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CAMERA DEI DEPUTATI
| N. 4275 |
1. La responsabilità di riformare la Costituzione.
Il 22 dicembre 1947, il Presidente della Commissione per la Costituente, Meuccio Ruini, subito prima del voto finale sulla Costituzione, si rivolgeva all'Assemblea con queste parole: «Questa Carta che stiamo per darci è, essa stessa, un inno di speranza e di fede. Infondato è ogni timore che sarà facilmente divelta, sommersa, e che sparirà presto. No; abbiamo la certezza che durerà a lungo, e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell'esperienza storica. Pur dando alla nostra Costituzione un carattere rigido, come richiede la tutela delle libertà democratiche, abbiamo consentito un processo di revisione, che richiede meditata riflessione, ma che non la cristallizza in una statica immobilità. Vi è modo di modificare e correggere con sufficiente libertà di movimento. E così avverrà; la Costituzione sarà gradualmente
2. Il dibattito in sede costituente come premessa della riforma odierna.
Negli ultimi vent'anni, il tema della giustizia è stato al centro del dibattito pubblico, scatenando contrasti tra le forze politiche, ma anche un silenzioso e quotidiano disagio tra i cittadini e tra gli operatori.
Malgrado la percezione di un'accelerazione o, addirittura, di un precipitare dello stato delle cose, molte delle preoccupazioni che oggi si diffondono hanno radici lontane ed erano già presenti nel dibattito svoltosi nell'Assemblea costituente. Un dibattito al quale presero parte le personalità più eminenti della politica e della scienza giuridica, da Palmiro Togliatti a Giovanni Leone, da Gaspare Ambrosini a Piero Calamandrei, da Meuccio Ruini a Giorgio La Pira, da Aldo Bozzi a Luigi Einaudi, da Tomaso Perassi a Aldo Moro, da Ferdinando Targetti a Oscar Luigi Scàlfaro, da Giuseppe Dossetti a Giuseppe Grassi, da Giuseppe Bettiol a Orazio Condorelli, da Egidio Tosato a Francesco Dominedò.
Si trattò di un dibattito molto approfondito, svoltosi, tra il dicembre del 1946 e il gennaio 1947, nella Seconda Sottocommissione; poi, dalla fine di gennaio del 1947, nella stessa Commissione per la Costituzione; nel marzo del 1947, in Assemblea, dapprima nell'ambito della discussione generale sul progetto di Costituzione (varato dalla Commissione dei settantacinque) e, infine, nel novembre del 1947, in sede di discussione generale e di esame articolo per articolo sul titolo IV della parte II della Carta, dedicato alla magistratura.
Oggi colpisce il constatare quanto fosse allora unanime e condivisa la consapevolezza di due fondamentali obiettivi: da un lato, assicurare l'indipendenza della magistratura, specialmente quella giudicante; dall'altro, evitare che essa si estraniasse completamente dalla vita della Nazione divenendo un corpo chiuso in se stesso e autoreferenziale. Come ebbe a rilevare Giovanni Leone, che fu anche uno dei relatori nella Commissione dei settantacinque e rappresentante della stessa Commissione nel dibattito dinnanzi all'Assemblea costituente, «lo scopo da raggiungere è quello di sganciare il potere giudiziario dagli altri poteri dello Stato, per evitare qualsiasi ingerenza, ma nello stesso tempo di impedire il crearsi di una casta chiusa della Magistratura» (Assemblea costituente, Commissione per la Costituzione, Seconda Sottocommissione (seconda sezione), resoconto sommario della seduta dell'8 gennaio 1947).
Una seconda considerazione riguarda l'assenza di soluzioni precostituite.
Nei costituenti vi era la piena consapevolezza che, rispetto all'esigenza di assicurare l'indipendenza della magistratura e, al tempo stesso, il suo raccordo con la vita della Nazione, non esisteva una sola possibile scelta risolutiva, una «pietra filosofale» della giustizia, ma che occorreva sperimentare un articolato sistema di checks and balances.
