per lo Stato l'operazione è quindi assolutamente neutra sotto il profilo finanziario.

Articolo 41.

      L'articolo è volto a garantire una coerenza complessiva dei commi da 18 a 26 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 22, commi da 6 a 8, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, oltre che ad assicurare una maggiore efficienza ed efficacia di azione alla nuova Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, garantendo una migliore governance e portando il numero complessivo del contingente massimo di personale da trasferire dall'ex-ICE all'Agenzia da 300 a 450 unità. Con il comma 1, viene inserito nella cabina di regia, in qualità di copresidente per le materie di propria competenza, anche il Ministro con delega al turismo e tra le amministrazioni componenti il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Tenuto conto del ruolo svolto dalle regioni, viene sostituita la partecipazione del presidente della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (che, tra l'altro, nell'attuale quadro di deleghe di funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, coincide con il Ministro con delega al turismo) con quella del presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Infine, viene inserito, tra i rappresentanti delle imprese, anche il presidente dell'Alleanza delle cooperative italiane. In relazione al comma 2, si segnala che, in sede di conversione, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.30 nella seduta delle Commissioni bilancio e finanze riunite in data 13 dicembre 2011, all'articolo 22, capoverso 15 (comma 26-bis dell'articolo 14 del citato decreto-legge n. 98 del 2011), sono stati soppressi, rispetto al testo del decreto-legge, i periodi dal secondo in poi. Tale modifica appare sicuramente essere stata determinata da un'errata trascrizione dell'ultima versione dell'emendamento 2.30 approvato dalla Commissione. A tal fine, è necessario reintrodurre, sempre nel comma 1, le disposizioni che pongano rimedio ai periodi soppressi al comma 26-bis.
      Inoltre la disposizione viene incontro all'esigenza di razionalizzare l'organizzazione del personale e di contenere le risorse finanziarie e strumentali all'estero di ENIT – Agenzia nazionale per il turismo. A tal fine si propone una norma – sostanzialmente mutuata dalle disposizioni di cui all'articolo 14, comma 25, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come sostituito dall'articolo 22, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 – con la quale applicare anche all'ENIT quelle disposizioni di razionalizzazione all'estero nell'utilizzo delle sedi e del personale che consente già all'ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane di realizzare un'ottimizzazione nella gestione dell'ente, in un quadro di più efficace ed efficiente sinergia con il Ministero degli affari esteri. A tal fine, in particolare, il personale all'estero di ENIT, ferma restando la propria dipendenza organica dall'Ente di appartenenza, opererà sotto la direzione, la vigilanza e il coordinamento dei Capi missione del Ministero degli affari esteri.
      Al medesimo fine, con il comma 4 è previsto che un membro del consiglio di amministrazione dell'ENIT, a decorrere dal primo rinnovo, sia designato dal Ministro degli affari esteri.
      Infine, con il comma 5 si dispone che l'attuazione del presente articolo non determinerà

 

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nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e che si farà pertanto fronte ai conseguenti adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Articolo 42.

      Il comma 1 interviene sul Fondo istituito dall'articolo 2 del decreto-legge n. 251 del 1981, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 394 del 1981, concernente misure a sostegno delle esportazioni italiane, con la finalità di operare un'azione di riordino, semplificazione e snellimento delle procedure di regolazione.
      La normativa sul Fondo, istituito nel 1981 con carattere rotativo, è stata modificata ripetute volte nel corso degli anni, con stratificazioni successive che rendono, allo stato attuale, necessario il completamento dell'azione di riordino.
      Nella considerazione che il coordinamento nazionale in tema di internazionalizzazione viene oggi assicurato al livello più alto dalla cabina di regia, si prevede che la disciplina regolatoria di attuazione secondaria sia definita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico in sostituzione dell'attuale complessa procedura che prevede l'intervento del CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro degli affari esteri. Al fine di non interrompere l'operatività del Fondo è disposta la permanenza in vigore dei criteri e delle procedure vigenti fino all'emanazione della nuova disciplina.
      Viene, inoltre, determinata in favore delle PMI una riserva di destinazione delle risorse pari al 70 per cento annuo.
      Le risorse iscritte nel capitolo 2501 del Ministero dello sviluppo economico vengono destinate per contribuire, con modalità più efficaci, ai progetti di istituti, enti, associazioni, consorzi per l'internazionalizzazione e a quelli di camere di commercio italiane all'estero.
      Al fine quindi di evitare la dispersione delle risorse in interventi di ridotta entità è prevista, nell'allegato 1, la contestuale abrogazione dell'articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 (Disposizioni in materia di contributi e di finanziamenti per lo sviluppo delle esportazioni), e della legge 29 ottobre 1954, n. 1083 (Concessioni di contributi per lo sviluppo delle esportazioni italiane), anche in adeguamento all'ordinamento vigente dell'Unione europea.
      Si specifica, in ogni caso, che i contributi saranno concessi nell'ambito delle risorse di bilancio disponibili allo scopo finalizzate ai sensi del comma 2.
      Le disposizioni contenute nell'articolo intendono aggiornare la normativa vigente sui consorzi per l’export, risalente agli anni ottanta e frammentata in due disposizioni per le quali è prevista la contestuale abrogazione nell'allegato 1 (legge n. 83 del 1989 «Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane», e articolo 10 – consorzi agro-alimentari, turistico-alberghieri, agro-ittici-turistici multi regionali – del decreto-legge n. 251 del 1981, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 394 del 1981).
      È pertanto ridefinito l'oggetto di tali consorzi, in considerazione del più ampio concetto, oggi inteso, di «internazionalizzazione», ed è ampliata la loro possibile composizione con la partecipazione di enti pubblici e privati, di banche e di imprese di grandi dimensioni. Sono, inoltre, estesi i settori di appartenenza delle aziende consorziate al settore dei servizi e a quello commerciale. Si prevede, in compatibilità con la normativa dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato, che i contributi ai consorzi siano concessi come aiuti «de minimis», escludendo, al contempo, da tali agevolazioni gli enti pubblici e privati, le banche e le imprese di grandi dimensioni.
      È infine prevista la possibilità che ai progetti agevolati possano partecipare anche PMI non consorziate attraverso contratti di rete.
      La normativa di attuazione è demandata a un successivo decreto del Ministro

 

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dello sviluppo economico di natura non regolamentare.
      Con il comma 7 vengono riconfermate le precedenti disposizioni fiscali in materia.

Articolo 43.

      La norma intende chiarire quale sia l'autorità amministrativa competente all'esercizio del potere sanzionatorio in caso di violazione delle disposizioni previste in materia di Made in Italy dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, laddove, quindi, il titolare o il licenziatario del marchio realizzi una condotta illecita, sotto specie di fallace indicazione, dell'uso del marchio, qualora lo stesso avvenga con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, ai sensi della normativa europea sull'origine. Al riguardo, infatti, è previsto l'obbligo, per i soggetti interessati (titolari o licenziatari di marchi), di accompagnare i prodotti o le merci alternativamente con indicazioni precise ed evidenti sull'origine o sulla provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto; ovvero con un'attestazione, circa le informazioni – che gli stessi soggetti renderanno in fase di commercializzazione – sull'effettiva origine estera di prodotti o merci.

Articolo 44.

      La norma contribuisce a migliorare la posizione del nostro Paese nella classifica del «Doing Business».
      L'Italia occupa il 77o posto della classifica nella specifica voce «Starting a business», scontando prevalentemente i maggiori costi per l'avvio di impresa. La graduatoria viene compilata su specifici case study e la fattispecie srl semplificata oggetto della norma non viene presa in considerazione in quanto limitata ai soli soggetti di età non superiore a 35 anni. La sola rimozione del vincolo anagrafico consentirebbe di uniformarsi al benchmark dei nostri competitori europei, garantendo un avanzamento di ben sei posti nella classifica generale, con i conseguenti effetti – diretti ed indiretti – sulle dinamiche economico-produttive.
      La srl a capitale ridotto può essere costituita con contratto o atto unilaterale da persone fisiche che abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione.
      L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico e deve indicare gli elementi di cui al secondo comma dell'articolo 2463-bis del codice civile, ma per disposizione dello stesso atto costitutivo l'amministrazione della società può essere affidata a una o più persone fisiche anche diverse dai soci.
      La denominazione di srl a capitale ridotto, l'ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico.

Articolo 45.

      Il comma 1 introduce una semplificazione alla forma con la quale il contratto di rete può essere redatto prevedendo oltre all'atto pubblico e alla scrittura privata autenticata, anche l'atto scritto, firmato digitalmente a norma dell'articolo 25 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
      Il comma 2, sempre nell'ottica della semplificazione degli adempimenti, consente di fare un'unica iscrizione della modifica presso il registro delle imprese della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura dell'impresa indicata nell'atto modificativo. Quest'ultimo provvede d'ufficio a comunicarlo a tutti gli altri uffici presso i quali le imprese aderenti alla rete sono iscritte.

 

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      Il comma 3 tratta del contratto di rete che, pur presentando una sua tipicità economica e sociale, potrebbe essere esposto, in sede applicativa, soprattutto in relazione ai casi di esercizio in comune dell'attività agricola per realizzare determinati obiettivi, al regime vincolistico che caratterizza i rapporti agrari (legge n. 203 del 1982), che non favorisce la costituzione e la diffusione delle aggregazioni tra aziende agricole.

Articolo 46.

      La sanzione di cui al comma 3 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 220 del 2002, a causa delle sostanziali modifiche normative che si sono succedute nel tempo in materia di albo delle società cooperative, è divenuta inapplicabile. Infatti nella sua originaria formulazione la sanzione colpiva le cooperative che si sottraevano alla vigilanza con la perdita dei benefìci fiscali in quanto la cancellazione da quello che veniva denominato «Albo nazionale degli enti cooperativi», evoluzione del soppresso registro prefettizio e schedario generale della cooperazione, di fatto mai attuato, comportava appunto quella conseguenza.
      Di tutt'altra natura invece è l'attuale Albo delle società cooperative, introdotto con la riforma del diritto societario (articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile) e poi istituito con il decreto ministeriale 23 giugno 2004 che non contiene l'elenco degli enti che godono di benefìci fiscali: nato con finalità di tipo anagrafico e statistico, con le novità introdotte dalla legge n. 99 del 2009 (articolo 10, comma 1) è divenuto un vero e proprio elemento costitutivo della natura cooperativistica della società.
      Il motivo dell'inapplicabilità dell'attuale disposizione, di cui si propone la modifica, è duplice: in primo luogo l'ipotetica cancellazione dall'odierno Albo delle società cooperative provocherebbe la contestuale eliminazione dal registro delle imprese e quindi la cessazione della cooperativa senza, oltretutto, le garanzie che l'ordinamento prevede per i creditori sociali con l'attivazione della procedura liquidatoria dell'ente che a volte è irrinunciabile (se la società è proprietaria di beni immobili) e in secondo luogo perché risulterebbe evidente l'inasprimento della sanzione rispetto a quelle che erano le originarie intenzioni del legislatore se si pensasse di applicare alla lettera l'attuale dettato normativo, poiché la cooperativa anziché perdere i benefìci fiscali verrebbe completamente espunta dall'ordinamento.
      La norma proposta ripristina la ratio della sanzione, prevedendo l'applicazione di una sanzione amministrativa da euro 50.000 ad euro 500.000 per il periodo in corso alla data di riscontro del comportamento elusivo da parte dell'autorità di vigilanza e per ciascuno dei successivi periodi fino alla cessazione dell'irreperibilità.
      Oltre che ripristinare la ratio della sanzione che in origine era stata correttamente individuata dal legislatore, la norma risulta più calibrata alla tipologia di infrazione commessa: essa, inoltre, ha il non trascurabile pregio di produrre effetti immediati sia in termini di deterrenza al fenomeno, sia di recupero del beneficio fiscale non dovuto alle cooperative che si sottraggono alle verifiche di mutualità. Una valutazione di massima in rapporto alla dimensione media delle cooperative per le quali non è possibile, a causa dei loro comportamenti elusivo-ostativi, effettuare i controlli e alla percentuale delle stesse che hanno chiuso il bilancio in utile, consente di stimare in non meno di un milione di euro per anno il recupero per lo Stato in termini di fiscalità.

Articolo 47.

      Con la norma si intende favorire il coordinamento della programmazione delle linee strategiche e delle attività del sistema camerale con quelle definite dallo Stato e a livello locale. Tale coordinamento era già previsto nel decreto legislativo n. 23 del 2010 con l'allargamento dell'organo politico-amministrativo dell'Unioncamere

 

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ai rappresentanti dello Stato e degli enti locali. Alcune norme intervenute successivamente hanno modificato la materia e rendono dunque necessario il coordinamento delle norme. Il decreto legislativo n. 23 del 2010, infatti, ha disposto – nel modificare l'articolo 7 della legge n. 580 del 1993 – che dell'organo di amministrazione dell'Unioncamere fanno parte, oltre ai rappresentanti delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura come individuati dallo statuto, tre rappresentanti designati dal Ministro dello sviluppo economico e tre rappresentanti designati dalla Conferenza unificata. Il Parlamento ha poi di recente approvato la legge 11 novembre 2011, n. 180, che ha previsto una nuova disciplina: l'articolo 3 della legge, infatti, dispone, al comma 2, che, per garantire la più ampia rappresentanza dei settori economicamente più rilevanti nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, il numero dei componenti degli organi amministrativi non può essere comunque superiore a un terzo dei componenti dei consigli di ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Il successivo comma 3, infine, estende la disposizione anche agli enti del sistema camerale a base associativa. La norma si rende, dunque, necessaria per ripristinare la presenza dei rappresentanti degli enti locali e del Ministero dello sviluppo economico, senza oneri aggiuntivi, alle riunioni dell'organo a cui partecipano quali invitati.

Articolo 48.

      La disciplina dell'impugnazione dei lodi arbitrali in cui è parte una pubblica amministrazione è estremamente complessa e determina una divaricazione di strumenti di tutela giurisdizionale condizionata da fattori temporali sganciati dal momento in cui è stata stipulata la clausola compromissoria.
      L'articolo 241, comma 2, del codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 prevede, in particolare, in tema di contratti pubblici, che: «Ai giudizi arbitrali si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dal presente codice».
      La regola generale in tema di impugnazione del lodo, costituita dalla sola impugnativa per nullità, ai sensi dell'articolo 829 del codice di procedura civile, nelle specifiche ipotesi ivi previste, non è stata tuttavia ritenuta idonea a garantire pienamente le esigenze di legalità proprie della pubblica amministrazione, in quanto la tutela delle ragioni della pubblica amministrazione veniva ad essere limitata dalla non impugnabilità dei lodi per motivi di diritto inerenti al merito della controversia. Pertanto con l'articolo 5 del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53, nel ridefinire l'istituto dell'arbitrato nei contratti pubblici, è stata introdotta, all'articolo 241, comma 15-bis, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, la regola per cui «Il lodo è impugnabile, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia».
      Tuttavia tale disciplina si applica alle «controversie su diritti soggettivi derivanti dalla esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, concorsi di progettazione e di idee» (articolo 241, comma 1), restandone escluse le controversie inerenti alle stesse materie ma non insorte nell'esecuzione di contratti previsti dal medesimo codice, come, ad esempio, nei casi in cui la parte privata prospetti una responsabilità extracontrattuale dell'amministrazione, vertenze queste per le quali si impongono garanzie non minori, anche in considerazione dei rilevanti oneri finanziari che potrebbero derivarne per le amministrazioni pubbliche.
      Con la disposizione proposta, fermo restando quanto già previsto dall'articolo 241 dello stesso codice, si prevede che, per i lodi arbitrali per la risoluzione di controversie comunque connesse alle predette materie (lavori pubblici, servizi e forniture), l'impugnativa, oltre alla nullità, può riguardare anche le regole di diritto relative al merito della controversia: tale ampliamento delle ipotesi di impugnabilità del lodo risulta coerente con quanto previsto

 

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dall'articolo 829 del codice di procedura civile che, al terzo comma, rende proponibile tale motivo di impugnazione del lodo, laddove espressamente disposto dalla legge.
      Siffatta previsione trova anch'essa legittimazione, come quella contenuta nel citato comma 15-bis dell'articolo 241 del codice, nei princìpi costituzionali che governano l'agire amministrativo e l'utilizzo delle pubbliche risorse.

Articolo 49.

      L'articolo dispone la cessazione del commissario ad acta di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, disponendo altresì in merito ai conseguenziali adempimenti.
      L'articolo 86 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), avente ad oggetto interventi per la ricostruzione nei comuni colpiti da eventi sismici di cui al decreto-legge 19 marzo 1981, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 1981, n. 219, recante ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981, aveva inteso pervenire alla definitiva chiusura di tutti gli interventi infrastrutturali di cui all'articolo 32 del medesimo decreto-legge, nelle aree della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, demandando al Ministro delle attività produttive la nomina di un apposito commissario ad acta.
      Inoltre, il medesimo articolo 86 aveva revocato tutte le concessioni per le opere di viabilità, finanziate ai sensi del citato decreto-legge, i cui lavori non avessero conseguito significativi avanzamenti da almeno tre anni, ed aveva disposto che il commissario ad acta, entro ventiquattro mesi dalla definizione degli stati di consistenza, affidasse l'esecuzione delle opere medesime con le modalità ritenute più vantaggiose per la pubblica amministrazione, avvalendosi della disciplina straordinaria di cui allo stesso decreto-legge, nulla disponendo sul termine della relativa definitiva consegna.
      Le previsioni di legge, in deroga alle ordinarie procedure, sono state indirizzate alla più celere consentita conclusione di opere infrastrutturali divenute annose.
      L'affidamento a un commissario ad acta di attività mediante procedure extra ordinem, per l'intrinseca natura delle procedure medesime, dovrebbe avere un'applicazione circoscritta nel tempo. L'attribuzione a un soggetto amministrativo di poteri eccezionali, in deroga alle ordinarie disposizioni, appare sistematicamente coerente soltanto ove sia prevista la temporaneità dell'incarico.
      Con il presente intervento si pone rimedio alla mancata previsione, nel citato articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, del termine di conclusione delle opere e dell'incarico di commissario ad acta.
      A tal fine si dispone che, entro la data del 31 dicembre 2013, debba avvenire la ricognizione di tutte le pendenze e si debba provvedere alla consegna, in capo alle amministrazioni competenti secondo le ordinarie modalità di individuazione, di tutti i beni, trattazioni e rapporti.
      Si prevede altresì che, entro la medesima data del 31 dicembre 2013, il commissario ad acta rediga la relazione conclusiva dell'attività svolta e la presenti ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico.

Articolo 50.

      Con le disposizioni in esame si interviene sul decreto legislativo n. 270 del 1999, recante «Nuova disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza», con modifiche finalizzate al contenimento dei costi della procedura, che riguardano la determinazione dei compensi degli organi delle procedure e i criteri di attribuzione di incarichi di collaborazione e consulenza professionale.
      Si segnala, quanto alla determinazione dei compensi, che l'articolo 47 del citato decreto legislativo n. 270 del 1999 (di recente novellato dall'articolo 8, comma 3,

 

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lettera c), del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011), che demandava la fissazione dei criteri di liquidazione dei compensi a un regolamento interministeriale, non è stato ad oggi attuato; nelle more dell'emanazione di tale regolamento i compensi dei commissari giudiziali e straordinari sono stati determinati applicando in via analogica le disposizioni contenute nel regolamento concernente i compensi dei curatori fallimentari, di recente oggetto di adeguamento con il decreto ministeriale 25 gennaio 2012, n. 30.
      Le norme che oggi si propongono si rendono opportune ed urgenti al fine di vincolare i criteri di determinazione dei compensi dei commissari giudiziali e straordinari a misure di contenimento della spesa delle procedure, attraverso: 1) il recepimento nell'ambito dell'amministrazione straordinaria, con gli adattamenti necessari alla specificità della procedura e con una riduzione del 20 per cento delle aliquote ivi previste per il calcolo del compenso, delle disposizioni regolamentari di recente adottate per i curatori fallimentari; 2) esplicite previsioni, attinenti ai criteri di nomina e di remunerazione per gli esperti la cui opera sia richiesta dalla procedura, finalizzate alla maggiore economicità e trasparenza. In conseguenza, si propongono novelle agli articoli 39 (criteri per la scelta dei commissari e degli esperti), 41 (intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario straordinario) e 47 (compenso dei commissari e dei membri esperti del comitato di sorveglianza).
      In particolare, con riferimento all'articolo 39, comma 2, si prevede che il decreto ministeriale per la fissazione dei criteri di scelta degli esperti della procedura contempli anche gli obblighi di pubblicità degli incarichi conferiti e dei relativi costi.
      Con le modifiche all'articolo 41, vengono adeguate ai criteri già previsti dalla riforma della legge fallimentare (articolo 32), le disposizioni relative alle figure del delegato e del coadiutore, in particolare esplicitando, quanto alla prima, che l'onere del compenso è a carico del compenso del commissario (modifica al comma 1 dell'articolo 41), mentre l'attribuzione di altri incarichi di collaborazione e consulenza viene assoggettata alla autorizzazione del comitato di sorveglianza e limitata ai casi di effettiva necessità e alla previa verifica circa l'inesistenza di idonee professionalità interne all'impresa (modifica al comma 2).
      Infine, la modifica dell'articolo 47, attiene, innanzitutto, alla previsione dell'emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in luogo dell'originario regolamento previsto dalla legge, stanti, da un lato, il rinvio alle disposizioni del regolamento concernente i compensi dei curatori fallimentari di cui al citato decreto ministeriale 25 gennaio 2012, n. 30, e, dall'altro, la previsione per via normativa di ulteriori precisi criteri direttivi. Questi ultimi sono, in particolare: i) indicazione di un tetto massimo fissato nell'80 per cento delle misure previste per i compensi dei curatori; ii) determinazione in misura fissa del compenso del commissario giudiziale e del comitato di sorveglianza tra minimi e massimi da modulare in rapporto a parametri dimensionali delle imprese del gruppo assoggettate alla procedura; iii) articolazione del compenso del commissario straordinario tra una quota remunerativa della attività di gestione e una quota relativa alla attività concorsuale, da calcolarsi, quanto all'attivo, al netto dei costi sostenuti; iv) preventiva determinazione dei parametri di calcolo, al fine di ridurre la discrezionalità amministrativa all'atto della liquidazione.
      La norma non ha riflessi sulla finanza pubblica, dal momento che i costi degli organi delle procedure sono a carico delle medesime.

Articolo 51.

      La proposta normativa viene incontro alla scarsa se non inesistente fruizione del tax credit digitale da parte di molte aziende medio-piccole. Tali aziende, detentrici

 

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di circa 1.000-1.500 schermi sui 3.900 costituenti il parco complessivo italiano, per la dimensione della loro economia, per l'assenza o limitatezza di dipendenti, nonché per la compresenza di altri crediti d'imposta (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 310 del 2000) di fatto sono nella condizione di non poter avvantaggiarsi del beneficio e finiscono per ignorarlo. La non accessibilità delle imprese minori del comparto (sale parrocchiali, mono-sale a conduzione individuale o familiare eccetera) al credito d'imposta ha comportato, tra gli altri, un importante rilievo della Commissione europea in sede di confronto con le autorità italiane nel procedimento di autorizzazione della misura agevolativa, tuttora in corso.
      Anche alla luce di quanto esposto, si intende rendere ammissibile la cedibilità del credito d'imposta concesso ai sensi del decreto ministeriale 21 gennaio 2010 nei confronti dell'erario.
      Tale cedibilità viene resa ammissibile non nei confronti di qualsiasi «terzo» ma verso specifici soggetti predeterminati, e cioè: a) intermediari bancari, finanziari e assicurativi; b) la società fornitrice dell'impianto di digitalizzazione in relazione al quale si richiede il credito d'imposta (normalmente, per struttura e dimensioni, quest'ultima può avere utilità a usufruire del credito, a differenza dell'impresa di esercizio cinematografico richiedente).
      Per la cedibilità del credito dovrebbero valere tutte le condizioni legate alla circostanza che la cessione non interferisce sul rapporto tra amministrazione concedente e beneficiario, di cui il legislatore assicura la continuazione, lasciando integri i poteri spettanti all'amministrazione nei confronti del contribuente-cedente.
      Tra tali condizioni, si evidenziano le seguenti:

          nella cessione del credito, effettuata ai sensi degli articoli 1260 e seguenti del codice civile, il cessionario subentra nel diritto di credito del cedente e si sostituisce a quest'ultimo nella medesima posizione. In particolare, il soggetto pubblico debitore (ceduto) può opporre al cessionario tutte le eccezioni che poteva far valere nei confronti del creditore originario (cedente);

           la cessione del credito deve risultare da atto avente data certa e, per essere efficace, deve essere notificata all'Agenzia delle entrate (debitore ceduto); ai fini della compensazione mediante il modello F24 è necessario, altresì, che il credito ceduto risulti dalla dichiarazione del soggetto cessionario (articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997);

           alla luce delle disposizioni del codice civile, e in particolare dell'articolo 2704, non è necessario che l'atto di cessione rivesta la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata, in quanto rileva qualunque fatto che possa essere idoneo a stabilire, con carattere di obiettività, l'anteriorità del documento; in questo senso, a livello di normativa fiscale, per gli atti di cessione dei crediti in esame non vi è l'obbligo di chiedere la registrazione ai sensi dell'articolo 5 della tabella del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (non sussiste, difatti, obbligo di chiedere la registrazione per «atti e documenti formati per l'applicazione, riduzione, liquidazione, riscossione, rateazione e rimborso delle imposte e tasse a chiunque dovute»);

           il cessionario può utilizzare il credito ceduto solo in compensazione con i propri debiti d'imposta o contributivi ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997;

           occorre che nel contratto di cessione del credito e nella comunicazione di tale cessione all'Agenzia delle entrate sia indicato ogni elemento utile per consentire alla stessa di monitorarne il corretto uso. In particolare, occorre specificare il credito d'imposta ceduto con il relativo riferimento normativo, il codice tributo da utilizzare ai fini della compensazione e il periodo d'imposta in cui il credito viene ad esistenza;

 

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           ai sensi dell'articolo 43-bis, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, resta ferma «nei confronti del contribuente che cede i crediti ( ... ) l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 43», ossia delle disposizioni relative al recupero di somme erroneamente rimborsate, in conseguenza di correzione di errori materiali, di rettifiche o di accertamenti;

           anche a seguito della cessione, restano impregiudicati i poteri delle competenti amministrazioni relativi al controllo delle dichiarazioni dei redditi e all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti del contribuente che ha ceduto il credito d'imposta;

           resta fermo l'obbligo restitutorio del cedente per i crediti rimborsati al cessionario di cui risulta l'insussistenza.

      L'utilizzo della via consistente nella modifica normativa si rende necessario anche alla luce del parere non positivo «a legislazione vigente» sulla possibilità di cessione del credito ai sensi del decreto ministeriale 21 gennaio 2010 reso dall'Agenzia delle entrate a fine luglio 2011, dietro specifico quesito della Direzione generale per il cinema del Ministero per i beni e le attività culturali.

Articolo 52.

      Si intende prorogare al 30 giugno 2013 il termine per l'entrata in vigore del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) al fine di consentire la prosecuzione delle attività necessarie per la verifica del funzionamento del sistema, anche in ragione della previsione dell'utilizzo di modalità semplificate previste dall'articolo 6 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, in collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative.
      Lo stesso articolo prevede peraltro, in relazione ai ripetuti rinvii che hanno finora impedito l'operatività del nuovo Sistema, che entro il termine della nuova proroga l'amministrazione debba valutare l'eventuale sussistenza delle condizioni per procedere alla revoca degli atti amministrativi sottostanti e alla conseguente caducazione dei rapporti contrattuali in essere ai sensi e per gli effetti delle pertinenti previsioni della legge n. 241 del 1990.

Articolo 53.

      La disposizione apporta delle modificazioni al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in particolare all'articolo 3-bis, in materia di ambiti territoriali e criteri di organizzazione e svolgimento dei servizi pubblici locali, e all'articolo 4, riguardante l'adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa europea.
      L'articolo 3-bis ha l'obiettivo di accelerare l'organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica in ambiti territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio. Le modifiche introdotte all'articolo 3-bis dal presente decreto sono volte a chiarire che l'organizzazione in ambiti prevede sia la delimitazione geografica dell'ambito o bacino, sia l'attribuzione del ruolo di ente di governo dell'ambito che può essere effettuata istituendo un ente di governo o attribuendo le funzioni a un ente già istituito. Si chiarisce, inoltre, che nel fare salva l'organizzazione di servizi pubblici locali in ambiti o bacini già prevista in attuazione di discipline vigenti, si richiede di rispettare la stessa scadenza del 30 giugno 2012, anche in deroga a termini diversi previsti nelle suddette discipline.
      Le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 4 sono modificate al fine di semplificare le procedure relative all'approvazione della delibera quadro, quando non strettamente necessario ai fini della promozione della concorrenza. Nello specifico,

 

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la trasmissione dell'esito della verifica di mercato e della delibera deve essere trasmessa all'Autorità garante della concorrenza e del mercato solo nel caso in cui dalla verifica sia emersa la non realizzabilità di una gestione concorrenziale e sia stato deciso di conferire diritti di esclusiva; inoltre, la trasmissione è limitata ai casi in cui il valore economico del servizio da assegnare in esclusiva sia superiore alla somma complessiva di duecentomila euro annui pari alla soglia per la possibilità di affidamenti diretti «in house» indicata al comma 13 dell'articolo 4. Con gli stessi obiettivi si è esplicitato che, nel caso l'Autorità non si pronunci nei termini stabiliti, la delibera quadro è adottata dall'ente competente.
      Infine, allo scopo di assicurare la coerenza delle scadenze temporali concernenti le procedure relative all'approvazione della delibera quadro con le modifiche apportate al comma 3 e al comma 4 dell'articolo 4 viene stabilito un termine di adozione della delibera quadro che decorre dalla trasmissione del parere all'Autorità e non dall'acquisizione del parere.
      Alla lettera a) del comma 32 dell'articolo 4, è stata operata una modifica volta a chiarire che la deroga alla scadenza degli affidamenti relativa all'aggregazione di società «in house» prevede non solo l'integrazione operativa ma anche la costituzione di un'unica società «in house».
      È stato infine aggiunto un comma 35-bis volto a precisare che nel caso dei servizi a rete di rilevanza economica di cui all'articolo 3-bis saranno gli enti di governo identificati ai sensi dello stesso articolo a esercitare le funzioni che per gli altri servizi vengono esercitate dagli enti locali e che tali funzioni verranno esercitate con riferimento agli ambiti o bacini territoriali omogenei di cui allo stesso articolo 3-bis.

