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PDL <u>4915</u>

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4915



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati

VASSALLO, BACHELET, CAUSI, DE TORRE, GOZI, MARAN, MARTELLA, SERVODIO

Modifiche agli articoli 48, 56, 57, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 77, 79, 81, 82, 83, 85, 86, 87, 88, 92, 94, 96, 121, 122, 123, 126, 128, 135, 136 e 138 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di bicameralismo

Presentata il 30 gennaio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! – Da tempo si discute della necessità di accompagnare il trasferimento di poteri verso regioni ed enti locali sancito con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione approvata nel 2001 con un'opportuna riforma del Parlamento che includa il loro punto di vista nel processo legislativo, limitando così per un verso le spinte centrifughe o secessioniste e per un altro verso attenuando il rischio di un crescente contenzioso davanti alla Corte costituzionale per conflitti di attribuzione.
      Si discute da molto tempo anche della necessita di dare maggiore tempestività, efficacia, linearità e trasparenza al processo legislativo. Recentemente, è divenuta ancora più acuta e pungente la domanda di una maggiore sobrietà e corrispondenza tra il numero dei parlamentari e le funzioni che effettivamente sono chiamati a svolgere.
      Si parla anche, da troppo tempo, di un rafforzamento della responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri nella guida del Governo. A questo riguardo, la presente proposta di legge costituzionale incide su un unico e rilevante aspetto, attribuendo al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di nomina e di revoca dei Ministri. Di conseguenza, prevede che la fiducia sia conferita a lui soltanto e non a tutto l'esecutivo. Non riteniamo opportuno intervenire su altri aspetti ugualmente oggetto
 

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di proposte autorevoli, o perché a nostro avviso scarsamente efficaci, come nel caso della sfiducia costruttiva, o poiché fonte di animosità e di preoccupazioni che ci pare inutile riaccendere, come nel caso del potere di scioglimento. Riteniamo, del resto, che la riforma del bicameralismo qui proposta darebbe un contributo di gran lunga superiore alla stabilità e all'autorevolezza dei Governi. Riteniamo, quindi, che oggi il malato da curare con assoluta urgenza sia il Parlamento.
      La denigrazione e il discredito a cui è giunta presso l'opinione pubblica la massima sede della rappresentanza, nella quale si riflette e attraverso la quale si esercita la sovranità popolare, non può non preoccupare chiunque abbia a cuore la solidità della democrazia. E a nessuno sfugge che tale discredito sia almeno per una parte giustificato dalla ridondanza delle strutture parlamentari, ancora meno tollerabile in un momento in cui tutto il Paese è chiamato a pesanti sacrifici.
      Un Parlamento con quasi mille componenti, formato da due Camere con identiche prerogative aveva poco senso già nel 1948. Nel frattempo una parte cospicua delle funzioni legislative è migrata verso i consigli regionali, il Parlamento europeo, le autorità indipendenti e il Governo. L'opinione dei proponenti è dunque, in sintesi, che si debba andare verso un sistema sostanzialmente monocamerale, in cui la composizione e il ruolo della seconda Camera siano drasticamente trasformati. Una sola Camera, realmente autorevole, composta da 500 rappresentanti effettivamente «scelti» dai cittadini, che abbia il compito di conferire e di ritirare la fiducia al Governo e di avere l'ultima parola sull'approvazione delle leggi.
      Il Senato della Repubblica può divenire la sede attraverso cui le regioni e gli enti locali partecipano alla funzione legislativa dello Stato, proponendo emendamenti a qualsiasi provvedimento approvato dalla Camera dei deputati, su cui quest'ultima decide a maggioranza qualificata. La seconda Camera, per ragioni di parsimonia normativa e simbolica, continuerebbe dunque a chiamarsi Senato della Repubblica. E del resto la sua funzione diverrebbe esattamente, sul piano della produzione legislativa, quella di essere la sede di raccordo tra tutti i soggetti istituzionali che «costituiscono la Repubblica», ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione.
      Non sarebbe tuttavia formata da un corpo di senatori, e cioè da parlamentari eletti direttamente e impegnati a tempo pieno, ma piuttosto da «delegati» delle regioni, componenti dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali, i quali continuerebbero a godere delle prerogative e delle sole indennità previste dall'organo da cui sono nominati.
      L'amministrazione del Parlamento sarebbe unificata, superando l'attuale irragionevole duplicazione degli uffici, oltre che delle sedi decisionali, con un significativo impatto sull'efficienza, sulla trasparenza e sulla funzionalità dei servizi messi a disposizione degli organi rappresentativi. Pur a fronte di consistenti risparmi, si potrebbero irrobustire gli staff effettivamente dedicati allo svolgimento dell'attività legislativa.
      L'esigenza di un radicale ripensamento dell'assetto bicamerale non è tuttavia giustificata da fattori contingenti o dall'attenzione sempre più spasmodica dell'opinione pubblica verso i costi della politica. Dall'analisi comparata delle democrazie contemporanee emerge nitidamente quanto l'attuale sistema parlamentare italiano a «bicameralismo perfetto», caratterizzato cioè sia da una completa simmetria delle competenze decisionali delle due Camere, sia dalla congruenza della loro composizione, risulti assolutamente eccentrico. Dalla comparazione emerge, inoltre, come la tendenza di gran lunga prevalente nelle democrazie contemporanee privilegi il bicameralismo differenziato «a base territoriale», il quale trova giustificazioni particolarmente cogenti negli ordinamenti che sono o vorrebbero essere federali.
      Va anche notato che molte seconde Camere risultano in realtà canali poco efficaci di espressione della «rappresentanza territoriale», soprattutto se si assume che quest'ultima non debba coincidere, genericamente, con la difesa degli
 