Questa consapevolezza produsse lo straordinario risultato di una discussione senza tabù, portata avanti con spirito costruttivo e reciproco ausilio tra le parti, anche se con fisiologiche, inevitabili contrapposizioni. Con questo spirito furono, dunque, esaminate quattro grandi proposte per garantire, insieme all'indipendenza, adeguate forme di collegamento dell'ordine
3. Le ragioni della riforma.
Il lungo dibattito tra i costituenti e la convinzione che proprio le ragioni che ne
4. La giustizia: un bene essenziale per la vita dei cittadini e per la Nazione.
Il disegno di legge costituzionale, all'articolo 1, modifica la rubrica del titolo IV della parte II della Costituzione. La nuova denominazione – «La Giustizia» in luogo di «La Magistratura» – mette in risalto come la disciplina contenuta nel titolo IV non riguardi l'ordine giudiziario inteso come corporazione, ma un bene essenziale per la vita dei cittadini e per la Nazione: la giustizia.
La valorizzazione del bene «giustizia» non costituisce affatto un novum nel dibattito costituzionale, ma fu sostenuta più volte da esponenti di forze politiche diverse già nel corso dei lavori dell'Assemblea costituente. La Commissione per la Costituzione, costituita in seno all'Assemblea, propose infatti di modificare il nomen del titolo IV, che figurava nel testo base («La Magistratura»), proprio con «La Giustizia» evidenziando che si trattava di «un termine largo e solenne (...), che dà il senso alto della funzione» (onorevole Ruini, Presidente). Nel corso dei lavori, ancora a sostegno di questa locuzione, si affermò poi che «il principio supremo è la giustizia, della quale la magistratura è l'organo» (on. Gasparotto, del gruppo Democratico del lavoro). Tra gli altri componenti, votò per la dicitura «La Giustizia» anche l'onorevole Ghidini (del Gruppo Socialista dei lavoratori italiani). In sede di votazione finale, prevalse invece l'espressione «La Magistratura», ma solo perché ritenuta più euritmica rispetto a quelle che designavano gli altri titoli del testo (il Parlamento, il Governo, eccetera); per «La Giustizia» una «bocciatura» legata dunque alla forma, non già al merito.
Cinque decenni più tardi, la stessa locuzione proposta in questo disegno di legge costituzionale venne adottata anche dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (cosiddetta «Commissione bicamerale»), che la pose quale nomen del titolo VII della parte II del progetto definitivo, omologo all'attuale titolo IV (la proposta, in tal senso, era venuta dall'onorevole Zecchino, del gruppo del Partito popolare italiano).
5. La diversità tra funzione giudicante e funzione requirente come criterio regolatore della riforma costituzionale della giustizia.
Criterio regolatore della riforma del titolo IV è il riconoscimento della diversità delle funzioni giudiziarie e la conseguente separazione in senso proprio delle carriere dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero, secondo i modelli di ordinamento giudiziario attualmente operanti in molti Paesi europei.
L'articolo 4 del disegno di legge costituzionale, nel riformulare l'articolo 104 della Costituzione, afferma, pertanto, che i magistrati si distinguono in giudici e pubblici ministeri e che la legge deve assicurare la separazione delle loro carriere. I giudici costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere e sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero assumono uno status costituzionale proprio, nel quale l'autonomia e l'indipendenza sono prerogative dell'ufficio requirente e non del singolo magistrato e sono, dunque, funzionali all'efficienza, alla responsabilità e all'eguaglianza nell'esercizio dell'azione penale, obiettivi al cui conseguimento è preordinato l'ufficio del pubblico ministero (si veda, di seguito, il paragrafo 6).
La separazione delle carriere costituisce il naturale esito di un percorso segnato, ancora una volta, dal dibattito e dalle scelte dell'Assemblea costituente, le quali dimostrano che l'assetto del pubblico
6. L'ufficio del pubblico ministero: efficacia e responsabilità nell'uso dei mezzi di indagine e nell'esercizio dell'azione penale.
La seconda discontinuità introdotta dalla riforma del titolo IV consiste nella nuova configurazione della magistratura inquirente, che garantisce ai cittadini un uso efficace e responsabile dei mezzi di indagine e dell'azione penale.
La discontinuità si manifesta sin dalla definizione del pubblico ministero come «ufficio» (articolo 4 del disegno di legge), che fissa, anche sul piano lessicale, il connubio tra esercizio della funzione inquirente e responsabilità; connubio che il ruolo sociale assunto dal pubblico ministero ha reso imprescindibile e che solo un'organizzazione razionale e coordinata degli organi della pubblica accusa può oggi garantire.