Articolo 54.

      La norma è volta a migliorare l'efficienza delle impugnazioni sia di merito che di legittimità, che allo stato violano pressoché sistematicamente i tempi di ragionevole durata del processo, causando la maggioranza dei conseguenti indennizzi disciplinati dalla legge n. 89 del 2001, con conseguente incidenza diretta sulla finanza pubblica.
      Anche le organizzazioni nazionali e internazionali degli investitori, come desumibile dagli indici doing business della Banca mondiale, indicano nel sistema delle impugnazioni l'elemento di maggiore inefficienza della giustizia civile italiana e uno dei maggiori disincentivi allo sviluppo degli investimenti nel nostro Paese.
      Nella relazione del Governatore della Banca d'Italia del 31 maggio 2011 si stima in un punto percentuale la «perdita annua di prodotto» attribuibile all'inefficienza di questo sistema di gestione del contenzioso (pagina 12).
      Una soluzione, ispirata ai modelli inglese e tedesco, è quella di non limitare l'impugnazione di merito mutandone radicalmente la natura in un primo giudizio di legittimità (appello cosiddetto «cassatorio»), come pure è stato proposto, ma di congegnare un filtro di inammissibilità incentrato su una prognosi di non ragionevole fondatezza del gravame, formulata dal medesimo giudice dell'appello in via preliminare alla trattazione dello stesso.
      In questo modo si selezioneranno le impugnazioni meritevoli di essere trattate nel pieno merito, con efficiente allocazione della risorsa giudiziaria, tenendo conto che, attualmente, nel 68 per cento dei casi il giudizio di appello si conclude, nei processi civili, con la conferma di quello di primo grado.
      Si prevede che il suddetto filtro non operi nelle cause in cui, eccezionalmente, è previsto l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, che denota la connotazione pubblicistica delle medesime, e nei casi in cui la parte abbia optato, in primo grado, per il procedimento sommario di cognizione, con conseguente deformalizzazione istruttoria che viene così recuperata non solo con il già previsto appello più aperto ai nuovi mezzi di prova, ma, appunto, con un'impugnazione senza filtri di inammissibilità.

 

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      I dati statistici sul procedimento sommario di cognizione segnalano una grande efficienza dello strumento (con cui i giudizi di primo grado vengono tutti definiti in meno di un anno) che, però, essendo nella maggior parte delle ipotesi opzionale, viene utilizzato attualmente solo in circa il 4 per cento del contenzioso (anche se tale percentuale è destinata a salire con l'entrata a regime del decreto legislativo n. 150 del 2011 che lo ha reso obbligatorio in plurime anche se settoriali fattispecie).
      Con le modifiche introdotte l'utilizzo dello strumento verrà inoltre incentivato e anche sotto questo profilo verrà migliorata l'allocazione efficiente della risorsa giudiziaria.
      La dinamica processuale può essere così sintetizzata: in caso di prognosi negativa sulla fondatezza di merito dell'impugnazione, il giudice dichiara l'inammissibilità con ordinanza spogliandosi del gravame. Diversamente procede alla trattazione senza adottare alcun provvedimento. L'ordinanza di inammissibilità potrà essere pronunciata soltanto quando tutte le impugnazioni, principali e incidentali non tardive, non hanno ragionevoli probabilità di essere accolte.
      In caso di inammissibilità diverrà impugnabile per cassazione la decisione di primo grado e questo assorbe ogni tutela costituzionalmente necessaria. Rimane impregiudicato il potere della Suprema Corte di cassazione, alla quale sia denunciata la decisione di prime cure, di rilevare, quando ritenuto inerente alle garanzie assicurate dall'articolo 111 della Costituzione, nullità inerenti al procedimento di appello.
      Quando l'inammissibilità è pronunciata per le medesime ragioni di fatto poste a base della decisione impugnata ovvero quando il gravame è respinto con sentenza per le stesse ragioni, l'appellante può ricorrere per cassazione contro la sentenza di primo grado per motivi di stretta legittimità, escluso quindi il vizio di motivazione contraddittoria o insufficiente, la cui strumentalizzazione ad opera delle parti sta rendendo insostenibile il carico della Suprema corte di cassazione, come più volte rilevato dal Primo presidente.
      Resta inoltre sempre possibile, ai sensi dell'articolo 111 della Carta costituzionale, ricorrere davanti alla Suprema Corte di cassazione per motivazione inesistente o apparente, senza i limiti derivanti dalla cosiddetta «doppia conforme», rientrando questi casi nella diretta portata precettiva della predetta norma costituzionale, trattandosi di violazione di legge.
      Sono state previste norme di coordinamento per il rito del lavoro e locatizio.
      La formulazione dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 150 del 2011, sulla riduzione e semplificazione dei riti civili di cognizione, esclude necessità di coordinamento sul punto.
      È stata infine prevista una riformulazione del numero 5) del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile, mirata, nella stessa logica descritta, a evitare l'abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica propria della Suprema Corte di cassazione quale giudice dello ius constitutionis e non, se non nei limiti della violazione di legge, dello ius litigatoris.

Articolo 55.

      La normativa è finalizzata a modificare la disciplina dei procedimenti aventi ad oggetto la domanda di indennizzo per violazione del termine di durata ragionevole del processo (attualmente disciplinati dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 – cosiddetta «legge Pinto»), al fine di razionalizzare il carico di lavoro che grava sulle corti d'appello, di evitare che la durata di tali procedimenti dia luogo a sua volta a responsabilità dello Stato per violazione dell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e di contenere i conseguenti oneri per la finanza pubblica, che nell'anno 2011 sono stati di oltre 200 milioni di euro.
      La modifica normativa ha quindi una diretta e significativa incidenza sul contenimento della spesa pubblica.

 

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      A tale fine – e ferma restando la competenza della corte d'appello in un unico grado di merito – si prevede che la domanda venga proposta e decisa secondo un meccanismo simile a quello del procedimento per decreto ingiuntivo (la parte che lamenta la violazione del termine di durata ragionevole del processo propone ricorso al presidente della corte; il presidente designa un magistrato della corte per la trattazione della causa; la causa viene decisa sulla base dei documenti depositati dal ricorrente; il procedimento si definisce con decreto, con cui il giudice accoglie la domanda, in tutto o in parte, o la rigetta).
      Il ricorso a un procedimento di tipo monitorio è reso possibile dal fatto che la normativa introduce alcuni elementi di chiarezza – mutuati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte di cassazione – che dovrebbero condurre a decisioni prevedibili e tendenzialmente standardizzate:

          a) quanto all'individuazione del termine di durata ragionevole del processo (si specifica, per ciascun grado di giudizio, quale sia il termine entro il quale la durata del processo non può mai essere dichiarata irragionevole);

          b) quanto all'ammontare dell'indennizzo spettante per ciascun anno (o frazione di anno) che eccede il termine di durata ragionevole.

      Il ricorso a un procedimento di tipo monitorio consente di semplificare in modo significativo la vigente disciplina contenuta nella legge Pinto (attualmente il procedimento si svolge davanti alla corte d'appello in composizione collegiale, richiede l'instaurazione del contraddittorio nei confronti dell'amministrazione responsabile, presuppone la fissazione di più udienze per la definizione della causa).
      Il ricorso, infatti, verrà esaminato da un giudice singolo e deciso senza ritardo su base documentale (si consideri che attualmente i tempi medi di decisione sui ricorsi per decreto ingiuntivo sono di circa due mesi).
      Sono state previste cause di non indennizzabilità riconducibili alla condotta non diligente o dilatoria o comunque abusiva della parte.
      Il meccanismo proposto è pienamente rispettoso del diritto alla tutela giurisdizionale, in quanto è fatta salva in ogni caso la possibilità – per il ricorrente la cui domanda sia stata respinta in tutto o in parte, ovvero per l'amministrazione che sia stata condannata a pagare l'indennizzo – di impugnare il decreto davanti alla stessa corte d'appello in composizione collegiale. Il procedimento (che si svolge in contraddittorio tra le parti) è regolato nelle forme semplificate del procedimento camerale (articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile).
      La soluzione normativa proposta – in definitiva – semplificherebbe e accelererebbe la definizione del contenzioso in materia di violazione della durata ragionevole del processo, al contempo mantenendone quel tasso di strutturazione (a cominciare dalla competenza della corte d'appello), coerente sia con la rilevanza degli interessi in gioco, sia con la finalità di non allargare le maglie di un bacino di domanda di giustizia suscettibile di distorsioni che sono già presenti nell'attuale sistema (in cui accade che una causa venga instaurata, al di là della fondatezza della pretesa, in funzione del conseguimento del successivo indennizzo spettante per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, dal momento che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha più volte affermato che l'indennizzo in parola spetta anche alla parte rimasta soccombente nel processo «presupposto»).

Articolo 56.

      Si propone di modificare il decreto legislativo n. 26 del 2006, nella parte in cui prevede che, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, vengano individuate necessariamente tre sedi della Scuola superiore della magistratura, stabilendo

 

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che sia facoltà del Ministro di individuare fino a un massimo di tre sedi.
      Si propone poi di modificare il decreto legislativo n. 26 del 2006, nella parte in cui prevede che i magistrati in servizio nominati nel comitato direttivo siano collocati fuori del ruolo organico della magistratura per tutta la durata dell'incarico, stabilendo che sia facoltà del singolo magistrato chiedere, in luogo del collocamento fuori ruolo, di usufruire di un esonero parziale dall'attività giurisdizionale.
      Quanto all'individuazione delle sedi della Scuola, si osserva che l'inderogabile previsione di tre sedi trovava una sua giustificazione alla luce della formulazione originaria della norma, che distribuiva le attività della Scuola per aree geografiche.
      Venuta meno tale ripartizione geografica – con la modifica dell'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo n. 26 del 2006 ad opera dell'articolo 3, comma 1, della legge 30 luglio 2007, n. 111 – la previsione di una pluralità di sedi della Scuola non si impone più quale necessaria conseguenza di una scelta organizzativa operata dal legislatore, ma può eventualmente giustificarsi in funzione delle concrete esigenze organizzative di volta in volta individuate dal Ministro della giustizia, cui dovrebbe spettare – di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per gli inevitabili profili di spesa pubblica che l'individuazione di una o più sedi della Scuola comporta – il compito di scegliere il numero e l'ubicazione di tali sedi. La norma, pertanto, è direttamente volta a permettere marcati contenimenti della spesa pubblica.
      Quanto allo status dei magistrati nominati nel comitato direttivo della Scuola, si osserva che non vi sono ragioni organizzative e di buon andamento dell'amministrazione che impongano il collocamento fuori ruolo di tali magistrati quale unica soluzione praticabile nei confronti dei magistrati in servizio. Al riguardo è sufficiente osservare che del comitato direttivo fanno parte anche tre professori universitari, per i quali la norma non prevede alcun collocamento fuori ruolo per la durata dell'incarico e per i quali dunque non si pone alcun problema di compatibilità tra l'esercizio dell'attività di insegnamento universitario e lo svolgimento delle funzioni di membro del comitato direttivo della Scuola.
      Appare pertanto opportuna la modifica, nella parte in cui consente al magistrato nominato nel comitato direttivo di optare per il mantenimento in ruolo, chiedendo un esonero parziale dall'attività giurisdizionale.

Articolo 57.

      La norma in esame mira a favorire l'occupazione giovanile nei settori di punta della cosiddetta «green economy»: fonti rinnovabili; messa in sicurezza del territorio, delle infrastrutture e degli edifici; biocarburanti; efficienza degli usi finali dell'energia.
      Alle imprese operanti nei predetti settori che assumono nuovi addetti è concesso un finanziamento a tasso agevolato, con le medesime modalità attuative del vigente Fondo rotativo di cui all'articolo 1, comma 1110, della legge n. 296 del 2006, per una durata in via generale non superiore a settantadue mesi, ad eccezione delle società di servizi energetici (ESCO), dei titolari dei contratti di disponibilità stipulati ai sensi dell'articolo 44 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, nonché delle srl semplificate costituite ai sensi dell'articolo 2463-bis del codice civile, per i quali la durata massima è elevata a centoventi mesi.

Articolo 58.

      L'articolo prevede l'istituzione presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) di un fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica italiana. Le derrate alimentari sono distribuite agli indigenti mediante organizzazioni caritatevoli,

 

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conformemente alle modalità previste dal regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, è adottato, entro il 30 giugno di ciascun anno, il programma annuale di distribuzione che identifica le tipologie di prodotto, le organizzazioni caritatevoli beneficiarie nonché le modalità di attuazione, ivi compresa la possibilità di incrementare le dotazioni del programma annuale mediante erogazioni liberali e donazioni (finanziarie o in prodotti alimentari) da parte di soggetti privati. L'AGEA è responsabile dell'attuazione del programma.

Articolo 59.

      I commi 1 e 2 dell'articolo 59 modificano il decreto legislativo n. 61 del 2011, sanzionando, nel settore vitivinicolo, il mancato assolvimento degli obblighi nei confronti dei consorzi di tutela, anche con la sospensione dell'utilizzo della denominazione protetta.
      Le disposizioni non comportano oneri per la finanza pubblica.
      Con i commi da 3 a 5, tenuto conto del fatto che il settore bieticolo-saccarifero ha beneficiato nel corso degli anni, in attuazione della normativa di settore dell'Unione europea, di aiuti nazionali erogati per il tramite dell'AGEA, si intende rendere disponibili le risorse residue, già iscritte ed impegnate nei bilanci di previsione dell'AGEA riferiti agli anni 2005-2010 e la cui copertura è stata assicurata dal Ministero dell'economia e delle finanze con apposite assegnazioni annuali, per una riprogrammazione, da attuare sulla base delle linee di indirizzo definite dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con proprio provvedimento. In particolare, in base a una ricognizione condotta dall'AGEA alla data del 17 febbraio 2012, le risorse residue disponibili nei pertinenti capitoli di spesa (n. 308 e n. 341) ammontano a complessivi 19,7 milioni di euro.
      Le disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      Il comma 6 novella la legge n. 1096 del 1971, stabilendo gli importi da trasferire alle regioni, a partire dal 2012, nel limite di 2,5 milioni di euro annui, che le stesse utilizzeranno per il rimborso del costo sostenuto dagli enti ed organismi di coordinamento delle prove varietali. Con tale disposizione si rende uniforme la normativa per ciò che concerne l'esecuzione delle prove per l'accertamento dei requisiti varietali per la concessione di privative per nuove varietà vegetali a quella per l'iscrizione ai registri di varietà vegetali, oltre a dare attuazione operativa al disposto di cui all'articolo 12, comma 1, della legge n. 537 del 1993. La modifica legislativa consente di disporre delle risorse finanziarie necessarie all'espletamento delle attività, garantendo il finanziamento degli organismi coordinatori delle prove (attività fino ad oggi espletata dall’ex ENSE ora INRAN e dalla regione Emilia-Romagna), con conseguente maggiore efficienza organizzativa e aumento della competitività del settore sementiero e delle nuove varietà vegetali. La norma è stata concordata a livello tecnico con gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze e fa seguito all'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 27 luglio 2011.
      La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      I commi da 7 a 10 prevedono una serie di interventi nel settore delle agro-energie. Il comma 7 consente di ricomprendere tra le opere complementari o accessorie finanziabili con le economie maturate, a seguito di procedure di evidenza pubblica, anche gli interventi di produzione di energia idroelettrica (strettamente connessi agli impianti irrigui esistenti). A tale proposito, giova sottolineare che la normativa vigente in materia di fonti rinnovabili nel settore idroelettrico prevede il cumulo delle tariffe agevolate, relative all'energia prodotta, con il finanziamento pubblico per

 

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un massimo del 40 per cento (articolo 26 del decreto legislativo n.28 del 2011). Per la restante parte del finanziamento gli enti provvederanno con il ricorso al mercato (di capitali o di impresa), determinando pertanto un effetto moltiplicatore degli investimenti attivabili a parità di risorse pubbliche impegnate. Tale proposta, quindi, non determina alcun maggiore impegno di spesa, riguarda risorse già disponibili, non costituisce modifica delle specifiche normative che disciplinano il settore delle fonti rinnovabili, attiva il concorso di soggetti privati ed è coerente con l'azione del Governo di stimolo allo sviluppo nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica.
      La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica
      Il comma 8, al fine di migliorare la pianificazione dei nuovi impianti agroenergetici che utilizzano biomasse di origine agricola ed evitare effetti distorsivi sulle produzioni agricole «tradizionali», introduce per le regioni (che detengono la competenza primaria in materia) un obbligo di comunicazione annuale al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali relativamente alla pianificazione degli impianti a biomasse e dei relativi bacini di approvvigionamento.
      Dall'adempimento dell'obbligo de quo non derivano oneri a carico del bilancio dello Stato.
      I commi 11 e 12 promuovono gli investimenti in acquacoltura, un settore di particolare rilevanza sotto il profilo economico, con positive ricadute sul piano occupazionale, la cui rilevanza strategica tende a crescere con il depauperarsi delle risorse della pesca. Si tratta, peraltro, di attività controllate sul piano sanitario, con benefici effetti sulla tutela della salute e dello stesso ambiente marino. La norma interviene accentrando le competenze autorizzatorie in capo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in ragione delle capacità tecniche possedute, fermo restando – grazie a un'apposita clausola di cedevolezza – il rispetto dell'articolo 117 della Costituzione e quindi del ruolo delle regioni.
      Con il comma 13 si consente alle Associazioni nazionali di categoria della pesca di fruire di strumenti di garanzia per l'accesso al credito. Si segnala che le azioni di tutela, promozione e sviluppo attuate dalle Associazioni stesse, nell'attuale stato di crisi, presentano assoluta priorità sia per i processi di adeguamento alla sempre più incisiva regolamentazione dell'Unione europea sia per le attività di assistenza tecnica e di informazione agli operatori del settore. Considerata la progressiva riduzione delle risorse assegnate a questo fine dal Programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura, le stesse Associazioni si trovano ad agire attraverso il ricorso al credito per il quale risulta necessario fornire garanzie e cogaranzie agli istituti eroganti.
      Tali norme non prevedono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
      Con i commi da 14 a 19 si prevede l'introduzione di un sistema volontario di identificazione di origine dei prodotti ittici. In altri termini, l'esercente attività di somministrazione di alimenti al consumatore finale che intenda adoperare nelle etichette e in qualsiasi altra informazione fornita per iscritto al consumatore la dicitura «prodotto italiano» o qualsiasi altra indicazione relativa all'origine italiana o menzionare, nelle informazioni da fornire ai consumatori, ai sensi dall'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2065 del 2001, una zona di cattura più precisa di quella obbligatoriamente prevista dalle disposizioni vigenti in materia, può farlo nel rispetto delle seguenti condizioni:

          1) provenienza del prodotto da imprese di pesca, anche cooperative, organizzazioni di produttori o imprese di acquacoltura che siano in grado di dimostrare l'esattezza delle informazioni relative all'origine del prodotto con gli strumenti previsti dal regolamento (CE) n. 1224 del 2009 e relativo regolamento di attuazione;

          2) specifica attestazione dell'origine del prodotto.

      La violazione di tali condizioni comporta, per i soggetti che effettuano la

 

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vendita al dettaglio e la somministrazione dei prodotti, le sanzioni amministrative previste dall'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 109 del 1992, e per le imprese di pesca, anche cooperative, organizzazioni dei produttori o imprese di acquacoltura le sanzioni previste dall'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 4 del 2012.
      Lo svolgimento dell'attività di controllo rientra nell'ambito delle operazioni svolte in attuazione del decreto legislativo n. 109 del 1992 e in quanto tale non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

Articoli 60, 61, 62 e 63.

      Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è titolare di importanti strumenti di finanziamento alle attività di ricerca e sviluppo a livello nazionale.
      In particolare, allo stato attuale tali strumenti sono il PRIN (dedicato al sostegno delle attività di ricerca libera condotte dalle università e, in misura minore, dagli enti pubblici di ricerca), il FIRB (dedicato al sostegno delle attività di ricerca strategica di base condotte dal sistema della ricerca pubblico, incluso in parte anche il mondo industriale), il FAR (dedicato al sostegno delle attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, condotte dalle imprese nazionali, anche congiuntamente con il mondo della ricerca pubblica). I fondi relativi a questi strumenti sono dal 2007 confluiti nel FIRST (Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica), ferme restando le disposizioni specifiche (articolo 93, comma 8, della legge n. 289 del 2002 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 giugno 2003) riferite al credito agevolato del FAR.
      Tale sistema non ha prodotto significativi risultati sul piano del supporto alla crescita competitiva del Paese e necessita pertanto di un ripensamento e di un ammodernamento, al fine di inserire utilmente il sistema pubblico e privato della ricerca nelle azioni volte al rilancio e allo sviluppo del Paese, anche e soprattutto in un ambito europeo.
      Le cause dello scarso impatto del sistema di finanziamento alla ricerca non sono riconducibili soltanto alla limitata disponibilità di risorse pubbliche utilizzabili: se da un lato è vero che le risorse complessivamente a disposizione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono andate drasticamente diminuendo negli anni (per il mancato rifinanziamento del FIRB dal 2010 e del FAR dal 2012), dall'altro lato è vero che a tali risorse vanno aggiunte quelle che l'Unione europea mette a disposizione per gli interventi nelle regioni dell'obiettivo «Convergenza» (Puglia, Campania, Calabria, Sicilia) e che per il solo periodo 2007-2013 ammontano a 3,2 miliardi di euro.
      Altre cause possono rinvenirsi in almeno tre ordini di fattori:

          1) l'assenza, nell'ambito delle definizioni delle iniziative e della concretizzazione degli interventi, di una visione di insieme e di un'azione strategica che, a monte, possano connettere gli interventi in ricerca con le azioni di politica economica e di crescita del Paese, indirizzando le scelte, individuando gli obiettivi da perseguire, costruendo in modo coerente e razionale contenuti e metodi di intervento;

          2) l'evidenza che gli attuali strumenti oltre a essere fortemente datati (almeno 10-15 anni dal loro varo), riflettono una concezione del processo di innovazione, basato su un modello lineare (ricerca di base, cui segue la ricerca industriale e poi lo sviluppo verso il mercato), ormai superato;

          3) la sussistenza di meccanismi procedurali di valutazione, selezione ed erogazione delle risorse, che, almeno per la ricerca industriale, risultano farraginosi e complessi, con tempistiche medie inaccettabili per un Paese moderno e dunque complessivamente inefficaci.

      Occorre ora agire contestualmente su tre livelli paralleli:

           concepire e specializzare in modo organico e coordinato ogni intervento in

 

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una logica di azione sistemica attraverso una preventiva definizione degli obiettivi da raggiungere collegati funzionalmente alle politiche di rilancio e di crescita del Paese. In tale quadro appare inoltre preferibile procedere a una specializzazione del sistema della ricerca a favore di ambiti e settori sui quali il Paese possa meglio svilupparsi e rendersi più competitivo a livello internazionale. Appare poi necessario considerare anche l'utilità di nuove forme di intervento (si pensi allo strumento del public procurement) diffuse a livello internazionale e volte al perseguimento di specifici obiettivi di crescita;

           superare l'attuale logica in base alla quale le attività di ricerca di base, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, continuano a essere considerate separate tra loro, con la conseguente separazione tra le attività di ricerca pubblica e quelle più tipicamente industriali. Gli interventi vanno poi concepiti e sostenuti congiungendo le attività di ricerca e i soggetti pubblici e privati che le svolgono;

           revisionare le attuali procedure di valutazione nell'ottica di una semplificazione, avendo come obiettivo non solo la riduzione dei tempi ma anche la capacità di individuare e sostenere gli interventi di reale impatto positivo sul sistema, valorizzando e rafforzando anche le valutazioni ex post.

      Premesso che l'ambito operativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca resta quello delle attività di ricerca di base, della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale (così come formalmente definite dalla vigente disciplina dell'Unione europea del 2006 in materia di aiuti di Stato alla R&S), bisognerebbe sfruttare l'opportunità offerta già dalla legge finanziaria 2007 che, almeno dal punto di vista contabile, aveva riunito le risorse dei tre principali strumenti sopra elencati in un unico Fondo, il FIRST.
      L'azione del FIRST, anche in coerenza con gli orientamenti e le impostazioni di Horizon 2020, potrebbe dunque concentrarsi sui seguenti settori di intervento, prevedendo che annualmente il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca definisca ambiti di intervento, obiettivi da perseguire, strumenti da attivare e contenuti delle azioni:

          sostegno all'avanzamento della conoscenza su tecnologie chiavi abilitanti, attraverso interventi mission oriented che vedano insieme attività di ricerca di base e di ricerca industriale congiuntamente svolte dal sistema della ricerca pubblica e delle imprese;

          sostegno alla crescita della competitività del «sistema Paese», attraverso interventi diretti a sostenere la nascita e il potenziamento di pochi grandi cluster tecnologici nazionali pubblico-privati, specializzati su predefiniti e specifici ambiti tecnologici; gli interventi al riguardo possono ricomprendere il sostegno ad attività di ricerca e sviluppo, infrastrutturazione, formazione di capitale umano di alto livello qualitativo, azioni di trasferimento tecnologico e spin-off di nuova imprenditorialità innovativa, internazionalizzazione e scambi bilaterali e multilaterali, agevolazioni fiscali dedicate;

          risposta attraverso l'utilizzo dello strumento degli appalti pre-commerciali di ricerca e sviluppo (public procurement) alle cosiddette «Social Big Challenges», attivando anche interventi cofinanziati con altre amministrazioni centrali e regionali;

          specializzazione in senso smart del sistema industriale nazionale, attraverso il sostegno competitivo a progetti di ricerca industriali orientati a tale obiettivo;

          rafforzamento della capacità di offerta di ricerca del sistema pubblico, attraverso azioni di infrastrutturazione, formazione di capitale umano, valorizzazione dei risultati, trasferimento tecnologico degli stessi e generazione di nuova imprenditorialità, con priorità tuttavia alle analoghe azioni inserite nell'ambito dei cluster;

          sostegno ad attività di ricerca nazionali inserite in accordi e programmi dell'Unione europea e internazionali;

 

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          sostegno ad attività di ricerca industriale volte al recupero di imprese industriali in crisi (anche se forse questa potrebbe essere un'azione, oggi condotta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma da trasferire al Ministero dello sviluppo economico);

          sostegno alla ricerca libera, in particolare nel campo delle scienze umane e sociali, e di quella portata avanti da giovani ricercatori; in tale quadro, appare utile inserire anche azioni di Social Innovation, sempre condotte da giovani creativi.

      Le disposizioni del presente capo rappresentano una sorta di «testo unico» delle norme a base delle quali il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca gestisce i suoi interventi a sostegno di tale ricerca.
      Parte delle norme comportano la revisione degli strumenti a disposizione del Ministero anche in materia di aiuti di Stato.
      Il decreto legislativo n. 297 del 1999, già modificato dall'articolo 30 decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 5, è stato attuato con decreto ministeriale n. 593 del 2000. Tale decreto è stato notificato alla Commissione europea in quanto relativo alla materia degli aiuti alle imprese e la sua validità è fissata al 31 dicembre 2013. Pertanto le nuove disposizioni, da un lato, mirano a introdurre in modo organico le necessarie innovazioni normative e, dall'altro, consentono di emanare un nuovo regolamento per il regime degli aiuti (materia regolata dal decreto ministeriale n. 593 del 2000).
      Trattasi, dunque, di disposizioni di natura meramente ordinamentale da cui non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che non generano alcun effetto finanziario.
      La normativa definisce gli interventi di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale e di ricerca industriale, estese a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale, nonché delle connesse attività di formazione per la valorizzazione del capitale umano, nel rispetto delle disposizioni europee.
      La normativa individua i soggetti che possono beneficiare degli interventi di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      La norma, rispetto alla vigente normativa introduce e chiarisce le nuove tipologie ammissibili, frutto dell'esperienza nazionale e comunitaria in materia di ricerca. In particolare la norma precisa la portata e gli ambiti degli interventi su cui si poggia l'iniziativa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in tema di ricerca fondamentale, industriale e sperimentale.
      La previsione del FIRST, conferma quanto già previsto dalla legge n. 296 del 2006 e cioè che la copertura degli interventi del presente titolo è posta a carico di un unico Fondo, il FIRST, istituito proprio dall'articolo 1, comma 870, della stessa legge, ferme restando le disposizioni relative al credito agevolato del FAR. Per rispondere alla particolare situazione di crisi economico-finanziaria, si prevede una modalità di «copertura a garanzia» degli anticipi concessi alle imprese mediante la trattenuta dell'accantonamento di una quota del finanziamento dei progetti. La disposizione ricalca comunque le regole di partecipazione già previste all'articolo 38 («Meccanismo di copertura dei rischi») del regolamento (CE) n. 1906/2006, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 (Regole per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università alle azioni nell'ambito del 7o programma quadro e per la diffusione dei risultati della ricerca).
      Le modalità di attuazione, oltre a prevedere l'adozione da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di indirizzi in ordine agli obiettivi e alle priorità di intervento e alle attività di cui al presente capo, dispone al comma 2 dell'articolo 62 l'emanazione di decreti di natura non regolamentare per la definizione delle procedure. Il decreto che verrà

 

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emanato, facendo riferimento al regime di aiuti di Stato dovrà, come previsto per il richiamato decreto ministeriale n. 593 del 2000, essere notificato per l'approvazione alla Commissione europea.
      Le procedure di valutazione individuano i princìpi fondamentali in materia di procedure di valutazione dei progetti di ricerca industriale, con l'obiettivo di rendere le stesse più snelle e più rispondenti a princìpi di economicità, efficacia ed efficienza. In sostituzione dell'attuale Comitato tecnico scientifico, previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 297 del 1999, è previsto un ruolo attivo, nella scelta degli esperti cui affidare la valutazione tecnico-scientifica dei singoli progetti, del Comitato nazionale dei garanti della ricerca (CNGR), di cui all'articolo 21 della legge 30 dicembre 2010, n. 240. La disposizione, pertanto, sopprimendo il Comitato tecnico-scientifico realizza una riduzione degli organismi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con conseguente economia di spesa come da allegata relazione tecnica.
      L'articolo 63, «Disposizioni finali», abroga il decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, e parte dell'articolo 104 della legge n. 388 del 2000, relativo al FIRB. Si prevedono, inoltre, la notifica e l'approvazione da parte della Commissione europea del decreto di natura non regolamentare di cui al presente capo, quale nuovo regime di aiuti. La norma prevede infine, al comma 4, la modifica dell'articolo 20 della legge n. 240 del 2010 di riforma dell'università.

Articolo 64.