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interessi locali, quanto, piuttosto, con la tutela dell'autonomia delle unità politiche territoriali e delle istituzioni che la rendono possibile.
      Dall'analisi comparata è possibile quindi trarre lezioni soprattutto in negativo, in merito agli errori da evitare e di cui la presente proposta di legge costituzionale tiene conto. Le scelte costituzionali, anche quelle sbagliate, sono infatti destinate a durare: lo dimostra anche il caso italiano, da cui vale la pena iniziare.
      La scelta per il bicameralismo perfetto fu il frutto delle ambiguità e dei compromessi che contrassegnarono, per questo aspetto, i lavori dell'Assemblea costituente. Com’è noto, gran parte dei componenti democristiani erano favorevoli a un Senato espressione delle categorie sociali in forma corporativa. Alcuni esponenti repubblicani propendevano invece per una Camera delle regioni, secondo la formula proposta da Emilio Lussu. Socialisti e comunisti erano convinti sostenitori del monocameralismo, in ossequio a una visione rousseauiana secondo la quale non era concepibile vi fossero espressioni difformi della «volontà popolare». Questi ultimi potevano quindi accettare il bicameralismo solo a condizione che entrambe le Camere presentassero un'identica base di legittimazione. Cosicché, bocciata la soluzione «corporativa», proposta in un ordine del giorno di Piccioni e di Moro, fu cercata una ragion d'essere del Senato in una modalità (fittiziamente) diversa di composizione. Fu previsto che il Senato, a differenza della Camera, fosse composto «a base regionale» (alludendo in questo modo alla Camera delle regioni), con un sistema elettorale maggioritario e che il relativo elettorato, passivo e attivo, presentasse soglie di età più elevate.
      Com’è noto, le prime due scelte furono poi vanificate: la prima fu interpretata semplicemente nel senso che i seggi «venivano ripartiti» in ambito regionale senza ulteriori recuperi a livello nazionale, dopo essere stati allocati tra le regioni in misura perfettamente proporzionale alla popolazione residente; la seconda fu neutralizzata con l'approvazione di un emendamento proposto da Dossetti, secondo il quale la formula maggioritaria avrebbe operato solo nei casi in cui i candidati nei collegi uninominali avessero ottenuto almeno il 65 per cento dei voti validamente espressi. Venuta così meno ogni altra e più cogente giustificazione del bicameralismo, quest'ultimo fu motivato, nella relazione di Meuccio Ruini all'Assemblea costituente, con «l'opportunità di doppie e più meditate decisioni».
      Naturalmente, l'idea di avere una «Camera di riflessione» non è stata propria dei soli Costituenti italiani. Tuttavia, in quasi tutti gli altri sistemi democratici il second thought è affidato a un organo che esprime un «punto di vista» almeno parzialmente diverso rispetto a quello presente nella prima Camera. Com’è noto, negli Stati moderni pre-democratici l'esistenza di due o più Camere era funzionale a dare voce a diversi ceti e categorie sociali. In Inghilterra – Paese che ha tracciato per primo la strada, nel XIV secolo e per ultimo, solo nel 2001, si è liberata di quella anacronistica eredità – le Camere «alta» e «bassa» servivano a dare rappresentanza rispettivamente all'alta nobiltà e all'alto clero (la prima), alla piccola nobiltà e ai rappresentanti dei borghi (la seconda). Una nuova giustificazione, compatibile con la piena affermazione del principio democratico, fu intuita per la prima volta dai Costituenti americani del 1787, i quali scelsero di affiancare a una Camera dei «rappresentanti del popolo», un Senato espresso dai legislativi statali. Da allora questo principio non è stato seguito solo dagli ordinamenti federali: anche quelli unitari originariamente dotati di due Camere – quando non hanno deciso di fare a meno di una delle due, com’è accaduto in Finlandia (1906), Nuova Zelanda (1950), Danimarca (1956), Svezia (1971) e Islanda (1991) – hanno tendenzialmente attribuito alla Camera alta il compito di rappresentare gli interessi delle unità sub-nazionali.
      Secondo i dati forniti dall'Unione interparlamentare nel 1999, dei 178 Parlamenti nazionali allora esistenti, solo il 38 per cento (67) erano bicamerali. Se tuttavia
 

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si considera un panel per noi più significativo, costituito dalla quasi totalità dei Paesi a democrazia consolidata o in via di consolidamento (in totale 47 casi), la quota dei sistemi bicamerali sale al 57 per cento. Considerando che Parlamenti monocamerali caratterizzano generalmente Paesi unitari di piccole dimensioni, è possibile affermare, senza eccezioni, che tutti i Paesi democratici di grandi dimensioni e tutti i sistemi federali presentano una seconda Camera. Se però ci si concentra sulle 26 democrazie del panel che presentano un sistema bicamerale, si nota che non solo la composizione delle due Camere è quasi ovunque «incongruente», ma che quasi ovunque alla diversa modalità di composizione è associata una differenziazione nei compiti e nelle potestà decisionali. Nei pochi casi in cui, come in Svizzera e in Messico, le due Camere hanno eguali poteri, esse presentano una composizione differenziata. In Giappone, dove le Camere sono gemelle quanto a composizione, esse presentano poteri asimmetrici. Dopo la riforma costituzionale belga del 1993, il bicameralismo perfetto rimane dunque una peculiarità dei sistemi istituzionali italiano e rumeno.
      Laddove non esistono convincenti giustificazioni per mantenere in vita l'attuale assetto parlamentare, la trasformazione del Senato della Repubblica in una Camera territoriale può risultare utile solo nella misura in cui, come si sostiene da più parti, si intenda garantire una fisionomia federale o quasi-federale alla Repubblica. Studiosi come Wheare, Riker ed Elazar hanno sottolineato come gli assetti federali si basino sull'attribuzione di ambiti di autonomia decisionale, costituzionalmente previsti, al Governo centrale e ai governi periferici e al tempo stesso su istituzioni in grado di garantire che i confini tra le due sfere di autonomia non possano essere modificati unilateralmente e con facilità dal Governo centrale. Da qui la necessità di coinvolgere le entità sub-nazionali nell'approvazione della legislazione ordinaria che influisce sulle loro sfere di competenza. Come ha notato Meg Russel, autrice di uno dei migliori studi comparativi disponibili sull'argomento («Reforming the House of Lords: Lessons from Overseas», Oxford University Press, 2000), il ruolo territoriale delle seconde Camere può rispondere a tre esigenze: «rappresentare i territori e i loro interessi al livello nazionale; fornire un forum per le differenti unità territoriali all'interno del quale esse possano esaminare problemi di politica pubblica e concordare posizioni comuni; creare un collegamento tra il Parlamento nazionale, le Assemblee ed i Governi territoriali».
      Mai come in questo caso, la «teoria» (del federalismo) è tutt'altro che distante dai problemi con cui siamo chiamati a confrontarci. Infatti, una nuova composizione del Senato della Repubblica, ispirata ai princìpi richiamati, non solo rappresenterebbe uno snellimento delle strutture parlamentari e del processo legislativo, ma consentirebbe anche di risolvere alcune delle tensioni prodotte dalla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione approvata nel 2001. Con la presente proposta di legge costituzionale, al Senato della Repubblica è innanzitutto attribuito il potere di eleggere una quota dei componenti della Corte costituzionale, a garanzia dell'equidistanza della Consulta tra il legislatore nazionale e quelli regionali. A esso viene inoltre conferita la potestà di esaminare tutte le leggi, con particolare riguardo a quelle che potrebbero limitare le prerogative delle regioni, stabilendo «princìpi fondamentali» troppo invasivi nelle materie a competenza legislativa concorrente.
      Ma quale specifica configurazione dovrebbe assumere il Senato della Repubblica per raggiungere tali obiettivi? E quali lezioni si possono trarre a questo proposito dall'analisi comparata?
      Se è vero che tutti i sistemi federali hanno una seconda Camera disegnata per rappresentare le unità territoriali, non va sottovaluta la varietà di soluzioni adottate per dare forma a questo principio. Va anche detto, a parziale giustificazione dei nostri Padri costituenti e a nostro monito, che tra le democrazie contemporanee si registrano vari clamorosi fallimenti rispetto
 