Nel corso degli ultimi decenni, lo scambio tra libertà e sicurezza determinato dallo sviluppo e dalla trasformazione della società ha provocato un sensibile aumento delle istanze di legalità e giustizia, accrescendo il ruolo e l'esposizione sociale e mediatica della magistratura. Al tempo stesso, la dimensione sovranazionale assunta dai fenomeni criminali ha favorito, specialmente nell'ambito dell'Unione europea, l'integrazione e il ravvicinamento degli ordinamenti nazionali e ha reso più cogenti gli obblighi di cooperazione giudiziaria in materia penale, costringendo gli Stati a modernizzare i propri sistemi giuridici e, inevitabilmente, a rinunciare a una parte delle proprie tradizioni giuridiche.
Nell'ambito della revisione del titolo IV della parte II della Costituzione, l'ufficio del pubblico ministero rappresenta, allora, il nuovo soggetto capace di rispondere a queste diverse istanze. In particolare, esso consente di superare definitivamente quelle concezioni e prassi soggettivistiche che hanno dato luogo a una vera e propria «frammentazione» della funzione requirente, nella quale il singolo magistrato, attraverso la libera ricerca della notizia di reato e la diretta disponibilità della polizia giudiziaria, può disporre degli strumenti investigativi (compresi quelli più invasivi, complessi e costosi), senza doverne commisurare l'utilizzo a criteri predeterminati di esercizio dell'azione penale e senza tener anche conto delle risorse, necessariamente limitate, dell'organizzazione giudiziaria.
Tutto questo è stato mirabilmente sintetizzato nel pensiero di Giovanni Falcone, il quale, da studioso e da operatore del diritto, osservava come, in assenza di una politica giudiziaria vincolante, «tutto sia riservato alle decisioni assolutamente irresponsabili dei vari uffici di procura e spesso dei singoli sostituti», aggiungendo: «Mi sento di condividere l'analisi secondo cui, in mancanza di controlli istituzionali sull'attività del pubblico ministero, saranno sempre più gravi i pericoli che
7. Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.
Gli articoli 5, 6 e 7 del disegno di legge costituzionale modificano profondamente l'assetto degli organismi di autogoverno della magistratura.
La scelta dei costituenti di prevedere un unico Consiglio superiore della magistratura (CSM), al quale attribuire anche la funzione disciplinare, a garanzia dell'indipendenza dell'intero ordine della magistratura, era coerente rispetto a una concezione che riconosceva al pubblico ministero una natura affine a quella del giudice.
L'attuale CSM – istituito con la legge n. 195 del 1958, successivamente più volte modificata, ma disciplinato direttamente e in molteplici aspetti anche dall'articolo 104 della Costituzione – è attualmente composto da ventisette membri, dei quali tre di diritto (il Presidente della Repubblica, che lo presiede ai sensi degli articoli 87 e 104 della Costituzione vigente, il primo presidente e il procuratore generale presso la Corte di cassazione), sedici eletti da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie e, infine, otto eletti dal Parlamento in seduta comune tra professori di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. I membri elettivi durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
I componenti di nomina parlamentare sono eletti dal Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto; la maggioranza è pari a tre quinti dell'Assemblea, che si riducono, nelle successive votazioni, a tre quinti dei votanti. All'elezione dei componenti togati, invece, partecipano tutti i magistrati con voto personale, segreto e diretto; i togati sono eletti in tre collegi unici nazionali.
Da più parti è stato rilevato come, nonostante le modifiche del sistema elettorale del Consiglio superiore, che hanno eliminato il voto per liste contrapposte, il potere dei gruppi organizzati all'interno della magistratura – le cosiddette «correnti» – non si sia ridotto. Tale circostanza ha posto da più anni la questione dell'autonomia interna dei magistrati, ossia il fatto che le loro carriere possano essere in qualche modo condizionate dal gradimento espresso dalle diverse correnti. Un fenomeno che già nell'Assemblea costituente Orazio Condorelli, Meuccio Ruini e altri avevano stigmatizzato con l'espressione di «elettoralismo».
Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura è eletto fra i componenti designati dal Parlamento, ha poteri propri e poteri delegati dal Presidente della Repubblica; egli, inoltre, con il primo presidente e il procuratore generale presso la Corte di cassazione, compone il Comitato di presidenza, organo previsto dalla legislazione ordinaria. Il quorum per il funzionamento del CSM è previsto in almeno dieci magistrati e almeno cinque componenti di nomina parlamentare.
Il Consiglio superiore della magistratura svolge funzioni amministrative, relative allo status dei magistrati (sia ordinari che onorari), e funzioni giurisdizionali, nell'ambito del procedimento volto ad accertare la responsabilità disciplinare dei magistrati. Nel primo caso, il consiglio superiore della magistratura provvede con atti amministrativi, impugnabili davanti al
8. Il Ministro della giustizia.
Il disegno di legge costituzionale, all'articolo 11, attribuisce nuovi compiti al Ministro della giustizia, che, in particolare, è chiamato a riferire annualmente alle Camere sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine. Attraverso questa relazione, il Parlamento potrà ottenere un'adeguata rappresentazione dei dati quantitativi concernenti la giustizia (cause o processi sopravvenuti e definiti, organizzazione del personale eccetera), anche in relazione ai mezzi di ricerca della prova esperiti nell'ambito delle indagini penali. A queste attribuzioni si aggiungono quella ispettiva, che viene così ad essere «costituzionalizzata», e le altre, già menzionate dall'articolo 110 della Costituzione, inerenti all'esercizio dell'azione disciplinare e all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
9. Altre disposizioni in materia di ordinamento giurisdizionale.
Ulteriori modifiche alle disposizioni contenute nella sezione I del titolo IV, relative all'ordinamento giurisdizionale, sono apportate dagli articoli 8, 9 e 10 del disegno di legge costituzionale.
L'articolo 8 amplia le possibilità di reclutamento elettivo della magistratura onoraria, previste nell'articolo 106 della Costituzione, consentendolo per tutti gli uffici e non soltanto per quello del giudice singolo. Si attribuisce, così, un'analoga valorizzazione costituzionale anche alle funzioni requirenti svolte dai magistrati onorari (i vice procuratori onorari di cui agli articoli 71 e 71-bis del vigente ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni), mentre l'attuale formulazione dell'articolo 106 della Costituzione ammette il sistema elettivo con riguardo alle sole funzioni di giudice monocratico, la cui competenza, almeno in origine, era limitata agli affari di minore importanza.
L'articolo 9 prevede che, ferma restando l'inamovibilità di tutti i magistrati, in caso di eccezionali esigenze relative all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, individuate dalla legge, i Consigli superiori possano destinare ad altre sedi sia i giudici sia i magistrati del pubblico ministero. Questa previsione intende contemperare la tradizionale garanzia di inamovibilità con l'obbligo di fronteggiare eventuali situazioni di eccezionale difficoltà organizzativa – dovute, ad esempio, a rilevanti vacanze di organico o ad una straordinaria sopravvenienza di affari civili o penali – che potrebbero compromettere localmente l'effettività della funzione giudiziaria. Al fine di garantire un uso equilibrato di
10. Le norme sulla giurisdizione: l'obbligatorietà dell'azione penale e i criteri per il suo esercizio.
L'articolo 13 del disegno di legge costituzionale modifica l'articolo 112 della Costituzione sull'obbligo di esercitare l'azione penale. La materia rappresenta un vero banco di prova sia dell'efficacia dell'azione giudiziaria sia del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
La genesi della attuale disposizione è strettamente legata al tema dei rapporti tra pubblico ministero e Ministro della giustizia e, quindi, all'indipendenza della magistratura inquirente. La questione intorno alla quale i costituenti si divisero concerneva il principio di obbligatorietà dell'azione penale: se questa, cioè, comportasse necessariamente l'istituzione di un pubblico ministero indipendente e inamovibile (Calamandrei) oppure se fosse compatibile con la dipendenza dell'accusa pubblica dall'esecutivo (Leone).
11. Il diritto di appello delle sentenze di condanna e il divieto di appello delle pronunce di proscioglimento. Regole ed eccezioni.
L'articolo 12 del disegno di legge costituzionale riconosce il diritto a un doppio grado di giudizio in materia penale in favore di chi venga dichiarato colpevole, conferendo così rango costituzionale a una regola contenuta nell'articolo 2 del Protocollo n. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98.