      La norma prevede l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva a tutte le età e tra tutti gli strati della popolazione, con una dotazione finanziaria pari a 23 milioni di euro per l'anno 2012.
      L'intervento è finalizzato alla realizzazione di nuovi impianti sportivi ovvero alla ristrutturazione di quelli esistenti, per favorire l'accesso agli sport di base e le attività delle associazioni sportive dilettantistiche operanti sul territorio.
      La disposizione raccoglie, in un quadro di rilancio dello sviluppo, istanze avvertite dal mondo sportivo, specie con riferimento alle carenze delle infrastrutture sportive nelle regioni del sud, oggetto anche di specifiche iniziative legislative di origine parlamentare ed è inoltre coerente con le risultanze di studi e ricerche svolti in materia, quali l'indagine conoscitiva condotta dalla VII Commissione del Senato della Repubblica nel giugno 2011.
      Con decreto di natura non regolamentare del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e la Conferenza unificata, sono definiti i criteri per l'erogazione delle risorse finanziarie del Fondo di cui al comma 1.
      La norma prevede una dotazione finanziaria pari a 23 milioni di euro. Tale dotazione trova copertura, quanto a 14 milioni di euro, sul capitolo di spesa 984 iscritto al Centro di responsabilità (CDR) n. 18 «Sport» del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi del decreto del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport 19 aprile 2012; quanto a 9 milioni di euro dalla revoca di fondi, rivenienti dal capitolo 991 del suddetto CDR, trasferiti all'Istituto per il credito sportivo, per la mancata realizzazione delle opere inizialmente previste.

Articolo 65.

      La norma prevede il riconoscimento delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate svolgenti attività sportiva per disabili quali associazioni con personalità giuridica di diritto privato. Più in particolare, la norma prevede che il predetto riconoscimento sia concesso, ai fini sportivi, a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, da parte

 

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del Consiglio nazionale del Comitato italiano paralimpico (CIP).
      Tale disposizione, che non comporta oneri a carico della finanza pubblica, ha l'obiettivo di estendere alle federazioni e discipline sportive associate svolgenti attività sportiva per disabili la disciplina prevista dall'articolo 15 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, per le federazioni e le discipline sportive riconosciute dal CONI.
      L'estensione è operata modificando l'articolo 2 della legge 15 luglio 2003, n. 189.

Articolo 66.

      Muovendo dall'esperienza maturata attraverso le iniziative condotte nell'ambito dei sistemi turistici locali e dei distretti turistici, si intende incentivare il rafforzamento di circuiti virtuosi tra le imprese turistico-alberghiere e tra queste e l'indotto economico-produttivo ad esse collegato, favorendo maggiori sinergie locali e intese commerciali di filiera fra tutti i soggetti interessati.
      Attraverso la costituzione di reti di impresa e di filiera si consente una maggiore efficacia di promozione del territorio e una più alta capacità di penetrazione nei mercati esteri, con un abbattimento dei relativi costi per economie di scala. Inoltre si incrementano sinergie volte a promuovere e sviluppare specifici prodotti turistici locali, quali ad esempio l'enogastronomia delle singole aree, incentivando tutte le attività degli altri settori produttivi presenti sul territorio e favorendo il consumo in zona delle produzioni locali con conseguente riduzione dell'impatto ambientale rappresentato dal trasporto.
      I progetti pilota potranno essere localizzati su aree che, per le specifiche caratteristiche di prodotto, di territorio e di organizzazione, potranno garantire la replicabilità degli interventi su altri territori nazionali.
      Gli interventi dovranno prevedere iniziative di formazione per la qualificazione professionale del personale, sia sugli aspetti specificamente di miglioramento delle abilità linguistiche, che su quelli inerenti alle capacità di accoglienza legate ai diversi mercati di provenienza della clientela turistica.
      È previsto un coinvolgimento dell'ENIT per la promozione sui mercati internazionali, i cui interventi sono comunque svolti utilizzando le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente.

Articolo 67.

      A partire dagli anni novanta i Governi che si sono succeduti hanno avviato progetti per la realizzazione di un Centro internazionale di alta formazione nel turismo, da collocare preferibilmente nel Mezzogiorno d'Italia.
      Progetti che non sono mai arrivati a conclusione e che spesso non hanno mai visto l'inizio non per divergenze su motivazioni di fondo, sulle quali, anzi, era sempre stata trovata la più ampia convergenza «bipartisan», ma sempre e solo per ragioni contingenti (fine legislatura) o per oggettive difficoltà ad individuare la sede del Centro.
      Nessuna divergenza dunque da parte dei diversi schieramenti nel riconoscere l'importanza del turismo e soprattutto del suo peso e della sua incidenza sul PIL (10 per cento per l'Italia e tra il 10 e il 15 per cento per le economie di molti altri Paesi).
      Così come nel riconoscere le potenzialità di crescita del settore, come ricordato continuamente dall'OCSE e dall'UNWTO, che parlano di un raddoppio dei volumi generati nell'arco dei prossimi anni (2012-2015).
      Il turismo è inoltre riconosciuto come uno dei comparti più «labour intensive» dell'economia e certamente lo diverrà ancor più in futuro anche grazie alla crisi che coinvolge altri importanti settori produttivi.
      Il 50 per cento circa del turismo mondiale si consuma, ancora oggi, nel Mediterraneo, e quest'ultimo continuerà a mantenere la sua leadership ancora a lungo.

 

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      L'Italia sta nel cuore del Mediterraneo, ha un brand fortissimo (OCSE 2011: «Italy è il brand turistico più forte a livello globale») ed è sicuramente una «grande potenza» del turismo mondiale.
      Alla leadership italiana come destinazione non corrisponde tuttavia una leadership made in Italy nel sistema della formazione e, più in generale, nel sistema dell’education a livello internazionale.
      L'analisi condotta con il Rapporto sullo stato della formazione universitaria per il turismo in Italia – dicembre 2009 – evidenzia alcune specificità del «sistema Italia».
      Il sistema formativo italiano sui temi del turismo ha per molti anni concentrato la propria offerta nel segmento dei percorsi di scuola superiore secondaria, attraverso la presenza di istituti alberghieri e di istituti professionali per il turismo.
      Solo a fine anni novanta sono comparsi i primi corsi di laurea in turismo, principalmente all'interno di due classi di laurea: la classe L15 relativa alle scienze del turismo e la classe L18 relativa alle scienze dell'economia e della gestione aziendale.
      Oggi in Italia sono presenti 39 corsi di laurea triennale in 32 atenei, tra i quali anche un corso di laurea nella classe L1 – scienze dei beni culturali per il turismo, un corso di laurea nella classe L11 – lingue e culture moderne, un corso di laurea nella classe L6 – geografia, un corso di laurea nella classe L33 – scienze economiche e due corsi di laurea nella classe L12 – mediazione linguistica.
      Al secondo livello – lauree magistrali – sono presenti 28 corsi di laurea in 24 atenei principalmente nelle classi LM49 – progettazione e gestione dei sistemi turistici e LM56 – scienze dell'economia. Sono presenti un corso di laurea in classe LM76 – scienze economiche per l'ambiente e la cultura, un corso di laurea in classe LM77 – scienze economico-aziendali, un corso di laurea in classe LM14 – filologia moderna, due corsi di laurea nella classe LM38 – lingue moderne per la cooperazione internazionale.
      I dati sinteticamente riportati evidenziano la presenza di una ricca offerta formativa a livello universitario in turismo. Offerta formativa che si è sviluppata in circa dieci anni all'interno di classi di laurea tra loro anche molto diverse. La presenza di corsi di laurea in classi diverse non agevola la comparazione dei percorsi di studio e la possibilità per gli operatori e gli attori appartenenti all'industria turistica di comprenderne le differenze e le peculiarità, anche sulla base delle esigenze occupazionali di cui gli stessi possono essere portatori. La non agevole comparabilità dei percorsi di studio rappresenta una potenziale criticità del sistema, sia in fase di orientamento per gli studenti, ossia di scelta e di accesso al percorso di studio medesimo, sia in fase terminale per il placement, ossia per la scelta da parte degli operatori e per l'inserimento dei giovani laureati nel mondo del lavoro. La difficoltà di orientamento riguarda gli studenti al momento della decisione di intraprendere un percorso di laurea post diploma e le aziende e gli operatori al momento della selezione dei candidati a ricoprire posizioni professionali nel mercato del lavoro. Alla complessità delle classi dei corsi di laurea si accompagna una varietà di percorsi formativi, anche all'interno delle medesime classi, con insegnamenti non sempre omogenei.
      La domanda di manager per il turismo (nella sua accezione più ampia e non limitata al solo settore alberghiero) continuerà a crescere in Italia, in Europa, nel Mediterraneo e nel resto del mondo.
      Tra i tanti Francia, Svizzera e Stati Uniti d'America hanno avviato in questi ultimi anni progetti di scuole (università) di qualità per il turismo. I risultati finora ottenuti sono molto positivi.
      La debolezza del sistema formativo universitario italiano agevola a livello internazionale il successo e la leadership di istituzioni di altri Paesi con importanti ripercussioni anche sul settore produttivo del turismo e sulla qualificazione dell'offerta turistica nazionale, come evidenziato nel primo studio comparativo effettuato dal Comitato per la razionalizzazione dell'offerta
 

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formativa turistica e la promozione della cultura dell'ospitalità presentato a Roma nel mese di settembre 2011.
      Dette ripercussioni si rilevano nella misurazione del grado di modernità e di innovazione all'interno dell'industria turistica, nel livello di competitività del sistema di offerta turistica a livello internazionale, anche rispetto alle dinamiche della domanda, e nella capacità di sviluppo e di crescita dell'intero sistema produttivo anche in termini di attrazione di investimenti da parte di operatori stranieri.
      I Paesi analizzati nello studio hanno, tra le altre cose, in comune la tradizione del proprio sistema formativo turistico a tutti i livelli della filiera formativa. Non è un caso che molte delle esperienze oggi considerate eccellenti a livello internazionale abbiano le proprie radici all'inizio del secolo scorso o, addirittura, alla fine del XIX secolo come la Scuola di Losanna.
      In tutti i Paesi analizzati e anche in molti altri il terzo livello di formazione nel turismo (formazione universitaria) nasce come evoluzione delle scuole superiori di turismo, ossia come evoluzione del livello secondario di istruzione. Detta evoluzione ha favorito la creazione di percorsi formativi di terzo livello in grado di rispondere ai reali bisogni del sistema produttivo anche perché in molti casi il processo di evoluzione è stato assistito o addirittura indotto proprio dagli attori che appartengono al sistema produttivo turistico medesimo. Ciò è quanto accaduto in Svizzera con riguardo ad alcune istituzioni impegnate nell'alta formazione turistica. Analogamente in Francia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti d'America.
      In Italia, diversamente, il processo di attivazione dell'offerta formativa universitaria in turismo non ha visto un'evoluzione di tipo bottom-up, ma è stato generato all'interno delle stesse istituzioni universitarie attraverso un percorso di tipo top-down. Questa è la principale causa dello scollegamento tra il terzo livello della filiera formativa (formazione universitaria) e le esigenze del mondo del lavoro in termini di fabbisogno di competenze. Il processo di attivazione dei percorsi formativi di terzo livello, infatti, non ha coinvolto gli attori appartenenti alla filiera produttiva con la conseguente realizzazione di contenuti spesso coerenti con le esigenze delle istituzioni formative di appartenenza, ma distanti dai bisogni dei potenziali destinatari degli stessi.
      Il processo top-down, che ha portato l'Italia negli ultimi dieci anni ad attivare corsi di laurea in turismo, ha determinato sia lo scollegamento a valle con il mercato del lavoro, le imprese e le amministrazioni pubbliche sia lo scollegamento a monte con gli istituti professionali alberghieri e tecnici per il turismo. Detto duplice scollegamento è la principale causa delle inefficienze dell'intero sistema formativo. Ad esso si deve aggiungere la mancanza di percorsi di alta formazione rivolti ai manager del settore pubblico. I manager pubblici spesso si occupano di turismo senza aver effettuato studi specifici in questo settore: alle esigenze di formazione si aggiungono pertanto esigenze di aggiornamento anche per seguire le continue dinamiche che caratterizzano il settore in forte evoluzione su scala globale.
      Con le previsioni dell'articolo in questione e con l'istituzione della Fondazione di studi universitari e di perfezionamento sul turismo si intende contribuire al superamento delle esposte criticità dell'impianto formativo nazionale di settore.
      La Fondazione deve qualificarsi come nodo di raccordo e ponte tra istituti superiori di eccellenza per il turismo e il mondo imprenditoriale, nonché promuovere l'interscambio culturale e produttivo tra questo e il settore pubblico del comparto. A tal fine, nell'offerta formativa è da prevedere l'attivazione di specifici corsi di aggiornamento con scambio di esperienze e con reciproci stage formativi tra il settore pubblico e il settore privato, volti a favorire l'acquisizione di conoscenze comuni per la conseguente riqualificazione del prodotto turistico nazionale e la costruzione di una consapevole cultura dell'accoglienza, al passo con le rinnovate istanze dei turisti consumatori anche stranieri.
 

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      Con successivo decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, sarà adottato lo statuto della Fondazione che disciplinerà scopo e attività, organi e modalità di funzionamento della stessa, individuando le università e altri interlocutori del mondo imprenditoriale con i quali la Fondazione medesima opererà in via immediata e prioritaria.

Articolo 68.

      Le compagnie assicurative pagano un'imposta annua dello 0,35 per cento sulle riserve matematiche ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 209 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 265 del 2002, che rappresenta un acconto di quanto versato a titolo di imposta sostitutiva ex articolo 26-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 al momento del riscatto della polizza.
      Nel caso delle polizze emesse da compagnie assicurative estere, si riscontra che normalmente le compagnie non pagano l'imposta annua dello 0,35 per cento, avvalendosi di un chiarimento dell'Agenzia delle entrate (circolare 62/E del 31 dicembre 2003) secondo cui: «l'imposta dello 0,20 per cento (oggi 0,35 per cento) non è dovuta dalle imprese di assicurazioni estere che, pur operando nel territorio dello Stato, non intendono provvedere agli adempimenti di sostituzione tributaria, lasciando al contribuente l'onere di indicare i predetti redditi di capitale di natura assicurativa nella dichiarazione annuale dei redditi».
      Si osserva tra l'altro che i contribuenti, che sarebbero tenuti a indicare la polizza nel quadro RW in quanto trattasi di attività finanziaria estera, abitualmente sottoscrivono il contratto di assicurazione per il tramite di un intermediario residente (tipicamente una fiduciaria), esercitando l'opzione per il cosiddetto «risparmio amministrato» che consente di ottenere l'esonero dagli adempimenti di monitoraggio valutario.
      Inoltre, per evitare di indicare il reddito derivante dal riscatto della polizza nel Modello UNICO, alcuni contribuenti decidono di cedere, anziché riscattare, la polizza ad un soggetto terzo, realizzando un reddito diverso (anziché un reddito di capitale) sul quale l'intermediario residente applica l'imposta sostitutiva ex articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997.
      Premesso che l'articolo 26-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 – che disciplina il pagamento dell'imposta sostitutiva sul reddito di capitale derivante dal riscatto – non attribuisce all'intermediario che interviene nella sottoscrizione del contratto la possibilità di agire come sostituto d'imposta, si propone di estendere: all'intermediario, che interviene nella sottoscrizione del contratto, la possibilità di agire come sostituto d'imposta per l'applicazione dell'imposta sostitutiva; a tale intermediario l'obbligo di applicare – a titolo di acconto – l'imposta dello 0,35 per cento annuo (che sarà scomputata dal versamento finale dell'imposta sostitutiva).

Articolo 69.

      L'articolo prevede la copertura finanziaria per gli oneri previsti dal decreto.

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

      1. È convertito in legge il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese.
      2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

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Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, pubblicato nel supplemento ordinario n. 129 alla
Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno 2012.

Misure urgenti per la crescita del Paese.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

        Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

        Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per favorire la crescita, lo sviluppo e la competitività nei settori delle infrastrutture, dell'edilizia e dei trasporti, nonché per il riordino degli incentivi per la crescita e lo sviluppo sostenibile finalizzate ad assicurare, nell'attuale situazione di crisi internazionale ed in un'ottica di rigore finanziario e di effettivo rilancio dello sviluppo economico, un immediato e significativo sostegno e rinnovato impulso al sistema produttivo del Paese, anche al fine di garantire il rispetto degli impegni assunti in sede europea indispensabili, nell'attuale quadro di contenimento della spesa pubblica, al conseguimento dei connessi obiettivi di stabilità e di crescita;

        Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 15 giugno 2012;

        Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali, della giustizia, delle politiche agricole alimentari e forestali, per la cooperazione internazionale e l'integrazione e per gli affari regionali, il turismo e lo sport;

emana
il seguente decreto-legge:

TITOLO I
MISURE URGENTI PER LE INFRASTRUTTURE L'EDILIZIA ED I TRASPORTI

Capo I
INFRASTRUTTURE – MISURE PER L'ATTRAZIONE DI CAPITALI PRIVATI

Articolo 1.
(Integrazione della disciplina relativa all'emissione di obbligazioni e di titoli di debito da parte delle società di progetto – project bond).

        1. Gli interessi delle obbligazioni di progetto emesse dalle società di cui all'articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,

 

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sono soggette allo stesso regime fiscale previsto per i titoli del debito pubblico.

        2. All'articolo 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dopo le parole: «diversi dalle banche» sono aggiunte le seguenti: «e dalle società di cui all'articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».

        3. Le garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle emissioni di obbligazioni e titoli di debito da parte delle società di cui all'articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, nonché le relative eventuali surroghe, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali emissioni, sono soggette alle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa di cui rispettivamente al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 e al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.

        4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, si applicano alle obbligazioni emesse nei tre anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

        5. È ammessa l'emissione di obbligazioni ai sensi dell'articolo 157 anche ai fini del rifinanziamento del debito precedentemente contratto per la realizzazione dell'infrastruttura o delle opere connesse al servizio di pubblica utilità di cui sia titolare.

Articolo 2.
(Disposizioni in materia di finanziamento di infrastrutture mediante defiscalizzazione).

        1. All'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al comma 1, l'alinea è sostituita dalla seguente:

        «1. Al fine di favorire la realizzazione di nuove infrastrutture, previste in piani o programmi di amministrazioni pubbliche, da realizzare con contratti di partenariato pubblico privato di cui all'articolo 3, comma 15-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, riducendo ovvero azzerando il contributo pubblico a fondo perduto, in modo da assicurare la sostenibilità economica dell'operazione di partenariato pubblico privato tenuto conto delle condizioni di mercato, possono essere previste, per le società di progetto costituite ai sensi dell'articolo 156 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonché, a seconda delle diverse tipologie di contratto, per il soggetto interessato, le seguenti misure:»;

            b) il comma 2-ter è soppresso;

            c) al comma 2-quater:

                1) le parole: «di cui ai commi 2-bis e 2-ter» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 2-bis»;

 

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                2) le parole: «di cui ai predetti commi 2-bis e 2-ter» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al predetto comma 2-bis»;

            d) dopo il comma 2-quater è inserito il seguente:

        «2-quinquies. Restano salve le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 990 e 991, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con riguardo agli interventi di finanza di progetto già individuati ed in parte finanziati ai sensi del citato comma 991.».

Articolo 3.
(Conferenza di servizi preliminare e requisiti per la predisposizione degli studi di fattibilità nella finanza di progetto).

        1. All'articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

        «1-bis. In relazione alle procedure di cui all'articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la conferenza dei servizi è sempre indetta. La conferenza si esprime sulla base dello studio di fattibilità per le procedure che prevedono che lo stesso sia posto a base di gara ovvero sulla base del progetto preliminare per le procedure che prevedono che lo stesso sia posto a base di gara. Le indicazioni fornite in sede di conferenza possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento.».

        2. All'articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

        «2-bis. Lo studio di fattibilità da porre a base di gara è redatto dal personale delle amministrazioni aggiudicatrici in possesso dei requisiti soggettivi necessari per la sua predisposizione in funzione delle diverse professionalità coinvolte nell'approccio multidisciplinare proprio dello studio di fattibilità. In caso di carenza in organico di personale idoneamente qualificato, le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare la redazione dello studio di fattibilità a soggetti esterni, individuati con le procedure previste dal presente codice.».

Articolo 4.
(Percentuale minima affidamento lavori a terzi nelle concessioni).

        All'articolo 51, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le parole: «50 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «60 per cento».

 

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Capo II
INFRASTRUTTURE – MISURE DI SEMPLIFICAZIONE E ACCELERAZIONE

Articolo 5.
(Determinazione corrispettivi a base di gara per gli affidamenti di contratti di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria).

        1. All'articolo 9 comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

            «Ai fini della determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, si applicano i parametri individuati con il decreto di cui al primo periodo, da emanarsi, per gli aspetti relativi alle disposizioni di cui al presente periodo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; con il medesimo decreto sono altresì definite le classificazioni delle prestazioni professionali relative ai predetti servizi. I parametri individuati non possono condurre alla determinazione di un importo a base di gara superiore a quello derivante dall'applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell'entrata in vigore del presente decreto.».

        2. Fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 9 comma 2, penultimo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le tariffe professionali e le classificazioni delle prestazioni vigenti prima della data di entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 1 del 2012 possono continuare ad essere utilizzate, ai soli fini, rispettivamente, della determinazione del corrispettivo da porre a base di gara per l'affidamento dei contratti pubblici di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria e dell'individuazione delle prestazioni professionali.

Articolo 6.
(Utilizzazione crediti d'imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali).

        1. Al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dopo l'articolo 26, è inserito il seguente:

            «Art. 26-bis. (Utilizzazione di crediti d'imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali e investimenti finalizzati al miglioramento dei servizi pubblici locali). – 1. A decorrere dall'esercizio 2012, il limite massimo determinato dall'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dei crediti di imposta compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, non si applica agli enti locali che abbiano maturato il credito di imposta in relazione ai dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in società per azioni.

 

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        2. I rimborsi dovuti ai sensi dell'articolo 1, comma 52, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e le compensazioni di cui al comma 1 sono destinati esclusivamente alla realizzazione di infrastrutture necessarie per il miglioramento dei servizi pubblici, nel rispetto degli obiettivi fissati dal patto di stabilità interno.».

Articolo 7.
(Disposizioni urgenti in materia di gallerie stradali e ferroviarie e di laboratori autorizzati ad effettuare prove ed indagini).

        1. Per le attività di cui al numero 80 della Tabella dell'Allegato I del regolamento emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 1o agosto 2011, n. 151, esistenti alla data di pubblicazione del predetto regolamento, gli adempimenti amministrativi stabiliti dal medesimo regolamento sono espletati entro i sei mesi successivi al completamento degli adeguamenti previsti nei termini disciplinati dall'articolo 55, comma 1-bis, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

        2. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 19 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, per ciascuna attività di cui al comma 1 del presente articolo, i gestori presentano al Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, una scheda asseverata da un tecnico qualificato, contenente le caratteristiche e le dotazioni antincendio allo stato esistenti, nonché una relazione riportante, per gli aspetti di sicurezza antincendio, il programma operativo degli interventi di adeguamento da realizzare nei termini prescritti.

        3. All'articolo 59 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il comma 2 è sostituito dal seguente:

        «2. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può autorizzare, con proprio decreto, ai sensi del presente capo, altri laboratori ad effettuare:

            a) prove sui materiali da costruzione;

            b) indagini geotecniche in sito, compresi il prelievo dei campioni e le prove in sito;

            c) prove di laboratorio su terre e rocce.».

Articolo 8.
(Grande evento EXPO 2015 e Fondazione La Grande Brera).

        1. Al fine di reintegrare l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nell'importo originariamente

 

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previsto, per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015 è autorizzata la spesa di 4.092.408 euro per il 2012, di 4.680.489 euro per il 2013, di 3.661.620 euro per il 2014 e di 987.450 euro per il 2015.

        2. All'articolo 14, comma 2, primo capoverso, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo la parola: «urgente», sono aggiunte le seguenti: «, il quale, con proprio provvedimento, può nominare uno o più delegati per specifiche funzioni.».

        3. A seguito dell'ampliamento e della risistemazione degli spazi espositivi della Pinacoteca di Brera e del riallestimento della relativa collezione, il Ministro per i beni e le attività culturali, nell'anno 2013, costituisce la fondazione di diritto privato denominata «Fondazione La Grande Brera», con sede in Milano, finalizzata al miglioramento della valorizzazione dell'Istituto, nonché alla gestione secondo criteri di efficienza economica.

        4. La Fondazione di cui al comma 3 è costituita ai sensi del regolamento di cui al decreto ministeriale 27 novembre 2001, n. 491 e del codice civile. L'atto costitutivo prevede il conferimento in uso alla Fondazione, mediante assegnazione al relativo fondo di dotazione, della collezione della Pinacoteca di Brera, dell'immobile che la ospita, nonché degli eventuali ulteriori beni mobili e immobili individuati con apposito decreto ministeriale. Lo statuto della Fondazione prevede l'esercizio da parte del Ministero della vigilanza sul conseguimento di livelli adeguati di pubblica fruizione delle opere d'arte e delle raccolte in uso o nella titolarità della Fondazione.

        5. Oltre al Ministero per i beni e le attività culturali, che assume la qualità di fondatore, possono partecipare alla Fondazione di cui al comma 3, in qualità di soci promotori, secondo le modalità stabilite dallo statuto, gli enti territoriali nel cui ambito la Fondazione ha sede, che assumano l'impegno di contribuire stabilmente al fondo di gestione in misura non inferiore al Ministero. Possono altresì diventare soci, previo consenso del fondatore e dei soci promotori, altri soggetti, pubblici e privati, i quali contribuiscano ad incrementare il fondo di dotazione e il fondo di gestione della Fondazione nella misura e secondo le modalità stabilite dallo statuto.

        6. Il funzionamento della Fondazione di cui al comma 3 è assicurato mediante un apposito fondo di gestione, alimentato annualmente dal Ministero per i beni e le attività culturali per un importo pari a 2.000.000,00 di euro. Alla relativa spesa si provvede, a decorrere dal 2013, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, con specifico riferimento alle risorse di parte corrente.

        7. La Fondazione di cui al comma 3 può avvalersi di personale appartenente ai ruoli del Ministero per i beni e le attività culturali e degli enti territoriali che abbiano acquisito la qualità di soci promotori, sulla base di protocolli d'intesa stipulati ai sensi dell'articolo 23-bis, commi 7 e seguenti, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I protocolli d'intesa prevedono l'integrale rimborso della spesa

 

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per il suddetto personale alle amministrazioni di appartenenza. La gestione finanziaria della Fondazione è soggetta al controllo della Corte dei conti.

Capo III
MISURE PER L'EDILIZIA

Articolo 9.
(Ripristino IVA per cessioni e locazioni nuove costruzioni).

        1. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 10, primo comma, i numeri 8), 8-bis) e 8-ter) sono sostituiti dai seguenti:

        «8) le locazioni e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria, e di fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati e affittati, escluse le locazioni, per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione, di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro delle politiche per la famiglia ed il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive del 22 aprile 2008, e di fabbricati strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni;

        8-bis) le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato diversi da quelli di cui al numero 8-ter), escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, ovvero quelle effettuate dalle stesse imprese anche successivamente nel caso in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;

        8-ter) le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi

 

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hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;»;

            b) all'articolo 17, sesto comma, la lettera a-bis) è sostituita dalla seguente:

        «a-bis) alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell'articolo 10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione»;

            c) alla tabella A, parte terza, il n. 127-duodevicies) è sostituito dal seguente:

        «127-duodevicies) locazioni di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e locazioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro delle politiche per la famiglia e il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, del 22 aprile 2008».

Articolo 10.
(Ulteriori misure per la ricostruzione e la ripresa economica nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012).

        1. I Commissari delegati di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, provvedono, nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessate dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, per i quali è stato adottato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o giugno 2012 di differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 130 del 6 giugno 2012, nonché di quelli ulteriori indicati nei successivi decreti adottati ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in termini di somma urgenza alla progettazione e realizzazione di moduli temporanei abitativi – destinati all'alloggiamento provvisorio delle persone la cui abitazione è stata distrutta o dichiarata inagibile con esito di rilevazione dei danni di tipo «E» o «F», ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 maggio 2011 – ovvero destinati ad attività scolastica ed uffici pubblici, nonché delle connesse opere di urbanizzazione e servizi, per consentire la più sollecita sistemazione delle persone fisiche ivi residenti o stabilmente dimoranti,

 

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ove non abbiano avuto assicurata altra sistemazione nell'ambito degli stessi comuni o dei comuni limitrofi.

        2. I Commissari delegati provvedono, sentiti i sindaci dei comuni interessati, alla localizzazione delle aree destinate alla realizzazione dei moduli di cui al comma 1, anche in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche, utilizzando prioritariamente le aree di ricovero individuate nei piani di emergenza, se esistenti. Non si applicano gli articoli 7 ed 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il provvedimento di localizzazione comporta dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere di cui al comma 1 e costituisce decreto di occupazione d'urgenza delle aree individuate.

        3. L'approvazione delle localizzazioni di cui al comma 2, se derogatoria dei vigenti strumenti urbanistici, costituisce variante degli stessi e produce l'effetto della imposizione del vincolo preordinato alla espropriazione. Le aree destinate alla realizzazione dei moduli temporanei dovranno essere soggette alla destinazione d'uso di area di ricovero. In deroga alla normativa vigente ed in sostituzione delle notificazioni ai proprietari ed ogni altro avente diritto o interessato da essa previste. I Commissari delegati danno notizia della avvenuta localizzazione e conseguente variante mediante pubblicazione del provvedimento all'albo del comune e su due giornali, di cui uno a diffusione nazionale ed uno a diffusione regionale. L'efficacia del provvedimento di localizzazione decorre dal momento della pubblicazione all'albo comunale. Non si applica l'articolo 11 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.

        4. Per le occupazioni d'urgenza e per le eventuali espropriazioni delle aree per l'attuazione del piano di cui al comma 1, i Commissari delegati provvedono, prescindendo da ogni altro adempimento, alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli. Il verbale di immissione in possesso costituisce provvedimento di provvisoria occupazione a favore dei Commissari delegati o di espropriazione, se espressamente indicato, a favore della Regione o di altro ente pubblico, anche locale, specificatamente indicato nel verbale stesso. L'indennità di provvisoria occupazione o di espropriazione è determinata dai Commissari delegati entro dodici mesi dalla data di immissione in possesso, tenuto conto delle destinazioni urbanistiche antecedenti la data del 29 maggio 2012.

        5. Avverso il provvedimento di localizzazione ed il verbale di immissione in possesso è ammesso esclusivamente ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato. Non sono ammesse le opposizioni amministrative previste dalla normativa vigente.