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agli obiettivi per i quali l'assetto bicamerale era stato disegnato, o rispetto alle finalità che oggi ci si attende quell'assetto debba servire. Un'aspettativa che spesso risulta disattesa riguarda proprio la pretesa di vedere nettamente distinte la rappresentanza «territoriale» (che dovrebbe aver sede nella seconda Camera) dalla rappresentanza «politico-partitica» (che si esprime normalmente nella prima Camera).
      Questa pretesa è però, per un verso, artificiosa e illusoria, in quanto la classe politica che opera nelle due Camere tende inevitabilmente, in ogni Paese, a dividersi e a coalizzarsi in relazione alle stesse fratture di fondo, se non a identiche affiliazioni di partito; per altri versi è fuorviante, in quanto anche i rappresentanti della prima Camera sono ovviamente sensibili agli interessi dei territori in cui sono stati eletti: nell'Italia della Prima Repubblica erano assai più legati agli interessi territoriali i deputati, soprattutto per via della competizione sulle preferenze, che non i senatori, «eletti a base regionale».
      Dunque, ciò che in realtà ha senso chiedere ai componenti della seconda Camera, se le si vuole dare una connotazione «federale», non è tanto di difendere gli interessi dei territori quanto di portare nel processo legislativo statale il punto di vista di chi opera negli enti territoriali, cioè nelle istituzioni preposte a esercitare funzioni di governo e a garantire così l'autonomia dei territori. L'intensità con la quale i componenti della seconda Camera fanno proprio questo punto di vista dipende in larga misura dal modo in cui sono eletti e dai soggetti a cui devono concretamente dare conto, oltre che dai poteri che possono esercitare mentre sono in carica.
      Nelle democrazie con sistemi bicamerali troviamo diverse modalità di formazione della seconda Camera: per nomina (irrevocabile) del Governo centrale, per elezione diretta, per elezione indiretta da parte degli enti territoriali, per nomina (revocabile) dei governi territoriali. Esistono poi Senati a composizione mista che utilizzano più di una di tali modalità per quote significative dei loro componenti. Queste diverse modalità di formazione si riscontrano tanto in ordinamenti unitari quanto in ordinamenti federali. Ma nei sistemi federali l'allocazione dei seggi tra le unità territoriali avviene sempre su basi paritarie o limitatamente ponderate rispetto al numero di abitanti, mentre nei sistemi unitari avviene sempre in proporzione alla popolazione. Inoltre, nei sistemi federali il numero dei componenti delle Camere alte è significativamente inferiore a quello delle prime Camere. Da una stima risulta come nei Paesi federali il Senato si compone in media di 101 seggi, mentre nei Paesi unitari la media si attesta a 183 seggi (quantunque si escludesse il caso estremo della Gran Bretagna la media rimarrebbe a quota 143).
      Dagli studi comparativi sulle seconde Camere emerge come l'efficacia della rappresentanza «territoriale» risulti minima nei casi in cui la Camera alta sia composta da rappresentanti a vita nominati dal Governo centrale. Ciò non avviene solo per la Camera dei Lord, ma anche per il Senato di uno Stato federale quale il Canada, dove l'ossequio verso le tradizioni istituzionali britanniche ha prodotto il più eclatante dei «fallimenti». Come in altri Paesi federali, il Senato avrebbe dovuto garantire l'autonomia delle singole province, ma l'elezione per nomina, usata dai Primi Ministri in carica come «political reward for party faithful» (Docherty), ne ha alterato il ruolo rendendolo sostanzialmente inutile, mentre l'assenza di un'istituzione centrale per la rappresentanza degli interessi provinciali ha inasprito il «carattere combattivo delle relazioni intergovernative» (McKay).
      Per quanto riguarda l'elezione diretta della seconda Camera, nei Paesi (almeno in origine) unitari la distribuzione dei seggi tra i territori avviene in proporzione alla popolazione, mentre in quelli federali l'allocazione dei seggi tra le unità territoriali è rigidamente paritaria, in aderenza al modello statunitense. Ogni Stato americano elegge due senatori, che si tratti del Wyoming (quasi mezzo milione di residenti)
 

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o della California (quasi 34 milioni). Anche la logica che ha ispirato questo tipo di «Camera territoriale» è nota e fu nitidamente espressa da James Madison nei «Federalist papers»: nessuna modifica della Costituzione e nessuna decisione rilevante che incida sugli equilibri istituzionali devono poter essere prese senza che siano approvate, oltre che dalla maggioranza dei rappresentanti del popolo al livello federale, dalla maggioranza delle unità territoriali o, per meglio dire, «dalla maggioranza delle maggioranze» che si formano all'interno di ciascuna di esse. Una delle finalità è chiaramente quella di garantire l'autonomia di unità federate che hanno ceduto parte della loro sovranità alla Federazione, ottenendo in cambio il diritto a esercitare un eguale potere di veto. Tanto che in origine l'elezione dei senatori spettava ai legislativi statali, proprio per differenziare il punto di vista dei senatori (l'interesse da essi difeso) dal punto di vista dei componenti della Camera dei rappresentanti. Ma con l'affievolirsi delle potenziali minacce all'autonomia dei singoli Stati e con il passaggio all'elezione diretta (1913) i senatori hanno finito per assumere un profilo ancora più connotato in senso politico-partitico dei componenti della Camera dei rappresentanti, seppure con le attenuanti proprie di un sistema a elevata personalizzazione, a tutti i livelli. A questo hanno contribuito certamente anche le specifiche prerogative del Senato che, a partire dalla competenza sulla politica estera, riguardano proprio la definizione e la difesa, al più alto livello, dell'interesse nazionale.
      Si noti che negli Stati Uniti d'America, come in tutti gli altri Paesi che adottano l'elezione diretta, l'asincronia dei cicli elettorali delle due Camere, le eventuali differenze nei loro sistemi elettorali e l'allocazione tendenzialmente paritaria dei seggi tra le unità territoriali non si sono dimostrati incentivi sufficienti a far divenire la seconda Camera la sede effettiva di composizione tra le istanze autonomistiche dei «territori» e le esigenze di indirizzo unitario del Governo centrale. Del resto non era questo il fine che intendevano perseguire i padri fondatori della democrazia americana. Allo stesso tempo questi tre dispositivi hanno certamente reso più probabile una coabitazione tra maggioranze politicamente avverse nelle due Camere. Una coabitazione che può essere considerata un male minore, se non un necessario elemento di bilanciamento, nei sistemi presidenziali e che può essere addirittura funzionale al consolidamento di assetti parlamentari di tipo consociativo in Paesi con società plurali, come nel caso svizzero, ma che entra chiaramente in contraddizione con assetti parlamentari maggioritari.
      In Svizzera ogni cantone esprime due componenti al Consiglio degli Stati, indipendentemente dalle rispettive dimensioni, mentre ai cosiddetti «mezzi cantoni» spetta un solo rappresentante. Anche quando i seggi da esprimere sono due, con l'eccezione dei cantoni del Giura e di Neuchàtel, l'elezione avviene con sistema maggioritario. Al contrario, l'elezione dei componenti del Consiglio Nazionale avviene con sistema proporzionale, con l'effetto che i due partiti moderati (i cristiani democratici e i liberali radicali) in passato venivano nettamente sovra-rappresentati nella Camera alta rispetto ai partiti collocati ai due estremi (i socialdemocratici e l'estrema destra conservatrice). In Australia, al contrario, il sistema elettorale della seconda Camera è proporzionale, mentre quello della prima Camera è maggioritario, con effetti talvolta destabilizzanti per i Governi in carica e con risultati ancora una volta notoriamente fallimentari per quanto riguarda la rappresentanza dei territori.
      Una diversa soluzione per ancorare il Senato al ruolo di garante dell'equilibrio tra centro e periferia è quella di prevedere l'elezione indiretta dei senatori rendendoli agenti delle istituzioni territoriali. E il punto qui diventa: di quali istituzioni? Dei legislativi o dei governi regionali? Dei soli governi regionali o anche dei governi locali? Dato il rilievo che quest'ultimo interrogativo riveste ai nostri fini, tanto vale affrontarlo per primo. Solo l'ordinamento caratterizzato dalla più netta impronta
 