L'articolo 12 prevede che il diritto di appellare le sentenze di condanna possa esser limitato soltanto da una legge e soltanto qualora la natura del reato (ad esempio, una contravvenzione), della pena (ad esempio, quella pecuniaria) o della decisione (ad esempio, la cosiddetta sentenza di patteggiamento) giustifichino una deroga al principio generale.
Il disegno di legge costituzionale prevede, inoltre, che le sentenze di proscioglimento possano essere appellate soltanto nei casi previsti dalla legge. Si afferma, così, il principio dell'inappellabilità dei provvedimenti di assoluzione, consentendo
12. La responsabilità disciplinare dei magistrati: la Corte di disciplina della magistratura giudicante e requirente.
L'articolo 7 del disegno di legge costituzionale attribuisce la funzione disciplinare a una Corte di disciplina, di nuova istituzione, che si articola in due sezioni: una per i giudici, l'altra per i magistrati del pubblico ministero.
L'istituzione di un organo ad hoc, competente per i procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati, era già stata prevista dalla Commissione bicamerale e corrisponde a un'esigenza largamente avvertita: quella di evitare ogni commistione tra le attività inerenti alle carriere dei magistrati e l'accertamento della loro responsabilità disciplinare.
Attualmente, l'esercizio di questa particolare e delicatissima funzione è, invece, rimesso a una sezione interna del Consiglio superiore della magistratura; meccanismo che non evita affatto quella commistione appena richiamata, anzi la esalta, con conseguente rischio di una giustizia disciplinare troppo domestica e troppo sensibile alle altre vicende concernenti le carriere dei magistrati.
I membri dell'istituenda Corte di disciplina sono nominati, per metà, dal Parlamento in seduta comune e, per l'altra metà, rispettivamente dai giudici e dai pubblici ministeri. Le fonti di investitura, nonché l'attribuzione ai membri “laici” sia della presidenza della Corte sia della vicepresidenza delle due sezioni, rispondono proprio all'obiettivo di costituire una giustizia non domestica, ma bilanciata con un'adeguata presenza di soggetti qualificati (professori ordinari e avvocati) di nomina parlamentare.
La delicatezza della funzione assegnata alla Corte di disciplina ne comporta – come inevitabile corollario – piena autonomia e indipendenza; queste prerogative saranno in concreto assicurate da una successiva legge ordinaria, che garantirà inoltre l'attuazione dei princìpi del giusto processo, essenziali anche in sede disciplinare.
Contro i provvedimenti disciplinari è ammesso ricorso per Cassazione per motivi di legittimità.
13. La responsabilità civile dei magistrati.
L'articolo 14 del disegno di legge costituzionale introduce nel titolo IV della Costituzione una nuova sezione II-bis, in materia di responsabilità civile dei magistrati. Si afferma, così, per la prima volta, nella Costituzione, il principio della responsabilità professionale del magistrato, destinato a completare il nuovo assetto della magistratura in cui l'autonomia e l'indipendenza devono trovare un necessario bilanciamento nella efficienza e responsabilità.
L'articolo 113-bis, di nuova introduzione, contiene due norme principali.
Nella prima, si prevede un'unica disciplina comune per tutti gli impiegati civili dello Stato: il magistrato dovrà, infatti, rispondere degli atti compiuti in violazione dei diritti, che cagionino un danno ingiusto al pari degli altri funzionari dello Stato. Si recepisce, così, un principio già desumibile dagli articoli 28 e 98 della Costituzione, che pongono sullo stesso piano gli impiegati pubblici, tra i quali i magistrati, come già stabilito
1) Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di governo.
L'intervento è rivolto ad operare un'ampia riforma della giustizia, introducendo la separazione in senso proprio delle carriere dei magistrati giudicanti e dei magistrati requirenti (e all'uopo creando due distinti organismi di gestione dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero).
Tale riforma è necessaria per attuare il principio del giusto processo sul piano costituzionale e ordinamentale. Essa assicura l'effettiva equidistanza del giudice dalle parti e consente, così, di attuare nel massimo grado l'imparzialità e l'indipendenza dei giudici offrendo un processo giusto al cittadino che ne sia imputato o parte.
