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PDL 3592

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3592



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato SANTELLI

Modifiche agli articoli 4, 7 e 8 e abrogazione dell'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n.117, in materia di risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e di responsabilità civile dei magistrati

Presentata il 30 giugno 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — A più di venti anni dall'approvazione della controversa legge 13 aprile 1988, n. 117 (che si proponeva di regolamentare la materia della responsabilità dei magistrati a seguito dell'esito abrogativo del referendum popolare svoltosi poco prima della sua entrata in vigore), risulta opportuna una riflessione intorno a questa tematica che non manca di suscitare, oggi più che mai, un significativo interesse.
      La questione dell'esatta individuazione dei tratti caratterizzanti la responsabilità dei magistrati nel nostro ordinamento non si limita, infatti, al semplice livello dei rapporti tra magistrato e soggetto danneggiato da un suo provvedimento, ma investe, al contrario, il tema, più generale, di come debba essere concepita, in concreto e nel quadro di un ordinamento democratico, la funzione del giudice.
      Il ruolo del giudice, infatti, soprattutto nel quadro di una società complessa e in continua evoluzione come la nostra, si va sempre più caratterizzando per la presenza di poteri non soltanto interpretativi, ma anche effettivamente creativi del diritto, che gli consentono di esercitare il ruolo di interprete attivo della volontà legislativa. Questa nuova visione del ruolo e dei caratteri della figura del giudice se, da un lato, ha aperto la strada a un tangibile aumento dei poteri dei magistrati, dall'altro ha determinato, come inevitabile conseguenza, un incremento delle loro responsabilità e, dunque, la necessità che l'ordinamento sia in grado di apprestare adeguate forme di tutela in favore
 

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dei cittadini-utenti della giustizia. Il tema della responsabilità del magistrato non può quindi limitarsi a essere una questione puramente interna all’«ordine autonomo» della magistratura ma riguarda, più in generale, il rapporto tra l'esercizio del potere giudiziario e i diritti dei cittadini che, a diverso titolo, si siano trovati a dover subire un danno ingiusto, derivante proprio dall'esercizio di questo potere.
      In questo quadro, quindi, non sembra essere accettabile che i magistrati che, per colpa grave, abbiano danneggiato un cittadino, non siano chiamati a risponderne in prima persona. Inoltre, introducendo la responsabilità civile dei magistrati per colpa grave (grave negligenza, grave imperizia, gravi omissioni) non si intacca ma si riaffermano le loro autonomia e indipendenza: sulla base di questi presupposti si sostenne, nel 1987, il referendum per affermare la responsabilità civile dei magistrati, in modo che rispondessero, come accadeva e accade per qualsiasi altro cittadino e funzionario dello Stato, personalmente dei propri errori.
      L'esito di quel referendum fu chiarissimo: oltre l'80 per cento dei cittadini italiani si disse favorevole ad abrogare gli articoli 55, 56 e 74 del codice di procedura civile, che impedivano al magistrato di rispondere in sede civile dei propri errori. Molti magistrati si dichiararono favorevoli a questa doverosa assunzione di responsabilità e sostennero quel referendum.
      Oggi, a distanza di più di venti anni, l'esito di quella consultazione risulta sostanzialmente disatteso. È stata di fatto negata l'espressione della sovranità popolare nella forma più chiara e diretta che questa può assumere nel nostro, Paese. Oggi, nonostante quel referendum, i magistrati continuano a godere di una sostanziale impunità per gli errori commessi nell'esercizio delle proprie funzioni. Infatti, pochi mesi dopo la consultazione referendaria, a seguito dell'abrogazione dei citati articoli del codice di procedura civile, con l'approvazione della cosiddetta «legge Vassalli» (legge 13 aprile 1988, n. 117) si decise di affermare la responsabilità dello Stato in luogo di quella personale del magistrato. Secondo quanto disposto dalla legge n. 117 del 1988 un cittadino che subisce un danno ingiusto a causa di un comportamento doloso o gravemente colposo da parte di un magistrato deve chiamare in giudizio lo Stato e chiedere il risarcimento del danno. Nell'ipotesi in cui, all'esito del giudizio, sia riconosciuta una responsabilità e, dunque, condannato lo Stato al risarcimento dei danni in favore del cittadino, si apre la possibilità della cosiddetta «azione di rivalsa» nei confronti del responsabile, attraverso la quale il Presidente del Consiglio dei ministri, entro il termine di un anno dal risarcimento, può chiedere al magistrato il rimborso delle somme erogate in favore del danneggiato vittorioso. Tale azione non è obbligatoria, ma è rimessa alla scelta discrezionale del Presidente del Consiglio dei ministri e, in ogni caso, l'importo che il magistrato può essere condannato a restituire non può comunque superare, salvo il caso del dolo, la quota di un terzo dello stipendio annuale (esiste, in verità, un unico caso in cui il soggetto danneggiato può agire, oltre che nei confronti dello Stato, anche direttamente contro il magistrato responsabile: si tratta delle ipotesi – certamente marginali – in cui la condotta del magistrato, nell'esercizio delle sue funzioni, integri una fattispecie di reato).
      Il meccanismo risulta evidentemente lungo e particolarmente complesso e finisce per provocare una sostanziale impunità dei magistrati. Pertanto ovvie ragioni motivano un intervento volto a garantire che i cittadini italiani possano avere giustizia anche nei confronti di chi è chiamato ad amministrarla. L'errore giudiziario non è meno grave di quello medico o di quello provocato da qualsiasi altro funzionario dello Stato, anzi, a volte può provocare al cittadino danni maggiori: l'accusa ingiusta per una persona onesta è quanto di peggio può accadere.
      In questo quadro si tenga presente anche la lentezza che caratterizza, per diverse ragioni, il sistema giustizia in Italia. Circostanza, questa, che espone il cittadino al rischio di vedersi riconosciuta
 