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centralista, quello francese, attribuisce agli amministratori locali un ruolo nella scelta dei senatori. Negli altri casi in cui vi sia elezione indiretta, fatta eccezione per le componenti corporative presenti nei Senati sloveno e irlandese, i senatori sono espressione delle istituzioni di livello immediatamente inferiore a quello statale.
      La maniera più nitida e certamente più efficace per fare del Senato il forum delle istituzioni «federate» è quella adottata in Germania, laddove il Bundesrat è composto da delegazioni dei governi dei Lander, nominate di volta in volta, tenute a utilizzare i voti a disposizione di ciascuna delegazione in blocco (in questo modo viene inibito a singoli Ministri di Länd di prendere posizioni di partito difformi da quelle negoziate all'interno dall'esecutivo). Un ulteriore elemento di forza del Bundesrat, ma anche causa di insistenti critiche, consiste nei poteri legislativi di gran lunga superiori a quelli di molte altre seconde Camere. Fritz Scharpf aveva addebitato le situazioni di stallo tra le due Camere a riforme introdotte tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta, con le quali si definivano alcuni obiettivi che Länder e Federazione avrebbero dovuto perseguire congiuntamente, spingendo così il policy making in una «trappola». Altri autori hanno però convincentemente mostrato come i periodici momenti di tensione tra le due Camere siano dovuti a una dinamica eminentemente politico-elettorale (piuttosto che di policy). Nei momenti in cui il Cancelliere gode di particolare popolarità, ai più ambiziosi leader del partito di opposizione conviene andare «a farsi le ossa» e a guadagnarsi credibilità come statisti dalla posizione di Minister-Prasident nei Länder. Candidandosi nei Länder possono peraltro sfruttare la maggiore disillusione che coglie gli elettori nei confronti del Governo verso la metà della legislatura e il fatto che i politici più autorevoli del partito di Governo siano impegnati a ricoprire incarichi ministeriali. Cosicché è facile che riescano a guadagnare una maggioranza nel Bundesrat e che, in prossimità della sfida elettorale per il cancellierato, usino questo atout per mettere in difficoltà il Governo in carica. La riforma costituzionale del 2006, giunta a seguito di un lungo dibattito anche riferito ai rischi di stallo prodotti dagli eccessivi poteri del Bundesrat, ha tuttavia eliminato le materie per le quali era prevista una competenza del Bund a stabilire una «legislazione di cornice» e ridotto quelle che in qualche modo implicavano una corresponsabilità dei due livelli di Governo, attribuendole in via esclusiva al Bund o ai Länder. Di conseguenza, diverse materie sono state sottratte alla procedura che attribuisce al Bundesrat un potere di veto assoluto.
      Un altro modello interessante è quello del Bundesrat austriaco. Il Bundesrat (Consiglio federale) è formato da 62 membri nominati dai Landtage, i Consigli dei nove Länder federali. Il mandato corrisponde pertanto alla legislatura del Landtag. Ogni Land è rappresentato da un massimo di dodici deputati e da un minimo di tre. Il Bundesrat ha il compito di rappresentare gli interessi dei Länder a livello federale e coopera a tal fine all'attività legislativa. I testi legislativi e i trattati politici approvati dal Nationalrat (la prima Camera) sono immediatamente trasmessi al Bundesrat dove sono discussi in sede di commissione prima che il Bundesrat stesso li affronti definitivamente in sede plenaria. Il Consiglio federale può opporre un veto motivato nei confronti della maggior parte dei testi legislativi del Nationalrat. In tal caso quest'ultimo deve riesaminare il testo in questione, ma può tuttavia ricorrere alla cosiddetta «decisione sospensiva» contro il veto del Bundesrat. Un veto assoluto (il blocco di una legge) da parte del Bundesrat è attuabile solo nel caso in cui sono modificate le competenze dei Länder.
      Altre soluzioni, sulla falsariga delle seconde Camere tedesca e austriaca, ma con una combinazione di componenti governative e consiliari, sono state sperimentate in due nuove democrazie, la Federazione Russa e la Repubblica del Sud Africa, anche se purtroppo l'analisi empirica risulta ancora lacunosa a riguardo. Le interpretazioni di analisti e di operatori
 

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sono invece largamente concordi nel ritenere inefficaci le soluzioni miste adottate in Spagna e in Belgio, in cui si sommano una preponderante componente a elezione diretta (scelta lungo linee di partito) a una componente a elezione indiretta espressione delle Assemblee legislative.
      Dall’excursus comparativo fin qui delineato è possibile trarre alcune lezioni in merito alla configurazione della seconda Camera. Occorre sottolineare che si tratta prevalentemente di lezioni in negativo, riferite soprattutto agli errori da evitare per non incorrere nei fallimenti riscontrati in vari casi nazionali. Il rischio principale, come si è visto, è costituito dall'eventualità che i componenti del Senato siano troppo attratti dallo scontro politico tra maggioranza e opposizione e che siano quindi distratti dal loro specifico ruolo di garanti dell'equilibrio tra centro e periferia. Per evitare ciò e per ottenere gli obiettivi prefissati (alleggerire il bicameralismo e costituire una sede di raccordo tra Stato centrale e sistemi regionali) occorre intervenire in maniera netta sia sul versante delle competenze sia sul versante della modalità di elezione dei componenti della seconda Camera.
      Quanto al primo aspetto, la presente proposta di legge costituzionale delinea un sistema a bicameralismo asimmetrico. Il potere di conferire e di togliere la fiducia al Governo o, meglio, al Presidente del Consiglio dei ministri, è attribuito alla sola Camera dei deputati. Alla Camera dei deputati sono affidati anche l'esame e l'approvazione di tutti i disegni di legge che sono trasmessi al Senato della Repubblica il quale, entro trenta giorni, su richiesta di un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non approvi modifiche entro il termine previsto, la legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge emanati ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione.
      La Camera dei deputati può ulteriormente modificare o respingere gli emendamenti approvati dal Senato della Repubblica solo a maggioranza assoluta dei propri componenti, se essi riguardano le seguenti materie:

          a) legislazione elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane;

          b) leggi concernenti l'esercizio delle competenze legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 117, commi terzo, quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123, quinto comma; 132, secondo comma; e 133, primo comma;

          c) bilancio annuale e regolamento di organizzazione del Parlamento.