Il nuovo assetto della magistratura, in cui l'autonomia e l'indipendenza devono trovare un necessario bilanciamento nella efficienza e responsabilità, è completato dalla istituzione dell'ufficio del pubblico ministero e dall'affermazione del principio di responsabilità dei magistrati.
In relazione a quest'ultimo aspetto, si stabilisce che la legge deve regolare con norme specifiche i casi di responsabilità civile derivante dalla lesione ingiusta della libertà personale dei cittadini. Con la distinzione tra questo tipo di violazione e le altre violazioni di diritti, si vuole sottolineare la necessità di una tutela piena, anche in forma risarcitoria, del diritto che si colloca al vertice dei valori riconosciuti nella Carta costituzionale.
Infine, l'intervento è rivolto a inserire tra i princìpi costituzionali il diritto ad appellare le sentenze di condanna da parte di chi sia stato dichiarato colpevole, conferendo così rango costituzionale a una regola contenuta nel Protocollo n. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Strasburgo il 22 novembre 1984.
2) Analisi del quadro normativo nazionale.
L'attuale disciplina costituzionale non prevede la separazione delle carriere tra giudici e magistrati del pubblico ministero, ma un unico ordine della magistratura giudicante e requirente, amministrato da un solo organismo, il Consiglio superiore della magistratura, competente a decidere anche in relazione agli illeciti disciplinari eventualmente commessi dai magistrati.
La riforma istituisce due Consigli superiori (uno per i giudici, l'altro per i magistrati del pubblico ministero) e un nuovo organismo, la Corte di disciplina della magistratura giudicante e requirente, competente a giudicare sugli illeciti disciplinari dei magistrati, composto per metà dagli stessi magistrati e per metà da componenti nominati dal Parlamento.
3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.
Le norme oggetto del disegno di legge costituzionale prevedono la sostituzione della normativa costituzionale attualmente vigente e l'integrazione della stessa ove ancora compatibile con i nuovi princìpi.
4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.
L'intervento si propone la modifica del testo costituzionale nel pieno rispetto dei princìpi fondamentali dettati dalla medesima Carta costituzionale.
5) Analisi delle compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.
Il disegno di legge costituzionale non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su materia riservata alla competenza dello Stato.
10) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento dell'Unione europea.
Il disegno di legge costituzionale non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea.
11) Verifica dell'esistenza di procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.
Quanto alla responsabilità civile dei magistrati, risulta pendente il ricorso C.379/10 (Commissione c/ Repubblica italiana) - Ricorso per inadempimento ex articolo 258 TFUE – Violazione del diritto dell'Unione
12) Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.
Nulla da rilevare.
13) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.
Non risultano pendenti giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto. Quanto alla responsabilità civile dei magistrati, la modifica costituzionale si inserisce nel solco dei princìpi dell'ordinamento dell'Unione europea, secondo cui, perlomeno nei casi di violazione manifesta del diritto vigente, non è consentito limitare la tutela risarcitoria verso il cittadino ai casi di dolo e colpa grave (Corte di giustizia dell'Unione europea, 30 settembre 2003, causa C-224/01 Köbler, e 13 giugno 2006, causa C-173/03 Traghetti del Mediterraneo Spa).
14) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.
Non risultano pendenti giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.
15) Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo oggetto da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.
Nulla da segnalare.
1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.
Il provvedimento non introduce nuove definizioni normative e quelle adottate nell'ambito dello stesso risultano del tutto coerenti con quelle già attualmente in uso.
2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.
I riferimenti normativi che figurano nello schema sono corretti.
3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.
Per introdurre le modifiche normative sopra descritte si è provveduto a novellare il testo della vigente Costituzione, introducendo anche quattro nuovi articoli nella Carta fondamentale (104-bis, 104-ter, 105-bis e 113-bis).
4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.
La modifica non comporta immediati effetti abrogativi espliciti o impliciti.
5) Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.
All'articolo 15 si prevede espressamente che “I princìpi contenuti nella presente legge costituzionale non si applicano ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore”.
6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.
Nulla da segnalare.
7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.