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la propria innocenza solo dopo anni di processo e che ha costretto e costringe molti cittadini a vedersi privati della propria libertà personale (a volte anche per diversi mesi), in attesa di giudizio, per poi magari essere assolti da ogni accusa.
      A questi cittadini in particolare è doveroso offrire ogni possibilità di risarcimento e di giustizia. Così come è necessario riaffermare il principio per cui tutti sono uguali di fronte alla legge, anche chi è chiamato farla rispettare. E la regolamentazione legislativa vigente non basta: questa, infatti, fin dalla sua entrata in vigore ha suscitato notevoli perplessità e prese di posizione critiche, in quanto ritenuta incapace di rendere giustizia nei confronti del cittadino che sia stato ingiustamente danneggiato.
      In sostanza, il sistema delle responsabilità, soprattutto civili, del magistrato sembra non avere dato buona prova di sé e ne costituisce una dimostrazione evidente anche il fatto che, sul piano pratico, il ricorso alla procedura di risarcimento delineata dalla normativa sia rimasta, negli anni, confinata in un ambito di marginalità, confortando, in tal modo, le posizioni di chi ha sempre ritenuto che il cittadino medio riponesse ben poca fiducia in questo sistema di risarcimenti.
      La presente proposta di legge rappresenta un primo passo per superare le molteplici criticità della normativa vigente e ha lo scopo di rendere effettiva e concretamente realizzabile innanzitutto l'azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato. L'articolo unico della proposta di legge, attraverso una modifica agli articoli 4 e 8 della legge n. 117 del 1988, propone di affidare la competenza per l'azione del risarcimento del danno, nonché la competenza per l'azione di rivalsa per danni causati dai magistrati nell'esercizio delle loro funzioni, al Ministro dell'economia e delle finanze anziché al Presidente del Consiglio dei ministri, affidando dunque tale «onere» all'amministrazione che più di ogni altra risulta essere idonea (anche perché coinvolta in quanto responsabile delle «casse dello Stato») a intraprendere un'azione che porti effettivamente il magistrato a «pagare» per gli errori commessi e il cittadino a vedere «risarcito» il proprio danno da parte di chi lo ha realmente cagionato.
      Inoltre, la modifica dell'articolo 7 della legge n. 117 del 1988 rende obbligatoria l'azione di rivalsa nei confronti del magistrato.
      Con l'obiettivo di ampliare al massimo l'area di tutela dei cittadini danneggiati dall'esercizio del potere giudiziario, la presente proposta di legge prevede altresì l'abrogazione dell'articolo 5 della legge n. 117 del 1988 e, quindi, elimina il vaglio di ammissibilità della domanda di risarcimento del danno da parte del tribunale; lo stesso obiettivo è anche alla base dell'ulteriore modifica dell'articolo 4 della medesima legge, che aumenta il periodo di tempo utile ai fini della presentazione della domanda di risarcimento del danno (uniformando tale periodo a quello previsto dall'articolo 2947 del codice civile per la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito).
      La proposta di legge, infine, introduce un vincolo di destinazione delle somme ricavate dall'azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato: il denaro recuperato dovrà infatti confluire nel «Fondo unico giustizia».
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 4 della legge 13 aprile 1988, n. 117, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «del Presidente del Consiglio dei Ministri» sono sostituite dalle seguenti: «del Ministro dell'economia e delle finanze»;

          b) al comma 4, le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «cinque anni».

      2. L'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, è abrogato.
      3. All'articolo 7 della legge 13 aprile 1988, n. 117, il comma 1 è sostituito dal seguente:
      «1. Lo Stato, a seguito del risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale, esercita obbligatoriamente l'azione di rivalsa nei confronti del magistrato, previa comunicazione a quest'ultimo».

      4. All'articolo 8 della legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «dal Presidente del Consiglio dei Ministri» sono sostituite dalle seguenti: «dal Ministro dell'economia e delle finanze»;

          b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «4-bis. Le somme di denaro recuperate ai sensi del presente articolo affluiscono al Fondo unico giustizia, di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».


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