      Il procedimento rimane invece paritario per quanto attiene alle leggi costituzionali o di modifica della Costituzione.
      Come il caso del Bundesrat tedesco insegna, il «ruolo di garanzia» del Senato non può fare perno su prerogative formali troppo forti rispetto alla prima Camera, se non a costo di mettere in discussione la responsabilità di quest'ultima sull'indirizzo politico di Governo. D'altro canto, lo stesso caso tedesco dimostra come l'autorevolezza del Senato federale, il suo potere negoziale o di veto, sia corroborato dal fatto che i suoi componenti esprimono il punto di vista di istituzioni territoriali di cui sono delegati, piuttosto che una posizione politico-partitica o meramente personale.
      Come abbiamo visto, il caso statunitense confuta, d'altro canto, in maniera definitiva l'argomento secondo cui l'attribuzione di un numero (relativamente) piccolo e (tendenzialmente) eguale di seggi a ciascuna unità territoriale indurrebbe, di per se stessa, i rappresentanti eletti direttamente dai cittadini a comportarsi come «portatori degli interessi dei territori» più di quanto già non lo facciano i deputati. Se poi si ipotizzasse l'elezione dei senatori basata su un sistema elettorale puramente proporzionale, candidati ed elettori sarebbero indotti a muoversi secondo allineamenti di tipo strettamente partitico, ancora

 

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di più di quanto non lo sarebbero per l'elezione della Camera dei deputati, ove questa si svolgesse con un sistema maggioritario. Non è chiaro, infine, se e come la mera contestualità dell'elezione dei senatori con l'elezione dei consigli regionali possa attribuire una particolare torsione «territoriale» al mandato dei primi.
      Piuttosto che un Senato elettivo, che finirebbe per essere una copia sbiadita o, peggio ancora, iper-proporzionalizzata della Camera dei deputati, proponiamo dunque un Senato della Repubblica composto da «delegati» dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali. Il sistema delle relazioni tra Stato, regioni e comuni troverebbe così una sua compiutezza. Gli esecutivi potrebbero continuare a interloquire con il Governo a monte del processo legislativo attraverso la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, che la presente proposta di legge costituzionale propone sia prevista in Costituzione e disciplinata con legge costituzionale. I delegati dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali, nel Senato della Repubblica potrebbero emendare, a valle, i progetti di legge deliberati dalla Camera dei deputati, con obbligo per quest'ultima, in caso di disaccordo, di esprimersi in via definitiva a maggioranza qualificata. I due organi potrebbero anche avere come sede unica Palazzo Madama, con un ulteriore recupero di efficienza del processo decisionale e riduzione dei costi.
      Il Senato della Repubblica sarebbe dunque composto da persone che ne fanno parte «in quanto mantengono il loro ruolo negli enti che li esprimono», secondo la logica del Bundesrat tedesco, non a caso l'unico organo parlamentare espressione di enti territoriali che non appaia al giudizio degli analisti interni e internazionali come una «Camera morta». Come nel progetto di legge costituzionale varato nel corso della XV legislatura dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati e nel Bundesrat austriaco, sarebbero però espressione dei Consigli piuttosto che degli esecutivi. Una quota di rappresentanti espressi dai consigli delle autonomie locali darebbe voce anche ai comuni.
      Data questa configurazione del Senato della Repubblica, non è né necessario né opportuno che i suoi componenti siano titolari di alcune delle speciali prerogative previste per i deputati, ivi inclusa l'indennità, in quanto coperti dalle prerogative e dalle indennità previste per la loro carica principale.
      La presente proposta di legge costituzionale è composta da trentanove articoli.
      All'articolo 1 si stabilisce che i rappresentanti della circoscrizione Estero siano presenti nella sola Camera dei deputati, in quanto il Senato della Repubblica è composto da delegati delle regioni e degli enti locali.
      L'articolo 2 modifica l'articolo 56 della Costituzione al fine di procedere alla tante volte auspicata riduzione del numero dei deputati, che passerebbero così da 630 a 500; contestualmente, l'elettorato passivo per la Camera dei deputati viene portato da venticinque a diciotto anni di età, equiparandolo all'elettorato attivo. Nonostante l'elezione al Parlamento per gli under-25 sia un'eventualità destinata a verificarsi raramente, come dimostra l'esperienza dei numerosi Paesi europei già allineati a questo standard, non sussistono reali motivazioni per mantenere tale differenziazione dei requisiti di età per l'elettorato attivo e passivo.
      L'articolo 3 sostituisce l'articolo 57 della Costituzione delineando composizione e modalità di formazione del nuovo Senato della Repubblica quale organo di secondo grado. Di conseguenza, l'articolo 4 abroga l'articolo 58 della Costituzione in materia di requisiti per l'elettorato attivo e passivo per il Senato della Repubblica, i quali coincidono con i requisiti richiesti per divenire componenti dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali.
      All'articolo 5 si modifica l'articolo 59 della Costituzione che disciplina l'istituto dei senatori di diritto e a vita; l'istituto viene mantenuto ma alla Camera dei deputati, non trovando spazio al Senato della Repubblica una rappresentanza che non
 

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sia quella di tipo territoriale. Si coglie inoltre l'occasione di specificare che il numero totale dei deputati di nomina presidenziale non può in alcun caso essere superiore a tre, costituzionalizzando così un principio ormai consolidato nella prassi presidenziale ma oggetto, in passato, di dispute dottrinali e di interpretazioni alterne. La riduzione complessiva del numero dei parlamentari è dunque pari a circa il 50 per cento, passando, se si eccettuano gli ex Presidenti della Repubblica, da 630+315+5 (950) a 503.
      Agli articoli 6 e 7 si sostituisce l'articolo 60 e si modifica l'articolo 61 della Costituzione, rispettivamente in materia di durata delle Camere e di termini entro i quali devono svolgersi le elezioni; tali articoli, come conseguenza del carattere elettivo della sola Camera dei deputati, si riferiranno esclusivamente a essa. Il divieto di proroga delle Camere, di cui all'articolo 60, secondo comma, della Costituzione, è previsto per la Camera dei deputati e per i consigli regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, così che i suoi effetti si riflettano sul Senato della Repubblica. Del resto non avrebbe avuto senso mantenere il divieto di proroga per un organo, quale il nuovo Senato della Repubblica, soggetto a periodico e parziale rinnovo dei suoi membri.
      All'articolo 8 si modifica l'articolo 62 della Costituzione prevedendo la convocazione di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre – disposizione che, alla luce della pressoché continua attività parlamentare, viene conservata solo a fini di garanzia – della sola Camera dei deputati; viene inoltre abrogato il terzo comma dello stesso articolo, il quale prevede che quando una Camera si riunisce in via straordinaria è convocata di diritto anche l'altra. Tale previsione non avrebbe infatti più ragione di esistere in un sistema bicamerale imperfetto con i caratteri precedentemente delineati.
      All'articolo 9 si modifica l'articolo 63 della Costituzione in materia di Presidenza e di ufficio di presidenza delle Camere; per il Senato della Repubblica, infatti, si aggiunge un rinvio al Regolamento per la definizione di modalità di rinnovo di tali organi, al fine di tenere conto della sua peculiare composizione a parziale rinnovo periodico.
      L'articolo 10 introduce nuove disposizioni nel primo comma dell'articolo base del diritto parlamentare, l'articolo 64 della Costituzione, stabilendo che il bilancio annuale e il regolamento di organizzazione del Parlamento sono approvati con legge. In tal modo si stabilisce un rapporto di mutuo controllo nella gestione finanziaria delle due Camere. Si afferma, inoltre, che il buon andamento dell'amministrazione interna del Parlamento è assicurato dal Presidente della Camera dei deputati, nel rispetto dell'autonomia del Senato della Repubblica. Attraverso le due innovazioni richiamate si sancisce il principio dell'unicità dell'amministrazione del Parlamento, la cui attuazione è specificata all'articolo 39 della presente proposta di legge costituzionale. Nello stesso articolo 10 si prevede che la sola Camera dei deputati, oltre al Parlamento a camere riunite, possa adunarsi in seduta segreta, come conseguenza del venir meno dell'attuale sistema di bicameralismo perfetto. Stante il regime di incompatibilità fra consigliere regionale e Ministro, stabilita dalla legge al fine di evitare possibili conflitti di interesse, l'articolo 10, comma 3, modifica il citato articolo 64, quarto comma, in materia di diritti e doveri dei membri del Governo nei loro rapporti con il Parlamento. Per la stessa ragione, l'articolo 30 modifica l'articolo 96 della Costituzione sui reati ministeriali prevedendo l'autorizzazione della sola Camera dei deputati.
      Gli articoli 11 e 12 modificano rispettivamente gli articoli 65 e 66 della Costituzione in materia di ineleggibilità, incompatibilità e verifica dei poteri riferendoli alla sola Camera dei deputati, in quanto per i membri del Senato della Repubblica la fissazione di tali requisiti e la loro verifica è quella prevista per la loro carica principale. Sempre in materia di incompatibilità, come conseguenza della nuova configurazione del Senato della Repubblica l'articolo 32 modifica l'articolo 122 della Costituzione stabilendo che i consiglieri
 

