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CAMERA DEI DEPUTATI
| N. 2854-2862-2888-3055-3866-A |
NOTA: La XIV Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea), il 16 marzo 2011, ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo unificato dei progetti di legge nn. 2854, 2862, 2888, 3055 e 3866. In pari data, la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente. Per il testo dei progetti di legge si vedano i relativi stampati.
Il Comitato per la legislazione,
esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 2854 Buttiglione, C. 2862 Stucchi, C. 2888 Gozi, C. 3055 Pescante e C. 3866 Governo e rilevato che:
esso introduce una riforma organica della disciplina del processo di formazione della posizione italiana nella predisposizione degli atti dell'Unione europea, nonché della normativa volta a garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea e, rispetto alla disciplina dettata dalla legge n. 11 del 2005 – di cui l'articolo 57 opportunamente prevede l'abrogazione – esso tiene conto delle novità introdotte nell'ordinamento europeo a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, rafforzando ulteriormente il ruolo delle Camere sia nell'ambito della fase ascendente che della fase discendente dell'attuazione del diritto dell'Unione europea;
nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame non sempre effettua un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, che risultano in parte oggetto di modifiche non testuali; tale modalità di produzione normativa, che mal si concilia con lo scopo di semplificare e riordinare la legislazione vigente, si riscontra, in particolare, all'articolo 15, comma 1, che nell'introdurre una nuova denominazione del Dipartimento istituito presso la Presidenza del Consiglio ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 303 del 1999, non introduce una modifica puntuale alla suddetta disposizione; all'articolo 46, comma 1, che, nel precisare che i provvedimenti che concedono illegittimamente aiuti di Stato possono essere impugnati innanzi al TAR competente per territorio, non procede ad una contestuale novella dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 104 del 2010, recante riordino del processo amministrativo, compromettendo così i caratteri di unitarietà ed onnicomprensività della disciplina dettata dal decreto legislativo in questione nell'ambito dell'anzidetto settore disciplinare; nonché all'articolo 27, comma 6, che, nel richiamare quanto disposto dall'articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 281 del 1997, non interviene testualmente sulla succitata norma;
il provvedimento in esame reca disposizioni per alcuni versi derogatorie del diritto vigente, talvolta richiamando specificatamente le disposizioni derogate (si vedano gli articoli 16, comma 10, 50, comma 1, e 51, comma 1, laddove prevedono che non si applichi quanto disposto dall'articolo 29, comma 2, lettera e-bis) del decreto-legge n. 223 del 2006, il quale dispone che i regolamenti di riordino degli organi collegiali e di altri organismi operanti nelle amministrazioni devono recare la «indicazione di un termine di durata, non superiore a tre anni, con la previsione che alla scadenza l'organismo è da intendersi automaticamente soppresso»); in un altro caso, introducendo disposizioni che, implicitamente, derogano all'ordinamento vigente (si veda l'articolo 22, comma 4, che, nel prevedere che
il testo unificato, nel prevedere che il recepimento della normativa adottata dall'Unione europea debba avvenire mediante l'approvazione, con cadenza annuale, di due distinti strumenti legislativi, introduce una procedura innovativa rispetto a quella delineata dalla legge n. 11 del 2005, di cui andrebbe peraltro valutata la conformità alle esigenze di semplificazione della legislazione; i due strumenti, l'uno, obbligatorio, denominato «legge di delegazione europea» e l'altro, meramente facoltativo, denominato «legge europea», dovranno infatti contenere, il primo, disposizioni volte al conferimento al Governo di deleghe legislative per l'attuazione del diritto dell'Unione europea e, il secondo, la normativa di immediata applicazione finalizzata anch'essa al recepimento del diritto dell'Unione europea; a tali strumenti, si affianca, tuttavia, quello indicato all'articolo 35, che, nell'introdurre una sorta di «riserva di decreto-legge», prevede che, al verificarsi di talune circostanze, puntualmente indicate, vengano adottati, al fine del recepimento del diritto dell'Unione europea, provvedimenti di urgenza; con riferimento a tale ultima disposizione, il provvedimento modifica la formulazione recata dall'articolo 10, comma 1, della legge n. 11 del 2005 – che pure consentiva, al verificarsi di talune circostanze, l'adozione di «provvedimenti, anche urgenti» – demandando ai soli provvedimenti urgenti e non anche a fonti di rango primario diverse dal decreto-legge la disciplina delle fattispecie indicate all'articolo 35;
sotto il profilo del coerente utilizzo delle fonti normative, il provvedimento, all'articolo 6, comma 3, laddove prevede che le Camere «consultano (...) i consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome» appare introdurre una disposizione, la cui formulazione non appare rispettosa dell'autonomia del Parlamento, in quanto prevede che le Camere, in relazione al procedimento di verifica del rispetto del principio di sussidiarietà, sulla base di quanto previsto dall'articolo 6, paragrafo 1, del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità allegato ai trattati europei, «consultano, secondo le modalità previste nei rispettivi regolamenti, i Consigli e le Assemblee delle Regioni e delle Province autonome»; in tal modo sembra obbligatoria l'attivazione di una procedura consultiva la cui disciplina è affidata, invece, in via esclusiva ai Regolamenti parlamentari, i quali soltanto potrebbero configurarla come obbligatoria ovvero come meramente facoltativa;
il provvedimento, all'articolo 14, comma 1, che attribuisce alle commissioni parlamentari competenti la possibilità di procedere, in coerenza con i rispettivi regolamenti, all'audizione dei soggetti indicati al medesimo articolo 14, contiene una formulazione non omogenea rispetto a quella prevista da altre leggi per fattispecie analoghe, laddove si sia voluto consentire l'effettuazione di audizioni, non
il testo in esame, nel definire le procedure cui il Governo dovrà attenersi nell'esercizio delle deleghe conferitegli con la legge di delegazione europea, riproduce in larga parte, attribuendo loro la portata di norme a regime, le disposizioni contenute nel Capo I -rubricato «Disposizioni generali sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari» – delle leggi comunitarie di più recente approvazione, nonché del disegno di legge comunitaria 2010 (C. 4059), approvato dal Senato ed attualmente all'esame della Camera; a tale riguardo, il provvedimento, all'articolo 29, comma 1, fissa, in via generale, nei due mesi antecedenti a quelli previsti dalle direttive stesse il termine per il loro recepimento; allo stesso articolo stabilisce che, nel caso in cui la direttiva non indichi alcun termine per il recepimento, esso sia pari a dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea e che, ove i suddetti termini siano già scaduti o prossimi alla scadenza, i decreti legislativi di recepimento vengano adottati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea; con riferimento a tale ultima previsione, come rilevato in più di una circostanza dal Comitato – da ultimo, il 2 marzo scorso in occasione dell'esame del disegno di legge comunitaria 2010 – si pone l'esigenza di valutare se i termini così fissati siano congrui in relazione alla procedura di adozione dei decreti legislativi;
il testo unificato, all'articolo 33 – che disciplina le procedure per l'attuazione del diritto dell'Unione europea tramite regolamenti di delegificazione e regolamenti ministeriali – ai commi 2 e 4, delinea una procedura per l'emanazione dei regolamenti di delegificazione non formulata in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che richiede di esplicitare quali siano le norme generali regolatrici della materia (quelle recate dal comma 4, oltre ad essere di generale applicabilità, appaiono formulate in modo alquanto generico), nonché le disposizioni da abrogare con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari; inoltre, il comma 2 dell'articolo 33, al secondo periodo, fissa dei termini per l'espressione dei pareri richiesti dal citato articolo 17, comma 2, che appaiono difformi rispetto a quanto previsto dalla suddetta norma; alla previsione recata dal comma 2, si sovrappone peraltro quella di cui al successivo comma 4, lettera d), che, tra le norme generali regolatrici della materia richiama la «fissazione di termini e procedure, nel rispetto dell'articolo 20, comma 5 (rectius: comma 6) della legge 15 marzo 1997, n. 59», il quale, a sua volta, delinea una procedura per l'emanazione dei regolamenti di delegificazione, anch'essa derogatoria dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, ma secondo modalità differenti rispetto a quelle previste dal comma 2 della norma in questione; il comma 6, nel disciplinare le procedure per l'attuazione delle direttive modificative o integrative di quelle attuate mediante regolamenti di delegificazione, demanda alla legge di delegazione europea la mera facoltà di disporre che a tale