        6. L'utilizzazione di un bene immobile in assenza del provvedimento di localizzazione o del verbale di immissione in possesso, o comunque di un titolo ablatorio valido, può essere disposta dai Commissari delegati, in via di somma urgenza, con proprio provvedimento, espressamente motivando la contingibilità ed urgenza della utilizzazione. L'atto di acquisizione di cui all'articolo 42-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, è adottato, ove ritenuto necessario, con successiva ordinanza, dai

 

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Commissari delegati a favore del patrimonio indisponibile della Regione o di altro ente pubblico anche locale.

        7. L'affidamento degli interventi può essere disposto anche con le modalità di cui all'articolo 57, comma 6, del codice dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, anche in caso di affidamento ai sensi dell'articolo 176 del medesimo decreto legislativo, compatibilmente con il quadro emergenziale e con la collaborazione, anche in ambito locale, degli ordini professionali e delle associazioni di categoria di settore. In deroga all'articolo 118 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è consentito il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento.

        8. Alla realizzazione dei moduli temporanei destinati ad uffici pubblici ovvero all'attività scolastica, provvedono i presidenti delle regioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, potendosi anche avvalere del competente provveditorato interregionale per le opere pubbliche e dei competenti uffici scolastici provinciali, che operano nell'ambito delle proprie attività istituzionali, con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

        9. I Commissari delegati possono procedere al reperimento di alloggi per le persone sgomberate anche individuando immobili non utilizzati per il tempo necessario al rientro delle popolazioni nelle abitazioni riparate o ricostruite, assicurando l'applicazione di criteri uniformi per la determinazione del corrispettivo d'uso.

        10. Secondo criteri indicati dai Commissari delegati con proprie ordinanze, l'assegnazione degli alloggi di cui al comma 1 e al comma 8 è effettuata dal sindaco del comune interessato, il quale definisce le modalità dell'uso provvisorio, anche gratuito, degli stessi da parte dei beneficiari.

        11. I comuni per i quali è stato adottato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o giugno 2012 di differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 130 del 6 giugno 2012, nonché di quelli ulteriori indicati nei successivi decreti adottati ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, predispongono, d'intesa con i Commissari delegati, sentito il presidente della provincia territorialmente competente, e d'intesa con quest'ultimo nelle materie di sua competenza, la ripianificazione del territorio comunale definendo le linee di indirizzo strategico per assicurarne la ripresa socio-economica, la riqualificazione dell'abitato e garantendo un'armonica ricostituzione del tessuto urbano abitativo e produttivo, tenendo anche conto degli insediamenti abitativi realizzati ai sensi del comma 1.

        12. Agli oneri derivanti dai commi da 1 a 11 del presente articolo, si fa fronte, nel limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74.

        13. Per consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, il 35 per cento delle risorse destinate nell'esercizio 2012 dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro – bando ISI 2012 – ai sensi dell'articolo 11,

 

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comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, viene trasferito alle contabilità speciali di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, per finanziare interventi di messa in sicurezza, anche attraverso la loro ricostruzione, dei capannoni e degli impianti industriali a seguito degli eventi sismici che hanno colpito l'Emilia, la Lombardia e il Veneto. La ripartizione fra le regioni interessate delle somme di cui al precedente periodo, nonché i criteri generali per il loro utilizzo sono definite, su proposta dei presidenti delle regioni interessate, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali. Si applicano, in quanto compatibili, le previsioni di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 74 del 2012.

        14. Sulla base di apposita convenzione da stipularsi con il Ministero dell'economia e delle finanze, Fintecna o società da questa interamente controllata assicura alla regione Emilia-Romagna il supporto necessario per le attività tecnico-ingegneristiche dirette a fronteggiare con la massima tempestività le esigenze delle popolazioni colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, individuate ai sensi dell'articolo 1 comma 1 del decreto-legge n. 74 del 2012. Ai relativi oneri, nel limite di euro 2 milioni per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, si provvede nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74.

        15. All'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tal fine, i Presidenti delle regioni possono costituire apposita struttura commissariale, composta di personale dipendente delle pubbliche amministrazioni in posizione di comando o distacco, nel limite di quindici unità, i cui oneri sono posti a carico delle risorse assegnate nell'ambito della ripartizione del Fondo, di cui all'articolo 2, con esclusione dei trattamenti fondamentali che restano a carico delle amministrazioni di appartenenza.».

Articolo 11.
(Detrazioni per interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico).

        1. Per le spese documentate, sostenute dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2013, relative agli interventi di cui all'articolo 16-bis, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, spetta una detrazione dall'imposta lorda pari al 50 per cento, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. Restano ferme le ulteriori disposizioni contenute nel citato articolo 16-bis.

        2. All'articolo 1, comma 48, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Per le spese sostenute dal 1o gennaio 2013 al 30 giugno 2013, fermi restando i valori massimi, le detrazioni spettano per una quota pari al 50 per cento delle spese stesse».

 

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        3. All'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, l'ultimo periodo è soppresso; la presente disposizione si applica a decorrere dal 1o gennaio 2012.

Articolo 12.
(Piano nazionale per le città).

        1. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti predispone un piano nazionale per le città, dedicato alla riqualificazione di aree urbane con particolare riferimento a quelle degradate. A tal fine, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Cabina di regia del piano, composta da due rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui uno con funzioni di presidente, da due rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero per i beni e le attività culturali, del Ministero dell'interno, dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per lo sviluppo e la coesione economica, per la cooperazione internazionale e l'integrazione e per la coesione territoriale, dell'Agenzia del demanio, della Cassa depositi e prestiti, dell'Associazione nazionale comuni italiani e, in veste di osservatori, da un rappresentante del Fondo Investimenti per l'Abitare (FIA) di CDP Investimenti SGR e da un rappresentante dei Fondi di investimento istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell'economia e delle finanze costituita ai sensi dell'articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di funzionamento della Cabina di regia.

        2. Ai fini della predisposizione del piano di cui al comma 1, i comuni inviano alla Cabina di regia proposte di Contratti di valorizzazione urbana costituite da un insieme coordinato di interventi con riferimento ad aree urbane degradate, indicando:

            a) la descrizione, le caratteristiche e l'ambito urbano oggetto di trasformazione e valorizzazione;

            b) gli investimenti ed i finanziamenti necessari, sia pubblici che privati, comprensivi dell'eventuale cofinanziamento del comune proponente;

            c) i soggetti interessati;

            d) le eventuali premialità;

            e) il programma temporale degli interventi da attivare;

            f) la fattibilità tecnico-amministrativa.

 

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        3. La Cabina di regia seleziona le proposte sulla base dei seguenti criteri:

            a) immediata cantierabilità degli interventi;

            b) capacità e modalità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati;

            c) riduzione di fenomeni di tensione abitativa, di marginalizzazione e degrado sociale;

            d) miglioramento della dotazione infrastrutturale anche con riferimento all'efficientamento dei sistemi del trasporto urbano;

            e) miglioramento della qualità urbana, del tessuto sociale ed ambientale.

        4. La Cabina di regia, sulla base degli apporti e delle risorse messe a disposizione dai vari organismi che la compongono, definisce gli investimenti attivabili nell'ambito urbano selezionato; la stessa propone al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la destinazione delle risorse del Fondo di cui al comma 5 alle finalità del Contratto di valorizzazione urbana. La Cabina di regia promuove, di intesa con il comune interessato, la sottoscrizione del Contratto di valorizzazione urbana che regolamenta gli impegni dei vari soggetti pubblici e privati, prevedendo anche la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa. L'insieme dei Contratti di valorizzazione urbana costituisce il piano nazionale per le città.

        5. Per l'attuazione degli interventi previsti dal presente articolo, a decorrere dall'esercizio finanziario 2012 e fino al 31 dicembre 2017, è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo, denominato «Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città», nel quale confluiscono le risorse, non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ai seguenti programmi:

            a) interventi costruttivi finanziati ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per i quali non siano stati ratificati, entro il termine del 31 dicembre 2007, gli accordi di programma previsti dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, e già destinate all'attuazione del piano nazionale di edilizia abitativa ai sensi dell'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni;

            b) programmi di recupero urbano finanziati ai sensi dell'articolo 2, comma 63, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dell'articolo 1, comma 8 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dell'articolo 61, comma 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;

 

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            c) programmi innovativi in ambito urbano, finanziati ai sensi dell'articolo 145, comma 33, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dell'articolo 4, comma 3. della legge 8 febbraio 2001, n. 21.

        6. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, nel limite di euro 10 milioni per l'anno 2012, di euro 24 milioni per l'anno 2013, di euro 40 milioni per l'anno 2014 e di euro 50 milioni per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, si provvede mediante utilizzo delle risorse previste alle lettere a) e b) del comma 5 che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate sul Fondo di cui al medesimo comma 5.

        7. I programmi di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per i quali sia stato ratificato l'Accordo di programma entro il 31 dicembre 2007 ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge 28 febbraio 2006, n. 51, possono essere rilocalizzati nell'ambito della medesima regione ovvero in regioni confinanti ed esclusivamente nei comuni capoluogo di provincia. È esclusa, in ogni caso, la possibilità di frazionare uno stesso programma costruttivo in più comuni. A tal fine il termine per la ratifica degli Accordi di programma di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è fissato al 31 dicembre 2013.

        8. All'articolo 2 della legge 1o agosto 2002, n. 166, il comma 5 è sostituito dal seguente:

        «5. Agli interventi di edilizia sovvenzionata di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, si applicano i limiti di costo di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 5 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 20 agosto 1994, vigenti in ciascuna regione e aggiornati ai sensi dell'articolo 9 del medesimo decreto, fermo restando, in ogni caso, il finanziamento statale ed il numero complessivo degli alloggi da realizzare.».

        9. Per gli interventi di edilizia sovvenzionata rilocalizzati ai sensi del comma 7 il soggetto attuatore contribuisce con fondi propri all'incremento del finanziamento statale di edilizia sovvenzionata ai fini della completa realizzazione dell'intervento costruttivo. Le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 si applicano anche ai programmi già finanziati ai sensi dell'articolo 18 del citato decreto-legge n. 152 del 1991 per i quali risulti già sottoscritta la convenzione attuativa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e per i quali si renda necessario procedere ad aggiornarne i costi di realizzazione.

Articolo 13.
(Semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l'esercizio dell'attività edilizia).

        1. All'articolo 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241, il terzo periodo del comma 1 è sostituito dal seguente: «Nei casi in cui la normativa

 

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vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.».

        2. All'articolo 23 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

        «1-bis. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati relative alla sussistenza dei requisiti e presupposti previsti dalla legge, dagli strumenti urbanistici approvati o adottati e dai regolamenti edilizi, da produrre a corredo della documentazione di cui al comma 1, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

        1-ter. La denuncia, corredata dalle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dai relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la denuncia si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, si procede alla individuazione dei criteri e delle modalità per l'utilizzo esclusivo degli strumenti telematici, ai fini della presentazione della denuncia.»;

            b) al comma 3, prima delle parole: «Qualora l'immobile», sono inserite le seguenti: «Nel caso dei vincoli e delle materie oggetto dell'esclusione di cui al comma 1-bis,»;

            c) al comma 4, prima delle parole: «Qualora l'immobile», sono inserite le seguenti: «Nel caso dei vincoli e delle materie oggetto dell'esclusione di cui al comma 1-bis,».

 

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Capo IV
MISURE PER I TRASPORTI

Articolo 14.
(Autonomia finanziaria dei porti).

        1. Alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, dopo l'articolo 18 è inserito il seguente:

        «Art. 18-bis. – (Autonomia finanziaria delle autorità portuali e finanziamento della realizzazione di opere nei porti).1. Al fine di agevolare la realizzazione delle opere previste nei rispettivi piani regolatori portuali e nei piani operativi triennali e per il potenziamento della rete infrastrutturale e dei servizi nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti, è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti alimentato su base annua, in misura pari all'1 per cento dell'imposta sul valore aggiunto e delle accise riscosse nei porti e negli interporti rientranti nelle circoscrizioni territoriali delle autorità portuali, nel limite di 70 milioni di euro annui.

        2. Entro il 30 aprile di ciascun esercizio finanziario, il Ministero dell'economia e delle finanze quantifica l'ammontare delle riscossioni dell'imposta sul valore aggiunto e delle accise nei porti rientranti nelle circoscrizioni territoriali delle autorità portuali e la quota da iscrivere nel fondo.

        3. Le autorità portuali trasmettono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la documentazione relativa alla realizzazione delle infrastrutture portuali in attuazione del presente articolo.

        4. Il fondo di cui al comma 1 è ripartito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, attribuendo a ciascun porto l'ottanta per cento della quota delle riscossioni dell'imposta sul valore aggiunto e delle accise ad esso relative e ripartendo il restante venti per cento tra i porti, con finalità perequative, tenendo altresì conto delle previsioni dei rispettivi piani operativi triennali e piani regolatori portuali.

        5. Per la realizzazione delle opere e degli interventi di cui al comma 1, le autorità portuali possono, in ogni caso, fare ricorso a forme di compartecipazione del capitale privato, secondo la disciplina della tecnica di finanza di progetto di cui all'articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche ed integrazioni, stipulando contratti di finanziamento a medio e lungo termine con istituti di credito nazionali ed internazionali abilitati, inclusa la Cassa depositi e prestiti S.p.A.

        6. Sono abrogati i commi da 247 a 250 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.».

 

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        2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 13, comma 12, della legge 11 marzo 1988, n. 67.

Articolo 15.
(Disposizioni finanziarie in materia di infrastrutturazione portuale).

        1. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 2, comma 2-novies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, la disposizione di cui all'ultimo periodo del comma 2-undecies dello stesso articolo 2, si applica ai fondi trasferiti ed imputati ad opere i cui bandi di gara sono stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto. I finanziamenti non rientranti nella predetta fattispecie sono revocati e le relative risorse sono destinate alle finalità stabilite dal medesimo articolo 2, comma 2-novies, con priorità per gli investimenti di cui alla lettera a), secondo le modalità e procedure di cui all'articolo 2, commi da 2-novies a 2-undecies, del predetto decreto-legge n. 225 del 2010.

Articolo 16.
(Disposizioni urgenti per la continuità dei servizi di trasporto).

        1. Al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, alla Gestione governativa navigazione laghi sono attribuite, per l'anno 2012, risorse pari a euro 6.000.000,00. Le maggiori risorse di cui al presente comma sono destinate al finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale. È comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, della legge 18 luglio 1957, n. 614.

        2. Per la prosecuzione del servizio intermodale dell'autostrada ferroviaria alpina attraverso il valico del Frejus, è autorizzata, per l'anno 2012, la spesa di euro 4.500.000,00.

        3. Al fine di garantire il contributo dovuto, per l'anno 2012, per l'esercizio della Funivia Savona-San Giuseppe, in concessione a Funivie S.p.A, è autorizzata, per l'anno 2012, la spesa di euro 5.000.000,00.

        4. Al fine di consentire l'attivazione delle procedure per il trasferimento della proprietà sociale dello Stato delle Ferrovie della Calabria s.r.l. e delle Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici s.r.l., rispettivamente alle Regioni Calabria e Puglia, nonché per garantire il raggiungimento di obiettivi di efficientamento e razionalizzazione della gestione aziendale, è autorizzata la spesa complessiva di euro 40.000.000,00, a condizione che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto siano sottoscritti con le regioni interessate i relativi accordi di trasferimento entro il 31 dicembre 2012.

 

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        5. Il Commissario ad acta nominato ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per l'attuazione delle misure relative alla razionalizzazione e al riordino delle società partecipate regionali, recate dal piano di stabilizzazione finanziaria della Regione Campania approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 20 marzo 2012, al fine di consentire l'efficace realizzazione del processo di separazione tra l'esercizio del trasporto ferroviario regionale e la proprietà, gestione e manutenzione della rete, anche in applicazione dell'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, salvaguardando i livelli essenziali delle prestazioni e la tutela dell'occupazione, effettua, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, una ricognizione della consistenza dei debiti e dei crediti delle società esercenti il trasporto regionale ferroviario. Nei successivi 60 giorni, sulla base delle risultanze dello stato dei debiti e dei crediti, il Commissario elabora un piano di rientro dal disavanzo accertato e un piano dei pagamenti, alimentato dalle risorse regionali disponibili in bilancio e dalle entrate conseguenti all'applicazione delle disposizioni di cui al comma 9, della durata massima di 60 mesi, da sottoporre all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze. Il piano di rientro dovrà individuare gli interventi necessari al perseguimento delle finalità sopra indicate e all'equilibrio economico delle suddette società, nonché le necessarie azioni di riorganizzazione, riqualificazione o potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro.

        6. Nelle more della predisposizione dei piani di cui al comma 5 ed al fine di garantire la continuità dell'erogazione dei servizi di trasporto pubblico regionale nel rispetto della normativa vigente e con le risorse disponibili allo scopo a carico del bilancio regionale, il Commissario adotta ogni atto necessario ad assicurare lo svolgimento della gestione del servizio da parte di un unico gestore a livello di ambito o bacino territoriale ottimale, coincidente con il territorio della Regione, ai sensi dell'articolo 4, comma 32, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, garantendo in ogni caso il principio di separazione tra la gestione del servizio e la gestione e manutenzione delle infrastrutture.

        7. Al fine di assicurare lo svolgimento delle attività di cui al comma 5 e l'efficienza e continuità del servizio di trasporto secondo le modalità di cui al comma 6, per un periodo di 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche concorsuali, nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale ed i pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolano gli enti debitori e i terzi pignorati, i quali possono disporre delle somme per le finalità istituzionali delle stesse società. I relativi debiti insoluti producono, nel suddetto periodo di dodici mesi, esclusivamente gli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile, fatti salvi gli accordi tra le parti che prevedono tassi di interesse inferiori.

 

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        8. È istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un tavolo tecnico, senza oneri per la finanza pubblica, di verifica degli adempimenti regionali per la disamina, in prima istanza, della documentazione pervenuta per la stipula e la successiva sottoscrizione dell'accordo di approvazione dei piani di cui al comma 5, sottoscritto dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze e dal Presidente della Regione.

        9. A copertura dei debiti del sistema di trasporto regionale su ferro, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e previa approvazione dei piani di cui al comma 5, la Regione Campania può utilizzare, per gli anni 2012 e 2013, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui alla delibera CIPE n. 1/2009 del 6 marzo 2009, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 137 del 16 giugno 2009, ad esse assegnate, entro il limite complessivo di 200 milioni di euro. A decorrere dall'anno 2013, subordinatamente al mancato verificarsi dei presupposti per l'aumento delle misure di cui all'articolo 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il predetto aumento automatico è destinato alla ulteriore copertura del piano di rientro di cui al comma 5. A decorrere dal medesimo anno, per garantire la completa copertura del piano di rientro, nel caso in cui si verifichino i presupposti per l'aumento delle misure di cui all'articolo 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, l'incremento nelle misure fisse ivi previsto è raddoppiato. Il Ministero delle infrastrutture comunica al Ministero dell'economia e delle finanze e all'Agenzia delle entrate, il verificarsi delle condizioni per l'applicazione del predetto incremento automatico.

        10. I termini per l'approvazione dei bilanci consuntivi delle società di cui al comma 5 sono differiti al sessantesimo giorno successivo all'approvazione dei piani di cui allo stesso comma 5.

Articolo 17.
(Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea).

        1. All'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, le parole: «entro e non oltre il 30 giugno 2012» sono sostituite dalle seguenti: «entro e non oltre il 31 dicembre 2012».

Titolo II
MISURE URGENTI PER L'AGENDA DIGITALE E LA TRASPARENZA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Articolo 18.
(Amministrazione aperta).

        1. La concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l'attribuzione dei corrispettivi e dei compensi

 

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a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla pubblicità sulla rete internet, ai sensi del presente articolo e secondo il principio di accessibilità totale di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

        2. Nei casi di cui al comma 1 ed in deroga ad ogni diversa disposizione di legge o regolamento, nel sito internet dell'ente obbligato sono indicati: a) il nome dell'impresa o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali; b) l'importo; c) la norma o il titolo a base dell'attribuzione; d) l'ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; e) la modalità seguita per l'individuazione del beneficiario; f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio.

        3. Le informazioni di cui al comma 2 sono riportate, con link ben visibile nella homepage del sito, nell'ambito dei dati della sezione «Trasparenza, valutazione e merito» di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009, che devono essere resi di facile consultazione, accessibili ai motori di ricerca ed in formato tabellare aperto che ne consente l'esportazione, il trattamento e il riuso ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

        4. Le disposizioni del presente articolo costituiscono diretta attuazione dei princìpi di legalità, buon andamento e imparzialità sanciti dall'articolo 97 della Costituzione, e ad esse si conformano entro il 31 dicembre 2012, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere g), h), l), m), r) della Costituzione, tutte le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali, i concessionari di servizi pubblici e le società a prevalente partecipazione o controllo pubblico. Le regioni ad autonomia speciale vi si conformano entro il medesimo termine secondo le previsioni dei rispettivi Statuti.

        5. A decorrere dal 1o gennaio 2013, per le concessioni di vantaggi economici successivi all'entrata in vigore del presente decreto-legge, la pubblicazione ai sensi del presente articolo costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni ed attribuzioni di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell'anno solare previste dal comma 1, e la sua eventuale omissione o incompletezza è rilevata d'ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l'indebita concessione o attribuzione del beneficio economico. La mancata, incompleta o ritardata pubblicazione è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da parte dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 30 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

        6. Restano fermi l'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i decreti legislativi 7 marzo 2005, n. 82, 12 aprile 2006, n. 163 e 6 settembre 2011, n. 159, l'articolo 8 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52 e le ulteriori disposizioni in materia di pubblicità. Ai pagamenti obbligatori relativi ai rapporti di lavoro dipendente ed ai connessi

 

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trattamenti previdenziali e contributivi si applicano le disposizioni ad essi proprie. Il Governo, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è autorizzato ad adottare entro il 31 dicembre 2012, previo parere della Conferenza unificata, un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a coordinare le predette disposizioni con il presente articolo ed a disciplinare le modalità di pubblicazione dei dati di cui ai commi precedenti anche sul portale nazionale della trasparenza di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009. Lo stesso regolamento potrà altresì disciplinare le modalità di attuazione del presente articolo in ordine ai pagamenti periodici e per quelli diretti ad una pluralità di soggetti sulla base del medesimo titolo.

        7. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e alle attività previste si farà fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Articolo 19.
(Istituzione dell'Agenzia per l'Italia digitale).

        1. È istituita l'Agenzia per l'Italia Digitale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

        2. L'Agenzia opera sulla base di princìpi di autonomia organizzativa, tecnico-operativa, gestionale, di trasparenza e di economicità. Per quanto non previsto dal presente decreto all'Agenzia si applicano gli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Articolo 20.
(Funzioni).

        1. L'Agenzia per l'Italia Digitale è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla Cabina di regia di cui all'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in legge con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e con l'Agenda digitale europea.

        2. L'Agenzia svolge, altresì, fatte salve le funzioni dell'INDIRE per quanto attiene il supporto allo sviluppo dell'innovazione del piano di innovazione nelle istituzioni scolastiche, le funzioni di coordinamento, di indirizzo e regolazione affidate a DigitPA dalla normativa vigente e, in particolare, dall'articolo 3 del decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 177 fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, nonché le funzioni affidate all'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione istituita dall'articolo 1, comma 368, lettera d), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e le funzioni svolte dal

 

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Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'Agenzia assicura il coordinamento informatico dell'amministrazione statale, regionale e locale, in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

        3. In particolare l'Agenzia:

            a) contribuisce alla diffusione dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, allo scopo di favorire l'innovazione e la crescita economica, anche mediante l'accelerazione della diffusione delle Reti di nuova generazione (NGN);

            b) elabora indirizzi, regole tecniche e linee guida in materia di omogeneità dei linguaggi, delle procedure e degli standard, anche di tipo aperto, per la piena interoperabilità e cooperazione applicativa tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione e tra questi e i sistemi dell'Unione Europea;

            c) assicura l'uniformità tecnica dei sistemi informativi pubblici destinati ad erogare servizi ai cittadini ed alle imprese, garantendo livelli omogenei di qualità e fruibilità sul territorio nazionale, nonché la piena integrazione a livello europeo;

            d) supporta e diffonde le iniziative in materia di digitalizzazione dei flussi documentali delle amministrazioni, ivi compresa la fase della conservazione sostitutiva, accelerando i processi di informatizzazione dei documenti amministrativi e promuovendo la rimozione degli ostacoli tecnici che si frappongono alla realizzazione dell'amministrazione digitale e alla piena ed effettiva attuazione del diritto all'uso delle tecnologie di cui all'articolo 3 del Codice dell'amministrazione digitale;

            e) vigila sulla qualità dei servizi e sulla razionalizzazione della spesa in materia informatica, in collaborazione con CONSIP Spa, anche mediante la collaborazione inter-istituzionale nella fase progettuale e di gestione delle procedure di acquisizione dei beni e servizi, al fine di realizzare l'accelerazione dei processi di informatizzazione e risparmi di spesa;

            f) promuove e diffonde le iniziative di alfabetizzazione informatica rivolte ai cittadini, nonché di formazione e addestramento professionale destinate ai pubblici dipendenti, anche mediante intese con la Scuola Superiore della pubblica amministrazione e il Formez, e il ricorso a tecnologie didattiche innovative;

            g) effettua il monitoraggio dell'attuazione dei piani di Information and Communication Technology (ICT) delle pubbliche amministrazioni, redatti in osservanza delle prescrizioni di cui alla lettera b), sotto il profilo dell'efficacia ed economicità proponendo agli organi di governo degli enti e, ove necessario, al Presidente del Consiglio dei Ministri i conseguenti interventi correttivi.

        4. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono affidate a Consip Spa le funzioni di cui all'articolo 3, comma 2, lettera

 

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c) del decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 177, limitatamente alla formulazione dei pareri sulla congruità economica e tecnica degli interventi e dei contratti relativi all'acquisizione di beni e servizi informatici e telematici, al monitoraggio dell'esecuzione degli interventi e dei contratti suddetti, nonché le funzioni di cui alla lettera d) e quelle di cui al comma 3 del medesimo articolo.

        5. Per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 4, Consip S.p.A. applica il contributo di cui all'articolo 18, comma 3, del decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 177 e al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 giugno 2010.

Articolo 21.
(Organi e statuto).

        1. Sono organi dell'Agenzia:

            a) il Direttore generale;

            b) il Comitato di indirizzo;

            c) il Collegio dei revisori dei conti.

        2. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei Ministri, o il Ministro delegato, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'economia e finanze nomina, previo avviso pubblico, il Direttore generale tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione.

        3. Il Direttore generale è il legale rappresentante dell'Agenzia, la dirige e ne è responsabile. Resta in carica tre anni.

        4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è approvato lo statuto dell'Agenzia entro 45 giorni dalla nomina del Direttore generale, in conformità ai princìpi e criteri direttivi previsti dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in quanto compatibili con il presente decreto. Lo Statuto prevede che il Comitato di indirizzo sia composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, un rappresentante del Ministero dell'economia e finanze e due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata. I rappresentanti partecipano al Comitato di indirizzo senza oneri a carico della finanza pubblica. Con

 

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lo statuto sono altresì disciplinate le modalità di nomina, le attribuzioni e le regole di funzionamento del Comitato di indirizzo e le modalità di nomina del Collegio dei Revisori.

Articolo 22.
(Soppressione di DigitPa, dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, successione dei rapporti e individuazione delle effettive risorse umane e strumentali).

        1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, DigitPA e l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per 1'innovazione sono soppressi.

        2. Al fine di garantire la continuità dei rapporti facenti capo agli enti soppressi, gli organi in carica alla data di approvazione del presente decreto continuano a svolgere le rispettive funzioni fino alla nomina del Direttore generale e deliberano altresì i bilanci di chiusura degli enti soppressi alla data di cessazione degli enti stessi, corredati della relazione redatta dall'organo interno di controllo in carica alla medesima data e trasmessi per l'approvazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze. Il Direttore Generale esercita in via transitoria le funzioni svolte dagli enti soppressi e dal Dipartimento di cui all'articolo 20, comma 2, in qualità di commissario straordinario fino alla nomina degli altri organi dell'Agenzia.

        3. Sono trasferite all'Agenzia per l'Italia digitale il personale di ruolo delle amministrazioni di cui all'articolo 20, comma 2, le risorse finanziarie e strumentali degli enti e delle strutture di cui al medesimo articolo 20, comma 2, compresi i connessi rapporti giuridici attivi e passivi, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale. È fatto salvo il diritto di opzione per il personale in servizio a tempo indeterminato presso il Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per i restanti rapporti di lavoro l'Agenzia subentra nella titolarità del rapporto fino alla naturale scadenza.

        4. Il personale attualmente in servizio in posizione di comando presso le amministrazioni di cui all'articolo 20, comma 2, può optare per il transito alle dipendenze dell'Agenzia. Il transito è effettuato, previo interpello, con valutazione comparativa della qualificazione professionale posseduta nonché dell'esperienza maturata nel settore dell'innovazione tecnologica, dell'anzianità di servizio nelle amministrazioni di cui all'articolo 20, comma 2, e dei titoli di studio. Il personale comandato non transitato all'Agenzia ritorna alle amministrazioni o agli enti di appartenenza.

        5. Nelle more della definizione dei comparti di contrattazione, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al personale dell'Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto Ministeri.

 

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        6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla nomina del Direttore generale dell'Agenzia, è determinata l'effettiva dotazione delle risorse umane, nel limite del personale effettivamente trasferito ai sensi dei commi 3 e 4, con corrispondente riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni di provenienza, fissata entro un tetto massimo 150 unità, nonché la dotazione delle risorse finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'Agenzia stessa, tenendo conto del rapporto tra personale dipendente e funzioni dell'Agenzia, in un'ottica di ottimizzazione delle risorse e di riduzione delle spese per il funzionamento e per le collaborazioni esterne. Con lo stesso decreto è definita la tabella di equiparazione del personale trasferito con quello del personale appartenente al comparto Ministeri. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza, nonché il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento. Nel caso in cui risulti più elevato rispetto a quello del comparto Ministeri il personale percepisce per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici.

        7. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla nomina del Direttore generale dell'Agenzia e non oltre la data di adozione del decreto di cui al comma 4 6, le strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono adeguate in considerazione del trasferimento delle funzioni di cui all'articolo 20, comma 2.

        8. Dall'attuazione degli articoli 19, 20, 21 e 22 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato ed alle attività previste si farà fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

        9. All'Agenzia si applicano le disposizioni sul patrocinio e l'assistenza in giudizio di cui all'articolo 1 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.