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regionali o i membri della giunta non possono appartenere contemporaneamente alla Camera dei deputati eliminando così il divieto di appartenenza al Senato della Repubblica.
      L'articolo 13 modifica l'articolo 67 della Costituzione, prevedendo che i soli deputati rappresentino la Nazione ed esercitino le loro funzioni senza vincolo di mandato; al contrario, i membri del Senato della Repubblica, nella nuova configurazione di questo organo, sono chiamati a rappresentare lo specifico punto di vista delle istituzioni territoriali da cui sono delegati a esaminare la legislazione statale.
      L'articolo 14 modifica gli articoli 68 e 69 della Costituzione in materia di immunità e di indennità, riferendole ai soli deputati, in quanto i senatori godranno delle immunità e delle indennità legate alla loro carica principale.
      L'articolo 15 sostituisce l'articolo 70 della Costituzione in materia di procedimento legislativo, su cui si rimanda all'illustrazione fatta precedentemente.
      L'articolo 16 modifica l'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa prevedendo che sia affidata ai soli membri della Camera dei deputati e non anche del Senato della Repubblica, potendo le regioni già esercitare il diritto di iniziativa tramite i loro consigli ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione.
      L'articolo 21 modifica l'articolo 81 della Costituzione in materia di bilanci e di rendiconto sostituendo l'espressione «le Camere approvano» con «sono approvati con legge», rimandando in tal modo all'articolo 70 per il relativo procedimento. Lo stesso avviene relativamente alla ratifica dei trattati internazionali nei casi previsti dall'articolo 80 della Costituzione ai sensi dell'articolo 26 della presente proposta di legge costituzionale.
      L'articolo 23 abroga il secondo comma dell'articolo 83 della Costituzione nella parte che prevede che all'elezione del Presidente della Repubblica da parte del Parlamento in seduta comune partecipino tre delegati per ogni regione eletti dal consiglio regionale, essendo i consigli regionali già rappresentati nel Senato della Repubblica. Di conseguenza, le parole «delegati regionali» presenti nell'articolo 85, secondo comma, della Costituzione, sono soppresse dall'articolo 24, comma 1, della presente proposta di legge costituzionale.
      L'articolo 24 modifica, inoltre, l'articolo 85 della Costituzione nella parte che stabilisce che «se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove», sostituendo il riferimento alle Camere con quello alla sola Camera dei deputati (sempre in virtù del fatto che il Senato della Repubblica è un organo a rinnovo periodico e parziale).
      L'articolo 25 modifica l'articolo 86 della Costituzione prevedendo che la supplenza del Presidente della Repubblica sia affidata al Presidente della Camera dei deputati.
      L'articolo 26 modifica l'articolo 87 della Costituzione in materia di attribuzioni del Presidente della Repubblica, prevedendo che egli indìca l'elezione per la sola Camera dei deputati, come conseguenza del carattere non elettivo del Senato della Repubblica, e che autorizzi la presentazione dei disegni di legge alla sola Camera dei deputati anziché alle Camere, essendo tutti i disegni di legge presentati prima alla Camera dei deputati e poi esaminati secondo le modalità previste dall'articolo 70. Sempre come conseguenza del carattere non elettivo del Senato della Repubblica, l'articolo 27 modifica l'articolo 88 della Costituzione prevedendo che il potere di scioglimento del Presidente della Repubblica sia esercitato nei confronti della sola Camera dei deputati.
      L'articolo 28 modifica l'articolo 92 della Costituzione stabilendo che il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri «valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati», così da adeguare la Costituzione ai cambiamenti nella forma di governo avvenuti a seguito del cambiamento del sistema elettorale in senso maggioritario. Si introduce, inoltre, la facoltà per il Presidente del Consiglio dei ministri di proporre la
 

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revoca dei Ministri, così da rafforzare il suo ruolo.
      L'articolo 29 modifica l'articolo 94 della Costituzione prevedendo che il Governo abbia la fiducia della sola Camera dei deputati.
      Sempre al fine di rafforzare il ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri, si prevede che la fiducia sia accordata al Presidente del Consiglio dei ministri anziché al Governo. D'altro canto questa scelta costituisce la necessaria premessa per potergli attribuire la facoltà, introdotta con l'articolo 28, di nominare e di revocare i ministri.
      L'articolo 30 modifica l'articolo 96 della Costituzione sui reati ministeriali prevedendo l'autorizzazione della sola Camera dei deputati.
      L'articolo 32 modifica l'articolo 122 della Costituzione in materia di incompatibilità dei membri dei consigli e delle giunte regionali, stabilendo che l'incompatibilità sussiste solo con la carica di deputato come conseguenza della nuova configurazione del Senato della Repubblica.
      L'articolo 33 modifica l'articolo 123 della Costituzione prevedendo che sia la legge dello Stato a determinare i princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei consigli delle autonomie locali.
      L'articolo 34 sostituisce l'articolo 126 della Costituzione prevedendo che il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio regionale o di rimozione del presidente della giunta sia adottato dopo aver sentito il Presidente della Camera dei deputati. Per contro, viene meno il parere della Commissione per le questioni regionali, che nel nuovo sistema bicamerale non ha più ragione d'essere.
      L'articolo 35 dà una base costituzionale al cosiddetto «sistema delle Conferenze», allo stesso tempo semplificandolo, nel solco del disegno di legge attualmente in discussione presso la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati (atto Camera n. 4567); il nuovo articolo 127-bis della Costituzione prevede, infatti, l'istituzione tramite legge costituzionale di una Conferenza intergovernativa permanente, quale sede di confronto, concertazione e attuazione del principio di leale collaborazione tra i soggetti costitutivi della Repubblica ai sensi dell'articolo 114.
      L'articolo 36 sostituisce l'articolo 135 della Costituzione in materia di composizione della Corte costituzionale, sostituendo all'elezione di un terzo dei suoi componenti da parte del Parlamento in seduta comune l'elezione di tre componenti da parte della Camera dei deputati e di due da parte del Senato della Repubblica. L'articolo 37 prevede che le sentenze della Corte costituzionale siano comunicate, oltre che ai consigli regionali, alla sola Camera dei deputati anziché alle due Camere.
      L'articolo 38 modifica il procedimento di revisione costituzionale previsto dall'articolo 138 della Costituzione prevedendo che non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione a maggioranza di due terzi dei suoi componenti da parte della sola Camera dei deputati, coerentemente a quanto previsto dal nuovo articolo 70 della Costituzione.
      Infine, l'articolo 39 detta alcune disposizioni transitorie, stabilendo che le disposizioni della legge costituzionale si applicano a decorrere dalla prima legislatura successiva a quella in corso alla data della sua entrata in vigore. In sede di prima applicazione dell'articolo 57 della Costituzione, come sostituito della legge costituzionale, i consigli regionali e delle province autonome e i consigli delle autonomie locali procedono all'elezione dei loro rappresentanti nel Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla data di svolgimento delle elezioni per la Camera dei deputati. Al momento dell'insediamento della Camera dei deputati eletta in attuazione delle disposizioni della legge costituzionale, i senatori a vita assumono il ruolo di deputato a vita. In sede di prima applicazione dell'articolo 64 primo comma, della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale, i dipendenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica sono
 

