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PDL 4616

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4616



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BARBIERI, COLOMBO, CUPERLO, DELFINO, DUILIO, ESPOSITO, GIACHETTI, GIANNI, GOZI, LEHNER, MARGIOTTA, RUBINATO, SCANDROGLIO, STRACQUADANIO, TIDEI, TORRISI, PISACANE, RUVOLO

Modifiche agli articoli 274, 275, 284 e 308 del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali

Presentata il 14 settembre 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — Con la presente proposta di legge, scritta in collaborazione con la camera penale di Roma e con il professor Luca Marafioti, docente di diritto processuale penale presso la facoltà di giurisprudenza dell'università «Roma Tre», si intende modificare parzialmente la disciplina prevista dal codice di procedura penale relativamente alle misure cautelari personali e, quindi, perseguire un duplice obiettivo: reprimere prassi giudiziarie inclini a forme di abuso nell'applicazione della custodia cautelare in carcere e, conseguentemente, dare una concreta ed effettiva risposta alla drammatica situazione in cui versano gli istituti penitenziari italiani.
      Secondo i dati aggiornati al 31 luglio 2011 riferiti dagli uffici per lo sviluppo e la gestione del Sistema informativo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in quasi tutti gli istituti penitenziari presenti in Italia il numero dei detenuti risulta superiore alla capienza ottimale: su 43.000 posti disponibili i detenuti in carcere risultano essere 66.942. La circostanza più allarmante è che 27.572 di questi sono in attesa di una condanna definitiva e 13.472 ancora attendono la conclusione del primo grado di giudizio.
      Emerge, dunque, una stretta connessione tra il sovraffollamento degli istituti penitenziari e un ricorso, con ogni probabilità smodato, allo strumento della custodia
 

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cautelare in carcere, la cui funzione ha subìto una radicale trasformazione: da istituto con funzione prettamente cautelare ancorché nell'ottica di un'esigenza di prevenzione dei reati e di tutela da forme di pericolosità sociale, è diventata una vera e propria forma anticipatoria della pena con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.
      Tale pratica è favorita in particolare dall'ampia discrezionalità che, nonostante il canone costituzionale di tassatività e il tentativo del legislatore di circoscriverne la portata, risulta tuttora riconosciuta all'autorità giudiziaria, soprattutto all'atto del riconoscimento della sussistenza dell'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di rito. L'asserita pericolosità sociale della persona sottoposta a misura cautelare della custodia in carcere sovente finisce, infatti, per costituire un comodo veicolo per imporre limitazioni alla libertà personale ad eruendam veritatem.
      A dimostrazione di ciò si rileva che, molto spesso, il pericolo di reiterazione del reato viene giustificato sulla base di condotte dell'indagato risalenti nel tempo e prive di ogni attualità.
      A tal fine, l'articolo 1 della presente proposta di legge modifica proprio l'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, nel quale, alla locuzione «sussiste il concreto pericolo», viene introdotta la parola «attuale».
      In tal modo si è inteso introdurre un'ulteriore regola di giudizio per la valutazione del rischio di reiterazione del reato, irrigidendo l'obbligo di motivazione del giudice de liberiate. Nella specie, il nuovo parametro mira a correggere quell'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale a integrare il «concreto» pericolo di reiterazione del reato basterebbero anche condotte pure individuate ma risalenti nel tempo.
      Con la nuova formulazione, invece, il pericolo di reiterazione del reato dovrà essere valutato alla stregua di due parametri distinti e complementari: in primis, il canone della «concretezza», che impedisce l'applicazione di misure restrittive della libertà personale in base a una semplice valutazione di «generica propensione» a commettere reati; in secondo luogo, il criterio della «attualità», secondo il quale le concrete condotte dell'indagato sintomatiche di una personalità proclive al reato devono essere recenti, così da ingenerare l'effettivo timone che il soggetto possa commettere nuovi delitti.
      Sempre all'articolo 1, è poi interamente soppresso il secondo periodo della medesima lettera c) del comma 1 dell'articolo 274 del codice di procedura penale. Tale disposizione consentiva al giudice, in caso di pericolo di reiterazione del reato per il quale si procede, di applicare la misura della custodia cautelare in carcere soltanto per i delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. L'inciso è stato radicalmente riformulato e collocato, per esigenze sistematiche, all'interno dell'articolo 275 dello stesso codice, specificamente afferente ai criteri di scelta delle misure. Per tali ragioni, dopo il comma 3 dell'articolo 275, è stato inserito un nuovo comma 3-bis, secondo il quale, ove l'esigenza cautelare riguardi esclusivamente il pericolo di commissione di delitti della stessa specie di quello per il quale si procede, la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Resta fermo invece il limite oggettivo che ravvisa il pericolo di reiterazione soltanto in ordine ai delitti puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni.
      Con tale previsione si è voluto restringere il campo d'azione dell'autorità giudiziaria, prevedendo, accanto al requisito oggettivo costituito dal limite edittale dei quattro anni, un secondo e ulteriore parametro, di natura soggettiva, rappresentato dalla dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza a delinquere.
      In altri termini, nella dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza è stato individuato quell'elemento presuntivo minimo di pericolosità sociale che giustifica l'applicazione della
 