sempre con riferimento alle procedure per il conferimento della potestà regolamentare al Governo, il provvedimento, agli articoli 2, comma 5, e 16, comma 9, affida non già ad un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, bensì ad un decreto del presidente del Consiglio dei ministri su proposta di altri ministri, rispettivamente, la disciplina del funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari europei e la disciplina del funzionamento del Comitato tecnico permanente; diversamente, all'articolo 44, comma 2, laddove prevede l'adozione di un regolamento ministeriale ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, al fine di porre in essere attività di carattere meramente amministrativo, non appare congruo il ricorso allo strumento regolamentare;
il provvedimento, all'articolo 15, comma 1, nel modificare in maniera non testuale la denominazione del Dipartimento per le politiche comunitarie, incide sulle disposizioni recate da fonti secondarie (decreto ministeriale 19 settembre 2000), mentre, all'articolo 50, comma 1, incide su norme contenute in un regolamento di delegificazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 91 del 2007); tale circostanza non appare conforme né alle esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente, né a quelle di un coerente utilizzo delle fonti normative, in quanto si opera una sostanziale rilegificazione di una materia già deferita alla fonte normativa secondaria, con l'effetto che atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e) della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001);
il provvedimento contiene, all'articolo 55, una disposizione volta a sancire il divieto di operare modifiche, deroghe o abrogazioni implicite delle norme dallo stesso recate, divieto che tuttavia ha ovviamente una valenza solo monitoria nei confronti del legislatore, non potendo una norma di legge vincolare giuridicamente una norma successiva di grado gerarchico equivalente; peraltro, la disposizione in questione riproduce il contenuto del comma 1, lettera a), dell'articolo 13-bis (rubricato Chiarezza dei testi normativi) della legge n. 400 del 1988, che costituisce principio generale per la produzione normativa; in termini più generali, inoltre, andrebbe valutata la stessa opportunità di prevedere, per singole discipline normative, specifiche disposizioni che riproducano quelle già stabilite in via generale: infatti, tale orientamento potrebbe indurre un collaterale effetto di depotenziamento della disciplina generale sulla produzione normativa;
sul piano delle procedure parlamentari di formazione delle leggi, il provvedimento, all'articolo 3, comma 4, laddove prevede la tempestiva consultazione e informazione delle Camere «ai fini della predisposizione dei programmi di stabilità e dei programmi nazionali di riforma per l'attuazione in Italia della strategia per la crescita e l'occupazione», si intreccia con i contenuti dell'articolo 2, comma 3, della proposta di legge C. 3921 recante Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, approvata dall'Assemblea della Camera lo scorso 9 febbraio ed attualmente all'esame del Senato;
esso, agli articoli 48 e 52 e 52-bis, reca disposizioni di cui andrebbe chiarita la portata applicativa, in quanto le stesse appaiono prive di un contenuto innovativo rispetto all'ordinamento vigente; segnatamente, l'articolo 52, in materia di punti di contatto europei, alla lettera a) – che, peraltro, fa riferimento al «decreto legislativo di recepimento della direttiva 2006/123/CE» senza citarne gli estremi (si tratta del decreto legislativo n. 59 del 2010) – riproduce i contenuti dell'articolo 36, comma 2, del citato decreto n. 59; alla lettera b) riproduce i contenuti dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 206 del 2007; mentre, alla lettera c), riproduce i contenuti dell'articolo 8, comma 4, del decreto del Ministro per le politiche europee in data 9 ottobre 2006; l'articolo 48 si limita invece ad effettuare una mera ricognizione della normativa vigente in materia di trasmissione delle informazioni relative agli aiuti pubblici concessi alle imprese, mentre l'articolo 52-bis, analogamente, si limita a far salve le competenze del Ministero degli affari esteri;
il provvedimento, all'articolo 37, comma 4 – laddove dispone che le esigenze di carattere unitario relative a direttive da attuare nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione possano essere assicurate, nei confronti delle Regioni e delle Province autonome, anche mediante l'indicazione di criteri e la formulazione di direttive da parte del Governo – reca una disposizione della quale andrebbe valutata la portata normativa, atteso che non è chiaro lo strumento mediante il quale il Consiglio dei ministri potrebbe procedervi;
il provvedimento presenta alcune esigenze di coordinamento interno;
il provvedimento contiene talune espressioni improprie o imprecise; segnatamente, all'articolo 25, comma 4, con riferimento alle procedure di nomina di rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni, esso utilizza un'espressione impropria, laddove fa riferimento alla «Conferenza di riferimento», piuttosto che all'organismo competente; all'articolo 26, comma 1, il provvedimento fa riferimento, non già agli «strumenti telematici» bensì agli «strumenti elettronici»; all'articolo 38, comma 1, l'ultimo periodo richiama il «preventivo esame» della Conferenza Stato-Regioni, senza esplicitare se esso si concluda o meno con l'espressione di un parere sugli atti normativi sottoposti alla medesima Conferenza; infine, all'articolo 39, comma 3, esso contiene un'espressione generica, laddove dispone che «il Governo presenta senza ritardo»;
ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:
sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
all'articolo 6, comma 3, laddove si prevede che le Camere «consultano (...) i consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome» – sia precisato, al fine di non invadere ambiti di competenza affidati dall'articolo 64, primo comma, della Costituzione, ai regolamenti adottati da ciascuna Camera, che l'attivazione della suddetta procedura consultiva da parte dei competenti organi parlamentari costituisce per gli stessi non un obbligo, ma una mera facoltà;
all'articolo 33, laddove si delinea una procedura per l'emanazione dei regolamenti di delegificazione non formulata in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988:
a) siano soppresse le disposizioni di cui al comma 2, secondo e terzo periodo, nonché la disposizione recata dal comma 4, lettera d), che fissano termini per l'espressione dei pareri richiesti dal citato articolo 17, comma 2, difformi rispetto a quanto previsto dalla suddetta norma;
b) sia soppresso il comma 6 – che nel disciplinare le procedure per l'attuazione delle direttive modificative o integrative di quelle attuate mediante regolamenti di delegificazione, demanda alla legge di delegazione europea la mera facoltà di disporre che a tale attuazione si proceda ai sensi dello stesso articolo 33 – introducendo, conseguentemente, al comma 2, in relazione all'attuazione delle suddette direttive, una formulazione analoga a quella recata dal comma 3 dell'articolo in questione, relativa all'attuazione delle modifiche e delle integrazioni alle direttive già attuate mediante decreto ministeriale;
c) al comma 5, sia previsto che, ai fini dell'adozione dei regolamenti di cui al comma 2, le norme generali regolatrici della materia: sono desunte dalle direttive da recepire quando queste non consentono scelte in ordine alle modalità delle loro attuazione; sono dettate dalla legge di delegazione europea quando le direttive da recepire consentono scelte in ordine alle modalità della loro attuazione; si preveda, infine, che la legge di delegazione europea deve individuare, in ogni caso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, le norme vigenti da abrogare, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari;
all'articolo 35 – laddove si prevede che, al verificarsi di talune circostanze, vengano adottati, ai fini del recepimento del diritto dell'Unione europea, «provvedimenti urgenti» – sia riformulata la disposizione di cui all'oggetto, nel senso di ripristinare la formulazione contenuta all'articolo 10 della legge n. 11 del 2005, che consentiva l'adozione di «provvedimenti anche urgenti»;
Il Comitato osserva altresì:
sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
all'articolo 2, comma 5 – laddove affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta di altri ministri la disciplina del funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari europei – valuti la Commissione l'opportunità di prevedere che la suddetta disciplina sia disposta da un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 3, comma 4 – laddove prevede la tempestiva consultazione e informazione delle Camere «ai fini della predisposizione dei programmi di stabilità e dei programmi nazionali di riforma per l'attuazione in Italia della strategia per la crescita e l'occupazione», valuti la Commissione l'opportunità di coordinare la disposizione richiamata con quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, della proposta di legge C. 3921, recante «Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri», approvata dall'Assemblea della Camera lo scorso 9 febbraio ed attualmente all'esame del Senato, che stabilisce che, nell'ambito del DEF, confluiscano i contenuti dello schema del Programma di stabilità e dello schema del programma nazionale di riforma;