Titolo III
MISURE URGENTI PER LO SVILUPPO ECONOMICO

Capo I
MISURE PER LA CRESCITA SOSTENIBILE

Articolo 23.
(Fondo per la crescita sostenibile).

        1. Le presenti disposizioni sono dirette a favorire la crescita sostenibile e la creazione di nuova occupazione nel rispetto delle

 

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contestuali esigenze di rigore nella finanza pubblica e di equità sociale, in un quadro di sviluppo di nuova imprenditorialità, con particolare riguardo al sostegno alla piccola e media impresa e di progressivo riequilibrio socio-economico, di genere e fra le diverse aree territoriali del Paese.

        2. Il Fondo speciale rotativo di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico assume la denominazione di «Fondo per la crescita sostenibile» (di seguito Fondo). Il Fondo è destinato, sulla base di obiettivi e priorità periodicamente stabiliti e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'ordinamento comunitario, al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo, con particolare riguardo alle seguenti finalità:

            a) la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione di rilevanza strategica per il rilancio della competitività del sistema produttivo, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese;

            b) il rafforzamento della struttura produttiva, in particolare del Mezzogiorno, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma;

            c) la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero, anche in raccordo con le azioni che saranno attivate dall'ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.

        3. Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 2, con decreti di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, sono individuate le priorità, le forme e le intensità massime di aiuto concedibili nell'ambito del Fondo, avuto riguardo a quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 ad eccezione del credito d'imposta. Le predette misure sono attivate con bandi ovvero direttive del Ministro dello sviluppo economico, che individuano, i termini, le modalità e le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni. Per la gestione degli interventi il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi, sulla base di apposita convenzione, di società in house ovvero di società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti, sulla base di un'apposita gara, secondo le modalità e le procedure di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Agli oneri derivanti dalle convenzioni e contratti di cui al presente comma si applica quanto previsto dall'articolo 3, comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 e dall'articolo 19, comma 5 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni con legge 3 agosto 2009, n. 102.

        4. Il Fondo può operare anche attraverso le due distinte contabilità speciali già intestate al Fondo medesimo esclusivamente per

 

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l'erogazione di finanziamenti agevolati che prevedono rientri e per gli interventi, anche di natura non rotativa, cofinanziati dall'Unione Europea o dalle regioni, ferma restando la gestione ordinaria in bilancio per gli altri interventi. Per ciascuna delle finalità indicate al comma 2 è istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo.

        5. Il comitato tecnico previsto dall'articolo 16, comma 2 della legge 17 febbraio 1982, n. 46 continua a svolgere le proprie funzioni, sino alla data del 31 dicembre 2015, per le attività e i procedimenti avviati alla data di entrata in vigore del presente decreto, che continuano ad essere disciplinati dalle pertinenti disposizioni attuative della medesima legge.

        6. I finanziamenti agevolati concessi a valere sul Fondo possono essere assistiti da garanzie reali e personali. È fatta salva la prestazione di idonea garanzia per le anticipazioni dei contributi.

        7. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge sono abrogate le disposizioni di legge indicate dall'allegato 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 11 del presente articolo.

        8. Gli stanziamenti iscritti in bilancio non utilizzati nonché le somme restituite o non erogate alle imprese, a seguito dei provvedimenti di revoca e di rideterminazione delle agevolazioni concesse ai sensi delle disposizioni abrogate ai sensi del precedente comma, così come accertate con decreto del Ministro dello sviluppo economico, affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati. Le predette disponibilità sono accertate al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti e per garantire la definizione dei procedimenti di cui al comma 11.

        9. Limitatamente agli strumenti agevolativi abrogati ai sensi del comma 7, le disponibilità esistenti sulle contabilità speciali nella titolarità del Ministero dello sviluppo economico e presso l'apposita contabilità istituita presso Cassa Depositi e Prestiti per l'attuazione degli interventi di cui all'articolo 2, comma 203, lettera f) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione dello stesso Ministero per la successiva assegnazione alla contabilità speciale del Fondo operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati. Le predette disponibilità sono accertate al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti e per garantire la definizione dei procedimenti di cui al successivo comma 11. Le predette contabilità speciali continuano ad operare fino al completamento dei relativi interventi ovvero, ove sussistano, degli adempimenti derivanti dalle programmazioni comunitarie già approvate dalla UE alla data di entrata in vigore del presente decreto.

        10. Al fine di garantire la prosecuzione delle azioni volte a promuovere la coesione e il riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese, le disponibilità accertate e versate al Fondo ai sensi dei commi 8 e 9 del presente articolo, rinvenienti da contabilità speciali o capitoli di bilancio relativi a misure di aiuto destinate alle

 

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aree sottoutilizzate sono utilizzate secondo il vincolo di destinazione di cui all'articolo 18, comma 1 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

        11. I procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto-legge sono disciplinati, ai fini della concessione e dell'erogazione delle agevolazioni e comunque fino alla loro definizione, dalle disposizioni delle leggi di cui all'Allegato 1 e dalle norme di semplificazione recate dal presente decreto-legge.

        12. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Articolo 24.
(Contributo tramite credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati).

        1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dalle dimensioni aziendali, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato, è concesso un contributo sotto forma di credito d'imposta del 35%, con un limite massimo pari a 200 mila euro annui ad impresa, del costo aziendale sostenuto per le assunzioni a tempo indeterminato di:

            a) personale in possesso di un dottorato di ricerca universitario conseguito presso una università italiana o estera se riconosciuta equipollente in base alla legislazione vigente in materia;

            b) personale in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico, di cui all'Allegato 2 al presente decreto, impiegato in attività di Ricerca e Sviluppo, come specificato al comma 3.

        Il credito d'imposta è riservato alle assunzioni di personale in possesso dei titoli accademici previsti alle lettere a) e b) del presente comma.

        2. Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di maturazione del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta nei quali lo stesso è utilizzato e non è soggetto al limite annuale di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

        3. Il credito d'imposta, di cui alla lettera b) del comma 1, è concesso per il personale impiegato nelle seguenti attività:

            a) lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni

 

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e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;

            b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);

            c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati ad uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati ad esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. L'eventuale, ulteriore sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi così generati dai costi ammissibili.

        4. Il diritto a fruire del contributo decade:

            a) se il numero complessivo dei dipendenti è inferiore o pari a quello indicato nel bilancio presentato nel periodo di imposta precedente all'applicazione del presente beneficio fiscale;

            b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;

            c) nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale.

        5. Per la gestione della misura di agevolazione di cui al presente articolo, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, potrà avvalersi, sulla base di apposita convenzione, di società in house ovvero di società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti, sulla base di un'apposita gara, secondo le modalità e le procedure di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

 

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        6. Per fruire del contributo le imprese presentano un'istanza, secondo le modalità che saranno individuate con il decreto di cui al comma 11, al Ministero dello sviluppo economico che concede il contributo nel rispetto del previsto limite di spesa di cui al comma 12.

        7. Qualora sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del contributo per il verificarsi del mancato rispetto delle condizioni previste dalle presenti disposizioni, il Ministero dello sviluppo economico procede, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge.

        8. I controlli avvengono sulla base di apposita documentazione contabile certificata da un professionista iscritto al registro dei revisori contabili o dal collegio sindacale. Tale certificazione va allegata al bilancio.

        9. Le imprese non soggette a revisione contabile del bilancio e prive di un collegio sindacale devono comunque avvalersi della certificazione di un revisore dei conti o di un professionista iscritto al registro dei revisori contabili che non abbia avuto, nei tre anni precedenti, alcun rapporto di collaborazione o di dipendenza con l'impresa stessa. Le spese sostenute per l'attività di certificazione contabile di cui al presente comma sono considerate ammissibili entro un limite massimo di 5 mila euro.

        10. Nei confronti del revisore contabile che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti per il rilascio della certificazione di cui ai commi 8 e 9 si applicano le disposizioni dell'articolo 64 del codice di procedura civile.

        11. Con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, sono adottate le disposizioni applicative necessarie.

        12. All'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 851, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo la parola «riassegnate» sono inserite le seguenti: «, per la parte eccedente l'importo di 25 milioni di euro per l'anno 2012 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013,».

        13. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2012 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013. Al relativo onere si provvede con le risorse rivenienti dal comma 12.

Articolo 25.
(Monitoraggio, controlli, attività ispettiva).

        1. Allo scopo di vigilare sul corretto utilizzo delle agevolazioni di cui al presente decreto-legge, il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, il quale svolge, anche d'iniziativa, analisi, ispezioni e controlli sui programmi di investimento

 

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ammessi alle agevolazioni. A tal fine, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sottoscrive un protocollo d'intesa con il Comandante della Guardia di Finanza. Per l'esecuzione delle attività di cui al comma 1, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, gli appartenenti al Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie:

            a) si avvalgono anche dei poteri e delle facoltà previsti dall'articolo 8, comma 4, lettere a) e b) del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;

            b) possono accedere, anche per via telematica, alle informazioni detenute nelle banche dati in uso al Ministero dello sviluppo economico, agli Enti previdenziali ed assistenziali, nonché, in esenzione da tributi e oneri, ai soggetti pubblici o privati che, su mandato del Ministero dello sviluppo economico, svolgono attività istruttorie e di erogazione di fondi pubblici. Tali soggetti pubblici e privati consentono, altresì, l'accesso alla documentazione in loro possesso connessa alla gestione delle risorse finanziarie pubbliche.

        2. Dall'attuazione del comma 1 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e alle attività previste si farà fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

        3. Gli oneri relativi alle attività ispettive sui programmi di investimento oggetto di agevolazioni concesse dal Ministero dello sviluppo economico, anche ai sensi delle disposizioni abrogate di cui all'articolo 23, comma 7, sono posti a carico del Fondo, entro il limite di 400.000 euro per anno.

        4. Per consentire lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 266 anche tramite analisi strutturate e continuative sull'efficacia degli interventi agevolativi, il Ministero della sviluppo economico determina, per ciascun intervento, gli impatti attesi tramite la formulazione di indicatori e valori-obiettivo. Di tale determinazione è data adeguata pubblicità sul sito istituzionale dell'Amministrazione anteriormente al termine iniziale di presentazione delle domande di agevolazione cui i predetti impatti si riferiscono.

        5. I soggetti beneficiari degli interventi di cui al presente decreto-legge si impegnano a fornire al Ministero dello sviluppo economico e ai soggetti dallo stesso incaricati, anche con cadenza periodica e tramite strumenti informatici, ogni informazione utile al monitoraggio dei programmi agevolati. I contenuti e le modalità di trasmissione delle predette informazioni sono individuati, tenuto conto delle caratteristiche e finalità dei singoli interventi agevolativi cui i programmi si riferiscono, con circolari del Ministero dello Sviluppo Economico. Con decreto del medesimo Ministero di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze sono individuati i contenuti minimi delle predette informazioni alla luce di quanto stabilito ed adottato per il sistema di monitoraggio del Quadro Strategico Nazionale 2007/2013 ed ai fini di quanto previsto dall'articolo

 

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13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. La non corretta alimentazione del sistema di monitoraggio da parte dei soggetti beneficiari degli interventi comporta per l'impresa inadempiente la sospensione dell'erogazione dei benefìci fino al ripristino delle condizioni di corretta alimentazione del predetto sistema ovvero, in caso di reiterazione dell'inadempimento, la revoca del beneficio concesso.

        6. Per consentire un'adeguata trasparenza degli interventi agevolativi disposti ai sensi del presente decreto-legge, il Ministero dello sviluppo economico pubblica sul proprio sito istituzionale l'elenco delle iniziative oggetto di finanziamento a valere sul fondo di cui all'articolo 23, comma 2.

Articolo 26.
(Moratoria delle rate di finanziamento dovute dalle imprese concessionarie di agevolazioni).

        1. In relazione ai finanziamenti agevolati già concessi dal Ministero dello sviluppo economico a valere sul Fondo di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valere sul Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, può essere disposta, per una sola volta, una sospensione di dodici mesi del pagamento della quota capitale delle rate con scadenza non successiva al 31 dicembre 2013. La sospensione determina la traslazione del piano di ammortamento per un periodo di dodici mesi. Gli interessi relativi alla rata sospesa sono corrisposti alle scadenze originarie ovvero, ove le rate risultino già scadute alla data di concessione del beneficio, entro sessanta giorni dalla predetta data, maggiorati degli interessi di mora. Al tal fine il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreti di natura non regolamentare da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, stabiliscono, per le agevolazioni di rispettiva competenza, condizioni e criteri per la concessione del suddetto beneficio nonché i termini massimi per la relativa richiesta, prevedendone l'applicazione anche alle iniziative nei cui confronti sia stata già adottata la revoca delle agevolazioni in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non sia stato iscritto a ruolo, e determinando, in tal caso, modalità di restituzione graduali. Qualora dalla traslazione del piano di ammortamento consegua il superamento dell'equivalente sovvenzione lordo massimo concedibile, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvedono, per le agevolazioni di rispettiva competenza, alla rideterminazione delle agevolazioni concesse all'impresa.

        2. La norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

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Articolo 27.
(Riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa).

        1. Nel quadro della strategia europea per la crescita, al fine di sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale, l'attrazione di nuovi investimenti nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali nei casi di situazioni di crisi industriali complesse con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, il Ministero dello sviluppo economico adotta Progetti di riconversione e riqualificazione industriale. Sono situazioni di crisi industriale complessa, quelle che, a seguito di istanza di riconoscimento della regione interessata, riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da:

            una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto;

            una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio.

        Non sono oggetto di intervento le situazioni di crisi che risultano risolvibili con risorse e strumenti di competenza regionale.

        2. I Progetti di cui al comma 1 promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili per cui ricorrano i presupposti, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi.

        Il Piano di promozione industriale di cui agli articoli 5, 6, e 8 della legge 15 maggio 1989, n. 181, come esteso dall'articolo 73 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si applica esclusivamente per l'attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale.

        3. Per assicurare l'efficacia e la tempestività dell'iniziativa, i Progetti di riconversione e riqualificazione industriale sono adottati mediante appositi accordi di programma che disciplinano gli interventi agevolativi, l'attività integrata e coordinata di amministrazioni centrali, regioni, enti locali e dei soggetti pubblici e privati, le modalità di esecuzione degli interventi e la verifica dello stato di attuazione e del rispetto delle condizioni fissate. Le opere e gli impianti compresi nel Progetto di riconversione e riqualificazione industriale sono dichiarati di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili.

        4. Le conferenze di servizi strumentali all'attuazione del Progetto sono indette dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Resta ferma la vigente normativa in materia di interventi di bonifica e risanamento ambientale dei siti contaminati.

        5. La concessione di finanziamenti agevolati mediante contributo in conto interessi per l'incentivazione degli investimenti di cui al decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni,

 

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dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, è applicabile, nell'ambito dei progetti di cui al comma 1 in tutto il territorio nazionale, fatte salve le soglie di intervento stabilite dalla disciplina comunitaria per i singoli territori, nei limiti degli stanziamenti disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        6. Per la definizione e l'attuazione degli interventi del Progetto di riconversione e riqualificazione industriale, il Ministero dello sviluppo economico si avvale dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, S.p.A., le cui attività sono disciplinate mediante apposita convenzione con il Ministero dello sviluppo economico. Gli oneri derivanti dalle predette convenzioni sono posti a carico delle risorse assegnate all'apposita sezione del fondo di cui all'articolo 23, comma 2 utilizzate per l'attuazione degli accordi di cui al presente articolo, nel limite massimo del 3 per cento delle risorse stesse.

        7. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, elabora misure volte a favorire il ricollocamento professionale dei lavoratori interessati da interventi di riconversione e riqualificazione industriale.

        8. Il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto di natura non regolamentare, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, disciplina le modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e determina i criteri per la definizione e l'attuazione dei Progetti di riconversione e riqualificazione industriale. Il Ministro dello sviluppo economico impartisce le opportune direttive all'Agenzia di cui al comma 6, prevedendo la priorità di accesso agli interventi di propria competenza.

        9. All'attuazione degli interventi previsti dai Progetti di cui ai commi precedenti, ivi compresi gli oneri relativi alla convenzione di cui al comma 6, si provvede a valere sulle risorse finanziarie individuate dalle Amministrazioni partecipanti di cui al comma 3 e, relativamente agli interventi agevolativi, a valere sulle risorse stanziate sugli strumenti agevolativi prescelti, ovvero, qualora non disponibili, sul Fondo di cui all'articolo 23, comma 2. Le attività del presente articolo sono svolte dalle amministrazioni territoriali partecipanti nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

        10. Le risorse destinate al finanziamento degli interventi di cui all'articolo 7 della legge n. 181 del 15 maggio 1989, al netto delle somme necessarie per far fronte agli impegni assunti e per finanziare eventuali domande oggetto di istruttoria alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per la successiva assegnazione al Fondo di cui all'articolo 23 comma 2.

        11. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

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Articolo 28.
(Semplificazione dei procedimenti agevolativi di «Industria 2015»).

        1. Le agevolazioni concesse in favore dei programmi oggetto dei progetti di innovazione industriale di cui all'articolo 1, comma 842 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 sono revocate qualora entro diciotto mesi dalla data del provvedimento di concessione delle agevolazioni non sia stata avanzata almeno una richiesta di erogazione per stato di avanzamento. Per i programmi di investimento per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sia stato già emanato il predetto provvedimento di concessione delle agevolazioni, la richiesta di erogazione per stato di avanzamento deve essere presentata entro il termine di sei mesi dalla predetta data di entrata in vigore, fatto salvo il maggior termine conseguente dall'applicazione del periodo precedente.

        2. Le imprese titolari dei progetti di cui al comma 1 decadono dalle agevolazioni concedibili qualora, decorsi 60 giorni dalla richiesta formulata dal soggetto gestore degli interventi, non provvedano a trasmettere la documentazione necessaria per l'emanazione del provvedimento di concessione delle agevolazioni.

        3. Il Ministero dello sviluppo economico adotta le necessarie misure anche di carattere organizzativo volte a semplificare ed accelerare le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei progetti di cui al comma 1. A tal fine lo stesso Ministero provvede ad emanare specifiche direttive nei confronti del soggetto gestore degli interventi.

Articolo 29.
(Accelerazione della definizione di procedimenti agevolativi).

        1. In considerazione della particolare gravità della crisi economica che ha colpito il sistema produttivo, le imprese beneficiarie delle agevolazioni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, e di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 215, non sono più tenute al rispetto degli obblighi derivanti dal calcolo degli indicatori utilizzati per la formazione delle graduatorie. Sono fatti salvi i provvedimenti già adottati.

        2. Al fine di conseguire la definitiva chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni di cui al comma 1, di quelle di cui alla legge 1o marzo 1986, n. 64, nonché di quelle concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area, qualora alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non sia stata avanzata alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento, il Ministero dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla predetta data, accerta la decadenza dai benefìci per l'insieme delle imprese interessate con provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

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        3. La rimodulazione dei programmi d'investimento oggetto di agevolazioni a valere sui contratti di programma di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 è consentita entro e non oltre un anno dalla data della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della delibera del CIPE di approvazione e finanziamento dei contratti. In tale caso il CIPE può prorogare il termine di ultimazione degli investimenti per non più di un anno dal termine originariamente previsto.

        4. Fatto salvo quanto previsto dal comma 3, non è consentito alcun differimento del termine di ultimazione degli investimenti, eventualmente prorogato, per effetto di variazioni del programma e dei soggetti proponenti.

        5. Qualora, con riferimento ai contratti di programma già oggetto di deliberazione del CIPE di approvazione e di finanziamento, non venga presentato il progetto esecutivo entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, il Ministero dello sviluppo economico dispone la decadenza delle imprese interessate dalle agevolazioni previste e ne dà comunicazione al CIPE. Per i programmi oggetto di notifica alla Commissione europea, il predetto termine decorre dalla comunicazione degli esiti della notifica, qualora successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

        6. È disposta la risoluzione dei contratti di programma già stipulati qualora, decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, l'impresa non abbia prodotto la documentazione comprovante l'avvio degli investimenti e l'ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie al predetto avvio. Qualora il contratto sia riferito ad una pluralità di iniziative, la risoluzione ha effetto limitatamente alle iniziative interessate dall'inadempimento.

        7. Nell'ambito dei contratti di programma, non si procede alla revoca delle agevolazioni qualora si registri uno scostamento dell'obiettivo occupazionale contenuto nel limite di cinquanta punti percentuali in diminuzione. Per scostamenti compresi tra gli ottanta e i cinquanta punti percentuali si applica una percentuale di revoca parziale pari alla differenza tra lo scostamento stesso ed il limite di cinquanta punti percentuali. Lo scostamento superiore agli ottanta punti percentuali è sanzionato con la revoca totale delle agevolazioni.

        8. Le iniziative agevolate ai sensi dell'articolo 12 della legge 6 ottobre 1982, n. 752, della legge 30 luglio 1990, n. 221, del decreto-legge 24 aprile 1993, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 1993, n. 204, e dell'articolo 114, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, purché avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono concluse entro il termine perentorio di diciotto mesi dalla predetta data. La documentazione finale di spesa è presentata dai beneficiari entro sei mesi, non più prorogabili, dalla scadenza del termine di ultimazione come sopra definito. Il mancato rispetto dei termini previsti dal presente articolo comporta la revoca delle agevolazioni.

        9. Il Ministro dello sviluppo economico, in presenza di situazioni di particolari gravità sotto il profilo economico e finanziario delle imprese beneficiarie tali comunque da minacciare la continuità delle attività produttive ed il mantenimento dei relativi livelli occupazionali,

 

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può disporre in via eccezionale la sospensione dei termini di ultimazione di programmi agevolati a valere sugli strumenti di propria competenza fino all'adozione dei conseguenti programmi di ristrutturazione anche tramite cessione dei complessi aziendali.

Articolo 30.
(Disposizioni relative al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca – FRI).

        1. All'articolo 1, comma 855, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto in fine il seguente periodo: «Gli interventi di cui al presente comma possono assumere anche la forma di contributi in conto interessi concessi dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano a valere sulle proprie risorse a fronte di finanziamenti deliberati da Cassa depositi e prestiti S.p.a. al tasso di interesse vigente pro tempore, determinato con il decreto di cui all'articolo 1, comma 358 della legge 30 dicembre 2004, n. 311».

        2. Per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 23, comma 2 del presente decreto-legge, i programmi e gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile possono essere agevolati anche a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (di seguito anche FRI) di cui all'articolo 1, comma 354 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. I finanziamenti agevolati concessi a valere sul FRI possono essere assistiti da idonee garanzie.

        3. Fermo restando quanto previsto dai commi 358, 359, 360 e 361 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le risorse non utilizzate del FRI al 31 dicembre 2012 e, a decorrere dal 2013, al 31 dicembre di ciascun anno, sono destinate alle finalità di cui al comma 2, nel limite massimo del 70 per cento delle risorse non ancora utilizzate di cui al comma 354. Ai fini del presente comma sono da intendersi non utilizzate le risorse già destinate dal CIPE per interventi in relazione ai quali non siano ancora state pubblicate le modalità per la presentazione delle istanze di accesso alle agevolazioni, ovvero quelle derivanti da rimodulazione o rideterminazione delle agevolazioni concedibili, nonché quelle provenienti dai rientri di capitale dei finanziamenti già erogati e dai rientri di capitale derivanti dalle revoche formalmente comminate.

        4. Con decreti interministeriali del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico sono determinate le modalità di ricognizione delle risorse non utilizzate di cui al comma 3, nonché le modalità di utilizzo e il riparto delle predette risorse tra gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 23, comma 2 del presente decreto-legge.

        5. Sono abrogati i commi 361-bis, 361-ter e 361-quater dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

        6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi oneri a carico della finanza pubblica.

 

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Articolo 31.
(Ulteriori disposizioni finanziarie).

        1. Al fine di dare attuazione all'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 10, nel rispetto degli impegni assunti precedentemente all'entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 225 del 2010, le residue disponibilità del fondo per il sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica di cui all'articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, giacenti sul conto corrente postale intestato al Ministero dello sviluppo economico, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato entro il termine di trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

        2. Le disponibilità del Fondo di cui all'articolo 1 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, al netto delle somme occorrenti a finanziare le domande già prevenute alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione dello stesso Ministero per la successiva assegnazione al Fondo di cui al titolo II della legge 27 febbraio 1985, n. 49.

        3. Le risorse annualmente assegnate al Ministero dello sviluppo economico per il finanziamento delle agevolazioni industriali la cui gestione non sia stata assunta dalle Regioni ai sensi degli articoli 10 e 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono riassegnate nel medesimo importo, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione dello stesso Ministero per essere utilizzate, previo accordo con le Regioni interessate, per iniziative in favore delle piccole e medie imprese operanti in tali Regioni.

        4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

        5. All'articolo 33, comma 32, della legge 12 novembre 2011, n. 183, le parole da «, la cui erogazione» a «contenziosi pregressi» sono soppresse.

Capo II
NUOVI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO PER LE IMPRESE

Articolo 32.
(Strumenti di finanziamento per le imprese).

        1. Ai fini del presente articolo per società si intendono le società non emittenti strumenti finanziari quotati su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle

 

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micro-imprese, come definite nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea del 6 maggio 2003.

        2. Anche in deroga all'articolo 11 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, le società possono emettere cambiali finanziarie, come definite alla legge 13 gennaio 1994, n. 43, e obbligazioni a condizione che:

            a) l'emissione sia assistita da uno sponsor;

            b) l'ultimo bilancio dell'emittente sia assoggettato a revisione contabile da parte di un revisore legale o di una società di revisione legale iscritti nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione;

            c) i titoli siano
i. collocati esclusivamente presso investitori qualificati che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente,
ii. destinati alla circolazione esclusivamente tra tali investitori.

        Ai fini delle norme contenute nel presente articolo le cambiali finanziarie sono titoli similari alle obbligazioni.

        3. Ai fini del presente articolo per investitori qualificati si intendono i soggetti definiti ai sensi dell'articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

        4. Sono esclusi dalle disposizioni dei commi 2 e 3, nonché dei successivi commi 15, 16, 17 (sponsor) e 19, 20, 21, 22, 23, 24 (clausole di subordinazione e partecipazione) gli strumenti finanziari oggetto di offerta al pubblico ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e ammessi alle negoziazioni in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione italiano o di altro stato membro dell'Unione europea.

        5. All'articolo 1, comma 1, della legge 13 gennaio 1994, n. 43, le parole: «ed aventi una scadenza non inferiore a tre mesi e non superiore a dodici mesi dalla data di emissione» sono sostituite dalle seguenti: «ed aventi una scadenza non inferiore a un mese e non superiore a diciotto mesi dalla data di emissione».

        6. Il limite massimo all'ammontare di cambiali finanziarie in circolazione è pari al totale dell'attivo corrente come rilevabile dall'ultimo bilancio approvato. Per attivo corrente si intende l'importo delle attività in bilancio con scadenza entro l'anno dalla data di riferimento del bilancio stesso. Nel caso in cui l'emittente sia tenuto alla redazione del bilancio consolidato o sia controllato da una società o ente a ciò tenuto, può essere considerato l'ammontare rilevabile dall'ultimo bilancio consolidato approvato.

        7. Dopo l'articolo 1 della legge 13 gennaio 1994, n. 43, è inserito il seguente:

            «Art. 1-bis. – 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 83-bis, comma 1, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le cambiali finanziarie possono essere emesse anche in forma dematerializzata; a tal fine l'emittente si avvale esclusivamente di una

 

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società autorizzata alla prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari.

        2. Per l'emissione di cambiali finanziarie in forma dematerializzata, l'emittente invia una richiesta alla società di gestione accentrata, contenente la promessa incondizionata di pagare alla scadenza le somme dovute ai titolari della cambiali finanziarie che risultano dalle scritture contabili degli intermediari depositari.

        Nella richiesta sono specificati altresì:

            a) l'ammontare totale dell'emissione;

            b) l'importo di ogni singola cambiale;

            c) il numero delle cambiali;

            d) l'importo dei proventi, totale e suddiviso per singola cambiale;

            e) la data di emissione;

            f) gli elementi specificati nell'articolo 100, primo comma, numeri da 3) a 7), del regio decreto 14 dicembre 1933, n. 1669;

            g) le eventuali garanzie a supporto dell'emissione, con l'indicazione dell'identità del garante e l'ammontare della garanzia;

            h) l'ammontare del capitale sociale versato ed esistente alla data dell'emissione;

            i) la denominazione, l'oggetto e la sede dell'emittente;

            j) l'ufficio del registro al quale l'emittente è iscritto.

        3. Si applicano, ove compatibili, le disposizioni contenute nella Parte III, Titolo II, Capo II, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

        4. Le cambiali emesse ai sensi del presente articolo sono esenti dall'imposta di bollo di cui all'articolo 6 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, ferma restando comunque l'esecutività del titolo».

        8. Le disposizioni dell'articolo 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, non si applicano nei casi in cui le obbligazioni e i titoli similari, emessi dai soggetti di cui al comma 1 a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, siano sottoscritti da investitori qualificati che non siano, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, direttamente o indirettamente soci della società emittente.

        9. Nell'articolo 1 del Decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, il primo comma è sostituto dal seguente:

            «1. La ritenuta del 20 per cento di cui al comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, non si applica sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, emessi da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati

 

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aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e da enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizione di legge, nonché sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari negoziati nei medesimi mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione emessi da società diverse dalle prime».

        10. Per i titoli emessi dalle società diverse dalle banche e dalle società con azioni quotate nei mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la disposizione di cui al comma 9 si applica con riferimento ai titoli emessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

        11. Nell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, al comma 1, le parole «obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie» sono sostituite dalle seguenti «obbligazioni e titoli similari».

        12. I dati sull'emissione delle obbligazioni e titoli similari non negoziati in mercati regolamentati devono essere comunicati dall'emittente entro trenta giorni all'Agenzia delle Entrate per consentire adeguato monitoraggio ai fini antielusivi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate saranno indicati eventuali ulteriori adempimenti.

        13. Le spese di emissione delle cambiali finanziarie, delle obbligazioni e dei titoli similari di cui all'articolo 1 del Decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, primo comma, sono deducibili nell'esercizio in cui sono sostenute indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio.

        14. Possono assumere il ruolo di sponsor ai sensi del comma 2 le banche, le imprese di investimento, le SGR, le società di gestione armonizzate, SICAV, gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario, nonché le banche autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento anche aventi sede legale in uno Stato extracomunitario, purché autorizzate alla prestazione di servizi nel territorio della Repubblica.

