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PDL 3183

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3183



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato LANZILLOTTA

Modifica dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto dell'uso di indumenti o altri oggetti che impediscano l'identificazione nei luoghi pubblici o aperti al pubblico

Presentata l'8 febbraio 2010


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge modifica l'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, in materia di tutela dell'ordine pubblico, stabilendo che nei luoghi pubblici o aperti al pubblico è vietato usare indumenti o altri oggetti che impediscano l'identificazione. Questo divieto di carattere generale evidentemente riguarda anche la possibilità di consentire nel nostro Paese alle donne islamiche di indossare indumenti quali il burqa o il niqab che ne celino il volto impedendo di riconoscerne l'identità.
      Di questo tema si è molto discusso non solo in Italia ma in tutti i Paesi europei nei quali l'immigrazione pone il problema dell'integrazione e della convivenza di culture e di religioni diverse. È una questione fondamentale perché da essa dipende il futuro del modello sociale europeo che in questo secolo sempre più diventerà il frutto della fusione di etnie e di culture che i flussi migratori portano in Europa e che determinerà, quindi, il sostrato culturale e civile dell'Europa di domani. Per questo il tema ha assunto una valenza simbolica molto grande e in qualche misura attiene al modello di integrazione multiculturale a cui tendere. Questo è vero in Italia ma non solo, come dimostrano l'intenso e vivace dibattito che sul tema si è svolto e tuttora si svolge in Francia e le leggi adottate, oltre che in Francia, anche in Danimarca.
      Proprio per questo il tema va affrontato senza schematismi ideologici, ma adottando come bussola il criterio della compatibilità dell'uso dei simboli culturali e religiosi con i princìpi e i valori del nostro ordinamento giuridico e della nostra coesione sociale. Sono questi, infatti, i princìpi e i valori che devono guidare il
 

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processo di integrazione che stiamo vivendo: principio di laicità, principio di legalità e principio di rispetto della persona e della sua dignità. Sono, in altre parole, i valori fondamentali della nostra Carta costituzionale che non possono essere negoziabili, non possono essere cedevoli rispetto a un indeterminato multiculturalismo che rischia di confondere la convivenza di religioni diverse con l'irrinunciabile unicità dei valori costituzionali che rappresentano il tessuto unificante della nostra società e il terreno su cui costruire una cittadinanza condivisa.
      La proposta di legge, quindi, oltre a confermare il vigente divieto di indossare caschi o altri oggetti che impediscono l'identificabilità, estende il divieto all'uso di indumenti che, celando totalmente il volto delle donne, impediscono l'identificazione della persona e cioè il burqa e il niqab. Si tratta di esigenze fondamentali di sicurezza di fronte alle quali dovrebbero cedere eventuali comportamenti legati a precetti religiosi, come a lungo si è fatto credere fossero il burqa e il niqab. Prega il tuo Dio ma rispetta la legge: questo è stato il principio su cui si sono costruiti gli Stati moderni in Europa e questo non può che essere ancora il principio su cui costruire l'Europa della globalizzazione. A questo principio non è possibile, infatti, abdicare se si vuole davvero realizzare un'integrazione degli immigrati sostenibile sul piano sociale e civile e coerente con i princìpi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Ma in effetti il divieto dell'uso del burqa e di altri indumenti non chiama in causa la questione del rapporto tra la legge civile e i precetti delle tante religioni chiamate a convivere sotto la stessa legge; non è questo il problema. Infatti, anche le numerose audizioni svolte dalla Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati hanno tutte confermato come l'uso di questi indumenti nulla abbia a che fare con la religione mussulmana, ma siano invece comportamenti che vengono imposti alle donne dai regimi fondamentalisti islamici per affermare la segregazione femminile nella vita sociale e civile. Sono barriere fisiche tra le donne e la vita. Barriere che le donne non scelgono ma che vengono loro imposte con la violenza psicologica e talvolta anche fisica. Chi ha letto i bellissimi romanzi di Khaled Hosseini o di Azir Nafisi ha potuto forse capire le sofferenze e le umiliazioni patite dalle donne in Afghanistan come in Iran quando con l'avvento dei regimi fondamentalisti sono stati imposti obblighi (tra cui quello dell'uso del burqa) e divieti al solo scopo di affermare la non disponibilità delle donne del proprio corpo e la loro totale soggezione al potere maschile. Dunque, oltre a evidenti ragioni di sicurezza, l'uso nel nostro Paese di questi indumenti rappresenta la violazione dei fondamentali princìpi costituzionali del rispetto della dignità umana e dell'uguaglianza tra uomini e donne.
      La proposta di legge stabilisce che il divieto si possa derogare, oltre che nei casi previsti dalla legge (obbligo di casco per i motociclisti e per gli sciatori, ad esempio), per motivi giustificati, anche di carattere contingente (ad esempio mascherine sanitarie o anche maschere di carnevale). Infine vengono stabilite le relative sanzioni.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 5. - 1. Al fine di consentire l'identificazione di ogni soggetto, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico è vietato, senza giustificato motivo, anche di carattere contingente, e salvo che la legge non preveda diversamente, l'uso di indumenti o di altri oggetti che nascondono il viso impedendo l'identificabilità del soggetto.
      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque contravviene al divieto di cui al comma 1 è punito con l'ammenda da 300 a 1.000 euro».


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