all'articolo 14, comma 1 – laddove prevede che le commissioni parlamentari competenti possano procedere, in coerenza con i rispettivi regolamenti, all'audizione dei soggetti indicati al medesimo articolo 14 – valuti la Commissione, al fine di assicurare l'omogeneità delle procedure che si vogliono introdurre con quelle già disciplinate dalla legge per fattispecie analoghe, nonché la loro effettiva esperibilità, l'opportunità di espungere la locuzione «in coerenza con i rispettivi regolamenti», dal momento che attualmente i Regolamenti parlamentari non prevedono tale tipo di audizioni;
all'articolo 15, comma 1, – che incide sull'ambito di applicazione dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 303 del 1999 – dovrebbe valutarsi l'opportunità di riformulare la disposizione in termini di novella al citato decreto legislativo;
all'articolo 16, comma 9 – laddove affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta di altri ministri la disciplina del funzionamento del Comitato tecnico permanente – valuti la Commissione l'opportunità di prevedere che la suddetta disciplina sia disposta da un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 22, comma 4, che introduce una deroga implicita a quanto disposto dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, valuti la Commissione la congruità di tale deroga o, quanto meno, l'opportunità di indicare la disposizione derogata;
all'articolo 27, comma 6 – laddove si prevede l'applicazione di quanto disposto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto
all'articolo 29, comma 1 – laddove prevede che, ove i termini previsti per il recepimento delle direttive siano già scaduti o prossimi alla scadenza, i decreti legislativi di recepimento vengano adottati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea – valuti la Commissione se i termini così fissati siano congrui in relazione alla procedura di adozione dei decreti legislativi, tenuto conto che essa prevede passaggi parlamentari ed, in alcuni casi, anche l'acquisizione del parere della Conferenza Stato-regioni, e che, al comma 2 dell'articolo 29, viene espressamente richiamato l'articolo 14 della legge n. 400 del 1988 (secondo cui «il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza»);
all'articolo 37, comma 4 – laddove dispone che, nell'attuazione delle direttive ricadenti nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, le esigenze di carattere unitario possano essere assicurate anche mediante l'indicazione di criteri e la formulazione di direttive da parte del Governo – valuti la Commissione l'opportunità di chiarire lo strumento al quale il Consiglio dei ministri dovrebbe ricorrere;
all'articolo 40, comma 10, che – riproducendo il contenuto dell'articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005, ma non anche il disposto della relativa norma di interpretazione autentica (articolo 42-ter del decreto-legge n. 207 del 2008), abrogata dall'articolo 58 del testo unificato in esame – disciplina il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili di violazioni di disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, valuti la Commissione l'opportunità di esplicitare, come previsto dalla succitata norma di interpretazione autentica, che il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle Regioni o di altri enti pubblici si esercita anche per gli oneri finanziari sostenuti dallo Stato per la definizione delle controversie presso la Corte europea dei diritti dell'uomo che si siano concluse con sentenza di radiazione o cancellazione dal ruolo;
all'articolo 44, comma 2 – laddove prevede l'adozione di un regolamento ministeriale ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, al fine di individuare i soggetti tenuti alla restituzione dell'aiuto di Stato di cui abbiano illegittimamente beneficiato, accertare gli importi dovuti e determinare le modalità ed i termini del pagamento – valuti la Commissione l'opportunità di prevedere che il decreto chiamato ad introdurre l'anzidetta disciplina sia di natura non regolamentare;
all'articolo 46, comma 1 – che, nel precisare che i provvedimenti che concedono illegittimamente aiuti di Stato possano essere impugnati innanzi al TAR competente per territorio, incide sull'ambito
sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 8, comma 5 – laddove disciplina gli effetti giuridici di una deliberazione negativa del Parlamento (nei casi indicati all'articolo 48, paragrafo 7, del Trattato sull'Unione europea e all'articolo 81, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione) – valuti la Commissione l'opportunità di chiarire che essa si riferisce alla deliberazione adottata da entrambe le Camere;
all'articolo 19, valuti la Commissione l'opportunità di sopprimere il comma 1, atteso che lo stesso appare privo di una portata normativa autonoma rispetto a quella del successivo comma 2;
all'articolo 22, comma 3, valuti la Commissione l'opportunità di uniformare il sistema di trasmissione delle osservazioni formulate dalle Regioni e dalle Province autonome a quello utilizzato dal comma 1 per la trasmissione degli atti e progetti di atti normativi europei, facendo perno in entrambi i casi sulla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e sulla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome;
all'articolo 25, valuti la Commissione l'opportunità di chiarire la portata applicativa dei commi 2 e 3, in quanto – ai fini della nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni – dal combinato disposto delle due disposizioni sembrerebbe evincersi che spetti all'organismo rappresentativo dei Presidenti delle Giunte regionali indicare anche i rappresentanti delle Assemblee legislative, senza alcun coinvolgimento dell'organismo rappresentativo di questi ultimi, mentre, tuttavia, il comma 3 assicura «la rappresentanza delle assemblee legislative regionali, nonché la corrispondenza tra ciascun membro titolare e il rispettivo supplente»;
agli articoli 30, comma 1, lettera h), e 49 – laddove prevedono, rispettivamente, che debba essere assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea e che non trovino applicazione nei confronti di cittadini italiani norme o prassi che producono effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento di cittadini dell'Unione europea – valuti la Commissione l'opportunità di prevedere che tali disposizioni debbano essere applicate con riferimento ai soli cittadini dell'Unione europea residenti o stabiliti nel territorio nazionale.
Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 2854 Buttiglione e abbinate, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea»;
rilevato che:
l'intervento del legislatore statale nelle materie di cui al testo unificato in esame trova la propria base giuridica innanzitutto nell'articolo 117, secondo comma, lett. a), della Costituzione, che include i rapporti dello Stato con l'Unione europea tra le materie oggetto di legislazione esclusiva dello Stato;
per quanto riguarda le modalità di partecipazione delle regioni alla fase ascendente e discendente della normativa europea, viene in rilievo l'articolo 117, terzo comma, in base al quale i rapporti delle regioni con l'Unione europea sono oggetto di legislazione concorrente;
ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza, sono chiamate a partecipare alle decisioni per la formazione degli atti comunitari e all'attuazione dei medesimi, nel rispetto delle norme procedurali stabilite dalle leggi statali, che disciplinano altresì le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza;
anche in base al disposto dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il mancato rispetto della normativa comunitaria costituisce una delle fattispecie in cui il governo è autorizzato ad esercitare il potere sostitutivo nei confronti di organi delle regioni;
rilevato altresì che:
appare opportuno, agli articoli 2, comma 2, 22, comma 3, e 25 comma 2, prevedere o rafforzare il coinvolgimento delle assemblee legislative regionali;
considerato che:
l'articolo 6, comma 3, obbliga le Camere a consultare, sia pure «secondo le modalità previste nei rispettivi regolamenti», i consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome;
tale previsione appare in contrasto con il principio dell'autonomia organizzativa costituzionalmente riconosciuta alle Camere e non è, d'altra parte, imposta dalla normativa europea, atteso che l'articolo 6, paragrafo 1 del protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea dispone che «spetta a ciascun parlamento nazionale o a ciascuna camera dei parlamenti nazionali consultare all'occorrenza i parlamenti regionali con poteri legislativi»;
considerato, inoltre, che:
l'articolo 19, comma 2, in base al quale il titolo di esperto europeo viene conferito sulla base di una selezione che appare di carattere discrezionale e costituisce titolo preferenziale per l'accesso a posizioni economiche superiori o a progressioni di carriera, andrebbe valutato alla luce dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione, nella parte in cui potrebbe determinare automatismi negli avanzamenti di carriera;
considerato che:
appare opportuno limitare l'applicazione del principio della parità di trattamento previsto dall'articolo 30, comma 1, lettera h), e dall'articolo 49, ai soli cittadini europei residenti o stabiliti nel territorio nazionale, al fine di evitare che le disposizioni possano essere interpretate nel senso di imporre allo Stato italiano di adeguare la propria normativa a quella eventualmente più favorevole vigente negli altri Paesi dell'Unione europea;