        15. Lo sponsor assiste la società nella procedura di emissione dei titoli supportando l'emittente nella fase di emissione e di collocamento. Egli assume altresì con l'emittente impegni volti ad assicurare la liquidabilità, almeno a intervalli predefiniti, dei titoli fino alla scadenza.

        Il collocamento dei titoli presso investitori qualificati in rapporto di controllo con il soggetto che assume il ruolo di sponsor è disciplinato dalle norme vigenti in materia di conflitti di interesse.

        16. Lo sponsor mantiene nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi non inferiore al 5% del valore di emissione dei titoli, per le emissioni fino a 5 milioni di euro, al 3% del valore di emissione eccedente 5 milioni di euro, fino a 10 milioni di euro, in aggiunta alla quota precedente, ed il 2% del valore di

 

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emissione eccedente 10 milioni di euro, in aggiunta alle quote anzidette.

        17. Lo sponsor procede ad una valutazione periodica, almeno semestrale, del valore dei titoli. Lo sponsor provvede altresì, tramite propri modelli formalizzati, alla classificazione dell'emittente in una categoria di rischio identificata secondo procedure che tengano conto della qualità creditizia delle imprese, avendo riferimento alla Comunicazione della Commissione Europea 2008/C 14/02, relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione. In particolare, lo sponsor classifica l'emittente con periodicità almeno semestrale, e comunque ogniqualvolta intervengano elementi straordinari atti a modificare il giudizio, distinguendo almeno cinque categorie di qualità creditizia dell'emittente (ottima, buona, soddisfacente, scarsa e negativa), da incrociarsi, per le operazioni garantite, con i livelli di garanzia elevata, normale o bassa. Lo sponsor rende pubbliche le descrizioni della classificazione adottata e ne aggiorna tempestivamente i contenuti ogni qual volta sia necessario.

        18. In deroga a quanto previsto dal comma 2, lettera a), del presente articolo, le società diverse dalle medie e dalle piccole imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003 possono rinunciare alla nomina dello sponsor ovvero alle prestazioni da esso dovute ai sensi dei commi 15, 16 e 17.

        19. Le obbligazioni emesse da società di cui al comma 1 possono prevedere clausole di partecipazione agli utili d'impresa e di subordinazione, purché con scadenza iniziale uguale o superiore a 60 mesi.

        20. La clausola di subordinazione definisce i termini di postergazione del portatore del titolo ai diritti degli altri creditori della società e ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale. Alle società emittenti titoli subordinati si applicano le norme di cui all'articolo 2435 del codice civile.

        Le emissioni di obbligazioni subordinate rientrano tra le emissioni obbligazionarie e ne rispettano i limiti massimi fissati dalla legge.

        21. La clausola di partecipazione regola la parte del corrispettivo spettante al portatore del titolo obbligazionario, commisurandola al risultato economico dell'impresa emittente. Il tasso di interesse riconosciuto al portatore del titolo (parte fissa del corrispettivo) non può essere inferiore al Tasso Ufficiale di Riferimento pro tempore vigente. La società emittente titoli partecipativi si obbliga a versare annualmente al soggetto finanziatore, entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio, una somma commisurata al risultato economico dell'esercizio, nella percentuale indicata all'atto dell'emissione (parte variabile del corrispettivo).

        Tale somma è proporzionata al rapporto tra obbligazioni partecipative in circolazione e capitale sociale, aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

        22. Le regole di calcolo della parte variabile del corrispettivo sono fissate all'atto dell'emissione, non possono essere modificate per tutta la durata dell'emissione, sono dipendenti da elementi oggettivi e non possono discendere, in tutto o in parte, da deliberazioni societarie assunte in ciascun esercizio di competenza.

 

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        23. La variabilità del corrispettivo riguarda la remunerazione dell'investimento e non si applica al diritto di rimborso in linea capitale dell'emissione.

        24. Qualora l'emissione con clausole partecipative contempli anche la clausola di subordinazione e comporti il vincolo a non distribuire capitale sociale se non nei limiti dei dividendi sull'utile d'esercizio, la componente variabile del corrispettivo costituisce oggetto di specifico accantonamento per onere nel conto dei profitti e delle perdite della società emittente, rappresenta un costo e, ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi, è computata in diminuzione del reddito dell'esercizio di competenza. Ad ogni effetto di legge gli utili netti annuali si considerano depurati da detta somma.

        25. La parte variabile del corrispettivo non è soggetta alla legge del 7 marzo 1996, n. 108.

        26. All'articolo 2412 del codice civile, il quinto comma è sostituito dal seguente:

            «I commi primo e secondo non si applicano alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.».

Capo III
MISURE PER FACILITARE LA GESTIONE DELLE CRISI AZIENDALI

Articolo 33.
(Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale).

        1. Al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 67, terzo comma, sono apportate le seguenti modificazioni:

                1) la lettera d) è sostituita dalla seguente:

        «d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del

 

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debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore;»;

                2) alla lettera e): dopo le parole « dell'articolo 182-bis » sono aggiunte le seguenti: «, nonché gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all'articolo 161;»;

            b) all'articolo 161 sono apportate le seguenti modificazioni:

                1) al secondo comma, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente:

        «e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.»;

                2) al terzo comma sono apportate le seguenti modificazioni:

                    a) dopo la parola «professionista» sono aggiunte le seguenti: «, designato dal debitore,»;

                    b) dopo il primo periodo è aggiunto, in fine, il seguente: « Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano.»;

                3) al quinto comma, dopo le parole «pubblico ministero» sono aggiunte le seguenti: «ed è pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria»;

                4) dopo il quinto comma sono aggiunti i seguenti:

        «L'imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e cento venti giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo.

        Dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all'articolo 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111.»;

            c) all'articolo 168 sono apportate le seguenti modificazioni:

                1) al primo comma sono apportate le seguenti modificazioni:

                    a) le parole «presentazione del ricorso» sono sostituite dalle seguenti: «pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese»;

 

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                    b) dopo la parola «esecutive» sono aggiunte le seguenti: «e cautelari»;

                    c) dopo le parole «creditori per titolo o causa anteriore» la parola «decreto» è soppressa;

                2) al terzo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.»;

            d) dopo l'articolo 169 è aggiunto il seguente articolo:

        «Articolo 169-bis. – (Contratti in corso di esecuzione). – Il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.

        In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato.

        Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta.

        Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato nonché ai contratti di cui agli articoli 72, ottavo comma, e 80 primo comma.»;

            e) all'articolo 182-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

                1) il primo comma è sostituito dal seguente:

        « L'imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all'articolo 161, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nei rispetto dei seguenti termini:

                    a) entro cento venti giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

                    b) entro cento venti giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione.»;

                2) al terzo comma, primo periodo, dopo la parole «patrimonio del debitore», sono aggiunte le seguenti: «, né acquisire titoli di prelazione se non concordati»;

                3) al sesto comma, primo periodo, sono apportate le seguenti modificazioni:

                    a) dopo le parole «all'articolo 161, primo e secondo comma» sono aggiunte le seguenti: «lettere a), b), c) e d)»;

 

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                    b) le parole «il regolare» sono sostituite dalle seguenti: «l'integrale»;

                4) al settimo comma, secondo periodo, le parole «il regolare» sono sostituite dalle seguenti: «l'integrale»;

                5) l'ottavo comma è sostituito dal seguente:

        «A seguito del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. Se nel medesimo termine è depositata una domanda di concordato preventivo, si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo.»;

            f) dopo l'articolo 182-quater sono aggiunti i seguenti articoli:

        «Articolo 182-quinquies. – (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti). – Il debitore che presenta, anche ai sensi dell'articolo 161 sesto comma, una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, se un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

        L'autorizzazione di cui al primo comma può riguardare anche finanziamenti individuati soltanto per tipologia ed entità, e non ancora oggetto di trattative.

        Il tribunale può autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti.

        Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161 sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione della attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. L'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori.

        Il debitore che presenta una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in presenza dei presupposti di cui al quarto comma, a pagare crediti

 

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anche anteriori per prestazioni di beni o servizi. In tal caso i pagamenti effettuati non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67.

        Articolo 182-sexies. – (Riduzione o perdita del capitale della società in crisi). – Dalla data del deposito della domanda per l'ammissione al concordato preventivo, anche a norma dell'articolo 161, sesto comma, della domanda per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis ovvero della proposta di accordo a norma del sesto comma dello stesso articolo e sino all'omologazione non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, e 2545-duodecies del codice civile.

        Resta ferma, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui al primo comma, l'applicazione dell'articolo 2486 del codice civile.»;

            g) all'articolo 184, primo comma, primo periodo, le parole «al decreto di apertura della procedura di concordato» sono sostituite dalle seguenti: «alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all'articolo 161»;

            h) dopo l'articolo 186 è aggiunto il seguente articolo:

        «Articolo 186-bis. – (Concordato con continuità aziendale). – Quando il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo, nonché gli articoli 160 e seguenti, in quanto compatibili. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa.

        Nei casi previsti dal presente articolo:

                    a) il piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;

                    b) la relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori;

                    c) Il piano può prevedere una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.

 

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        Fermo quanto previsto nell'articolo 169-bis, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all'articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d'azienda o di rami d'azienda cui i contratti siano trasferiti. Il giudice delegato, all'atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni.

        L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara:

                    a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, lettera d) che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;

                    b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto. Si applica l'articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

        Fermo quanto previsto dal comma precedente, l'impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. In tal caso la dichiarazione di cui al precedente comma, lettera b), può provenire anche da un operatore facente parte del raggruppamento.

        Se nel corso di una procedura iniziata ai sensi del presente articolo l'esercizio dell'attività d'impresa cessa o risulta manifestamente dannosa per i creditori, il tribunale provvede ai sensi dell'articolo 173. Resta salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato.»;

            i) la rubrica del capo terzo del titolo sesto è sostituita dalla seguente:

        «Capo III. – Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa»;

 

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            l) dopo l'articolo 236 è inserito il seguente:

        «Articolo 236-bis.(Falso in attestazioni e relazioni). – Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro.

        Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata.

        Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà».

        2. All'articolo 38, primo comma, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 dopo le parole «concordato preventivo» sono aggiunte le seguenti: «, salvo il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267».

        3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché ai piani di cui al comma 1, lettera a), n. 1) elaborati successivamente al predetto termine.

        4. Il comma 4 dell'articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 è sostituito dal seguente:

        «4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni, né la riduzione dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell'associato in partecipazione. In caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, lettera d) regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce non sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84.».

        5. Il comma 5 dell'articolo 101 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 è sostituito dal seguente:

        «5. Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del

 

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provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi; ai medesimi fini si considera concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti dalla data del decreto del Tribunale di omologazione dell'accordo medesimo.».

Capo IV
MISURE PER LO SVILUPPO E IL RAFFORZAMENTO DEL SETTORE ENERGETICO

Articolo 34.
(Disposizioni per la gestione e la contabilizzazione dei biocarburanti).

        1. All'articolo 33, comma 4, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono aggiunte all'inizio le parole «Al fine di permettere ai produttori di biocarburanti comunitari di attuare le modificazioni tecnologiche necessarie alla produzione dei biocarburanti di seconda generazione, fino al 31 dicembre 2014,» e all'ultimo periodo le parole «pari a 9 Giga-calorie» sono sostituite dalle parole «pari a 8 Giga-calorie».

        2. All'articolo 33, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28 dopo le parole «rifiuti e sottoprodotti» è aggiunto «, entrambi prodotti e trasformati in biocarburanti nel territorio Comunitario, che non presentino altra utilità produttiva o commerciale al di fuori del loro impiego per la produzione di carburanti o a fini energetici,». Alla fine dello stesso comma sono aggiunte le parole «Al biocarburante prodotto da materie cellulosiche o lignocellulosiche, indipendentemente dalla classificazione di queste ultime come materie di origine non alimentare, rifiuti, sottoprodotti o residui, si applica sempre la maggiorazione di cui al periodo precedente.».

        3. All'articolo 33 del decreto legislativo 3 Marzo 2011 n. 28, dopo il comma 5 sono aggiunti i seguenti commi:

        «5-bis. Per il periodo dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo fino al 31 ottobre 2012, è comunque ammissibile il contributo dei biocarburanti prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, come definiti, individuati e tracciati ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per le finalità di cui al comma 5.

        5-ter. A decorrere dal 1o novembre 2012, limitatamente alla categoria dei sottoprodotti, hanno accesso alle maggiorazioni di cui al comma 5 esclusivamente i residui di seguito elencati, che possono essere qualificati come sottoprodotti qualora soddisfino i requisiti stabiliti dall'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152:

            acque glicerinose;

            acidi grassi provenienti dalla raffinazione, fisica o chimica, degli oli, condotta all'interno degli stabilimenti di produzione del biodiesel

 

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(nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di biodiesel);

            acidi grassi saponificati provenienti dalla neutralizzazione della parte acida residua dell'olio durante il processo di produzione del biodiesel (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di biodiesel);

            residui dalla reazione di distillazione degli acidi grassi grezzi (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di acidi grassi distillati) e delle acque glicerinose (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di Glicerina distillata) condotta nelle aziende oleochimiche;

            oli lubrificanti vegetali esausti derivati da acidi grassi;

            feccia da vino e vinaccia;

            grassi animali di categoria 1, nel rispetto del Regolamento (CE) 1069/2009 e del Regolamento (CE) 142/2011 e della Comunicazione della Commissione sull'attuazione pratica del regime UE di sostenibilità per i biocarburanti e sulle norme di calcolo per i biocarburanti (2010/C 160/02).

        5-quater. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro il 30 gennaio di ogni anno, può essere modificato, nel rispetto dei criteri di cui al comma 5, l'elenco di cui al comma 5-ter dei sottoprodotti che hanno accesso alle maggiorazioni previste dal comma 5 e le modalità di tracciabilità degli stessi, con efficacia a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo e stabilite variazioni della misura massima percentuale prevista dal comma 5-quinquies.

        5-quinquies. Ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, a decorrere dall'anno 2013 i soggetti obbligati possono adempiere al proprio obbligo annuale complessivo di immissione in consumo di biocarburanti nella misura massima del 20% con certificati di immissione in consumo di biocarburanti che sono stati prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, ai sensi dell'articolo 33, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.

        5-sexies. A decorrere dall'1 gennaio 2013, le competenze operative e gestionali assegnate al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ai sensi del provvedimento di attuazione dell'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, così come modificato dall'articolo 1, comma 368, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono attribuite al Ministero dello sviluppo economico che le esercita anche avvalendosi del Gestore dei servizi energetici S.p.A. Gli oneri gestionali sono posti a carico dei soggetti obbligati e con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ne è determinata l'entità in funzione delle Giga calorie

 

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di biocarburante da immettere in consumo e le relative modalità di versamento al Gestore dei servizi energetici S.p.A. Per l'esercizio di tali competenze è costituito presso il Ministero dello sviluppo economico un comitato tecnico consultivo composto da rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero dell'economia e delle finanze, e del Gestore dei servizi energetici S.p.A., con oneri a carico dello stesso Gestore. Dall'attuazione del presente comma non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        5-septies. In riferimento alle attività previste dall'articolo 7-bis del decreto legislativo 21 marzo 2005 n. 66, come introdotto dall'articolo 1 comma 6 del decreto legislativo 31 marzo 2011 n. 55, il Gestore dei servizi energetici S.p.A. ed l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale assicurano il necessario raccordo dei flussi informativi al fine della semplificazione degli adempimenti a carico degli operatori economici. Il comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 2011 n. 55 è abrogato.

        4. A decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 dell'articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, l'importazione di biocarburanti prodotti in Paesi non appartenenti all'Unione Europea è soggetta ad autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Agenzia delle Dogane.

        5. I soggetti che intendono importare in Italia biocarburanti da immettere sul mercato interno ai fini del comma 4 devono presentare istanza al Ministero dello sviluppo economico – Direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviarla, mediante sistemi di identificazione e autenticazione elettronica, corredata dalla seguente documentazione:

            a) copia della licenza di attività dell'impianto, nella quale risulti la capacità riconosciuta all'impianto, la ragione sociale, ubicazione dell'impresa titolare dell'impianto, il numero di identificazione fiscale, il codice di attività o il documento equivalente del paese nel quale si trova l'impianto;

            b) relazione rilasciata da un soggetto indipendente che certifichi la capacità di produzione dell'impianto che risulta operativo al momento della presentazione dell'istanza e le specifiche tecniche del prodotto importato, con indicazione dei controlli di qualità effettuati e relativi risultati;

            c) dichiarazione giurata del titolare dell'impianto che afferma quanto segue:

                di essere in regola con gli obblighi di pagamento relativi alla previdenza sociale e con gli obblighi fiscali del paese corrispondente;

 

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                di operare in conformità con la normativa ambientale del paese nel quale si trova l'impianto o l'unità produttiva oggetto della domanda;

                che il biocarburante è interamente prodotto nell'impianto;

            d) procura valida ed autentica conferita al firmatario della domanda.

        6. Le domande di cui al comma 5 devono essere redatte in lingua italiana. I documenti redatti in altra lingua devono essere corredati dalla relativa traduzione giurata in lingua italiana. Il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pubblicano nel proprio sito Internet il «Registro delle autorizzazioni all'importazione di biocarburanti prodotti in paesi non appartenenti all'Unione Europea». Dall'attuazione dei commi 4 e 5 non derivano nuovi a maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        7. Le specifiche convenzionali di carburanti e biocarburanti riportate nell'allegato 1) del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 29 aprile 2008, n. 110, «Regolamento recante criteri, condizioni e modalità per l'attuazione dell'obbligo di immissione in consumo nel territorio nazionale di una quota minima di biocarburanti», emanato ai sensi dell'articolo 2-quater, punto 3, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come sostituito dall'articolo 1, comma 368, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiornate e integrate con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze

Articolo 35.
(Disposizioni in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi).

        1. L'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:

        «17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche

 

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ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l'aliquota di prodotto di cui all'articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l'olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell'incremento dell'aliquota ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico, per assicurare il pieno svolgimento rispettivamente delle azioni di monitoraggio e contrasto dell'inquinamento marino e delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare.».

        2. All'articolo 184, al comma 5 bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è aggiunto il seguente periodo: «con lo stesso decreto interministeriale sono determinati i criteri di individuazione delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui all'Allegato 5 alla parte quarta del Presente decreto, applicabili ai siti appartenenti al Demanio Militare e alle aree ad uso esclusivo alle Forze Armate, tenuto conto delle attività effettivamente condotte nei siti stessi o nelle diverse porzioni di essi.».

Articolo 36.
(Semplificazioni di adempimenti per il settore petrolifero).

        1. All'articolo 57, comma 9, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni nella legge 4 aprile 2012, n. 35 recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni e di sviluppo» dopo le parole: «Nel caso di», sono inserite le seguenti: «chiusura di un impianto di raffinazione e sua trasformazione in deposito, con realizzazione di» e dopo le parole «reindustrializzazione dei siti» sono inserite le seguenti: «contaminati, anche» e all'ultimo periodo sostituire le parole: «di eventuali» con la seguente: «degli».

        2. All'articolo 57, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni nella legge 4 aprile 2012, n. 35 recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni e di

 

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sviluppo» dopo le parole «il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti», sono inserite le seguenti: «limitatamente agli impianti industriali strategici e relative infrastrutture, disciplinati dall'articolo 52 del Codice della Navigazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328».

        3. All'articolo 57, comma 4, della legge 4 aprile 2012, n. 35, «Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo» sostituire le parole «eventualmente previsti» con le seguenti «previsti dalla legislazione ambientale», e sostituire le parole «centottanta giorni» con le seguenti «novanta giorni».

        4. All'articolo 57, dopo il comma 15, è inserito il seguente:

        «15-bis. Al Titolo V, Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche e integrazioni, all'articolo 252, comma 4, sono aggiunte, infine, le seguenti parole: “il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti.”»

        5. Dopo l'articolo 57 è inserito il seguente articolo aggiuntivo:

        «Art. 57-bis. – (Semplificazione amministrativa in materia infrastrutture strategiche). – 1. Le periodicità di cui alle Tabelle A e B del Decreto ministeriale 1o dicembre 2004 n. 329 non si applicano agli impianti di produzione a ciclo continuo nonché a quelli per la fornitura di servizi essenziali, monitorati in continuo e ricadenti, ambedue le tipologie, nel campo di applicazione dell'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e successive modifiche e integrazioni. Sotto la responsabilità dell'utilizzatore deve essere accertata, da un organismo notificato per la direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione, la sostenibilità della diversa periodicità in relazione alla situazione esistente presso l'impianto. Sulla base dell'accertamento, qualora le condizioni di sicurezza accertate lo consentano, potrà essere utilizzata una periodicità incrementale non superiore ad anni 3 rispetto a quelle previste per legge. La documentazione di accertamento deve essere conservata dall'utilizzatore per essere presentata, a richiesta, agli Enti preposti alle verifiche periodiche di sicurezza espletate dai competenti organi territoriali.

        2. Per le infrastrutture e insediamenti strategici individuati ai sensi dell'articolo 1, comma 7, lettera i), della legge 23 agosto 2004, n. 239, per gli impianti a ciclo continuo e per quelli che rivestono carattere di pubblica utilità o servizio essenziale, in presenza di difetti che possono pregiudicare la continuità di esercizio di un'attrezzatura, a giudizio e sotto la responsabilità dell'utilizzatore, possono essere effettuati interventi temporanei di riparazione, anche con attrezzatura in esercizio, finalizzati a mantenere la stabilità strutturale dell'attrezzatura e garantire il contenimento delle eventuali perdite per il tempo di ulteriore esercizio fino alla data di scadenza naturale della verifica periodica successiva alla temporanea riparazione. Tali temporanee riparazioni sono effettuate secondo le specifiche tecniche previste ai sensi dall'articolo 3 del presente decreto 1o dicembre, n. 329, o norme tecniche internazionali riconosciute».

 

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        6. A decorrere dal 1o gennaio 2013 l'importazione di prodotti petroliferi finiti liquidi da Paesi non appartenenti all'Unione Europea è soggetta ad autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Agenzia delle Dogane, rilasciata sulla base di criteri determinati con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, nel quale sono individuati i requisiti minimi per l'ottenimento dell'autorizzazione, tenendo anche conto dell'aderenza dell'impianto estero di produzione dei prodotti petroliferi oggetto di importazione alle prescrizioni ambientali, di salute dei lavoratori e di sicurezza, previste dalla disciplina comunitaria per gli impianti produttivi ubicati all'interno della Comunità. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e si farà fronte con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

        7. All'articolo 276, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128, dopo le parole «ove producano emissioni in atmosfera» sono aggiunte le seguenti «e non risultino adeguati alle prescrizioni di cui all'allegato VII alla parte quinta del presente decreto».

Articolo 37.
(Disciplina delle gare per la distribuzione di gas naturale e nel settore idroelettrico).

        1. Al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) l'articolo 14, comma 5, è sostituito dal seguente: «Alle gare di cui al comma 1 sono ammesse, senza limitazioni territoriali, società per azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica, e società cooperative a responsabilità limitata, sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia e in altri Paesi dell'Unione europea, o in Paesi non appartenenti all'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Alle gare sono ammessi inoltre i gruppi europei di interesse economico. La esclusione di cui al primo periodo non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e alle società da queste direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, nonché al socio selezionato ai sensi dell'articolo 4, comma 12, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, e alle società a partecipazione mista, pubblica e privata, costituite ai sensi del medesimo comma»;

 

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            b) il primo periodo dell'articolo 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2010, n. 164, è sostituito dai seguenti:

        «I soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni di cui al comma 5 del presente articolo possono partecipare alle prime gare per ambiti territoriali, indette a norma dell'articolo 14, comma 1, successive al periodo transitorio, su tutto il territorio nazionale e senza limitazioni, anche se, in Italia o all'estero, tali soggetti o le loro controllate, controllanti o controllate da una medesima controllante gestiscono servizi pubblici locali, anche diversi dalla distribuzione di gas naturale, in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Per le prime gare di cui sopra non si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 33, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modifiche e integrazioni.»

        2. Sono fatte salve le disposizioni dell'articolo 46-bis del decreto legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in materia di distribuzione di gas naturale, e gli ambiti di distribuzione gas determinati ai sensi del medesimo articolo, in base a cui devono essere espletate le gare per l'affidamento del servizio di distribuzione gas in conformità con l'articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93.

        3. In sede di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, al fine di garantire la sicurezza del servizio, sono fatti salvi gli obblighi in materia di tutela dell'occupazione stabiliti dai provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 28, comma 6, del decreto legislativo 23 maggio 2010, n. 164, che, a causa dell'obbligatorietà, non costituiscono elemento di valutazione dell'offerta.

        4. All'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. L'amministrazione competente, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritenga sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, indìce una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei princìpi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza e non discriminazione, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata ventennale, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi programmati per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prioritariamente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e degli altri beni oggetto di concessione e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;

            b) al comma 2, è aggiunto il seguente periodo: «Con lo stesso decreto è determinata la percentuale dell'offerta economica di cui al

 

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comma 1, risultata aggiudicataria, da destinare alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio della generalità dei clienti finali, secondo modalità definite nel medesimo decreto.».

        5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, del Testo Unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il bando di gara per l'attribuzione di una concessione di grande derivazione ad uso idroelettrico prevede, per garantire la continuità gestionale, il trasferimento dal concessionario uscente al nuovo concessionario della titolarità del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici afferenti alla concessione.

        6. Al concessionario uscente spetta un corrispettivo predeterminato e concordato tra questi e l'amministrazione concedente prima della fase di offerta e reso noto nel bando di gara. Il corrispettivo è determinato con riferimento al valore di mercato dei beni materiali diversi da quelli di cui all'articolo 25, comma 1, del Testo Unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, inteso come valore di ricostruzione a nuovo diminuito nella misura dell'ordinario degrado, e con riferimento agli investimenti effettuati sui beni di cui al citato articolo 25, comma 1, e non ammortizzati alla data di scadenza della concessione. In caso di mancato accordo, si provvede attraverso tre qualificati ed indipendenti soggetti terzi, di cui due indicati rispettivamente da ciascuna delle parti, che ne sopportano i relativi oneri, ed il terzo dal presidente del Tribunale delle Acque Pubbliche territorialmente competente, i quali operano secondo sperimentate metodologie e rendono la pronuncia entro novanta giorni dalla nomina.

        7. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale delle attività di generazione idroelettrica e parità di trattamento tra gli operatori economici, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione secondo criteri di economicità e ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canoni di concessione ad uso idroelettrico.

        8. Sono abrogati i commi 489 e 490 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

Articolo 38.
(Semplificazioni delle attività di realizzazione di infrastrutture energetiche e liberalizzazioni nel mercato del gas naturale).

        1. All'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, dopo il comma 8, è aggiunto il seguente comma:

            «8-bis. Fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, nel caso di mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa comunque denominati inerenti alle funzioni di cui all'articolo 1, comma 7 e 8,

 

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entro il termine di centocinquanta giorni dalla richiesta, il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di ulteriore inerzia da parte delle amministrazioni regionali interessate lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale provvede in merito con la partecipazione della Regione interessata. Le disposizioni del presente comma si applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso.».

        2. All'articolo 14 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

            «3. Con il decreto del Ministero dello sviluppo economico da emanare ai sensi dell'articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come modificato dal decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, è altresì determinata la parte dello spazio di stoccaggio di modulazione destinato alle esigenze dei clienti di cui all'articolo 12, comma 7, lettera a) del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come modificato dal decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, da assegnare, per le esigenze degli stessi clienti, con procedure di asta competitiva. Le stesse procedure sono utilizzate anche per le ulteriori capacità di stoccaggio di gas naturale disponibili per altre tipologie di servizio, incluse quelle eventualmente non assegnate ai sensi del comma 1. Le maggiori entrate rispetto alla remunerazione tariffaria dei servizi di modulazione relativi ai clienti sopra citati sono destinate dalla stessa Autorità alla riduzione delle tariffe di distribuzione, mentre quelle relative all'offerta degli altri tipi di servizi di stoccaggio sono destinate alla riduzione della tariffa di trasporto.»;

            b) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente comma:

            «3-bis. Lo spazio di stoccaggio di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), punto 2) del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130, è offerto, nell'anno contrattuale di stoccaggio in cui diviene, anche parzialmente, fisicamente disponibile, a tutti gli utenti del sistema del gas naturale mediante procedure di asta competitiva. Le maggiori entrate rispetto alla remunerazione tariffaria dei servizi di stoccaggio sono destinate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas alla riduzione delle tariffe di trasporto.».

        3. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sono determinati limiti massimi per l'attribuzione a ciascun soggetto o gruppo societario delle capacità di stoccaggio non destinate alle esigenze dei clienti civili e, fino alla realizzazione di ulteriori capacità di stoccaggio e di punta di erogazione sufficienti a garantire il funzionamento in sicurezza del sistema del gas naturale in base alle valutazioni di rischio condotte ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 1o giugno 2012, n. 93, le modalità per l'utilizzo delle capacità di stoccaggio e di punta esistenti da parte di tutti gli utenti ai fini della sicurezza dello stesso sistema.

 

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Articolo 39.
(Criteri di revisione del sistema delle accise sull'elettricità e sui prodotti energetici e degli oneri generali di sistema elettrico per le imprese a forte consumo di energia; regimi tariffari speciali per i grandi consumatori industriali di energia elettrica).

        1. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto col Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 31 dicembre 2012, sono definite, in applicazione dell'articolo 17 della Direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003, le imprese a forte consumo di energia, in base a requisiti e parametri relativi a livelli minimi di consumo ed incidenza del costo dell'energia sul valore dell'attività d'impresa.

        2. I decreti di cui al comma 1 sono finalizzati alla successiva determinazione di un sistema di aliquote di accisa sull'elettricità e sui prodotti energetici impiegati come combustibili rispondente a princìpi di semplificazione ed equità, nel rispetto delle condizioni poste dalla direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003, da cui non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, né maggiori entrate per il bilancio dello Stato.

        3. I corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema elettrico ed i criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei clienti finali sono rideterminati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas entro 60 giorni dalla data di emanazione dei decreti di cui al comma 1, in modo da tener conto della definizione di imprese a forte consumo di energia contenuta nei decreti di cui al medesimo comma 1 e nel rispetto dei vincoli di cui al comma 2, secondo indirizzi del Ministro dello sviluppo economico. Dalla data di entrata in vigore della rideterminazione è conseguentemente abrogato l'ultimo periodo del comma 11 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

        4. In attuazione dell'articolo 3, comma 13 bis, del decreto-legge n. 16 del 2 marzo 2012, convertito con modificazioni in legge n. 44 del 26 aprile 12, e limitatamente ai periodi individuati dalla medesima norma, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas adotta i provvedimenti necessari a garantire che la componente tariffaria compensativa riconosciuta ai soggetti di cui alla citata norma, successivamente al loro passaggio al libero mercato dell'energia elettrica, non risulti inferiore a quella che sarebbe stata riconosciuta in caso di permanenza sul mercato vincolato. Restano salvi gli effetti delle decisioni della Commissione europea in materia.