All'esito dell'approvazione del provvedimento sarà necessario adottare le leggi di attuazione dei nuovi princìpi costituzionali e segnatamente:
1) separazione del Consiglio superiore della magistratura in due distinti organismi;
2) istituzione della Corte di disciplina della magistratura giudicante e requirente;
3) riforma della responsabilità civile dei magistrati.
Trattandosi di leggi di attuazione di norme costituzionali, non sono previsti termini per l'adozione dei provvedimenti normativi testè elencati.
8) Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche con correlata indicazione nella relazione economico-finanziaria della sostenibilità dei relativi costi.
Non risulta necessario commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche in materia.
1. Al decimo comma dell'articolo 87 della Costituzione sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente».
2. Al titolo IV della parte II della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la rubrica del titolo IV è sostituita dalla seguente: «La Giustizia»;
b) la rubrica della sezione I è sostituita dalla seguente: «Gli organi»;
c) la rubrica della sezione II è sostituita dalla seguente: «La giurisdizione».
1. Il secondo comma dell'articolo 101 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«I giudici costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge».
1. Il primo comma dell'articolo 102 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«La giurisdizione è esercitata da giudici ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario».
1. L'articolo 104 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 104. – I magistrati si distinguono in giudici e pubblici ministeri.
1. Dopo l'articolo 104 della Costituzione sono inseriti i seguenti:
«Art. 104-bis. – Il Consiglio superiore della magistratura giudicante è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fa parte di diritto il primo presidente della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i giudici ordinari tra gli appartenenti alla medesima categoria, previo sorteggio degli eleggibili, e per metà dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili. Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale, provinciale o comunale.
Art. 104-ter. – Il Consiglio superiore della magistratura requirente è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fa parte di diritto il procuratore generale presso la Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i pubblici ministeri tra gli appartenenti alla medesima categoria, previo sorteggio degli eleggibili, e per metà dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento.
1. L'articolo 105 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 105. – Spettano al Consiglio superiore della magistratura giudicante e al Consiglio superiore della magistratura requirente, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi, rispettivamente, dei giudici ordinari e dei pubblici ministeri.
I Consigli superiori non possono adottare atti di indirizzo politico, né esercitare funzioni diverse da quelle previste nella Costituzione».
1. Dopo l'articolo 105 della Costituzione è inserito il seguente:
«Art. 105-bis. – I provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati spettano alla Corte di disciplina della magistratura giudicante e requirente.
La Corte di disciplina si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i pubblici ministeri.
I componenti di ciascuna sezione sono eletti per metà dal Parlamento in seduta comune e per metà, rispettivamente, da tutti i giudici e da tutti i pubblici ministeri.
I componenti eletti dal Parlamento sono scelti tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio.
I componenti eletti dai giudici e dai pubblici ministeri sono scelti, previo sorteggio
1. Al secondo comma dell'articolo 106 della Costituzione, le parole: «per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli» sono soppresse.
1. Al primo comma dell'articolo 107 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «del Consiglio superiore della magistratura» sono sostituite dalle seguenti: «dei Consigli superiori della magistratura giudicante e requirente»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di eccezionali esigenze, individuate dalla legge, attinenti all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, i Consigli superiori possono destinare i magistrati ad altre sedi».
1. L'articolo 109 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 109. – Il giudice e il pubblico ministero dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge».
1. L'articolo 110 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 110. – Ferme le competenze dei Consigli superiori della magistratura giudicante e requirente, spettano al Ministro della giustizia la funzione ispettiva, l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
Il Ministro della giustizia riferisce annualmente alle Camere sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine».
1. All'articolo 111 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Contro le sentenze di condanna è sempre ammesso l'appello, salvo che la legge disponga diversamente in relazione alla natura del reato, delle pene e della decisione. Le sentenze di proscioglimento sono appellabili soltanto nei casi previsti dalla legge».
1. L'articolo 112 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 112. – L'ufficio del pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge».
1. Nel titolo IV della parte II della Costituzione, dopo la sezione II è aggiunta la seguente:
Art. 113-bis. – I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato.
La legge disciplina espressamente la responsabilità civile dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione e di altra indebita limitazione della libertà personale.
La responsabilità civile dei magistrati si estende allo Stato».
1. I princìpi contenuti nella presente legge costituzionale non si applicano ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore.
1. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale successiva alla sua promulgazione.
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