con riferimento all'articolo 49 – che peraltro riproduce una disposizione contenuta nella legge n. 11 del 2005 – andrebbero valutati la portata e gli effetti della disapplicazione da esso prevista;
considerato altresì che:
non è chiara la portata normativa dell'articolo 37, comma 4, che sembrerebbe riferirsi all'attuazione di direttive europee in materie di competenza legislativa esclusiva statale senza un atto di rango legislativo e al di fuori della procedura prevista dall'articolo 33;
osservato infine che:
all'articolo 38, comma 1, ultimo periodo – che prevede che gli atti normativi adottati dallo Stato per ovviare all'inerzia delle regioni nell'attuazione degli atti dell'Unione europea sono sottoposti al «preventivo esame» della Conferenza Stato-Regioni – andrebbe valutata l'opportunità di esplicitare se tale esame si conclude con l'espressione di un parere sugli atti normativi sottoposti alla medesima Conferenza,
esprime
a) agli articoli 2, comma 2, 22, comma 3, e 25 comma 2, appare opportuno prevedere o rafforzare il coinvolgimento delle assemblee legislative regionali;
b) all'articolo 6, comma 3, al fine di salvaguardare l'autonomia organizzativa delle Camere, valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che le Camere possono – anziché debbono – consultare (secondo le modalità previste nei rispettivi regolamenti) i consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome;
c) all'articolo 19, comma 2, capoverso articolo 32, comma 2, valuti la Commissione di merito l'opportunità – alla luce del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione – di definire più puntualmente i requisiti e le condizioni in base ai quali le amministrazioni pubbliche possono ammettere i propri dipendenti a svolgere esperienze formative all'estero, atteso che le esperienze all'estero costituiscono, ai sensi del comma 4 del medesimo capoverso, titolo preferenziale per l'accesso a posizioni economiche superiori o a progressioni di carriera;
d) si valutati l'opportunità di limitare l'applicazione del principio della parità di trattamento previsto sia dall'articolo 30, comma 1, lettera h), sia dall'articolo 49, ai soli cittadini europei residenti o stabiliti nel territorio nazionale, al fine di evitare che le citate disposizioni possano essere interpretate nel senso di imporre allo Stato italiano di adeguare la propria normativa a quella eventualmente più favorevole vigente negli altri Paesi dell'Unione europea;
e) all'articolo 37, comma 4, appare opportuno precisare l'ambito di applicazione della disposizione, che sembrerebbe riferirsi all'attuazione di direttive europee in materie di competenza legislativa esclusiva statale attraverso atti normativi di rango non legislativo e al di fuori della procedura prevista dall'articolo 33;
f) all'articolo 38, comma 1, ultimo periodo – che prevede che gli atti normativi adottati dallo Stato per ovviare all'inerzia delle regioni nell'attuazione degli atti dell'Unione europea sono sottoposti al «preventivo esame» della Conferenza Stato-Regioni – andrebbe valutata l'opportunità di esplicitare se tale esame si conclude con l'espressione di un parere sugli atti normativi sottoposti alla medesima Conferenza.
La II Commissione,
esaminato il nuovo testo unificato delle proposte di legge recante: «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea» (C. 2854 Buttiglione ed abb.),
esprime
La III Commissione,
esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, il nuovo testo unificato recante ”Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea”,
rilevata l'opportunità di procedere ad una risistemazione della normativa sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, alla luce dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, mettendo particolarmente in evidenza il nuovo ruolo dei Parlamenti nazionali;
evidenziata la complessità dell'apparato governativo che si configurerebbe approfondendo le competenze del Comitato tecnico permanente ed istituendo una Segreteria per gli affari europei, che nei fatti duplica il già esistente Dipartimento istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
valutata positivamente la previsione di un atto legislativo per le procedure semplificate di modifica di norme dei trattati nei casi di cui agli articoli 42, comma 2, e 48, comma 6, del Trattato sull'Unione europea;
apprezzato lo sganciamento dell'obbligo di relazione annuale del Governo dall'iter della legge comunitaria, ma ritenuto inopportuno prevedere due relazioni distinte, che duplicherebbero l'esame parlamentare e non consentirebbero di considerare congiuntamente i risultati dell'anno precedente e le prospettive dell'anno successivo;
preso atto della duplicazione della Legge comunitaria in legge di delegazione europea e legge europea, che tuttavia potrebbe configurare un appesantimento dei lavori parlamentari;
osservato che occorre una precisazione al pur vigente testo normativo ripreso alla lettera d) dell'articolo 28, comma 3, dal momento che l'Unione europea è oggi dotata di personalità giuridica;
esprime
con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 1, aggiungere infine le seguenti parole: «garantendo in modo particolare il contributo del Parlamento al buon funzionamento dell'Unione europea»;
2) all'articolo 2, comma 1, sopprimere le parole: «assistito dal Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea o dal Rappresentante permanente aggiunto,»;
3) all'articolo 3, comma 2, sopprimere le parole: «su loro richiesta»;
4) all'articolo 3, comma 3, aggiungere infine le seguenti parole: «, anche mediante l'inoltro degli attinenti documenti, relazioni, comunicazioni e processi verbali delle istituzioni europee, ivi inclusi i rapporti della Rappresentanza permanente d'Italia.»;
5) all'articolo 10, le relazioni annuali al Parlamento siano riunificate in un'unica relazione da presentare alle Camere entro il 31 gennaio di ogni anno;
6) all'articolo 14, comma 1, sopprimere le parole: «per materia e per i rapporti con l'Unione europea di Camera e Senato», nonché le parole: «, ove lo ritengano,»;
7) all'articolo 16, comma 1, sostituire le parole: «direttore della Segreteria per gli affari europei, di cui all'articolo 17» con le seguenti: «direttore del Dipartimento per le politiche europee, di cui all'articolo 15»;
8) all'articolo 16, comma 2, sostituire la parola: «coordina» con la parola: «cura»;
9) all'articolo 16, comma 2, lettera a), sopprimere le parole: «quando necessario,»;
10) all'articolo 16, comma 2, lettera b), sostituire le parole: «le proprie deliberazioni» con le seguenti: «le deliberazioni del CIAE corredate, se richiesto, delle proprie osservazioni»;
11) all'articolo 28, comma 3, lettera d) aggiungere infine le seguenti parole: «ed approvati dall'Italia secondo le norme costituzionali vigenti.»;
a) valuti la Commissione di merito l'opportunità che le competenti Commissioni parlamentari non si limitino all'audizione delle persone proposte o designate quali membri italiani di istituzioni dell'Unione europea, di cui all'articolo 14, ma possano esprimere un parere non vincolante;
b) valuti la Commissione di merito l'opportunità di non procedere all'istituzione della Segreteria per gli affari europei di cui all'articolo 17, concentrandone competenze e personale nel Dipartimento per le politiche europee;
c) valuti la Commissione di merito l'opportunità di riunificare in un unico disegno di legge la legge di delegazione europea e la legge europea di cui all'articolo 27.
La IV Commissione,
esaminato, per le parti di propria competenza, il nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 2854 Buttiglione ed abbinate, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea»;
richiamato il parere favorevole reso lo scorso 1o febbraio 2011 sulla precedente versione del testo unificato;
rilevato che il nuovo testo all'esame della Commissione non reca elementi sostanzialmente innovativi per gli ambiti di competenza della Commissione medesima;
ribadita quindi la valutazione positiva sulle norme che prevedono oneri gravanti sul Governo nei confronti del Parlamento in ordine alla tempestiva informazione ed alla trasmissione di atti e relazioni,
esprime
La VI Commissione,
esaminato il nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 2854 e abbinate, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea», come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito,
esprime
La X Commissione,
esaminato il nuovo testo unificato delle proposte di legge recante: «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea» (C. 2854 Buttiglione ed abb.),
esprime
1. La presente legge disciplina il processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell'Unione europea e garantisce l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, in coerenza con gli articoli 11 e 117 della Costituzione, sulla base dei princìpi di attribuzione, di sussidiarietà, di proporzionalità, di leale collaborazione, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica.
1. Al fine di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell'Unione europea e di consentire il puntuale adempimento dei compiti di cui alla presente legge, opera presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE). Il CIAE è convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro per le politiche europee. Ad esso partecipano il Ministro degli
1. Il Governo riferisce semestralmente alle Camere illustrando i temi di maggiore interesse decisi o in discussione in sede di Unione europea.
2. Prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, il Governo illustra alle Camere la posizione che intende assumere, che tiene conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati. Su loro richiesta, esso riferisce altresì ai competenti organi parlamentari prima delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea. Il Governo informa i competenti organi parlamentari sulle risultanze delle riunioni del Consiglio europeo e del Consiglio dell'Unione europea, entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse.
3. Il Governo informa tempestivamente i competenti organi parlamentari su iniziative o su questioni relative alla politica estera e di difesa comune presentate al Consiglio dell'Unione europea o in corso di esame da parte dello stesso, dando specifico rilievo a quelle aventi implicazioni in materia di difesa.
4. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee assicura, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, la tempestiva consultazione e informazione delle Camere, con le modalità previste dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196, in merito agli atti, ai progetti di atti e ai documenti adottati
1. I progetti di atti dell'Unione europea, gli atti preordinati alla formulazione degli stessi e le loro modificazioni sono trasmessi alle Camere dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, contestualmente alla loro ricezione, accompagnandoli, nei casi di particolare rilevanza, con una nota illustrativa della valutazione del Governo e con l'indicazione della data presunta per la loro discussione o adozione.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette alle Camere i documenti di consultazione, quali libri verdi, libri bianchi e comunicazioni, predisposti dalla Commissione europea, con le modalità di cui al comma 1.
3. Ciascuna Camera può chiedere al Governo, per il tramite del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee, la nota illustrativa di cui al comma 1, in relazione ad altri atti o progetti di atti, anche di natura non normativa, trasmessi ai sensi del presente articolo.
4. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, di cui all'articolo 15, assicura alle Camere un'informazione qualificata e tempestiva sui progetti di atti legislativi dell'Unione europea, curandone il costante e tempestivo aggiornamento, anche in relazione agli sviluppi del processo decisionale. A tal fine, entro venti giorni dalla
a) il rispetto da parte del progetto del principio di attribuzione, con particolare riguardo alla correttezza della base giuridica, e la conformità dello stesso ai princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità;
b) una valutazione complessiva del progetto e delle sue prospettive negoziali, con l'evidenziazione dei punti ritenuti conformi all'interesse nazionale e dei punti per i quali si ritengono necessarie od opportune modifiche;
c) l'impatto del progetto, sia dal punto di vista finanziario, che degli effetti sull'ordinamento nazionale, sulle competenze regionali e delle autonomie locali, sull'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e sulle attività dei cittadini e delle imprese.
5. La relazione di cui al comma 4 del presente articolo è trasmessa tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, di cui all'articolo 15, per il successivo inoltro alle Camere, accompagnata da una tabella di corrispondenza tra le disposizioni del progetto e le norme nazionali vigenti, predisposta sulla base di quanto previsto con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
1. Sui progetti e sugli atti di cui all'articolo 4, nonché su ogni altra questione portata alla loro attenzione ai sensi della presente legge, i competenti organi parlamentari possono adottare ogni opportuno atto di indirizzo al Governo, secondo le disposizioni dei Regolamenti delle Camere. Il Governo assicura che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dell'Unione europea ovvero di altre istituzioni od organi dell'Unione sia coerente
1. Ciascuna Camera può esprimere, secondo le modalità previste nel rispettivo Regolamento, un parere motivato sulla conformità al principio di sussidiarietà dei progetti di atti legislativi dell'Unione europea ovvero delle proposte di atti basate sull'articolo 352 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ai sensi del Protocollo n. 2 sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
2. Il parere motivato che ciascuna Camera può inviare ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea ai sensi del Protocollo n. 2 sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea è trasmesso contestualmente anche al Governo.
3. Ai fini dell'esercizio dei poteri di cui al comma 1, le Camere possono consultare, secondo le modalità previste nei rispettivi Regolamenti, i consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome, in conformità all'articolo 6, primo paragrafo, del Protocollo n. 2 sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
1. Ciascuna Camera, qualora abbia iniziato l'esame di progetti o di atti di cui
1. Il Governo informa tempestivamente le Camere sulle iniziative assunte dalle competenti istituzioni dell'Unione europea nell'ambito della procedura di revisione semplificata di cui all'articolo 48, paragrafi 6 e 7, e all'articolo 42, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea, nonché delle altre procedure di modifica semplificata di norme dei Trattati previste dal medesimo Trattato o dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Governo fornisce contestualmente alle Camere gli elementi utili ai fini dell'esercizio dei poteri di cui al presente articolo.
1. In relazione alle proposte legislative presentate ai sensi degli articoli 48, secondo comma, 82, paragrafo 3, e 83, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il rappresentante dell'Italia in seno al Consiglio europeo è tenuto a chiedere che la proposta stessa sia sottoposta al Consiglio medesimo ove entrambe le Camere adottino un atto di indirizzo in tal senso.
2. Nei casi previsti dall'articolo 31, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea, il rappresentante dell'Italia in seno al Consiglio europeo è tenuto ad opporsi ad una decisione per specificati e vitali motivi di politica nazionale ove entrambe le Camere adottino un atto di indirizzo motivato in tal senso.
3. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 il Governo trasmette tempestivamente alle Camere le proposte presentate ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea e degli articoli 48, secondo comma, 82, paragrafo 3, e 83, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Decorso il termine di trenta giorni dalla predetta trasmissione, il Governo può esprimere un voto favorevole sulle proposte anche in mancanza della pronuncia parlamentare.
1. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Governo presenta alle Camere una relazione che indica:
a) gli orientamenti e le priorità che il Governo intende perseguire nell'anno successivo con riferimento agli sviluppi del processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e a ciascuna politica dell'Unione
b) gli orientamenti che il Governo ha assunto o intende assumere in merito a specifici progetti di atti normativi dell'Unione europea, a documenti di consultazione ovvero ad atti preordinati alla loro formazione, già presentati o la cui presentazione sia prevista per l'anno successivo nel programma legislativo e di lavoro della Commissione europea;
c) le strategie di comunicazione e di formazione del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea.
2. Al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea, entro il 28 febbraio di ogni anno il Governo presenta alle Camere una relazione sui seguenti temi:
a) gli sviluppi del processo di integrazione europea registrati nell'anno di riferimento, con particolare riguardo alle attività del Consiglio europeo e del Consiglio dell'Unione europea, alle questioni istituzionali, alla politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea nonché alle relazioni esterne dell'Unione europea, alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni e agli orientamenti generali delle politiche dell'Unione. La relazione reca altresì l'elenco delle riunioni del Consiglio europeo e del Consiglio dell'Unione europea tenutesi nell'anno di riferimento, con l'indicazione delle rispettive date, dei partecipanti per l'Italia e dei temi trattati;
b) la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea con
c) la partecipazione dell'Italia alle attività delle istituzioni dell'Unione europea per la realizzazione delle principali politiche settoriali, quali: mercato interno e concorrenza; politica agricola e della pesca; politica dei trasporti e reti transeuropee; politica della società dell'informazione e delle nuove tecnologie; politica di ricerca e dell'innovazione; politica dello spazio; politica energetica; politica dell'ambiente; politica fiscale; politiche per l'inclusione sociale, le pari opportunità e la gioventù; politica del lavoro; politica della salute; politica per l'istruzione, la formazione e la cultura; politiche per la libertà, sicurezza e giustizia. La relazione reca altresì i dati consuntivi, nonché una valutazione di merito della predetta partecipazione, anche in termini di efficienza ed efficacia dell'attività svolta in relazione ai risultati conseguiti;
d) l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale, l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione, con riferimento anche alle relazioni della Corte dei conti dell'Unione europea per ciò che concerne l'Italia. La relazione reca altresì una valutazione di merito sui principali risultati annualmente conseguiti nonché sui progressi e sui temi rilevanti, anche relativamente al concorso delle politiche per il raggiungimento degli obiettivi del periodo di programmazione vigente;
e) il seguito dato e le iniziative assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere, nonché alle osservazioni della Conferenza delle regioni e delle province autonome, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
3. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette le relazioni di cui ai commi 1 e 2 anche alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome e alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, sulla base delle informazioni ricevute dalle amministrazioni competenti, trasmette ogni tre mesi alle Camere, alla Corte dei conti, alle regioni e alle province autonome un elenco, articolato per settore e materia:
a) delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea relative a giudizi di cui l'Italia sia stata parte o che abbiano rilevanti conseguenze per l'ordinamento italiano;
b) dei rinvii pregiudiziali disposti ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea da organi giurisdizionali italiani;
c) delle procedure d'infrazione avviate nei confronti dell'Italia ai sensi degli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con informazioni sintetiche sull'oggetto e sullo stato del procedimento nonché sulla natura delle eventuali violazioni contestate all'Italia;
d) dei procedimenti di indagine formale avviati dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche europee, trasmette ogni sei mesi alle Camere e alla Corte dei conti informazioni sulle eventuali conseguenze di carattere finanziario degli atti e delle procedure di cui al comma 1.