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inquadrati nell'organico dell'amministrazione unica del Parlamento. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale, i Presidenti delle Camere propongono la nomina di una speciale Commissione, composta da due deputati, due senatori e tre esperti indipendenti, con il compito di approntare, entro nove mesi dall'insediamento, il piano di riordino degli uffici del Parlamento. La nomina di ciascun componente della Commissione è sottoposta al voto di conferma di ciascuna Camera. Il piano prevede l'unificazione di tutti gli uffici che non siano strettamente connessi con il funzionamento degli organi deliberativi delle Camere, tenuto conto dei cambiamenti introdotti riguardo alla loro composizione e alle loro prerogative dalla legge costituzionale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.
(Modifica all'articolo 48 della Costituzione).

      1. Al terzo comma dell'articolo 48 della Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Art. 2.
(Modifiche all'articolo 56 della Costituzione).

      1. Al secondo comma dell'articolo 56 della Costituzione, la parola: «seicentotrenta» è sostituita dalla seguente: «cinquecento».
      2. Al terzo comma dell'articolo 56 della Costituzione, la parola: «venticinque» è sostituita dalla seguente: «diciotto».
      3. Al quarto comma dell'articolo 56 della Costituzione, la parola: «seicentodiciotto» è sostituita dalla seguente: «cinquecento».

Art. 3.
(Modifica dell'articolo 57 della Costituzione).

      1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 57. – Le Regioni e gli enti locali partecipano alla funzione legislativa dello Stato mediante la partecipazione di loro rappresentanti al Senato della Repubblica.
      Il Senato della Repubblica è composto da rappresentanti delle Regioni e degli enti locali eletti al loro interno dai Consigli regionali e dai Consigli delle autonomie locali per un mandato, rinnovabile, della durata massima di due anni. Il mandato si interrompe, in ogni caso, al momento della

 

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cessazione dalla carica di componente del Consiglio regionale o del Consiglio delle autonomie locali.
      I componenti del Senato della Repubblica possono farsi sostituire in ciascuna seduta del Consiglio regionale o del Consiglio delle autonomie locali o di suoi organismi interni da altri componenti dell'organo che li ha eletti.
      Il Consiglio regionale elegge, con voto limitato, tre rappresentanti nelle Regioni fino a un milione di abitanti; nelle Regioni con popolazione superiore elegge un numero di rappresentanti pari a tre più uno per ogni milione di abitanti.
      I Consigli regionali della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e del Molise eleggono un rappresentante per ciascuna Regione.
      I Consigli provinciali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol eleggono, con voto limitato, due rappresentanti per ciascuna Provincia.
      In ciascuna Regione il Consiglio delle autonomie locali elegge un rappresentante nelle Regioni fino a un milione di abitanti e due rappresentanti nelle Regioni con più di un milione di abitanti, con voto limitato.
      I Consigli delle autonomie locali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol eleggono un rappresentante per ciascuna Provincia.
      L'elezione ha luogo entro trenta giorni dalla prima riunione del Consiglio regionale o delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol».

Art. 4.
(Abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione).

      1. L'articolo 58 della Costituzione è abrogato.

Art. 5.
(Modifiche all'articolo 59 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 59 della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

 

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      2. Al secondo comma dell'articolo 59 della Costituzione, la parola: «senatori» è sostituita dalla seguente: «deputati» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il numero totale dei deputati di nomina presidenziale non può in alcun caso essere superiore a cinque».

Art. 6.
(Modifica dell'articolo 60 della Costituzione).

      1. L'articolo 60 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 60. – La Camera dei deputati è eletta per cinque anni.
      La durata della Camera dei deputati, di ciascun Consiglio regionale e dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano non può essere prorogata se non per legge dello Stato e soltanto in caso di guerra».

Art. 7.
(Modifiche all'articolo 61 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 61 della Costituzione, le parole: «delle nuove Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati».
      2. Il secondo comma dell'articolo 61 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Finché non sia riunita la nuova Camera dei deputati sono prorogati i poteri della precedente».

Art. 8.
(Modifiche all'articolo 62 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 62 della Costituzione, le parole: «Le Camere si riuniscono» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati si riunisce».
      2. Il terzo comma dell'articolo 62 della Costituzione è abrogato.

 

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Art. 9.
(Modifica all'articolo 63 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 63 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di rinnovo di tali organi».

Art. 10.
(Modifiche all'articolo 64 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 64 della Costituzione sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il bilancio annuale e il regolamento di organizzazione del Parlamento sono approvati con legge. Il buon andamento dell'amministrazione interna del Parlamento è assicurato dal Presidente della Camera dei deputati, nel rispetto dell'autonomia del Senato della Repubblica».
      2. Al secondo comma dell'articolo 64 della Costituzione, le parole: «ciascuna delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «la Camera dei deputati».
      3. Al quarto comma dell'articolo 64 della Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Art. 11.
(Modifica all'articolo 65 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 65 della Costituzione, le parole: «o di senatore» sono soppresse.

Art. 12.
(Modifica all'articolo 66 della Costituzione).

      1. All'articolo 66 della Costituzione, le parole: «Ciascuna Camera» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati».

 

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Art. 13.
(Modifica all'articolo 67 della Costituzione).

      1. All'articolo 67 della Costituzione, le parole: «membro del Parlamento» sono sostituite dalla seguente: «deputato».

Art. 14.
(Modifiche agli articoli 68 e 69 della Costituzione).

      1. Agli articoli 68 e 69 della Costituzione, le parole: «del Parlamento», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Art. 15.
(Modifica dell'articolo 70 della Costituzione).