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custodia cautelare in carcere, a tutela della collettività.
      In ogni caso, il nuovo comma 3-bis dell'articolo 275 prevede che la custodia cautelare in carcere sia sempre applicabile qualora il giudice non possa concedere gli arresti domiciliari per l'assenza di un'abitazione o di un altro luogo di privata dimora idonei all'esecuzione delle misure.
      Parimenti, la misura custodiale sarà sempre applicabile ove ricorra uno dei divieti di applicazione degli arresti domiciliari di cui all'articolo 284, comma 5-bis, del codice di rito; nella specie, qualora l'imputato sia stato condannato per evasione nei cinque anni precedenti, ovvero coabiti con la persona offesa (articolo 2).
      A fronte delle nuove limitazioni introdotte in materia di custodia cautelare, si è ritenuto opportuno rafforzare le prescrizioni inerenti la misura degli arresti domiciliari, in modo da rendere maggiormente praticabile la sua applicazione in luogo dello strumento custodiale.
      In quest'ottica, all'articolo 2 della presente proposta di legge, è stato anzitutto sostituito il comma 2 dell'articolo 284 del codice di rito, prevedendo che il soggetto sottoposto alla misura degli arresti domiciliari non possa comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono, salvo che il giudice, sulla base di esigenze specifiche, ritenga di disporre diversamente.
      In altri termini, è stata operata un'inversione dell'attuale disposto normativo elevando a regola generale il divieto per l'indagato sottoposto agli arresti domiciliari di comunicare con persone estranee.
      Da ultimo, la presente proposta di legge, all'articolo 3, modifica l'articolo 308 del codice di procedura penale relativo ai termini di durata massima delle misure cautelari interdittive. Talvolta, infatti, l'interdizione temporanea dall'esercizio di determinati diritti è di per sé sufficiente a tutelare la collettività dal pericolo di reiterazione di determinate tipologie di reato. Perfettamente coerente con lo spirito della riforma risulta, quindi, l'innalzamento della durata massima delle misure interdittive da due a sei mesi, così che il giudice possa disporre di un più efficace strumento cautelare, da affiancare alle misure custodiali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 274 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo le parole: «sussiste il concreto» sono inserite le seguenti: «e attuale»;

          b) le parole da: «Se il pericolo riguarda» fino alla fine della lettera sono soppresse.

      2. Dopo il comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
      «3-bis. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, qualora l'esigenza cautelare riguardi esclusivamente il pericolo di commissione di delitti della stessa specie di quello per il quale si procede, la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza e soltanto se trattasi di delitti puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. La custodia cautelare in carcere è in ogni caso applicabile ove il giudice non possa concedere gli arresti domiciliari per assenza di un'idonea dimora privata o per una delle ragioni indicate nell'articolo 284, comma 5-bis».

Art. 2.

      1. All'articolo 284 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
      «2. Il soggetto sottoposto alla misura degli arresti domiciliari non può comunicare

 

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con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono, salvo che il giudice disponga diversamente»;

          b) al comma 5-bis, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Non possono, altresì, essere concessi gli arresti domiciliari qualora il soggetto sottoposto alle indagini o l'imputato coabiti con la persona offesa».

Art. 3.

      1. Al comma 2 dell'articolo 308 del codice di procedura penale le parole: «due mesi», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «sei mesi».


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