3. Quando uno degli atti dell'Unione europea di cui al comma 1 è posto alla base di un disegno di legge d'iniziativa governativa, di un decreto-legge o di uno schema di decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee comunica al Parlamento le informazioni o i documenti relativi a tali atti.
4. Le informazioni e i documenti di cui al presente articolo sono trasmessi avvalendosi di modalità informatiche.
5. Il Governo può raccomandare l'uso riservato delle informazioni e dei documenti trasmessi.
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, di cui all'articolo 15, comunica alle Camere, contestualmente alla ricezione della relativa notifica da parte della Commissione europea, le decisioni assunte dalla stessa Commissione inerenti l'avvio di una procedura d'infrazione di cui agli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Della comunicazione viene informato il Ministero con competenza istituzionale prevalente, nonché ogni altro soggetto pubblico il cui comportamento sia messo in causa dal ricorso o dalla procedura d'infrazione di cui al primo periodo.
1. Il Governo presenta ogni tre mesi alle Camere, alle regioni e alle province autonome per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, una relazione sull'andamento dei flussi finanziari tra l'Italia e l'Unione europea. La relazione contiene un'indicazione dei flussi finanziari ripartiti per ciascuna rubrica e sottorubrica contemplata dal quadro finanziario pluriennale di riferimento dell'Unione europea. Per ciascuna rubrica e sottorubrica sono riportati la distribuzione e lo stato di utilizzazione delle risorse erogate dal bilancio dell'Unione europea in relazione agli enti competenti e alle aree geografiche rilevanti.
1. All'atto della proposta o della designazione da parte del Governo dei membri italiani della Commissione europea, della Corte di giustizia dell'Unione europea, della Corte dei conti europea e del Consiglio di amministrazione della Banca europea per gli investimenti, il Presidente del Consiglio dei ministri ne informa le Camere. Le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica procedono all'audizione delle persone proposte o designate.
2. Le informazioni di cui al comma 1 danno conto della procedura seguita per addivenire alla proposta o alla designazione del candidato, della sua rispondenza ai requisiti richiesti per l'esercizio della funzione dalle pertinenti disposizioni del Trattato sull'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dei motivi che giustificano la candidatura secondo criteri di capacità professionale del candidato e degli eventuali incarichi dallo stesso svolti o in corso di svolgimento.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle proposte e alle designazioni volte alla conferma di persone in carica.
1. Le attività di coordinamento delle politiche derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e di adeguamento della normativa nazionale agli obblighi
1. Per la preparazione delle proprie riunioni il CIAE si avvale di un Comitato tecnico permanente per gli affari europei, di seguito denominato «Comitato tecnico permanente», istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, coordinato e presieduto dal direttore della Segreteria per gli affari europei di cui all'articolo 17.
2. Il Comitato tecnico permanente coordina, nel quadro degli indirizzi del Governo, la predisposizione della posizione italiana nella fase di formazione degli atti normativi dell'Unione europea. A tal fine, il Comitato tecnico permanente, in raccordo con la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, svolge le seguenti funzioni:
a) raccoglie le istanze provenienti dalle diverse amministrazioni sulle questioni in discussione presso l'Unione europea e istruisce e definisce le posizioni che saranno espresse dall'Italia in sede di Unione europea, previa, quando necessario, deliberazione del CIAE;
b) trasmette, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, le proprie deliberazioni ai competenti rappresentanti italiani incaricati di presentarle in tutte le diverse istanze dell'Unione europea;
c) verifica, in raccordo con il Ministero degli affari esteri, l'esecuzione delle decisioni prese nel CIAE.
3. Ogni Ministro designa un proprio rappresentante quale membro del Comitato
1. Nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, le attività istruttorie e di sostegno al funzionamento del CIAE e del Comitato tecnico permanente sono svolte congiuntamente dalla Segreteria per gli affari europei.
2. Al fine del funzionamento del CIAE, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee può avvalersi, entro un contingente massimo di venti unità, di personale appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni, al quale si applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Nell'ambito del predetto contingente, il numero delle unità di personale è stabilito entro il 31 gennaio di ogni anno nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
3. Per l'espletamento delle specifiche attività connesse alla partecipazione del Parlamento, delle regioni, delle province autonome e delle autonomie locali al processo di formazione degli atti dell'Unione europea, di cui agli articoli 4, 7, 10, 22, 24 e 26, la Presidenza del Consiglio dei ministri, per le esigenze del Dipartimento per
1. Al fine di assicurare una più efficace partecipazione dell'Italia alla formazione del diritto dell'Unione europea e la puntuale attuazione dello stesso nell'ordinamento interno, le amministrazioni statali individuano al loro interno, nei limiti delle
1. Le amministrazioni pubbliche favoriscono e incentivano le esperienze del proprio personale presso le istituzioni e gli organi dell'Unione europea, gli Stati membri dell'Unione e gli Stati candidati all'adesione all'Unione. In particolare, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche possono essere destinati a prestare temporaneamente servizio presso il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea, la Commissione europea, le altre istituzioni e gli altri organi dell'Unione, incluse le agenzie, in qualità di esperti nazionali distaccati, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal comma 2 del presente articolo.
2. L'articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:
«Art. 32. – (Collegamento con le istituzioni internazionali, dell'Unione europea e di altri Stati. Esperti nazionali distaccati). – 1. Le amministrazioni pubbliche favoriscono e incentivano le esperienze del proprio personale presso le istituzioni europee, le organizzazioni internazionali
a) il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea, la Commissione europea, le altre istituzioni e gli altri organi dell'Unione europea, incluse le agenzie, prioritariamente in qualità di esperti nazionali distaccati;
b) le organizzazioni e gli enti internazionali ai quali l'Italia aderisce;
c) le amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione europea, degli Stati candidati all'adesione all'Unione e di altri Stati con i quali l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica.
2. Ai fini di cui al comma 1, il Ministero degli affari esteri e la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimenti della funzione pubblica e per le politiche europee, d'intesa tra di loro:
a) coordinano la costituzione di una banca dati di potenziali candidati qualificati dal punto di vista delle competenze in materia europea o internazionale e delle conoscenze linguistiche;
b) definiscono, d'intesa con le amministrazioni interessate, le aree di impiego prioritarie del personale da distaccare, con specifico riguardo agli esperti nazionali presso le istituzioni dell'Unione europea;
c) promuovono la sensibilizzazione dei centri decisionali, le informazioni relative
3. Il trattamento economico degli esperti nazionali distaccati può essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall'Unione europea o da un'organizzazione o ente internazionale.
4. Il personale che presta servizio temporaneo all'estero resta a tutti gli effetti dipendente dell'amministrazione di appartenenza. L'esperienza maturata all'estero costituisce titolo preferenziale per l'accesso a posizioni economiche superiori o a progressioni orizzontali e verticali di carriera all'interno dell'amministrazione pubblica».
3. Con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per le politiche europee, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità di attuazione del presente articolo.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri convoca almeno ogni quattro mesi, o su richiesta delle regioni e delle province
a) sugli indirizzi generali relativi all'elaborazione e all'attuazione degli atti dell'Unione europea che riguardano le competenze regionali e delle province autonome;
b) sui criteri e sulle modalità per conformare l'esercizio delle funzioni regionali e delle province autonome all'osservanza e all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1;
c) sugli schemi dei disegni di legge di cui all'articolo 27 della presente legge, sulla base di quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee riferisce al Comitato interministeriale per la programmazione economica per gli aspetti di competenza di cui all'articolo 2 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee
1. I progetti e gli atti di cui all'articolo 4, comma 1, sono trasmessi dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, contestualmente alla loro ricezione, alla Conferenza delle regioni e delle province autonome e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, ai fini dell'inoltro alle giunte e ai consigli regionali e delle province autonome.