Articolo 40.
(Modifiche al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, in materia di attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio).

        1. All'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, dopo le parole: «sono trasferiti alle Regioni,

 

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unitamente alle relative pertinenze» sono aggiunte le parole «le miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze e».

        2. All'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85, sono cancellate le parole «e le miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze».

        3. All'articolo 4, comma 1, prima frase, del decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85, dopo le parole: «ad eccezione» sono aggiunte le parole «delle miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze e».

        4. All'articolo 4, comma 1, seconda frase, del decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85, dopo le parole: «attribuzione di beni demaniali diversi» sono aggiunte le parole «dalle miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze e».

Capo V
ULTERIORI MISURE A SOSTEGNO DELLE IMPRESE

Articolo 41.
(Razionalizzazione dell'organizzazione dell'ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane e dell'ENIT – Agenzia nazionale per il turismo all'estero).

        1. Al fine di razionalizzare e rilanciare gli interventi a favore dello sviluppo economico e della internazionalizzazione delle imprese, all'articolo 14, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dall'articolo 22, comma 6, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al secondo periodo del comma 18-bis sono apportate le seguenti modifiche:

                1) le parole: «copresieduta dai Ministri degli affari esteri e dello sviluppo economico» sono sostituite dalle seguenti: «copresieduta dal Ministro degli affari esteri, dal Ministro dello sviluppo economico e, per le materie di propria competenza, dal Ministro con delega al turismo»;

                2) dopo le parole: «o da persona dallo stesso designata,» sono inserite le seguenti: « dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, o da persona dallo stesso designata,»;

 

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                3) le parole: «presidente della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» sono sostituite dalle seguenti: «presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome»;

                4) dopo le parole: «di R.E.T.E. Imprese Italia» sono inserite le seguenti: «, di Alleanza delle Cooperative italiane»;

            b) al primo periodo del comma 24 la parola: «300» è sostituita dalla seguente: «450»;

            c) al primo periodo del comma 26, la parola: «300» è sostituita dalla seguente: «450»;

            d) al comma 26-bis dopo le parole: «Ministero dello sviluppo economico.» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «Con i medesimi decreti si provvede a rideterminare le dotazioni organiche del Ministero dello sviluppo economico in misura corrispondente alle unità di personale in servizio a tempo indeterminato trasferito. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

        2. All'articolo 22, comma 8, primo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le parole: «di cui al comma 26-bis dell'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come inserito dal presente articolo» sono sostituite dalle seguenti: «designato dal Ministro dello sviluppo economico,».

        3. Al fine di razionalizzarne la struttura organizzativa, l'ENIT – Agenzia nazionale per il turismo opera all'estero nell'ambito delle Rappresentanze diplomatiche e consolari con modalità stabilite con apposita convenzione stipulata tra l'ENIT, il Ministero degli affari esteri e l'Amministrazione vigilante su ENIT. Il personale dell'ENIT all'estero, individuato nel limite di un contingente massimo di cinquanta unità definito in dotazione organica, può essere accreditato, previo nulla osta del Ministero degli affari esteri, secondo le procedure previste dall'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, in conformità alle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari e tenendo conto delle consuetudini esistenti nei Paesi di accreditamento. Il funzionario responsabile dell'ufficio è accreditato presso le autorità locali in lista diplomatica. Il restante personale è notificato nella lista del personale tecnico-amministrativo. Il personale dell'ENIT all'estero opera nel quadro delle funzioni di direzione, vigilanza e coordinamento dei Capi missione, secondo le linee guida e gli indirizzi strategici in materia di promo-commercializzazione dell'offerta turistica all'estero definite dalla cabina di regia di cui all'articolo 14, comma 18-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, inserito dall'articolo 22, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

 

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        4. A decorrere dal primo rinnovo del consiglio di amministrazione dell'ENIT – Agenzia nazionale per il turismo, uno dei membri è designato dal Ministro degli affari esteri.

        5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e si farà fronte con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Articolo 42.
(Sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e consorzi per l'internazionalizzazione).

        1. All'articolo 6 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) al comma 2, lettera c) le parole «individuati e definiti dal Comitato interministeriale per la programmazione economica» sono soppresse;

            b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

        «3. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico sono determinati i termini, le modalità e le condizioni degli interventi, le attività e gli obblighi del gestore, le funzioni di controllo nonché la composizione e i compiti del Comitato per l'amministrazione del fondo di cui al comma 4. Sino alla emanazione del decreto restano in vigore i criteri e le procedure attualmente vigenti».

            c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

        «4. Per le finalità dei commi precedenti sono utilizzate le disponibilità del Fondo rotativo di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 1981 n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394 con le stesse modalità di utilizzo delle risorse del Fondo rotativo, con riserva di destinazione alle piccole e medie imprese pari al 70% annuo.».

        2. In deroga a quanto previsto dall'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il riparto delle risorse iscritte nel capitolo 2501 del Ministero dello Sviluppo economico per il contributo in favore di istituti, enti, associazioni, consorzi per l'internazionalizzazione e di Camere di commercio italiane all'estero, di cui alla legge 1o luglio 1970, n. 518, per lo svolgimento di specifiche attività promozionali, di rilievo nazionale, per l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, è effettuato con decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. La relazione sulla realizzazione delle attività promozionali effettuate in ciascun anno viene trasmessa alle competenti Commissioni Parlamentari entro il 31 marzo dell'anno successivo.

 

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        3. I consorzi per l'internazionalizzazione hanno per oggetto la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle piccole e medie imprese nonché il supporto alla loro presenza nei mercati esteri anche attraverso la collaborazione e il partenariato con imprese estere.

        4. Nelle attività dei consorzi per l'internazionalizzazione funzionali al raggiungimento dell'oggetto sono ricomprese le attività relative all'importazione di materie prime e di prodotti semilavorati, alla formazione specialistica per l'internazionalizzazione, alla qualità, alla tutela e all'innovazione dei prodotti e dei servizi commercializzati nei mercati esteri, anche attraverso marchi in contitolarità o collettivi;

        5. I consorzi per l'internazionalizzazione sono costituiti ai sensi degli articoli 2602 e 2612 e seguenti del codice civile o in forma di società consortile o cooperativa da piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi e agroalimentari aventi sede in Italia; possono, inoltre, partecipare anche imprese del settore commerciale. È altresì ammessa la partecipazione di enti pubblici e privati, di banche e di imprese di grandi dimensioni, purché non fruiscano dei contributi previsti dal comma 6. La nomina della maggioranza degli amministratori dei consorzi per l'internazionalizzazione spetta in ogni caso alle piccole e medie imprese consorziate, a favore delle quali i consorzi svolgono in via prevalente la loro attività.

        6. Ai consorzi per l'internazionalizzazione sono concessi contributi per la copertura di non più del 50 per cento delle spese da essi sostenute per l'esecuzione di progetti per l'internazionalizzazione, da realizzare anche attraverso contratti di rete con piccole e medie imprese non consorziate. I progetti possono avere durata pluriennale, con ripartizione delle spese per singole annualità. Ai contributi si applica, con riguardo alle imprese consorziate ed alle piccole e medie imprese non consorziate rientranti in un contratto di rete, il regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, in materia di aiuti de minimis, fatta salva l'applicazione di regimi più favorevoli. I contributi di cui al presente comma sono concessi nell'ambito delle risorse di bilancio disponibili allo scopo finalizzate ai sensi del comma 2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei contributi di cui al presente comma.

        7. Ai fini delle imposte sui redditi le somme accantonate nelle riserve costituenti il patrimonio netto dei consorzi per l'internazionalizzazione concorrono alla formazione del reddito dell'esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura delle perdite o dall'aumento del fondo consortile o del capitale sociale. I servizi resi da detti consorzi alle piccole e medie imprese consorziate costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali ai sensi dell'articolo 9 del decreto Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Ai consorzi per l'internazionalizzazione si applicano le disposizioni dell'articolo 13, commi 34, 35, 36 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

 

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Articolo 43.
(Potere sanzionatorio in materia di Made in Italy).

        1. Dopo il comma 49-ter dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è aggiunto il seguente:

            «49-quater. Le Camere di commercio industria artigianato ed agricoltura territorialmente competenti ricevono il rapporto di cui all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ai fini dell'irrogazione delle sanzioni pecuniarie amministrative di cui al precedente comma 49-bis.».

Articolo 44.
(Società a responsabilità limitata a capitale ridotto).

        1. Fermo quanto previsto dall'articolo 2463-bis del codice civile, la società a responsabilità limitata a capitale ridotto può essere costituita con contratto o atto unilaterale da persone fisiche che abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione.

        2. L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico e deve indicare gli elementi di cui al secondo comma dell'articolo 2463-bis del codice civile, ma per disposizione dello stesso atto costitutivo l'amministrazione della società può essere affidata a una o più persone fisiche anche diverse dai soci.

        3. La denominazione di società a responsabilità limitata a capitale ridotto, l'ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico.

        4. Salvo quanto previsto dal presente articolo, si applicano alla società a responsabilità limitata a capitale ridotto le disposizioni del libro V, titolo V, capo VII in quanto compatibili.

Articolo 45.
(Contratto di rete).

        1. Il periodo dalle parole «Ai fini degli adempimenti» alle parole «deve indicare» del comma 4-ter dell'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito nella legge 9 aprile 2009, n. 33 è sostituito dal seguente.

        «Ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma dell'articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 da ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti, trasmesso ai competenti uffici del registro delle imprese attraverso il modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia di

 

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concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico e deve indicare:»

        2. Al comma 4-quater dell'articolo 3 del decreto-legge n. 5 del 10 febbraio 2009, convertito in legge n. 33 del 9 aprile 2009 è aggiunto infine il seguente periodo.

        «Le modifiche al contratto di rete, sono redatte e depositate per l'iscrizione, a cura dell'impresa indicata nell'atto modificativo, presso la sezione del registro delle imprese presso cui è iscritta la stessa impresa. L'ufficio del registro delle imprese provvede alla comunicazione della avvenuta iscrizione delle modifiche al contratto di rete, a tutti gli altri uffici del registro delle imprese presso cui sono iscritte le altre partecipanti, che provvederanno alle relative annotazioni d'ufficio della modifica».

        3. Al contratto di rete di cui all'articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, così come sostituito dall'articolo 42, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, non si applicano le disposizioni di cui alla legge 3 maggio 1982, n. 203.

Articolo 46.
(Adeguamento del sistema sanzionatorio delle cooperative).

        1. All'articolo 12 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, dopo il comma 5-bis sono aggiunti i seguenti commi:

        «5-ter. Agli enti cooperativi che si sottraggono all'attività di vigilanza o risultano irreperibili al momento delle verifiche disposte nei loro confronti si applica la sanzione amministrativa da euro 50.000 ad euro 500.000 per il periodo in corso alla data di riscontro del comportamento elusivo da parte dell'autorità di vigilanza e per ciascuno dei successivi periodi fino alla cessazione dell'irreperibilità. La stessa norma si applica alle irregolarità previste dall'articolo 10 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in sostituzione della sanzione della sospensione semestrale di ogni attività.».

Articolo 47.
(Semplificazione della governance di Unioncamere).

        1. Il comma 6 dell'articolo 7 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, come modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23 è sostituito dal seguente: «6. Oltre ai rappresentanti delle camere di commercio, come individuati dallo Statuto, che fanno parte dell'organo amministrativo dell'Unioncamere il cui numero massimo di componenti è calcolato con riferimento ai presidenti delle camere di commercio e in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 3,

 

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commi 2 e 3 della legge 11 novembre 2011, n. 180, sono invitati permanenti alle riunioni dello stesso tre rappresentanti designati dal Ministro dello sviluppo economico e tre rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata.».

        2. La disposizione di cui al comma 1 non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Articolo 48.
(Lodo arbitrale).

        1. Nei giudizi arbitrali per la risoluzione di controversie inerenti o comunque connesse ai lavori pubblici, forniture e servizi il lodo è impugnabile davanti alla Corte di appello, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.

        2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai giudizi arbitrali per i quali non sia scaduto il termine per l'impugnazione davanti alla Corte d'appello alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Articolo 49.
(Commissario ad acta).

        1. Il commissario «ad acta» di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nominato con decreto del Ministro delle attività produttive 21 febbraio 2003, cessa alla data del 31 dicembre 2013.

        2. Entro la medesima data del 31 dicembre 2013, il commissario «ad acta», previa ricognizione delle pendenze, provvede alla consegna di tutti i beni, trattazioni e rapporti in capo alle Amministrazioni individuate, secondo le ordinarie competenze, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e presenta ai medesimi Ministri la relazione conclusiva dell'attività svolta.

        3. L'onere per il compenso a saldo e per il funzionamento della struttura di supporto del Commissario ad acta, nel limite di euro di 100.000 per ciascuno degli anni 2012 e 2013, grava sulle disponibilità della contabilità speciale 3250, intestata al commissario ad acta, provenienti dalla contabilità speciale 1728 di cui all'articolo 86, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Articolo 50.
(Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270).

        1. Al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) al comma 2 dell'articolo 39, dopo le parole «la cui opera è richiesta dalla procedura», sono aggiunte le seguenti: «e gli obblighi

 

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da osservare circa la pubblicità degli incarichi conferiti e dei relativi costi, al fine di garantire piena trasparenza alla procedura»;

            b) al comma 1 dell'articolo 41, dopo le parole «Ministero dell'Industria.», sono aggiunte le seguenti: «L'onere per il compenso del delegato, è detratto dal compenso del commissario.»;

            c) il comma 2 dell'articolo 41 è sostituito dal seguente:

        «2. Il commissario può essere autorizzato dal comitato di sorveglianza a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la propria responsabilità e ad attribuire a professionisti ed esperti incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale limitatamente ai casi di effettiva necessità e previa verifica circa la insussistenza di adeguate professionalità tra i dipendenti dell'impresa.»;

            d) l'articolo 47, è sostituito dal seguente:

        «47. – (Compenso dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza). – 1. L'ammontare del compenso spettante al commissario giudiziale, al commissario straordinario ed ai membri del comitato di sorveglianza ed i relativi criteri di liquidazione sono determinati con decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi tenuto conto, per quanto applicabili e con gli adattamenti resi necessari dalla specificità della procedura, delle disposizioni di cui al decreto ministeriale 25 gennaio 2012, n. 30, recante «Regolamento concernente l'adeguamento dei compensi spettanti ai curatori fallimentari e la determinazione dei compensi nelle procedure di concordato preventivo» nonché dei seguenti ulteriori criteri:

            a) determinazione del compenso del commissario giudiziale in misura fissa, tra un importo minimo e un importo massimo definiti in relazione a parametri dimensionali dell'impresa, tenuto anche conto dell'eventuale affidamento della gestione dell'esercizio;

            b) articolazione del compenso del commissario straordinario in: un compenso remunerativo dell'attività gestionale, parametrato al fatturato dell'impresa; un compenso remunerativo dell'attività concorsuale, da liquidarsi in rapporto all'attivo realizzato al netto dei costi sostenuti per l'attività concorsuale e al passivo della procedura, secondo aliquote individuate in misura non superiore all'80% di quelle vigenti per la determinazione dei compensi dei curatori fallimentari e modulate sulla base di criteri predeterminati di apprezzamento della economicità, efficacia ed efficienza della procedura;

            c) determinazione del compenso dei membri esperti del Comitato di sorveglianza secondo importi minimi e massimi definiti in relazione al numero degli occupati, al fatturato e al numero delle imprese del gruppo assoggettate alla procedura.».

 

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Articolo 51.
(Cedibilità tax credit digitale).

        1. All'articolo 1, comma 331, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «il credito d'imposta di cui al comma 327, lettera c), n. 1, è cedibile dal beneficiario, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 1260 e seguenti del codice civile e previa adeguata dimostrazione dell'effettività del diritto al credito medesimo, a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, ovvero alla società fornitrice dell'impianto di digitalizzazione. Tali cessionari possono utilizzare il credito ceduto solo in compensazione con i propri debiti d'imposta o contributivi ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Anche a seguito della cessione, restano impregiudicati i poteri delle competenti Amministrazioni relativi al controllo delle dichiarazioni dei redditi e all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti del beneficiario che ha ceduto il credito d'imposta di cui al periodo precedente.».

Articolo 52.
(Disposizioni in materia di tracciabilità dei rifiuti).

        1. Allo scopo di procedere, ai sensi degli articoli 21-bis, 21-ter, 21-quater, e 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni, alle ulteriori verifiche amministrative e funzionali del Sistema di controllo della Tracciabilità dei Rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 152 del 2006 resesi necessarie anche a seguito delle attività poste in essere ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni in legge 14 settembre, n. 148 e successive modifiche ed integrazioni, il termine di entrata in operatività del Sistema SISTRI, già fissato dall'articolo 12, comma 2 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 e prorogato, da ultimo, con l'articolo 6, comma 2, del già richiamato decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e con l'articolo 13, comma 3 e 3-bis del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, è sospeso fino al compimento delle anzidette verifiche e comunque non oltre il 30 giugno 2013, unitamente ad ogni adempimento informatico relativo al SISTRI da parte dei soggetti di cui all'articolo 188-ter del decreto legislativo n. 152/2006, fermo restando, in ogni caso, che essi rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed all'osservanza della relativa disciplina, anche sanzionatoria, vigente antecedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo del 3 dicembre 2010, n. 205.

        2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è fissato il nuovo termine per l'entrata in di operatività del Sistema SISTRI e, sino a tale termine, sono sospesi gli effetti del contratto stipulato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la SELEX – SE.MA in data 14

 

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dicembre 2009, come integrato da atto stipulato tra le medesime parti in data 10 novembre 2010 e sono conseguentemente inesigibili le relative prestazioni; è altresì sospeso il pagamento dei contributi dovuti dagli utenti per l'anno 2012.

Capo VI
MISURE PER ACCELERARE L'APERTURA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI AL MERCATO

Articolo 53.
(Modificazioni al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148).

        1. Al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 3-bis, comma 1, primo periodo, sono apportate le seguenti modificazioni:

                1) dopo le parole «di rilevanza economica», la parola «in» è sostituita dalle seguenti: «definendo il perimetro degli»;

                2) dopo le parole «massimizzare l'efficienza del servizio», sono inserite le seguenti: «e istituendo o designando gli enti di governo degli stessi»;

                3) dopo le parole: «Fermo restando il termine di cui al primo periodo del presente comma» sono inserite le seguenti: «che opera anche in deroga a disposizioni esistenti in ordine ai tempi previsti per la riorganizzazione del servizio in ambiti»;

                4) al quarto periodo, le parole: «di dimensione non inferiore a quelle» sono sostituite dalle seguenti: «in coerenza con le previsioni».

            b) all'articolo 4 sono apportate le seguenti modificazioni:

                1) al comma 3, sono apportate le seguenti modificazioni:

                    a) dopo le parole «la delibera di cui al comma 2» sono inserite le seguenti: «nel caso di attribuzione di diritti di esclusiva se il valore economico del servizio è pari o superiore alla somma complessiva di 200.000 euro annui»;

                    b) le parole «adottata previo» sono sostituite dalle seguenti: «trasmessa per un»;

                    c) le parole: «dell'Autorità» sono sostituite dalle seguenti: «all'Autorità»;

                    d) le parole «che si pronuncia entro sessanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «che può pronunciarsi entro sessanta giorni»;

 

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                    e) le parole «dall'ente di governo locale dell'ambito o del bacino o in sua assenza» sono eliminate;

                    f) alla fine del primo periodo, dopo le parole «di una pluralità di servizi pubblici locali.» sono inserite le seguenti: «Decorso inutilmente il termine di cui al periodo precedente, l'ente richiedente adotta la delibera quadro di cui al comma 2.»;

                2) al comma 4 sono apportate le seguenti modificazioni:

                    a) le parole: «trenta giorni dal parere dell'Autorità» sono sostituite dalle seguenti: «novanta giorni dalla trasmissione del parere all'Autorità»;

                3) al comma 14 le parole «per le riforme per il federalismo» sono sostituite dalle seguenti: «per gli Affari Regionali»;

                4) al comma 32, lettera a), terzo periodo, le parole: «azienda in capo alla» sono soppresse.

                5) Al comma 32-ter le parole: «di cui all'articolo 2, comma 3, lettera e) del presente decreto» sono soppresse;

                6) Dopo il comma 35 è inserito il seguente:

        «35-bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 35, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, la verifica di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, le attività di cui al comma 5 e le procedure di cui ai commi 8, 12 e 13 per il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, sono effettuate unicamente per ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui all'articolo 3-bis dagli enti di governo degli stessi istituiti o designati ai sensi del medesimo articolo.».

Capo VII
ULTERIORI MISURE PER LA GIUSTIZIA CIVILE

Articolo 54.
(Appello).

        1. Al codice di procedura civile, libro secondo, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) dopo l'articolo 348 sono inseriti i seguenti:

        «Art. 348-bis. – (Inammissibilità all'appello). – Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta.

 

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        Il primo comma non si applica quando:

            a) l'appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all'articolo 70, primo comma;

            b) l'appello è proposto a norma dell'articolo 702-quater.

        Art. 348-ter. – (Pronuncia sull'inammissibilità dell'appello). – All'udienza di cui all'articolo 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, dichiara inammissibile l'appello, a norma dell'articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma dell'articolo 91.

        L'ordinanza di inammissibilità è pronunciata solo quando sia per l'impugnazione principale che per quella incidentale di cui all'articolo 333 ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell'articolo 348-bis. In mancanza, il giudice procede alla trattazione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza.

        Quando è pronunciata l'inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell'articolo 360, ricorso per cassazione nei limiti dei motivi specifici esposti con l'atto di appello. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilità. Si applica l'articolo 327, in quanto compatibile.

        Quando l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell'articolo 360.

        La disposizione di cui al quarto comma si applica, fuori dei casi di cui all'articolo 348-bis, secondo comma, lettera a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che conferma la decisione di primo grado.»;

            b) all'articolo 360, primo comma, è apportata la seguente modificazione:

            il numero 5) è sostituito dal seguente:

                «5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.»;

            c) all'articolo 383 è aggiunto il seguente comma:

        «Nelle ipotesi di cui all'articolo 348-ter, commi terzo e quarto, la Corte, se accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli indicati dall'articolo 382, rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello e si applicano le disposizioni del libro secondo, titolo terzo, capo terzo, sezione terza.»;

            d) dopo l'articolo 436 è inserito il seguente:

        «Art. 436-bis. – (Inammissibilità dell'appello e pronuncia). – All'udienza di discussione si applicano gli articoli 348-bis e 348-ter»;

 

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            e) all'articolo 447-bis, primo comma, è apportata la seguente modificazione:

                le parole «e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441,» sono sostituite dalle seguenti «e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 436-bis, 437, 438, 439, 440, 441,».

        2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a), c), d) ed e) si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

        3. La disposizione di cui al comma 1, lettera b), si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Articolo 55.
(Modifiche alla legge 24 marzo 2001, n. 89).

        1. Alla legge 24 marzo 2001, n. 89, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 2:

                1) il comma 2 è sostituito dal seguente: «Nell'accertare la violazione il giudice valuta la complessità del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione»;

                2) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

        «2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità. Ai fini del computo della durata il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell'atto di citazione. Si considera rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.

        2-ter. Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.

        2-quater. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l'impugnazione e la proposizione della stessa.

 

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        2-quinquies. Non è riconosciuto alcun indennizzo:

            a) in favore della parte soccombente condannata a norma dell'articolo 96 del codice di procedura civile;

            b) nel caso di cui all'articolo 91, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile;

            c) nel caso di cui all'articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;

            d) nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;

            e) quando l'imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini cui all'articolo 2-bis.

            f) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento;

                3) il comma 3 è abrogato;

            b) dopo l'articolo 2 è aggiunto il seguente:

        «Art. 2-bis. – (Misura dell'indennizzo).1. Il giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo.

        2. L'indennizzo è determinato a norma dell'articolo 2056 del codice civile, tenendo conto:

            a) dell'esito del processo nel quale si è verificata la violazione di cui al comma 1 dell'articolo 2;

            b) del comportamento del giudice e delle parti;

            c) della natura degli interessi coinvolti;

            d) del valore e della rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte.

        3. La misura dell'indennizzo, anche in deroga al comma 1, non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.»;

            c) l'articolo 3 è sostituito dal seguente:

        «Art. 3. – (Procedimento). – 1. La domanda di equa riparazione si propone con ricorso al presidente della corte d'appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata. Si applica l'articolo 125 del codice di procedura civile.

        2. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro

 

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della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze.

        3. Unitamente al ricorso deve essere depositata copia autentica dei seguenti atti:

            a) l'atto di citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relativi al procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata;

            b) i verbali di causa e i provvedimenti del giudice;

            c) il provvedimento che ha definito il giudizio, ove questo si sia concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili.

        4. Il presidente della corte d'appello, o un magistrato della corte a tal fine designato, provvede sulla domanda di equa riparazione con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del ricorso. Si applicano i primi due commi dell'articolo 640 del codice di procedura civile.

        5. Se accoglie il ricorso, il giudice ingiunge all'amministrazione contro cui è stata proposta la domanda di pagare senza dilazione la somma liquidata a titolo di equa riparazione, autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione. Nel decreto il giudice liquida le spese del procedimento e ne ingiunge il pagamento.

        6. Se il ricorso è in tutto o in parte respinto la domanda non può essere riproposta, ma la parte può fare opposizione a norma dell'articolo 5-ter.

        7. L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili.»;

            d) l'articolo 4 è sostituito dal seguente:

        «La domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva.»;

            e) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:

        «Art. 5. – (Notificazioni e comunicazioni).1. Il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta.

        2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta.

        3. La notificazione ai sensi del comma 1 rende improponibile l'opposizione e comporta acquiescenza al decreto da parte del ricorrente.

        4. Il decreto che accoglie la domanda è altresì comunicato al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.»;

 

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            f) dopo l'articolo 5-bis sono inseriti i seguenti:

        «Art. 5-ter.– (Opposizione).1. Contro il decreto che ha deciso sulla domanda di equa riparazione può essere proposta opposizione nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla sua notificazione.

        2. L'opposizione si propone con ricorso davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Si applica l'articolo 125 del codice di procedura civile.

        3. La corte d'appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato.

        4. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento. Il collegio, tuttavia, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l'efficacia esecutiva del decreto opposto.

        5. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo.

        Art. 5-quater. – (Sanzioni processuali). 1. Con il decreto di cui all'articolo 3, comma 4, ovvero con il provvedimento che definisce il giudizio di opposizione, il giudice, quando la domanda per equa riparazione è dichiarata inammissibile ovvero manifestamente infondata, può condannare il ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma di denaro non inferiore ad euro 1.000 e non superiore ad euro 10.000.».

        2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Articolo 56.
(Modifiche Scuola Magistratura ed esonero parziale dall'attività giurisdizionale).

        Al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 1, il comma 5 è sostituito dal seguente:

        «5. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate fino a un massimo di tre sedi della Scuola. Con il medesimo decreto è individuata la sede della Scuola in cui si riunisce il Comitato direttivo»;

            b) all'articolo 6, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole «ovvero, a loro richiesta, possono usufruire di un esonero parziale dall'attività giurisdizionale nella misura determinata dal Consiglio superiore della magistratura».

 

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Capo VIII
MISURE PER L'OCCUPAZIONE GIOVANILE NELLA GREEN ECONOMY E PER LE IMPRESE NEL SETTORE AGRICOLO

Articolo 57.
(Misure per lo sviluppo dell'occupazione giovanile nel settore della green economy).

        1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è abrogato l'articolo 1, comma 1112, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, e a valere sul Fondo di cui all'articolo 1, comma 1110, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato a soggetti privati che operano nei seguenti settori:

            a) protezione del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico;

            b) ricerca, sviluppo e produzione di biocarburanti di «seconda e terza generazione»;

            c) ricerca, sviluppo, produzione e installazione di tecnologie nel «solare termico», «solare a concentrazione», «solare termo-dinamico», «solare fotovoltaico», biomasse, biogas e geotermia;

            d) incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile e terziario, compresi gli interventi di social housing.

        2. Per accedere ai finanziamenti di cui al primo comma, i progetti di investimento presentati dalle imprese ricadenti nei settori di cui al primo comma devono prevedere occupazione aggiuntiva a tempo indeterminato di giovani con età non superiore a 35 anni alla data di assunzione. Nel caso di assunzioni superiori a tre unità, almeno un terzo dei posti è riservato a giovani laureati con età non superiore a 28 anni. Per singola impresa richiedente, le nuove assunzioni devono essere aggiuntive rispetto alla media totale degli addetti degli ultimi 12 mesi. I finanziamenti di cui al presente articolo sono erogabili ai progetti di investimento sino a concorrenza della disponibilità del Fondo. A tal fine, al Fondo di cui al primo comma affluiscono anche le rate di rimborso dei finanziamenti concessi e, in aggiunta, eventuali risorse comunitarie.

        3. Sono fatte salve le domande di finanziamento agevolato presentate ai sensi del decreto ministeriale 25 novembre 2008 e successiva circolare del 16 febbraio 2012. Le risorse assegnate con il citato decreto ministeriale 25 novembre 2008 e non utilizzate alla data di entrata in vigore della presente norma possono essere destinate al finanziamento degli interventi ricadenti nei settori di cui al primo comma.

        4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i settori di cui al primo comma possono essere integrati o modificati.

 

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        5. Le modalità di presentazione delle domande e le modalità di erogazione dei finanziamenti sono disciplinate nei modi previsti dall'articolo 2, lettera s), del decreto 25 novembre 2008, prevedendo procedure semplificate e informatizzate di accesso al beneficio.

        6. Ai progetti di investimento presentati dalle società ESCO, dagli affidatari di contratti di disponibilità stipulati ai sensi dell'articolo 44 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché dalle società a responsabilità limitata semplificata costituite ai sensi dell'articolo 2463 bis del codice civile, si applica la riduzione del 50% del tasso di interesse di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 novembre 2009.