      1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 70. – La funzione legislativa dello Stato è esercitata dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica.
      Dopo l'esame e l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono trasmessi al Senato della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non approvi modifiche entro il termine previsto, la legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge emanati ai sensi dell'articolo 77.
      La Camera dei deputati può ulteriormente modificare o respingere le modifiche approvate dal Senato della Repubblica

 

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a maggioranza assoluta dei suoi componenti nelle seguenti materie:

          a) legislazione elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

          b) leggi concernenti l'esercizio delle competenze legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 117, commi terzo, quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123, quinto comma; 132, secondo comma; 133, primo comma;

          c) bilancio annuale e regolamento di organizzazione del Parlamento».

Art. 16.
(Modifica all'articolo 71 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 71 della Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Art. 17.
(Modifica all'articolo 72 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 72 della Costituzione, le parole: «ad una Camera» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».

Art. 18.
(Modifica all'articolo 73 della Costituzione).

      1. Al secondo comma dell'articolo 73 della Costituzione, le parole da: «le Camere» fino a: «ne dichiarano» sono sostituite dalle seguenti: «la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiara».

 

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Art. 19.
(Modifiche all'articolo 77 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 77 della Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».
      2. Al secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione, le parole: «alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati che, anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce entro cinque giorni».

Art. 20.
(Modifica all'articolo 79 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 79 della Costituzione, le parole: «di ciascuna Camera» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Art. 21.
(Modifica all'articolo 81 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 81 della Costituzione, le parole: «Le Camere approvano ogni anno» sono sostituite dalle seguenti: «Sono approvati ogni anno con legge».

Art. 22.
(Modifica all'articolo 82 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 82 della Costituzione, le parole: «Ciascuna Camera» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati».

 

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Art. 23.
(Modifica all'articolo 83 della Costituzione).

      1. Il secondo comma dell'articolo 83 della Costituzione è abrogato.

Art. 24.
(Modifiche all'articolo 85 della Costituzione).

      1. Al secondo comma dell'articolo 85 della Costituzione, le parole: «e i delegati regionali» sono soppresse.
      2. Al terzo comma dell'articolo 85 della Costituzione, le parole: «le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione» sono sostituite dalle seguenti: «la Camera dei deputati è sciolta o mancano meno di tre mesi alla sua cessazione» e le parole: «delle Camere nuove» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati».

Art. 25.
(Modifiche all'articolo 86 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 86 della Costituzione, le parole: «del Senato» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».
      2. Al secondo comma dell'articolo 86 della Costituzione, le parole da: «se le Camere» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «se la Camera dei deputati è sciolta o mancano meno di tre mesi alla sua cessazione».

Art. 26.
(Modifiche all'articolo 87 della Costituzione).

      1. Al terzo comma dell'articolo 87 della Costituzione, le parole: «delle nuove Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati».
      2. Al quarto comma dell'articolo 87 della Costituzione, le parole: «alle Camere»

 

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sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».
      3. All'ottavo comma dell'articolo 87 della Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «con legge».

Art. 27.
(Modifica all'articolo 88 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 88 della Costituzione, le parole: «sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche solo una di esse» sono sostituite dalle seguenti: «sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati».

Art. 28.
(Modifica all'articolo 92 della Costituzione).

      1. Il secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Il Presidente della Repubblica, valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, nomina e revoca i Ministri».

Art. 29.
(Modifiche all'articolo 94 della Costituzione).

      1. Al primo comma dell'articolo 94 della Costituzione, le parole: «delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».
      2. Al secondo comma dell'articolo 94 della Costituzione, le parole: «Ciascuna Camera» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati».
      3. Il terzo comma dell'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Entro dieci giorni dalla formazione del Governo, il Presidente del Consiglio dei

 

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ministri si presenta alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia».

      4. Al quarto comma dell'articolo 94 della Costituzione, le parole: «di una o di entrambe le Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Art. 30.
(Modifica all'articolo 96 della Costituzione).

      1. All'articolo 96 della Costituzione, le parole: «del Senato della Repubblica o» sono soppresse.

Art. 31.
(Modifica all'articolo 121 della Costituzione).

      1. Al secondo comma dell'articolo 121 della Costituzione, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».

Art. 32.
(Modifica all'articolo 122 della Costituzione).

      1. Al secondo comma dell'articolo 122 della Costituzione, le parole: «ad una delle Camere del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».

Art. 33.
(Modifica all'articolo 123 della Costituzione).

      1. Dopo il quarto comma dell'articolo 123 della Costituzione è aggiunto il seguente:
      «La legge dello Stato determina i princìpi fondamentali per la formazione e per la composizione dei Consigli delle autonomie locali».

 

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Art. 34.
(Modifica dell'articolo 126 della Costituzione).

      1. L'articolo 126 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 126. – Con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentito il Presidente della Camera dei deputati, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale».

Art. 35.
(Introduzione dell'articolo 127-bis della Costituzione).

      1. Dopo l'articolo 127 della Costituzione è inserito il seguente:
      «Art. 127-bis. – Con legge costituzionale è istituita la Conferenza intergovernativa permanente quale sede di confronto, concertazione e attuazione del principio di leale collaborazione tra i soggetti costitutivi della Repubblica ai sensi dell'articolo 114».

Art. 36.
(Modifiche all'articolo 135 della Costituzione).

      1. Il primo comma dell'articolo 135 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «La Corte costituzionale è composta da quindici giudici, di cui cinque nominati dal Presidente della Repubblica, tre dalla Camera dei deputati, due dal Senato della Repubblica e cinque dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa».

 

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      2. Al settimo comma dell'articolo 135 della Costituzione, le parole: «a senatore» sono sostituite dalle seguenti: «a deputato».

Art. 37.
(Modifica all'articolo 136 della Costituzione).

      1. Al secondo comma dell'articolo 136 della Costituzione, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti «alla Camera dei deputati».

Art. 38.
(Modifica all'articolo 138 della Costituzione).

      1. Al terzo comma dell'articolo 138 della Costituzione, le parole: «da ciascuna delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «dalla Camera dei deputati».

Art. 39.
(Disposizioni transitorie).

      1. Le disposizioni di cui alla presente legge costituzionale si applicano a decorrere dalla prima legislatura successiva a quella in corso alla data della sua entrata in vigore.
      2. In sede di prima applicazione dell'articolo 57 della Costituzione, come da ultimo sostituito della presente legge costituzionale, i Consigli regionali e delle Province autonome e i Consigli delle autonomie locali procedono all'elezione dei loro rappresentanti nel Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla data di svolgimento delle elezioni per la Camera dei deputati.
      3. Al momento dell'insediamento della Camera dei deputati eletta in attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge costituzionale, i senatori a vita assumono il ruolo di deputato a vita.
      4. In sede di prima applicazione dell'articolo 64, primo comma, della Costituzione,

 

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come modificato dalla presente legge costituzionale, i dipendenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica sono inquadrati nell'organico dell'amministrazione unica del Parlamento. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, i Presidenti delle Camere propongono la nomina di una speciale Commissione, composta da due deputati, due senatori e tre esperti indipendenti, con il compito di approntare, entro nove mesi dall'insediamento, il piano di riordino degli uffici del Parlamento. La nomina di ciascun componente della Commissione è sottoposta al voto di conferma di ciascuna Camera. Il piano prevede l'unificazione degli uffici che non sono strettamente connessi con il funzionamento degli organi deliberativi delle Camere, tenuto conto dei cambiamenti introdotti dalla presente legge costituzionale riguardo alla loro composizione e alle loro prerogative.
Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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