2. In relazione a progetti di atti legislativi dell'Unione europea che rientrano nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee assicura ai soggetti di cui al comma 1 un'informazione qualificata e tempestiva con le modalità di cui all'articolo 4, comma 4.
3. Ai fini della formazione della posizione italiana sui progetti di atti di cui al comma 1, le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza, possono trasmettere osservazioni, entro venti giorni dalla data del ricevimento degli atti di cui all'articolo 4, comma 1, al
1. Ai fini della verifica del rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 6, i presidenti delle assemblee, dei consigli regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, tramite la Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, possono far pervenire ai Presidenti delle Camere le osservazioni delle rispettive assemblee in tempo utile per l'esame parlamentare.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee assicura, per il tramite della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, un'adeguata consultazione di comuni, province e città metropolitane ai fini della formazione della posizione dell'Italia in relazione ad attività dell'Unione europea che presentino specifica rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali.
2. Qualora i progetti e gli atti di cui all'articolo 4, comma 1, riguardino questioni di particolare rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee li trasmette alla Conferenza Stato-città ed autonomie
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri propone al Consiglio dell'Unione europea i membri titolari e i membri supplenti del Comitato delle regioni, spettanti all'Italia in base all'articolo 305 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
2. Ai fini della proposta di cui al comma 1, i membri titolari e supplenti del Comitato delle regioni sono indicati,
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee assicura il più ampio coinvolgimento delle parti sociali e delle categorie produttive nella fase di formazione della posizione italiana su iniziative dell'Unione europea. A questo scopo il Comitato tecnico permanente, nonché le amministrazioni interessate possono svolgere, anche mediante il ricorso a strumenti telematici, consultazioni
1. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, danno tempestiva attuazione alle direttive e agli altri obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa con tempestività le Camere e, per il tramite della Conferenza delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome,
a) dà conto delle motivazioni che lo hanno indotto all'inclusione delle direttive dell'Unione europea in uno degli allegati, con specifico riguardo all'opportunità di sottoporre i relativi schemi di atti normativi di recepimento al parere delle competenti Commissioni parlamentari;
b) riferisce sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea e sullo stato delle eventuali procedure d'infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea relativa alle eventuali inadempienze e violazioni da parte della Repubblica italiana di obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea;
c) fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea recepite o da recepire in via amministrativa;
d) dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento delle direttive dell'Unione europea il cui termine di recepimento è già scaduto e di quelle il cui termine di recepimento scade nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l'esercizio della delega legislativa;
e) fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea recepite con regolamento ai sensi dell'articolo 33, nonché l'indicazione degli estremi degli eventuali regolamenti di recepimento già adottati;
f) fornisce l'elenco dei provvedimenti con i quali nelle singole regioni e province autonome si è provveduto a recepire le direttive dell'Unione europea nelle materie di loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni e dalle province autonome. L'elenco è predisposto dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee in tempo utile e, comunque, non oltre il 15 gennaio di ogni anno.
1. La legge di delegazione europea e la legge europea, di cui all'articolo 27, assicurano il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell'Unione europea.
2. La legge di delegazione europea, al fine dell'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, reca:
a) disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa per il recepimento delle direttive europee e delle decisioni quadro;
b) disposizioni che autorizzano il Governo a recepire in via regolamentare le direttive, sulla base di quanto previsto dall'articolo 33;
c) delega legislativa al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea, secondo quanto disposto all'articolo 31;
d) delega legislativa al Governo per l'attuazione di eventuali disposizioni non direttamente applicabili contenute in regolamenti europei;
e) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione
f) disposizioni che individuano i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per recepire o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
g) disposizioni che, nell'ambito del conferimento della delega legislativa per il recepimento o l'attuazione degli atti di cui alle lettere a), b) e d), autorizzano il Governo a emanare testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome;
h) delega legislativa al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi dell'articolo 29, commi 5 e 6.
3. La legge europea reca:
a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi indicati all'articolo 1;
b) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana o di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea;
c) disposizioni necessarie per dare attuazione o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea;
d) disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai Trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea;
e) disposizioni emanate nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, in conformità ai princìpi e nel rispetto dei
4. Gli oneri relativi a prestazioni e a controlli da eseguire da parte di uffici pubblici, ai fini dell'attuazione delle disposizioni dell'Unione europea di cui alla legge di delegazione europea per l'anno di riferimento e alla legge europea per l'anno di riferimento, sono posti a carico dei soggetti interessati, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina dell'Unione europea, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio reso. Le tariffe di cui al primo periodo sono predeterminate e pubbliche.
5. Le entrate derivanti dalle tariffe determinate ai sensi del comma 4 sono attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469.
1. In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente
12. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è sostituita dalla seguente:
«a) mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall'articolo 18, restando preclusi sia l'utilizzo di accantonamenti del conto capitale per iniziative di parte corrente, sia l'utilizzo per finalità difformi di accantonamenti per regolazioni contabili e debitorie e per provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali nonché della quota dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativa al Ministero dell'economia e delle finanze, alle condizioni e nei limiti previsti dall'articolo 11, comma 3-bis».
1. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla legge di delegazione
a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;
b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione normativi con l'indicazione esplicita delle norme abrogate, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;
c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro
d) al recepimento di direttive o all'attuazione di altri atti dell'Unione europea che modificano precedenti direttive o atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo
e) nella redazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 29 si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive dell'Unione europea comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;
f) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;
g) qualora non siano di ostacolo i diversi termini di recepimento, vengono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi;
h) è assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e non può essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.
1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale, fatte salve le norme penali vigenti, la legge di delegazione europea delega il Governo ad adottare, entro la data dalla stessa fissata, disposizioni recanti sanzioni penali
1. I decreti legislativi di recepimento o di attuazione di atti dell'Unione europea ovvero di modifica di disposizioni attuative dei medesimi, la cui delega è contenuta in leggi diverse dalla legge di delegazione europea annuale, sono adottati nel rispetto degli altri princìpi e criteri direttivi generali previsti dalla stessa legge di delegazione europea per l'anno di riferimento, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente nella materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia
1. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, già disciplinate con legge, ma non coperte da riserva assoluta di legge, le direttive dell'Unione europea possono essere recepite mediante regolamento se così dispone la legge di delegazione europea. Il Governo presenta alle Camere, in allegato al disegno di legge di delegazione europea, un elenco delle direttive per il recepimento delle quali chiede l'autorizzazione di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b).
2. I regolamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente nella materia, di concerto con gli altri Ministri interessati. Con le medesime modalità sono attuate le successive modificazioni delle direttive europee.
3. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, non disciplinate dalla legge o da regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e non coperte da riserva di legge, le direttive dell'Unione europea possono essere recepite con regolamento ministeriale o interministeriale, ai sensi del medesimo articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, o, ove di contenuto non normativo, con atto amministrativo
a) individuazione della responsabilità e delle funzioni attuative delle amministrazioni, nel rispetto del principio di sussidiarietà;
b) esercizio dei controlli da parte degli organismi già operanti nel settore e secondo modalità che assicurino efficacia, efficienza, sicurezza e celerità;
c) esercizio delle opzioni previste dalle direttive in conformità alle peculiarità socio-economiche nazionali e locali e alla normativa di settore.
5. Ai fini dell'adozione dei regolamenti di cui al comma 2 le norme generali regolatrici della materia:
a) sono desunte dalle direttive europee da recepire quando queste non consentono scelte in ordine alle modalità della loro attuazione;
b) sono dettate dalla legge di delegazione europea quando le direttive europee da recepire consentono scelte in ordine alle modalità della loro attuazione.
6. La legge di delegazione europea individua in ogni caso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, e successive modificazioni, le norme vigenti da abrogare, con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari. Con la medesima legge sono dettate, inoltre, le disposizioni necessarie per introdurre sanzioni penali o amministrative o per individuare le autorità pubbliche
a) l'istituzione di nuovi organi o strutture amministrative;
b) la previsione di nuove spese o di minori entrate.