        7. I finanziamenti a tasso agevolato, concessi nei settori di cui al primo comma, hanno durata non superiore a settantadue mesi, ad esclusione di quelli erogati ai soggetti di cui al precedente comma 6, per i quali la durata non può essere superiore a centoventi mesi.

Articolo 58.
(Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti).

        1. È istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura un fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica italiana. Le derrate alimentari sono distribuite agli indigenti mediante organizzazioni caritatevoli, conformemente alle modalità previste dal Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007.

        2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, viene adottato, entro il 30 giugno di ciascun anno, il programma annuale di distribuzione che identifica le tipologie di prodotto, le organizzazioni caritatevoli beneficiarie nonché le modalità di attuazione, anche in relazione alle erogazioni liberali e donazioni fornite da parte di soggetti privati e tese ad incrementare le dotazioni del Fondo di cui al comma 1. Ai fini fiscali, in questi casi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo del 4 dicembre 1997, n. 460.

        3. Gli operatori della filiera agroalimentare possono destinare all'attuazione del programma annuale di cui al comma 2 derrate alimentari, a titolo di erogazioni liberali, secondo modalità stabilite dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Ai fini fiscali, in questi casi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo del 4 dicembre 1997, n. 460.

        4. L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura è il soggetto responsabile dell'attuazione del programma di cui al comma 2.

        5. Ai fini del reperimento sul mercato dei prodotti identificati dal programma di cui al comma 2, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura opera secondo criteri di economicità dando preferenza, a parità di condizioni, alle forniture offerte da organismi rappresentativi

 

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di produttori agricoli o imprese di trasformazione dell'Unione Europea.

Articolo 59.
(Disposizioni urgenti per il settore agricolo).

        1. All'articolo 24 del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: 3-bis: «Salva l'applicazione delle norme penali vigenti, il soggetto inserito nel sistema di controllo di una denominazione di Origine Protetta o di una Indicazione Geografica Protetta che non assolve in modo totale o parziale, nei confronti del Consorzio di tutela incaricato, agli obblighi di cui all'articolo 17, comma 5 e comma 6 del presente decreto legislativo è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari al triplo dell'importo accertato».

        2. Al comma 5 dell'articolo 24 del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, le parole «Per l'illecito previsto al comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli illeciti previsti al comma 3, 3-bis e al comma 4».

        3. Le somme presenti sul bilancio dell'AGEA e non ancora erogate, pari a 19,738 milioni di euro, assegnate alla medesima Agenzia ai sensi dell'articolo 2, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, dell'articolo 1, comma 405, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dell'articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dell'articolo 2, comma 122, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dell'articolo 69, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, così come rifinanziata dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono destinate a finanziare misure a sostegno del settore agricolo e specifici interventi di contrasto alle crisi di mercato.

        4. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze sono definite le modalità di applicazione del comma 3 e sono quantificate le risorse finanziarie da destinare in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, ad ogni singola misura o intervento alla cui attuazione provvede l'AGEA.

        5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

        6. All'articolo 41 della legge 25 novembre 1971, n. 1096, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «A decorrere dall'anno 2012, nel limite di 2,5 milioni di euro annui, le risorse trasferite alle Regioni, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, sono utilizzate per il rimborso del costo sostenuto dagli enti ed organismi di coordinamento delle prove varietali.»

        7. Al commissario ad acta di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104 e successive modificazioni, sono attribuite le competenze per il finanziamento, ai soggetti pubblici attuatori delle opere irrigue, di interventi finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili

 

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riguardanti impianti idroelettrici connessi alle opere irrigue, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

        8. A decorrere dal 2013 le Regioni e Province autonome inviano annualmente, entro il 31 gennaio, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una relazione sul rapporto tra biomasse ad uso agro energetico e agricoltura nelle singole Regioni. In particolare, tale relazione dovrà consentire di evidenziare:

            a) fabbisogno di biomasse di origine agricola legate ad impianti in esercizio;

            b) fabbisogno potenziale di biomasse di origine agricola derivante da impianti che potranno entrare in esercizio nel corso dell'anno seguente;

            c) disponibilità di biomasse di origine agricola nel bacino regionale;

            d) valutazione dell'equilibrio di approvvigionamento e possibili effetti economici e fondiari indotti.

        9. Con successivo provvedimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente delle regioni e delle province autonome, sono definiti i criteri omogenei e le modalità per la redazione della relazione di cui al comma precedente.

        10. Le informazioni ottenute in attuazione del comma 8 sono utilizzate dalle amministrazioni competenti al fine di valutare le necessarie autorizzazioni per l'autorizzazione all'entrata in esercizio degli impianti.

        11. L'autorizzazione all'esercizio di nuovi impianti di acquacoltura in mare, posti ad una distanza superiore ad un km dalla costa, è rilasciata dal Mipaaf sulla scorta delle disposizioni adottate con regolamento del medesimo Ministero, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente Decreto Legge, ferme restando comunque le funzioni di controllo in corso di attività di competenza delle autorità sanitarie.

        12. Le disposizioni di cui al comma 11 si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e di quanto prescritto dall'articolo 29 della legge 7 agosto 1990 n. 241.

        13. All'articolo 17, comma 1, della legge 28 agosto 1989, n. 302, dopo le parole «e delle imprese di pesca socie» sono aggiunte le seguenti parole «nonché delle Associazioni nazionali di rappresentanza del settore della pesca per le loro finalità istituzionali».

        14. Al fine di fornire una più dettagliata informazione al consumatore ed incrementare lo sviluppo concorrenziale del mercato ittico, i soggetti che effettuano la vendita al dettaglio e la somministrazione dei prodotti della pesca possono utilizzare nelle etichette e in qualsiasi altra informazione fornita per iscritto al consumatore, la dicitura «prodotto italiano» o altra indicazione relativa all'origine

 

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italiana o alla zona di cattura più precisa di quella obbligatoriamente prevista dalle disposizioni vigenti in materia.

        15. La facoltà di cui al precedente comma 15 può essere esercitata esclusivamente per i prodotti acquistati direttamente da imprese di pesca, anche cooperative, organizzazioni dei produttori o imprese di acquacoltura che siano in grado di dimostrare l'esattezza delle informazioni relative all'origine del prodotto con gli strumenti previsti dal Regolamento 1224/09/CE e relativo Regolamento di attuazione e con una specifica attestazione di accompagnamento.

        16. Con successivo decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali vengono definiti i dettagli applicativi delle disposizioni di cui ai precedenti commi 15 e 16 ai fini della definizione dell'attestazione di origine, anche in relazione alla identificazione delle zone di cattura e/o di allevamento, nonché alla conformità alle disposizioni del Regolamento 2065/01/CE.

        17. Gli operatori economici di cui al comma 15 sono tenuti a conservare la documentazione relativa all'acquisto del prodotto, comprensiva dell'attestazione di origine, per almeno un anno.

        18. Ai soggetti di cui al comma 15 che, avvalendosi anche alternativamente, delle facoltà di cui al comma 1, forniscano ai consumatori un'informazione non corretta si applicano le sanzioni previste dall'articolo 18, comma 1, decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109.

        19. Ai soggetti di cui al comma 16 che forniscano informazioni non corrette si applicano le sanzioni previste dall'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4.

Capo IX
MISURE PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA

Articolo 60.
(Campo di applicazione. Soggetti ammissibili, tipologie e strumenti di intervento).

        1. Al fine di garantire la competitività della ricerca, per far fronte alle sfide globali della società, il presente capo, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato in favore dei settori della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, definisce gli interventi di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale nonché di ricerca industriale, estese a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale, e delle connesse attività di formazione per la valorizzazione del capitale umano.

        2. Per «ricerca fondamentale», «ricerca industriale» e «sviluppo sperimentale» si intendono le corrispondenti attività definite dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione di cui alla comunicazione della Commissione europea del 2006/C 323/01, recante «Disciplina comunitaria in

 

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materia di aiuti di stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione», pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 30 dicembre 2006, n. C/323.

        3. Sono soggetti ammissibili agli interventi di cui al presente capo le imprese, le università, gli enti e gli organismi di ricerca o qualsiasi altro soggetto giuridico in possesso dei requisiti minimi previsti dai bandi, purché residenti ovvero con stabile organizzazione nel territorio nazionale.

        4. Sono ammissibili le seguenti tipologie di intervento:

            interventi di ricerca fondamentale, diretti a sostenere l'avanzamento della conoscenza;

            interventi di ricerca industriale, estesi a eventuali attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, orientati a favorire la specializzazione del sistema industriale nazionale;

            appalti pre-commerciali di ricerca e sviluppo sperimentale, anche attraverso interventi cofinanziati con pubbliche amministrazioni, in risposta a esigenze di particolare rilevanza sociale (social big challenges);

            azioni di innovazione sociale (social innovation);

            interventi integrati di ricerca e sviluppo sperimentale, infrastrutturazione, formazione di capitale umano di alto livello qualitativo, di trasferimento tecnologico e spin off di nuova imprenditorialità innovativa, finalizzati in particolare allo sviluppo di grandi aggregazioni (cluster) tecnologiche pubblico-private di scala nazionale;

            interventi nazionali di ricerca fondamentale o di ricerca industriale inseriti in accordi e programmi comunitari e internazionali.

        5. Sono strumenti a sostegno degli interventi cui al comma 4:

            i contributi a fondo perduto;

            il credito agevolato;

            il credito di imposta ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106;

            la prestazione di garanzie;

            le agevolazioni fiscali cui all'articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123.

Articolo 61.
(Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST)).

        1. Le tipologie di intervento di cui all'articolo 60, comma 4, sono sostenute con le risorse a valere sul Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) istituito dall'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Tale fondo per gli

 

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investimenti in ricerca scientifica e tecnologica continua a operare anche attraverso l'esistente contabilità speciale esclusivamente per l'erogazione di finanziamenti agevolati che prevedano rientri e per gli interventi, anche di natura non rotativa, cofinanziati dall'Unione Europea o dalle regioni, ferma restando la gestione ordinaria in bilancio per gli altri interventi.

        2. A garanzia delle anticipazioni concesse a favore di progetti di ricerca presentati da soggetti privati è trattenuta e accantonata, per ogni intervento, una quota del finanziamento nella misura massima del 10 per cento dello stesso e nel limite complessivo del 10 per cento della dotazione annuale del Fondo cui al comma 1.

Articolo 62.
(Modalità di attuazione e procedure di valutazione).

        1. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla base del programma nazionale della ricerca e della relazione di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, adotta, per ogni triennio di riferimento del predetto programma, indirizzi in ordine agli obiettivi e alle priorità di intervento e alle attività di cui al presente capo.

        2. Con uno o più decreti di natura non regolamentare emanati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in conformità alle procedure automatiche, valutative e negoziali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, sono definite le spese ammissibili, ivi comprese, con riferimento ai progetti svolti nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali, quelle per la disseminazione dei risultati ottenuti e per il coordinamento generale del progetto, le caratteristiche specifiche delle attività e degli strumenti, le modalità e i tempi di attivazione, le misure delle agevolazioni, le modalità della loro concessione ed erogazione, i tempi di definizione delle procedure e delle singole fasi, nel rispetto della normativa comunitaria vigente, delle norme sulla semplificazione dell'attività amministrativa e sulla firma digitale, nonché prevedendo adempimenti ridotti per attività di non rilevante entità. Con il medesimo decreto sono altresì definite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 61 e le condizioni generali di accesso, utilizzo e rimborso delle somme accantonate a garanzia delle anticipazioni, l'amministrazione del Fondo e le modalità e i requisiti di accesso.

        3. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ammette al finanziamento gli interventi di ricerca industriale di cui al presente capo, previo parere tecnico-scientifico di esperti inseriti in apposito elenco del Ministero e individuati di volta in volta dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (CNGR), di cui all'articolo 21 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.

        4. Per gli interventi di ricerca industriale di cui all'articolo 60, comma 4, lettera b), e) e f), l'ammissione al finanziamento è altresì subordinata al parere positivo di esperti tecnici sulla solidità e sulla

 

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capacità economico-finanziaria dei soggetti in relazione all'investimento proposto.

        5. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con onere a carico del Fondo di cui all'articolo 61, può avvalersi, per gli adempimenti di cui al comma 4 e per le connesse attività di monitoraggio, di banche, di società finanziarie, di altri soggetti qualificati, dotati di comprovata competenza, di risorse umane specialistiche e di strumenti tecnici adeguati, in conformità all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, nonché di esperti iscritti nell'elenco di cui al comma 3.

        6. La valutazione ex ante degli aspetti tecnico-scientifici dei progetti o programmi presentati non è richiesto per i progetti già selezionati nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali cofinanziati anche dalla stessa a seguito di bandi internazionali di ricerca. I progetti sono ammessi al finanziamento fino alla concorrenza delle risorse disponibili nell'ambito del riparto del Fondo cui all'articolo 61.

        7. In un'ottica di merito di progetto, il decreto di cui al comma 2 disciplina i casi e le modalità in cui il Ministero può ammettere i progetti e i programmi anche in caso di esito negativo della valutazione di cui al comma 4. A tal fine, il decreto disciplina l'acquisizione di garanzie fideiussorie o assicurative, o altre forme di garanzia rilasciate anche da uno dei soggetti proponenti in forma di avvalimento rispetto agli soggetti proponenti.

        8. Ai fini della semplificazione dei rapporti istruttori e di gestione dei progetti e programmi di ricerca di cui al comma 4, per ciascun progetto e programma i partecipanti individuano tra di loro un soggetto capofila. Il soggetto capofila assolve i seguenti compiti:

            a) rappresenta i soggetti proponenti nei rapporti con l'amministrazione che concede le agevolazioni, anche ai fini delle forme di garanzia in avvalimento di cui al precedente comma 7;

            b) ai fini dell'accesso alle agevolazioni e del mantenimento delle stesse presenta, in nome proprio e per conto degli altri soggetti partecipanti, la proposta o progetto di ricerca e le eventuali variazioni degli stessi;

            c) richiede, in nome proprio e per conto degli altri soggetti partecipanti, le erogazioni per stato di avanzamento;

            d) effettua il monitoraggio periodico sullo svolgimento del programma.

        9. Il decreto di cui al comma 2 disciplina altresì i casi di variazioni soggettive e delle attività progettuali, definendone le modalità di valutazione ed eventualmente di approvazione.

        10. Le variazioni del progetto senza aumento di spesa approvate in ambito comunitario o internazionale sono automaticamente recepite in ambito nazionale.

        11. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca iscrive i progetti approvati e i soggetti fruitori degli interventi di cui al presente titolo nell'Anagrafe nazionale della ricerca.

 

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Articolo 63.
(Disposizioni finali).

        1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 62, comma 2, sono abrogati:

            a) l'articolo 104 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, a eccezione del comma 5;

            b) il decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, e successive modificazioni.

        2. Il decreto di cui all'articolo 62, comma 2, quale nuovo regime di aiuti ai sensi dell'articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea, è sottoposto a notifica e approvazione da parte della Commissione europea secondo le vigenti disposizioni.

        3. All'attuazione delle disposizioni del presente capo si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Dall'attuazione delle disposizioni del presente capo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

        4. L'articolo 20 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è così modificato: «I progetti di ricerca fondamentale libera e fondamentale di tipo strategico finanziati a carico del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica di cui all'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono assoggettati a valutazione tramite appositi comitati, secondo criteri stabiliti con decreto ministeriale di natura non regolamentare, tenendo conto in particolare dei princípi della tecnica di valutazione tra pari. Una percentuale di almeno il dieci per cento del Fondo è destinata ad interventi in favore di giovani ricercatori di età inferiore a 40 anni. Le attività del presente comma sono svolte a valere sulle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.».

Capo X
MISURE PER IL TURISMO E LO SPORT

Articolo 64.
(Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva).

        1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva a tutte le età e tra tutti gli strati della popolazione finalizzato alla realizzazione di nuovi impianti sportivi ovvero la ristrutturazione di quelli esistenti, con una dotazione finanziaria, per l'anno 2012, fino a 23 milioni di euro.

        2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il CONI e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e

 

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successive modificazioni, sono definiti i criteri per l'erogazione delle risorse finanziarie del fondo di cui al comma 1. Con successivo decreto adottato dal Capo del Dipartimento per gli affari regionali sono individuati gli interventi ammessi al relativo finanziamento.

        3. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, si provvede, nel limite di spesa di 23 milioni di euro, nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili sul bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l'anno 2012, finalizzate alla diffusione della pratica sportiva, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Articolo 65.
(Comitato Italiano Paraolimpico – Federazioni sportive nazionali e le discipline sportive).

        1. All'articolo 2 della legge 15 luglio 2003, n. 189, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti commi:

        «1-bis. Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate svolgenti esclusiva attività sportiva per disabili hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato.

        1-ter. Il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate svolgenti esclusiva attività sportiva per disabili è concesso a norma del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 previo riconoscimento, ai fini sportivi, da parte del Consiglio nazionale del Comitato Italiano Paraolimpico».

        2. Agli organismi di cui al presente articolo continuano ad applicarsi le misure di contenimento della spesa previste per le amministrazioni pubbliche a legislazione vigente.

Articolo 66.
(Reti di impresa).

        1. Al fine di favorire la creazione di reti di impresa e di filiera tra le aziende del comparto turistico del territorio nazionale, con uno o più decreti del Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti criteri e modalità per la realizzazione di progetti pilota. Con i medesimi provvedimenti sono definiti gli interventi oggetto dei contributi, finalizzati alla messa a sistema degli strumenti informativi di amministrazione, di gestione e di prenotazione dei servizi turistici, alla attivazione di iniziative di formazione e riqualificazione del personale, alla promozione integrata sul territorio nazionale ed alla promozione unitaria sui mercati internazionali, in particolare attraverso le attività di promozione dell'ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo, nonché le modalità di ripartizione dei predetti contributi, nel

 

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rispetto dei limiti fissati dall'Unione Europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. L'ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo provvede ai compiti derivanti dal presente articolo nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente.

        2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, si provvede, nel limite di spesa di 8 milioni di euro, nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l'anno 2012, finalizzate allo sviluppo del turismo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Articolo 67.
(Fondazione di Studi Universitari e di Perfezionamento sul Turismo).

        1. È istituita la Fondazione di Studi Universitari e di Perfezionamento sul Turismo, avente sede in una delle Regioni di cui all'obiettivo Convergenza individuata dallo Statuto.

        2. La Fondazione provvede alla progettazione, predisposizione e attuazione di corsi di formazione superiore e di formazione continua, anche tramite terzi, volti allo sviluppo di competenze imprenditoriali, manageriali e politico-amministrativo per il settore turistico. La Fondazione opera prioritariamente in collaborazione con le Università degli Studi individuate dallo Statuto.

        3. La Fondazione svolge altresì attività di ricerca applicata sulle tematiche di cui al comma precedente e può avviare attività di promozione e sviluppo dell'imprenditorialità nel settore turistico.

        4. In prima applicazione, lo Statuto della Fondazione è adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro degli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

        5. Le attività di cui ai precedenti commi sono realizzate nel limite di spesa di euro 2 milioni per gli anni 2012/2013/2014, e comunque nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili sul bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e finalizzate al settore del turismo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Titolo IV
DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Articolo 68.
(Assicurazioni estere).

        1. All'articolo 26-ter, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600, dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente:

        «L'imposta sostitutiva può essere applicata anche dai soggetti di cui all'articolo 23 attraverso il cui intervento sono stati stipulati i contratti di assicurazione, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano riscossi attraverso l'intervento dei soggetti stessi».

 

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        2. All'articolo 1 del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, dopo il comma 2-quinquies è inserito il seguente:

        «2-sexies. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1o gennaio 2011, le disposizioni di cui ai commi 2 e 2-ter si applicano anche ai soggetti di cui all'articolo 26-ter, comma 3, terzo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L'imposta di cui al comma 2 è commisurata al solo ammontare delle riserve matematiche relativo ai contratti di assicurazione stipulati mediante l'intervento dei soggetti indicati nel citato terzo periodo.».

        3. Per il solo periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2011, il versamento dell'imposta, da parte dei soggetti di cui all'articolo 26-ter, comma 3, terzo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, deve essere effettuato, entro il 16 novembre 2012, sulla base delle riserve relative ai contratti in essere al 31 dicembre 2011.

Articolo 69.
(Disposizioni finanziarie).

        1. La dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307 è incrementata di 24,9 milioni di euro per l'anno 2012 e di 26,7 milioni di euro per l'anno 2013.

        2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 6, comma 1, 8, comma 1, 9, comma 1, 11, comma 1 e 2, 12, comma 5, 16, commi da 1 a 4, 31, comma 1, 32, 51, 59, comma 4, e comma 1 del presente articolo, pari complessivamente a euro 123.692.408 euro per l'anno 2012, 99.980.489 euro per l'anno 2013, 220.661.620 euro per l'anno 2014, 405.887.450 euro per l'anno 2015, 307.900.000 euro per l'anno 2016 e 309.500.000 euro a decorrere dall'anno 2017, che aumentano a 178.858.408 euro per l'anno 2012, a 123.980.489 euro per l'anno 2013, a 260.661.620 euro per l'anno 2014, a 455.887.450 euro per l'anno 2015, a 357.900.000 euro per l'anno 2016, 359.500.000 euro per l'anno 2017 ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto, si provvede:

            a) quanto a 178.858.408 euro per l'anno 2012, a 123.980.489 euro per l'anno 2013, a 120 milioni di euro per l'anno 2014 e 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, con le maggiori entrate e le minori spese derivanti dagli articoli 11, commi 1 e 2, 14, comma 2, e 68, commi 1 e 2 del presente decreto;

            b) quanto a 140.661.620 milioni di euro per l'anno 2014, a 355.887.450 milioni di euro per l'anno 2015, a 257.900.000 euro per l'anno 2016, a 259.500.000 euro per l'anno 2017 e a 209.500.000 a decorrere dall'anno 2018, mediante riduzione lineare delle voci di

 

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spesa indicate nell'elenco allegato alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, ad esclusione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Il Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini delle successive riduzioni, è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili le predette somme. Le amministrazioni potranno proporre variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati nel rispetto dell'invarianza sui saldi di finanza pubblica.

        3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l'attuazione del presente decreto.

Articolo 70.
(Entrata in vigore).

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

        Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

        Dato a Roma, addì 22 giugno 2012.

NAPOLITANO

Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell'economia e delle finanze.
Passera, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti.
Fornero, Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Severino, Ministro della giustizia.
Catania, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
Riccardi, Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione.
Gnudi, Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport.

Visto, il Guardasigilli: Severino.

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Allegato 1 – Disposizioni abrogate

        1) Legge 29 ottobre 1954 n. 1083 «Concessioni di contributi per lo sviluppo delle esportazioni italiane»;

        2) legge 30 luglio 1959, n. 623 (Incentivi a favore delle medie e piccole industrie e dell'artigianato);

        3) decreto del Presidente della Repubblica 9 novembre 1976, n. 902 (Credito agevolato al settore industriale);

        4) articoli 3 e 4 della legge 12 agosto 1977, n. 675 (Interventi per la ristrutturazione e la riconversione industriale);

        5) articoli 21 e 32 della legge 14 maggio 1981, n. 219 (Eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981);

        6) articolo 10 del decreto legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981 n. 394 (consorzi per l'esportazione)

        7) articoli 9 e 17 della legge 6 ottobre 1982, n. 752 (Ricerca mineraria);

        8) articolo 1 della legge 19 dicembre 1983, n. 696 (Norme concernenti l'agevolazione della produzione industriale delle piccole e medie imprese e l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi);

        9) legge 1o marzo 1986, n. 64 (Intervento straordinario nel Mezzogiorno);

        10) articolo 3-octies decreto legge 26 gennaio 1987, n. 9 convertito con modificazioni dalla legge 27 marzo 1987, n. 121 (Fondo nazionale di promozione e sviluppo del commercio);

        11) articolo 3 del decreto legge 9 dicembre 1986, n. 832, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 15 (Sostegno finanziario alle PMI dei settori commercio e turismo per l'acquisto di locali precedentemente in affitto);

        12) legge 3 ottobre 1987, n. 399 (Agevolazioni della produzione industriale delle PMI);

        13) articolo 15, comma 19 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Compensi alle società finanziarie CFI e SOFICOOP per gestione partecipazioni assunte ai sensi della legge 49/1985);

        14) Legge 21 febbraio 1989 n. 83 «Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane»;

        15) articoli 4 e 7 della legge 30 luglio 1990, n. 221;

        16) articoli 5, 6, 8, 12, 17, 23, 27 e 34 della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle PMI);

 

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        17) articolo 14 della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Agevolazioni per l'innovazione e la riconversione produttiva relativamente all'utilizzo dell'amianto);

        18) articolo 1, comma 2, del decreto legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488 (Attività produttive nelle aree sottoutilizzate);

        19) decreto legge 24 aprile 1993, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 1993, n. 204 (Interventi urgenti a sostegno del settore minerario);

        20) articolo 2 del decreto legge 20 giugno 1994, n. 396, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1994, n. 481 (Contributi per dismissioni nel settore siderurgico);

        21) articolo 3-bis del decreto legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35 (Provvidenze per eventi alluvionali del 1994);

        22) articolo 1 del decreto legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341 (Agevolazioni in forma automatica per la realizzazione di nuovi investimenti effettuati dalle PMI industriali nelle aree depresse);

        23) articolo 2, comma 42 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Cofinanziamento programmi regionali);

        24) articolo 11 del decreto legge 29 dicembre 1995, n. 560, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1996, n. 74 (Disposizioni integrative per precedenti interventi alluvionali);

        25) articolo 2, comma 203, lettere e) ed f), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Contratti di programma e contratti d'area);

        26) articolo 1 della legge 25 marzo 1997, n. 77 (Incentivi per l'acquisto di strumenti per pesare);

        27) articolo 13 del decreto legge 28 marzo 1997 n. 79, convertito dalla legge 28 maggio 1997 n. 140 (Misure fiscali a sostegno dell'innovazione nelle imprese industriali);

        28) articolo 8, comma 2 della legge 7 agosto 1997, n. 266 (estensione degli incentivi automatici alle PMI dell'intero territorio nazionale);

        29) articolo 14 della legge 7 agosto 1997, n. 266 (Aree di degrado urbano);

        30) articoli 9 e 11 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Estensione della legge 488/92 al settore del turismo; incentivi fiscali alle piccole e medie imprese dei settori del commercio e del turismo);

        31) articolo 24, commi 4, 5 e 6 ed articolo 25, comma 7, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi per lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi; indennizzi a favore dei soggetti titolari di esercizi di vicinato)

 

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        32) all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, le parole «allegata al Documento di programmazione economico-finanziaria» sono soppresse;

        33) Articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 143 (Disposizioni in materia di contributi e di finanziamenti per lo sviluppo delle esportazioni);

        34) articolo 54, comma 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Estensione della legge 488/92 al settore del commercio);

        35) articolo 5 della legge 11 maggio 1999, n. 140 (Agevolazioni per i partecipanti al consorzio Infomercati per finanziamenti finalizzati alla connessione al sistema nazionale informatico dei mercati agroalimentari all'ingrosso);

        36) articoli 4, commi 5, 6 e 7, e 13, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Rilievi geofisici condotti per la ricerca e la coltivazione di riserve di idrocarburi);

        37) articoli 6, commi da 13 a 19, 103, commi 5 e 6, 106 e 114, commi 4 e 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Detassazione degli utili reinvestiti; credito d'imposta per il commercio elettronico; collegamento telematico «quick-response» fra imprese del settore tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero; promozione e sviluppo di nuove imprese innovative mediante partecipazione al capitale di rischio ripristino ambientale e sicurezza dei lavoratori nei siti di cava);

        38) articolo 14, commi 1 e 3 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Modalità semplificate di applicazione della legge 488/92 per le imprese artigiane);

        39) articolo 52, commi 77 e 78, e articolo 59 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Contributi per il settore tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero; interventi per la formazione e valorizzazione degli stilisti);

        40) articolo 2, commi 4 e 5, ed articolo 12 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Agevolazioni per programmi di sviluppo e innovazione nelle PMI del settore tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero; incentivi per il settore delle fonderie);

        41) articolo 11, comma 3, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 (Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà.

        42) articolo 1, commi 280-283, commi 847-850 e comma 853 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Credito d'imposta per le attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo; fondo per la finanza d'impresa; fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà);.

        43) articolo 2 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Norma previgente sugli interventi di reindustrializzazione; Utilizzo delle economie legge 488/92; in particolare, interventi di sostegno, riqualificazione e reindustrializzazione dei sistemi di illuminazione del Veneto delle armi di Brescia, mediante accordi di programma).

 

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Allegato 2 – articolo 24

Lauree magistrali in discipline di ambito tecnico o scientifico
LM-12 Design
LM-13 Farmacia e farmacia industriale
LM-17 Fisica
LM-18 Informatica
LM-20 Ingegneria aerospaziale e astronautica
LM-21 Ingegneria biomedica
LM-22 Ingegneria chimica
LM-23 Ingegneria civile
LM-24 Ingegneria dei sistemi edilizi
LM-25 Ingegneria dell'automazione
LM-26 Ingegneria della sicurezza
LM-27 Ingegneria delle telecomunicazioni
LM-28 Ingegneria elettrica
LM-29 Ingegneria elettronica
LM-30 Ingegneria energetica e nucleare
LM-31 Ingegneria gestionale
LM-32 Ingegneria informatica
LM-33 Ingegneria meccanica
LM-34 Ingegneria navale
LM-35 Ingegneria per l'ambiente e il territorio
LM-4 Architettura e ingegneria edile – architettura
LM-40 Matematica
LM-44 Modellistica matematico-fisica per l'ingegneria
LM-53 Scienza e ingegneria dei materiali
LM-54 Scienze chimiche
LM-6 Biologia
LM-60 Scienze della natura
LM-61 Scienze della nutrizione umana
LM-66 Sicurezza informatica
LM-69 Scienze e tecnologie agrarie
LM-7 Biotecnologie agrarie
LM-70 Scienze e tecnologie alimentari
LM-71 Scienze e tecnologie della chimica industriale
LM-72 Scienze e tecnologie della navigazione
LM-73 Scienze e tecnologie forestali ed ambientali
LM-74 Scienze e tecnologie geologiche
LM-75 Scienze e tecnologie per l'ambiente e il territorio
LM-79 Scienze geofisiche
LM-8 Biotecnologie industriali
LM-82 Scienze statistiche
LM-86 Scienze zootecniche e tecnologie animali
LM-9 Biotecnologie mediche, veterinarie e farmaceutiche
LM-91 Tecniche e metodi per la società dell'informazione

Frontespizio Relazione Relazione Tecnica Disegno di Conversione Decreto Legge Allegato
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