1. Agli atti di esecuzione non autonomamente applicabili, adottati dal Consiglio dell'Unione europea o dalla Commissione europea in esecuzione di atti dell'Unione europea già recepiti o già efficaci nell'ordinamento nazionale, è data attuazione, nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, con decreto del Ministro competente per materia, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che ne dà tempestiva comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee.
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee può proporre al Consiglio dei ministri l'adozione dei provvedimenti anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari a fronte di atti normativi dell'Unione europea o di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione ovvero dell'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia che comportano obblighi statali di adeguamento, qualora il termine per provvedervi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione
1. Nel caso in cui il provvedimento di recepimento di una direttiva dell'Unione europea non sia stato adottato alla scadenza del termine da essa previsto, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, al fine di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione, chiede ai Ministri con competenza istituzionale prevalente nella materia le motivazioni del mancato esercizio della delega ovvero della mancata o ritardata adozione dei decreti ministeriali o dei regolamenti di recepimento e trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti dalle rispettive amministrazioni a giustificazione del ritardo nel recepimento. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di recepimento delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza, individuate ai sensi dell'articolo 37, comma 5.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee riferisce al Consiglio dei ministri ogni tre mesi sullo stato del recepimento delle direttive dell'Unione europea che risultano in scadenza nei sei mesi successivi e sulle ragioni del mancato o ritardato recepimento delle direttive, sulla base di quanto riferito dai Ministri interessati ai sensi del comma 1.
1. Le regioni e le province autonome, nelle materie di propria competenza, provvedono al recepimento delle direttive europee.
2. I provvedimenti adottati dalle regioni e dalle province autonome per recepire le direttive europee nelle materie di propria competenza legislativa, recano nel titolo il numero identificativo della direttiva recepita e sono immediatamente trasmessi per posta certificata alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, fermo restando quanto previsto all'articolo 27, comma 7, lettera f).
3. Ai fini di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l'adempimento degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano, per le regioni e per le province autonome, alle condizioni e secondo la procedura di cui all'articolo 38.
4. Per le direttive europee, nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, il Governo indica i criteri e formula le direttive ai quali si devono attenere le regioni e le province autonome ai fini del soddisfacimento di esigenze di carattere unitario, del perseguimento degli obiettivi della programmazione economica e del rispetto degli impegni derivanti dagli obblighi internazionali. Tale funzione, fuori dai casi in cui sia esercitata con legge o con atto avente forza di legge o, sulla base della legge europea, con i regolamenti previsti dall'articolo 33 della presente legge, è esercitata mediante deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee, d'intesa con i Ministri competenti secondo le modalità di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione, fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i provvedimenti di attuazione degli atti dell'Unione europea possono essere adottati dallo Stato nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione ad atti dell'Unione europea. In tale caso, i provvedimenti statali adottati si applicano, per le regioni e per le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la relativa normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa dell'Unione europea e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. I provvedimenti statali recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del
1. Le decisioni riguardanti i ricorsi alla Corte di giustizia dell'Unione europea o gli interventi in procedimenti in corso davanti alla stessa Corte, a tutela di situazioni di rilevante interesse nazionale, sono prese dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, in raccordo con il Ministro degli affari esteri e
1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 258 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa dell'Unione europea. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo
a) nei modi indicati al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale;
b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 29 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;
c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato e in ogni altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).
6. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, cura il coordinamento con i Ministeri interessati e i rapporti con le regioni per definire la posizione italiana nei confronti dell'Unione europea nel settore degli aiuti pubblici sottoposti al controllo della Commissione europea ai sensi degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, anche in applicazione dell'articolo 40, comma 1.
1. Le amministrazioni che notificano alla Commissione europea progetti volti a istituire o a modificare aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, contestualmente alla notifica, trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee una scheda sintetica della misura notificata.
2. A prescindere dalla forma dell'aiuto, le informazioni richieste dalla Commissione europea in merito a presunti aiuti di Stato non notificati ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sono fornite dalle amministrazioni competenti per materia, per il tramite della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee.
3. Con decreto del Presidente della Repubblica, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, possono essere disciplinate modalità di attuazione del presente articolo.
1. Nessuno può beneficiare di aiuti di Stato se rientra tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999.
2. Le amministrazioni che concedono aiuti di Stato verificano che i beneficiari non rientrino tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato
1. La società Equitalia Spa effettua la riscossione degli importi dovuti per effetto delle decisioni di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, adottate in data successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, a prescindere dalla forma dell'aiuto e dal soggetto che l'ha concesso.
2. A seguito della notifica di una decisione di recupero di cui al comma 1, con decreto da adottare entro due mesi dalla data di notifica della decisione, il Ministro competente per materia individua, ove necessario, i soggetti tenuti alla restituzione dell'aiuto, accerta gli importi dovuti e determina le modalità e i termini del pagamento. Il decreto del Ministro competente costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati.
3. Nei casi in cui l'ente competente è diverso dallo Stato, il provvedimento di cui al comma 2 è adottato dalla regione, dalla provincia autonoma o dall'ente territoriale
1. All'articolo 119, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, dopo la lettera m) è aggiunta la seguente:
«m-bis) l'esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999».
2. All'articolo 133, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, dopo la lettera z) è aggiunta la seguente:
«z-bis) le controversie relative all'esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, a prescindere dalla forma dell'aiuto e dal soggetto che l'ha concesso».
3. Entro il 30 gennaio di ogni anno, le amministrazioni competenti al recupero trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee l'elenco degli estremi delle sentenze di cui hanno avuto comunicazione,
1. I provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea possono essere impugnati davanti al tribunale amministrativo regionale competente per territorio.
1. Indipendentemente dalla forma di concessione dell'aiuto di Stato, il diritto alla restituzione dell'aiuto oggetto di una decisione di recupero sussiste fino a che vige l'obbligo di recupero ai sensi del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999.
1. Il Ministro dello sviluppo economico acquisisce le informazioni di cui all'articolo 14, comma 2, della legge 5 marzo 2001, n. 57, secondo le modalità stabilite con il decreto del Ministro delle attività produttive 18 ottobre 2002, pubblicato
1. Nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell'ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producano effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento dei cittadini garantiti nell'ordinamento italiano ai cittadini dell'Unione europea.
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee opera la Commissione prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 91, che è ridenominata «Commissione per l'attuazione del diritto dell'Unione europea». Non si applica l'articolo 29, comma 2, lettera e-bis), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
2. La Commissione consulta, quando necessario, il Comitato tecnico permanente.
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee:
a) costituisce punto di contatto nazionale per la cooperazione amministrativa tra autorità competenti nazionali ed europee ai sensi dell'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, e provvede alle notifiche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 59 del 2010;
b) assolve i compiti di Coordinatore nazionale presso la Commissione europea e di Punto nazionale di contatto per le informazioni e l'assistenza sui riconoscimenti delle qualifiche professionali ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206;
c) gestisce il Centro SOLVIT per l'Italia.
1. Sono fatti salvi le competenze e il coordinamento del Ministero degli affari esteri in materia di rapporti con l'Unione europea per quanto riguarda le sue funzioni istituzionali, come disciplinate, in particolare, dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e dal decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.
1. Le disposizioni di cui all'articolo 43, comma 3, e all'articolo 44, comma 4, si applicano anche con riferimento alle decisioni di recupero adottate prima della data di entrata in vigore della presente legge.
1. Le disposizioni della presente legge possono essere modificate, derogate, sospese o abrogate da successive leggi solo attraverso l'esplicita indicazione delle disposizioni da modificare, derogare, sospendere o abrogare.
1. Per le regioni a statuto speciale e per le province autonome resta fermo quanto previsto nei rispettivi statuti speciali e nelle relative norme di attuazione.
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione della presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.
1. Sono abrogati:
a) l'articolo 57 della legge 6 febbraio 1996, n. 52;
b) la legge 4 febbraio 2005, n. 11;
c) l'articolo 42-ter del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.
2. Negli atti normativi vigenti le parole «Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «Dipartimento per le politiche europee».
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